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Leitmotiv – 4 / 2004 http: / / www.ledonline.it / leitmotiv / 13 2. Paola Quadrelli La “finestra fiamminga” di Hans Magnus Enzensberger [email protected] Nel corpus poetico e saggistico-narrativo di Hans Magnus Enzensberger è pos- sibile enucleare una serie di testi riguardanti la pittura e alcune figure di pittori: Porträtgedichte che ritraggono figure di pittori del passato (Ingres, Paolo Uccello, il Veronese e gli altri pittori della Fine del Titanic), divagazioni su quadri veri o immaginari (La finestra fiamminga e la poesia Gillis van Coninxloo, paesaggio) e de- scrizioni di atelier del Seicento (nel settimo “viaggio” del protagonista di Ma dove sono finito?) 1 . L’interesse filosofico e poetologico di questi testi risiede nella conver- genza che in essi si realizza di alcuni assi portanti del mondo artistico e intel- —————————— 1 Riferimenti bibliografici alle opere citate in testo: H.M. Enzensberger, “Besuch bei Ingres”, in La furia della caducità, tr. it. di C. Groff, SE, Milano 1987; ed. or. Die Furie des Verschwindens, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1980; Id., “Paolo di Dono, genannt Uccello”, in Kiosk, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1995; ed. it. in A. Chiarloni e G. Friedrich (a c. di) Terra di nessuno. Poesia tedesca dopo la caduta del muro, tr. it. di P. Quadrelli, Dell’Orso, Ales- sandria 1999, e poi in “Poesia”, n. 164, settembre 2002. Cfr. inoltre Id., La fine del Titanic, tr. it. di V. Alliata, Einaudi, Torino 1980; ed. or. Der Untergang der Titanic, Suhrkamp, Frank- furt am Main 1978; Id., “Das flämische Fenster. Ein Vexierbild”, già pubblicato nel 1989 nello Jahrbuch der Bayerischen Akademie der Schönen Künste, è stato ristampato in Der fliegende Robert, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1989, pp. 310-317. Id., “Gillis van Coninxloo, Land- schaft. Holz 65 x 119 cm”: è la poesia introduttiva di Musica del futuro, tr. it. di A.M. Carpi, Einaudi, Torino 1997; ed. or. Zukunftsmusik, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1991. Cfr. infi- ne Id., Ma dove sono finito? Sette viaggi straordinari nel tempo e nello spazio, tr. it. di E. Ganni, Ei- naudi, Torino 1998; ed. or. Wo warst du Robert?, Hanser, München 1998. Il pittore di questo settimo viaggio (ambientato nel 1621) risiede ad Amsterdam e proviene anch’egli dalle Fiandre, come il pittore della “finestra fiamminga”.

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2. Paola Quadrelli La “finestra fiamminga” di Hans Magnus Enzensberger

[email protected]

Nel corpus poetico e saggistico-narrativo di Hans Magnus Enzensberger è pos-sibile enucleare una serie di testi riguardanti la pittura e alcune figure di pittori: Porträtgedichte che ritraggono figure di pittori del passato (Ingres, Paolo Uccello, il Veronese e gli altri pittori della Fine del Titanic), divagazioni su quadri veri o immaginari (La finestra fiamminga e la poesia Gillis van Coninxloo, paesaggio) e de-scrizioni di atelier del Seicento (nel settimo “viaggio” del protagonista di Ma dove sono finito?) 1.

L’interesse filosofico e poetologico di questi testi risiede nella conver-genza che in essi si realizza di alcuni assi portanti del mondo artistico e intel- ——————————

1 Riferimenti bibliografici alle opere citate in testo: H.M. Enzensberger, “Besuch bei Ingres”, in La furia della caducità, tr. it. di C. Groff, SE, Milano 1987; ed. or. Die Furie des Verschwindens, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1980; Id., “Paolo di Dono, genannt Uccello”, in Kiosk, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1995; ed. it. in A. Chiarloni e G. Friedrich (a c. di) Terra di nessuno. Poesia tedesca dopo la caduta del muro, tr. it. di P. Quadrelli, Dell’Orso, Ales-sandria 1999, e poi in “Poesia”, n. 164, settembre 2002. Cfr. inoltre Id., La fine del Titanic, tr. it. di V. Alliata, Einaudi, Torino 1980; ed. or. Der Untergang der Titanic, Suhrkamp, Frank-furt am Main 1978; Id., “Das flämische Fenster. Ein Vexierbild”, già pubblicato nel 1989 nello Jahrbuch der Bayerischen Akademie der Schönen Künste, è stato ristampato in Der fliegende Robert, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1989, pp. 310-317. Id., “Gillis van Coninxloo, Land-schaft. Holz 65 x 119 cm”: è la poesia introduttiva di Musica del futuro, tr. it. di A.M. Carpi, Einaudi, Torino 1997; ed. or. Zukunftsmusik, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1991. Cfr. infi-ne Id., Ma dove sono finito? Sette viaggi straordinari nel tempo e nello spazio, tr. it. di E. Ganni, Ei-naudi, Torino 1998; ed. or. Wo warst du Robert?, Hanser, München 1998. Il pittore di questo settimo viaggio (ambientato nel 1621) risiede ad Amsterdam e proviene anch’egli dalle Fiandre, come il pittore della “finestra fiamminga”.

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lettuale enzensbergeriano: la passione per le arti figurative che si accompagna a un costante interesse per i media visivi, il gusto per la descrizione minuta e sensuale, la posizione antistoricistica di Enzensberger che riconosce all’artista un ruolo eminentemente anacronistico, la riflessione sulla natura anarchica dell’opera d’arte che si sottrae alle interpretazioni accademiche, muore nelle imbalsamazioni museali e rinasce a ogni riappropriazione creativa e personale, e infine la curiosità di interrogare il passato, di ricomporne i tasselli in un mo-saico enigmatico e sorprendente, in un “Vexierbild”, appunto, come recita il sottotitolo della Finestra fiamminga. Quest’ultimo scritto, paradigmatico dei temi sopracitati e sinora inedito in italiano, viene qui presentato con un titolo (“Dentro l’immagine”) diverso rispetto all’originale: la sapiente articolazione del testo che disvela solo a poco a poco la natura lignea della “finestra” fiam-minga, la profondità teorica appena dissimulata da uno stile limpido e piano, la rievocazione appassionante del passato (le Fiandre spagnole e l’Olanda, labo-ratorio del nuovo capitalismo) e infine la decisa rivendicazione di una ricezio-ne creativa dell’opera d’arte, che interagisce con l’immaginazione dello spet-tatore / lettore e che si rinnova dunque a ogni atto ricettivo, sono i tratti che fanno di questo testo un piccolo capolavoro di riflessione estetica.

Il narratore si avvicina alla finestra / quadro con l’attenzione e la dif-fidenza di un detective che scruta, analizza, studia, pondera, segue tracce e formula infine ipotesi. Le considerazioni del narratore sono costellate di for-mule che esprimono dubbi, perplessità, caute ipotesi (“Difficile dire…”, “dev’essere una cicogna…”, “forse rondoni o taccole”, “ci sembra di scorge-re…”, “dev’essere la guardia del corpo”, ecc.), di supposizioni sulla natura del quadro e sulla biografia del pittore. Non vi sono certezze, tanto che nel finale il quadro sembra essere un’invenzione nata dall’immaginazione del narratore. Si tratta di un approccio al passato e alla verità storica non improntato allo scrupolo filologico, quanto piuttosto creativo ed emozionale, tipico di molte opere enzensbergeriane: dalla dissertazione sulla poetica di Clemens Brentano (1960), in cui l’autore insiste sull’irresolubile enigmaticità della figura biografica di Brentano, al romanzo documentaristico sull’anarchico Durruti (1972), in cui Enzensberger rinuncia a priori a una lettura asetticamente filologica degli e-venti 2 per attingere piuttosto alla tradizione orale e alla dimensione corale del- ——————————

2 Anche nella Finestra fiamminga affiora la sfiducia nei confronti dei documenti, la consapevolezza che essi sono insufficienti per delineare un’immagine del passato: “I regi-stri parrocchiali, direte voi: bisogna consultare i registri e gli archivi. Ma sono informazioni aride” (H.M. Enzensberger, Dentro l’immagine, in “Leitmotiv”, n. 4, 2004, http://www.ledonline.it/leitmotiv/index.html, p. 10). Riferimenti bibliografici delle opere

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l’epica, sino alle ballate di Mausoleum (1975) che ritraggono con sottile dialettica alcuni momenti e figure problematici della storia del progresso. Sin da alcuni suoi geniali saggi degli anni Sessanta, Enzensberger ha sempre sostenuto una posizione antistoricistica: l’aspirazione a ricostruire il passato “così com’esso è stato davvero” è una pretesa ingenua e sostanzialmente infeconda; ciò che ap-partiene al passato resta comunque avvolto nel mistero e ogni tentativo di ap-propriazione si trasforma necessariamente in interpretazione soggettiva, cor-rispondente alla sensibilità e alle idee dell’interprete. Nella Finestra fiamminga il narratore adotta una pregnante metafora per indicare che solamente lo sguar-do curioso e appassionato del contemporaneo può dare nuovo senso a reperti del passato altrimenti muti: il paesaggio “inquietante” e solitario ritratto nella “finestra fiamminga” (rive paludose, nebbia, case fatiscenti e abbandonate) viene vivificato nel seguito della trattazione dall’immaginazione del narratore che popola queste terre nebbiose e disabitate di pescatori, di ragazzi che gio-cano, di cacciatori e ladri. Un’immagine analoga compare nella ballata di Mau-soleum dedicata a Piranesi dove la sottile inquietudine emanata dalle rovine ro-mane delle incisioni di Piranesi è metafora del “silenzio” del passato, della sua impenetrabilità: “Questi templi e acquedotti, terme e colonnati, devono essere stati un tempo tutti interi. Ora sono freddi e desolati; portano su di sé ricordi o presagi. Sembrano i testimoni di una catastrofe. [...] Che cosa significhino questi porticati, noi non lo sappiamo” 3. La ballata su Piranesi si configura come un lungo testo in prosa suddiviso in sei paragrafi; nel secondo paragrafo intitolato “L’archeologia”, il poeta muove una critica al classicismo del-l’Europa di fine Settecento e alle sue smanie archeologiche: “Archeologia: un nuovo concetto in Europa, una nuova follia. L’antichità è un’utopia. Viene ri-portata alla luce e riprodotta. I turisti comprano delle copie. Il classicismo co-struisce le rovine del futuro. […] Dalle cave della storia si sprigiona un fiume di contraffazioni”. L’imitazione pedissequa delle opere del passato è secondo —————————— citate in testo: H.M. Enzensberger, Brentanos Poetik, Hanser, München 1961; Id., La breve e-state dell’anarchia. Vita e morte di Buenaventura Durruti (1972), tr. it. di R. Pedio, Feltrinelli, Mi-lano 1973; Id., Mausoleum. Trentasette ballate tratte dalla storia del progresso (1975), tr. it. di V. Al-liata, Einaudi, Torino 1979.

3 H.M. Enzensberger, Mausoleum. Siebenunddreißig Balladen aus der Geschichte des Fort-schritts, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1994 [1975], p. 41; tr. it. di P. Quadrelli, in “Poesia”, settembre 2002, p. 10. La distanza della scena dipinta rispetto allo spettatore, la sensazione di estraneità che essa emana, risaltano anche in uno degli interludi “pittorici” che costel-lano il Titanic, “La fuga in Egitto. Fiammingo 1521”: “Osservo il tempio sul burrone, / l’elefante nero – singolare, / un elefante nero in campo aperto! – […] Com’è silenzioso tutto ciò!” (H.M. Enzensberger, La fine del Titanic, cit., pp. 168-169).

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Enzensberger il modo più sterile di accostarsi alla storia: in alcuni suoi saggi degli anni Sessanta (Il linguaggio mondiale della poesia moderna e le Aporie del-l’avanguardia) egli condanna il culto storicistico del passato – sopravvenuto proprio all’epoca di Piranesi – che accoglie e trattiene ogni opera del passato, conservandola a titolo di “monumento”. L’opera d’arte, invece, è sempre in-compiuta, è un “torso le cui membra giacciono nel futuro” 4 come osserva Enzensberger con una bellissima immagine. E proprio alle origini del pensiero europeo, osserva l’autore, si trova l’idea “che le opere d’arte del passato so-pravvivono solo nella produzione del presente – una produzione che consu-mandole ridona loro una nuova gioventù” 5. Si comprende ora perché il nar-ratore della Finestra fiamminga non sia favorevole a restaurare il quadro. I mu-tamenti storici vanno accettati in quanto inevitabili e non obliterati in nome di una purezza originaria ormai inattingibile. Il ragionamento svolto qui da En-zensberger è raffinato: l’autore menziona innanzitutto alcune circostanze tec-niche – quelle alterazioni del materiale a opera del tempo e della natura che Dino Formaggio chiamava “naturalità progrediente” 6 – e cita poi le motiva-zioni culturali sfavorevoli al restauro. La ricezione di un’opera d’arte si confi-gura infatti come un’esperienza in cui interagiscono la sensibilità e l’esperienza estetica dell’osservatore, cioè fattori culturali che mutano col tempo: è quindi impossibile guardare il quadro con gli occhi del suo creatore e dei suoi con-temporanei. L’opera d’arte esiste solamente nell’atto ricettivo e non gode di una sua esistenza autonoma: il restauro dell’opera d’arte, con la sua pretesa fi-lologica di riportare l’opera alla condizione originaria, si rivela quindi agli occhi di Enzensberger come un’aspirazione ingenua e insensata che non tiene conto del relativismo culturale implicito in ogni ricezione.

Lo scetticismo circa la riconduzione di un quadro al suo stato originario è riconfermato da un personaggio del Titanic, Salomon Pollock, un restaurato-re olandese dell’Ottocento. Pollock, che per trent’anni ha ricreato “ciò che ——————————

4 H.M. Enzensberger, Questioni di dettaglio, tr. it. di G. Piana, Feltrinelli, Milano 1965, p. 148; ed. or. Einzelheiten, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1962.

5 Ivi, p. 150. 6 D. Formaggio, La tecnica artistica, in “Kamen. Rivista di poesia e filosofia”, n. 24,

giugno 2004, p. 39 (il capitolo è tratto da Fenomenologia della tecnica artistica, Lucca, Parma 1978): “Per certe lacche, nelle pitture di vasi o di ceramiche, si producono, talvolta ad anni di distanza dalla fattura, una serie di alterazioni, almeno in parte prevedibili, a opera del tempo e della natura, che costituiscono spesso un vero e proprio lavoro di ‘intonazione’, cioè tutto un processo di rientro e di fusione dovuto al divenire delle materie nel tempo. Il risultato è dunque una nuova opera d’arte rispetto a quella uscita dalle mani dell’uomo, con un plus di tecnica, e di compimenti formali anche, dovuto alla naturalità progrediente” (ibi-dem).

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non è mai esistito”, è convinto dell’impossibilità di un restauro filologico ed è consapevole dell’elemento creativo insito in ogni tentativo di riportare alla luce il passato. Il suo è un lavoro ambiguo, sospeso tra fedeltà all’originale e libera invenzione, ed egli è infatti definito, con un ossimoro, “ein treuer Fälscher” 7. Pollock, descrivendo a una giovane modella un quadro da lui restaurato, parla anche di un “piccolo quadrato, / dove si può ammirare la sporcizia / dei seco-li” 8, una piccola macchia nera a cui il restauratore volutamente non ha messo mano. Essa rappresenta il genuino e autentico reperto del passato, ma questo, vuole infine ammonirci il poeta nel bellissimo finale, resta di per sé imperscru-tabile e non ci comunica nulla a meno che non venga vivificato dalla nostra riappropriazione partecipe, forse arbitraria, ma appassionata: “La verità, / quella buia finestra nell’angolo, / la verità è muta” 9.

Il lavoro di un altro indagatore del passato, Der Renaissanceforscher 10, perde i suoi crismi di scientificità e trapassa nella ricreazione autonoma e nella falsifi-cazione: il filologo, infatti, “schreibt verschollene Codices fort”, cioè, parados-salmente, prosegue nella scrittura di codici scomparsi con l’accortezza di un falsario. Anche in questa poesia il rapporto con il passato non si delinea sotto forma di conservazione museale di uno splendido monumento, irripetibile e dunque inutilizzabile nel presente, ma come trasferimento dello studioso nel passato, forse l’unico modo che potrà condurre a far parlare quegli antichi te-sti ormai muti.

L’arte si sottrae a ogni categorizzazione temporale: essa è sempre inat-tuale e anacronistica. Nella Finestra fiamminga il narratore si sofferma sulla mancata corrispondenza temporale tra il paesaggio ritratto e l’epoca a cui il quadro risale: “Le enormi querce che [il pittore] dipingeva esistevano solo nel suo ricordo […]. Il pittore e ciò che egli dipinge sono asincroni. Il nostro qua-dro è una finzione [Fiktion] che mostra una natura scomparsa e uomini scom-parsi” 11. Questo passo, che riecheggia la spettrale descrizione delle rovine ro-mane del Piranesi, riconferma la natura leonardesca della pittura come “cosa mentale”, “finzione” del pittore e, al contempo, sancisce l’alterità dell’arte ri- ——————————

7 H.M. Enzensberger, Der Untergang der Titanic, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1978, p. 82. Questa espressione è stata tradotta felicemente da Vittoria Alliata con “un autentico falsario” (H.M. Enzensberger, La fine del Titanic, cit., p. 135).

8 H.M. Enzensberger, La fine del Titanic, cit., p. 137. 9 Ivi, p. 139. 10 Di questa poesia, pubblicata in Kiosk, esiste una mia traduzione italiana in A.

Chiarloni e G. Friedrich (a c. di), Terra di nessuno, cit., p. 9. 11 H.M. Enzensberger, Dentro l’immagine, tr. it. di P. Quadrelli, in “Leitmotiv”, n. 4,

2004, http://www.ledonline.it/leitmotiv/index.html , p. 11.

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spetto al mondo presente. L’atteggiamento antistoricistico del nostro autore, cui si è già fatto qui riferimento, si riflette in una sfiducia nell’andamento linea-re e prevedibile della Storia: egli è piuttosto un convinto sostenitore del-l’imprevedibilità del corso storico (si veda il saggio Due considerazioni marginali sulla fine del mondo, 1978), del procedimento a zig zag (come ricorda il titolo stesso di una sua raccolta saggistica del 1997, Zickzack) e dell’anacronismo. Al-l’anacronismo Enzensberger ha peraltro dedicato un interessante saggio, inti-tolato Sulla pastasfoglia del tempo. Una meditazione sull’anacronismo (1996). Qui l’autore affronta la tematica, invero tutt’altro che inedita, del progresso e dei suoi profeti; la prospettiva è però quella, attuale, di chi assiste al diffondersi su scala mondiale di una tecnologia sempre più evoluta e rinviene al contempo la “non-contemporaneità” dei tempi presenti, la contraddittoria coesistenza di assoluta modernità e di tendenze anacronistiche: “Lo specialista della teoria dei sistemi sceglie di abitare in una casa vecchia. L’esperto di armamenti ama soprattutto andare all’opera. La militante decostruttivista soffre di mal d’amore e il chip-designer scopre di avere un debole per la filosofia buddhista” 12. Non si tratta, invero, di esempi molto convincenti, tuttavia Enzensberger li adduce per mostrare la stratificazione temporale della cultura moderna, in contrad-dizione con il dogma della modernità che prevede un rigoroso succedersi di epoche storiche. Se è vero che “la nostra vita è zeppa di anacronismi” 13, ana-cronistica par excellence è ai nostri tempi la figura del poeta, la cui attività si po-ne in scandaloso contrasto con il mondo della tecnologia e del profitto 14: l’autonomia dell’arte, la sua schilleriana natura di “gioco” che la rende estranea a ogni mandato sociale o politico, la sua radicale contrapposizione con il “mondo amministrato” costituivano già i nodi centrali della riflessione teorica di Enzensberger negli anni Sessanta, confluita in alcuni importanti saggi di chiara matrice adorniana: Poesia e politica, Il caso Neruda, Il museo della poesia mo-derna e Le aporie dell’avanguardia. Asincrona è anche la figura di un altro pittore ritratto da Enzensberger: Paolo Uccello. Nell’omonima poesia di Kiosk (1995) Enzensberger cita sia gli studi prospettici di Paolo, sia il gusto miniaturistico e fantastico di derivazione gotico-cortese che connota la sua pittura:

Paolo di Dono, figlio di un barbiere, s’immerse in una nuova scienza,

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12 H.M. Enzensberger, Zig zag, tr. it. di D. Zuffellato, Einaudi, Torino 1999, p. 6. 13 H.M. Enzensberger, Mediocrità e follia, tr. it. di E. Picchio, Garzanti, Milano 1991;

ed. or. Mittelmaß und Wahn, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1988, p. 20. 14 Sull’anacronismo del poeta cfr. H.M. Enzensberger, Zig zag, cit., p. 24.

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una nuova magia: la prospettiva. “Così” – hanno detto – “affatica la natura finché l’ingegno si empie di difficultà e inaridisce”. Battaglie, tornei. I guerrieri impassibili nell’attimo prima della morte. La precisione nell’incertezza. Conigli, levrieri, cavallette: fantasmagorie sotto una falce di luna, uragani nell’aranceto, zoccoli, piedi. Unicorni sui vessilli, elmi alati, alti cappelli intrecciati di corda, imbottiti di crine, la fodera vermiglia, e cavalieri di ferro, incitati dalle trombe, sopra enormi cavalli di legno, verdi, bianchi, rosa, con occhi spaventati. Ognuno pone al centro se stesso. Non così il pittore. Lavora “lento, preciso, come il baco da seta al proprio filo”, povero, inutile, solitario, selvatico, “getta il tempo dietro al tempo e affatica la natura” 15.

Paolo Uccello è infatti una figura discussa nella storia dell’arte proprio per la compresenza nella sua pittura di innovatrici ricerche prospettiche accanto a un’aderenza tematica e stilistica al canone gotico-cortese. La prospettiva è sia “Wissenschaft” sia “Zauberei”: quest’ultimo termine allude innanzitutto al- ——————————

15 “Paolo di Dono, detto Uccello”, tr. it. di P. Quadrelli, in A. Chiarloni e G. Frie-drich (a c. di), Terra di nessuno, cit., p. 11. Le parti tra virgolette sono citazioni dalla “Vita” di Paolo Uccello del Vasari.

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l’incantesimo che le nuove ricerche esercitarono sull’animo di Paolo, ma vuole anche rimandare, forse, al sottile confine che separa la scienza moderna dalla magia medievale-rinascimentale. L’anacronismo, l’ambiguità e le contrad-dizioni di un processo storico che non si è svolto secondo un’andatura ret-tilinea guidano la riflessione del poeta in Mausoleum, dalla ballata su Spal-lanzani, scienziato post-galileiano ritratto da Enzensberger come uno stregone nel suo gabinetto alchemico, alle considerazioni sull’Illuminismo stimolate dal-le Carceri del Piranesi: “Un secolo che pensa alla liberazione e fantastica sulle prigioni” 16.

Nonostante la difesa costante dell’autonomia artistica, Enzensberger non è certo un poeta estetizzante che rifiuta un confronto con la società e la politi-ca; piuttosto egli sposta con una pointe geniale e paradossale i termini della ve-xata quaestio circa impegno e disimpegno dell’artista: tra gli anni Cinquanta e Sessanta, quando il dibattito tra poésie pure e poésie engagée è molto acceso, En-zensberger scrive infatti alcuni saggi decisivi in cui smaschera la capziosità di quella frusta contrapposizione. L’arte è tanto più engagée quanto più è autono-ma, sostiene Enzensberger sulla scia di Adorno; essa è infatti l’unica sfera del-l’operare umano che si sottrae alla mercificazione, è (adornianamente) “Anti-ware”, e proprio preservando la sua autonomia essa rappresenta una forma di protesta verso la realtà esistente: “Sono antimerce – che si contrappone in modo ‘puro’ alla manipolazione – anche i più engagées tra i ‘prodotti finiti’ di Majakovskij. Allo stesso modo, anche il testo più surreale di Arp o di Eluard è ‘poésie engagée’ per il fatto stesso di essere poesia: non accettazione, ma denuncia della realtà esistente”, commenta Enzensberger 17. Così, anche nella Finestra fiamminga, che sembra essere un puro divertissement del pittore, affiorano i ricor-di della guerra e dei saccheggi: “Il pittore, seduto comodamente nella sua casa di Amsterdam, non ha dimenticato né i saccheggi né i carri degli appestati, né la forca, né la ruota”. Enzensberger propone inoltre una lettura intertestuale del quadro, che si inserisce in una trama di topoi iconografici e di rimandi ad al-tre opere del pittore: “Il fumo, per esempio, che sale dietro alle colline, pro-viene sicuramente da altri quadri del pittore, intitolati L’incendio di Troia o So-doma e Gomorra”. Nonostante la ristrettezza tematica, questa pittura che si eser-citava in una paziente e continua variazione degli stessi temi si rivela più dura-tura e affascinante delle opere d’arte contemporanea destinate a una rapida obsolescenza proprio in virtù della loro esasperata coazione all’originalità: ——————————

16 H.M. Enzensberger, “G.B.P.”, in Mausoleum, cit., p. 42; tr. it. in “Poesia”, 164, set-tembre 2002, p. 11.

17 H.M. Enzensberger, Questioni di dettaglio, cit., p. 15.

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L’aspetto straordinario è un altro: come questo sottile strato di pigmenti e di olio di lino abbia resistito per quattrocento anni senza subire danni; un grado di resi-stenza eccezionale, se si pensa che la maggior parte dei quadri di inizio Nove-cento è già deteriorata, per non parlare dei lavori dei nostri contemporanei, che hanno già sin dal principio una loro data di scadenza proprio come le nostre au-to, le nostre stampe postali, i sistemi di refrigerazione, le calze, le ideologie 18.

L’opera d’arte è una struttura complessa che si esprime con un linguaggio indi-retto, sempre più ricca e polisemica di quanto suppongano interpreti zelanti. “Il suo quadro mostra anche ciò che esso nasconde” 19, commenta l’autore che prosegue poi in una divagazione sul celebre quadro di Bruegel che ritrae la caduta di Icaro in un placido paesaggio agreste [Fig. 1] e sui versi a esso dedi-cati da W.H. Auden. Il quadro fiammingo non ritrae in realtà la caduta di Ica-ro: la divagazione fantasiosa del narratore vuole suggerire piuttosto l’anarchia semantica che si sprigiona da ogni opera d’arte (il quadro, “come fosse una trappola, si riempe di altri segni”) 20, quella ricchezza di suggestioni, allusioni, associazioni di idee, ricordi ed emozioni personali veicolati dall’opera d’arte che nessuna interpretazione accademica potrà mai imbrigliare e governare.

Enzensberger ha condotto una sua personale battaglia contro l’interpre-tazione delle poesie, dall’articolo programmatico Modesta proposta per preservare la gioventù dai prodotti della poesia (1976) sino al recentissimo La lirica snerva! Manuale di pronto soccorso per lettori stressati (dai 12 anni) in cui, sotto lo pseudonimo di Andreas Thalmayr, ripropone alcune sue vecchie argomentazioni contro le in-terpretazioni aride e pseudoscientifiche di poesia imposte nella prassi scolasti-ca 21.

Una critica più cifrata alla pratica interpretativa emerge in un intermezzo del Titanic, intitolato Ultima Cena. Scuola veneziana, XVI secolo. Qui il Veronese, seguendo un suo estro capriccioso, dipinge una testuggine ai piedi del trono nella pala di Sant’Anna con la Vergine e il Bambino; quando egli pensa, però, alle future interpretazioni che galleristi e accademici saccenti vorranno fornire di questo dettaglio singolare e stravagante, si risolve a cancellare la testuggine:

Presi in mano il pennello

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18 H.M. Enzensberger, Dentro l’immagine, tr. it. di P. Quadrelli, in “Leitmotiv”, n. 4, 2004, p. 9.

19 Ivi, p. 11. 20 Ivi, p. 11. 21 A. Thalmayr, Lyrik nervt! Erste Hilfe für gestresste Leser (Ab 12 Jahre), Hanser, Mün-

chen 2004.

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e seppellii la creatura – prima che i parassiti potessero cominciare a spiegarmene il significato – sotto piastrelle accuratamente dipinte a marmo nero, verde e rosa. Sant’Anna non è il più famoso, ma forse il migliore fra i miei quadri. Nessuno all’infuori di me sa perché 22.

L’interpretazione soffoca la plurivocità dell’opera d’arte e nella sua ansia clas-sificatoria ed esegetica non rende ragione a quel quid enigmatico e irrisolto che anima l’opera d’arte, portatrice di un messaggio incompiuto nel presente e de-stinato ad acquisire ulteriori significati presso i lettori / spettatori che verran-no. Nel lungo articolo Modesta proposta per preservare la gioventù dai prodotti della po-esia, pubblicato per la prima volta sulla “Frankfurter Allgemeine Zeitung” (11 / 9 / 1976), Enzensberger chiarisce come l’esperienza estetica sia un atto a-narchico in cui entrano in gioco fattori personali di cui nessuna interpretazio-ne potrà mai tenere conto: il retroterra sociale e psichico, le aspettative, la di-sposizione d’animo, gli interessi di chi si accosta all’opera d’arte. Sulla scorta delle riflessioni esposte da Susan Sontag in Against Interpretation, Enzensberger argomenta contro le pretese scientifiche dell’interpretazione del testo poetico:

Se dieci persone leggono un testo letterario, si hanno dieci letture diverse. Lo sanno tutti. Nell’atto della lettura agiscono innumerevoli fattori del tutto incon-trollabili: la storia sociale e psichica di chi legge, le sue attese e i suoi interessi, la disposizione del momento, la situazione in cui legge […]. Il risultato non è per-ciò determinato né determinabile dal testo. In questo senso il lettore ha sempre ragione, e nessuno può togliergli la libertà di fare di un testo l’uso che crede 23.

Dalla lettura della Finestra fiamminga emerge inoltre il gusto dell’autore per la descrizione minuta e lenticolare di scene che si dipanano in numerosi dettagli, ——————————

22 H.M. Enzensberger, La fine del Titanic, cit., p. 51. 23 L’articolo è ora riprodotto in Mediocrità e follia, cit., pp. 20-33, qui p. 27. La radicali-

tà con cui Enzensberger sostiene la natura anarchica e privata della lettura è discutibile, in quanto una concezione della lettura come mera esperienza privata del soggetto finisce per alimentare i vecchi miti romantici dell’“immediatezza” e dell’emozionalità irriflessa del-l’esperienza estetica, e depriva perciò la lettura di ogni valore conoscitivo universale. Per un’abile sintesi di alcune importanti posizioni novecentesche sulla dialettica tra piacere e conoscenza nella lettura (Eliot, Pound, Adorno, lo stesso Enzensberger) si veda il saggio di R. Campi, Citare la tradizione, in “Leitmotiv”, n. 2, 2002, http://www.ledonline.it/leitmo-tiv/index.html, pp. 45-63, in particolare p. 61.

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personaggi e particolari. La predilezione pittorica di Enzensberger va senz’altro per la pittura olandese e fiamminga tra Cinque e Seicento, dalle na-ture morte del pittore olandese di Ma dove sono finito?, alla Fuga in Egitto fiam-minga del 1521 nel Titanic, ai paesaggi del fiammingo Gillis van Coninxloo (Anversa? 1544 – Amsterdam 1607), ritenuto da Carel van Mander il migliore paesaggista del suo tempo 24. Si tratta di quadri in cui l’azione biblica o mitolo-gica è ambientata in uno scenario del tutto quotidiano e ignaro dell’ec-cezionalità dell’evento (come accade anche nella Caduta di Icaro citata da Au-den): contadini che arano il campo, donne che fanno il bucato nel fiume, pe-scatori, bambini che giocano. Il realismo virtuosistico di questa pittura crea inoltre effetti illusionistici. Dinanzi al paesaggio di Gillis van Coninxloo (un ponte, un castello e un dirupo che incorniciano il ripudio di Agar) lo spet-tatore si sente “risucchiato” da una realtà di fatto inesistente:

Una presa di colore sciolta nell’olio, ecco tutto, su un pezzo si legno. Quello che vedo non c’è, manca. Un’illusione ottica. Io voglio essere illuso e illudere. […] Sotto il ponte ribollono più freschi dell’acqua, verderame, biacca e malachite 25.

Nell’opera d’arte apparenza e realtà, realismo descrittivo e immaginazione arti-stica si rifrangono in un interminabile gioco di specchi: “Ciò che vedi in queste ——————————

24 La “finestra fiamminga” potrebbe anche essere una tavola di Gillis van Conixloo se si pensa alla selva di querce nodose in primo piano [Fig. 2] e a quanto dicono Lassaigne e Delevoy della pittura paesaggistica di Coninxloo: “Ben presto Gillis van Coninxloo si de-dica unicamente alla raffigurazione di paesaggi boscosi, arricchiti di cacciatori o di pastori. I veri protagonisti non sono queste presenze convenzionali: sono gli alberi, non concepiti come elementi decorativi ma come masse vibranti e animate in rapporto con l’ambiente circostante. Egli raffigura l’albero in tutta la sua ricchezza: radici storte, tronchi nodosi e solidi, sino ai rami protesi e al fogliame denso” (J. Laissagne e R.C. Delevoy, La peinture flamande de Jérôme Bosch à Rubens, Skira, Genève 1958, p. 110).

25 H.M. Enzensberger, Musica del futuro, cit., pp. 6-7. Anche nella Finestra fiamminga l’autore contrappone la realtà abilmente evocata dal pittore alla natura tecnica e materica del quadro di cui si sottolinea l’aspetto artificiale: “Una nebbia di verderame e bianco co-prente si leva sopra il canneto”. Per Enzensberger (che non è certo un poeta dell’effusione sentimentale), anche la poesia è una costruzione artificiale, un prodotto composto in base a precise regole tecniche (cfr. il saggio “Die Entstehung eines Gedichts” in H.M. Enzen-sberger, Gedichte. Die Entstehung eines Gedichts, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1962).

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immagini non sono quinte teatrali. Questi edifici non sono di tela. Sono di pie-tra, ben dura; marmo, basalto, granito. Non vedi come sono pesanti? Non o-dorano di colla [�]. Che cosa significhino questi porticati, non lo sap-piamo� 26. Le antichità romane ritratte nelle incisioni del Piranesi sembrano quinte teatrali, cioè una scenografia artificiosamente irreale, e del resto le arti grafiche hanno in sé una innata vocazione illusionistica: in una poesia degli an-ni Ottanta, In visita da Ingres, il poeta osserva ironicamente che al giorno d�oggi Ingres � pittore solenne e celebrativo � dipingerebbe forse �per la Para-mount�; anzi, osserva il poeta con una punta sarcastica: �Oggi avrebbe dipinto per il Comitato Centrale, o per la Paramount, / dipende�, alludendo con ciò alla malleabilità ideologica degli artisti, ora asserviti a un�ideologia totalitaria, ora remissivi dinanzi alle blandizie dell�industria culturale (che per un franco-fortese quale Enzensberger rappresenta la variante occidentale della propa-ganda sovietica) 27.

La metafora della finestra adottata nel titolo dello scritto qui considerato allude, del resto, alla natura mimetica e quindi illusionistica della pittura: du-rante la redazione di questo testo, Enzensberger aveva forse in mente quel ce-lebre quadro di Magritte, La condition humaine I (1933), in cui un quadro posto su di un cavalletto dinanzi a una finestra aperta mostra un paesaggio identico a quello visibile dalla finestra: il paesaggio dipinto coincide con la vista esterna e le si sovrappone completandola. Il quadro di Magritte, che per la sua natura �metapittorica� ha sollevato l�interesse di critici d�arte e studiosi di estetica, suggerisce che il mondo è la nostra rappresentazione e che non esiste una real-tà fenomenica indipendente dall�osservatore 28. Il testo di Enzensberger non ha ovviamente ambizioni filosofiche di questo tipo, tuttavia anche in questo scritto il paesaggio ammirato nella finestra / quadro è un mondo che non ha una sua consistenza ontologica autonoma ma si rivela un caleidoscopio di sug-gestioni, idee, illusioni ed emozioni dell�osservatore.

Il potere illusionistico dell�immagine e l�elemento stregonesco insito nel-l�attività di chi si ripropone di riprodurre la realtà con i media visivi, sono temi costanti nell�opera di Enzensberger: in Mausoleum il poeta ha dedicato una bal-lata a Georges Méliès (1861-1938), un artista parigino che si servì delle sue ����������

26 �G.B.P.�, in H.M. Enzensberger, Mausoleum, tr. it. cit., p. 10. 27 H.M. Enzensberger, La furia della caducità, cit., p.107. 28 Per i risvolti gnoseologici del quadro di Magritte e per la metafora della finestra

nella filosofia della percezione dagli stoici a Cartesio si veda la lunga analisi del quadro in R. Brandt, Filosofia nella pittura. Da Giorgione a Magritte, Bruno Mondadori, Milano 2003, pp. 407-425.

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precedenti esperienze di illusionista per intraprendere una nuova carriera di regista cinematografico. A differenza dei fratelli Lumière, Méliès non si ripro-poneva infatti di riprodurre la realtà, ma, piuttosto, di reinventarla: “Tutto molto più bello, più preciso e più autentico del vero! Un demiurgo, dicono, un mago, un alchimista della luce!” 29. Le poesie iniziali di Musica del futuro ruotano at-torno alla percezione visiva e allo statuto ontologico della realtà percepita, mentre nell’ultima raccolta poetica di Enzensberger, Die Geschichte der Wolken (2003), compare una poesia (Obskure Kamera) che attesta una rinnovata rifles-sione dell’autore su questi temi:

Questa donna, davanti a te, in controluce, bocca e occhi non ben distinguibili, una revenante. Ma chi e quando, ti domandi, da dove viene, che cosa sottace, che cosa mi rimprovera? In una nuvola di oscurità sta in piedi dinanzi a te, immobile. Abbagliato da troppa luce troppo oblio, stai seduto davanti a lei, su questa nuda sedia. Non sei tu che vedi. Tu sei visto 30.

Attorno al potere illusionistico dell’immmagine ruota poi tutta la vicenda di Robert nel romanzo Ma dove sono finito?: quando il giovane protagonista del romanzo si sfrega gli occhi guardando la televisione o un quadro, egli finisce infatti nella scena del film o del dipinto che sta vedendo. Il libro, come ha commentato lo stesso Enzensberger, è “anche un po’ una storia a ritroso dei media visivi. Comincia con la televisione, poi va indietro attraverso il cinema, la fotografia, la xilografia fino ad arrivare alla pittura” 31. Pittura e televisione, ——————————

29 H.M. Enzensberger, Mausoleum, cit., p. 114. 30 H.M. Enzensberger, Die Geschichte der Wolken, Suhrkamp, Frankfurt am Main 2003,

p. 17. 31 H.M. Enzensberger, “Il mio viaggio con il mago del tempo”, intervista con Paolo

Valentini, in “Il Corriere della sera”, 8 novembre 1998, p. 33.

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in quanto media visivi, sono accomunati anche nel finale della Finestra fiam-minga: “Mi piacerebbe godere di un panorama più ampio di quello che ammiro dalla mia finestra […]. Avrei una gran voglia di volgere lo sguardo verso lon-tananze ignote ai nostri schermi televisivi” 32.

Le immagini trasmesse dalla televisione – banale riproduzione della realtà effettiva – ottundono ogni curiosità intellettuale mentre la realtà modulata con fantasia inesauribile dalla mano e dalla mente dell’artista stimola l’im-maginazione e moltiplica i significati:

A Robert il dipinto era piaciuto sin dal primo istante. Non aveva mai visto nulla di simile e si soffermò a lungo a esaminarlo. Lo affascinavano i dettagli che il pittore aveva eseguito con grande meticolosità. In fondo non era solo un quadro ma un intero museo, una collezione inesauribile di altri dipinti che ritraevano paesaggi e divinità, narrazioni bibliche e frutti, naufragi e ritratti, guerre e scene di pesca, ragazze nude e chiese vuote, incendi e pranzi squisiti, insomma un inte-ro universo 33.

Abbiamo osservato del resto come la stessa Finestra fiamminga riassuma in sé i temi che hanno guidato la riflessione poetologica di Enzensberger nell’arco della sua lunga carriera di poeta e filosofo: anche nel finale l’autore si riallaccia a sue antiche frequentazioni poetiche, giacché Musée des Beaux Arts di Auden era una lirica già antologizzata nel Museum der modernen Poesie approntato dal nostro autore nel 1960 34. Nel 1975, inoltre, Enzensberger curò un volume di poesie del poeta anglo-americano mentre all’interno del recente Geisterstimmen (1999) sono proposte In Memory of W.B. Yeats, Brussels in Winter e Gare du Midi.

Nella postfazione a Geisterstimmen – una silloge di traduzioni e libere in-venzioni – Enzensberger ha ribadito il suo concetto di letteratura come conti-nua interazione di “voci” e di autori, libera prosecuzione di una tradizione ——————————

32 Enzensberger, che in gioventù è stato un ideale discepolo di Adorno, si è oc-cupato a lungo dell’“industria della coscienza” e del ruolo svolto dai media in una so-cietà di totalitarismo morbido quale quella occidentale. Nei suoi saggi sulla televisione (raccolti in un’antologia curata da R. Cristin, Per non morire di televisione, Lupetti, Milano 1990) egli definisce la televisione il “medium-zero”, cioè uno strumento ormai sgan-ciato da ogni significato e deprivato di qualsiasi contenuto. Con un cinismo lontano dai moralismi francofortesi Enzensberger riconosce tuttavia alla televisione una sua valenza terapeutica in quanto oppiaceo di massa.

33 H.M. Enzensberger, Ma dove sono finito?, cit., p. 209. 34 Nel Museum der modernen Poesie furono inserite anche altre tre poesie di Auden: In

Memory of W.B.Yeats, Culture e Spain 1937, tratte dalla raccolta Das Zeitalter der Angst [The Age of Anxiety], 1951, tr. di K.H. Hansen e prefazione di G. Benn. I versi di Auden citati nella Finestra fiamminga sono riportati nella versione di K.H. Hansen.

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piuttosto che produzione assolutamente originale, così che nel finale egli con-clude con umile saggezza: “Quasi tutto quello che so di poesia, lo devo ai miei predecessori e ai miei maestri e questo libro, che raccoglie quarant’anni di la-voro, è dunque anche un modo per ringraziarli” 35.

MATERIALE ICONOGRAFICO

[Fig. 1] P. Bruegel, La caduta di Icaro, Musée des Beaux Arts, Bruxelles

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35 H.M. Enzensberger, Geisterstimmen. Übersetzungen und Imitationen, Suhrkamp, Frank-furt am Main 1999, p. 394.

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[Fig. 2] Cerchia di Gillis van Coninxloo, Foresta, 1595-1610, Paul Getty Museum