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Secció 1 31 Monottongazione dei dittonghi metafonetici ed abbassamento delle vocali alte in un’area della Sicilia centrale Elvira Assenza / Alessandro De Angelis (Messina) In un’area della Sicilia centrale (zona ennese e nissena), i dittonghi /jε/ e /wO/, originatisi per metafonia in presenza di -/i/ ed -/u/ finali, possono presentarsi anche in forma monot- tongata, dando come risultato finale /i/ ed /u/, secondo una trafila che, seguendo Mòcciaro (1980), prevede un’iniziale dittongazione ascendente, seguita da una di scendente e, infine, da un ulteriore passaggio al monottongo, cf. ad es. /b i έḍḍu/ > /bíeḍḍu/ > /biiḍḍu/ > /biḍḍu/ ; /bbónu/ > /bbú u nu/ > /bbúnu/. In tale quadro, appare degna di approfondimento l’ipotesi, avanzata dalla stessa Mòcciaro (1980), che tale monottongazione vada collegata ad un altro fenomeno presente in una parte di quest’area, ovvero l’abbassamento delle vocali alte di sillaba tonica ― ottenute per fusione di chiusura secondo gli esiti del tipo vocalico “sicilia - no” ― con la conseguente creazione di una catena di propulsione ( push chain), al fine di evitare conflitti omonimici: /vinti/ ‘vènti’ ≠ /venti/ ‘venti’ (numerale); /'vini/ ‘(tu) vieni’ ≠ /veni/ ‘vene’; /'muru/ ‘muoio’ ≠ /'moru/ ‘muro’ etc. Sebbene tale abbassamento coinvolga in una vasta area soltanto le vocali radicali toniche /i/ ed /u/ nelle forme con -/i/ o -/u/ finali (sostanzialmente forme di masch. sing. e di masch. e femm. pl., escludendo in tal modo i neutri plurali in -ira e in -a), tuttavia, in un’altra area che comprende, tra gli altri, i centri di Bompietro, Alimena, Àssoro, Barrafranca (alle quali va aggiunto almeno Adrano, cf. Vàrvaro 1981: 117), il fenomeno è invece generalizzato anche alle forme uscenti in -/a/, cf. per es. /fur'meka/ ‘formica’, /'sera/ ‘sera’, /Íi'po∂∂a/ ‘cipolla’, /'vokka/ etc. (cf. Mòcciaro 1980: 302sgg.). Per tale ragione Ruffino (1984: 163 -4) avanza dubbi sul collegamento tra questi due fenomeni, notando che «[...] non c’è coincidenza territoriale tra l’area della monottongazione e quella dell’ape rtura di i e u, se su 29 centri, soltanto in nove si verificano entrambi i fenomeni». Nel presente contributo ci si propone, dopo un ricontrollo del vocalismo nei centri sopra citati attraverso una serie di inchieste, attualmente in via di svolgimento, di verificare sul piano strutturale l’eventuale collegamento tra questi due fenomeni. L’ipotesi di partenza è che un mutamento di natura fonetica ― ovvero l’abbassamento delle vocali alte, presumi - bilmente favorito, nel vocalismo “sicilano”, da un ampio “spazio fonetico” dovuto alla mancanza delle medio-alte ― sia stato rifunzionalizzato esclusivamente l à dove la monottongazione dei dittonghi metafonetici veniva a causare opacità nel sistema, rimanendo invece a uno stadio di processo allofonico negli altri casi. Riferimenti bibliografici BONFANTE, Giuliano, Siciliano, calabrese meridionale e salentino, “Bollettino del Centro di Studi filologici e linguistici siciliani” II, 1954, pp. 280-307.

Monottongazione dei dittonghi metafonetici ed abbassamento ... · 32 Secció 1 MÒCCIARO, Antonia, Per una interpretazione fonologica del vocalismo delle parlate della Sicilia centrale,

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Secció 1 31

Monottongazione dei dittonghi metafonetici ed abbassamentodelle vocali alte in un’area della Sicilia centrale

Elvira Assenza / Alessandro De Angelis (Messina)

In un’area della Sicilia centrale (zona ennese e nissena), i dittonghi /jε/ e /wO/, originatisiper metafonia in presenza di -/i/ ed -/u/ finali, possono presentarsi anche in forma monot-tongata, dando come risultato finale /i/ ed /u/, secondo una trafila che, seguendo Mòcciaro(1980), prevede un’iniziale dittongazione ascendente, seguita da una discendente e, infine,da un ulteriore passaggio al monottongo, cf. ad es. /biέḍḍu/ > /bíeḍḍu/ > /biiḍḍu/ > /biḍḍu/ ;/bbónu/ > /bbúunu/ > /bbúnu/. In tale quadro, appare degna di approfondimento l’ipotesi,avanzata dalla stessa Mòcciaro (1980), che tale monottongazione vada collegata ad un altrofenomeno presente in una parte di quest’area, ovvero l’abbassamento delle vocali alte disillaba tonica ― ottenute per fusione di chiusura secondo gli esiti del tipo vocalico “sicilia-no” ― con la conseguente creazione di una catena di propulsione (push chain), al fine dievitare conflitti omonimici: /vinti/ ‘vènti’ ≠ /venti/ ‘venti’ (numerale); /'vini/ ‘(tu) vieni’ ≠/veni/ ‘vene’; /'muru/ ‘muoio’ ≠ /'moru/ ‘muro’ etc.Sebbene tale abbassamento coinvolga in una vasta area soltanto le vocali radicali toniche /i/ed /u/ nelle forme con -/i/ o -/u/ finali (sostanzialmente forme di masch. sing. e di masch. efemm. pl., escludendo in tal modo i neutri plurali in -ira e in -a), tuttavia, in un’altra areache comprende, tra gli altri, i centri di Bompietro, Alimena, Àssoro, Barrafranca (alle qualiva aggiunto almeno Adrano, cf. Vàrvaro 1981: 117), il fenomeno è invece generalizzatoanche alle forme uscenti in -/a/, cf. per es. /fur'meka/ ‘formica’, /'sera/ ‘sera’, /Íi'po∂∂a/‘cipolla’, /'vokka/ etc. (cf. Mòcciaro 1980: 302sgg.). Per tale ragione Ruffino (1984: 163-4)avanza dubbi sul collegamento tra questi due fenomeni, notando che «[...] non c’ècoincidenza territoriale tra l’area della monottongazione e quella dell’apertura di i e u, se su29 centri, soltanto in nove si verificano entrambi i fenomeni».Nel presente contributo ci si propone, dopo un ricontrollo del vocalismo nei centri sopracitati attraverso una serie di inchieste, attualmente in via di svolgimento, di verificare sulpiano strutturale l’eventuale collegamento tra questi due fenomeni. L’ipotesi di partenza èche un mutamento di natura fonetica ― ovvero l’abbassamento delle vocali alte, presumi-bilmente favorito, nel vocalismo “sicilano”, da un ampio “spazio fonetico” dovuto allamancanza delle medio-alte ― sia stato rifunzionalizzato esclusivamente là dove lamonottongazione dei dittonghi metafonetici veniva a causare opacità nel sistema,rimanendo invece a uno stadio di processo allofonico negli altri casi.

Riferimenti bibliograficiBONFANTE, Giuliano, Siciliano, calabrese meridionale e salentino, “Bollettino del Centro

di Studi filologici e linguistici siciliani” II, 1954, pp. 280-307.

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MÒCCIARO, Antonia, Per una interpretazione fonologica del vocalismo delle parlate dellaSicilia centrale, “Bollettino del Centro di Studi filologici e linguistici siciliani” XIV,1980, pp. 296-307.

PALERMO, Joseph, Un arcaismo siciliano. Il dittongo discendente, in Scritti in onore diGiuliano Bonfante, II, Brescia, 1976, pp. 585-604.

PICCILLO, Giuseppe, Di alcune isoglosse più caratteristiche dei dialetti della Sicilia cen-trale, “Bollettino Centro di Studi filologici e linguistici siciliani” X, 1969, pp. 359-373.

PICCITTO, Giorgio, La classificazione delle parlate siciliane e la metafonesi in Sicilia,“Archivio storico per la Sicilia orientale”, IV ser., III, 1950, pp. 5-34.

ROHLFS, Gerhard, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, vol. 1:Fonetica, Einaudi, Torino 1966.

RUFFINO, Giovanni, Isoglosse siciliane, in Quattordio Moreschini, Adriana (a cura di), Tremillenni di storia linguistica della Sicilia. Atti del Convegno della Società italiana diGlottologia, (Palermo, 25-27 marzo 1983), Giardini, Pisa, 1984, pp. 161-224.

VÀRVARO, Alberto, Lingua e storia in Sicilia (Dalle guerre puniche alla conquistanormanna), Sellerio, Palermo 1981.

Semivocals i estructura sil·làbica:un estudi comparatiu entre el català i el castellà

Teresa Cabré / Maria Ohannesian (Barcelona)

L’objectiu d’aquesta comunicació és fer una anàlisi conjunta i comparativa de la formacióde semivocals dins el mot en català i castellà. La formació de semivocals en seqüències desonicitat creixent ha estat amplament estudiada en català (Cabré & Prieto 2004, 2008;Jiménez 1999; Wheeler 2005, entre altres) i en castellà (Harris & Kaisse 1999; Hualde1999, 2005; Cabré & Prieto 2007; Cabré & Ohannesian 2009, entre altres). En canvi, lesseqüències vocàliques de sonicitat decreixent no han merescut la mateixa atenció atès quehan estat considerades una herència directa del llatí.En contrast amb el català, el castellà exhibeix diftongs creixents en posició tònica (hierro,fuego), que alternen amb les vocals medials àtones e, o (herrero, fogoso), provinents de lesrespectives vocals obertes del llatí vulgar. Sembla que l’existència d’aquests diftongshistòrics ha influït en la interpretació com a diftongs creixents de dues vocals alteshomosil· làbiques i en la generalització de diftongs en les seqüències de sonicitat creixent:cam[j]ón, c[j]udad (Chitoran & Hualde 2007). Malgrat no tenir diftongs creixentshistòrics, el català també ha desenvolupat diftongs creixents, a pesar de la normativaortoèpica: històr[j]a, var[j]ac[j]ó; però les seqüències de dues vocals altes homosil· là-biques es resolen generalment com a diftongs decreixents: ci[w]tat (Cabré i Prieto 2008).

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En les seqüencies de sonicitat decreixent, el català preserva la condició sil· làbica de lavocal alta de la paraula primitiva (ra.ïm, ra.ïmet), mentre que el castellà tendeix a diftongar(ra.íz, enra[j]zar), excepte en el cas de pronúncies conservadores, i especialment en elscasos d’obertura complexa (Fri.ul, fri.ulano). El límit de morfema es molt sovintresponsable del bloqueig de diftongació en els deverbals, especialment en català(prove.idor). En canvi, la incidència del límit de morfema en els denominals no impedeix ladiftongació ni en català (idone[j]tat), malgrat la normativa, ni en castellà (idone[j]dad).L’anàlisi que proposem es basa en el fet que les condicions que regeixen la formació desemivocals són les mateixes tant per al català com per al castellà. Les principals restriccionsde bona formació estructural que interactuen fan referència a l’obertura sil·làbica simple icomplexa i a la presència de coda sil· làbica. La comparació entre els dos tipus deseqüències creixent i decreixent permet una anàlisi unificada del català i el castellà, malgratles diferències en la realització fonètica de cada llengua. A més, la nostra proposta defensaque ambdues llengües han d’assignar la mateixa estructura sil·làbica a les semivocals, atèsque estan sotmeses a les mateixes restriccions sil· làbiques. Aquesta és, en conseqüència, lahipòtesi més coherent: les semivocals dels diftongs creixents pertanyen a l’oberturasil· làbica (llevat les dels diftongs històrics) i les dels diftongs decreixents a la coda, tant encatalà com en castellà.

ReferencesCABRÉ, Teresa & Maria OHANNESIAN. 2009. “Stem boundary and stress effects on

syllabification in Spanish”. Phonetics and Phonology. Interactions and interrelations,ed. by Marina Vigário, Sónia Frota and M. João Freitas, 159–180. Amsterdam: JohnBenjamins.

CABRÉ, Teresa & Pilar PRIETO. 2004. “Prosodic and analogical effects in lexical glideformation in Catalan”. Probus 16:2. 113–150.

–– 2007. “Exceptional hiatuses in Spanish”. Optimality-Theoretic Studies in SpanishPhonology, ed. by Fernando Martínez-Gil & Sonia Colina, 205–238. Amsterdam: JohnBenjamins.

–– 2008 “Diftongs creixents versus hiats: situació del català dins la Romània” Randa, 60:161– 178.

CHITORAN, Joana & José Ignacio HUALDE. 2007. “From hiatus to diphthong: the evolutionof vowel sequences in Romance” Phonology, 24: 37-75.

HARRIS, James W. & Ellen M. KAISSE. 1999. “Palatal vowels, glides and instruments inArgentinian Spanish”. Phonology 16. 117-190.

HUALDE, José Ignacio. 1999. “Patterns in the Lexicon: Hiatus with Unstressed HighVowels in Spanish”. Advances in Hispanic Linguistics, ed. by Gutiérrez-Rexach &MartínezGil, 182-198. Somerville: Cascadilla Press.

–– 2005. The sounds of Spanish. Cambridge: Cambridge University Press. Jiménez, Jesús.1999. L’estructura sil·làbica del català. Barcelona: Publicacions de l’Abadia deMontserrat.

WHEELER, Max W. 2005. The phonology of Catalan. New York: Oxford University Press.

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Entonació i truncament en els vocatius romànics

Teresa Cabré Monné / Maria del Mar Vanrell Bosch (Barcelona)

Els vocatius d’algunes llengües romàniques com l’alguerès, el cors, el sard o dialectes de laItàlia meridional poden experimentar un procés de truncament (vegeu exemples a 1), en elqual la seqüència que es conserva pot presentar diferents llargades i la seqüència ques’elimina tampoc no segueix cap patró. Alguns exemples de l’alguerès són : [Cá][rmine],[Marí][a], [Pasqualí][no].(1) Dades de Kuen (1932) i, Prieto i Cabré (2008) sobre l’alguerès:

Pàuru! > Pa! Antòni! > Antò! Ròsa! > Rò! Ríta! > Arrí!Barbarína! > Barbarí! Fabio! > o Fà! Tarésa! > Taré! Juàn! > o Juà!

Dades de Pittau (1952) sobre el sard:Préddu > Pre’ Mariánzela > Maria’ Tzú, -a (oncle/tia) > tzi’ María > Mari’

Dades de Floricic (2002) sobre el cors:Babbu (pare) > o Ba’ Nipoti (nebot)> o NipóFiddolu (fillol) > o Fiddó Frateddu (germà) > o Fraté

Dades d’Alber (2009) sobre els dialectes de la Itàlia meridional:Bárbara > Bá Salvatóre > Salvató Carméla > Carmé Antonélla > Antoné

El truncament en els vocatius es defineix a partir de dues posicions prominents: la síl· labainicial i la síl· laba accentuada del mot (Beckman 1998). Segons Alber (2009), els vocatiustruncats preserven la cadena que va des del primer segment fins a la vocal accentuada de labase del nom i no segueixen cap patró particular però s’ancoren a la primera i a la síl· labaaccentuada de la base. El material que s’elimina és desaccentuat i, consegüentment, noprominent des del punt de vista psicolingüístic (Beckman 1998). Aquest fenomen no nomésapareix en formes vocatives, sinó també en formes imperatives com les que podeu observara (2) per a l’alguerès, l’italià meridional o el sard. Tant els imperatius com els vocatiuscomparteixen una funció pragmàtica similar i poden presentar una afixació flexiva mínima,una tendència general que trobem en les llengües indoeuropees. Així, en les llengües ambsistema declinatiu existeix una tendència important a presentar formes reduïdes fins a l’arreltant en el vocatiu com en l’imperatiu (Palmer 1955).(2) Exemples obtinguts per comunicació personal de Luca Scala i Filippo Melis:Dades de l’alguerès Dades de l’italià de Sardenya Dades del sard

escólta > escó fái (fes) > fá nára (digues) > námíra > mí vái (vés) > vá trúbba (apressa’t)> trú

La possible absència de flexió queda compensada per la necessària presència de contornsentonatius específics que expressin la força il·locutiva. En llengües com l’alguerès, el cors,el sard, o els dialectes italians del sud, la força vocativa es pot expressar també mitjançantla partícula o (vegeu algunes dades a 1). La presència d’aquesta partícula no es redueix ales llengües romàniques.

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Temps (s)

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600

Freq

üènc

iafo

nam

enta

l(H

z)

0 0.5 1

An- -tó

H+L* L%

L’entonació específica que presenten els vocatius de l’alguerès (truncats, sencers o ambpartícula o) depèn de l’èmfasi del parlant. El vocatiu no emfàtic es caracteritza per lapresència d’un accent descendent (un accent H+L* en el sistema Cat_ToBI – Prieto, P.,Aguilar, L. et al. 2009) alineat amb la síl· laba tònica del mot (vegeu Figura 1, esquerra),mentre que els vocatius emfàtics presenten un accent tonal ascendent (L+H* en el sistemaCat_ToBI) associat a la primera síl· laba del mot (vegeu Figura 1, dreta). Tant un patróentonatiu com l’altre estan associats amb dues posicions prominents: la primera síl·laba i lasíl· laba accentuada del mot, les quals coincideixen amb els límits rellevants del truncamentvocatiu.L’objectiu de la comunicació és mostrar que el truncament dels vocatius segueix un patródelimitat per les dues posicions fortes del mot, la inicial i l’accentuada. Aquestes posicionses reforcen amb l’alineació dels dos accents tonals: el descendent alineat amb la síl· labaaccentuada en el cas dels vocatius no emfàtics i l’ascendent amb la primera síl·laba del moten el cas dels vocatius emfàtics. Resumint, els vocatius es caracteritzen per un patróentonatiu fix i presenten un procés de truncament de llargada variable en què el patróentonatiu s’adapta a una seqüència delimitada per les dues posicions prominents del mot.

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L+H* L%

Oscil·lograma, espectrograma, contorn d’f0 i etiquetatge prosòdic del vocatiu no emfàtic Antó(esquerra) i del vocatiu emfàtic Ánto (dreta).

ReferènciesALBER, B. (2010). An Exploration of Truncation in Italian. Rutgers Working Papers in Lin-

guistics.BECKMAN, J. (1997). Positional Faithfulness. Doctoral dissertation, University of Massa-

chusetts,.CABRÉ, T. I VANREL, M.M. (2008). “Accent i entonació en els vocatius de l’alguerès”.

XXXV Col·loqui de la Societat d’Onomàstica, Sala del Consell Comunal, l’Alguer(Sardenya), 10-11 de maig de 2008.

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FLORICIC, F. (2002). Le Vocatif et la périphérie du système des cas: exemples tirés desdomaines roman et slave.

PALMER, L.R. (1955). Introducción al latín, Barcelona: Ariel, 1988.PRIETO, P; AGUILAR, L.; MASCARÓ, I.; TORRES, F.J.; VANRELL, M.M. (2009).

“L’etiquetatge prosòdic Cat_ToBI ”Estudios de Fonética Experimental, vol. XVIII.287-309. ISSN 1575-5533.

PRIETO, P. i CABRÉ, T. (coords.). 2008. Atles interactiu de l’entonació del català. Lloc web:http://prosodia.upf.edu/atlesentonacio/

L’esito di -p-, -t-, -k- in toscano antico: un nuovo argomentoa favore della presenza di sonorizzazione intervocalica

Stefano Canalis (Padova)

L’esito delle occlusive sorde intervocaliche latine -p-, -t-, -k- in toscano presenta un’ambi-guità ben nota: sebbene molte di esse siano rimaste sorde (ad es. in formica, ruota, vipera),un certo numero di parole toscane contiene consonanti sonore (ago, scudo, riva, etc.) a cuicorrisponde una sorda in latino (acu(m), scutu(m), ripa(m), etc.). I tentativi di spiegazionedi questo apparente doppio esito sono stati molti e differenti, tuttavia quasi tutti ruotanoattorno a due alternative di fondo: 1) le parole con occlusive sonorizzate sono prestiti dalingue romanze – soprattutto dialetti italiani settentrionali – che hanno avuto sonorizzazioneintervocalica (tra gli altri Pieri 1901, Rohlfs 1966, Tekavčić 1972); 2) il toscano ha avutoun processo fonologico di sonorizzazione intervocalica (ad es. Merlo 1941), secondo alcuniautori condizionato dalla qualità della vocale accanto all’occlusiva e dalla posizionedell’accento (Ascoli 1889, Meyer-Lübke 1890).Il problema è complicato dal fatto che gli argomenti sia a favore sia contro l’una o l’altrasoluzione sono numerosi e intricati. Lo scopo di questa comunicazione è offrire un nuovoargomento a favore della presenza di un processo di sonorizzazione in toscano, dimos-trando come le occlusive intervocaliche sonorizzate abbiano asimmetrie distribuzionaliincompatibili con l’ipotesi del prestito. Gli stessi dati tuttavia suggeriscono che, contraria-mente a quanto è avvenuto nella Romània occidentale, in toscano non ha operato unasonorizzazione sistematica e obbligatoria, bensì un processo graduale e variabile (Giannellie Savoia 1978, 1979-80, Maiden 1995, Giannelli & Cravens 1997).Basandosi su Cortelazzo e Zolli (1999) e sull’OVI, è stata costruita una lista di paroletoscane, derivanti da parole latine contenenti occlusive sorde intervocaliche. La probabilitàdi sonorizzazione di -p-, -t-, -k- è stata misurata rispetto a tre parametri: altezza delle vocaliadiacenti, luogo di articolazione della consonante, e presenza di una vocale tonica accantoad essa. Il test statistico χ2 rivela che la sonorizzazione di -p-, -t-, -k- è più probabile seaccanto alla consonante è presente /a/ (p < 0.001), /g/ piuttosto che /t/ e /t/ piuttosto che /p/

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(p < 0.001), o una vocale tonica (p < 0.01). Questi risultati sono in contrasto con l’ipotesidel prestito: nelle lingue da cui i prestiti dovrebbero provenire non esistono le asimmetriediscusse, poiché il contesto intervocalico era l’unica condizione necessaria e sufficiente perla sonorizzazione. Gli stessi risultati sono invece coerenti con l’ipotesi che le consonantisonorizzate presenti in toscano siano il relitto fossilizzato di un antico processo graduale eopzionale, la cui applicazione più o meno estesa sarebbe stata influenzata da diversi param-tri fonetico-fonologici.

Análisis melódico del español hablado por italianos

Francisco José Cantero Serena / Empar Devís Herraiz (Barcelona)

El fenómeno del acento extranjero consiste en un discurso codificado en la lengua metapero organizado según la entonación propia de la lengua del alumno: el resultado es unestilo de habla que puede dificultar mucho la comunicación con los nativos del idioma, oincluso impedirla.La entonación es un factor clave en la pronunciación de la lengua extranjera, comoelemento organizador del discurso oral. En el caso del español hablado por italianos, latransferencia melódica no impide la comunicación, pero sí la caracteriza de una maneraclara, y en ocasiones puede llegar a dificultarla. Sólo una entonación adecuada posibilita laelaboración de un discurso fluido y comprensible, y debe considerarse un objetivo crucialen la enseñanza de la pronunciación.En este trabajo describimos los rasgos melódicos de un grupo de italianos hablantes deespañol, con el método de análisis melódico del habla puesto a punto en nuestro labora-torio. Nuestro objetivo es caracterizar su interlengua, con el fin de implementar la enseñan-za de la pronunciación en este contexto.Hemos utilizado un corpus de 254 enunciados: 103 enunciados neutros (conclusivos), 44enunciados suspendidos (no conclusivos) y 107 enunciados interrogativos (interrogaciónabsoluta).Los enunciados fueron producidos por 10 informantes (de ambos sexos y edades compren-didas entre los 30 y los 60 años), todos ellos italianos y hablantes avanzados de español: 5profesores de español en la Universidad de Venecia y 5 profesores de italiano en universi-dades de Madrid (con un mínimo de 5 años de estancia en España).Los resultados del análisis nos permiten proponer los rasgos melódicos de la entonaciónprelingüística de los italianos que hablan español, así como los patrones melódicos máscomunes de la entonación interrogativa y de la entonación neutra y suspendida.

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Do Português Médio ao Clássico:o Cancioneiro Geral de Garcia de Resende

Esperança Cardeira (Lisboa)

Em geral, as histórias do português desenvolvem aprofundadamente os séculos formativosda língua mas apenas esboçam em traços gerais a evolução do português europeu a partirdo século XV. Esta assimetria é uma consequência inevitável da tradição linguística emPortugal, que sempre favoreceu o estudo do português arcaico. Nos últimos anos, contudo,têm vindo a lume alguns trabalhos que incidem sobre o período médio do português. Umdesses trabalhos, Entre o Português Antigo e o Português Clássico (Cardeira 2005), carac-teriza as décadas iniciais do português médio como uma transição de fase, em que a línguaabandona a sua antiga feição setentrional e trovadoresca, e adianta que o limite entre portu-guês antigo e médio se deve entender como uma “franja de separação” ou seja, um períodode extrema variação linguística.Aceitando a data da impressão da Gramatica de Fernão de Oliveira (1536) como fronteirasimbólica entre os períodos médio e clássico, conhecidas as profundas transformaçõeslinguísticas que o português sofre na primeira metade do século XV e entendendo o períodoclássico como uma nova fase (de reflexão metalinguística) é previsível que o final doportuguês médio configure, também, uma “franja de separação”. Este período não foi,ainda, objecto de uma análise linguística sistemática. Trata-se, no entanto, de um momentoparticularmente significativo da história do português, já que corresponde à fase inicial daexpansão da língua, estando nele mergulhadas as raízes do português do Brasil.O Cancioneiro Geral de Garcia de Resende, impresso em 1516, abrange toda a poesiapalaciana dos reinados de D. Afonso V, D. João II e D. Manuel e afigura-se-nos umdocumento precioso para o estudo da língua da segunda metade do século XV e princípiosdo XVI. O objectivo desta comunicação é, portanto, a análise, no quadro da sociolin-guística histórica, de algumas variáveis fonológicas seleccionadas com base nas propostasde Teyssier (1982), Bechara (1991) e Castro (2006).

ReferênciasBECHARA, Evanildo (1991). As fases da língua portuguesa escrita. Actes du XVIII Congrès

International de Linguistique et de Philologie Romanes (ed. Dieter Kremer). Tübingen:Max Niemeyer Verlag. Vol.III, 68-75.

CARDEIRA, Esperança (2005). Entre o Português Antigo e o Português Clássico. Lisboa:Imprensa Nacional-Casa da Moeda.

CASTRO, Ivo (2006). Introdução à História do Português. Lisboa: Colibri.TEYSSIER, Paul (1980). Histoire de la langue portugaise. Trad. port. de Celso Cunha

(1982). História da língua portuguesa. Lisboa: Sá da Costa.

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Descripció acústica de vocals anteriors altes del català i castellà enparla espontània

Josefina Carrera-Sabaté (Barcelona)

En els darrers temps, la caracterització acústica dels sistemes vocàlics de les llengües haintegrat, a banda de mostres de parla de laboratori, parla espontània. La descripció acústicade les vocals del català segons diferents graus de formalitat és pràcticament inexistent inomés trobem un estudi contrastiu en què s’analitzen diferències i similituds en les vocalsde diferents estils de parla del català i castellà (Blecua Falgueras et al. 1993) i uns altresestudis en què es compara l’estructura acústica de les vocals // // i // del català i // i //del castellà en parla espontània (Carrera-Sabaté 2008 i 2009).El treball que proposo té un doble objectiu: 1) Descriure l’estructura acústica de les vocalstòniques /Ui/ del català central a partir de l’anàlisi espectrogràfica de vocals anteriors altesrecollides en entrevistes radiofòniques. 2) Contrastar els valors formàntics de la vocaltònica /Ui/ del català i /Ui/ del castellà, també obtinguda en entrevistes radiofòniques.Els informants analitzats són 5 catalanoparlants masculins del dialecte oriental centralentrevistats al programa Eduqueu les criatures de Catalunya Ràdio i 5 castellanoparlantsmasculins del dialecte septentrional entrevistats al programa La Ventana de la Cadena Ser.Les variables lingüístiques que es tenen en compte per observar diferències estadísticamentsignificatives entre F0, F1 i F2 de les vocals de catalanoparlants i castellanoparlants són:I) l’accentuació de les paraules amb /Ui/ dins de les unitats prosòdiques; II) les vocals /∩i/en la primera part de mots compostos o en auxiliars preverbals; III) el context adjacent a/Ui/, classificat a partir de la combinació de 5 grups de sons (vegeu Recasens 1986):1) labials, 2) dentals i alveolars excepte [λʃ] i [ρ], 3) palatals i aproximant [j], 4) velars,5) [λʃ] i [ρ].Aquest estudi experimental permetrà comparar el camp de dispersió de les vocals anteriorsaltes del català central i del castellà septentrional i aportar dades experimentals per poderdescriure l’estructura acústica de les vocals anteriors altes del català i castellà emeses encontextos diferents de la parla de laboratori.

Referències bibliogràfiquesBLECUA FALGUERAS, B.; POCH, D.; HARMEGNIES, B. (1993) Variaciones en la organiza-

ción de las vocales del espanyol y del catalán en función del estilo de habla. FernándezBarrientos (ed.) Jornadas Internacionales de Lingüística Aplicada Robert J. Di PietroIn Memoriam. Actas. Granada, 11-15 de gener de 1993. Granada: ICE Universidad deGranada, vol 1: 98-107.

CARRERA-SABATÉ, J. (2008) «L’a castillan est un a légèrement assourdi [...] Le catalanadmet deux a» (Fabra 1987: 8). La vocal baixa del català central i de l’espanyolseptentrional en entrevistes radiofòniques. III Col·loqui Internacional “la lingüística dePompeu Fabra”. Tarragona, 17-19 de desembre de 2008. Universitat Rovira i Virgili.

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–– (2009) Vocals mitjanes anteriors del català i castellà extretes d'entrevistesradiofòniques: caracterització i comparació acústiques XV Col·loqui de l’AILLC. Lleida,setembre de 2009. Universitat de Lleida.

RECASENS, D. (1986) Estudis de fonètica experimental del català oriental central.Barcelona: PAM.

O processo de gramaticalização de ter/aver como auxiliares de temposcompostos, no português medieval (sécs. XIII-XVI)

Maria Jose Carvalho

Analisa-se, nesta comunicação, o processo histórico da gramaticalização de ter/aver nostempos compostos, já que, tendo sido «la lengua romance que há llevado más allá lasustitución de Habere por Tenere» (Garcia Martín 2001: 53), o português conhece algumisolamento no mundo românico.Tentaremos esclarecer a situação do fenómeno no período medieval, com base num corpusde 153 documentos notariais originais (sécs. XIII-XVI), por nós transcrito, oriundo dosfundos do mosteiro cisterciense de Alcobaça, um importante centro na cultura portuguesamedieval (situado entre Coimbra e Lisboa). O corpus é constituído por documentoscompreendidos entre 1289 e 1565, redigidos não apenas no mosteiro mas também nas áreasperiféricas sob sua jurisdição, os chamados “coutos”.A análise dos dados mostrou que a passagem de auer/ter como verbos associados a possepara auer/ter como auxiliares envolveu um processo de recategorização semelhante ao quefoi já constatado com os verbos “go”, “come” ou “have” em algumas línguas (da Costa doMarfim e Libéria, por exemplo) (Heine 1993: 116), partilhando com elas uma característicafundamental: o facto de numa fase de transição se terem desenvolvido construções quepodem ser interpretadas de duas formas (expressando um estado resultativo mas tambémtemporalidade, uma vez que se verifica uma identificação entre o sujeito da oração e oagente da acção expressa pelo Particípio Passado). Assim, o processo de recategorizaçãoenvolve, tal como nessas línguas, «an intermediate step of structural ambiguity whereby agiven construction can be interpreted in two different ways» (Heine 1993: 116).O facto de se ter registado um processo de “semantic bleaching” de auer/ter, que os tornoude verbos plenos (de conteúdo semântico de posse) a auxiliares não implica que asconstruções com auer/ter seguido de Particípio flexionado tenham sido completamenteeliminadas da língua, verificando-se antes uma especialização sintáctica que subsiste hoje,no português contemporâneo (cf. «Tenho estudado a lição» versus «Tenho a liçãoestudada»).

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Referências bibliográficas (de carácter geral)CARVALHO, Maria José – Documentação medieval do mosteiro de Santa Maria de Alcoba-

ça (sécs. XIII-XVI). Edição e estudo linguístico. Coimbra (Faculdade de Letras ), 2006.GARCÍA MARTÍN, José María - La formación de los tiempos compuestos del verbo en

español medieval y clásico. Aspectos fonológicos, morfológicos y sintácticos. Anejo nºXLVII de la Revista Cuadernos de Filología. Universitat de València (Facultat deFilología), 2001, p. 60.

HEINE, Bernd – Auxiliaries. Cognitive Forces and Grammaticalization. New York, Oxford(Oxford University Press), 1993.

HEINE, Bernd – Ulrike CLAUDI and Friederike HÜNNEMEYER – Grammaticalization. AConceptual Framework. Chicago and London (The University of Chicago Press), 1991.

TRAUGOTT, Elizabeth Closs Subjectification in Grammaticalisation. In: Subjectivityand Subjectivisation. Linguistic Perspectives. Ed. by Dieter STEIN and Susan WRIGHT.Cambridge (Cambridge University Press), 1995, p. 31-54.

L’expressió prosòdica de la incredulitat en català. (Fonologia)

Verònica Crespo-Sendra / Maria del Mar Vanrell / Pilar Prieto

En llengües com ara l’anglès, el contrast entre les oracions interrogatives absolutes neutres iles d’incredulitat s’expressa amb un canvi d’ordre dels elements de l’oració: lesinterrogatives que demanen informació es caracteritzen per la inversió del subjecte i lapresència d’un auxiliar (Do you have tangerines? ‘Teniu mandarines?’), les interrogativesd’incredulitat són també anomenades “declarative yes-no questions”, és a dir, el seu ordrees correspon amb el de les oracions declaratives (You have got tangerines? ‘Teniu manda-rines?’). En canvi, algunes llengües romàniques com el català no poden fer ús d’aquestaestratègia i els dos tipus d’interrogatives amb diferent significat pragmàtic tenen la mateixaestructura sintàctica; per exemple, podem preguntar Tenen mandarines? quan no coneixemla resposta perquè també pot ser que en aquell mercat no en venen o quan ens sorprèn que aun taller mecànic venguen mandarines. Per tant, l’objectiu d’aquest treball és aprofundir enl’anàlisi entonativa de les oracions interrogatives absolutes informatives i les que denotenincredulitat en català.En català s’han descrit dos tipus de patrons entonatius per a les interrogatives absolutesinformatives: el patró ascendent i el patró descendent (vg. Bonet 1986, Prieto 1995, Prieto iRigau 2007). A la Figura 1 podem veure la configuració tonal final dels dos tipus depatrons de les interrogatives absolutes: el patró ascendent es caracteritza per la realitzacióde la darrera síl·laba tònica en un to baix, des d’on comença la inflexió final ascendent quearriba fins a les darreres síl·labes de l’enunciat, i el patró descendent es caracteritza per larealització de la darrera síl· laba tònica també en un to descendent, el qual continua baixant

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fins a les darreres síl·labes de l’enunciat. En el cas de les oracions interrogatives absolutesd’incredulitat, els estudis que tracten el tema estan d’acord que els contorns bàsics es cor-responen amb els de la interrogativa absoluta neutra però amb els trets tonals més exageratsi el camp tonal ampliat, és a dir, la mateixa corba entonativa que les neutres però amb unincrement important de l’altura tonal del contorn (vg. Bonet 1986, Prieto 2002, Prieto iRigau 2007, Crespo-Sendra et al. 2009, Crespo-Sendra et al. 2010). Els dialectes que se-gueixen el patró descendent són el mallorquí, el nord-occidental, l’eivissenc, el menorquí iel central. Pel que fa a les oracions amb inflexió final ascendent, s’han descrit en catalàcentral, en eivissenc, en tortosí i en valencià.

Esquema dels dos tipus de patrons de les interrogatives absolutes neutres en català. La columnamarcada en gris representa la darrera síl·laba tònica, i les dues adjacents representen les síl·labesposttòniques on es realitza la inflexió final.

En el treball, presentarem els primers resultats geoprosòdics, els quals s’han obtingut apartir de l’anàlisi de les oracions interrogatives absolutes neutres i les interrogatives absolu-tes que denoten incredulitat de l’Atles interactiu de l’entonació del català, tot iniciant eltraçat de les isoglosses prosòdiques en el domini lingüístic català. El nostre propòsit éscomprovar si en tots els dialectes es fa servir el mateix patró per als dos significats pragmà-tics tal com descriuen estudis previs (vg. Bonet 1986, Crespo-Sendra et al. 2009, 2010,Prieto 2002, Prieto i Rigau 2007). Per a l’anàlisi de les dades hem estudiat tots els contornsde preguntes informatives i preguntes d’incredulitat de l’Atles, i els resultats confirmen quetots els dialectes empren el mateix patró quan volen demanar per informació nova o quanvolen expressar sorpresa al seu interlocutor. A més a més, hem realitzat un experiment depercepció en català central per saber quins són els trets acústics que actuen perquè elsparlants distingisquen entre un significat pragmàtic i l’altre. Amb l’anàlisi dialectal i ambels resultats de l’experiment de percepció del català central, concloem que el tret prosòdicque caracteritza les interrogatives d’incredulitat en tots els dialectes és l’increment delcamp tonal i de vegades l’increment de durada; això és, quan més émfasi posa el parlant al’hora d’enunciar les dues interrogatives més sentit d’incredulitat denota la pregunta.

BibliografiaBONET, E. (1986) «L’entonació de les formes interrogatives en barceloní», Els Marges 33,

p. 103-117.CRESPO-SENDRA, V., ARGEMÍ-TORRAS, N., BORRÀS-COMES, J., CRAVIOTTO-ARNAU, R.,

SICHEL-BAZIN, R., VANRELL, M.M. i P. PRIETO (2009) «Entonació dialectal de lesinterrogatives antiexpectatives i d’incredulitat en català». Workshop sobre entonació delcatalà i Cat_ToBI».Barcelona, Universitat Autònoma de Barcelona.

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CRESPO, V. ; VANRELL, M.M.; PRIETO, P. (enviat). «L'expressió de la incredulitat en català:un estudi prosòdic». Caplletra.

PRIETO, P. (1995) «Aproximació als contorns entonatius del català central», Caplletra 19, p.161-186.

–– (2002) «Entonació», dins Joan Solà et al (eds.), Gramàtica del català contemporani, p.393-462, Barcelona, Edicions 62.

PRIETO, P., CABRÉ, T. et al. (2007). Atles interactiu de l’entonació del català.http://prosodia.upf.edu/atlesentonacio/

PRIETO, P. i G. RIGAU (2007) «The Syntax-Prosody Interface: Catalan interrogative senten-ces headed by que», Journal of Portuguese Linguistics 6-2, p. 29-59.

Sulle sorti di -l-, -r-, -rr- latine:la prospettiva italo-romanza settentrionale

A. Debanne / R. Delucchi (Universität Zürich)

La neutralizzazione degli esiti di l e r intervocaliche in /r/ è notoriamente uno dei fenomeniche caratterizza un’ampia parte dei dialetti italo-romanzi settentrionali. A loro volta levarietà interessate dal fenomeno si differenziano per quanto concerne l’esito di -rr-: inalcune il quadro sincronico mostra l’avvenuto conguaglio tra gli esiti di -l/r- e -rr-, in altrela realizzazione fonetica di -r- < -l-, -r- differisce più o meno sensibilmente da quelladell’esito dell’originaria vibrante intensa.Com’è noto, in quella parte della Romània coinvolta dallo scempiamento delle geminatelatine le liquide – e per quel che ci interessa le vibranti – sono state interessate più tardi dalfenomeno. In base al quadro variegato offerto dalle varietà dialettali moderne, apparecruciale ripercorrere le sorti di -rr-, anche attraverso il confronto con analoghe situazioniromanze; occorrerebbe verificare la presenza di uno scarto cronologico nel processo didegeminazione all’interno delle singole aree interessate dal rotacismo e, successivamente,mettere in relazione l’eventuale differenza riscontrata con la variazione emergente dalpanorama dialettale attuale.Questo contributo, che si inserisce in un più ampio progetto dedicato ad analizzare le sortidi r e l latine nelle varietà italo-romanze settentrionali, mira a ripercorrere per la primavolta la storia di tali esiti a partire dalle scriptae medievali: tramite la selezione di uncorpus, che sia il più possibile eterogeneo per tipologia testuale e per localizzazione geo-grafica, si offriranno i primi risultati di uno spoglio che intende verificare la presenza delconguaglio di -r- e -l- e il persistere di -rr-, oltre alla relativa consistenza dei due fenomeni.I risultati di tale spoglio saranno inoltre confrontati con i dati pertinenti alle varietà in cuinon è presente il rotacismo ma compare fin dal Medioevo lo scempiamento di -rr-.

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Inoltre, alla luce di quanto emerso in prospettiva diacronica, la disamina della variazionedialettale in sincronia ci permetterà di verificare la convergenza tra la distribuzione indiatopia attestata dalle fonti antiche e la diversificata tipologia – fonetica e fonologica –degli esiti delle liquide nelle varietà italo-romanze settentrionali moderne.

Riferimenti bibliograficiCorpus TLIO. Banche dati del Tesoro della lingua italiana delle Origini, a c. di P. G.

Beltrami, (http://gattoweb.ovi.cnr.it/)MERLO, C. (1928), Dei continuatori di -L- nei dialetti del Canton Ticino e territorii

limitrofi (con 1 carta), «L’Italia dialettale» IV, pp. 308-9.–– (1938), Contributi alla conoscenza dei dialetti della Liguria odierna, «L’Italia

dialettale» XIV, pp. 23-58.ROMANO, A. (in stampa), A contribution to the study of phonetic variation of /r/ in French

and Italian linguistic domains, in H. Van de Velde e R. van Hout (a c. di), r-atics.Sociolinguistic, phonetic and phonological characteristics of /r/, II.

ROHLFS, R. (1966-69) Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, 3 voll.,Torino, Einaudi.

SGANZINI, S. (1993), Degli esiti e della qualità di r in alcuni dialetti lombardi, «RomanicaHelvetica» CIX, pp. 141-160.

STELLA, A. (1994), Profilo linguistico dei volgari medievali. Piemonte, Liguria,Lombardia, in Storia della lingua italiana. III. Le altre lingue, a c. di L. Serianni e P.Trifone, Torino, Einaudi, pp. 75-212.

TOSO, T. (1995), Storia linguistica della Liguria, Recco, Le Mani.WALSH DICKEY, L. (1997) The phonology of liquids, PhD Thesis, University of

Massachusetts, Amherst.

Uso variável das oclusivas dentais:uma reflexão sobre a mudança de estilo

Da Hora Demerval

Os estudos sociolingüísticos desenvolvidos por Labov, nos anos 60 e subseqüentes doséculo XX, foram fundamentais para o início e a continuidade de outros estudos realizadosem diferentes partes do mundo. A partir da estratificação social das variáveis e observandosua correlação com fatores estruturais, foi possível que se estabelecessem padrõessistemáticos em vários aspectos da língua, principalmente no que tange aos fonológicos.Como atestam os trabalhos implementados, ênfase maior foi dada ás variáveis sociais eestruturais, com pouca atenção voltada para a variável estilística. Sabemos que ametodologia sociolingüística, no que concerne ao estilo contextual, tem-se voltado para

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duas abordagens. De um lado, a mudança de estilo vista como fenômeno etnográfico; deoutro, como um mecanismo controlado, ao se medir a dinâmica da variação sociolingüís-tica. Saber tanto quanto possível sobre as formas que os falantes mudam e sua freqüênciano cotidiano é um desafio. E a mudança de estilo parece ser uma das chaves para o quevemos como o problema central da teoria da mudança lingüística: o problema da transmis-são (Labov, 2001). Com o objetivo de testar a proposta arbórea de Labov elaborada noanos 70, a fim de analisar a fala espontânea e com vistas á mudança de estilo, aplicaremosos oito critérios contextuais aos dados do Projeto Variação Linguística no Estado daParaíba — Brasil (VALPB), constituído de 36 informantes, estratificados socialmente deacordo com as variáveis sexo, anos de escolarização e faixa etária. Para testar a proposta,avaliaremos a mudança de estilo no que concerne ao uso dos consoantes oclusivas dentais/t/, /d/ em suas variantes dental e palatalizada, sendo a primeira considerada uma marca dofalar local, e Voam características de estereótipo do falar nordestino brasileiro Como oscritérios contemplam a fala casual e a fala cuidada, nossa hipótese de trabalho é que na falacuidada os falantes utilizem mais as formas palatalizadas das oclusivas dentais, considera-das, por sua vez, como não marcadas.

Rasgos melódicos de la cortesía atenuadora en el español coloquial

Empar Devís Herraiz (Barcelona)

En esta comunicación presentamos los primeros resultados obtenidos a partir del análisisacústico de los diversos recursos fonopragmáticos (des)corteses (sociales y estratégicos)dentro del proyecto Fonocortesía: el componente fónico en la expresión de cortesía ydescortesía verbales en español coloquial.La expresión de (des)cortesía en el diálogo cotidiano es un efecto habitualmente expresadoa través de los recursos fónicos en general y suprasegmentales en particular. Junto a losmecanismos de índole morfológica, sintáctica, léxica, semántica, etc, también la participa-ción del componente fónico debe ser tenida en cuenta, y aún ahora es uno de los ámbitos deestudio en los que se solicita más investigación.A la fase de reconocimiento “intuitivo” de los diversos recursos fonopragmáticos (des)cor-teses le sigue necesariamente la fase de caracterización objetiva de los mismos, para lo quees necesario un minucioso proceso de análisis acústico.A tal efecto empleamos el método de análisis melódico del habla que presenta F.J. Cantero(2002) en su libro Teoría y Análisis de la entonación, donde se ofrece un marco teórico quehace posible interpretar fonológicamente los fenómenos tonales de la lengua española(acento, ritmo y entonación). Asimismo, propone un método de análisis formal basado en elanálisis acústico y perceptivo del discurso que le permite hacer una descripción de laentonación desde el punto de vista fonético y fonológico. Esta perspectiva consiste,

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básicamente, en reconocer tres niveles de actuación entonativa: prelingüístico, lingüístico yparalingüístico.Esta minuciosa y exhaustiva metodología de los fenómenos tonales será el punto de partidapara avanzar en el estudio pragmático de la conversación y para profundizar en el estudiopráctico de la (des)cortesía.Los ejemplos de enunciados que presentaremos pertenecen al corpus VAL.ES.CO (Valen-cia, Español Coloquial) elaborado por el equipo de investigación que recibe el mismonombre.

Entoação das frases imperativas em Português Europeu:dados de produção e de percepção

Isabel Falé

A investigação sobre a entoação do Português Europeu (PE) não estudou, de formasistemática, a entoação das frases imperativas. Nos textos que abordam esta temática, asimperativas são descritas como tendo um contorno ascendente-descendente de largaamplitude, semelhante às interrogativas qu-, embora apresentem diferenças rítmicasrelativamente a estas últimas. Um aumento do leque de variação da frequência fundamentalfoi também reportado. (Mateus et al. 1983, Viana 1987)Em PE, as frases imperativas são morfológica e sintacticamente marcadas. Estascaracterísticas gramaticais são habitualmente apontadas como suficientes para distinguir asimperativas de outros tipos de frase. No entanto, as características entoacionais dasimperativas parecem ser fortemente proeminentes e parecem desempenhar um papelimportante na percepção e no processamento do PE.O presente trabalho apresenta investigação realizada em duas vertentes: a da produção e ada percepção. Os dados de produção foram obtidos através de uma situação experimentalna qual participaram quatro informantes (dois de cada sexo), tendo sido utilizados apenasos registos de dois. Procedeu-se ao registo da leitura de frases imperativas com e semindução de contexto. Estes dados foram organizados num teste de percepção (Teste dePercepção I), constituído por 195 sequências sonoras de diferentes tipos de frase:declarativas, interrogativas, interrogativas qu-, imperativas e exclamativas. No Teste dePercepção I, 40 informantes, falantes nativos de PE, categorizaram as sequências sonorasde acordo com as quatro etiquetas disponíveis, correspondentes aos quatro tipos de frase.As frases classificadas como imperativas por 75% dos informantes foram analisadasacústica e foneticamente com o software Praat, tendo em consideração variáveisseleccionadas. Os dados decorrentes deste processo foram estatisticamente trabalhados. Osresultados revelaram que a diferença entoacional entre uma frase declarativa e uma frase

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imperativa se relaciona quer com eventos locais, que determinam o contorno entoacional,quer com eventos globais, que posicionam os níveis de frequência fundamental.Para confirmar a existência de uma categoria entoacional imperativa, foi desenvolvido umteste de percepção categorial (Teste de Percepção II). A partir de duas frases naturais,foram criadas, por manipulação acústica (PSOLA), duas sequências sonoras multi-etapas,de um contorno declarativo a um contorno imperativo. Estas sequências foram submetidas ateste, tendo-se solicitado aos 20 informantes, falantes nativos de PE, que desempenhassemduas tarefas: uma tarefa de identificação e uma tarefa de discriminação. Recolheram-sedados comportamentais respeitantes à categorização e aos respectivos tempos de reacção.Os resultados mostraram que o protótipo da categoria imperativa em PE está claramenterelacionado com valores de frequência fundamental elevados e com um contornoentoacional específico. A análise acústica e fonética apontou para a probabilidade de asvariáveis Vogal Pré-Tónica Final e Vogal Tónica Final serem as mais informativas eprototípicas da categoria de frase imperativa nesta língua.Numa interpretação dos dados disponibilizados pela investigação realizada, será apre-sentada uma proposta de análise fonológica entoacional para as frases imperativas, tendoem consideração o alinhamento tonal dos eventos locais e globais que as caracterizam.

¿Continuidad prosódica en diferentes puntos de la Romania?El caso de algunas interrogativas

Ana Mª Fernández Planas / J.A. Martínez Celdrán / Paolo Roseano / J. Dorta,

El concepto de “Romania continua” propuesto por Amado Alonso en 1974 supone ciertassemejanzas entre lenguas pertenecientes a la Romania occidental entre las que se cuentan elcastellano, el catalán y el italiano. En este trabajo pretendemos analizar si encontramos estacontinuidad en el nivel prosódico entre diferentes puntos pertenecientes a esta zona de laRomania representados por una informante femenina sin estudios superiores característicade cada punto de encuesta elegido, concretamente: el friulano de Agrons, el italiano de laSpezia, el catalán de Barcelona, el catalán de Lleida, el castellano de Murcia y el castellanode Tenerife. Se analiza tanto la entonación, es decir, la modulación de F0, como la duracióny la intensidad en un grupo de frases interrogativas absolutas neutras formadas por suje-to+verbo+complemento y, en el caso del catalán también de frases de la misma modalidadencabezadas por la conjunción átona “que” con estructura verbo+complemento+sujeto.Estas frases, obtenidas mediante un proceso de elicitación textual, pertenecen al llamadocorpus fijo del conocido proyecto AMPER (Atlas Multimedia de Prosodia del EspacioRománico) que pretende reflejar en atlas de caracter multimedia los aspectos prosódicos delas actuales variedades geoprosódicas de las actuales lenguas románicas tanto en Europacomo en América. Los resultados muestran intercomprensión entre las diferentes varieda-

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des encontradas a pesar de la diferencias formales entonativas especialmente en el tonema,principal indicador de la modalidad oracional, en algunos puntos ascendente, en otrosdescendente o con ambas modulaciones en Barcelona según el tipo de interrogativa del quese trate. La teoría métrica autosegmental (AM) refleja en el etiquetaje prosódico estasdiferencias.

La lenizione delle occlusive velari in friulano:i contatti linguistici e la datazione degli esiti attuali

Franco Finco (Italia)

Assieme alle altre varietà retoromanze, il friulano appartiene alla cosiddetta Romàniaoccidentale e conosce la lenizione delle consonanti ostruenti collocate tra una vocale pienae una sonorante. In particolare l’esito delle occlusive velari, passando attraverso sonorizza-zione e spirantizzazione [◊], in posizione intervocalica giunge fino allo stadio approssi-mante /j/ o al totale dileguo del segmento (diverso invece l’esito dell’occlusiva sorda /k/davanti a vocale anteriore): es. PĀCĀRE > *paγàr > pajà ‘pagare’, PĀGĀNU(M) > *paγàn >pajàn ‘grano saraceno’, PLĬCĀRE > *pleγàr > pleà ‘piegare’, LĬGĀRE > *leγàr > leà ‘legare’,ecc. Davanti a laterale la velare [◊] cade in sillaba postonica, ma si conserva e rafforzacome occlusiva [◊] se in onset di sillaba tonica: VĔCLU(M) > viéli ‘vecchio’ ma veglèce‘vecchiaia’, veglòn ‘vecchione’, PĒDŬCLU(M) > > *pedó ̣γli > pedō ̣li ‘pidocchio’ mapedoglō ̣s ‘pidocchioso’, pedoglàrie ‘ftiriasi’, pedoglìte ‘licopodio’, ŎCLU(M) > *wó ̣γli >vō ̣li ‘occhio’ ma voglà ‘adocchiare’, COĀG(Ŭ)LU(M) > càγli > cāli ‘caglio’ maCOĀG(Ŭ)LĀRE > caglà ‘cagliare’, ecc.Il romanista sloveno Anton Grad ha proposto (1958 e 1969) una datazione del mutamento[◊] > [j] in friulano, collocata nei secoli XIV-XV, analizzando i prestiti lessicali penetrati invarie epoche in sloveno, soprattutto nei dialetti occidentali a stretto contatto con l’areafriulana (valli del Natisone, Torre, Isonzo, Vipacco, Resia, ecc.). Tali conclusioni sonostate accettate dalla maggior parte degli studiosi (G. Francescato, G.B. Pellegrini, G. Frau,ecc.).In questa comunicazione saranno rimessi in discussione gli argomenti del Grad, interro-gando la documentazione storica e operando una rianalisi fonetica dei prestiti è possibilegiungere a una retrodatazione del fenomeno. Le prime attestazioni dell’esito [j] compaionoin toponimi e antroponimi friulani contenuti in documenti latini: es. 1171 ‹villa de noiar›,‹godia›, ‹stephanus ziala›, rispettivamente dal lat. *NUCĀRIU(M), [VILLA] GOTHĬCA, CICĀLA< CICĀDA, ecc. Il terminus ante quem va dunque collocato nella seconda metà del XII

secolo.La fricativa labiodentale sorda [f] non era un fonema dell’inventario fonologico néprotoslavo, né dello sloveno fino al XII secolo ([f] poteva comparire solo come allofono di

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/v/ dopo la fricativa /x/). Per questa ragione i prestiti dal romanzo o dal tedesco checontenevano il suono /f/ sono stati resi sistematicamente con /p/ (adattamento perapprossimazione), il fonema protoslavo/antico-sloveno acusticamente più simile allafricativa labiodentale sorda del modello: es. lat. FRIXŌRIA > rom. fresór(i)a [s] > slov.prosô ̣ra ‘padella’, lat. FESTA > rom. fèsta > slov. pê.šta ‘banchetto di nozze’. A partire dalXII secolo il mutato assetto socio-politico e culturale comportò una massiccia immissione ditedeschismi e di romanismi (questi soprattutto nei dialetti sloveni occidentali), contenenti lafricativa [f]. Ciò ebbe come conseguenza la fonologizzazione di /f/ (induzione di fonema)che diventò un segmento autonomo del sistema fonologico sloveno (Striedter-Temps,Greenberg). Prestiti come (lat. FOCĀCIA >) ant. friul. *foγàča > slov. dial. poγáča ‘focaccia’, presentanola resa /p/ della /f/ romanza, pertanto si tratta di parole recepite prima del XII secolo. Il friul.mod. fujàča (attestato nel 1428: diey per fa pan e fuiaçis plur.) mostra l’avvenuto passaggio[◊] > [j]. Altri prestiti come (lat. volg. FRŪGA, da FRŪX FRŪGIS) > ant. friul. *frùγa > slov.dial. (notranjsko) frûγa ̥, frýγa ‘prodotto dei campi’, nella riproduzione della fricativa /f/romanza, mostrano di essere stati recepiti più di recente (friul. mod. frùja oggi usato solo inespressioni cristallizzate). Tali considerazioni permettono dunque di datare il passaggio [◊]> [j] nel corso del XII secolo, a seconda del contesto fonetico e della posizione all’internodella parola.Le prime attestazioni della caduta di [◊] davanti a laterale in sillaba postonica compaiononei primi testi in volgare friulano: metà XIV sec. ‹soreli›, 1348 ‹orela›, ‹sela›, ‹chavilis›(plur.) ecc., rispettivamente da lat. *SŌLĬCŬLU(M), AURĬCLA, SĬCLA (< SĬTŬLA), CAVĪCLA.Altri termini friulani, contenenti l’esito di -γl-, sono stati recepiti dai dialetti slovenioccidentali; tra di essi (lat. PANŬC(Ŭ)LA >) *panó ̣γla > friul. mod. panō ̣la ‘pannocchia’ (mapanoglòn accr., panoglàt ‘tutolo’) e (t. lat. CAVĪCLA >) *ćavìγla > friul. mod. ćavīla‘caviglia, cavicchio’. Nei dialetti sloveni occidentali i due termini sono penetrati in momen-ti diversi. Il primo è stato recepito come panóγla, panō γla che conserva ancora la fricativavelare [◊], dandoci testimonianza dell’antica pronuncia in friulano, altrimenti non documen-tata. Va notato che nei dialetti sloveni occidentali /◊/ è un fonema autonomo con distribu-zione libera. Il secondo termine è invece entrato in sloveno quando il friulano aveva giàconosciuto la caduta di [◊] e di fatto non v’è traccia nei vari dialetti occidentali: ćavýla aResia, čavíla a Merso, čevíla a Šempeter, čebíla a Tolmin, ćeβíla a Podbela, ćevíla aLusevera/Brdo ecc. Il fatto che tale prestito riproduca l’occlusiva palatale iniziale [c] delmodello friulano ci conferma che esso è stato recepito dopo il XII secolo.

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Cala sociolingüística en las poblaciones andaluzasde colonización franquista:

la aspirada explosiva equivalente a /x/ castellana

Manuel Galeote

Hemos comenzado la prospección sociogeolectal de las localidades creadas por coloniza-ción tardofranquista en el Valle del Guadalhorce (Málaga) y en otras poblaciones cordobe-sas (Mesas del Guadalhora) y sevillanas (Maribáñez) con objeto de delimitar el comporta-miento de la variable lingüística /h/ aspirada fricativa sorda, que se encuentra en lugar de la/x/ castellana, en la segunda y tercera generación de colonos. Pretendemos comprobar elgrado de vitalidad de la pérdida de dicha aspirada, arrastrada por el nulo prestigio de laarcaica y dialectal [h-] inicial castellana, que perdura en el territorio andaluz que pertenecióal reino de Sevilla. Nuestras encuestas persiguen una descripción más amplia, con enfoquesociolingüístico, de las hablas andaluzas en estas poblaciones creadas de nueva planta porel tardofranquismo, en sus proyectos de colonización agraria, modernización agrícola ydesarrollo de los regadíos por la construcción de embalses faraónicos. Los colonos quellegaron a Los Palacios y Maribáñez (Sevilla) y a Mesas del Guadalhora procedían en partede las tierras ocupadas por el Pantano o Embalse del río Genil a la altura de Iznájar(Córdoba). Dichas poblaciones también albergaron colonos de otra procedencia geográfica(provincia de Granada, etc.) y dieron lugar a una urdimbre sociogeolectal nunca anterior-mente considerada ni descrita, especialmente interesante en la segunda y tercera generaciónde hablantes colonos.Nuestra comunicación pretende analizar, en primer lugar, el comportamiento de unavariable que disfrutaba de diferente prestigio en la vieja Andalucía y en la Nueva Andalucíao antiguo reino nazarí de Granada, nos referimos a la pervivencia/pérdida de [h-] inicial yal comportamiento de toda [-h-] (incluida la equivalente a la [-x-] del español común), enestos islotes colonizados, en cuyo entorno es bien conocido el proceso de debilitación ypérdida (proceso abocado al fracaso por variables sociales como la educación) de cualquieraspirada explosiva, inicial o intervocálica.

El tratamientu de la /ll/ xeminada n’aragonés.Analís hestóricu y comparativu

Antonio María García González-Posada

L’obxectu desta comunicación ye tratar un puntu escuru de la fonética hestórica dunallingua románica que cada vegada interesa más a los romanistes: l’aragonés. No que cincael tratamientu y los resultaos de la /ll/ xeminada nesta llingua, cumple dicer qu’atopamos

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bien de soluciones estremades n’aragonés. En xunto con un resultáu xeneralizáu de tipulíquido palatal llateral, común con llingües vecines, como’l catalán y el castellán, y no tanvecines como l’asturiano, que parez ser d’aniciu castellán, y polo tanto, non autóctonu,pueden atopase delles otres realizaciones, abondo diverses (ll xeminada, l, ch, t, r, ld, etc),que non siempres carautericen un área dialeutal concreta, senon que podemos atopar nunmesmu punto delles deses realizaciones. Dende’l nuesu puntu vista, cuidamos que todeseses pronunciaciones estremades pueden agrupase y reducise a tres tipos orixinarios, de losqu’habíen derivar los demás por causes diverses (simplificación, despalatalización,palatalización completa,…). D’ehí que consideremos tres menes de resultaos: conservación,palatalización y rotacismu. Otramientre, una solución conservadora y dúes innovadores,tando conservadorismu ya innovación condicionaos pola alteración o non de la posiciónocupada pola consonante doble. Del tipu d’alteración ha surdir tamién la mena de resultáu.Una y bones tratao esto, pasaré a facer una consideranza del puntu vista fonolóxicu de losanovamientos producíos, partiendo siempres del llatín, al enadese un nuevu fonema a los yáesistentes. Depués de l’analís fonolóxicu, esaminaránse les evoluciones posteriores, losreaxustes, simplificaciones, etc. producíos, pa poder esplicar de mou aicionáu les formesque s’atopen anguaño.Depués, cumple facé-la comparanza con otres llingües, especialmente’l gascón, col quecomparte delles semeyances, col catalán ribagorzanu, y tamién col asturianu, la mia llingua,qu’equí me digno representar, especialmente col occcidental y centro-meridional, au esisteun soníu cacuminal como resultáu de la evolución de la /ll/ xeminada llatina, nomáu “chevaqueira”, soníu presente tamién en sardo, siciliano y sur d’Italia y Córcega,y que pares sertevo una estensión más grande nel pasáu. Habemos siñalar equí que, se bien esistencoincidencies ente l’aragonés y el gascón, pensamos qu’esisten tamién dalgunes diferenciesde les que convién decatase. Con too ello quierse contribuyir a la conocencia dun domíniulingüístico aínda non estudiáu bien fondamente, que constitui una pieza importante nelconxuntu de les nueses llingües, tanto poles sos carauterístiques particulares como pola soposición xeográfica, onde s’amiesten los idiomes galo ya iberorrománicos, teniendosiempres presente que xeografía y lingüística tán xunides dun mou indisoluble, na espera deque la presente comunicación sirvia p’allumar daqué más l’aragonés y la so realidádialeutal y hestórica, dientro l’interés cada vegada más grande no que cinca les llingües ycultures minoritaries nel nuesu continente en xeneral y nel ámbitu románicu en particular.Tamién puede contribuyir a ello esta comunicación, na que se fala duna llingua minoritarianotra. Queda namái agradece-yos a vostés la so atención.

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Rescat de l’ALPI:metodologies i aportacions d’un atles lingüístic romànic

Vicent Garcia Perales (València)

La història de l’Atlas Lingüístico de la Península Ibérica (ALPI) encara no s’ha acabat, toti que les publicacions sobre aquest projecte han estat molt prolífiques en els darrers anys.L’última aportació en aquest sentit, el llibre La historia interna del ALPI. Correspondencia1910-1976 (Santi Cortés – Vicent Garcia Perales, València, PUV, 2009).En la nostra intervenció en el CIFLR2010 voldríem analitzar de quina manera en els últimsanys ha pres protagonisme aquest atles romànic oblidat i per què:a) Oferirem la bibliografia exhaustiva que ha suscitat tant l’ALPI inèdit (enquestes decamp) com l’ALPI publicat (l’únic volum, dels deu previstos, que ha vist la llum, en 1962).b) Ampliarem les informacions històriques de les circumstàncies que envoltaren aquestaobra tan magna com desgraciada, amb el buidatge de la correspondència entre elsprotagonistes “atlàntics” que van servir per a la nostra publicació de l’epistolari de l’ALPI(v.s.).c) Repararem en la metodologia comparada entre l’ALPI i altres atles romànics, fent esmentde les quatre principals èpoques de la Geolingüística: el naixement de la disciplina abans de1928 (ALF de Gilliéron > ALC de Griera); l’enfocament etnogràfic del Wörter und Sachen(AIS, ALEP > ALPI) fins al 1942; el període en què interessaven els atles regionals (NALF> ALEA, ALEANR), i finalment els macroatles internacionals (ALiR, ALE, ALH).L’Atlas Lingüístico de la Península Ibérica (ALPI) va ser un projecte ambiciós de l’EscolaEspanyola dirigida per R. Menéndez Pidal que, per raons que encara no coneixem ambdetall, va fracassar. Consistia en enquestes de camp en més de cinc-cents punts de lageografia peninsular, mitjançant tres equips de lingüistes preparats pel director de l’ALPI,Tomás Navarro Tomás. Es pretenia estudiar així les tres llengües romàniques de laPenínsula Ibèrica: el català-valencià-balear, el castellà i el gallec-portugués. Les enquesteses van dur a terme durant els anys 30, però la guerra civil va truncar el projecte i elsmaterials recollits es van desplaçar a Nova York de la mà de l’exili de Navarro Tomás, queva viure als EUA fins a la seua mort.L’ALPI, però, va poder tornar a Espanya. Dos antics col·laboradors, Manuel SanchisGuarner i Lorenzo Rodríguez-Castellano, van viatjar a Nova York a finals de 1950 i,després de rebre instruccions de Navarro, van regressar amb les enquestes originals i lesvan dipositar al CSIC de Madrid. Després d’això, es van acabar els pobles que faltaven i en1962 es va publicar el primer i únic volum, dedicat a 75 mapes de fonètica i dirigit perSanchis Guarner (enquestador de la llengua catalana, juntament amb F. de B. Moll)primerament des de Palma i després des de València.L’ALPI ha restat mut, la resta dels nou volums previstos mai no han vist la llum, fins que ahores d’ara el CSIC ha reunit un grup d’investigadors que duran a terme la tasca de

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recuperació on line d’aquells materials que van quedar inèdits. Així mateix, nosaltres hemrecuperat l’actualitat de l’ALPI en el blog:http://atlaslinguisticodelapeninsulaiberica.blogspot.com/

Centralització de la vocal baixa en valencià meridional

Ricard Herrero Aràmbul (València)

La dialectologia clàssica catalana sol apuntar el sistema vocàlic àton com una de lesdiferències destacables entre les variants orientals i occidentals del català. Les diferentsregles de reducció vocàlica, que condueixen a sistemes àtons de tres i cinc elementsrespectivament, inclouen la gènesi d’un element fonètic, la schwa [.], que sovint es presentacom un element privatiu del català central i paradigma de la tendència universal a lacentralització de les vocals àtones.La regla de reducció vocàlica menor pròpia de les variants occidentals converteix [a] en unelement únic en la zona baixa del subsistema vocàlic àton, un fet que li permet gaudir d’uncamp de dispersió remarcable i que evita la confusió amb els sons vocàlics pròxims. És,potser, per això que les variants occidentals, especialment el valencià meridional, ofereixenmostres significatives d’inestabilitat fonètica de la vocal baixa àtona final en processos decaire foneticofonològic, com l’harmonia (cf. terra [.t.r.], cosa [.k.z.]) o la neutralització (cf.xica [.t.ik.], [.t.ik.]), i fonètic, com la coarticulació V-a-V.L’objectiu d’aquest treball és revisar la centralització de vocals àtones en valencià, unavarietat que encara no ha estat prou estudiada des del punt de vista experimental. Ensinteressa, en especial, la hipotètica centralització de l’espai vocàlic relatiu a la vocal baixa,no només en posicions finals, tradicionalment més inestables, sinó també en les altresposicions possibles per la vocal àtona (inicial, pretònica interna i posttònica interna). Peraixò, ens proposem analitzar els formants de la vocal baixa àtona en cadascuna d’aquestesposicions, per donar compte de la dispersió que caracteritza aquesta vocal i per observar siles diferències en la prominència posicional influeixen en el grau de centralització. Ambaquesta intenció analitzarem i compararem els valors dels formants obtinguts a partir del’emissió de diversos estímuls controlats fonològicament per part d’un grup d’informantspertanyents al valencià meridional.

Efectes de prominència en canvis vocàlics obscurs

Jesús Jiménez (València) / Maria-Rosa Lloret (Barcelona)

La preeminència de la posició inicial de mot és una propietat ben reconeguda, que ha servitper explicar la major estabilitat —manteniment i conservació de timbre— dels elements

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inicials respecte dels medials i finals, durant l’evolució de les llengües romàniques. Aquestasituació s’apercep clarament, entre altres, en els canvis que afecten el vocalisme àton. Així,per exemple, Menéndez Pidal, en el Manual de gramática histórica española (Madrid,Espasa-Calpe, 181985), apunta, per al castellà, que “[l]a posición inicial es la más firme, laque da más resistencia a las vocales, la que más las asemeja a la acentuada” (p. 67). Enaquesta línia, les llengües romàniques mostren una sèrie de canvis, titllats d’esporàdics iobscurs i presentats de manera inconnexa en les gramàtiques tradicionals, que, vistos a lallum de l’atracció que s’estableix entre posicions prosòdicament fortes i elementsmelòdicament forts (en virtut, per exemple, del grau de sonicitat dels segments), reben unaexplicació conjunta més satisfactòria. L’objectiu d’aquest treball és il·lustrar aquestacorrelació de forces amb exemples del català que afecten el vocalisme àton i en menormesura el tònic (a causa de la major resistència als canvis que experimenten les síl· labes,prominents, tòniques), comparats, en algun cas, amb el d’altres llengües romàniques, per talde corroborar aquesta hipòtesi.Exemples de fenòmens relacionats amb el vocalisme àton. a) Obertura e > a en síl· labatravada inicial en català occidental, tant si la vocal és d’origen epentètic (espina > aspina)com si no ho és (embut > ambut); el fenomen afecta de manera no sistemàtica les vocals dela primera síl· laba que no es troben en posició inicial absoluta (bescoll > bascoll vs.t(r)esor > *t(r)asor). Cfr. casos esporàdics e (llatí clàssic) > a (llatí vulgar o romànicprimitiu): bilancea > balança (cat.), balanza (cast.), silvaticu > salvatge (cat.), salvaje(cast.); i de o (llatí clàssic) > a (llatí vulgar o romànic primitiu): novacula > navalla (cat.),navaja (cast.), *colostru > calostre (cat.), calostro (cast.). b) Manca de reducció imanteniment de vocals mitjanes obertes en posició inicial absoluta en varietats de València:[O]brim, [O]mplim a la zona de Canals vs. p[o]rtem, *p[O]rtem. Cfr. manteniment de vocalsmitjanes obertes en posició pretònica, inicial o medial, en gallec: b[ε]lleza, gob[ε]rnación,[O]sudo, v[O]tar. c) Diftongació o > au en posició inicial absoluta en català occidental(obrir > aubrir, orella > aurella). d) Manteniment d’hiat per evitar la formació de diftongscreixents en síl· laba inicial (biòleg [i.'O] vs. radiòleg ['jO]). Cfr. mateixa tendència encastellà (biólogo [i.'o] vs. radiólogo ['jo]).Exemples de fenòmens relacionats amb el vocalisme tònic. e) Obertura de [o] en [O] enla síl· laba tònica inicial, excepte en la zona septentrional del català central (antic bisbat deGirona) i en el rossellonès: fl['O]r, n['O]m, h['O]ra. f) Addicionalment, es relacionarà la cor-relació existent entre posicions prosòdicament fortes i elements melòdicament forts amb latendència a aparèixer vocals obertes en la sèrie mitjana en la síl· laba tònica dels manlleus itambé dels cultismes (especialment en el cas de mots esdrúixols) en català (est['O]p,['ε]tica) i en gallec (st['O]p, ['ε]tica).

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Sulla vocale epitetica dell’indicativo imperfettodella 2a coniugazione nel sardo antico

Yusuke Kanazawa (Kyoto)

Nell’indicativo imperfetto della 2a coniugazione nelle Carte Volgari, scrittodal sardo campidanese, si può osservare le desinenze 3sg. -eda (es. bineda‘veniva’, pareda ‘sembrava’) e 3pl. -enta (es. fagenta ‘facevano’, kerenta‘volevano’), che hanno la vocale epitetica a. Guarnerio (1906) menziona questedesinenze, però non esamina il loro sviluppo dettagliatamente dallecorrispondenti forme latine 3sg. -ĒBAT e 3pl. -ĒBANT. In questo studio siesamina il carattere della vocale epitetica a in -eda e -enta.Nel sardo moderno, quando una parola che termine in consonante è in pausa, siaggiunge la vocale epitetica. Nel campidanese moderno si aggiunge a se lavocale della sillaba precedente è a, i se precede e o i, e u se precede o o u (cfr.Virdis 1978). In -eda e -enta si può osservare anche la caduta di a nello iato eaproveniente dalla caduta di b intervocalica. Inoltre si trovano anche ledesinenze 3sg. -eat (es. abeat ‘aveva’) e 3pl. -eant (es. habeant ‘avevano’),che non hanno la vocale epitetica. In queste desinenze non cade a dello iatoea. Dalla suddetta osservazione possiamo dire che a dello iato cadeesclusivamente nelle desinenze con la vocale epitetica.Basandosi sul suddetto fatto si esamina la vocale epitetica a in relazione con laposizione dell’accento. Se si aggiunge la vocale epitetica a -eat, risulta chel’accento cade sulla sillaba antepenultima. E poi quando si perde a dello iato ea,l’accento cade sulla penultima. Nel sardo le parole parossitone sonoammissibili. Si può schematizzare il processo della formazione di -eda e -enta, precisando la posizione dell’accento, come seguente: 3sg. -ĒBAT > -éat> *-éat[a] > *-ét[a] > -éd[a], 3pl. -ĒBANT > -éant > *-éant[a] > -ént[a].D’al t ra par te se s i perdesse a de l lo ia to nel le desinenze senza la vocaleepi te t ica , 1 occorrebbe una parola ossitona, che non esiste nel sardo trannenelle parole monosillabe. Dunque nelle forme senza la vocale epitetica non si èperduta a dello iato (i.e. -éat > *-ét).Questa analisi prova che la vocale epitetica si è aggiunta prima la caduta di adello iato. Questa supposizione è sostenuta dal fatto che la vocale epitetica sia a,in conformità alla regola menzionata sopra.Nel sardo moderno la vocale epitetica è condizionata dalla regola sincronicaperchè si aggiunge solo quando una parola è in pausa. Al contrario la vocaleepitetica a in -eda e -enta si è aggiunta dalla regola diacronica. Quindi si puòsupporre che essa sia stata incorporata alla forma soggiacente , e che abbiapermesso la caduta di a de l lo ia to. Al lo s tesso tempo s i puòschematizzare il processo della formazione di -eda e -enta come seguente:

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3sg. -ĒBAT > -eat > -/eat/ + [a] --+ -/eada/ > -/eda/, 3pl. -ĒBANT > -eant > -/eant/ + [a] -> -/eanta/ > -enta (Non -/et/ + [i] > *-edi, -/ent/ + [i] > *-enti).

BibliografiaGUARNERIO, P. E. 1906. “L’antico campidanese dei sec. XI-XIII secondo <Le

antiche carte volgari dell’archivio arcivescovile di Cagliari>” Studj RomanziIV. 189-259.

VIRDIS, M. 1978. Fonetica del dialetto sardo campidanese. Cagliari: Edizionidella Torre.2

Perspectives géolinguistiques et post-structuralistes

Jean Léo Léonard (Paris) / Vittorio Dell’Aquila (Vaasa/Vasa)

L’ouvrage programmatique d’André Haudricourt et Alphonse Juilland Pour une histoirestructurale du phonétisme français représente paradoxalement à la fois une pierre detouche et un ouvrage marginal en linguistique diachronique et en romanistique. L’ouvrageappliquait résolument les thèses de la phonologie pragoise à la phonologie historiqueromane, tout en intégrant la perspective géolinguistique, dans une attitude épistémologiquedont le syncrétisme entre dialectologie et fonctionnalisme, en rupture déclarée avec lepositivisme déclaré « atomiste » des Néogrammairiens ne manquait pas d’audace. Sur leplan théorique et méthodologique, cet essai a atteint, en son temps, ses objectifs. Lescorrélations entre aires géolinguistiques et paramètres typologiques, le parti délibéré de neplus se contenter de faisceaux d’isoglosses, mais de traquer la cohérence aréologique dessystèmes par séries de paires (par ex., les corrélations VCV / VCCV, -L- / -LL-, -R- / -RR-,-N- / -NN- ), les transphonologisations de durée et de timbre, chaînes de traction vocalique,en somme, l’économie des changements phonétiques, furent autant d’apports majeurs. Enrevanche, le recours aux logatomes, la pauvreté de la base d’étymons utilisés (moins d’unecentaine de formes, présentées de manière parfois désinvolte), les contradictions entre lesouci du détail opportun et le rejet du détail, jugé atomisant, ont pu irriter à juste titre lesromanistes et les philologues. La tentative de ces deux auteurs « rebelles », n’en reste pasmoins précieuse, ne serait-ce que par le rôle donné à la géolinguistique, malgré d’évidentescarences techniques. Un demi-siècle plus tard, la phonologie structuraliste continue defournir la charpente sous-jacente d’une multitude de modèles en phonologie moderne, dontla géométrie des traits, aussi bien que la théorie de l’optimalité, qui ne saurait se passer decontraintes distributionnelles. La cartographie automatisée et les macro-atlas linguistiquescomme l’ALE ou l’AliR permettent d’envisager une base empirique bien plus vaste quecelle retenue par les deux auteurs, qui n’avaient pratiquement que l’ALF comme source dedonnées diatopiques. La présente communication revisitera les données (sur la base des 100

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étymons retenus par H & J), les variables (corrélations de durée C et V, corrélations deplosion, palatalisations) et les conclusions de cet essai fondamental en dialectologiestructurale romane, en proposant d’élargir la perspective empirique bien au-delà de ce quepouvaient espérer les auteurs (le domaine roman en son entier) à l’aide de l’ALiR. A cettefin, un prototype sera proposé à partir d’une application de la méthode à une seule partie dela Romania en fonction des bases de données disponibles afin de montrer les perspectivesd’un élargissement de cette approche au macro-réseau dialectal roman, dans la continuitédes travaux de M. Contini, A. M. Martins, O. Profili, J. Saramago et Vitorio à partir desdonnées de l’AliR. Deux modèles post-structuralistes et post-générativistes seront mis enconcurrence : la géométrie des traits et la théorie des éléments.

Les langues syllabiques et les langues accentuelles:une tentative de classification sur base empirique

Christiane Maaß (Hanovre)

Les langues syllabiques et les langues accentuelles se distinguent par la complexité relativede leurs syllabes. Les langues accentuelles sont caractérisées du fait que les syllabesporteuses d’accents et les syllabes non-accentuées se différencient au niveau de leurvocalisme et de leur complexité consonantique ainsi que par la présence de frontièresrelativement stables entre les mots. Les langues syllabiques en revanche présentent desprocessus d’optimisation orientés vers une syllabe idéale, caractérisée par une attaqueconsonantique moins complexe, un noyau vocalique et une coda non occupée (Szczepaniak2007). Ces processus d’optimisation peuvent dépasser les limites des syllabes et même desmots: pensons aux procédés d’élision, de liaison ou de la épenthèse du schwa pour ne citerqu’eux.Auer (1993 / 2001) fait remarquer que contrairement à d’anciennes acceptations, il n’yaurait pas de dichotomie entre les langue accentuelles et les langues syllabiques, mais qu’ilserait plus approprié de partir d’un continuum. Dans ma communication, j’analyserai uncorpus plurilingue de textes ancrés dans l’oralité distale (informations journalistiquesorales). Notre attention portera sur la complexité syllabique ainsi que sur l’emploi desprocédés d’optimisation des syllabes. Cette analyse se basera sur les lois d’optimisationsyllabique (Vennemann 1988). L’accent sera mis sur les langues romanes telles que lefrançais, l’italien, l’espagnole et le roumain. Le corpus de langues romanes sera contrastépar un corpus similaire de langues allemande et russe, deux langues donc, traditionnel-lement considérées comme des langues accentuelles. Le but est, entre autres, de positionnerces langues sur le continuum des langues accentuelles et syllabiques. Pour cela, d’un côtéles différences internes entre chacune des langues romanes devront être mises en lumière,

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de l’autre côté la distance effective entre les langues accentuelles et syllabiques devra êtredéterminée de manière quantitative.

Littérature:AUER, Peter 1993 : Is a Rhythm-Based Typology Possible? A Study On the Role of

Prosody In Phonological Typology, KontRi Working Paper, 21. Hamburg, Germanis-ches Seminar.http://www.germanistik.uni-freiburg.de/auer/?download=Phonotypo_Kontri1.pdf

–– 2001 : Silben- und akzentzählende Sprachen, in: Martin Haspelmath (ed.): Sprachtypo-logie und sprachliche Universalien, Berlin, New York, de Gruyter, vol. 2, 1391-1399.

SZCZEPANIAK, Renata 2007 : Der phonologisch-typologische Wandel des Deutschen voneiner Silben- zu einer Wortsprache, Berlin, New York, de Gruyter.

VENNEMANN, Theo 1988: Preference Laws for Syllable Structure, Berlin, New York, deGruyter.

¿Diptongos crecientes o decrecientes? Análisis comparativo de lassecuencias de vocales altas en español y catalán

Violeta Martínez

Los tratados de fonética y fonología tradicionales han señalado que, en español, lassecuencias de dos vocales altas se realizan bien como hiatos (e.g. gen[u.i]no) o comodiptongos crecientes (e.g. v[ju]da, r[wi]do) [Alarcos 1950, Navarro Tomás 1918, NúñezCedeño&Morales Front 1999, Quilis 1993], mientras que en catalán estas secuencias suelenpronunciarse con hiato (e.g. gen[u.í]) o con diptongo decreciente (e.g. c[uj]na, c[iw]tat)[Badia 1973, Cabré & Prieto 2004, 2008, Recasens 1993, Wheeler 1979, 2005]. Además,en el caso del catalán, se ha documentado la existencia de variación dialectal e idiolectalentre realizaciones decrecientes y crecientes (Bonet&Lloret 1998, Fabra 1912), aunquedicha variación no ha sido sistematizada ni explicada.Los principales objetivos de este trabajo son los siguientes: (a) comprobar la validez de lasdescripciones tradicionales; (b) constatar si en catalán la variación hacia las realizacionescrecientes está motivada por el contacto lingüístico y (c) proporcionar una descripciónfonética y un análisis fonológico de estas secuencias vocálicas en ambas lenguas.Para llevar a cabo estos objetivos, se realizó un primer experimento piloto en el que seentrevistaron a 4 informantes, representativos cada uno del siguiente grupo de hablantes:(S1) monolingües españoles, (S2) catalanes casi-monolingües, (S3) bilingües con L1español y (S4) bilingües con L1 catalán. (En el experimento final se entrevistará a 20informantes; 5 por cada grupo de sujetos). Se diseñó una actividad de lectura con 60palabras cognadas que incluían las secuencias de interés. Distintos factores como la

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tonicidad, la presencia o ausencia de linde morfemática entre las dos vocales y la posiciónde la secuencia en la palabra, se tuvieron en cuenta a la hora de clasificar e interpretar losdatos. Todos los resultados se analizaron con Praat. El inicio de la transición de F2 se tomócomo correlato fonético de un diptongo creciente/decreciente: cuanto más a la izquierdacomienza dicha transición, más se interpreta la secuencia como diptongo creciente. Losprimeros resultados mostraron que, mientras que en catalán y en español los hablantestienden a presentar hiato en presencia de límite morfemático y en aquellos casos en que lasegunda vocal es tónica, en el resto de contextos S1 realiza diptongos crecientes (imagen1), mientras que S2 pronuncia diptongos decrecientes (imagen 2). Por su parte, en loshablantes bilingües, se constató una tendencia hacia los diptongos crecientes, especialmenteen S3 (imagen 3). S4, hablante con más contacto y uso del catalán, realizó más hiatos queS3 en presencia de linde morfemática en posición átona; sin embargo, en el resto decontextos también se observa una tendencia hacia la pronunciación con diptongo creciente.Teniendo en cuenta los patrones de acentuación en catalán y español, este trabajo tratará dederivar una representación silábica y moraica (Prince 1983, Hyman 1985, Hayes 1989,Morén 2001) de las secuencias de vocales altas en ambas lenguas. A partir de los nuevosdatos, se argumentará que la relación entre la representación fonológica de /i,u/ y suparticular fonética no es directa. Esta idea se sustenta en el hecho de que no existe uncomportamiento fonológico específico de las vocales altas en ninguna de las dos lenguasque dé cuenta de la diferencia entre realizaciones crecientes y decrecientes.

(1) wi (2) uj (3) wi

La vocale che non c’è.Consistenza fonetica di schwa in alcuni dialetti della Campania

Pietro Maturi (Napoli) / Edoardo Mastantuoni (Torino)

0. La centralizzazione delle vocali atone prepausali e di molte vocali atone non finali, siapre- sia post-toniche in molti dialetti campani produce un gran numero di segmenti descritticome schwa (a sua volta variamente definito in letteratura come “vocale centrale” o “vocaleindistinta”, e così via).

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0.1 Le grafie dialettali tradizionali – in particolare quelle letterarie e paraletterarie delnapoletano – mostrano consapevolezza della presenza fonetica di questo segmento,rendendolo variamente con la lettera E o con la vocale etimologica o ritenuta tale, macomunque rappresentandolo nella stringa grafica (p.es. pecché [p´k"ke], mio ["mi´]). Alcontrario, le grafie spontanee osservabili oggi nella rete e fuori della rete lo omettono nellagrande maggioranza, se non nella quasi totalità dei casi (p.es. tlefn [t´"l f´n´]).0.2 L’evidente inconsapevolezza che tale omissione testimonia della presenza della vocalein questione ci ha spinto a voler verificare la sua effettiva presenza, sul piano dellarealizzazione fonetica, nei dialetti contemporanei e, in caso positivo, sulle caratteristichedel fono realizzato.1. A tale scopo abbiamo utilizzato un corpus di interviste libere realizzate nelle areenapoletana, casertana e beneventana.1.1 Data l’altissima frequenza delle occorrenze del segmento in esame nei nostri materiali,abbiamo individuato in modo random 90 occorrenze in posizione prepausale e 90 inposizione non prepausale e abbiamo sottoposto a verifica spettrografica i segmenti foneticicorrispondenti.1.2 In particolare abbiamo verificato:

a) La presenza o meno di residue tracce vocaliche in corrispondenza del segmentoE, in caso positivo, abbiamo misurato

b) La durata del segmentoc) L’intensità media del segmentod) L’osservabilità o meno di elementi di sonoritàe) La frequenza e l’intensità delle eventuali formanti

Abbiamo inoltre misuratof) La durata e l’intensità della vocale precedente e di quella seguenteg) La durata delle consonanti precedenti e seguenti

2. L’obiettivo è dunque duplice: da un lato individuare i casi di totale dileguo di schwa e icontesti che lo favoriscono, dall’altro descrivere il timbro delle vocali effettivamenterealizzate e individuare la pluralità di foni che – anche in funzione del contesto –rappresentano il segmento che ci interessa.2.1 Oltre a fornire informazioni sui condizionamenti contestuali, le verifiche sui segmentiadiacenti appaiono utili per evidenziare, in caso di totale dileguo di schwa, i tratti di duratavocalica e consonantica, in particolare nei segmenti precedenti. Una ipotesi da prendere inconsiderazione sul piano fonologico, infatti, è che, nonostante la caduta della vocalecentrale, le opposizioni fonologiche che su di essa si basano possano conservarsi attraversola pertinentizzazione di tratti di altri segmenti.

3. BibliografiaAIS = Karl Jaberg, Jakob Jud [1928-1940], Sprach- und Sachatlas Italiens und der

Südschweiz, Zofingen, Ringier.ALI [1997] = Atlante Linguistico Italiano, Torino, Istituto Poligrafico dello Stato, vol. IDE BLASI, Nicola [2006], Profilo linguistico della Campania, Roma-Bari, Laterza

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LEDGEWAY, Adam [2009], Grammatica diacronica del dialetto napoletano, Tübingen,Max Niemeyer Verlag

MASTANTUONI, Edoardo [2010], “Continuum diafasico e dinamiche diagenerazionali nelbasso e alto casertano orientale”, in St. Schmid, M. Schwarzenbach, D. Studer (curr.),La dimensione temporale del parlato, Atti del 5° Convegno Nazionale AISV, Torriana,EDK, p. 31 e CD-ROM

MATURI, Pietro [2002], Dialetti e standardizzazione nel Sannio beneventano, Frankfurt,Lang

–– [2006a], I suoni delle lingue, i suoni dell’italiano, Bologna, il Mulino–– [2006b], “Le scritture esposte: dialettalità e multilinguismo sui muri di Napoli”, in N.

De Blasi, C. Marcato (curr.), La città e le sue lingue, Napoli, Liguori, 2006, pp.243-251RADTKE, Edgar [1988], "Areallinguistik IX. Kampanien, Kalabrien”, in Günther Holtus,

Michael Metzeltin, Christian Schmitt (hrsgg.), Lexikon der romanistischen Linguistik,IV: 652-668.

–– [1997], I dialetti della Campania, Roma, Il Calamo.ROHLFS, Gerhard [1966-1969], Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti,

3 voll., Torino, EinaudiSORNICOLA, Rosanna [1997], “Campania”, in Martin Maiden & Mair Parry (eds.), The

Dialects of Italy, London, Routledge, pp. 330-337.

Le rythme trochaïque dans le déploiement du roman

Michael L. Mazzola (Illinois)

Il est traditionnel d’aborder une étude des développements du latin en proto-roman, et duproto-roman en italien et en français par une discussion des changements segmentaux. Parexemple, pour la chute de la syllabe à partir du latin en proto-roman, ainsi que pour leredoublement de la consonne en italien et les dialectes cités, on a tendance à ne soulignerque le rôle de l’accent dans la syllabe précédente:(1) Latin en proto-roman:

A. La phonologie lexique: ávis + càpis auceps; nàvis + frágium naufragium; júvenior junior

B. La phonologie de la surface: návita (Ovid) nauta; ávidus audus;avúnculus aunculus (Plautus)C. Autre: hércule > hercle; láridum > lardum; sólidus > soldus; válide >valde, etc.(2) Proto-roman en italien:pelegrinum > it [pèlle]+[gríno]; it sceleratum > [scèlle]+[ráto];

Alemannia > it [àlle]+[mágna]; it pelecanum > [pèlle]+[cáno];

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oboedire > it [ùbbe]+[díre]; it academia > [àcca]+[démia];femina > it [fémmi]na; machina > it [mácch]ina, .. (Marotta 1989: 187).(3) Proto-roman en dialectes italiens centro-méridionaux:anima > [[ánne]ma], manica > [[mánne]ca], medicu > [[mèdde]co], subito >[[súbbe]to], unicu > [[únne]co], umidu > [[úmme]do] (cf. Nicchiarelli 1938).

En contraste avec l’explication linéaire, il sera démontré que l’environnement se révèle plusclair dans une trochée à l’arborescence à gauche, qui servira aussi bien commeenvironnement de la soi disant syncope en gallo-roman (e.g. [[kárri] + [kat],[[kàrri]+[káre]]. Pour mettre en relief cette perspective hiérarchique, d’ailleurs, d’autresdonnées seront citées qui nous obligeront de poser l’arborescence à droite commeenvironnement de la chute de la syllabe:[[ennun]+[[tiáve]rit]] > enuntiárit Cs I 17; [[cu]+[[rávi]sset]] > curasset 19;[[con]+[[suévi]sse > consuesse 43; [[con]+[[suévi]ssent]] -> consuessent Cs II 29

Desde quando existe chuá em português?

Odete Pereira da Silva Menon (Curitiba)

No estudo que visa à descrição dos sistemas fonológicos e sua realização fonética, sempre édifícil ao pesquisador determinar qual teria sido a pronúncia exata dos sons. Quando aúnica fonte de que se dispõe é o registro escrito, como no estudo das mudanças temporais, asituação se agrava pois é necessário tentar reconstituir qual teria sido a matriz usada para arepresentação escrita dos sons e a “norma” gráfica vigente em cada período, uma vez queessas convenções variaram grandemente, como se pode constatar qualquer no estudo detextos mais antigos da língua. Como venho observando, uma das principais variações deescrita dizem respeito à representação do chuá (ou seria uma vogal média reduzida?) emtextos portugueses de diferentes épocas: tareja/tereja; semana/somana; quarenta/corentaestrabaria/estrebaria; trebelho/trabalho; dionis/donjs/denis/dinis; trabuto/trebuto/tributo;celorgiam/solorgiam pergaminho/porgaminho/purgaminho; orgulhoso/argulhoso ... Aconstatação desses fatos me levou a indagar se houve, realmente, metátese em palavrascomo pertender, pormeter, estrovar, Bargança, desembragadores , ou se foi um problemade como representar graficamente uma seqüência de oclusiva e líquida, com uma vogal cujapronúncia podia ser ouvida ou interpretada como antecedendo ou seguindo a líquida: seria[per-] ou [pre-]; [-tor-] ou [-tro-]; [bar-] ou [bra-] ? Há ainda a considerar (além daflutuação na representação gráfica de /e/ e /o/ átonos) os casos de epênteses: nos infinitivosflexionados, como aparecem regularmente em Frei Leão S. Tomás, na Benedictina Lusitana(1644): “E se contaremos os Cõfules que della colheu Roma”; “Não queirão pois Authoresefcaços tirarnos efta gloria de teremos hum pay que...”; “E pera defcobriremos os primeirosfundamentos delle, toquemos algῦã coufa dos Reis Sueuos”; ou, nesse mesmo autor, em

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palavras como:: Carlo Mano, mas Carolo Mano; Coronifta e Coronica; Ingalaterra; ou dasGazetas de Évora (XVIII): garavatas, faramengas, sulutana (que já tinham registro emséculos anteriores, como em Fernão Lopes –Pampollona por Pamplona, ou caronica naCGE de 1344; ou mafora (Chancelaria DPI)); e os de síncopes: xicra; adultra; Crunha;jrzepula (<urizipella, de erizipella). Podemos reduzir isso a simples questão de representa-ção gráfica ou temos que considerar esse fato como uma questão de filtro fonológico? Quala natureza dessas vogais?

Rotazione vocalica e metafonianel dialetto di San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno)

Paolo Milizia (Cassino) 1. La relazione intende descrivere alcuni aspetti fonetici, fonologici e morfofonologicidella rotazione vocalica del dialetto di San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno). In questavarietà (cf. Lüdtke 1956: 157; Mengel 1936: 67-97) a una coppia di vocali alte periferiche/i/ e /u/, prodotte dal monottongamento dei dittonghi metafonetici continuatori di E e O, sioppongono corrispondenti vocali alte centralizzate /I/ e /U/ (cf. pure, per il solo datofonetico, Di Nono 1974), le quali continuano gli originari I e U: ad es. ['uvə] ‘uovo’ ≠['Uvə] ‘uva’; ['vintə] ‘vento’ ≠ ['vIntə] ‘vinto’. Allo stesso tempo va perduta la distinzionetra medioalte e mediobasse (cf. Rohlfs 1966 §§ 62, 80): ad es. ['pennə] ‘prende’ e ‘penna’;['solə] ‘suola’ e ‘sola’.Come il sistema vocalico romanzo occidentale, punto di partenza della rotazione, anchequello risultante distingue quattro gradi di altezza; tuttavia, in base ai nostri dati d’inchiesta(a titolo esemplificativo si può vedere il grafico riportato sotto, basato su realizzazioni di unsolo parlante [sesso femminile]), i valori medi di F1 e di F2 definiscono per il vocalismotonico del sambenedettese un inventario di tipo [i I e ε a o ɔU u] (o al massimo [i I ε a ɔUu]) e non di tipo [i I e ε a o ɔu] (cf. i valori formantici teorizzati per i vocoidi prototipici inSchwarz et al. 1997: 266). Casi analoghi di opposizioni /i≠I/ e /u≠U/ createsi in seguito amonottongamento sono stati osservati in alcuni dialetti della Lucania meridionale e dellaCalabria settentrionale (Trumper 1980, Trumper et al. 1991) e della provincia barese(Loporcaro 1991).A differenza però di quanto accade in queste varietà, a San Benedetto del Trontol’opposizione non è condizionata dalla struttura sillabica ed è pertinente anche in sillabaaperta. Il dato del sambenedettese pare quindi rilevante dal punto di vista fonologicogiacché permette di riconsiderare quanto affermato in Loporcaro 1991 (p. 477) circa ladiffusione, nell’ambito dei dialetti altomeridionali, dei fenomeni di pertinentizzazione deltratto [±teso] per le vocali alte.

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Conseguenza notevole della ristrutturazione del vocalismo è che nelle alternanzemorfologiche la forma del tema metafonetico non è predicibile a partire da quella del temanon metafonetico. Così /o/, ad es., può avere come alternante tanto /U/ quanto /u/: ['roʃ;ə]‘rossa’ ~ ['rUʃə] ‘rosso’; ['gros;ə] ‘grossa’ ~ ['grus;ə] ‘grosso’. Soprattuto nella morfologiaverbale, dove il tema di default è quello non metafonetico, questa situazione sembrafavorire cambi di schema morfofonologico: ad es. ['kor;ə] ‘corro’ 1a sg. ~ ['kur;ə] ‘corri’ 2asg., con alternanza /o~u/ (come in ['portə] ‘porto ’ ~ ['purtə] ‘porti’) in luogo dell’attesaalternanza /o~U/.

Gli xenofonemi in spagnolo e in italiano

Renzo Miotti

Lo scopo dell’intervento è quello di far il punto della situazione, per quanto riguarda lospagnolo e l’italiano, sugli xenofonemi (unità fonologiche d’importazione; per l’etichetta,cfr. Canepari, 19992) presenti nelle due lingue. La presentazione è suddivisa in duemomenti. Una parte introduttiva e teorica, in cui s’indagheranno brevemente i già notifattori che sono all’origine dell’importazione fonologica: in base ai classici postulati delFunzionalismo (Martinet, 1955, Weinreich, 1953; cfr. anche Gusmani, 19862 e GómezCapuz, 1998), accenneremo innanzitutto alle condizioni squisitamente strutturali, come ilriempimento di caselle vuote nel sistema, in seguito alla penetrazione d’una gran quantitàd’elementi lessicali stranieri contenenti elementi fonologici estranei alla lingua replica. Sitenterà altresì di proporre una fenomenologia e una tassonomia dell’unità importata (in basea criteri e variabili quali il grado di divulgazione del termine, la tipologia dello stesso, lacronologia, la via d’entrata, la lingua di provenienza, il livello socioculturale dei parlanti,ecc.). Solleveremo, infine, la questione del piano sul quale avviene (o non avviene)l’adattamento: i piani ortografico e fonologico/fonetico, spesso confusi, devono essermantenuti nettamente distinti. Per quanto riguarda quello fonologico/fonetico, l’integra-zione d’unità fonologiche straniere può coinvolgere, com’è noto, aspetti diversi: da quellosegmentale e contestuale, a quello tassofonico, fino ad arrivare a quello prosodico. Il secon-do momento è sperimentale: si presenteranno i risultati d’un’indagine sul campo volta atestare l’ipotesi di partenza – formulata sulla base dell’osservazione di materiali nonsistematici di varia provenienza: dizionari, indagini precedenti condotte dall’autore (Miotti,2008), ecc. – relativa alla supposta presenza, in spagnolo, d’un ristretto numero d’unitàfonologiche classificabili come xenofonemi, di provenienza soprattutto anglosassone.

BibliografiaCANEPARI, Luciano (19992) Manuale di pronuncia italiana. Bologna: Zanichelli.

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GÓMEZ CAPUZ, Juan (1998) El préstamo lingüístico. Conceptos, problemas y métodos(Cuadernos de Filología, anejo n° XXIX). València: Universitat de València.

GUSMANI, Roberto (19862) Saggi sull’interferenza linguistica. Firenze: Le Lettere.MARTINET, André (19703) Economie des changements phonétiques: traité de phonologie

diachronique. Berne: Francke.MIOTTI, Renzo (2008) “La pronunciación de los anglicismos técnicos en dos lenguas de

especialidad”, in C. NAVARRO, et al.(a cura di) La comunicación especializada. Bern:Peter Lang, 273-295.

WEINREICH, Uriel (1953) Languages in Contact: Findings and Problems. La Haya:Mouton.

La tonada cordobesa: nuevas pautas investigativas en base agrabaciones recientes en Córdoba-capital (Argentina)

Karolin Moser (Tubinga)

La entonación porteña (básicamente capital de Buenos Aires y Buenos Aires provincia) esuna de las más marcadas en el mundo hispánico. Esto se debe en parte a la influencia deinmigrantes italianos durante los siglos XIX y XX y más precisamente al habla de loscolonos napolitanos en el puerto (Gabriel 2007). La tonada cordobesa, hablada enCórdoba-capital y el área central de la provincia de Córdoba, sin embargo, es la mássobresaliente entre los siete patronos entonativos que encontramos en la Argentina, opiniónya sostenida por Malmberg (1950: 219), véase Kabatek (2005: 265): “Cette intonationparticulière de Córdoba et, à ce qu’il paraît, de vastes territoires de l’intérieur, est trèscélèbre en Argentine. On entend souvent dire à Buenos Aires que ‘los cordobeses cantan’.”Contamos con estudios importantes como los de Fontanella (1966, 1971, 1980) que sededican a la investigación sincrónica del cordobés, en el nivel suprasegmental y segmental.Éstos, en términos generales, llegan a la conclusión de que el cordobés presenta un ritmomucho más lento que la variedad regional bonaerense. Además suelen indicarse cuatroniveles tonales para la prosodia cordobesa: el bajo, el medio, el alto y el extraalto, siendolos dos primeros los más frecuentes (corroborado por Peyrano 1982). Uno de los rasgosmás notables del cordobés es el alargamiento vocálico de la sílaba protónica: [ma:má](Toniolo 2007).No cabe duda alguna, sin embargo, de que las nuevas tecnologías, igual que los programascomo el praat o el speechanalyzer, nos brindan la posibilidad de corroborar, descartar ycompletar los resultados de investigaciones anteriores (reducidas al nivel magnetofónico yauditivo) y de realizar análisis mucho más detallados de los fenómenos mencionados.Incluso estamos en condiciones de dedicarnos a la prosodia en interacciones auténticasreales (tal como propone Selting para el alemán), superando el ámbito artificial de

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laboratorio. El presente estudio se basa en un corpus de habla espontánea y semi-espontánea que recogimos entre los años 2004 y 2009 en Córdoba-capital, reúneconversaciones en la clase baja, media y alta capitalina. Se trata de un proyecto financiadopor el DAAD (servicio alemán de intercambio académico).

Español en contacto con otras lenguas: la influencia del italianoen el sistema prosódico del español porteño

Andrea Pešková / Christoph Gabriel / Ingo Feldhausen (Hamburgo)

Es sabido que el contacto de lenguas puede provocar diferentes cambios lingüísticos. En elcaso del español porteño (variedad hablada en Buenos Aires), podemos encontrar variosfenómenos lingüísticos que evidencian la influencia del italiano. Esta influencia se debe alinmenso flujo inmigratorio de casi tres millones de italianos entre los años 1855-1946 a laArgentina (en algunos barrios de Buenos Aires, los inmigrantes llegaron a formar casi lamitad de la población), y, resulta indiscutible en el español porteño actual: se plasma en elléxico, en la morfología, en la sintaxis y en gran medida en la entonación.En la primera parte de la ponencia, nos gustaría presentar las propiedades principales de laentonación del español porteño actual usando el Sp_ToBI (Aguilar et al. 2009), y, discutirlas interferencias del italiano en su sistema prosódico. Nos basamos en los datos obtenidosen un experimento de producción con 25 hablantes porteños monolingües, realizado ennov./dic. 2008 en Buenos Aires. Uno de los argumentos que hablan a favor de la influenciadel italiano en la entonación porteña es la realización de los acentos prenucleares de lasdeclarativas neutras como L+H* (el pico acentual se da dentro de la sílaba tónica;Colantoni/Gurlekian 2004); un tono que, en la mayoría de los dialectos panhispánicos,representa el acento nuclear (el acento prenuclear está realizado por un L*+>H, con el picotonal en la sílaba postónica). También la realización del acento nuclear de las declarativasneutras como H+L* testimonia el influjo del italiano; este tono representa en el españolpeninsular el acento nuclear de las interrogativas totales marcadas (Aguilar et al. 2009).Otro tono específico para el porteño, hasta ahora no descrito en otras variedades hispánicas,es la realización del acento nuclear tritonal L+H*+L, que señala frecuentemente el fococontrastivo o un énfasis. Curiosamente, en comparación con los datos de laboratorio, elL+H*+L ha sido evidenciado con una frecuencia más alta en los datos espontáneos inclusoen los contextos neutros. Nuestros primeros análisis de las interrogativas totales nomarcadas en el español porteño también muestran que este tipo de oración se acerca más ala forma italiana que a la del español peninsular por el contorno típico descendente (véasepara el italiano Savino 2009, para el español Aguilar et al. 2009).Para una mejor comprensión de la entonación en los procesos del cambio lingüístico,hemos comparado la entonación porteña con la variedad de Neuquén (provincia del norte

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de Patagonia) que estuvo también en contacto con el italiano. Presentaremos los resultadosen la segunda parte de nuestra ponencia. En el estudio sobre el fraseo prosódico (Gabriel etal. 2010), basado en el análisis de grabaciones realizados con 25 hablantes neuquinos y 25hablantes porteños, hemos mostrado que el español porteño tiende más al italiano que lavariedad patagónica. Sin embargo, respecto a las realizaciones tonales, el análisis piloto dela variedad neuquina manifiesta las mismas características prosódicas que el españolporteño con pequeñas diferencias en las configuraciones tonales. Se argumenta que laexistencia de los rasgos “italianos” en el español patagónico se debe probablemente tanto ala extensión del porteño como a la inmigración italiana, aunque exigua en comparación conla de Buenos Aires.AGUILAR, L.; de la MOTA, C.; PRIETO, P. (2009): Sp_ToBI. Training materials.

http://prosodia.uab.cat/sp_tobi/ en/index.php.COLANTONI, L. / GURLEKIAN, J. (2004): “Convergence and intonation. Historical evidence

from Buenos Aires Spanish.” En: Bilingualism: Language and Cognition 7, p. 107-119.GABRIEL, C. / FELDHAUSEN, I. / PEŠKOVÁ, A. (2010): “Prosodic phrasing in porteño

Spanish.” To appear in: GABRIEL, C. / LLEÓ, C. (eds.): Intonational Phrasing inRomance and Germanic. Amsterdam: Benjamins.

SAVINO, M. (2009): Where is the Rise in Italian Yes-No Question Intonation? A Corpus-Based Study on Regional Accents. Poster presentado en el PaPI 2009, 17. Jun., LasPalmas de Gran Canaria.

Pronunciación en el monte:las serranas y la meta-parodia de Juan Ruiz

Francisco Pedro Pla Colomer

La reconstrucción de la pronunciación del castellano a través de los tiempos, es un temacuya importancia no conoce parangón, y es, en este campo, donde la voz de los poetas queha perdurado a través de su magna obra, tampoco permanece en silencio.En este sentido, y siguiendo las huellas de investigación que ya habían marcado maestroscomo Dámaso Alonso, Rafael Lapesa, Amado Alonso o Joan Corominas, queremosproponer, de manera sistemática, la rima y la métrica de los poetas como fuente de lareconstrucción fonético-fonológica del castellano.Punto de partida y meta final que abordaremos, más de forma analítica que sintética, en uncaso en concreto: las Serranas de Juan Ruiz, el Arcipreste de Hita. Para ello, partiremos deun análisis sobre el estado de la cuestión del propio género de la pastourelle, desde sumarco genético del siglo XII hasta sus dos mejores exponentes en la Castilla del XIV y delXV: Juan Ruiz y el Marqués de Santillana.

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Seguidamente, caracterizaremos el ámbito fonético-fonológico a partir de las rimas y de lamétrica de las mismas, no sólo para determinar la pronunciación de nuestro autor, sinotambién para contestar cuestiones del siguiente tipo: ¿Hay alguna propiedad que definaalguna diferencia fonemática entre “el canto de la serrana” y su marco autorial, escrito encuaderna vía? ¿Qué diferencias articulatorias definen cada una de las serranas?El presente trabajo no pretende dar una explicación totalizadora de la pronunciacióncastellana de la primera mitad del XIV, sino, más bien, desarrollar los fenómenos presentesen el texto extraíbles a partir de la métrica y de la rima, para poder llegar, eso sí, a una seriede conclusiones, de carácter general, que respalden o pongan en tela de juicio las últimasteorías en el ámbito de la fonética histórica.

Consideraciones para una historia de la pronunciaciónhispanoamericana en época colonial: métodos y fuentes

Juan Sánchez Méndez (Neuchâtel)

Es obvio que toda investigación histórica de cualquier fenómeno lingüístico se basaesencialmente en los datos que se obtienen a partir de documentos y sobre ellos seconstruyen una serie de hipótesis interpretativas de los mismos que se han de corroborarcon otros documentos u otras fuentes. En el presente trabajo se recogen y se revisandiversos aspectos que atañen a la investigación sobre la constitución e historia de lapronunciación de las distintas hablas americanas durante el período colonial a partir de losdocumentos que se han utilizado tradicionalmente y de la metodología empleada en lainterpretación de los datos que se han extraído de ella..Desde los últimos decenios ha aumentado en buena medida nuestro conocimiento sobre lagestación y desarrollo de los principales rasgos que caracterizan la pronunciaciónhispanoamericana y en la misma medida han ido apareciendo numerosos corporadocumentales transcritos siguiendo una metodología rigurosa que los hace fiables. Adiferencia de otras épocas, hoy día disponemos ya de varios estudios consagrados a muchaszonas americanas que, utilizando un extenso corpus de documentos, han conseguido ofreceruna descripción de la evolución fonológica de los principales rasgos y cambios fonológicosoperados en muchas hablas americanas en época colonial.Sin embargo, nuestro conocimiento de esta historia, incluso en su nivel más general,presenta muchas lagunas y está todavía lejos de ser satisfactorio no tanto por las muchasregiones que aún no cuentan con una investigación exhaustiva, como por el hecho de queincluso en las zonas estudiadas es frecuente encontrar muchos trabajos y estudios quepresentan en general un conjunto de deficiencias: el acercamiento acrítico a las fuentesdocumentales sin que se hayan delimitado sus posibilidades ni se dé cuenta del métodoseguido para interpretar los datos, la mezcla en pie de igualdad de un corpus heterogéneo

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de fuentes de valor dispar sin que se cotejen o se comparen, la ignorancia de otras, lainterpretación de las grafías que llevan a conclusiones muchas veces demasiado generales opoco justificadas o la carencia de una unidad metodológica en muchos estudios, que danlugar al atomismo en la descripción de los fenómenos fonológicos mediante la abstraccióndel sistema en el que se inscriben.La consideración crítica de las diferentes fuentes documentales de los siglos XVI al XIX ysus posibilidades y limitaciones, la incorporación de nuevos datos a partir de esas fuentes yde los que ofrecen las teorías sobre la oralidad y la escritura, la historia de la escritura y laexistencia de una serie de tradiciones, el estudio detenido de los principales cambiosfonológicos que se operaron en las hablas hispanoamericanas, la metodología y el cuidadoen la interpretación de las grafías y su alcance para inferir la realidad lingüística del queescribe, la consideración de cada fenómeno desde el sistema fonológico en el que seinscribe y las deducciones que pueden desprenderse de la situación dialectal general actualhispanoamericana y española permitirán la revisión crítica de algunos de los postulados quehan venido utilizándose. El objetivo es mostrar un cuadro general crítico en el que basarnospara la elaboración de una historia de la pronunciación hispanoamericana en épocacolonial.

Ostruenti palatali in ambito italo- e retoromanzo

Stephan Schmid (Università di Zurigo)

Il presente studio si inserisce nel programma di ricerca inaugurato da Romano et al. (2005)che ha come obiettivo l’analisi contrastiva delle ostruenti palatali nelle lingue romanze. Purtenendo conto dell’origine diacronica di queste consonanti, l’interesse principaledell’indagine è rivolto verso la descrizione sincronica basata sulle tecniche della foneticaacustica. Le varietà messe a confronto sono il romancio della bassa Engadina (vallader) e ildialetto cosentino di San Giovanni in Fiore, già indagate precedentemente (cfr. Mele &Schmid 2009), a cui qui si aggiungono il soprasilvano (parlato nella valle del Renoanteriore), il dialetto modenese di Piandelagotti e il dialetto lunigiano di Falcinello.Per quanto riguarda l’origine diacronica di [c ƒ], la palatalizzazione di K-/G- davanti a A èconsiderata un tratto innovativo della Romània settentrionale; al giorno d’oggi, però, leocclusive palatali sono conservate solo nelle aree laterali dell’arco alpino, in particolarenelle varietà retoromanze (cfr. vallader [can] “cane” e [ƒat] “gatto”). In ambito italo-romanzo, invece, [cƒ] rappresentano perlopiù l’esito di nessi consonantici come CL-, GL- oPL- (cfr. Falcinello ['ca;va] “chiave”; Piandelagotti ['ƒa;ra] “ghaia”; San Giovanni in Fiore['cUm;U] “piombo”). Nel Settentrione, tali occlusive appaiono ad esempio in alcuni dialetticonservativi dell’Appennino, mentre nel Meridione esse sono più diffuse. Dal punto di vista

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percettivo è da notare la potenziale confusione con [ʧÙ] che può produrre negli inventarifonematici l’eliminazione delle occlusive palatali, tipologicamente marcate.L’analisi acustica verte su due parametri: la durata (in particolare il rapporto tra le fasi diocclusione e di rilascio, rilevante per stabilire il modo di articolazione) e il ‘Centro digravità’ (una specie di centroide spettrale che si correla con il luogo di articolazione). Dallemisurazioni sinora analizzate risulta che nel dialetto di San Giovanni in Fiore le occlusivepalatali si distinguono dalle affricate palato-alveolari meglio che non nel vallader, dove siavverte – almeno sul piano acustico – una parziale sovrapposizione delle due categorie: ciòpotrebbe essere la spia di un incipiente mutamento fonologico, favorito dal contatto lin-guistico con lo svizzero-tedesco.

Riferimenti bibliograficiMELE, B. & SCHMID, S. (2009), Le occlusive palatali nel dialetto di San Giovanni in Fiore

(CS), in L. ROMITO et al. (a cura di), La fonetica sperimentale. Metodo e applicazioni,Torriana, EDK Editore: 349-371.

ROMANO, A., MOLINO, G. & RIVOIRA, M. (2005), Caratteristiche acustiche e articolatoriedelle occlusive palatali: alcuni esempi da dialetti del Piemonte e di altre aree italo-romanze, in P. COSI (a cura di), Misura dei parametri. Aspetti tecnologici edimplicazioni nei modelli linguistici, Brescia: EDK Editore, 389-428.

Caracteristicas prosodicas de l’occitan dins son contèxt galloromanic

Rafèu Sichel-Bazin / Carolin Buthke / Trudel Meisenburg (Osnabrück)

L’occitan, lenga “pont” entre las lengas ibero- e italoromanicas al sud e lo francés al nòrd,parteja de caracteristicas prosodicas amb los dos grops. Las lengas romanicas meridionalasan un accent lexical dich liure que pòt tombar sus una de las tres darrièras sillabas del mot.Mentre que lo francés a perdut una tala distincion e a desvolopat un accent final de grop,l’occitan a servat un accent lexical distintiu, mas a pas mai que doas posicions possiblas: ladarrièra sillaba e la penultima. Tanplan, a la diferéncia de lors vesins meridionals, l’occitane lo francés presentan sovent de movements tonals sus de sillabas que son pas metricamentfòrtas. Utilizadas a l’origina per marcar l’emfasi, aquelas pujadas alinhadas sus las primiè-ras sillabas de mots lexicals semblan èsser pro generalizadas auèi, amb una potencialafoncion delimitativa de la frontièra esquèrra.Los estudis sus la prosodia de l’occitan son encara fòrça escarses e cap de descripciongenerala n’es pas encara estada porgida. Presentam aicí qualques primièras observacionsdins l’encastre teoric del modèl autosegmental metric (AM) a partir de l’analisi de resumitscomparables d’una faula, recampats per nòstre projècte Intonation im Sprachkontakt:Okzitanisch und Französisch (DFG, Universität Osnabrück).

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Avèm observat dins nòstras donadas que tant los contorns continuatius coma los conclusiuspòdon presentar de tons de frontièra descendents, mas de natura diferenta. Aquò permet dediferenciar doas unitats de l’estructura prosodica: la frasa intonativa (IP per intonationalphrase), e una unitat superiora, l’enonciat (U per utterance). Tanplan, l’accentuacion de lagranda majoritat dels mots lexicals mena a considerar lo grop clitic coma unitat primordialaper la reparticion dels accents tonals dins l’IP. Fin finala, argumentam que lo contornsosjacent basic de l’IP declarativa es un primièr accent prenuclear ascendent seguit d’unescalonament descendent (downstep) fins a una zòna nucleara que pòt presentar diferentasconfiguracions. Mostrarem qu’aquesta estructura sembla tanben extrapolabla al francés.

Para el estudio grafemático de las primeras tradicionesde escritura romance en Castilla

Mª Jesús Torrens Álvarez

El periodo comprendido entre los inicios del uso regular del romance en la escritura deCastilla y la plena vigencia de la ortografía alfonsí es una época en la que el principio decorrespondencia letra-fonema compite con otros factores. Aparte del consabido peso de laetimología, la modalidad paleográfica empleada, la búsqueda de un determinado efectovisual, la posición de la letra en la palabra o la conciencia de la formación morfológica dela palabra eran factores de gran importancia para la selección gráfica. Solo si entendemoslos criterios por los que se regían estos antiguos sistemas de escritura castellana podremosinferir correctamente el valor fonético-fonológico de las soluciones gráficas y discernircuándo la variación es trasunto de un cambio lingüístico en marcha.Los antecedentes últimos del tipo de estudio que aquí proponemos han de buscarse en lostrabajos ya clásicos de escriptología y grafemática desarrollados principalmente en Franciae Italia por autores como Allièrs, Goebl, Gossen, Dees, Várvaro o Sabatini, en contrastecon su escaso cultivo en el ámbito hispánico. Por suerte, en los últimos años estamosasistiendo a un creciente interés por estas cuestiones, pero el definitivo avance ha de venirde una renovación metodológica: la exigencia de establecer una historia de la escrituracomo subsidiaria de la historia de la lengua, necesidad ya expresada por investigadorescomo P. Sánchez-Prieto (2003, 2006). Esta historia de la escritura ha de estar solidaria-mente vinculada a la fonética histórica, de la que ha de ser fundamento empírico, y el marcoteórico-práctico de tal investigación viene definido por la triple correlación entrepaleografía, grafía y fonética.El objetivo de este trabajo será exponer los fundamentos metodológicos que, a nuestroparecer, y con el respaldo que da su aplicación empírica, pueden permitir una descripción yvaloración fonética certeras de las primeras tradiciones de escritura plenamente romance,

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concretamente, de las surgidas en los monasterios burgaleses a finales del s. XII y primerasdécadas del XIII.El interés lingüístico de la provincia de Burgos es indudable, por lo que sorprende que seantan pocos los trabajos a ella dedicados. La complejidad dialectal del castellano norteñomoderno, y más concretamente burgalés, fue puesta de manifiesto por García de Diego(1950) y años más tarde por González Ollé (1960, 1964), pero para el periodo medievalpuede decirse que la tesis pidaliana sobre el castellano como dialecto innovador y clara-mente diferenciado de los circundantes, a la vez que internamente homogéneo y decidido,ha sido objeto de escasa disidencia hasta fecha reciente, si bien son cada vez más numero-sos los trabajos que abogan por una necesaria revisión o matización de los planteamientospidalianos. La división geográfica propuesta por R. Menéndez Pidal en sus DocumentosLingüísticos de España tampoco parece ser la idónea para llevar a cabo una correctacaracterización lingüística del “complejo dialectal castellano”. En estos primeros años deescritura romance, en los que los monasterios fueron los principales, si no los únicos,centros de producción de manuscritos, cauce de entrada de la escritura carolina y de las másdestacadas tradiciones de escritura latinas, resulta fundamental analizar los sistemas deescritura en el marco concreto de su producción (Hernández 2009).

Il fenomeno della “quantità vocalica” in una varietà di italo-romanzosettentrionale. Aspetti e problemi

Arianna Uguzzoni (Bologna)

Mettendo l’espressione quantità vocalica tra virgolette intendo sottolineare la natura com-plessa e poliedrica del fenomeno indagato, che non si riferisce esclusivamente al segmentovocalico e alla sua durata. Ricerche passate e recenti condotte, in collaborazione con altristudiosi, su una varietà italo-romanza parlata nel Frignano (Appennino modenese) hannoportato a individuare numerose proprietà che sono compresenti e coagenti nella implemen-tazione di opposizioni tra vocali accentate brevi e vocali accentate lunghe.Nell’intervento al Congresso di València mi propongo di presentare in modo sintetico irisultati di questi studi, avvalendomi di figure, grafici, tabelle. Per comodità espositiva latrattazione viene organizzata in due parti, tra le quali è possibile instaurare connessioni cheaiutano a delineare il quadro globale delle caratteristiche specifiche del fenomeno dellaquantità vocalica in questa area linguistica. A tale scopo concorrono anche i riferimenti adati di altre lingue, specialmente europee, in cui la quantità vocalica è utilizzata a scopodistintivo, con modalità che ora sono simili ora sono diverse.Una sezione è dedicata a illustrare le differenze che cooperano e interagiscono nel realiz-zare le opposizioni tra vocali brevi e vocali lunghe in frignanese. Differenze sistematiche,sia pure di diversa entità e con diversa distribuzione, si riscontrano in vari settori: la durata

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della vocale, la configurazione formantica della vocale, la intensità della vocale, lafrequenza fondamentale, la durata della consonante postvocalica, la interazione tra vocale econsonante postvocalica. Saranno commentati e discussi gli aspetti che risultano piùinteressanti e che, in parte, richiedono ulteriori approfondimenti.Nell’altra sezione vengono descritte le condizioni generali che regolano la distribuzionedelle distinzioni fonologiche di quantità vocalica in frignanese. Si metterà in rilevo il ruolodell’accento lessicale da cui esse dipendono strettamente; si indicheranno le entità coinvolteche sono un sottoinsieme del vocalismo; si prenderanno in considerazione i fattori fonotat-tici operanti sia sul piano della sillaba sia sul piano della parola. L’esame di tali fattoriconsente di enucleare una situazione degna di interesse dal punto di vista del tentativo diuna caratterizzazione tipologica del fenomeno della quantità vocalica in questa varietà diitalo-romanzo settentrionale.

UGUZZONI, A.; BUSÀ, M. G.; 1995. Correlati acustici della opposizione di quantità vocalicain area emiliana. Rivista Italiana di Dialettologia, 19, 7-39.

–– 2006. Produzione, acustica, percezione della “intensità rivisitata”. Ricerche in areagermanica e in area italo-romanza. Rivista Italiana di Dialettologia, 30, 103-138.

–– 2010. Note sulle opposizioni di quantità, in S. SCHMID, M. SCHARZENBACH, D. STUDER

(eds),) "La dimensione temporale del parlato”, Atti del 5° Convegno Nazionale AISV(Associazione Italiana di Scienze della Voce, Università di Zurigo, 4-6 Febbraio, 2009,Cd-rom incluso. Torriana (RN): EDK Editore s.r.l, 129-148.

Le conditionnement morphologique dans le changement phonologiqueet la phonétique historique du roumain populaire

Dorin Uritescu (York, Canada)

L’interaction entre les facteurs morphologiques et les facteurs phonologiques dans lechangement phonétique historique dépasse le simple mécanisme de « blocage » soutenu pardifférentes directions de la phonologie générative et appuie plutôt les interprétationsproposées par beaucoup de romanistes pour certains changements phonétiques dans laRomania.Dans la perspective d’un modèle du changement phonologique historique que nous avonsproposé dans d’autres ouvrages, notamment le modèle de la phonologie naturelle-cognitive,les facteurs morphologiques contribuent à des changements idiosyncratiques dans lahiérarchie des unités phonologiques par rapport aux processus naturels et à l’émergence decontraintes phonologiques formelles qui influencent la formalisation des processus naturelset peuvent engendrer des changements phonologiques non naturels.

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En analysant de ce point de vue quelques processus phonétiques historiques du roumain,nous insisterons surtout sur l’émergence, en daco-roumain et en istro-roumain, d’unprocessus phonologique non naturel que nous mettons en relation avec une contraintephonologique formelle concernant la proéminence des voyelles atones prétoniques. Laconstitution de cette contrainte est certainement déterminée par le mouvement de l’accentvers la droite en roumain (comme dans d’autres langues romanes) et par les processus decohérence paradigmatique qui distinguent, dès la fin du roumain commun, le daco-roumaincommun (qui inclut l’istro-roumain) des autres dialectes roumains (l’aroumain et lemégléno-roumain).Le processus non naturel déterminé par la contrainte formelle mentionnée a pour résultatl’ouverture du schwa en syllabe prétonique en daco-roumain et istro-roumain.Nous analyserons ce processus sur la base des données dialectales, en ajoutant des aspectsnouveaux mis en évidence par l’atlas linguistique de la Crisana et par les textes dialectauxque nous avons enregistrés dans une aire de cette région où le phénomène est général etcollectif.Nos conclusions visent deux aspects : a) la nature de ce type de processus non naturels (ilssemblent être phonétiquement graduels et lexicalement abrupts, comme les processusnaturels, de type néogrammairien), et b) la question de l’existence d’un daco-roumaincommun.

Références :STAN, Ionel, et Dorin URITESCU. Noul Atlas lingvistic român. Crisana, I-II. Bucuresti,

Editura Academiei Române, 1996, 2003.URITESCU, Dorin. 2008. Fonologia natural-cognitiva. Bucuresti, Editura Academiei Ro-

mâne.

Uma contribuição para o estudo prosódico do português do Brasil:a monotongação de [ey], [ay] e [ow]

Edila Vianna da Silva (Brasil)

A tendência à redução dos ditongos é uma questão relevante na descrição do Portuguêsfalado no Brasil, que ascende ao próprio Latim. De acordo com Mattoso Câmara (1976)“eram raras as sílabas com vogal assilábica, cuja reunião à vogal silábica constituiu o quetradicionalmente se chama ditongo”. A língua escrita apresentava os grupos de letras ae eoe, que muito cedo, no latim vulgar, sofreram, respectivamente, a evolução para /e/ aberto e/e/ fechado , que se encontram em c[é]lebs (por caelebs), p[e]na (por poena) . O ditongo[aw] oscilava com [o] – clostrum (por claustrum) – embora o uso de [aw] se tenhaconsolidado no Romanço Lusitânico e evoluído para [ow] em muitas palavras (tauru >

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touro; pausare > pousar). O Português, entretanto, possui um número maior de ditongos doque o Latim, pois enquanto os ditongos latinos se reduziam, causas fonéticas diversasfaziam surgir outros na época de formação do romance. Entre esses ditongos românicosencontram-se [ey], [ay] e [ow] que, no Português do Brasil, em situações especiais sofremsimplificação. Não é pacífica a interpretação do ditongo em português, e a imprecisão dasdefinições dos manuais escolares e das gramáticas normativas reflete as controvérsias defonólogos e foneticistas. A divergência mais importante diz respeito à interpretação dosegundo elemento do ditongo, as chamadas ‘vogais assilábicas’ /w/ e /y/, pois conformeesses segmentos sejam concebidos, como vocálicos ou consonânticos, ter-se-á uma ou outradefinição para o grupo por eles composto. Este trabalho busca descrever o comportamentofonético dos ditongos [ey], [ay] e [ow] na variante do português falado na área linguísticado Norte do Estado do Rio de Janeiro, Brasil, em confronto com a variedade "standard" dapronúncia do português brasileiro. Verifica-se nessa vertente prosódica do Norte do Rio deJaneiro um processo também observável em outras variantes diatópicas brasileiras, que seresume na monotongação dos ditongos orais [ey], [ay] e [ow] em face de determinadoscontextos fonéticos desencadeadores do desaparecimento do “glide” nos ditongos referidos.O estudo desses contextos fonéticos pretende contribuir para uma abrangente descriçãoprosódica das vertentes do português americano.

ReferênciaCÂMARA JR, Joaquim MATTOSO; (1976). História e estrutura da língua portuguesa. Rio de

Janeiro: Padrão, p.57.