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Volume VIII n. 1 Periodico della Societa’ Italiana per le Ricerche sulle Radiazioni Aprile 2005 POLIMORFISMI NEI GENI DELLA RIPARAZIONE DEL DNA E RADIOSENSIBILITA’ IN LINFOCITI DI SANGUE PERIFERICO UMANO IL DECOMMISSIONING DEGLI IMPIANTI NUCLEARI ITALIANI PROTONTERAPIA: IL NUOVO CENTRO DI TRENTO Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Postale - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 com. 2 - DCB - Roma

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Volume VIII n. 1

Periodico della Societa’ Italiana per le Ricerche sulle Radiazioni

Aprile 2005

POLIMORFISMI NEI GENI DELLARIPARAZIONE DEL DNA E RADIOSENSIBILITA’ IN LINFOCITIDI SANGUE PERIFERICO UMANO

IL DECOMMISSIONING DEGLIIMPIANTI NUCLEARI ITALIANI

PROTONTERAPIA: IL NUOVO CENTRO DI TRENTO

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SOMMARIO

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RADIAZIONI Ricerca e ApplicazioniBollettino SIRR anno VIII n. 1

Radiazioni Ricerca e ApplicazioniPeriodico della Società Italianaper le Ricerche sulle RadiazioniPubblicazione Periodica QuadrimestraleAprile 2005 - Vol. VIII n. 1

Direttore Responsabile

Francesca [email protected]

Direttore Editoriale

Raffaele De [email protected]

Capo Redattore

Lorenzo [email protected]

Comitato di Redazione

Maurizio [email protected] [email protected] [email protected] [email protected]

Per Informazioni e CorrispondenzaFrancesca BallariniTel. 02 50317399 Tel. 0382 507906Fax 02 50317630e-mail: [email protected]

Editrice: Società Italiana per le Ricerche sulle Radiazioni

Registrazione del Tribunale di Roma n. 406 del 6 Agosto 1998

Grafica: Renato Cafieri

Stampa: Tipolitografia SEA srlZona Ind. Settevene Nepi (VT)Tel. 0761527323

Pubblicità: Tipolitografia SEA

POLIMORFISMI NEI GENI DELLARIPARAZIONE DEL DNA E RADIOSENSIBILITÀ IN LINFOCITI DI SANGUE PERIFERICO UMANO 4Tommaso Cornetta, Antonella Testa, Donatella Tirindelli Danesi e

Renata Cozzi

IL DECOMMISSIONING DEGLI IMPIANTI NUCLEARI ITALIANI 7Giuseppe Bolla

PROTONTERAPIA: IL NUOVO CENTRODI TRENTO 11Maurizio Amichetti, Carlo Algranati, Augusto Lombardi, Marco Schwarz

SegreteriaSocietà Italiana per le Ricerche sulle Radiazioni Unità Tossicologia e Scienze BiomedicheENEA Centro Ricerche Casaccia, s.p. 016Via Anguillarese, 301 - 00060 ROMA� 06/30484671 Fax 06/30484891e-mail: [email protected]://www.sirr.unina.it

Immagini rappresentative del Comet Assay su linfociti umani; 1: nucleo conDNA non danneggiato (controllo); 2: cellula dopo trattamento con i raggi X,con danno indotto al DNA. 3: cellula altamente danneggiata, che mostracaratteristiche apoptotiche. Foto di Tommaso Cornetta - Dipartimento di Bio-logia - Università degli Studi “Roma Tre”, Roma.

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RADIAZIONI Ricerca e Applicazioni Bollettino SIRR anno VIII n. 1

POLIMORFISMI NEI GENI DELLA RIPARAZIONE DEL DNA E

RADIOSENSIBILITA’ IN LINFOCITI DISANGUE PERIFERICO UMANO

Tommaso Cornetta1, Antonella Testa2, Donatella Tirindelli Danesi2 e Renata Cozzi1

1Dipartimento di Biologia, Università degli Studi “Roma TRE”, Roma2Sezione di Tossicologia e Scienze Biomediche, ENEA Casaccia, Roma

e-mail: [email protected]

IntroduzioneLe cellule di mammifero sono costantementeesposte ad agenti genotossici esogeni ed endogeni,e le mutazioni che ne risultano possono condurrealla morte cellulare per apoptosi oppure determi-nare un malfunzionamento generale che può cau-sare fenomeni d’invecchiamento, ma anche favori-re l'attivazione del processo di cancerogenesi. Nelcorso dell’evoluzione si sono sviluppati moltimeccanismi per riparare i diversi tipi di danno alDNA e per mantenere l’integrità del genoma, ed èstato dimostrato che individui che mostrano unacapacità di riparazione severamente compromessapossiedono aumentati tassi di mutazione e instabi-lità genomica, e un aumentato rischio di manife-stare cancro [1]. A tutt’oggi sono noti meccanismidi riparazione che rimuovono piccoli cambiamen-ti nella struttura dell’elica del DNA come il “BaseExcision Repair” (BER) e il “Nucleotide ExcisionRepair” (NER), che risolvono i problemi di erratoappaiamento tra le basi (Mismatch Repair), e quel-li che partecipano alla risoluzione delle rotture deldoppio filamento di DNA: “Homology-DirectedRepair” (HDR) e “Non-Homologous End Joining”(NHEJ). In genere anche gli individui sani differi-scono tra loro per quanto concerne la capacitàintrinseca di riparare il danno al DNA [2], e questavariazione potrebbe essere dovuta ad alterazioninell’espressione genica oppure alla presenza divarianti polimorfiche in geni coinvolti in differen-ti pathways riparativi.Diversi lavori, basati su studi caso-controllo,hanno fornito informazioni consistenti riguardo auna possibile relazione tra le varianti polimorfi-che presenti nei geni della riparazione e il rischio

di manifestare il cancro; di contro, si conoscemolto poco riguardo all'effettiva influenza di que-ste varianti sulla variabilità individuale nellacapacità di riparare il DNA. Infatti le varianticomuni descritte (dovute a polimorfismi in un sin-golo nucleotide) potrebbero modificare la sensibi-lità individuale nei confronti di esposizioni siaesogene sia endogene, contribuendo a un aumen-to significativo di danno al DNA non riparato conun conseguente aumento della frequenza di muta-zione e dell'instabilità genomica.Un metodo valido per studiare la capacità ripara-tiva nei linfociti umani in coltura è il Comet Assayalcalino [3]. Questo test è rapido, affidabile e sen-sibile e consente di analizzare le rotture a singoloe doppio filamento di DNA nelle singole cellule,direttamente dopo un trattamento [4]. Lo scopo diquesto lavoro è stato quello di studiare la capacitàriparativa nei linfociti di sangue periferico di indi-vidui sani, dopo esposizione ai raggi X, in rela-zione ai possibili genotipi per i geni XRCC1(BER), XRCC3 (HDR) e XPC (NER). I polimor-fismi genetici analizzati sono: la variante G->A(Arg399Gln) di XRCC1, la variante C->T(Thr241Met) di XRCC3 e la variante A->C(Lys939Gln) di XPC. A tal fine il sangue periferi-co è stato irraggiato in vitro, e il danno al DNA èstato misurato immediatamente dopo l’esposizio-ne. Per quantificare il danno indotto al DNA èstato utilizzato il parametro “Tail Moment” (TM),il quale è una misura della quantità di DNA fram-mentato che migra al di fuori del nucleo, moltipli-cato per la lunghezza della "scia" di DNA che siforma [5]. La riparazione del DNA è stata rileva-ta analizzando le cellule a definiti intervalli di

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tempo (30 e 60 minuti) dopo l’irraggiamento.Quindi con un unico test, il Comet Assay [6, 7],siamo stati in grado di analizzare il danno inizialeal DNA e la cinetica di riparazione. La genotipiz-zazione dei vari polimorfismi è stata effettuatacon la tecnica della RFLP-PCR, utilizzando ilDNA isolato dai campioni di sangue intero.

RisultatiNel nostro studio è stato analizzato un totale di 50soggetti (Tabella 1). Gli individui sono stati sud-divisi in base all’età: ≤ 40 anni (72%) e >40 anni(28%); in base al sesso: 14 maschi (28%) e 36femmine (72%); in base all'abitudine al fumo:fumatori (28%) e non-fumatori (72%). Non sonostate riscontrate differenze significative nei valoridi Tail Moment tra le diverse sotto-popolazioni,né nei controlli né subito dopo l'irraggiamento. LaFigura 1 riassume i valori di Tail Moment ottenu-ti per i nostri soggetti, nelle condizioni di control-lo e dopo trattamento con i raggi X (2 Gy), in rela-zione ai diversi genotipi.Gli individui con il genotipo wild type perXRCC1 (Arg/Arg) mostravano valori di TM piùalti rispetto a quelli aventi uno o due alleli varian-ti (Arg/Gln o Gln/Gln). Queste differenze sonosignificative (p<0.01) sia immediatamente dopol'irraggiamento (tempo 0), sia dopo 30 minuti diriparazione (tempo 30). Di contro, non sono stateriscontrate differenze significative nel caso deigenotipi relativi a XRCC3 ed XPC.Quando è stato analizzato il danno indotto, tenen-do conto dei tre parametri età, sesso e fumo, inrelazione ai genotipi, ancora una volta è stato tro-vato che gli individui con il genotipo wild type perXRCC1 mostravano valori di Tail Moment piùalti rispetto ai varianti (etero- e omozigoti). Que-sto risultato è stato ritrovato anche negli individuipiù giovani, nei maschi e nei non-fumatori. NellaTabella 2 viene riportata l’analisi dell’interazionedi differenti genotipi. La presenza di almeno unallele variante sia in XRCC1 sia in XRCC3 èassociata, in modo significativo, a una riduzionedei valori di Tail Moment al tempo zero.

DiscussioneIn questo studio le frequenze alleliche trovate perXRCC1, XRCC3 e XPC erano, rispettivamente,di 0.32, 0.32 e 0.56, consistenti con quelle trova-te, per la popolazione caucasica, in altri studi [8,9]. La presenza della variante polimorfica 399Glnin XRCC1 è stata correlata con il persistere del

danno al DNA [10], con un’elevata formazione diSCE [11] e con un rallentamento del ciclo cellula-re indotto da radiazioni [12]. I nostri risultatimostrano, al contrario, una minore presenza didanno nelle cellule di soggetti polimorfici. Questofa pensare a una più rapida risoluzione delle rot-ture in questi soggetti, dal momento che con ilComet assay il danno viene valutato dopo unperiodo di tempo non inferiore ai 60-70 minutidopo il trattamento. Anche la combinazione deigenotipi varianti di XRCC1 e XRCC3 mostra unadiminuzione dei valori di TM in confronto allacombinazione dei rispettivi genotipi wild tipe.La proteina codificata dal gene XRCC1 forma uncomplesso con la DNA ligasi III, la DNA pol µ econ la poli(ADP-riboso)-polimerasi (PARP), alfine di ricongiungere le rotture al filamento diDNA e di riparare le gaps lasciate durante il “BaseExcision Repair”. L’interazione di XRCC1 con laDNA ligasi III viene mediata dal dominio BRCA –C terminale (BRCT 2) di XRCC1, mentre interagi-sce con la DNA pol µ attraverso la regione N-ter-minale. L’interazione XRCC1-PARP viene media-ta da una regione centrale della proteina (aa 315-403), in cui è presente la sostituzione amminoaci-dica da noi considerata, che comprende il dominioBRCT 1. Quale ruolo la proteina XRCC1 giochi inquesto scenario non è ancora del tutto chiaro; pro-babilmente viene reclutata dalla PARP per la ripa-razione delle rotture a singolo filamento [13, 14].Diversi studi sono stati indirizzati alla determina-zione del possibile coinvolgimento della suscetti-bilità genetica nello sviluppo di tumori in rispostaa radio o chemioterapia. Alcuni geni polimorficisono stati associati alla comparsa della leucemiamieloblastica acuta dopo terapia radiante (t-AML). In particolare è stato trovato che la pre-senza dell’allele 399Gln di XRCC1 ha un effettoprotettivo nei confronti dello sviluppo della t-AML [15]. Lo stesso effetto protettivo è statoriscontrato in studi riguardanti il cancro allavescica [16] e il cancro della pelle di tipo non-melanoma [17]. Gli autori suggeriscono che l’al-lele variante di XRCC1 potrebbe ridurre l’effi-cienza di riparazione: le cellule danneggiate sono,più probabilmente, guidate verso un processoapoptotico. Nelle cellule con l’allele wild-type ildanno non correttamente riparato darebbe originea cloni cellulari mutati. Di conseguenza, gli indi-vidui con il genotipo variante risultano protettiattraverso l’eliminazione delle cellule potenzial-mente trasformate. Crediamo che questa ipotesi

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potrebbe spiegare anche i risultati da noi ottenuti.Infatti abbiamo trovato che il genotipo varianteper XRCC1 è associato a valori più bassi di TM,dopo esposizione ai raggi X, sia al tempo zero siadopo 30 minuti dal trattamento. Questi dati sug-geriscono la seguente interpretazione: l’allelevariante promuove una risoluzione delle rottureindotte da raggi X più veloce; queste lesioni, ripa-rate in maniera non corretta, potrebbero dare ori-gine, in parte, a danno cromosomico; le cellulecon un’elevata instabilità genetica potrebbero

quindi essere avviate verso la morte per apoptosi.I risultati ottenuti andranno ampliati eseguendoesperimenti a intervalli di tempo maggiori e uti-lizzando dosi di raggi X diverse, al fine di valuta-re l’induzione di apoptosi in relazione alle varian-ti polimorfiche. Questo potrebbe aiutare a capirese i polimorfismi presenti nei geni della riparazio-ne, che sono considerati aumentare il rischio dimanifestare il cancro, possano o meno contribuirea una diversa sensibilità nei confronti di induttoridel danno al DNA esogeni ed endogeni.

Bibliografia1. Berwick M et al. (2000) Markers of DNA repair and

susceptibility in humans: an epidemiological review.J.Natl.Cancer Inst., 91: 874-897.

2. Setlow RB (1983) Variations in DNA repair amonghumans, in: Harris CC, Autrup HN (Eds), Human carci-nogenesis, Academic Press, New York: 231-254.

3. Mayer C et al. (2002) DNA repair capacity after Ó-irra-diation and expression profiles of DNA repair genes inresting and proliferating human peripheral bloodlymphocytes. DNA repair, 1: 237-250.

4. Tice RR et al. (2000) Single cell gel/comet assay : guide-lines for in vitro and in vivo genetic toxicology testing.Environ. Mol. Mutagen., 35: 206-221.

5. Olive PL et al. (1990) Heterogeneity in radiation-induced

DNA damage and repair in tumor and normal cells mea-sured using the comet assay. Radiation Res., 122: 86-94.

6. Singh NP et al. (1988) A simple technique for quantifica-tion of low levels of DNA damage in individual cells.Exp. Cell Res., 175: 184-191.

7. Testa A et al. (2005) A multibiomarker analysis of DNAdamage in automobile painter. Environmental MolecularMutagenesis.(in press)

8. Wang Y et al. (2003) From genotype to phenotype: corre-lating XRCC1 polymorphisms with mutagen sensitivity.DNA Repair, 2: 901-908.

9. Sturgis EM et al. (1999) Polymorphisms of DNA repairgene XRCC1 in squamous cell carcinoma of the head andthe neck. Carcinogenesis, 20: 2125-2129.

10. Matullo, G et al. (2001), DNA repair gene polymorphi-

Figura 1: Danno al DNA indotto da raggi X,misurato al tempo 0 e dopo 30 e 60 minutidall’irraggiamento. I dati sono stratificati inbase ai genotipi di XRCC1, XRCC3 e XPC.

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RADIAZIONI Ricerca e ApplicazioniBollettino SIRR anno VIII n. 1

sms, bulky DNA adducts in white blood cells and bladdercancer: a case-control study. International Journal of Can-cer, 92, 562-567.

11. Hu, JJ et al. (2002), Genetic regulation of ionizing radia-tion sensitivity and breast cancer risk. Environmental andMolecular Mutagenesis, 39, 208-215.

12. Duell, EJ et al. (2000), Polymorphism in the DNA repairgenes, XRCC1 and ERCC2 and biomarkers of DNAdamage in human blood mononuclear cells. Carcinogene-sis, 21, 965-971.

13. Taylor RM et al. (2002) Central role for the XRCC1BRCT 1 Domain in mammalian DNA Single-StrandBreak Repair. Mol. Cell. Biology, 22, 8: 2556-2563.

14. Caldecott KW (2003) XRCC1 and DNA strand breakrepair. DNA Repair, 2: 955-969.

15. Seedhouse, C et al. (2002), The genotype distribution ofthe XRCC1 gene indicates a role for base excision repairin the development of therapy-related acute myeloblasticleukemia. Blood, 100(10), 3761-3766.

16. Stern, MC et al. (2001), DNA repair gene XRCC1 poly-morphisms, smoking, and bladder cancer risk. CancerEpidemiology Biomarkers and Prevention, 10, 125-131.

17. Nelson, HH et al. (2002), The XRCC1 Arg399Gln poly-morphism, sunburn, and non-melanoma skin cancer: evi-dence of gene-environment interaction. Cancer Research,62, 152-155

QUOTA ASSOCIATIVA S.I.R.R. 2005...E QUELLE

ARRETRATE!Carissimo Socio,come sai, la quota sociale, oltre ad essere la principale fonte di finanziamento per il funziona-mento della nostra Società, è anche un segno annuale di adesione e partecipazione.La quota sociale, attualmente ad un livello minimo, è un dovere che ogni Socio deve assol-vere entro il 31 marzo di ogni anno, onde evitare che la gestione delle quote con relativi sol-leciti e verifiche abbia un costo superiore alla stessa quota. La quota per il 2005 è di euro 30,00 e potrà essere versata tramite assegno circolare o banca-rio, non trasferibile, intestato a S.I.R.R. oppure tramite versamento in contanti alla Segreteria. Con l'intento di favorire i cosidetti "non strutturati" (studenti, borsisti, etc.) la quota sociale èridotta a e 15,00, chi si trova in questa condizione dovrà esplicitamente dichiararlo medianteautocertificazione contestualmente all'invio della quota annuale.Fiduciosi della tua collaborazione e partecipazione, cogliamo l'occasione per inviarti i nostripiù cari saluti.

LA SEGRETERIA

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RADIAZIONI Ricerca e Applicazioni Bollettino SIRR anno VIII n. 1

GeneralitàIl decommissioning di un Impianto Nucleare puòessere definito come l’insieme di tutte le attività,sia tecniche sia amministrative, che, a valle dellamessa fuori esercizio dell’Impianto stesso, porta-no, una volta eseguite, alla possibilità di rimuove-re tutti i controlli regolatori esistenti, in modo darilasciare il sito senza vincoli di tipo radiologico.La vita operativa di un Impianto Nucleare è deter-minata da considerazioni di tipo tecnico ed eco-nomico. Le Centrali per la produzione di energiaelettrica sono normalmente progettate per una vitaoperativa di alcuni decenni; con appropriatemanutenzioni, miglioramenti e modifica di siste-mi e componenti, la vita di un impianto può esse-re ormai estesa fino a 60 anni, al di là quindi delperiodo di ammortamento, in modo da produrreenergia a costi molto bassi, pur garantendo com-pletamente la sicurezza dei lavoratori, della popo-lazione e dell’ambiente.La chiusura della vita operativa di una installazio-ne nucleare è normalmente decisa da:• termine della vita di progetto dei maggiori com-

ponenti;• eccessivi costi operativi.In alcuni casi può essere decisa anche da altreragioni:• la conclusione di un programma di ricerca che

ha raggiunto i suoi obiettivi;• la tecnologia usata è diventata obsoleta o non

economica;• un incidente o un evento non pianificato richie-

de la chiusura e il decommissioning;• gli standard di sicurezza non sono più adeguati;• cambia la policy del governo, che ritiene non

proponibile continuare l’esercizio (caso Italia).Nei prossimi decenni diverse centinaia di Impian-ti, associati con la produzione di energia elettrica

e con il ciclo del combustibile, sono destinati aessere decommissionati nel mondo.

Strategie di decommissioningEsistono tre principali strategie di decommissioning.• Immediate dismantling: il decommissioning ini-

zia subito dopo la fermata dell’impianto e pro-segue senza soluzione di continuità fino al rila-scio del sito (alcuni anni). È la strategia su cuiattualmente molti paesi si stanno indirizzando(USA, Francia, Giappone).

• Safe store: si eseguono attività di messa in sicu-rezza dei rifiuti di esercizio e del combustibileirraggiato e l’impianto viene portato in una con-figurazione di sicurezza passiva, posponendol’attività di smantellamento dell’isola nucleare eil rilascio per 40-60 anni. È stata la strategia piùadottata nel passato (GB, Spagna).

• Entombment: viene ridotta l’area dove è localiz-zato il materiale radioattivo e quindi viene crea-to un monolito o comunque una struttura di con-tenimento che resista per un periodo di tempotale che la radioattività residua non sia più unproblema. È una strategia utilizzata solo quandosi presenta come l’unica soluzione possibile.

Situazione italianaDopo l’incidente di Cernobyl e la forte reazioneemotiva avvenuta, il Governo Italiano ha decisodi chiudere definitivamente gli Impianti NucleariItaliani. A valle di un periodo iniziale in cuiENEL, proprietaria degli Impianti, ha portatoavanti le attività in una strategia di “Safe store”, ilGoverno, nel 1999, nel processo di privatizzazio-ne di ENEL ha creato SOGIN, con la responsabi-lità del decommissioning sia delle CentraliNucleari sia degli Impianti del Ciclo del Combu-stibile (ex ENEA) (vedi fig. 1).

IL DECOMMISSIONING DEGLI IMPIANTI NUCLEARI ITALIANI

Giuseppe BollaSOGIN

e-mail: [email protected]

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RADIAZIONI Ricerca e ApplicazioniBollettino SIRR anno VIII n. 1

La strategia definita dal Governo è quella di“Immediate dismantling”, resa possibile dal fattoche in parallelo il Governo stesso si è impegnatoa portare avanti la localizzazione e la realizzazio-ne di un Deposito Nazionale per i rifiuti radioatti-vi, a cui poter conferire i rifiuti derivanti daldecommissioning.Il Governo ha anche garantito il finanziamentodel decommissioning, al di là del fondo già accu-mulato da ENEL, attraverso una levy sul kWh.La logica dei programmi predisposti che prevede ilrilascio dei siti entro il 2020 è illustrata nel diagram-ma temporale di figura 2 ed è articolata il tre fasi.

mock-up. Vengono infine avviate attività dismantellamento di componenti e sistemi dell’I-sola Nucleare, anche al fine di predisporre learee necessarie per gli interventi più impegnati-vi che seguiranno. I rifiuti prodotti in questafase sono limitati e possono comunque esseregestiti sul sito senza particolari problemi.

3. Nella terza fase, infine, a valle della disponibi-lità del deposito nazionale, si affronta lo sman-tellamento dell’Isola Nucleare vera e propriacon la produzione di rilevanti quantità di rifiu-ti. È da rilevare che eventuali slittamenti nelladata di disponibilità del Deposito Nazionalepossono essere gestiti senza fermare l’attivitàutilizzando idonee strutture di deposito tempo-raneo in sito. Si procede infine con il completa-mento delle attività di smantellamento e con ilrilascio del sito vero e proprio.

Per tutti gli Impianti sono stati messi a punto iprogetti di decommissioning fino al rilascio fina-le che hanno portato, fra l’altro, alla definizionedei programmi, dei costi, della quantità di rifiutiprodotti (fig. 3) e la stima delle dosi ai lavoratori(fig. 4).Allo scopo è stato sviluppato per tutti gli impian-ti un modello 3D (vedi fig. 5).Alcune considerazioniA differenza dell’esercizio di un Impianto, un’at-tività stazionaria e ripetitiva, fortemente organiz-zata, che si basa su un ben collaudato insieme distudi, analisi, procedure e strutture organizzative,il Decommissioning è caratterizzato da una conti-nua evoluzione di situazioni impiantistiche, pas-

1. Nella prima fase vengono sviluppate fonda-mentalmente attività di miglioramento dellasicurezza dell’Impianto (rimozione rifiuti peri-colosi) e di condizionamento dei rifiuti derivan-ti dall’esercizio pregresso dell’Impianto, non-ché attività preliminari di smantellamento, pre-paratorie rispetto alle attività di decommissio-ning vere e proprie. In ogni caso si tratta di atti-vità in cui la generazione di rifiuti è limitata;conseguentemente i rifiuti prodotti possonoessere gestiti sul sito.

2. Nella seconda fase vengono sviluppate le pre-disposizioni per le attività di smantellamentodell’Isola Nucleare. Viene affrontato il proble-ma della messa a punto delle tecnologie neces-sarie ricorrendo, ove necessario, a prove su

Fig. 1

Fig. 3

Fig. 4

Fig. 2

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RADIAZIONI Ricerca e Applicazioni Bollettino SIRR anno VIII n. 1

sando da una installazione completamente opera-tiva al prato verde. Sostanzialmente le attivitàsono quelle tipiche di una “decostruzione control-lata”, di un cantiere dove però l’impianto è carat-terizzato da zone di attivazione e contaminazioneradioattiva. Il Decommissioning è generalmenteinteso come un’attività che implica un ridottolivello di rischio per i lavoratori e l’ambienterispetto a un impianto in esercizio. Se da una partequesto è vero, essendo l’impianto fermo e disatti-vato, dall’altra parte la cattiva gestione di specifi-che attività può implicare situazioni pericolose.Esistono due rischi opposti:• sottostima dei rischi potenziali presenti ed

eccessiva semplificazione di tutte le usuali pre-cauzioni che garantiscono la sicurezza;

• sovrastima del processo con inutile e onerosomantenimento di tutte le regole dell’esercizio.

Per tali motivi è fondamentale mettere in atto unosforzo organizzativo e gestionale che consenta dimantenere un completo controllo delle attività eche coinvolga sia il personale del sito sia le dittepresenti sul cantiere. È importante identificare levarie configurazioni dell’impianto man mano chel’attività evolve e per ciascuna di esse identificarei sistemi rilevanti, i possibili incidenti e malfun-zionamenti, e le regole tecniche e gestionali darispettare per garantire la sicurezza.Uno degli aspetti più rilevanti è controllare laproduzione e la gestione dei materiali smontati.Di tutto il materiale presente sull’Impianto (calce-struzzo, metalli ecc.), solo una piccola percentua-le resta rifiuto radioattivo. Il processo devecomunque garantire che il materiale rilasciatoabbia contenuti di radioattività inferiori ai limitiprescritti e che quanto è rifiuto radioattivo siacompletamente identificato e caratterizzato.

La sequenza generale di smantellamento e loschema di trattamento dei materiali sono riportatinelle figure 6 e 7.

Fig. 5

Fig. 6

Fig. 7

L’esperienza che deriverà dalla buona gestionedel processo di decommissioning potrà consentireal sistema Industriale Italiano di competere alivello internazionale, viste anche le prospettive diun ampio mercato nel decommissioning stimateper il prossimo futuro.

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RADIAZIONI Ricerca e ApplicazioniBollettino SIRR anno VIII n. 1

PresidenteOrazio SaporaReparto Meccanismi di TossicitàDipartimento Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria - Istituto Superiore di Sanitàviale Regina Elena 299 - 00161 Roma Tel: 06 49902954e-mail: [email protected]

Segretario - TesoriereRaffaele De VitaUnità di Tossicologia e Scienze Biomediche - ENEA, Casacciavia Anguillarese, 301 - 00060 RomaTel: 06 30484671 - Fax: 06 30484891e-mail: [email protected]

ConsiglieriLaura Guidoni Laboratorio di Fisica - Istituto Superiore di Sanitàviale Regina Elena 299 - 00161 RomaTel: 06 49902804 - Fax: 06 49387075e-mail: [email protected]

Andrea Ottolenghi Dipartimento di Fisica Nucleare e TeoricaUniversità di Paviavia Bassi, 6 - 27100 PaviaTel: 0382 987892 - Fax: 02 50317630e-mail: [email protected]

Simona PazzagliaUnità di Tossicologia e Scienze BiomedicheENEA, Casacciavia Anguillarese, 301 - 00060 RomaTel: 06 30484998 - Fax: 06 30484891 e-mail: [email protected]

Anna SaranUnità di Tossicologia e Scienze BiomedicheENEA, Casacciavia Anguillarese, 301 - 00060 RomaTel: 06 30484993 - Fax: 06 30484891 e-mail: [email protected]

Sandro SquarciaLaboratorio di Fisica e Statistica MedicaDipartimento di Fisica, Università di GenovaVia Dodecanneso, 33 -16146 GenovaTel: 010 3536207 - Fax: 010 313358e-mail: [email protected]

CONSIGLIO DIRETTIVO SIRR 2005-2006

Margherita VenturiDipartimento di Chimica "G. Ciamician"Via Selmi, 2 -40129 BolognaTel: 051 2099543 - Fax: 051 2000456e-mail: [email protected]

Cristiana VidaliStruttura Complessa Radioterapia, Ospedale MaggioreVia della Pietà, 19 -34100 TriesteTel: 040 3992402 (2417)e-mail: [email protected]

Consiglieri emeritiMario [email protected]

Marcello QuintilianiViale XXI Aprile, 2100162 Roma

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RADIAZIONI Ricerca e ApplicazioniBollettino SIRR anno VIII n. 1

IntroduzioneLa proton-terapia consiste nell’impiego di parti-celle subatomiche elementari - i protoni - nellacura di patologie neoplastiche, grazie alla partico-lare proprietà fisica di tali radiazioni: la "seletti-vità" spaziale. I primi trattamenti pionieristici coni protoni sono stati effettuati negli Stati Uniti aBerkeley nel 1954 e successivamente in altri cen-tri, votati prevalentemente alla ricerca di fisicafondamentale, dove parte dell'attività era dedicataal trattamento di pazienti in collaborazione conprestigiose istituzioni mediche. Altre particelle elementari, gli elettroni, e radia-zioni elettromagnetiche, i raggi X, si sono diffusepiù velocemente nell’ambito della radioterapiaoncologica; tuttavia oggi la frontiera per lo svi-luppo di terapie non più sperimentali è, nell’am-bito dell'adroterapia, la terapia con i protoni;un'ulteriore possibilità che ci è fornita dall’utiliz-zo di acceleratori di particelle è l’uso terapeuticodi ioni di carbonio e di altri elementi. Lo sviluppo della protonterapia ha visto nell’ulti-mo decennio una rapida e progressiva evoluzionegrazie all'esperienza accumulata e allo sviluppotecnologico, che ha reso possibile la costruzionedi macchine acceleratici di particelle dedicateall’attività clinica [1]. In Italia è recentemente ini-ziata l’attività clinica con protoni presso l’INFN –Laboratori Nazionali del Sud a Catania [2], limi-tatamente al trattamento di patologie oculari. Èstato inoltre finanziato e ha dato inizio alla suaattività di progettazione e costruzione il centro diadroterapia di Pavia (CNAO). Anche la Provinciadi Trento ha recentemente finanziato la creazionedi un centro di terapia medica con protoni.

La radioterapia a Trento: presente e futuroNel 2004 si è ottenuta, con uno specifico articola-to di legge, l'attivazione di un'Agenzia provincia-

le per la progettazione, realizzazione e attivazionedi un centro di protonterapia medica a Trento(ATreP), che ha cominciato la sua attività all’ini-zio del 2005. L'interesse locale è dovuto alla pre-senza di una storica attività in campo radioterapi-co (la prima “bomba al cobalto” d’Europa nel1953), a un buon livello di radioterapia clinicaospedaliera, alla presenza a Trento di un centro difisica teorica internazionale e, non ultimo, allaparticolare sensibilità della popolazione, vista l’e-levata incidenza di neoplasie a livello provinciale(terza come frequenza su 103 province italiane). Ilavori sono articolati su un quinquennio, al com-pimento del quale si prevede di trattare i primipazienti: un anno per definire i numerosi dettaglie orientarsi nelle realtà industriali esistenti, treanni per la costruzione edilizia e dell’acceleratoredi particelle; il quinto e ultimo anno sarà impiega-to per testare l’apparecchiatura e iniziare i tratta-menti. Il centro trentino avrà caratteristiche pecu-liari, essendo completamente finanziato con fondipubblici e inserito in un contesto ospedaliero tra-dizionale; si prevede infatti che il centro di pro-tonterapia medica possa costituire il primo nucleodel nuovo ospedale del Trentino (detto NOT), cheverrà costruito alla periferia sud di Trento neiprossimi anni.A Trento circa 1500 pazienti sono trattati ognianno con la radioterapia presso l’ospedale "SantaChiara", e il progetto ATreP prevede una strettacollaborazione e integrazione di personale e trat-tamenti. La realizzazione richiederà inoltre ladisponibilità di alcune realtà industriali locali asviluppare quelle innovazioni necessarie all’evo-luzione di quest’attrezzatura ad alta tecnologia.Le ricadute quindi non saranno solo nel campodella Sanità, ma anche della ricerca applicata, del-l’ingegneria, della fisica e dell’ informatica. Nel-l’ambito strettamente clinico-medico l’uso effica-

PROTONTERAPIA: IL NUOVO CENTRO DI TRENTO

Maurizio Amichetti, Carlo Algranati, Augusto Lombardi, Marco SchwarzATreP, Agenzia provinciale per la Protonterapia, via Perini 181, Trento

e-mail: [email protected]

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RADIAZIONI Ricerca e Applicazioni Bollettino SIRR anno VIII n. 1

cui anzitutto i tumori della base cranica e dellacolonna vertebrale (cordomi, sarcomi e meningio-mi) e i tumori oculari (melanomi e retinoblasto-mi) [7-10]. Ulteriori dati supportano l’impiegoclinico della adronterapia in altre patologie neo-plastiche molto più diffuse quali i tumori dellaprostata, del capo-collo e del polmone [11-13]; unparticolare interesse riveste l’uso della protontera-pia nei tumori dell’età pediatrica, in cui il rispar-mio dei tessuti sani assume una particolare rile-vanza [14,15]. Il futuro centro di protonterapia diTrento si inserisce quindi in un contesto clinico edi ricerca nazionale e internazionale in continuaevoluzione, allo scopo di portare a livello dellanormale attività oncologica e radioterapica i frut-ti dell’evoluzione clinica e strutturale delle fron-tiere dell'adroterapia.

Bibliografia1. Habrand JL, Schlienger P, Schwartz L, et al. Clinical appli-

cations of proton therapy. Experiences and ongoing stu-dies. Radiat Environ Biophys, 1995, 34, 41-44.

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3. Suit H.D, Goitein M: Proton beam radiation therapy. Theo-retical basis and clinical applications. Proceedings of42nd ASTRO Meeting, Boston, 2000

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5. AIRO, Gruppo di studio sulla radioterapia con adroni.Implementazione di una rete di centri clinici sul territorionazionale italiano. Il Radiologo, 3, suppl. 1, 2004.

6. Orecchia R, Krengli M.: Number of potential patients to betreated with proton therapy in Italy. Tumori, 1998, 84,205-208,

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9. Spatola C, Privitera G, Raffaele L et al. Clinical applica-tion of proton beams in the treatment of uveal melanoma:the first therapies carried out in Italy and preliminaryresults (CATANA project). Tumori, 2003, 89, 502-509.

10. Krengli M, Hug EB, Adams JA et al Proton radiation the-rapy for retinoblastoma: comparison of various intraocu-lar tumor locations and beam arrangement. Int J RadiatOncol Biol Phys, 2005, 61, 583-593.

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12. Slater JD, Rossi CJ, Yonemoto LT et al. Proton therapyfor prostate cancer: the initial Loma Linda University

ce di una tale struttura comporterà ovviamenteuno sforzo altrettanto qualificato in ambientesanitario per il continuo aggiornamento e miglio-ramento dei mezzi diagnostici più avanzati e ingenerale di tutta la struttura medica connessa -direttamente o indirettamente - al settore, con losviluppo di nuove discipline e competenze e l’af-finamento delle potenzialità cliniche locali.

DiscussioneIl razionale dell’impiego dei protoni risiede prin-cipalmente nella loro particolare selettività spa-ziale, che consente di ottenere una radioterapia diestrema conformazione con una dose integrale aitessuti circostanti sensibilmente inferiore rispettoa quella erogabile anche con le più avanzate tec-niche radioterapiche moderne quali la radiotera-pia a intensità modulata e la radioterapia stereo-tassica [3]. L’uso dei protoni permette di ridurre ladose rilasciata ai tessuti sani, permettendo cosìl’impiego di dosi maggiori sul bersaglio tumoraleo, a parità di dose, riducendo la tossicità. L’effica-cia biologica dei protoni di per sé è infatti pocopiù elevata (rapporto stimato di 1.1-1.2) rispetto aquella dei fotoni X usati in radioterapia conven-zionale [4].Una difficoltà alla diffusione di tale metodicaterapeutica è stata legata in passato alla limitatadisponibilità di apparecchiature (ciclotroni e sin-crotroni) dedicate all’uso medico, e al costo rela-tivamente elevato di questa tecnologia. Gli avan-zamenti in campo tecnologico, fisico e informati-co hanno permesso uno sviluppo tecnico cherende tali attrezzature più abbordabili e facilmen-te inseribili in ambiente medico.L’interesse per la possibilità di implementare unarete di centri di terapia con adroni ha portato l’AI-RO (Associazione Italiana di Radioterapia Onco-logica) a sviluppare un documento [5] che haaggiornato i dati sul tema precedentemente pub-blicati su una importante rivista oncologica nazio-nale [6]. Esso prevede, al fine di irradiare tutti ipazienti che potenzialmente potrebbero beneficia-re di tale terapia, la costruzione futura di 4-5 cen-tri di protonterapia distribuiti sul territorio nazio-nale e di un centro di terapia dotato anche di ionipesanti (il CNAO): in questo contesto si inserisceil centro di Trento, con un possibile bacino diutenza nel nord-est. I risultati ottenuti in studi di fase II e III nei centridi adronterapia attivi a livello internazionalehanno dimostrato l’utilità in varie patologie, tra

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RADIAZIONI Ricerca e ApplicazioniBollettino SIRR anno VIII n. 1

experience. Int J Radiat Oncol Biol Phys, 2004, 59, 348-352.

13. Suit H, Goldberg S, Niemierko A et al. Proton beams toreplace photon beams in radical dose treatments. ActaOncol, 2003, 42, 800-808.

14. Archambeau JO, Slater JD, Slater JM, Tangeman R. Rolefor proton beam irradiation in treatment of pediatrics

CNS malignancies. Int J Radiat Oncol Biol Phys, 1992,22, 287-294.

15. Yuh GE, Loredo LN, Yonemoto LT et al. Reducing toxi-city from craniospinal irradiation: using proton beams totreat medulloblastoma in young children. Cancer J, 2004,10, 386-390.

Di seguito si riportano le date di alcuni dei prossimi convegni, nazionali ed internazionali, di inte-resse per quanti sono impegnati nella ricerca sugli effetti delle radiazioni e delle loro applicazioniin campo medico. Ci scusiamo per eventuali omissioni: segnalazioni di futuri incontri in questo set-tore sono benvenute al seguente indirizzo: [email protected].

IV Scuola estiva su spettroscopia e microscopia presso il Paul Scherrer Institute (PSI SummerSchool on Condensed Matter Research), Zuoz, Svizzera, 14-21 agosto 2005 (http://sls.web.psi.ch/view.php/science/events/Conferences/)

IX Conferenza Internazionale sui mutageni ambientali e XXXVI Meeting Annuale della Società diMuatazioni Ambientali, San Francisco, USA, 3-8 settembre 2005 (www.icem2005.org/index/)

IV Congresso mondiale di HUPO (Human Proteome Organisation), Monaco di Baviera, Germania28 settembre - 1 ottobre 2005 (http://www.hupo2005.com/)

Convegno annuale di ARR (Association for Radiation Research) congiuntamente al XXXIV con-vegno annuale della Società Europea di Radiobiologia, Università di Leicester, Regno Unito 5-8 set-tembre 2005 (www.gci.ac.uk/usr/arr/home.html)

XIV Conferenza Internazionale di Fisica Medica, Nuremberg, Germania, 14-17 settembre 2005(www.icmp2005.org/)

VIII Meeting Biennale di ESTRO (European Society for Therapeutic Radiology and Oncology),Lisbona, Portogallo, 24-29 settembre 2005 (www.estro.be/estro/Index.html)

XVIII Conferenza Internazionale sull’ottica dei raggi X e microanalisi, Frascati, Roma, 25-30 set-tembre 2005 (www.lnf.infn.it/conference/icxom/main.html)

XCI Congresso Nazionale della Società Italiana di Fisica, Catania, 26 settembre - 1 ottobre 2005(www.sif.it/congress/congress2005_it.php/)

IV Congresso mondiale di Biologia Cellulare e Molecolare, Poitiers, Francia, 7-12 ottobre 2005(www.cmbworldcongress2005.com/)

LII congresso della RRS (Radiation Research Society) e XLVII congresso di ASTRO (AmericanSociety for Therapeutic Radiology and Oncology), Denver USA, 16-20 ottobre 2005(www.radres.org/2005_meeting.htm oppure www.astro.org/annual_meeting/index.htm)

Conferenza mondiale sulla fisica e lo sviluppo sostenibile, Durban, Repubblica Sudafricana, 31ottobre - 2 novembre 2005 (www.wcpsd.org/)

XIV Simposio Internazionale di Microdosimetria, Venezia, 13-18 novembre 2005 (http://micros2005.lnl.infn.it/)

CONVEGNI E CORSI

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