28

Nero su Bianco Aprile 2012

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Periodico della Cappella Universitaria di Siena

Citation preview

Page 1: Nero su Bianco Aprile 2012
Page 2: Nero su Bianco Aprile 2012

2222

Carissimi amiciamiciamiciamici della Cappella Universitaria di Siena, eccomi tra le vostre mani con il mio

secondo numero annuale. Per questa edizione la redazione che mi anima, in continuo turnover, ha ben

pensato di ridarmi uno stile nuovo e contenuti vari e spero.. avvincenti!!!

Lo sguardo sguardo sguardo sguardo di Diodi Diodi Diodi Dio fisso sopra di noi: sembra questo il filo conduttore di molte delle mie pagine…

SguardoSguardoSguardoSguardo che la volontà volontà volontà volontà dell’uomodell’uomodell’uomodell’uomo può accogliere e fare proprio, come Don Roberto ci racconta

citando Vladimir Vladimir Vladimir Vladimir SolovevSolovevSolovevSolovev, evidenziando che è proprio attraverso la grazia e la volontàattraverso la grazia e la volontàattraverso la grazia e la volontàattraverso la grazia e la volontà che gli uomini gli uomini gli uomini gli uomini pos-

sono essere protagonistiprotagonistiprotagonistiprotagonisti della loro esistenza della loro esistenza della loro esistenza della loro esistenza e attori di una storia che sanno orientare verso il suo fine, il

Dio vivente. ...sguardosguardosguardosguardo come quello che Suor Maria Teresa, Madre Generale delle nostre

Suore Figlie della Chiesa, facendo un resoconto della sua visita canonica, ha visto rispecchiato all’interno della Comunità di San Vigilio nel bel clima di famiglia, nellabel clima di famiglia, nellabel clima di famiglia, nellabel clima di famiglia, nella gioia gioia gioia gioia di stare insieme con il desiderio di di di di

crescere umanamente e spiritualmente.crescere umanamente e spiritualmente.crescere umanamente e spiritualmente.crescere umanamente e spiritualmente.

Uno sguardosguardosguardosguardo che, come dice Maria Grazia, reduce dall’esperienza “sconvolgente” delle Quarant’ore, ti ac-ti ac-ti ac-ti ac-

carezza, ti travolge, ti ricolma di carezza, ti travolge, ti ricolma di carezza, ti travolge, ti ricolma di carezza, ti travolge, ti ricolma di PacePacePacePace e ti rende liberoti rende liberoti rende liberoti rende libero! Uno sguardosguardosguardosguardo che, leggiamo con Marianna, consola ed educa a liberarci dai demoni demoni demoni demoni deldeldeldel nostro nostro nostro nostro tem-tem-tem-tem-popopopo ma che con l’arma della parola evangelicaparola evangelicaparola evangelicaparola evangelica vengono sconfitti lasciando il nostro animo davvero

liberoliberoliberolibero, felicefelicefelicefelice e autenticamente guaritoguaritoguaritoguarito.

Uno sguardosguardosguardosguardo ardente che illumina le notti di una missione meravigliosamissione meravigliosamissione meravigliosamissione meravigliosa raccontataci da France-sco, Claudia, Federica e Francesca: quella che ha visto la Cappella Universitaria impegnata nell’esperienza

dell’evangelizzazione di stradaevangelizzazione di stradaevangelizzazione di stradaevangelizzazione di strada, opportunità vera e concreta di gustare la bellezza del Suo Amore.

E’ lo stesso sguardosguardosguardosguardo che insegna a riscoprire la bellezza dei valori più autentici, puri, fondamentalivalori più autentici, puri, fondamentalivalori più autentici, puri, fondamentalivalori più autentici, puri, fondamentali, qua-

le quello della castitàcastitàcastitàcastità come uno strumento in grado di rafforzare l’amoreamoreamoreamore.

Possiamo vedere quello stesso sguardosguardosguardosguardo nel quadro di quadro di quadro di quadro di Salvador DalìSalvador DalìSalvador DalìSalvador Dalì proposto da Chiara che può

illuminareilluminareilluminareilluminare i lati più oscuri della nostra interioritànostra interioritànostra interioritànostra interiorità (osservate bene… e lo scoprirete!!)

Numerosi saranno gli spunti di spunti di spunti di spunti di riflessioneriflessioneriflessioneriflessione che troverete nelle mie pagine.. ce n’è per tutti i gustitutti i gustitutti i gustitutti i gusti!!! dal “bene comunebene comunebene comunebene comune”, a elementi di spiritualitàspiritualitàspiritualitàspiritualità, all’attualitàattualitàattualitàattualità...

Ovviamente non potrà mancare la rubrica Ciak si gira di Eugenio su La vita è meravigliosa...

con uno stilestilestilestile rinnovato!

L’attendere la PasquaPasquaPasquaPasqua non sarà, come leggiamo con Isabella, un vano e sterile “attendere Godot”,“attendere Godot”,“attendere Godot”,“attendere Godot”, ma

un tempo propiziotempo propiziotempo propiziotempo propizio di preparazione all’incontro con l’unico SguardoSguardoSguardoSguardo in grado di dare Salvezza. E uno sguardosguardosguardosguardo particolare è necessario che porgiate, cari lettori, alla rubrica dei ei ei ei passatempipassatempipassatempipassatempi:

qualcosa di nuovo si è aggiunto ad allietare il vostro tempo libero nelle vacanze pasquali!!

Auguri di una Santa PasquaSanta PasquaSanta PasquaSanta Pasqua e buona lettura! Vostro NNNNsBBBB

Page 3: Nero su Bianco Aprile 2012

L’angolo del DonL’angolo del DonL’angolo del DonL’angolo del Don Volontà e grazia: un’opposizione? di Don Roberto Bianchini Pag. 4 CappellaniaCappellaniaCappellaniaCappellania Una condivisione...feconda e arricchente di Suor Maria Teresa Sotgiù Pag. 5 Dal ricevere...al donare amore di Filippo Bardelli Pag. 6 Festa di Carnevale di Elisa Belvisi Pag. 7 Il deserto: orizzonte abitato da Dio di Katia Capozzoli Pag. 7 Restate qui e vegliate con me di Maria Grazia Virone Pag. 8 Educare con il cuore di Marianna Di Tizio Pag. 9 EsperienzeEsperienzeEsperienzeEsperienze

Evangelizzazione di strada di Francesco Paoli di Claudia De Pasquale di Federica e Francesca Camilletti Pagg. 10-11 Il trionfo dell’amore gratuito di Alice Pappelli Pag. 12 Economia di comunione di Lorenzo Sciuto Pag. 13 FotografandoFotografandoFotografandoFotografando di Angelo Donzello Pagg. 14-15

RiflettendoRiflettendoRiflettendoRiflettendo Oscar Luigi Scalfaro di Federica Maniscalco Pag. 16 L’arte del buon governo di Giuseppe Vazzana Pag. 17 “In ogni cosa rendete grazie” di Fabio Fiorino Pag. 18 La via del dono di Andrea Vicari Pag. 19 Castità: amarsi senza possedersi di Claudia De Pasquale Pag. 20 Una vita in sala d’attesa di Isabella Petrocelli Pag. 21 50 anni da conciliare di Domenico Bova Pag. 22 Sulla tragedia…”turismo di massa” di Roberta Macrì Pag. 23 Arte a parteArte a parteArte a parteArte a parte L’Ultima Cena di Salvador Dalì di Chiara Maniscalco Pag. 24 Ciak si giraCiak si giraCiak si giraCiak si gira Un classico è meraviglioso di Eugenio Alfonso Smurra Pag. 25

PassatempoPassatempoPassatempoPassatempo di Filippo Bardelli Pagg. 26-27 BachecaBachecaBachecaBacheca Pag. 27

3333

In questo numero vi augurano buona lettura...In questo numero vi augurano buona lettura...In questo numero vi augurano buona lettura...In questo numero vi augurano buona lettura...

Page 4: Nero su Bianco Aprile 2012

4444

PPPParlare di volontà nel contesto post moderno conduce non di rado al fraintendimento. An-

zi, questo termine pare oggi pressoché incomprensibile o comunque genera repulsione e fa-stidio. Da un lato si sottolinea fortemente l’elemento della libertà nell’uomo che lo esalta e ne realizza la volontà, ma dall’altro, questa stessa volontà assomiglia a qualcosa di irraziona-le, che ha una vita propria e autonoma e dunque sfugge alla ragione. La volontà sembrerebbe sottrarsi al cammino della conversione.

Il cristianesimo ha un rapporto inquieto con questo tema. Alcuni hanno rite-nuto, da Pelagio in poi, che con l’esercizio della volontà l’uomo potesse salvarsi quasi senza la grazia, ma in tal modo l’uomo diventa autosufficiente - una spe-cie di super-uomo - e si scorda di essere una creatura. La morale volontaristica che ha imperato fino alla prima metà del ‘900, tutta fatta di norme e divieti, ha reso insopportabile la stessa parola volontà. Oggi tuttavia dobbiamo urgente-mente recuperare questa dimensione dell’agire cristiano. All’inizio del cammino di conversione dell’uomo c’è sempre e prioritariamente un invito di Dio, ma ad esso noi non potremmo rispondere adeguatamente senza la ragione e la volon-tà. Senza di essa sarebbe impossibile combattere il male: tutta l’ascesi cristiana consiste nella purificazione della volontà evitando la quale non potremmo rico-noscere e scegliere il bene. Senza la volontà non potremmo infine neppure por-re l’atto di fede. Nessuno può aprire il cuore a Dio che lo cerca se non lo vuo-le con tutto se stesso, né Dio potrebbe mai forzare la volontà dell’uomo fino ad imporgli di riconoscerlo. Gli uomini del nostro tempo sono sempre più fragili e instabili: se vogliono recu-perare statura e stabilità devono affrontare la sfida di ricostruire la volontà per saper porre scelte ricche di

senso e perseveranti che orientino a Dio. Devono riattivare questa sfera fondamentale con grande fiducia nella sua potenzialità: in un tempo in cui la seduzione del male è onnipervasiva si devono ricordare che “solo con la vo-lontà l’uomo può rifiutarsi al male e so-lo con la volontà può riconoscere il Be-ne come essenza, cioè Dio” (V. Solo-vev). In ultimo è solo nel concorso tra la grazia e la volontà umana, che gli uo-mini possono essere davvero protagoni-sti della loro esistenza, attori di una storia personale e collettiva che non subiscono come una condanna ma che sanno orientare verso il suo fine che è il Dio vivente. ■

frasefrasefrasefrase

Per approfondire: Vladimir Solovev, Per approfondire: Vladimir Solovev, Per approfondire: Vladimir Solovev, Per approfondire: Vladimir Solovev, I fondamenti spirituali della vitaI fondamenti spirituali della vitaI fondamenti spirituali della vitaI fondamenti spirituali della vita, Roma, Lipa, 1998., Roma, Lipa, 1998., Roma, Lipa, 1998., Roma, Lipa, 1998.

VOLONTVOLONTVOLONTVOLONTÀÀÀÀ E GRAZIA: E GRAZIA: E GRAZIA: E GRAZIA: UN’OPPOSIZIONE?UN’OPPOSIZIONE?UN’OPPOSIZIONE?UN’OPPOSIZIONE?

La fonte di tutti gli atti dell’uomo è la sua volontà. E così la barriera che lo separa dal bene esistente, cioè da

Dio, è la volontà dell’uomo. Ma in virtù di questa stessa volontà, l’uomo può decidersi a non agire secondo se

stesso o secondo il mondo, a non comportarsi secondo la sua volontà o la volontà del mondo. Questa rinuncia

a se stesso, o conversione della volontà umana è il suo più grande trionfo. (Vladimir Solovev)

Page 5: Nero su Bianco Aprile 2012

5555

UNA CONDIVISIONE...UNA CONDIVISIONE...UNA CONDIVISIONE...UNA CONDIVISIONE... FECONDA E ARRICCHENTEFECONDA E ARRICCHENTEFECONDA E ARRICCHENTEFECONDA E ARRICCHENTE

SSSSiena ha avuto sempre per me un grande fascino: scrigno d’arte, di cultura, di tradizione,

di santità… Questa volta però, venendo tra voi, cari giovani della Cappella Universitaria, ho scoperto che accanto al passato glorioso, in questa città c’è un presente pieno di promesse. La mia visita, lo sapete, aveva come prima destinazione la condivisione della vita della Comu-nità di Sorelle che presso la Chiesa di San Vigilio sono chiamate a dare testimonianza di pre-ghiera adorante e di supporto nella Cappella stessa; una vicinanza a voi giovani che dura da

vent’anni e che mi ha profondamente toccata, perché ho potuto constatare quanto sia feconda e arricchen-te la collaborazione tra le varie componenti ecclesiali: il Sacerdote, le Sorelle, tutti voi. La nostra piccola Famiglia religiosa ha ricevuto in dono e cerca di custodire e accrescere il carisma speciale di conoscere, amare e testimoniare la Chiesa come Madre; questa sua fondamentale vocazione di maternità continua non soltanto dando vita nuova ai Figli della Chiesa nati dal Battesimo, ma portandoli a piena maturi-tà secondo il progetto che il Padre celeste ha su ciascuno. E’ stato molto bello, perciò, constatare che le mie Sorelle cercano di essere tra voi trasparenza di questa maternità speciale e vi accompagnano con dedizione e amore, ottenendo il vostro affettuoso ricambio. Non è un fatto da dare per scontato, quindi è ancora più prezioso. Ho visto che nella Cappella si è instaurato un bel clima di famiglia, che coltivate rapporti di amicizia spontanei e sereni, sebbene le vostre provenienze sia-no diverse, come pure le facoltà che frequentate e le tappe verso il traguardo della conclusione degli stu-di… E fa piacere vedere i già dottori e professionisti incipienti che non sanno rinunciare al calore di questo singolare “aeropago”. Ho goduto, incontrandovi, nel vedere la vostra gioia di stare insieme con il desiderio di crescere non soltan-to culturalmente, ma anche umanamente e spiritualmente. Con Suor Maria, mia Vicaria, ci siamo sentite ar-ricchite nel condividere la vostra esperienza, sia l’approfondimento della Parola di Dio domenicale, sia il can-to del vostro bel coro che arricchisce le celebrazioni liturgiche, sia l’attenzione generosa verso i poveri attra-verso l’Am.Bo.Mo. Unico rimpianto… complici gli esami… il tempo per stare con voi è stato troppo breve. Ci auguriamo di con-dividere ancora con voi momenti di scambio e di riflessione, nella gioiosa consapevolezza di saperci in profon-da comunione! ■

Per approfondire e curiosare: Per approfondire e curiosare: Per approfondire e curiosare: Per approfondire e curiosare: http://www.figliedellachiesa.orghttp://www.figliedellachiesa.orghttp://www.figliedellachiesa.orghttp://www.figliedellachiesa.org

Lettera di Suor Maria Teresa Sotgiù, Madre Generale delle Suore Figlie della Chiesa,

alla Comunità di San Vigilio

Page 6: Nero su Bianco Aprile 2012

6666

DAL RICEVERE…DAL RICEVERE…DAL RICEVERE…DAL RICEVERE… AL DONARE AMOREAL DONARE AMOREAL DONARE AMOREAL DONARE AMORE

CCCConoscere se stessi per una piena

coscienza di sé e degli altri. La ri-cerca di un orientamento nelle neb-biose interpretazioni del nostro mo-do di essere è da sempre uno degli obiettivi primari della specie umana. Che molto spesso si interroga e in-

daga su comportamenti, attitudini e atteggiamenti, alla ricerca di spiegazioni difficili da decodificare. A questa sete di conoscenze interpersonali, la psico-logia ha offerto tecniche e strumenti, che attraver-so i più diversi stimoli invitano a rivelare la parte più profonda della personalità, del carattere e del tem-peramento. Proprio attraverso l’approfondimento di questi a-spetti, tramite riflessioni, con-divisione e momenti di gioco, il ciclo di incontri sui temi del-lo sviluppo dell’affettività, organizzato dalla Cappella Universitaria e dal Consulto-rio Giovani di Siena, ha offer-to la possibilità di spendere del tempo per sviluppare una maggiore consapevolezza della gestione dei sentimenti e per rendere esplicita l’importanza delle relazioni, da quelle più intime e interiori, a quelle di-namiche e talvolta impegnati-ve con gli altri. Attraverso i giochi, intesi co-me proiezioni in ambiente “protetto” delle più intime attitudini, sono emersi carat-teri, bisogni, idee e conflitti che ogni partecipante porta con sé in modo più o meno consapevole, esplicitando gli aspetti fondamentali della propria personalità. Ciò che, probabilmente, è emerso in maniera più visi-bile è che in ciascun individuo coesistono spinte con-trastanti. Nessuno è completamente istintivo o razio-nale, né introverso o estroverso; dipende dai conte-sti, dalla compagnia e, perché no, dal momento.

In sostanza, ognuno possiede un mix di attitudini contrastanti tra loro, che, pur tendendo talvolta verso una specifica propensione, porta sempre a un determinato equilibrio, che è poi il nostro modo di essere. Quello che c’è di nuovo è che non sono solo gli altri a non conoscere certi nostri scrigni nascosti; siamo noi stessi, spesso, a non essere totalmente consape-voli di queste aree della nostra personalità. Soprat-tutto quando ci troviamo a confrontarci con “l’altro”, emergono diversità, da intendere come un arricchimento in termini di conoscenza, confronto e fiducia. Sentimenti e stati d’animo rappresentano alcuni de-gli strumenti per interagire con gli altri: siano essi i membri della nostra famiglia, oppure i componenti di

un gruppo di conoscenti, fino alle amicizie più intime e alle relazioni di coppia, nel pro-gressivo passaggio dalla situa-zione di ricevere amore, alla capacità di donarne. Il ciclo di incontri, articolato su cinque date, sta sempre più allargando l’intensità e la pro-fondità dei rapporti, andando di pari passo con le fasi che ogni individuo si trova a per-correre nella propria crescita. Dal primo incontro incentrato su noi stessi e intitolato “Chi sono? Ti incontro…mi cono-sco!”, il percorso ha condotto a “Il gruppo: opportunità, cre-scita o ostacolo?”, per poi giungere, in maniera decisa-mente più sentita e impegnati-va a “Ci vorrebbe un amico…”. Con gli ultimi due incontri si

entra nettamente nella sfera dei sentimenti più pro-fondi: “E poi fra tutti, uno” e “Dalla ginnastica dell’-amore al dono di sé”. Alla fine del ciclo, ognuno potrà tirare le somme sul proprio comportamento, anche se, quando in ballo ci sono sentimenti e valori importanti, la somma del-le parti non sempre costituisce il tutto. ■

Conoscere se stessi per una piena coscienza di sé e degli altri.Conoscere se stessi per una piena coscienza di sé e degli altri.Conoscere se stessi per una piena coscienza di sé e degli altri.Conoscere se stessi per una piena coscienza di sé e degli altri.

Page 7: Nero su Bianco Aprile 2012

7777 Quale idea migliore se non cimentarsi nel dare vita a opere d’arte vere e proprie?Quale idea migliore se non cimentarsi nel dare vita a opere d’arte vere e proprie?Quale idea migliore se non cimentarsi nel dare vita a opere d’arte vere e proprie?Quale idea migliore se non cimentarsi nel dare vita a opere d’arte vere e proprie?

...è proprio il deserto che si rivela il punto di partenza per ritrovare la direzione del cuore...è proprio il deserto che si rivela il punto di partenza per ritrovare la direzione del cuore...è proprio il deserto che si rivela il punto di partenza per ritrovare la direzione del cuore...è proprio il deserto che si rivela il punto di partenza per ritrovare la direzione del cuore e la forza per incominciare a lottare...e la forza per incominciare a lottare...e la forza per incominciare a lottare...e la forza per incominciare a lottare...

FESTA DI CARNEVALEFESTA DI CARNEVALEFESTA DI CARNEVALEFESTA DI CARNEVALE

IIIIl carnevale è una festa di origine antica, che viene celebrata anche in molti paesi che han-

no una tradizione cattolica. Nella nostra comunità “cappellana” non potrebbe mancare il momento della festa di carnevale, quest’anno realizzata il 18 febbraio nei locali di San Vigilio trasformati in una grande sala da feste addobbata a dovere! Questa festa è un connubio di creatività e arte. Quale idea migliore se non cimentarsi nel dare vita a opere d’arte vere e proprie? Questo è stato il tema scelto per il nostro carnevale: opere d’arte! È stato davvero originale vedere i dipinti prendere vita… dai quadri classici, come “La Gioconda”, “Il bacio”

di Hayez, “La ragazza con il turbante”, il ritratto di “Papa Innocenzo X”, “L’incontro di Teano tra Garibaldi e Vittorio Emanuele”, “Il figlio dell’uomo” di René Magritte, “Le ballerine” di Degas e “I Girasoli” di Van Gogh con l’autore in persona, all’arte contemporanea con i Murales di Keith Haring. Questo appuntamento è una buona occasione per mettere in azione la nostra fantasia cimentandoci in “costumisti provetti”. Le caratte-ristiche principali della serata sono ogni anno l’attesa colma di curiosità e lo stupore nel vedere amici e cono-scenti in panni nuovi ed eccentrici, fuori dagli schemi della routine quotidiana che troppo spesso ci appiatti-sce! Ci auguriamo che questa divertente tradizione non si perda, né tra i bambini, né tra gli adulti che vedo-no in questa festa un momento per tornare all’età della spensieratezza. ■

IL DESERTO: ORIZZONTE ABITATO DA DIOIL DESERTO: ORIZZONTE ABITATO DA DIOIL DESERTO: ORIZZONTE ABITATO DA DIOIL DESERTO: ORIZZONTE ABITATO DA DIO

LLLLa bellezza di avere una Comunità con cui condividere un percorso di vita spirituale assu-

me tante forme e la maggior parte di queste sono volti e luoghi in cui rifugiarsi. Ciò accade quando si vive la possibilità di ritirarsi per qualche ora dalla quotidianità e darvi nuova for-ma e colore. Il ritiro spirituale, infatti, ha proprio la consistenza di un rifugio silenzioso in cui a parlare è semplicemente la parte più intima di ciascuno. Se poi a questa “isola di pace” si aggiunge il tratto dolce ed elegante del paesaggio toscano, il gioco è fatto! Un po’ questa è l’immagine, del tutto personale s’intende, del ritiro che studenti e amici di San Vigilio han-

no fatto la terza domenica di quaresima presso il Convento di San Girolamo in Siena. Ad accompagnarli è stato don Alessandro, caro amico della Cappella, che con ironia semplice e impeccabile profondità ha schiu-so le porte del “deserto”, protagonista e tema asso-luto del giorno. Un deserto certamente spirituale, fatto di tanti significati e intense lotte: deserto quale luogo dell’Esodo; spazio interiore di solitudi-ne e carenza; dimora di tenebre e tentazioni. Tutta-via è proprio il deserto che si rivela il punto di par-tenza per ritrovare la direzione del cuore e la forza per incominciare a lottare, ossia guardare a ciò che si è veramente, tenendo presente l’esempio di Colui che ha vinto la logica del male con lo scudo dell’im-mensa fiducia nel Padre. L’obbedienza dunque, for-ma per eccellenza di ascolto, assume una connota-zione sublime quando diventa il veicolo per attra-versare il deserto dell’anima e far sì che l’orizzonte diventi autentica occasione di rinascita. ■

DALLA DALLA DALLA DALLA COMUNITÀCOMUNITÀCOMUNITÀCOMUNITÀ............

Page 8: Nero su Bianco Aprile 2012

8888

SSSScrivere è sempre un’impresa ardua, soprattutto quando provi a raccontare un’esperienza

che per te non è narrabile, che non ha parole capaci di rendere la grandezza di ciò che hai

vissuto. L’Adorazione notturna è stata per me il primo incontro con Dio, in Gesù vivo, po-

sto di fronte ai miei occhi in tutto il Suo ineffabile splendore.

Varco la soglia della Chiesa in penombra, ed entro subito in una dimensione di Pace che ve-

ramente pervade l’anima. La luce del Santissimo Sacramento, raggiante, brilla ai nostri oc-

chi, ma fa ancor più luce in un altro tipo di ombra, forse molto più scura: quella che ciascuno porta dentro

di sé. Il silenzio spesso atterrisce e spaventa, perché costringe a meditare su tutti quegli aspetti che di soli-

to preferiamo seppellire nel caos e nel rumore di parole vuote. Ma di fronte al Santissimo Sacramento, in

quel momento di abbandono e silenzio, di vero “deserto” interiore, Gesù viene a parlarci ed ascoltarci. Sì,

Lui ci salva proprio mentre pensiamo di precipitare,

quando siamo messi di fronte al nostro essere nient’-

altro che creature in tutta la nostra umana fragilità.

Tante volte mi sono chiesta dove fossero i “segni” di

Dio, dove fosse la Sua guida nella nostra esistenza,

ma ho capito che – come in ogni rapporto degno di

questo nome – non si può avere una risposta o una

consolazione, se non si è predisposti all’ascolto. Du-

rante l’adorazione Gesù è lì di fronte a noi, con Cor-

po ed Anima, ed è in quel momento che, più di ogni

altro, siamo pronti ad ascoltarlo, a lasciarci pervade-

re dal Suo Spirito. Lì rivolgiamo a Dio ogni nostro

pensiero, Gli offriamo tutti i dolori più intimi, quelli

che spesso la gente non sa capire o che ascolta con

poco interesse. Io penso, infatti, che il dolore si possa comprendere solo attraverso il dolore, soprattutto se

intendiamo una comprensione che sia piena, sentita, partecipata. E chi più di Cristo, che ha preso su di sé le

nostre ferite e le nostre piaghe, può offrirci questa compassione?

E’ strano, è piena notte, ma nessuno ha sonno qui di fronte al Santissimo Sacramento; la recita di un rosario

infrange il silenzio, e così comprendo anche la vera profondità della preghiera, ben lontana da quelle un po’

distratte e “recitate” solamente con la bocca. Ogni volto, anche quello più segnato dalla sofferenza, si trasfi-

gura al momento dell’incontro con Lui. Immersa nella realtà mondana che fa inebriare, ma che alla fine lascia

una sensazione amara di vuoto, per la prima volta in adorazione io ho provato la sensazione della pienezza: un

effluvio di Pace, un Amore rigenerante, la “carezza” di Dio che lentamente mi ha travolta e riscaldata. Ho

capito che la solitudine di quel momento è un’esperienza straordinaria e paradossale, perché è in realtà il più

alto momento di comunione con Lui: è vera preghiera, è vera compassione.

Poco prima della sua passione, al Getsemani, Gesù chiese ai suoi discepoli di restare con lui e vegliare; in

questa notte, Signore, noi siamo qui per Te, a rubare un’ora al sonno per meditare, invece, su qualcosa di

infinitamente più prezioso. Adoriamo Gesù, rendiamolo centro dei nostri pensieri e della nostra meditazione;

è il miracolo di un piccolissimo atto d’amore che però sarà fonte di vera Luce, nella notte della nostra vita. ■

Ogni volto si trasfigura al momento dell’incontro con LuiOgni volto si trasfigura al momento dell’incontro con LuiOgni volto si trasfigura al momento dell’incontro con LuiOgni volto si trasfigura al momento dell’incontro con Lui

RESTATE QUI E RESTATE QUI E RESTATE QUI E RESTATE QUI E VEGLIATE CON MEVEGLIATE CON MEVEGLIATE CON MEVEGLIATE CON ME

Page 9: Nero su Bianco Aprile 2012

9999

GGGGesù ci ama come sa amare il Figlio di Dio, ovvero donandoci la guarigione dai mali e of-

frendoci un pane capace di saziare la nostra fame di infinito. Il Vangelo di Marco si concen-tra sulla natura divina di Gesù per dimostrare la provenienza del Messia, l’assoluta mancan-za di autoreferenzialità delle Sue opere. Il percorso diocesano di Lectio Divina proposto dalla Cappella Universitaria consente di accostarsi al racconto dell’evangelista Marco pro-prio per apprendere e conoscere l’amore incondizionato di Gesù verso il Padre e nei con-fronti di ogni persona.

In particolare, in Mc 9, 14-29, Gesù compie un miracolo per allontanare uno spirito maligno che si è impadro-nito di un giovane. Il demonio sottopone il ragazzo a varie torture: cerca di impedirgli in ogni modo di vivere serenamente. Questa giovane creatura non riesce a stare in piedi: è una metafora che indica la condizione provocata dal peccato in ogni persona. Il male che alberga nell’anima non consente all’uomo di esprimere le proprie capacità: i talenti che ciascuno possiede non possono essere messi a frutto perché l’e-go li riconduce alla soddisfazione personale. Oppure, rischiano di rimanere del tutto sepolti sotto uno strato di pigrizia determina-to da un vuoto esistenziale. È interessante che il malato sia identificato con i termini “ragazzo” e “fanciullo”. L’evange-lista intende soffermarsi sulla sua giovane età per sottolineare l’aspetto educativo della figura di Gesù che in questo passo inse-gna come comportarsi con i gio-vani. Spesso gli adolescenti sono osservati come esseri apatici: i loro interessi sono scevri di pro-fondità o risultano fini a se stessi. Anche i giovani di oggi appaiono assorbiti da uno spirito maligno, dagli o-dierni demòni dell’apparenza e dell’accidia. Sembrano tali agli occhi di chi li giudica. Ma Gesù non giudica: preferisce accogliere. Quando il padre del ragazzo Gli chiede di guarire il figlio, Gesù si informa sulle origini della malattia: il Suo comportamento indica che desidera conoscere le persone che ha davanti. Vuole parte-cipare al loro dolore, assumere su di sé la loro sofferenza. A una figura educativa è richiesto lo stesso atteg-giamento: accostarsi al ragazzo per prendere parte ai suoi dubbi e alle sue debolezze, per comunicare con il suo mondo e la sua realtà. Le scelte di Gesù invitano a costruire relazioni sincere, rapporti che rappresenta-no un riflesso dell’amore di Dio. È necessario considerare che i giovani sono creature a cui sono stati conse-gnati dei talenti che possono portare frutto solo se offerti al Signore. È questa, dunque, la missione dell’e-ducatore: condurre i ragazzi da Gesù, che è il Maestro per eccellenza e il medico di ogni male. Solo in que-sta prospettiva i giudizi crollano, si sfaldano, per lasciare spazio alla fiducia nelle capacità dell’adolescente. In questo ambito persino gli apostoli cadono nell’errore: non riescono a guarire il fanciullo perché non fanno appello alla preghiera, convinti che siano sufficienti le loro forze per scacciare gli spiriti maligni. Ma il Signo-re indica, a loro come a noi, che l’unica via per guarire l’altro è quella che conduce al Padre: è la strada del-l’umiltà e della docilità nei confronti di Dio, per vincere la tentazione dell’autoreferenzialità. ■

La missione dell’educatore:condurre i ragazzi da Gesù, che è il Maestro per eccellenza La missione dell’educatore:condurre i ragazzi da Gesù, che è il Maestro per eccellenza La missione dell’educatore:condurre i ragazzi da Gesù, che è il Maestro per eccellenza La missione dell’educatore:condurre i ragazzi da Gesù, che è il Maestro per eccellenza e il medico di ogni male.e il medico di ogni male.e il medico di ogni male.e il medico di ogni male.

EDUCARE CON IL CUOREEDUCARE CON IL CUOREEDUCARE CON IL CUOREEDUCARE CON IL CUORE

Page 10: Nero su Bianco Aprile 2012

10101010

PPPPer rievangelizzare l’Occidente ed i paesi a tradizionale cultura cristiana - ormai più pro-

pensi ad incensare le dee della Ragione e dell’Autodeterminazione piuttosto che il vero Dio

- a più riprese durante i loro pontificati, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno lanciato

un appello alla Nuova Evangelizzazione invitando tutti ad annunciare il (medesimo!) Vangelo

con una novità di espressioneespressioneespressioneespressione, ardoreardoreardoreardore e di metodometodometodometodo. Questa “chiamata” del Papa, unita all’in-

tuizione che debbano essere i giovani i primi testimoni verso i propri coetanei, ha fatto da

scintilla per un rinnovato slancio missionario: oggi, almeno in Italia, si possono infatti contare in diverse città

iniziative volte a far pervenire il kerygma (l’annuncio di Cristo morto e risorto) a quante più persone possibile.

Abbandonando una pastorale di quasi esclusiva “manutenzione”, sulla quale de facto come Chiesa ci siamo

un po’ adagiati negli ultimi decenni, una delle modalità di evangelizzazione proposta consiste nel riportare il

Vangelo proprio laddove è nato: per stradastradastradastrada! Con l’intento di raggiungere tutti quei giovani che in Chiesa non

ci metterebbero mai piede è nata da una decina di anni a questa parte l’esperienza de “La Luce nella Notte”“La Luce nella Notte”“La Luce nella Notte”“La Luce nella Notte”:

in mezzo alle tenebre del mondo, sola risplende la Luce di Cristo che illumina e dona vita ad ogni uomo. Si

tratta in buona sostanza di allestire una Chiesa in cui invitare, fino a notte fonda, i giovani a fare un’espe-

rienza cuore a Cuore con Gesù Eucaristia. Mentre in Chiesa qualcuno resta a pregare, altri - a due a due -

escono per avvicinare i giovani e proporgli un incon-

tro con Gesù. Per preparare le persone a questo in-

contro viene proposto un piccolo percorso - figura di

quello interiore - in cui scrivere una preghiera, accen-

dere un lumino e pescare da un cestino, appositamen-

te allestito sotto l’altare, un foglietto con su scritta

una frase tratta dalla Sacra Scrittura. Le preghiere

raccolte vengono poi consegnate a comunità monasti-

che che pregheranno per queste intenzioni. A dispo-

sizione ci sono dei sacerdoti per chi sentisse il biso-

gno di passare dal “salone di bellezza del cuore” (la

confessione) a consegnare a Gesù il fardello dei pro-

pri peccati. Ecco, questa è l’esperienza, ma così rac-

contata non rende ragione di quanto lo Spirito Santo,

vero agente dell’evangelizzazione, sia all’opera! Io stesso confesso di essere un “convertito” a questa modalità

di evangelizzazione; ed anzi desidero ribadire come il primo beneficiario dell’annuncio sia proprio l’evangeliz-

zatore perché la fede cresce quanto più la si dona; viceversa si spegne. Tuttavia dentro di me non ci ho cre-

duto finché non ho fatto esperienza, non ho visto che il Signore davvero operava attraverso quel piccolo sì

che mi era richiesto… E quel piccolo sì altro non era che fidarmi di Lui e gettare le reti sulla sua Parola...

Non è la nostra volontà che ci fa compiere il primo passo, è Gesù che dolcemente ci ordina di andare in tut-

to il mondo e proclamare il Vangelo (Mc 16, 15). Obbedire è rispondere a questo Suo invito. E quanto più ci

svuotiamo di noi stessi, per fare spazio a Lui, tanto più Egli è libero di agire ed amare il prossimo attraverso

di noi. “Chi manderò e chi andrà per noi?” dice il Signore nel libro del profeta Isaia (6, 8). Rispondiamo con

gioia “Eccomi, manda me!” ed allora saremo testimoni dei prodigi del Suo Amore. ■

La fede cresce quanto più la si dona; viceversa si spegne!La fede cresce quanto più la si dona; viceversa si spegne!La fede cresce quanto più la si dona; viceversa si spegne!La fede cresce quanto più la si dona; viceversa si spegne!

EVANGELIZZAZIONE...EVANGELIZZAZIONE...EVANGELIZZAZIONE...EVANGELIZZAZIONE...

Page 11: Nero su Bianco Aprile 2012

“A“A“A“Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.” (Mc 16,15)

Troppi sguardi assetati, troppe anime in cerca di pace, troppe vite spente. Non è tempo di stare a guardare: bisogna andare, bisogna fidarci di Lui che tutto può e tutto trasforma. Nel momento stesso in cui decidiamo di seguirLo, sarà Lui a venirci incontro armandoci di una tale forza e di un tale amore troppo grandi per essere tenuti solo per noi. Un cristiano che ha fatto esperienza dell’amore di Dio, che ha toccato con mano la Sua im-mensa misericordia, che ha assaporato anche in minima parte quella gioia piena che solo Lui

può dare, non può non proclamare ciò che ha dentro al suo prossimo, chiunque esso sia. D’altronde, l’amore fine a se stesso è forse amore? L’amore non è per noi, non è per i “cristiani prediletti”, l’amore di Dio è per tutti, soprattutto per quelli che non lo hanno mai conosciuto. Questo vuol dire evangelizzare: andare per le strade proclamando il Vangelo a tutti i giovani, farci carico delle sofferenze degli altri, dimenticare noi stessi per ascoltare chi è più bisognoso di noi e accoglierlo con tutto il cuore, eliminare l’egoismo che è in noi, provare ad amare in modo gratuito aiutando chiunque a fare esperienza di quella gioia e di quella pace che Lui ci ha promesso. “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35). Amare chiunque gratuitamente, per primi, senza chiedere nulla in cambio, per essere testimonianza vivente per coloro che vivono ancora nelle tenebre, perché tutti possano credere all’Amore di Dio, vivente in noi. Sperimenteremo come possiamo essere forti nella nostra misera debolezza e grandi nella nostra infinita pic-colezza. E’ evangelizzando che evangelizzi te stesso, aiutando gli altri che guarirai te stesso, gioendo per gli altri che gusterai la gioia piena, amando il tuo prossimo che beneficerai di tutto il Suo amore. ■

11111111

............DIDIDIDI STRADASTRADASTRADASTRADA

...L’amore di Dio è per tutti, soprattutto per quelli che non lo hanno mai conosciuto....L’amore di Dio è per tutti, soprattutto per quelli che non lo hanno mai conosciuto....L’amore di Dio è per tutti, soprattutto per quelli che non lo hanno mai conosciuto....L’amore di Dio è per tutti, soprattutto per quelli che non lo hanno mai conosciuto. ...essere Suo strumento...che Lui si servisse di noi per annunciare ai giovani di aver ...essere Suo strumento...che Lui si servisse di noi per annunciare ai giovani di aver ...essere Suo strumento...che Lui si servisse di noi per annunciare ai giovani di aver ...essere Suo strumento...che Lui si servisse di noi per annunciare ai giovani di aver

incontrato il suo amore.incontrato il suo amore.incontrato il suo amore.incontrato il suo amore.

L’L’L’L’evangelizzazione è una vocazione alla quale abbiamo voluto rispondere

per amore di Cristo. Con essa ci è stata data l’opportunità di realizzare la volontà del Signore: “Cosi infatti ci ha ordinato il Signore: Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra” (At 13,47). Pur non essendo affatto convinte dei metodi e dell’efficacia di questa for-ma di testimonianza abbiamo provato ad essere docili, accogliendo un’idea

diversa da quella che avevamo, ci siamo affidate: il Signore non ci ha deluso! Da subito abbiamo realizzato che noi non potevamo essere testimoni credibili, e pregando abbiamo chiesto con tutto il cuore a Cristo che ci svuotasse di noi stesse per riempirci del suo Santo Spirito, gli abbiamo offerto i nostri occhi, la nostra bocca, il nostro cuore, la nostra paura. Per la prima volta abbiamo desidera-to ardentemente essere Suo strumento, abbiamo chiesto che Lui si servisse di noi per annunciare ai giovani di aver incontrato il suo amore, consapevoli di non essere degne di tutto questo. Il Signore ha esaudito le nostre preghiere. Incontrando i giovani in strada, pregando con loro davanti al Santissimo, vedendoli confessarsi ci siamo rese conto che il nostro Dio è veramente un Dio onnipotente che riesce a realizzare opere meravigliose attraver-so tutti noi strumenti poverissimi. Pregando per persone che non conoscevamo e desiderando sinceramente la loro felicità ci siamo sentiti real-mente tutti figli di uno stesso Padre. Quella sera a San Vigilio tutti noi, come i discepoli, eravamo “pieni di gioia e di Spirito Santo” (At 13,52). ■

Page 12: Nero su Bianco Aprile 2012

SSSSi sente spesso parlare di Lourdes e Unitalsi, di damine, barellieri, sezioni e sottosezioni…

cosa significa e che cos’è l’UNITALSI?

L’UUUUnione NNNNazionale IIIItaliana TTTTrasporto AAAAmmalati LLLLourdes e SSSSantuari IIIInternazionali nasce

nel 1903, la sua storiastoriastoriastoria è strettamente intrecciata al Santuario di Lourdes, al quale nel corso

degli anni si sono aggiunti Loreto, la Terra Santa, Fatima, la Polonia, Banneaux. L’associazio-

ne è presente in tutte le regioni italiane con un’organizzazione organizzazione organizzazione organizzazione in sezioni e sottosezioni, è

regolata in base a uno statuto statuto statuto statuto e ha come missionemissionemissionemissione vivere il Vangelo nella quotidianità, contribuire alla costi-

tuzione di una società dove ci sia spazio per servizi di carità vissuti in spirito di totale gratuità.

Nel 1903 il giovanissimo Giovanni Battista Tomassi, affetto da una grave forma di artrite deformante irrever-

sibile che lo constringeva nella sedia a rotelle, partecipò al suo primo pellegrinaggio a Lourdes. Il giovane,

sofferente nel corpo e nello spirito per la sua ribellione a Dio e alla Chiesa, si procurò una rivoltella con que-

sta intenzione: giungere davanti alla grotta e, se non avesse ottenuto la guarigione, togliersi la vita con un

gesto eclatante. Ciò non accadde: venne colpito dalla presenza dei volontari e dal loro servizio amorevole

osservando il conforto, la speranza e la serenità che la loro condivisione regalava ai sofferenti. La Madonna

gli donò una nuova gioia di vivere e il desiderio di creare un’organizzazione per il trasporto di altri ammalati

presso il santuario.

Migliaia di volontari (chiamati damine le donne,

barellieri gli uomini) accompagnano ogni anno i

malati e i sofferenti nel corpo e nello spirito ai

vari pellegrinaggi che vengono organizzati.

La nostra Comunità ha incontrato di recente il

presidente dell’Unitalsi Sottosezione di Siena, il

Signor Aldo Bernardi, che ha presentato la vita

dell’Associazione e le sue attività nel territorio

senese.

Sentire parlare di luoghi, celebrazioni e appun-tamenti vissuti riporta alla memoria con un piz-zico di nostalgia volti incontrati e esperienze condivise ma anche e soprattutto l’atmosfera e il calore che hanno accompagnato quei momen-

ti. Il contatto dei volontari con quelli che dalla società sono reputati gli ultimi e i più indifesi aiuta a relati-vizzare ogni aspetto della vita, a non dare per scontato nulla, neanche il semplice gesto di sollevare la for-chetta per nutrirsi; è uno scambio reciprocamente fecondo e arricchente. Ricordo che alla vigilia del mio primo pellegrinaggio a Lourdes con l’Unitalsi ero un po’ scettica e preoccupata riguardo la mia capacità di svolgere bene il mio servizio. Ho preso come punto di riferimento il passo del Vangelo: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai eri straniero e ti abbiamo aiutato? O eri nudo e ti abbiamo dato degli abiti? E quando mai ti abbiamo visto ammalato o in prigione e siamo venuti a trovarti? Ed il Re risponderà loro: “Quando lo avete fatto anche per l'ultimo di questi miei fratelli, lo avete fatto per me” (Mt 25,37-40). Vedere Gesù dietro ogni bocca da imboc-care, ogni persona da lavare o pulire, ogni abbraccio o gesto d’affetto da donare: in questo consiste, infatti, a mio parere la chiave di volta che permette di vincere ogni blocco o impedimento. ■

12121212

IL TRIONFO DELL’AMOREIL TRIONFO DELL’AMOREIL TRIONFO DELL’AMOREIL TRIONFO DELL’AMORE GRATUITOGRATUITOGRATUITOGRATUITO

“Vi è più gioia nel dare che nel ricevere” At 20,35 “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere” At 20,35 “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere” At 20,35 “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere” At 20,35 Per approfondire e conoscere di più: Per approfondire e conoscere di più: Per approfondire e conoscere di più: Per approfondire e conoscere di più: http://www.unitalsi.infohttp://www.unitalsi.infohttp://www.unitalsi.infohttp://www.unitalsi.info

Page 13: Nero su Bianco Aprile 2012

NNNNata nel Maggio del 1991 a San Paolo in Brasile da un’intuizione di Chiara Lubich, l’Econo-

mia di Comunione (EdC) conta ad oggi oltre 800 imprese dislocate nei cinque continenti.

L’idea potrebbe sembrare di per sè un’utopia, specialmente se si pensa che, attualmente, il

profitto è considerato il fine ultimo ed unico che spinge un imprenditore ad attivare un’a-

zienda, lasciando solo all’economia no profit obiettivi di solidarietà. L’EdC propone invece

una nuova concezione dell’agire economico, non più dedicato esclusivamente al profitto dei

singoli, ma attento ad aiutare anche chi ne ha più bisogno. Lo scopo è quello di costruire e mostrare una so-

cietà umana dove, ad imitazione della prima comunità di Gerusalemme, “nessuno tra loro è indigente” (At

4,34).

Le imprese sono, ovviamente, l’asse portante del progetto. Queste si impegnano ad utilizzare i profitti secon-

do tre scopi di pari importanza: sosteneresosteneresosteneresostenere, attraverso progetti condivisi basati sulla reciprocità, la sussidia-

rietà, lo sviluppo di persone e di comunità che si trovano in situazioni di indigenza; diffonderediffonderediffonderediffondere la cultura del

dare e della reciprocità, pre-condizione per uno sviluppo di una economia e di una società fraterne e solidali;

svilupparesvilupparesvilupparesviluppare l'impresa, creando nuovi posti di lavoro e ricchezza nelle zone in cui essa prende vita. Un ruolo

molto importante è, quindi, ricoperto anche da colo-

ro che si trovano in difficoltà economica, i destina-

tari di una parte degli utili. Questi, infatti, non sono

visti “semplicemente” come assistiti o beneficiari del-

l'impresa, ma diventano membri essenziali del proget-

to, all'interno del quale fanno dono agli altri delle

loro necessità.

A validare la solidità del progetto sono nati numerosi

poli industriali come, nel 2006, il Polo Lionello Bonfanti di Incisa in Val d’Arno (FI). Il polo ha come modello

ispiratore il progetto EdC e come fine la gestione e lo sviluppo delle aziende italiane che aderiscono a questa

nuova cultura economica. Al suo interno sono presenti una trentina di realtà ormai consolidate di cui alcune

a rilevanza nazionale quali Città Nuova, Banca Etica, Azur, etc. Un altro interessante caso di EdC è quello

di Èspero, una realtà nata nel 1991 da una costola di Apple Computer ed oggi il più importante Apple Autho-

rized Training Center in Italia. Per tutti questi imprenditori uno è stato l’elemento essenziale che li ha spinti

a lanciarsi negli anni in questa nuova avventura: la Provvidenza. “Si sperimenta che dopo ogni scelta contro-corrente, Dio non fa mancare quel Centuplo che Gesù ha promesso: un introito inatteso, un'opportunità insperata, l'offerta di una nuova collaborazione, l'idea di un nuovo prodotto di successo..." (Chiara). ■

13131313

ECONOMIA DI COMUNIONEECONOMIA DI COMUNIONEECONOMIA DI COMUNIONEECONOMIA DI COMUNIONE

Una nuova concezione dell’agire economico attento ad aiutare anche chi ne ha più bisogno.Una nuova concezione dell’agire economico attento ad aiutare anche chi ne ha più bisogno.Una nuova concezione dell’agire economico attento ad aiutare anche chi ne ha più bisogno.Una nuova concezione dell’agire economico attento ad aiutare anche chi ne ha più bisogno.

"Ho pensato che si potevano far nascere delle aziende, in modo da impegnare le capacità e le risorse di tutti

per produrre insieme ricchezza a favore di chi si trovava nella necessità. La loro gestione doveva essere affi-

data a persone competenti, in grado di farle funzionare efficacemente e ricavarne degli utili. Questi dovevano

liberamente essere messi in comune. E cioè, in parte essere usati per aiutare i poveri e dar loro da vivere

finchè abbiano trovato un posto di lavoro. Un'altra parte per sviluppare strutture di formazione per Uomini

Nuovi, cioè persone formate ed animate dall'amore, atte a quella che chiamiamo la Cultura del Dare.

Un'ultima parte, certo, per incrementare l'Azienda."

(Chiara Lubich - Laurea Honoris Causa in Economia - Piacenza 1999)

Page 14: Nero su Bianco Aprile 2012

14141414

CARNEVALE 2012: CARNEVALE 2012: CARNEVALE 2012: CARNEVALE 2012: OPEREOPEREOPEREOPERE D’ARTED’ARTED’ARTED’ARTE

Page 15: Nero su Bianco Aprile 2012

15151515

LUCI LUCI LUCI LUCI NELLANELLANELLANELLA NOTTENOTTENOTTENOTTE

Page 16: Nero su Bianco Aprile 2012

16161616

PPPPiù volte, nel corso del suo pontificato, Papa Giovanni Paolo II ha sottolineato la necessi-

tà per il cristiano posto al servizio del bene comune di assumersi un obbligo ulteriore rispet-

to agli altri: il mantenimento di una vita individuale e familiare esemplare, all’insegna della

trasparenza. Raramente il panorama politico italiano ha offerto esempi rispondenti ad una

tale levatura ed integrità morale, ma fortunatamente è possibile riscontrare qualche illustre

eccezione. L’ex Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, scomparso lo scorso 28

gennaio, ha saputo fondere in sé diverse componenti: una dedizione totale al compito che i vari incarichi isti-

tuzionali ricoperti comportavano, un forte senso delle istituzioni, un’incrollabile devozione all’organo supre-

mo del Parlamento che, come egli stesso ha ricordato nelle numerose interviste rilasciate, è il legittimo depo-

sitario della sovranità popolare, un’incisiva presa di distanza da quegli scandali che nel corso del suo setten-

nato al Quirinale hanno infangato la politica italiana. Ad

esempio il fenomeno Tangentopoli dal quale prese le distan-

ze col famoso discorso dell’ “Io non ci sto”. Un periodo di

attività politica intenso e difficile, nel corso del quale per

Scalfaro più forte si è manifestato il dovere di difendere in

maniera categorica il dettato costituzionale contro chi mi-

rava a manipolarlo per arrivismo e per il perseguimento del

proprio interesse personale: “Su questa carta che mi è sem-

pre vicina ho giurato fedeltà. Tanti la pagarono con la vita

consentendo a noi di scriverla e di votarla: non dimentichia-

molo mai”. Il fine ultimo che distingue ogni buon politico e

ogni buona attività di governo è la persona umana intesa

come il centro della democrazia e della libertà. Soltanto

tenendo presente questo concetto è possibile ammettere

degli eventuali ritocchi alla Costituzione, a condizione che

ognuno di essi sia fatto nell’esclusivo interesse di tutti i cit-

tadini italiani. Forte di queste convinzioni e vista l’urgenza

di una risposta solida per chi insidiava l’unità e i valori della

nostra nazione il Presidente aveva cominciato, nell’ultima

fase della sua vita, un’attività politica dal nome “Salviamo la Costituzione” volta al coinvolgimento dei giovani

che esortava a non arrendersi mai nella difesa di questi principi, nonostante la realtà politica contemporanea

fosse sempre più desolante: “Oggi il Parlamento è una desolazione gravissima. Vorrei che a tutti giungesse il

mio cuore, il cuore di chi è disposto a lottare per estinguere la marmaglia di coloro che mettono le mani sulla

cosa pubblica nel proprio interesse personale”. A sostenerlo un’incrollabile fede e un senso di abbandono

totale a Dio: “Dopo il vostro voto mi sono fermato a pregare per chiedere luce, forza e capacità di sacrificio

a Dio in cui credo con tanta povertà di cuore; a chiedere protezione a Colei che umile, alta, più che creatu-

ra è Madre di Dio e dell’uomo”. Una fede riscontrabile nella speciale considerazione per l’11° articolo,

“L’Italia ripudia la guerra”: “Mi emoziona molto per quello che dice al vicino e al lontano: il diritto delle per-

sone a vivere nella pace; il grande dovere del popolo italiano a dire “no” alla guerra”. ■

...il fine ultimo è la persona umana intesa come il centro della democrazia e della libertà....il fine ultimo è la persona umana intesa come il centro della democrazia e della libertà....il fine ultimo è la persona umana intesa come il centro della democrazia e della libertà....il fine ultimo è la persona umana intesa come il centro della democrazia e della libertà.

OSCAR LUIGI SCALFAROOSCAR LUIGI SCALFAROOSCAR LUIGI SCALFAROOSCAR LUIGI SCALFARO

Page 17: Nero su Bianco Aprile 2012

17171717 Saper governare una comunità di cittadini rappresenta in realtà Saper governare una comunità di cittadini rappresenta in realtà Saper governare una comunità di cittadini rappresenta in realtà Saper governare una comunità di cittadini rappresenta in realtà una vera e propria forma d’arteuna vera e propria forma d’arteuna vera e propria forma d’arteuna vera e propria forma d’arte

EEEEntrando nella Sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena è possibile visitare una serie di

affreschi realizzati da Ambrogio Lorenzetti nel 1338 e raffiguranti il Buono ed il Cattivo

Governo. Nell’affresco del Buon Governo sono presenti le figure allegoriche rappresentanti

la Sapienza Divina, la Giustizia, la Concordia, la Temperanza, la Fede e la Carità; nell’affre-

sco del Cattivo Governo sono invece presenti le figure allegoriche della Tirannide, dell’Ava-

rizia, della Crudeltà, della Frode, della Guerra e dell’Ingiustizia.

Nel primo vi è una comunità di cittadini laboriosa e ben organizzata nelle sue strutture dove a prevalere so-

no la prosperità economica ed il senso di civiltà e di giustizia. Nel secondo invece è raffigurata una comunità

cupa e avvolta dalla disonestà e dall’ingiustizia, dove i cittadini piuttosto che costruire sono intenti a di-

struggere e l’economia stessa non è per niente fiorente. Da quanto descritto è possibile notare le differenze

tra i due modi di governare una comunità di persone che Ambrogio Lorenzetti già nel XIV secolo aveva sapu-

to rappresentare in chiave allegorica. Saper governare una comunità di cittadini rappresenta in realtà una

vera e propria forma d’arte, ed al pari di un pittore che sappia ben utilizzare i pennelli calibrando i colori at-

traverso un paesaggio che funga da fonte di ispirazione, allo stesso modo un vero governatore deve poter

essere in grado di costruire un apparato di regole capace di realizzare un “capolavoro” fatto di benessere e

di prosperità collettiva, divenendo per l’appunto un “artista del Buon Governo”. L’arte del Buon Governo è

saper creare le dovute condizioni affinché tutti i cittadini possano vivere serenamente all’interno di un de-

terminato paese, utilizzando e sfruttando al meglio i beni che il Buon Dio ci ha donato, ovvero fare in modo

che ciò che è di tutti venga ulteriormente valorizzato e non venga distrutto o lasciato tra l’incuria e il degra-

do generale. Il vero bene comune si raggiunge attraverso la valorizzazione delle persone che vivono nel con-

testo locale o nazionale, rendendole responsabili nei confronti di se stesse e dell’intera società. I primi artisti

del Buon Governo siamo tutti noi. Un vero cittadino che si rispetti deve saper mettere i propri governanti

nelle condizioni di amministrare nel migliore dei modi la comunità attraverso il senso civico, il pagamento del-

le tasse, il rispetto delle regole del vivere comune e la scelta di validi rappresentati politici, contribuendo co-

sì in prima persona alla riuscita del “Buon Governo”. Non a caso quando al celebre scrittore tedesco Goethe

venne chiesto quale fosse in assoluto la migliore forma di governo, egli, senza esitazione, rispose che il miglior

governo è quello che ci insegna a governarci da soli. ■

L’ARTE DEL BUON GOVERNOL’ARTE DEL BUON GOVERNOL’ARTE DEL BUON GOVERNOL’ARTE DEL BUON GOVERNO

Page 18: Nero su Bianco Aprile 2012

18181818 “In ogni cosa rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio“In ogni cosa rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio“In ogni cosa rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio“In ogni cosa rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.” (1Tess 5,18) in Cristo Gesù verso di voi.” (1Tess 5,18) in Cristo Gesù verso di voi.” (1Tess 5,18) in Cristo Gesù verso di voi.” (1Tess 5,18)

LLLLe situazioni limite sono quelle che ci inducono una scarica esagerata di adrenalina, che

coinvolgono in maniera estrema tutti i nostri sensi, le nostre sensazioni e le emozioni, sono quelle che ci fanno sudare freddo e ci toccano nel profondo. Pensate a un volo da incoscienti col deltaplano in montagna: sospinti dal vento, avete sotto di voi uno spettacolo straordinario con distese di alberi innevati intervallati da fiumiciattoli e tutt’attorno l’azzurro intenso del cielo... o anche all’esperienza che può significare il primo viaggio da soli negli USA in cui, dopo un volo di una ventina di ore e dopo aver rincorso ae-

rei, vi trovate innanzi a distese di grattacieli mozzafiato e a tutto quello che avevate visto solo nei film... U-na situazione limite superata, però, induce quasi necessariamente un respirone di sollievo, spesse volte un alzare gli occhi al cielo come non ci capita di fare in condizioni normali, e dire: Grazie, ce l’ho fatta!! Considerate anche cosa può significare condividere a inizio primavera con degli amici una gita fuori porta nelle stupende campagne toscane, magari in scooter.. o un inaspettato incontro con l’amico di infanzia, e di grosse marachelle, che non si vedeva da anni... o trovarsi a vedere in ospedale una vecchina davvero malcon-

cia che si sforza di spingere la carrozzina che vincola gli spostamenti di suo marito.. Bene, in queste situazioni non c’è nessuna situazione limite che, come quelle descrit-te in precedenza, ci toglierebbe il respiro, ma pensate che sia meno bello e coinvol-gente rendersi consapevoli di questi mera-vigliosi doni ed esserne riconoscenti? Certo che la vita ci mette continuamente davanti miriadi di esperienze, situazioni, incontri e volti (nessuno a caso!!) che spes-se volte sfuggono alla nostra attenzione, più abituata a considerare lo “straordinario” rispetto all’ “ordinario”. E pensare che già nei Salmi l’uomo eleva il grazie al suo Creatore, Signore buono, per aver creato i cieli con sapienza e aver sta-bilito la terra sulle acque, e per aver fatto

i grandi luminari, il sole per regolare il giorno e la luna e le stelle per regolare la notte... perché eterna è la sua misericordia (Sal 136)! Cose che del resto a noi sembrano ovvie... “Grazie” è uno dei primi termini che si impara quando ci si immerge nella scoperta di una lingua nuova, proba-bilmente l’unico che si conosce di molte lingue strane… ed è anche una delle prime parole che abbiamo cer-cato di insegnare nella nostra carriera di inesperti fratelli maggiori, cugini o anche di zii a chi, piccino, impa-ra a relazionarsi al mondo. Nella nostra vita spesse volte resta però una parola faticosa da pronunciare. Pensate anche che sapore deli-zioso avrebbe il ringraziare qualcuno per il semplice fatto di sentirsi oggetto di un sentimento vero, autenti-co e incondizionato! L’arte del ringraziare credo sia una delle espressioni più alte di libertà interiore che, nel profondo, racchiude la riconoscenza di una gratuità che ci disarma. Nel susseguirsi dei giorni siamo sempre consapevoli della grazia che pervade ogni nostro respiro? Spesso il silenzio, grande sconosciuto del nostro tempo, è l’arma vincente per orientare le nostre esistenze e renderci conto di ciò che le abita, è il motore che ci rende consapevoli della riconoscenza che dobbiamo per tutto quello che proprio non è scontato ci

accada! ■

“IN OGNI COSA “IN OGNI COSA “IN OGNI COSA “IN OGNI COSA RENDETE GRAZIE”RENDETE GRAZIE”RENDETE GRAZIE”RENDETE GRAZIE”

Page 19: Nero su Bianco Aprile 2012

19191919 “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Lc 9,23)prenda la sua croce e mi segua” (Lc 9,23)prenda la sua croce e mi segua” (Lc 9,23)prenda la sua croce e mi segua” (Lc 9,23)

LA VIA DEL DONOLA VIA DEL DONOLA VIA DEL DONOLA VIA DEL DONO

IIIIl mistero della Via Crucis è per definizione una cosa su cui essenzialmente tacere (mistero

deriva dal latino mysterium, dal greco mysterion: cosa da tacere). Chiunque infatti soffermi il pensiero su di Essa, ne fa più o meno intensamente esperienza . Riflettere sulle condizioni che Gesù pone a chi decide di essere suo discepolo, ha come reazione prima un silenzio: "Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda sua croce e mi segua" (Lc 9,23). Silenzio… Il tacere di chi sta di fronte a quello che la ragione non può misurare, valutare, ma solo per-

cepire, intuire e contemplare. Parole che esprimono la radicalità di una scelta che non ammette indugi e ri-pensamenti. E' un'esigenza dura, che ha impressionato gli stessi discepoli e nel corso dei secoli ha trattenuto molti uomini e donne dal seguire Cristo. Ma proprio questa radicalità ha anche prodotto frutti mirabili di santità e di martirio, che confortano nel tempo il cammino della Chiesa. Oggi ancora questa parola suona scandalo e follia. Eppure è con essa che ci si deve confrontare, perché la via tracciata da Dio per il suo Fi-glio è la stessa che deve percorrere il discepolo, deciso a porsi alla sua sequela. Non ci sono due strade, ma una soltanto: quella percorsa dal Maestro. Al discepolo non è consentito di inventarne un'altra. Gesù cam-mina davanti ai suoi e doman-da a ciascuno di fare quanto Lui stesso ha fatto. Dice: “Io non sono venuto per essere servito, ma per servire; così chi vuol essere come me sia servo di tutti”. La croce può ridursi ad oggetto decorati-vo, così "portare la croce" può diventare un modo di dire. Nell'insegnamento di Gesù quest'espressione non mette, però, in primo piano la mortificazione e la rinuncia. Non si riferisce primariamen-te al dovere di sopportare con pazienza le piccole o grandi tribolazioni quotidia-ne; né, ancor meno, intende essere un'esaltazione del do-lore come mezzo per piacere a Dio. Il cristiano non ricerca la sofferenza per se stessa, ma l'amore. E la croce accol-ta diviene il segno dell'amore e del dono totale. Portarla dietro a Cristo vuol dire unir-si a Lui nell'offrire la prova massima dell'amore. Con la nostra vita possiamo portare al terzo millennio che si apre il segno della speranza. Se lasciamo operare in noi la grazia di Dio, se non verremo meno alla serietà del nostro impegno quotidiano, avremo portato, o almeno provato a percorrere con dignità di figli, la nostra Via Crucis. ■

Page 20: Nero su Bianco Aprile 2012

20202020

PPPParlare di castità nel 2012 sembra

quasi una “roba da pazzi”. Ma saranno davvero pazze tutte quelle persone che credono ancora in un valore così prezioso o è solo l’estrema, direi eccessiva, evoluzio-ne della mentalità odierna a farlo

credere? Qualunque scusante sembra ricondurre questo tema a una sorta di archivio passato che ormai quasi più nessuno si azzarda ad aprire. I pensieri della Chiesa sono troppo antichi, i preti non sono aggiornati, se c’è amo-re in una coppia che senso a-vrebbe “trattenersi” per aspetta-re il matrimonio, il rapporto fisi-co è ciò che più unisce un uomo e una donna… ecco: questi non sono altro che i pilastri di pen-siero su cui, ad oggi, si fonda quasi la totalità delle relazioni. Dov’è finito il modo di concepi-re il matrimonio come qualcosa di sacro e indissolubile? Dove sono le coppie che pongono real-mente Dio al centro della loro relazione facendo la Sua e non la loro volontà? Dov’è finita quell’attesa che accresce la vo-glia di amarsi? L’amore, quello vero, viene ormai confuso con la pas-sione, con l’approccio fisico del “più ti dai, più vivi l’amore”, ma dopo che tutto ciò finisce, dopo che i mesi dell’innamoramento passano, cosa resta di fon-dato? In particolar modo, noi che ci definiamo cristiani, siamo davvero portatori dell’amore vero, sentito, vis-suto, indissolubile? Rappresentiamo l’esempio di amo-re divino più che umano? Prima di chiederci, però, il perché della castità, pro-viamo a domandarci cos’è, in definitiva, un rapporto casto. E’ vivere il fidanzamento nel modo che Dio ci indica. E’ sperimentare un linguaggio di anime più che di pa-

role, un abbraccio di cuori più che di corpi, uno sguardo interiore più che esteriore. E’ scoprire la bellezza e l’unicità della contemplazio-ne dell’altro; imparare a conoscersi senza possedersi e amarsi senza appartenersi; immergersi in quella dolcezza di gesti, di parole, di sguardi che esprimo-no soltanto un’unica sinfonia d’amore. Un rapporto casto così inteso altro non è che cre-scere insieme in un cammino parallelo di coppia e di fede; è darsi all’altro in una misura contenuta dal punto di vista fisico, ma totalmente aperta sotto tutti gli altri; è esercitarsi insieme “nell’arte della fedeltà” per arrivare al matrimonio e sentirsi vera-

mente una cosa sola; è rendersi conto che amare vuol dire lotta-re, una lotta che, se compresa nel suo significato stretto, non può essere sostenuta con le sole forze dell’uomo, altrimenti si finirebbe per sottovalutare le troppe tentazioni che ogni gior-no ci troviamo ad affrontare. E’ concepire la privazione di qual-cosa non come elemento di divi-sione, ma come unione vera; è abbandonarsi completamente e fiduciosamente a Lui, che è l’U-nico Maestro d’amore, l’Unico che conosce le profondità del nostro essere.

Seguendo la nostra volontà e i nostri concetti po-tremmo quasi somigliare ad un’aquila, ma per volare insieme nella gioia della libertà vera non possiamo non seguire l’Artefice di tutte le meraviglie. Non ci ostiniamo ad essere delle fotocopie di improbabili modelli: Dio vede in noi il capolavoro unico che sia-mo. “Se l’amore sarà forte, ogni destino vi farà sorridere. Ama la tua donna come il sole che invochi al matti-no; rispettala come un fiore che attende la luce del-l’aurora. Sii questo per lei e, poiché questo lei deve essere per te, ringraziate insieme Dio che vi ha concesso la grazia più luminosa della vita.” (Sant’Agostino). ■

Si consiglia: Si consiglia: Si consiglia: Si consiglia: http://vimeo.com/19300953http://vimeo.com/19300953http://vimeo.com/19300953http://vimeo.com/19300953 “La castità: com’è e come si vive?” Testimonianza di Jason e Crystalina Evert“La castità: com’è e come si vive?” Testimonianza di Jason e Crystalina Evert“La castità: com’è e come si vive?” Testimonianza di Jason e Crystalina Evert“La castità: com’è e come si vive?” Testimonianza di Jason e Crystalina Evert

CASTITÀ:CASTITÀ:CASTITÀ:CASTITÀ: AMARSI SENZA POSSEDERSIAMARSI SENZA POSSEDERSIAMARSI SENZA POSSEDERSIAMARSI SENZA POSSEDERSI

Page 21: Nero su Bianco Aprile 2012

21212121

QQQQuesta la frase epigrafica che campeggia immediatamente tra le prime pagine dell’opera

“assurda” di Samuel Beckett e che sola basterebbe a racchiudere e concludere in sè stessa l’intero senso e l’intera trama dell’opera. Il copione di questa pièce supera le cento pagine ma restando sempre immobile e atemporale, uguale a sè stesso e fondato paradossalmente su un intreccio inesistente, senza sviluppi, senza colpi di scena, senza concedere al pubblico il minimo stimolo a voltare pagina. Non si tratta di una commedia spensierata o senza secon-di fini, bensì una commedia che guarda criticamente sè stessa non contenta del proprio sta-

to, declassata, che si sforza invano per due atti di risalire al rango perduto della tragedia. E il sipario si apre e cala circolarmente sui suoi protagonisti, Gogò e Didì che, immobili, attendono ancora l’annunciato Godot, ignari che non sarebbe mai arrivato a dare una svolta positiva alla loro vita. Il lettore potrà moltiplicare all’in-finito le ipotesi chiamandolo col nome che preferisce a seconda della sua personale prospettiva ma ha poca importanza stabilire che forse in base ad un erroneo taglio etimologico dietro God-ot si nasconda Dio, la Fe-licità, un Sogno o altro. Dietro l’eroe beckettiano si cela semplicemente il fine dell’attesa cui tendono tutti gli uomini abituati a portare in tasca l’orologio e il calendario e ad ognuno di noi spetta il proprio Godot. L’u-nica certezza dell’opera diviene dunque l’amara presa di coscienza, comune all’autore e ai suoi personaggi, di trascorrere una vita in sala d’attesa, esaminando pascalianamente i propri pensieri e trovandoli sempre occu-pati tra uno sbiadito passato e un incerto avvenire ma mai dal nostro vivo presente. E se ci fermassimo un attimo a riflettere, potremmo renderci conto di quanto confusamente facciamo uso del nostro tempo, più simili di quanto pensiamo a bambini che ancora ignari del suo vero ordine si concedono la libertà di scambia-re inconsapevolmente ieri, oggi e domani. Abbiamo inventato le ore e gli orologi, i gior-ni, i mesi, gli anni, le stagioni e fissiamo appun-tamenti, annotiamo sull’agenda programmi, scadenze, progetti ed è proprio nel momento in cui iniziamo ad avere tempo che iniziano tutte le nostre attese ed iniziamo inevitabil-mente a perderlo. Il più delle volte non siamo in grado di vivere l’oggi, ansiosi di costruire il domani o deside-rosi di ritornare a ieri in preda ad un’insop-portabile nostalgia. Del resto quello dell’atte-sa è uno stato connaturato in noi uomini, figli di quell’attesa così faticosamente bella che per nove mesi riesce a distrarci dal senso e dall’attesa della morte, donandoci una nuova speranza di vita che vale la pena aspettare. E così spesso la nostra irreversibile vita è andata consumandosi in una vita vissuta in negativo, non godendo di quelle piccole gioie quotidiane semplicemente perché incapaci di riconoscerle e di attribuirgli la giusta im-portanza e che sicuramente abbiamo lasciato scavalcare dalla nostra inspiegabile attesa. Ma a tutto ciò si può rimediare, facendo attenzione allo schermo del presente per non perdere il turno per cui abbiamo fatto

la fila in questa vitale sala d’attesa. ■

Il più delle volte non siamo in grado di vivere l’oggi, ansiosi di costruire il domani Il più delle volte non siamo in grado di vivere l’oggi, ansiosi di costruire il domani Il più delle volte non siamo in grado di vivere l’oggi, ansiosi di costruire il domani Il più delle volte non siamo in grado di vivere l’oggi, ansiosi di costruire il domani o desiderosi di ritornare a ieri.o desiderosi di ritornare a ieri.o desiderosi di ritornare a ieri.o desiderosi di ritornare a ieri.

UNA VITA IN SALA D’ATTESAUNA VITA IN SALA D’ATTESAUNA VITA IN SALA D’ATTESAUNA VITA IN SALA D’ATTESA

“Andiamocene. Non si può. Perché? Aspettiamo Godot. Ma non ha detto che verrà di sicuro. E se non viene?

Torneremo domani, e magari dopodomani fin quando non verrà. Non resta che aspettare, ci siamo abituati.”

(Aspettando Godot, Samuel Beckett)

Page 22: Nero su Bianco Aprile 2012

22222222

IIIIniziato nel 1962 per volontà di Giovanni XXIII, il Papa del discorso alla luna in piazza San

Pietro, il "Papa buono" per intenderci. Roncalli veniva dalla diplomazia vaticana, sapeva usa-re bene le parole e non era certo un ingenuo. Il Concilio, alla sua morte, fu portato avanti in continuità, secondo molti, da Paolo VI. Il Concilio Vaticano II è stato un Concilio autenticamente ecumenico, perché i vescovi con-vocati a Roma da Pio IX provenienti da terre lontane erano spesso prelati occidentali. Nel 1869 molti vescovi africani non erano originari di quel continente e un vescovo è tale in

quanto condivide con i propri fedeli la vita reale. In tanti si sono chiesti come sia venuto in mente a Giovanni XXIII di riunire l’episcopato mondiale, eppure è tipico della storia ecclesiastica il riunirsi per risolvere le que-stioni più gravi. Appena scritta la Pacem in terris, richiamando L’imitazione di Cristo, disse: “L’uomo pacifi-co fa più bene che il molto istruito”. In quell’enciclica sentiva vivo l’esempio che volle dare nel corso della

sua esistenza. Non si arrogava titoli di mae-stro, di riformatore, di magico risolutore dei problemi sollevati dalla drammatica situazio-ne del mondo. Si accontentava di assolvere il primo dovere: camminare accanto agli altri uomini. Amandoli e portando il Vangelo in mezzo a loro. Per dovere di cronaca è giusto ricordare che nella Chiesa si ebbero (e si hanno anco-ra oggi) diverse visioni del Concilio: i cosid-detti “lefebvriani” sostenitori della tesi del “Concilio traditore” della Chiesa e della fe-de. Un'altra visione secondo la quale il Con-cilio è stato un dono dello Spirito Santo, ma è stato “tradito”, mentre secondo altri il Concilio è stato ed è un dono dello Spirito

Santo che va non solo commemorato, ma messo in pratica nel tempo, anche lungo, con il rispetto delle circo-stanze e della realtà. Al di là delle diverse visioni, sicuramente uno dei compiti del Concilio Vaticano II è stato quello di guardare con benevolenza al mondo, il ché non significa conformarsi al mondo; per questo l’operato del Concilio può essere considerato un tentativo profetico di soccorrere l’umanità nella sua situazione attuale. Il Concilio è stato una grazia che ha aiutato e aiuta la Chiesa ad orientarsi nelle situazioni molto difficili del mondo seco-larizzato. Come disse Paolo VI alla chiusura del Concilio: «Qual è il valore religioso del nostro Concilio? […] L’umanesi-mo laico profano alla fine è apparso nella sua terribile statura ed ha, in un certo senso, sfidato il Concilio. La religione del Dio che si è fatto uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio. Che cosa è avvenuto? Uno scontro, una lotta, un anatema? Poteva essere, ma non è avvenuto. L’antica storia del samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio. Una simpatia immensa lo ha tutto pervaso […]. La religione cattolica e la vita umana riaffermano così la loro alleanza, la loro convergenza in una sola umana realtà: la religione cattolica è per l’umanità». ■

Il Concilio è stato una grazia che ha aiutato e aiuta la Chiesa ad orientarsi Il Concilio è stato una grazia che ha aiutato e aiuta la Chiesa ad orientarsi Il Concilio è stato una grazia che ha aiutato e aiuta la Chiesa ad orientarsi Il Concilio è stato una grazia che ha aiutato e aiuta la Chiesa ad orientarsi nelle situazioni molto difficili del mondo secolarizzato.nelle situazioni molto difficili del mondo secolarizzato.nelle situazioni molto difficili del mondo secolarizzato.nelle situazioni molto difficili del mondo secolarizzato.

50 ANNI DA CONCILIARE50 ANNI DA CONCILIARE50 ANNI DA CONCILIARE50 ANNI DA CONCILIARE

A cinquanta anni dall’apertura dei lavori del Concilio Vaticano II, la sua ispirazione come “nuova Pentecoste”,

accolta nel cuore di Giovanni XXIII, resta una delle chiavi per rileggere i testi conciliari come bussola per il

XXI secolo.

Page 23: Nero su Bianco Aprile 2012

23232323 Sono ancora molti i giornalisti che sperano di riuscire a trovare uno scoop che spesso Sono ancora molti i giornalisti che sperano di riuscire a trovare uno scoop che spesso Sono ancora molti i giornalisti che sperano di riuscire a trovare uno scoop che spesso Sono ancora molti i giornalisti che sperano di riuscire a trovare uno scoop che spesso ha a che vedere con la spettacolarizzazione o il business legato alla tragedia.ha a che vedere con la spettacolarizzazione o il business legato alla tragedia.ha a che vedere con la spettacolarizzazione o il business legato alla tragedia.ha a che vedere con la spettacolarizzazione o il business legato alla tragedia.

IIIIl 13 gennaio 2012 la Costa Concordia, ammiraglia della compagnia Costa Crociere, dopo

aver urtato uno scoglio, si arena nei pressi dell’Isola del Giglio. Cos’è successo mentre i pas-seggeri si apprestavano a cenare e a trascorrere una bella serata a bordo di un colosso della navigazione? L’inchino, il saluto agli abitanti dell’isola, ha spinto il comandante a modificare la rotta della crociera. Una manovra imprudente, fatta un sacco di volte ma in questo caso qualcosa è andato storto. Comportamenti, decisioni opinabili, circostanze poco chiare sono tutte al vaglio della Magistratura che dovrà ricostruire quanto accaduto e adottare gli op-

portuni provvedimenti. Subito dopo l’impatto la Concordia lentamente ma inesorabilmente si adagia su un fianco. La situazione appare o dovrebbe apparire chiara, la nave sta affondando e bisogna abbandonarla di corsa! Tra gente che dovrebbe coordinare l’evacuazione e il panico che dilaga, i passeggeri iniziano a scende-re. Terra ferma finalmente, per quelli che riescono a raggiungerla: è l’Isola del Giglio, una terra che da spet-tatrice si trasforma in porto di salvezza per quasi 4.000 naufraghi. Ciò che ci si aspetta di ricevere in una

situazione quasi surreale nella quale non rimane nulla è stato fatto. Gli abitanti dell’Isola han-no accolto, sostenuto, conforta-to persone sotto shock, hanno ospitato nelle loro case, aperto i loro negozi. La vicinanza e la soli-darietà delle persone è fonda-mentale per chi si trova senza forze, stremato dal punto di vi-sta fisico e psicologico, smarrito perché forse ha perso la propria ragione di vita! Ecco perché la-scia sgomenti il fatto che sono ancora molti i giornalisti che spe-rano di riuscire a trovare uno scoop che spesso ha a che vede-re con la spettacolarizzazione o il business legato alla tragedia.

L’Isola del Giglio con il suo sfondo “cinematografico” si è trasformata in un palcoscenico mediatico da utiliz-zare per trasmissioni televisive, per il lancio di libri o film. E’ partita allora la patetica gara a chi riuscirà a guadagnare di più su questa vicenda. Il primo libro è uscito quando ancora i sommozzatori si aggiravano nei fondali e nel ventre della nave alla ricerca dei cadaveri. Davvero imbarazzante e difficile da commentare, così come sconcertante è l’idea di chi ha pensato bene di inserire nell’Android Market di alcuni cellulari l’ap-plicazione “Vada a bordo...”. I commenti? Da “...5 stelle. Le merita tutte. Se fosse stata a pagamento l’avrei comprata” a “...non si tratta di essere moralisti o meno. Si tratta della necessità di avere un doveroso rispet-to per una tragedia ancora in corso”. Una tragedia che dovrebbe turbare e far riflettere la coscienza dell’in-dividuo medio si trasforma invece per alcuni in una opportunità di guadagno. L’immagine della Concordia ha consegnato alla storia, ancora una volta, l’idea di un’Italia che si dibatte tra coraggio e viltà, tra inefficienza e voglia di riscatto. Un’Italia debole nella prevenzione, ma generosa nei soccorsi. Fino alla commozione. Me-tafora di un’Italia che si dibatte, tra mille contraddizioni, per essere un Paese normale. Tra la spinta a violare le regole e l’altruismo generoso ed eroico. ■

SULLA SULLA SULLA SULLA TRAGEDIA…TRAGEDIA…TRAGEDIA…TRAGEDIA… “TURISMO “TURISMO “TURISMO “TURISMO DIDIDIDI MASSA”MASSA”MASSA”MASSA”

Page 24: Nero su Bianco Aprile 2012

24242424

L’L’L’L’Ultima cena di Salvador Dalì è uno dei più importanti dipinti della corrente surrealista

realizzato nel 1955. In esso coincidono, in modo compatto ed omogeneo, figure geometriche e trascendentali. Il tema dell’Ultima cena è un classico della storia dell’arte e sicuramente Salvador Dalì, per questo suo straordinario dipinto, prese a modello una delle più belle raf-figurazioni dell’arte rinascimentale: l’Ultima cena di Leonardo da Vinci. Il pittore surrealista immette, però, in quest’episodio, alcuni elementi di novità. I dodici apostoli, a differenza dell’opera di Leonardo, sono genuflessi con il volto abbassato; nessuno di essi è riconoscibi-

le, neanche Giuda il traditore. La tavola, presentataci riccamente allestita da Leonardo, è ridotta a semplice desco vuoto e immenso su cui troviamo un bicchiere di vino, e non il classico calice, e un pane spezzato. Il tema, come si è detto, è un topos della storia dell’arte, ma Dalì, artista figlio del surrealismo, non rinuncia al desiderio di stravolgere l’iconografia tradizionale dando al volto di Cristo delle fattezze femminili. Alle spalle di Gesù si erge una figura a torso nudo, un evidente richiamo ad un altro soggetto famosissimo dell’arte sa-cra: la trasfigurazione. L’aspetto più surreale di tutto il dipinto consiste, però, principalmente nella singolare ambientazione della scena posta al centro di un dodecaedro: l’artista vuole così evidenziare i richiami simbo-lici presenti nell’opera nonché una “sublime paranoia del numero dodici” come ha commentato egli stesso. Niente è stato fatto a caso: il dodecaedro, secondo la filosofia platonica, è simbolo di perfezione assoluta e non è un caso che il poliedro che fa da sfondo alla scena abbia dodici facce: dodici come il numero degli a-postoli. La grandezza di questo dipinto consiste proprio nella mescolanza di elementi sacri e profani, di ma-teria umanizzata intrisa di spiritualità. Tutti elementi che credo non sminuiscano ma, anzi, esaltino l’impor-tanza di quest’episodio in cui il Figlio di Dio si erge in tutta la sua perfezione umana e spirituale. ■

Dalì, artista figlio del surrealismo, non rinuncia al desiderio Dalì, artista figlio del surrealismo, non rinuncia al desiderio Dalì, artista figlio del surrealismo, non rinuncia al desiderio Dalì, artista figlio del surrealismo, non rinuncia al desiderio di stravolgere l’iconografia tradizionaledi stravolgere l’iconografia tradizionaledi stravolgere l’iconografia tradizionaledi stravolgere l’iconografia tradizionale

L’ULTIMA CENAL’ULTIMA CENAL’ULTIMA CENAL’ULTIMA CENA DI DI DI DI SALVADORSALVADORSALVADORSALVADOR DALÌDALÌDALÌDALÌ

Tra simbologia numerica e divine geometrie

Page 25: Nero su Bianco Aprile 2012

25252525

IIIImmaginate una sera di gennaio in una cittadina universitaria semideserta: insieme ad alcuni

amici, sparuti reduci dalle vacanze natalizie, decidete di vedere un film. Immaginate poi che, sapendovi appassionati di cinema e dandovi piena fiducia, chiedano a voi di scegliere il film. Immaginate infine che, uno dopo l’altro, i vostri cari amici (dandovi forse un po’ meno fidu-cia) inizino ad apporre una serie di condizioni: “Mi raccomando, non un film vecchio!”; “Non un film in bianco e nero!”; “Un bel film!”… Ebbene, in questi casi un appassionato cinefilo potrebbe permalosamente pensare proprio

ad un film vecchio, in bianco e nero e ovviamente bello: i vostri amici, senza saperlo, vi hanno istigato a sce-gliere esattamente un classico. Come La vita è meravigliosa, capolavoro del 1946 del grande regista Frank Ca-pra. L’incipit del film è la visione serale di tante finestre illuminate da cui si ascoltano le preghiere di tutte le persone che hanno attraversato la vita di George Bailey, la cui storia viene mostrata attraverso un lungo flashback. George è il bambino che subisce la sordità da un orecchio per salvare suo fratello dall’annegamento. George è il ragazzo che si prende un ceffone per-ché non consegna un veleno scambiato erroneamente per medicinale. Geor-ge è il giovane idealista che vorrebbe “scrollarsi dalle scarpe la polvere di questa piccola cittadina e girare il mondo”, ma che il Destino costringe a rimandare e rimandare, fino a farlo rinunciare del tutto: la morte del padre, che lo obbliga a prenderne il posto nella società di famiglia; gli studi del fra-tello, per i quali dovrà rinunciare ai propri; infine, nel momento più inaspet-tato, l’amore: sposerà la donna che ama, ma rinuncerà persino al viaggio di nozze. George è insomma l’uomo altruista, determinato e generoso. È l’uomo a cui tutti devono qualcosa, ma è anche l’unico che non conosce la verità su se stesso. Prosegue con successo l'opera paterna, concedendo mutui e abita-zioni anche a chi non avrebbe avuto alcuna speranza di ottenerli, combat-tendo il diabolico Potter, affarista senza cuore. Finché un triste giorno la società rischia la rovina. Sopraffatto, George crolla: è solo, su un ponte, con cattive intenzioni. Vorrebbe non essere mai nato. Ma tutti abbiamo un angelo custode e quello di Geor-ge interviene esaudendo il suo desiderio, mostrandogli come sarebbe stato il mondo e cosa sarebbe accaduto

a tutte le persone che ha aiutato negli anni se veramente non fosse mai nato. La concezione della vita messa in scena da Capra non è meramen-te fideistica: l’intervento divino non modifica la realtà ma induce l’uo-mo a ritrovare la speranza smarrita e a riconsiderare l’importanza della sua presenza terrena. Infatti l’altruismo spontaneo di George fa sì che, nel momento di maggiore difficoltà, qualcuno si ricordi altrettanto spontaneamente di lui. Il regista riesce a farci riflettere senza fastidiosa retorica né toni pre-dicatori, anzi spesso con amabile umorismo: la vita non è meravigliosa tout court, ma lo diventa per chi ne riconosce il valore. Questa favola non ha vinto l’Oscar ma il premio più ambito per un regi-sta che vuole raccontare agli altri la propria visione della vita: aver cre-ato un’opera senza tempo e senza spazio. Un classico, appunto. I vostri amici si ricrederanno. Buona Visione. ■

...la vita non è meravigliosa tout court, ma lo diventa per chi ne riconosce il valore....la vita non è meravigliosa tout court, ma lo diventa per chi ne riconosce il valore....la vita non è meravigliosa tout court, ma lo diventa per chi ne riconosce il valore....la vita non è meravigliosa tout court, ma lo diventa per chi ne riconosce il valore.

UN CLASSICO UN CLASSICO UN CLASSICO UN CLASSICO ÈÈÈÈ MERAVIGLIOSO MERAVIGLIOSO MERAVIGLIOSO MERAVIGLIOSO

“Ricorda, nessun uomo è un fallito finché ha degli amici”. (L’angelo custode al protagonista)

Page 26: Nero su Bianco Aprile 2012

26262626 frasefrasefrasefrase

CRUCIVERBACRUCIVERBACRUCIVERBACRUCIVERBA

ORIZZONTALIORIZZONTALIORIZZONTALIORIZZONTALI 1111. Precede la Pasqua, 8888. Il presidente della nostra Repubblica, 16161616. MegaWatt, 18181818. Il mandriano della Pampas, 19191919. Apertura nelle mura di fortificazione, 20202020. Fratelli dei genitori, 21212121. Simulazione di buoni sentimenti, 22222222. Assicurazione dell’auto, 23232323. In musica elettronica è un campione che si ripete, 26262626. Tutto bene, 27272727. Il fattore che dà il + o il – al sangue, 28282828. Quello di 105 è un programma radio, 29292929. Lo lascia chi cerca lavoro, 30303030. Il verbo “usare” in latino, 32323232. Vocali in mare, 33333333. Tour Operator Associati, 35353535. Sigla per Spagna, 36363636. Il puffo più robusto, 38383838. Al massimo, 40404040. Alessandria, 42424242. Leone ingle-se, 43434343. Grande meraviglia, 46464646. Unisce due membri di una proposizione negativa, 47474747. La prima istituzione italiana di distribuzione cinematografica, 49494949. Il piccolo canguro di Winnie the Pooh, 50505050. Ciò che è assolutamente proibito, 51515151. Periodo di forte crescita, 54545454. Prefisso per sangue, 55555555. Un cittadino ex jugoslavo, 57575757. In alcuni cognomi, 58585858. Appena venuti alla luce, 60606060. Antica religione indiana, 62626262. Enterprise Resource Planning, 63636363. I dodici scelti da Ge-sù, 66666666. In cielo c’è maggiore e minore, 67676767. Lo sportello dell’armadio, 69696969. Università in breve, 70707070. Due romano, 71717171. Trinity International University, 72727272. Costruì l’arca, 73737373. Piccolo di insetto, 76767676. L’inizio del cuore, 77777777. Codice bancario, 78787878. Lo ha chi sta per dormire, 79797979. A lui è intitolata la cappella univer-sitaria, 83838383. Leggendaria medaglia d’oro olimpica italiana nei 200 metri, 85858585. Quello greco misura 3,14, 86868686. American College of Dentists, 87878787. Capitale mariana ai piedi dei Pirenei, 89898989. Alta pianta utilizzata come ornamento, 91919191. L’organizzazione dei Salmi, 94949494. Sono pari in litro, 95959595. Il capoluogo del Pie-monte, 97979797. La prima moglie di Giacobbe, 98989898. Abbreviazione…matematica, 100100100100. La città della Giostra del saracino, 101101101101. Capolavoro di Roberto Benigni, 105105105105. L’autore di Gomorra, 108108108108. Quelle di Orazio sono costituite da 103 poesie, 109109109109. Internet Data Solutions, 110110110110. A te, 111111111111. Risposta affermativa, 112112112112. La via dolorosa, 114114114114. Il tema del ciclo di catechesi in San Vigilio, 119119119119. Rinomata università con sede a Cambridge, 120120120120. Sono pari in sotto, 121121121121. Quella turchina è amica di Pinocchio, 122122122122. Il capoluogo dell’Emilia, 123123123123. Annus Domini, 124124124124. Il presidente USA. VERTICALIVERTICALIVERTICALIVERTICALI 1111. 100 kg, 2222. La piazza greca, 3333. La figlia minore di Labano, 4444. Quartiere romano, 5555. Ama la neve, 6666. il trigramma di Bernardino da Siena, 7777. La Orfei del circo, 8888. Il giornalino della Cappella, 9999. Insieme alle frecce, 10101010. Devota, 11111111. Metà otto, 12121212. Custodisce la Gioconda, 13131313. Due…romani, 14141414. Il più cele-bre…de’tali, 15151515. Sport da piscina, 16161616. Appartiene a me, 17171717. L’enciclopedia della rete, 24242424. Fuori, 25252525. Il principe dei fiumi d’Italia, 28282828. L’ultima dell’alfabe-to, 29292929. Lo è rispondere, 31313131. Consonanti in rete, 34343434. Così è il debito di gioco, 36363636. Dario premio Nobel, 37373737. Inghilterra, 39393939. Acceso, 41414141. I misteri del giove-dì, 43434343. Si fa prima di un incrocio, 44444444. L’inizio…della pubblicità, 45454545. Così è il posto fisso secondo Monti, 48484848. Territorio feudale, 51515151. Banca Europea per gli Investimenti, 52525252. Tipo di farina, 53535353. A lei, De André dedicò una canzone, 55555555. In alto, 56565656. Il libro con l’Ufficio Divino della Chiesa cattolica, 57575757. Può essere di petto, 58585858. Le consonanti del Nilo, 59595959. Onda anomala, 61616161. Indica la provenienza, 64646464. Segno di addizione, 65656565. Lago di Galilea, 67676767. Il vecchio par-tito di Fini, 68686868. In nessun tempo, 73737373. Consonanti in love, 74747474. Ragusa, 75757575. Ruminanti dalle grandi corna, 78787878. Le consonanti dell’asino, 80808080. North American Arms, 81818181. Personaggio emblematico, 82828282. Le chiedeva Fra’ Galdino, 83838383. Io…in alcuni casi, 84848484. Amanti della bellezza, 85858585. Pomeriggio in breve, 88888888. Il rapper di Real Brothas, 90909090. Area di vegetazione nel deserto, 91919191. Su Windows dà avvio ai programmi, 92929292. Non ha autorità ecclesiastica, 93939393. Quello “d’union” congiunge situazioni diverse, 96969696. Quello benedetto viene distribuito la Domenica delle Palme, 99999999. Associazione Scouts Cattolici Italiani, 102102102102. Annus Domini, 103103103103. Negli indirizzi, 104104104104. Malattia…da spalti, 106106106106. La penultima lettera dell’alfabeto, 107107107107. Consonanti in ansia, 111111111111. Il classico zio d’America, 113113113113. La sesta nota, 115115115115. Abbreviazione di facebook, 116116116116. Turbo Diesel, 117117117117. In mezzo al cibo, 118118118118. La fine dell’unità.

1 2 3 4 5 6 7

8 9 10 11 12 13 14 15

16 17

18

19

20

21

22

23 24 25

26

27

28

29

30 31

32

33 34

35

36 37

38 39

40 41

42

43 44

45

46

47 48

49

50

51 52 53

54

55 56

57

58 59

60 61

62

63 64 65

66

67

68

69

70

71

72

73 74 75

76

77

78

79 80 81

82

83 84

85

86

87 88

89 90

91 92 93

94

95 96

97

98 99

100

101 102 103 104

105 106 107

108

109

110

111

112

113

114 115 116 117 118

119

120

121

122

123

124

Soluzioni del numero precedente sul sito: http://www.capunisi.it

Page 27: Nero su Bianco Aprile 2012

27272727 frasefrasefrasefrase

REBUSREBUSREBUSREBUS

BACHECABACHECABACHECABACHECA

Page 28: Nero su Bianco Aprile 2012