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 PRINCIPALI EFFETTI DEGLI INTERFERENTI ENDOCRINI NELL’UOMO Gianluca Tognon

Principali Effetti Degli Interferenti Endocrini Nell’Uomo

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Principali Effetti Degli Interferenti Endocrini Nell’Uomo

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  • PRINCIPALI EFFETTI DEGLI

    INTERFERENTI ENDOCRINI

    NELLUOMO

    Gianluca Tognon

  • Indice

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    INDICE INTRODUZIONE................................................................................................... Pag. 3

    1) Classificazione degli EDC..................................................................... 5 2) La valutazione del rischio...................................................................... 6 3) Aumento delle anomalie dellapparato riproduttivo.............................. 7 4) Strategie operative................................................................................. 8

    I METODI DI STUDIO.......................................................................................... 13

    1) Saggi in vitro......................................................................................... 14 Saggi in vivo.......................................................................................... 16 SCHEDA: Luso del dosaggio della vitellogenina come biomarcatore per gli estrogeni ambientali........................................... 17

    2) I modelli QSAR (Quantitative Structure-Activity Relationship)...... 18 ALCUNI CONCETTI TEORICI............................................................................ 21

    1) Cenni di endocrinologia........................................................................ 22 SCHEDA: I recettori per gli ormoni steroidei.................................... 25

    2) Cenni di metabolismo degli xenobiotici............................................... 25 USI ED EFFETTI DELLE DIVERSE CLASSI DI EDC....................................... 27

    1) Farmaci come distruttori endocrini....................................................... 28 2) I fenoli................................................................................................... 28 3) Pesticidi................................................................................................. 30 4) Propriet degli ftalati come distruttori endocrini.................................. 36 5) I ritardanti di fiamma (Brominated Flame Retardants, BFR)............ 38 6) Lacido perfluorooctanico e i suoi sali.................................................. 42 7) Le diossine............................................................................................. 47

    SCHEDA: Cancro e diossina............................................................. 47 SCHEDA: Il recettore arilico............................................................. 48 SCHEDA: Il caso Seveso................................................................... 48

    8) Policlorobifenili (PCB).......................................................................... 49 SCHEDA: EDC e cancro.................................................................... 52

    CONCLUSIONI....................................................................................................... 54 BIBLIOGRAFIA...................................................................................................... 55

    CHI E GIANLUCA TOGNON Laureato in Scienze biologiche con una tesi presso i l CNR di Pavia. Specialista in ricerca farmacologica al Mario Negri di Milano. Assegnista presso il Dip. di Sicurezza alimentare UniMilano. Tra pochi mesi specialista in Sc. dell'Alimentazione allUniPavia. Alcune pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali. Collaboratore del Wwf Italia.

  • INTRODUZIONE

  • Introduzione

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    Nel corso del ventesimo secolo il mondo ha vissuto unesplosione tecnologica e industriale senza precedenti che ha avuto per diverse conseguenze negative tra cui un rischio sempre crescente derivante dagli effetti dei prodotti e dagli scarti derivanti dallindustria, colpevoli spesso di esercitare spiacevoli effetti tossici, frequentemente sullapparato riproduttore. Fu solo a met degli anni 90 che si inizi a concretizzare il concetto della tossicologia riproduttiva con lavvento di maggiori e sempre pi dettagliate conoscenze nel campo dei distruttori endocrini. Lesposizione a sostanze chimiche nellambiente di vita e di lavoro e negli alimenti ha un posto di rilievo fra i fattori di rischio per la salute riproduttiva, considerando linsufficienza delle conoscenze scientifiche disponibili per unefficace prevenzione. La Commissione Europea e altri organismi internazionali (OECD, WHO) indicano in particolare come prioritario lincremento delle conoscenze sugli Endocrine Disrupting Chemicals (EDC), un eterogeneo gruppo di sostanze caratterizzate dalla capacit potenziale di interferire, attraverso svariati meccanismi, con il funzionamento del sistema endocrino, in particolare con lomeostasi degli ormoni sessuali e della tiroide. La riproduzione e lo sviluppo pre- e postnatale sono le fasi biologiche pi sensibili agli effetti endocrini degli EDC. Studi epidemiologici suggeriscono che vi sia una correlazioni fra esposizione a specifici gruppi di EDC e alterazioni dellapparato riproduttivo, quali ad esempio malformazioni, infertilit, aumentato rischio di seminomi e di endometriosi. Lo spettro di patologie correlabili a questi composti comunque molto ampio e comprende anche laumento del numero di aborti precoci associato allesposizione lavorativa a pesticidi, effetti a lungo termine sulla funzionalit tiroidea o riproduttiva in seguito a danni indotti in utero o durante linfanzia, patologie metaboliche correlabili con unalterata omeostasi di estrogeni e androgeni. Numerosi punti restano tuttavia ancora da chiarire, tra questi i meccanismi biologici alla base di tali correlazioni e gli eventuali fattori di suscettibilit e/o di rischio concomitanti. Manca in particolare una conoscenza approfondita dellintero spettro di patologie potenzialmente associabili allesposizione a EDC. I distruttori endocrini sono sostanze che mimano gli ormoni endogeni o che interferiscono con la farmacocinetica o ancora che operano secondo entrambi i suddetti meccanismi. La definizione classica e ormai unanimemente accettata di distruttore endocrino la seguente:

    Una sostanza esogena che interferisce con la produzione, il rilascio, il trasporto, il metabolismo, il legame, lazione o leliminazione degli ormoni naturali dellorganismo responsabili del mantenimento dellomeostasi e della regolazione dei processi di sviluppo.

    I loro effetti indesiderati finora osservati, mediante studi in vivo e in vitro, sono la compromissione della capacit riproduttiva, la presenza di difetti morfologici o funzionali alla nascita, lo sviluppo del cancro alcune alterazioni del sistema immunitario e altri problemi ancora. Le ricerche finora condotte nel campo dei distruttori endocrini hanno dato risultati che portano alle seguenti cinque conclusioni principali:

    1) I livelli di esposizione sufficienti a causare profondi e significativi effetti a livello fisiologico in esperimenti di laboratorio non sono molto elevati.

    2) I distruttori endocrini sono un gruppo di contaminanti persistenti e bioaccumulanti che si ritrovano allinterno di numerose classi di sostanze chimiche, dei quali fino a poco tempo fa si ignoravano gli effetti sul sistema endocrino.

    3) Lesposizione delluomo a queste sostanze ubiquitaria.

  • Introduzione

    5

    4) Tutti i sistemi ormonali finora esaminati sono risultati sensibili alla distruzione endocrina.

    5) Lesposizione in utero a un numero crescente di sostanze chimiche ha avuto un grosso impatto sullo sviluppo producendo risultati visibili precocemente alla nascita o tardivamente in et adulta.

    Molti composti sospettati di essere distruttori endocrini sono sostanze di ampio impiego ed economicamente importanti che quindi richiedono delle adeguate soluzioni per un loro utilizzo consapevole.

    1) Classificazione degli EDC.

    Lenorme quantit di composti che potrebbero interferire con il sistema endocrino umano e animale non ne facilita la classificazione. In via generale possibile raggruppare questi composti in cinque categorie principali:

    1) Farmaci o estrogeni sintetici (come ad esempio il 17-b estradiolo o lestrogeno sintetico dietilstilbestrolo, DES).

    Fitoestrogeni, tra cui: isoflavonoidi (genistein e daidzein della soia); cumestani (coumestrolo); lignani (secoisolariciresinolo e matairesinolo); stilbeni (resveratrolo delluva).

    2) Pesticidi, a loro volta distinguibili in:

    organofosforici; carbammati; ditiocarbammati; piretroidi sintetici; organoclorurati; fenossiacetici; erbicidi del gruppo dellammonio quaternario; topicidi derivati dalla cumarina; altri.

    3) Plastificanti (in particolare, gli ftalati) e prodotti derivanti dalla combustione del PVC

    (ma anche della carta e delle sostanze putrescibili) come le diossine.

    4) Sostanze di origine industriale come: fenoli; ritardanti di fiamma; acido perfluorooctanico e suoi sali; diossine; alcuni metalli pesanti (piombo, cadmio e mercurio).

  • Introduzione

    6

    Sono stati dimostrati effetti estrogeno-simili (sia in vivo che in vitro) anche per alcune sostanze naturali (incluse alcune micotossine), potenzialmente presenti in diverse componenti della dieta. Un altro modo di classificare queste sostanze quello che prende spunto dalla loro origine. Distinguiamo pertanto composti di origine:

    1) Naturale (fitoestrogeni ed estrogeni). 2) Sintetica, ulteriormente suddivisibili in:

    estrogeni sintetici, a loro volta distinti in: o farmaceutici (dietilstilbestrolo); o industriali tra cui: pesticidi, conservanti, solventi e plasticizzanti;

    antiestrogeni sintetici, a loro volta suddivisi in: o farmaceutici (tamoxifen); o industriali (diossine).

    Gli EDC hanno carattere lipofilo e questo permette loro di diffondere attraverso la membrana cellulare, di legare eventualmente i recettori per gli ormoni steroidei e di accumularsi a livello del tessuto adiposo. Il loro bioaccumulo ha sicuramente una notevole importanza dal punto di vista tossicologico, ma per quanto riguarda ad esempio gli alimenti da citare il fatto che attraverso la sostanza grassa consumata insieme alla carne, al latte, ecc., vengono assunte numerose di queste sostanze derivanti dallinquinamento ambientale.

    2) La valutazione del rischio. La valutazione del rischio per la salute umana e lambiente derivanti dallesposizione a EDC deve tenere conto di due ordini di problemi. Il primo la messa a punto di sistemi sperimentali in vitro e in vivo atti sia ad identificare con sufficiente sensibilit che a caratterizzare con precisione gli effetti sullequilibrio endocrino. I metodi di studio attualmente utilizzati purtroppo non sono sempre adeguati a valutare eventuali effetti sul sistema endocrino, soprattutto nel caso di esposizioni che accadono in periodi di maggiore suscettibilit, quali particolari momenti dello sviluppo dellorganismo, allorch il sistema endocrino ha un ruolo chiave nel regolare processi essenziali sia fisiologici che morfologici. Un altro problema da affrontare quello di stabilire se nellambiente esistono livelli di EDC tali da esercitare unazione negativa sulla salute della popolazione generale, considerando la presenza di situazioni di maggiore suscettibilit (la gravidanza, lo sviluppo intrauterino e il periodo postnatale) e di gruppi particolarmente esposti (ad esempio per attivit lavorative o abitudini alimentari). Limpatto sanitario e ambientale pu essere considerevole se si tiene conto da un lato dei potenziali effetti sugli esseri viventi, osservati sperimentalmente anche per dosi relativamente basse e dallaltro dei molteplici usi agricoli e industriali e/o della presenza ubiquitaria e persistente nellambiente delle sostanze chimiche attualmente individuate come EDC, il cui numero del resto probabilmente destinato ad aumentare. La vastit del problema richiede la collaborazione tra esperti in varie discipline quali la tossicologia clinica, la medicina di laboratorio, la tossicologia sperimentale, lecotossicologia, la microanalisi chimica e lepidemiologia nelle sue branche clinica, ambientale e molecolare. necessaria inoltre una razionalizzazione degli sforzi, al fine di colmare quelle lacune nelle attuali conoscenze che hanno unimportanza critica cos da poter fornire un valido supporto scientifico utile per una regolamentazione dei livelli massimi consentiti di esposizione alle sostanze considerate, per la definizione delle priorit e per prendere decisioni nel campo della

  • Introduzione

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    salute pubblica e della qualit dellambiente. Occorre acquisire solide conoscenze scientifiche riguardo:

    a) i livelli di inquinamento ambientale (da valutare attraverso adeguati programmi di monitoraggio);

    b) lentit dellesposizione della popolazione generale e dei gruppi a rischio (ad esempio sul luogo di lavoro) attraverso un adeguato programma di monitoraggio biologico;

    c) la relazione tra la dose assorbita e la prevalenza o linsorgenza di condizioni patologiche attraverso leffettuazione di adeguati studi epidemiologici;

    d) linsorgenza di eventi/alterazioni patologiche in modelli sperimentali animali e/o cellulari.

    3) Aumento delle anomalie dellapparato riproduttivo.

    Negli ultimi decenni si assistito, in alcuni paesi, ad un aumento dellincidenza di tumori testicolari (tumori delle cellule germinali, seminomi) e ad un probabile aumento dellincidenza di alcune anomalie del tratto genitale maschile, quali il criptorchidismo e lipospadia (anomalie del tratto genito-urinario che si determinano durante lo sviluppo fetale). Parallelamente, secondo alcuni autori, si sarebbe verificato un declino nella qualit dello sperma e un decremento del numero medio di spermatozoi per eiaculato. stata avanzata lipotesi che questi cambiamenti possano essere stati causati da un aumento del livello di EDC ad azione estrogeno-simile nellambiente. Sembrano inoltre esservi variazioni notevoli fra le varie aree geografiche. Lesperienza clinica dimostra che pu esservi uneziologia comune alla base di tutte le anomalie osservate: il seminoma e il criptorchidismo, cos come lipospadia, sono spesso associate a un quadro istologico di alterazioni della spermatogenesi. Le basi biologiche per la suscettibilit del testicolo agli effetti negativi dovuti ad un incremento degli estrogeni risiedono invece negli effetti di questi ormoni sullo sviluppo e la funzione delle cellule del Sertoli nel testicolo fetale. La proliferazione e la funzione delle cellule del Sertoli sono entrambi fenomeni controllati dallormone FSH (follicolo-stimolante) il quale regola probabilmente anche la secrezione dellormone antimulleriano, responsabile, nei maschi, della regressione dei dotti mulleriani (primordio embrionale dellapparato genitale femminile). Una diminuzione nella secrezione di FSH causata da un aumento degli estrogeni nel circolo materno-fetale pu avere pertanto un effetto negativo sulla proliferazione delle cellule del Sertoli e sulla secrezione dellormone antimulleriano. Unalterata secrezione di tale ormone sembra portare a differenti tipi di condizioni intersessuali o al criptorchidismo, dato il suo ruolo nella fase addominale della discesa testicolare. Alcune evidenze suggerirebbero che lormone antimulleriano controlli anche la divisione delle cellule germinali primordiali: uninsufficiente produzione di tale ormone causerebbe labnorme proliferazione di cellule germinali e questo potrebbe potenzialmente condurre allo sviluppo, nella vita adulta, di carcinomi in situ (seminomi). La moltiplicazione delle cellule del Sertoli avviene principalmente durante la via fetale fino alle prime fasi della vita neonatale, sotto il controllo dellormone FSH. Ogni cellula del Sertoli pu nutrire un numero limitato di cellule germinali regolandone lo sviluppo verso lo stadio finale di spermatozoi maturi. Un numero ridotto di cellule del Sertoli un fattore limitante per la spermatogenesi cos come un loro anomalo funzionamento ha un impatto negativo sulle cellule del Leydig, sulla produzione di androgeni e sul normale sviluppo del fenotipo maschile del feto.

  • Introduzione

    8

    Gli eventi critici nello sviluppo testicolare accadono in un periodo molto precoce dello sviluppo fetale, quando lincremento nei livelli di estrogeni circolanti nel sangue materno non ha ancora avuto luogo. Un aumento nei livelli basali di estrogeni in questa fase dello sviluppo pu avere un effetto deleterio sullo sviluppo degli organi riproduttivi. Gli estrogeni endogeni sono legati, per mezzo di un legame ad alta affinit, alla SHBG (Sex Hormone Binding Globulin) mentre gli estrogeni sintetici non lo sono, per questo gli estrogeni sintetici potrebbero produrre effetti biologici rilevanti anche se presenti a basse concentrazioni. Nel caso particolare invece degli estrogeni ambientali, va osservato come tra le diverse modalit di esposizione, quella collegata alle abitudini alimentari ha, con molta probabilit, una notevole rilevanza. Il consumo di grassi pro-capite stato trovato essere correlato in modo significativo al tasso di mortalit per il cancro della mammella ed anche stata avanzata lipotesi che la dieta dei paesi industrializzati, quando paragonata a diete vegetariane o semi-vegetariane, sia alla base di una maggiore incidenza di altri tumori, oltre quello della mammella, cosiddetti ormone-dipendenti. Molti contaminanti ambientali in effetti, identificati come potenziali EDC, si accumulano nei tessuti e quindi negli alimenti di origine animale. Secondo alcuni autori leffetto protettivo della dieta vegetariana dovuto alla presenza, negli alimenti di origine vegetale, di elevate quantit di fitoestrogeni, soprattutto isoflavonoidi e lignani.

    4) Strategie operative. Al momento, quanto precedentemente esposto rimane unipotesi scientifica, sostenuta da autorevoli ricercatori sia europei che statunitensi, che deve essere sottoposta ad ulteriori verifiche. Al fine di convalidare tali ipotesi sono necessari:

    a) studi epidemiologici retrospettivi, trasversali e prospettici, che riguardino sia gli esseri umani che gli animali, volti allidentificazione di variazioni nella prevalenza o nellincidenza degli effetti negativi sulla salute ricollegabili allazione degli EDC;

    b) una valutazione dei livelli di esposizione agli EDC sia nella popolazione generale che in gruppi di esposti (ad esempio in ambiente lavorativo), anche attraverso adeguati programmi di monitoraggio ambientale e di valutazione della presenza di residui tossici nei prodotti per lalimentazione animale o umana;

    c) lidentificazione e la convalidazione di indicatori biologici che consentano una misura affidabile dei livelli di esposizione o la rivelazione della presenza di effetti subclinici;

    d) lesecuzione di studi di laboratorio di carattere tossicologico per la verifica di ipotesi basate sia su studi epidemiologici che su risultati di osservazioni sul campo effettuate su popolazioni di fauna selvatica;

    e) la definizione di linee guida a valenza internazionale mirate allindividuazione e alla misura del potenziale associato alle sostanze chimiche di nuova introduzione e, se necessario, a quelle gi in uso;

    f) la caratterizzazione di metodologie e modelli di valutazione del rischio derivante dallesposizione contemporanea a diverse sostanze tossiche.

    Le figure qui di seguito riportate illustrano le formule chimiche dei principali composti derivanti dalle attivit antropiche che saranno oggetto di questa trattazione.

  • Gli ormoni sessuali

    Figura 1: Struttura chimica degli ormoni sessuali maschili (A) e femminili (B).

  • I PRINCIPALI DISTRUTTORI ENDOCRINI (1)

    1) Diossine .

    2) Acido Perfluorooctanico e suoi sali.

    Figura 2: Struttura chimica dei principali EDC.

    Dibenzodiossina Dibenzofurano

    Bisfenile

    F-CF2-CF2-CF2-CF2-CF2-CF2-CF2-(C=O)-X

    Acido X=OM+; M=H

    Sale ammonio X=OM+; M=NH4

    Sale sodico X=OM+; M=Na

    Sale di potassio X=OM+; M=K

    Sale d'argento X=OM+; M=Ag

    Acido fluoridrico X=F

    Estere metilico X=OM+; M=CH3Estere etilico X=OM+; M=CH2-CH3

  • I PRINCIPALI DISTRUTTORI ENDOCRINI (2)

    3) Ritardanti di fiamma.

    4) Ftalati

    Figura 3: Struttura chimica dei principali EDC.

    Difenili polibromurati (PBB; x + y = 6-10)

    Tetrabromobisfenolo A (TBBP-A)

    Tris(2,3-dibromopropil) fosfato (Tris)

    Polibromo-difenil-eteri (PBDE ; x + y = 3-10)

    Dietil ftalato

    Dibutil ftalato

    Diisobutil ftalato

    Butil cicloesil ftalato

    Butil benzil ftalato

    Difenil ftalato

    Isoexilbenzil ftalato

    Diisononil ftalato

    Ditridecil ftalato

  • I PRINCIPALI DISTRUTTORI ENDOCRINI (3)

    5) Pesticidi.

    Tipo I Tipo II

    Pesticidi fenossiacetici Gruppo dell'ammonio quaternario

    Altri composti

    Atrazina

    Figura 4: Struttura chimica dei principali EDC. I sostituenti dei pesticidi sono spiegati nel capitolo degli

    effetti.

    Pesticidi organofosforici Carbammati Ditiocarbammati

    Piretroidi sintetici

  • I METODI DI STUDIO

  • I metodi di studio

    14

    Come pi volte ricordato linteresse e la preoccupazione per quanto riguarda il ruolo di alcune sostanze ad azione estrogeno-simile, nel contribuire allo sviluppo di molti effetti avversi nelluomo e nellanimale selvatico sta aumentando. La preoccupazione nasce dal fatto che migliaia di composti vengono riversati ogni giorno nellambiente e un buon numero di essi ha un potenziale effetto di disturbo sul sistema endocrino; molti sono persistenti, lipofili e dotati di elevata tensione di vapore (il che facilita la loro dispersione nellambiente). Il normale funzionamento del sistema endocrino si esplica attraverso unampia fluttuazione degli indici ormonali o di altri indici biologici che riflette landamento del ritmo circadiano, delle stagioni (variazioni di luce e temperatura), let e il sesso. In campo animale la presenza di una certa quantit di un determinato ormone un elemento critico per lo sviluppo in particolare dei programmi neurocomportamentali, sia nel campo degli invertebrati che in quello degli anfibi, rettili, pesci, uccelli e mammiferi. La preoccupazione nasce quindi dal numero di sostanze chimiche contaminanti lambiente che sono in grado di disturbare questi importanti equilibri ormonali. Queste sostanze possono agire attraverso numerosi meccanismi e alcuni agiscono solo in determinati periodi dello sviluppo. Molta attenzione stata quindi data a quelle sostanze che hanno una struttura chimica simile a quella degli estrogeni naturali e che potrebbero quindi avere affinit per il loro recettore. anche possibile che queste sostanze possano agire con un meccanismo indipendente dal recettore per gli estrogeni. Lidentificazione dellattivit estrogenica basata principalmente su risultati ottenuti da saggi in vitro di legame al recettore estrogenico, di trascrizione genica e di proliferazione cellulare o da saggi a breve termine in vivo come la valutazione della crescita dellutero. Purtroppo nessun metodo oggi disponibile permette di mostrare tutti gli effetti estrogenici di un composto; spesso inoltre i risultati di test diversi non sono confrontabili tra loro. Le attuali metodologie per la valutazione delle conseguenze sulla vita selvatica sono generalmente volte ad identificare gli effetti piuttosto che i meccanismi dazione degli EDC e non riescono sempre a fornire una corretta valutazione dellinterazione con il sistema endocrino. In ogni caso diversi sono gli approcci che possono essere utilizzati per valutare lattivit estrogenica di un composto chimico; questi metodi sono suddivisibili in due grandi categorie a seconda che essi siano basati su modelli in vitro o su modelli in vivo.

    1) Saggi in vitro. Molti di questi saggi sono basati su meccanismi dazione ben conosciuti e analizzano molti pi obiettivi rispetto ai saggi in vivo, grazie anche a un uso sempre pi di frequente delle tecniche pi recenti della biologia molecolare. SAGGIO DI PROLIFERAZIONE CELLULARE. Questo test si basa sullutilizzo di cellule di una linea cellulare di carcinoma della mammella, le MCF-7, le quali sono dotate del recettore estrogenico e che rimangono quiescenti fino a che non vengono stimolate (per esempio mediante somministrazione di 17-b-estradiolo). Lattivit estrogenica degli xenobiotici da testare valutata mediante:

    - determinazione del tasso di crescita relativa, il quale misura il rapporto tra la minima concentrazione di estradiolo necessaria per la massima resa in termini di crescita cellulare e la minima concentrazione di xenobiotico necessario per ottenere lo stesso effetto;

  • I metodi di studio

    15

    - determinazione delleffetto proliferativo relativo, il quale indica se il composto testato induce una risposta proliferativa quantitativamente simile a quella ottenuta con lestradiolo oppure una resa inferiore.

    Questo test suggerisce, ma non permette di dimostrare inequivocabilmente lazione estrogenica di una sostanza. Insieme al saggio di legame al recettore, questo rappresenta il primo test che viene effettuato su uno xenobiotico sospetto. SAGGIO DI REGOLAZIONE DEL PROMOTORE ENDOGENO. Questo test consiste nellutilizzare dei costrutti contenenti i promotori di geni che rispondono allazione degli estrogeni e dei geni cosiddetti reporter quali per esempio, la b-galattosidasi o la luciferasi. Linduzione del promotore sensibile allestrogeno ad opera del composto oggetto del test (in presenza ovviamente del recettore per gli estrogeni) viene rivelata come maggiore livello di trascrizione del gene reporter rispetto al controllo ed quindi facilmente quantificabile (per esempio fornendo il substrato al primo enzima e valutando la concentrazione del prodotto formatosi o misurando con un luminometro, la fluorescenza cellulare data dalla luciferasi). VALUTAZIONE DELLE VARIAZIONI NELLESPRESSIONE GENICA NEL SISTEMA RIPRODUTTIVO FETALE MEDIANTE MICROARRAYS A DNA. Lidea di fondo di questo test che molti degli effetti che compaiono tardivamente durante la vita adulta riflettano in realt variazioni nellespressione di particolari geni durante lo sviluppo fetale in seguito allesposizione in utero a sostanze capaci di disturbare il sistema endocrino. In questo modo possono essere valutate le alterazioni a carico dellespressione genica in seguito a trattamento con sostanze estrogeniche, androgeniche (o antiestrogeniche e antiandrogeniche) o tossiche per la tiroide. La tecnica dei microarrays stata illustrata in figura 5. VALUTAZIONE CITOFLUORIMETRICA DEL DIFFERENZIAMENTO DEI TESTICOLI. Il test permette, mediante luso della citofluorimetria a flusso, di studiare le modificazioni che avvengono a carico delle cellule che, allinterno del testicolo, stanno differenziando a spermatozoi. Di queste cellule viene analizzata la ploidia (marcando il DNA con un fluorocromo specifico come lo ioduro di propidio), il rapporto DNA/RNA (sempre mediante luso di marcatori specifici), lattivit mitocondriale (durante la spermatogenesi si osserva un progressivo aumento del tasso respiratorio cellulare), ossia tutti quei parametri (o perlomeno i principali) che variano durante la spermatogenesi). Le cellule isolate dal testicolo vengono innanzitutto marcate con un anticorpo anti-vimentina (un filamento intermedio presente nelle cellule somatiche e non in quelle germinali); il software associato al citofluorimetro permette cos di scartare tutte le cellule positive per questa marcatura che quindi non sono cellule germinali). Le diverse popolazioni (corrispondenti ai diversi gradi di differenziamento) possono essere cos distinte in base al diverso contenuto di DNA (gli spermatozoi maturi sono aploidi) nonch al diverso livello di attivit mitocondriale (valutato mediante specifici fluorocromi come il nonyl acridine orange la cui intensit di fluorescenza aumenta con laumentare dellattivit mitocondriale). Il tracciato fornito dallo strumento mostra chiaramente le diverse popolazioni ed possibile anche stimare il numero di cellule per ciascuna regione (e quindi per ciascun livello differenziativo).

  • I metodi di studio

    16

    In questo modo, dal confronto con una popolazione di controllo, si rivelano facilmente eventuali alterazioni nella spermatogenesi. Il funzionamento del citofluorimetro a flusso stato illustrato nella figura 6.

    2) Saggi in vivo.

    Questi saggi valutano una serie di parametri tra cui il peso di determinati organi, il sex ratio (rapporto maschi/femmine), la lunghezza del fallo, listopatologia delle gonadi, il differenziamento cellulare, il dosaggio di particolari proteine e lattivit di determinati enzimi nel sangue. Nonostante questi saggi siano ampiamente utilizzati, essi sono inadatti per uno screening dampio raggio e il loro uso quindi limitato a causa dei costi elevati, della scarsa sensibilit, della modesta risposta e infine, dellintenso lavoro di laboratorio che richiedono le diverse misure. Molti saggi in vivo sfruttano risposte ad elevato grado di complessit come linduzione del peso uterino, che viene considerato il risultato principale dellattivit estrogenica, ma che pu essere influenzata e modulata da meccanismi che non coinvolgono direttamente il recettore degli estrogeni. Questo test potrebbe quindi rivelarsi non specifico per questo genere di fenomeno. In ogni caso i saggi in vivo sono essenziali per esaminare lattivit estrogenica dei composti sospettati di essere degli EDC. Qui di seguito viene presentata una breve panoramica sui principali test per lo studio degli effetti su diversi organismi viventi dei distruttori endocrini. IL TEST UTEROTROFICO. Lanimale oggetto di studio (in genere un roditore, soprattutto topi e ratti) viene sacrificato e lutero (senza ovidotti) viene attentamente dissezionato, privato della membrana aponeurotica e del grasso e pesato in presenza e assenza del suo contenuto luminale. Questo test si propone di determinare la capacit di una sostanza chimica di stimolare o inibire la risposta estrogenica dellutero. IL TEST DI HERSHBERGER. Questo test permette di operare uno screening sulla base degli effetti androgenici, evidenziando la capacit di un composto di stimolare o inibire la risposta androgenica nei testicoli e negli organi sessuali secondari dei roditori. Vengono utilizzati a tale scopo degli animali castrati nei quali quindi laumento o il mantenimento del peso dei tessuti come la prostata, le vescicole seminali o il pene non pu pi essere regolato dagli ormoni endogeni ma conseguenza diretta dellesposizione a sostanze esogene ad azione androgenica o antiandrogenica. IL TEST DI SCREENING DELLA PUBERTA FEMMINILE (O MASCHILE). Questa indagine mira alla valutazione dellattivit estrogenica (o androgenica) e tiroidea nelle femmine (o nei maschi) esposte/i a sostanze chimiche prima o durante la maturazione sessuale. In questo modo possibile evidenziare le anomalie associate con lo sviluppo degli organi sessuali e dei caratteri sessuali secondari. IL TEST DI SCREENING DELLA RIPRODUZIONE NEI PESCI. Questo metodo analizza le anomalie associate alla sopravvivenza, al comportamento riproduttivo, ai caratteri sessuali secondari e alla fecondit (numero di uova per deposizione, fertilit e sviluppo della prole) nei pesci teleostei.

  • I metodi di studio

    17

    IL TEST DI SCREENING DELLA METAMORFOSI DELLA RANA. Questo screening punta ad identificare i potenziali effetti sulla tiroide, basandosi sul fatto che la metamorfosi da girino a rana sotto il controllo di questa ghiandola. I parametri che vengono analizzati sono soprattutto legati alle anomalie associate con il riassorbimento della coda nel girino. I risultati che si ottengono possono essere traslati poi alluomo. IL TEST DI RIPRODUZIONE DEI GAMBERETTI. Questo test stato studiato per fornire informazioni riguardo la dose-risposta agli EDC negli invertebrati dal punto di vista delle alterazioni della capacit riproduttiva.

    Oltre a tutti questi studi nellanimale rientrano in questa categoria anche tutti gli studi epidemiologici e retrospettivi effettuati nelluomo e volti a valutare le alterazioni nei soggetti esposti (o nati da genitori esposti) quali ad esempio il grado di fertilit, qualit e quantit del seme, il sex ratio, le eventuali anomalie degli organi sessuali o dei caratteri sessuali secondari.

    SCHEDA: Luso del dosaggio della vitellogenina come biomarcatore per gli estrogeni ambientali.

    Lattuale scarsit di efficienti saggi biologici per una determinazione certa degli effetti degli EDC nelluomo considerata la causa primaria della carenza di politiche mirate al controllo di questo problema. In questo contesto si inserisce il discorso legato alla vitellogenina, la quale rappresenta un potenziale marcatore biologico per la valutazione del potenziale effetto estrogenico di determinate sostanze chimiche. La vitellogenina un fosfolipoglicoproteina serica ad elevato peso molecolare che rappresenta il maggiore precursore delle proteine del sacco vitellino nei vertebrati ovipari. Questa proteine sintetizzata e secreta dal fegato in risposta agli estrogeni circolanti nelle femmine in corso di maturazione sessuale e non normalmente misurabile nel plasma dei maschi e delle femmine immature. La presenza di questa proteina estrogeno-inducibile nel plasma di un animale pu essere presa come levidenza dellesposizione a estrogeni endogeni o ambientali o ancora a sostanze che mimano il comportamento degli estrogeni. Le propriet immunologiche e strutturali della vitellogenina possono variare enormemente da una specie allaltra anche tra quelle pi ravvicinate e ci limita unapplicazione su vasta scala di questo saggio. Recentemente stato chiarito il fatto che la vitellogenina appartiene ad unantica famiglia di proteine che includono una serie di lipoproteine tra cui tutta una serie di vitellogenine proprie di invertebrati e vertebrati; appartengono a questa classe anche numerose proteine seriche umane come lapolipoproteina B-100 e il fattore di Von-Willebrand coinvolte la prima nel trasporto del colesterolo, la seconda nella coagulazione del sangue. Il fatto che la vitellogenina sia una proteina cos ben conservata nel corso dellevoluzione, fa ben sperare che essa possa contenere epitopi comuni a numerose specie esistenti che permettano quindi di sviluppare anticorpi da sfruttare per la messa a punto di un saggio immunologico da utilizzare per uno screening dampio raggio.

  • I metodi di studio

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    3) I modelli QSAR (Quantitative Structure-Activity Relationship). Questo tipo di modello (sviluppato allelaboratore) permette di predire, sulla base della struttura chimica di una sostanza, il suo grado di attivit (valutato nel nostro caso come affinit per il recettore per gli estrogeni, ad esempio). Esistono diversi metodi QSAR e una loro trattazione completa richiederebbe numerose pagine. In questa sede verranno pertanto solo brevemente descritte le principali caratteristiche di questo tipo di analisi. Scopo di questi studi quello di correlare le propriet fisico-chimiche (elettroniche, steriche, idrofobiche) di un composto allattivit biologica in questione, valutata per esempio come EC50, IC50, Km, ecc. Idealmente, i parametri scelti dovrebbero avere la minima variabilit. La relazione fra propriet e attivit biologica viene espressa come una funzione, ossia unespressione matematica derivata mediante tecniche statistiche come ad esempio la regressione multipla lineare. I parametri che descrivono le propriet fisico-chimiche vengono usati come variabili indipendenti, quelli che esprimono lattivit biologica come variabili dipendenti. In alcuni casi non possibile ottenere una funzione e ci riflette la natura multivariata e non lineare delle propriet biologiche e chimico-fisiche. I risultati permettono anche di capire le interazioni fra i diversi gruppi funzionali delle molecole a maggiore attivit e i loro target. Questi modelli permettono di quantificare le relazioni tra struttura e attivit e permettono quindi di fare uno screening predittivo. Essi possono per dare origine anche a delle false correlazioni; inoltre, i dati raccolti non forniscono sempre sufficienti informazioni riguardo tutti i possibili effetti di un composto.

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    Analisi dellespressione genica mediante microarrays

    Figura 5: Lanalisi dellespressione genica mediante microarrays permette di valutare simultaneamente lespressione di migliaia di geni in un campione biologico (in questo caso esposto ad un sospetto EDC) mediante ibridazione del DNA estratto dal campione con del cDNA o degli oligonucleotidi stampati ad elevata densit su di un appropriato supporto e disposti ordinatamente su di esso. Questa tecnica permette anche lidentificazione di nuovi target poich valuta:

    - lamplificazione e il riarrangiamento genico; - lespressione e la funzione di proteine; - lespressione genica.

    I microarrays sono uno strumento versatile perch permettono:

    - lanalisi del profilo di espressione; - la valutazione delle alterazioni del DNA; - il sequenziamento genico.

    I risultati sono semi-quantitativi e permettono di valutare differenze di espressione tra campioni diversi.

  • 20

    Struttura di un cimometro a flusso

    Figura 6: Una sospensione di cellule fissate in etanolo 70 o in formalina nelle quali stato marcato con un apposito fluorocromo una particolare macromolecola (DNA o proteine) viene colpita da un raggio laser a lunghezza donda prestabilita (generalmente 488 nm); il fluorocromo viene cos eccitato ed emette una fluorescenza che viene trasformata in impulso elettrico da un fotomoltiplicatore (PMT) che cos misurabile in Volt. Il computer, mediante un apposito software, permette di visualizzare con un grafico, lintensit della corrente misurata in funzione delle conte di cellule caratterizzate da quella particolare intensit, oppure in funzione dellintensit misurata di un altro fluorocromo presente nella cellula.

  • ALCUNI CONCETTI TEORICI

  • Alcuni concetti teorici

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    1) Cenni di endocrinologia. La coordinazione del metabolismo nei diversi organi dei mammiferi avviene mediante segnali ormonali o neuronali. A seguito di modificazioni nellorganismo, le singole cellule in un tessuto rispondono secernendo un messaggero chimico extracellulare. Le cellule endocrine secernono ormoni, mentre i neuroni secernono i neurotrasmettitori; in entrambi i casi il messaggero extracellulare passa ad unaltra cellula dove si lega a un recettore specifico e innesca una modificazione delle attivit di questa seconda cellula. Nella trasmissione di segnali neuronali, il messaggero chimico (il neurotrasmettitore, per esempio, acetilcolina) pu spostarsi solo per spazi brevissimi, frazioni di micrometro, attraverso la sinapsi fino a raggiungere laltra cellula, al contrario gli ormoni sono trasportati dal sangue a organi molto distanti dalla loro sede di produzione: possono percorrere metri prima di incontrare la loro cellula bersaglio. A parte questa differenza, i segnali chimici trasmessi dal sistema nervoso o dal sistema endocrino utilizzano meccanismi simili tra loro e alcuni dei messaggeri chimici possono essere condivisi dai due sistemi. Ladrenalina e la noradrenalina, per esempio, funzionano da neurotrasmettitori in alcune sinapsi del cervello e del muscolo liscio, oltre che da ormoni nel controllare il metabolismo energetico del fegato e nel muscolo. Anche se i sistemi endocrino e neurale sono di solito trattati come entit separate, sta diventando sempre pi evidente che nella regolazione del metabolismo essi si comportano come un solo sistema neuroendocrino. La parola ormone deriva dal verbo greco horman, che significa stimolare, eccitare. Vi sono tre classi chimicamente distinte di ormoni: peptidi, ammine e steroidi. Un quarto gruppo di segnali extracellulari, gli eicosanoidi, ha propriet simili a quelle degli ormoni per quanto riguarda lazione biologica, ma agiscono solo a livello locale. Gli ormoni peptidici, che hanno da tre a oltre 200 residui amminoacidici, comprendono tutti gli ormoni dellipotalamo e dellipofisi e gli ormoni pancreatici insulina, glucagone e somatostatina. Gli ormoni amminici sono composti a basso peso molecolare, che derivano dallamminoacido tirosina e comprendono ladrenalina e la noradrenalina prodotte dalle ghiandole surrenali e gli ormoni tiroidei meno solubili in acqua. Gli ormoni steroidei sono solubili nei lipidi e comprendono gli ormoni della corteccia del surrene, ormoni derivati dalla vitamina D e gli androgeni e gli estrogeni (gli ormoni sessuali maschili e femminili). Essi si spostano nel flusso sanguigno legati a specifiche proteine trasportatrici. Gli eicosanoidi sono derivati dallacido grasso insaturo a 20 atomi di carbonio arachidonato. Gli ormoni sono di solito presenti nel sangue a concentrazioni molto basse, dellordine di misura da micromolare a picomolare, al contrario, per esempio, del glucosio presente in questo fluido corporeo a concentrazioni millimolari. Per questo motivo, molto difficoltoso isolare, identificare e valutare accuratamente gli ormoni. Quando un ormone viene secreto, la sua concentrazione nel sangue aumenta, qualche volta anche di diversi ordini di grandezza. Quando la secrezione si ferma, la concentrazione dellormone ritorna rapidamente ai livelli normali. Gli ormoni hanno nel sangue unesistenza piuttosto breve, spesso solo di pochi minuti. Quando il processo che essi mediano non pi necessario per lorganismo, sono inattivati da sistemi enzimatici. Alcuni ormoni producono intermedi fisiologici o risposte biochimiche. Pochi secondi dopo la secrezione delladrenalina nel flusso sanguigno, il fegato risponde rilasciando glucosio nel sangue. Al contrario gli ormoni tiroidei e gli estrogeni inducono una risposta massima nei loro tessuti bersaglio soltanto dopo ore o giorni. Queste differenze nei tempi di risposta corrispondono a differenze nel meccanismo dazione di queste molecole. In genere gli ormoni che agiscono rapidamente determinano variazione nellattivit di uno o pi enzimi preesistenti nella cellula bersaglio, mediante meccanismi allosterici o modificazioni covalenti degli enzimi

  • Alcuni concetti teorici

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    stessi. Gli ormoni che agiscono pi lentamente alterano di solito lespressione di geni, inducendo la sintesi di pi copie di una proteina. Tutti gli ormoni agiscono attraverso specifici recettori, presenti nelle loro cellule bersaglio, a cui gli ormoni si legano con alta affinit e specificit. Ogni tipo di cellula ha una sua combinazione di recettori per ormoni che definisce il suo campo di sensibilit a queste molecole. Due tipi di cellule con lo stesso recettore possono avere bersagli intracellulari diversi per lazione dellormone e quindi possono rispondere in modo diverso. Gli ormoni peptidici e amminici solubili in acqua non possono attraversare la membrana plasmatica e i loro recettori sono localizzati sulla superficie esterna delle cellule bersaglio. Gli ormoni steroidei e tiroidei solubili nei lipidi attraversano facilmente la membrana plasmatica delle loro cellule bersaglio; i loro recettori sono specifiche proteine localizzate nel nucleo. Dopo il legame dellormone la proteina recettrice, presente nella membrana plasmatica della cellula, va incontro a una modificazione conformazionale analoga a quella prodotta in un enzima allosterico dal legame di un effettore. In questa conformazione modificata, il recettore produce o determina la produzione di una molecola di messaggero intracellulare, chiamato anche secondo messaggero. Il secondo messaggero trasferisce il segnale dal recettore dellormone a qualche enzima o sistema molecolare della cellula, che genera la risposta. Il secondo messaggero pu agire anche regolando la reazione di uno specifico enzima o modificando la velocit con cui un certo gene o gruppo di geni viene tradotto in proteina o proteine. Nel caso degli ormoni steroidei e tiroidei, il complesso recettore-ormone che trasferisce il messaggio, provocando lalterazione dellespressione di specifici geni. Analizziamo brevemente i principali sistemi endocrini del corpo umano e alcuni dei loro sinergismi funzionali. La parola endocrino significa che le secrezioni di queste ghiandole sono interne, cio sono rilasciate nel sangue. Lipotalamo, una porzione specializzata del cervello, il centro di coordinazione del sistema endocrino: riceve ed integra messaggi provenienti dal sistema nervoso centrale. In risposta a questi messaggi, lipotalamo produce ormoni regolatori destinati allipofisi anteriore (adenoipofisi), posta appena sotto lipotalamo. Alcuni di questi ormoni ipotalamici (fattori di rilascio) stimolano lipofisi anteriore a secernere a sua volta un determinato ormone; altri hanno invece effetti inibitori. Una volta stimolata, lipofisi anteriore rilascia ormoni nel sangue che li trasporta agli organi che costituiscono la tappa successiva del sistema endocrino, cio la corteccia surrenale, la ghiandola tiroidea, lovaio, i testicoli e le cellule endocrine del pancreas. Queste ghiandole sono a loro volta stimolate a secernere i loro ormoni specifici che sono trasportati dal sangue ai recettori posti sulle o entro le cellule dei tessuti bersaglio. Lipofisi posteriore (neuroipofisi) contiene terminazioni assoniche di molti neuroni che hanno il corpo nellipotalamo. In questi neuroni, si formano due piccoli ormoni peptidici, lossitocina e la vasopressina, dalla degradazione di precursori proteici pi grandi. Questi ormoni peptidici si spostano lungo gli assoni ipotalamici fino alle terminazioni nervose presenti nellipofisi posteriore, dove vengono conservati in granuli di secrezione. Lossitocina agisce sul muscolo liscio dellutero e della ghiandola mammaria, determinando contrazioni uterine durante il travaglio o la secrezione di latte durante la lattazione. La vasopressina (detta anche ormone antidifterico) aumenta il riassorbimento di acqua nel rene e induce una costrizione dei vasi sanguigni, favorendo quindi un aumento della pressione sanguigna. La tappa finale in questo sistema rappresentata dal meccanismo intracellulare innescato dal recettore dellormone: la formazione di un secondo messaggero che trasporta il messaggio dal recettore dellormone a una struttura cellulare specifica o a un enzima come bersaglio finale, oppure lalterazione dellespressione di geni da parte del complesso recettore-ormone che si lega al DNA. Quindi, ogni sistema endocrino ricorda un circuito elettrico con una serie di rel,

  • Alcuni concetti teorici

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    che trasporta messaggi dal sistema nervoso centrale, attraverso diverse tappe intermedie, a una specifica molecola presente nelle cellule bersaglio. Lipotalamo posto in cima a questa piramide gerarchica, composta da molti tessuti che producono anchessi ormoni. Riceve segnali neurali positivi (di innesco) da diverse parti del cervello e segnali negativi (di spegnimento) dagli ormoni che circolano nel sangue. Questi segnali sono integrati nellipotalamo, che risponde rilasciando lopportuno ormone al tessuto successivo della cascata cio lipofisi. Gli ormoni secreti dallipotalamo sono in genere peptidi relativamente piccoli, prodotti in minime quantit. Gli ormoni ipotalamici passano direttamente allipofisi attraverso vasi sanguigni speciali e neuroni che collegano queste due ghiandole. Lipofisi composta da due parti funzionalmente distinte: la porzione anteriore (adenoipofisi) risponde agli ormoni ipotalamici che arrivano con il sangue, producendo sei ormoni tropici o tropine costituiti da polipeptidi relativamente lunghi che attivano le ghiandole endocrine della tappa successiva del sistema. Lormone adrenocorticotropo (ACTH) stimola la corteccia surrenale; lormone che stimola la tiroide (TSH, detto anche tireotropina) agisce sulla ghiandola tiroidea; lormone che stimola il follicolo (FSH, follicolostimolante) e lormone luteinizzante (LH) agiscono sulle gonadi; lormone della crescita (GH, detto anche somatotropina) stimola il fegato a produrre diversi fattori. Lipofisi posteriore (neuroipofisi) produce invece lossitocina (che stimola la contrazione dellutero al parto) o lormone antidiuretico (ADH, che stimola il riassorbimento dellacqua nei tubuli del rene). Citiamo pi in particolare due classi di ormoni che sono implicati nellazione dei distruttori endocrini: gli ormoni tiroidei e steroidei. Ormoni tiroidei. Gli ormoni tiroidei sono rilasciati quando lipotalamo secerne lormone che rilascia la tireotropina, che a sua volta stimola lipofisi a rilasciare la tireotropina; questultima agisce sulla ghiandola tiroidea provocando la secrezione di due ormoni caratteristici: lL-tiroxina (T4) e lL-triiodotironina (T3). Piccole quantit di T3 e T4 stimolano il metabolismo che produce energia, in particolare nel fegato e nel muscolo. Questi ormoni si legano a specifici recettori proteici intracellulari; il complesso recettore-ormone attiva certi geni che codificano enzimi legati al metabolismo che produce energia, aumentandone la sintesi e di conseguenza anche la velocit del metabolismo basale dellanimale. Ormoni steroidei. I principali ormoni steroidei sono gli ormoni corticosurrenali, gli ormoni sessuali (androgeni ed estrogeni) e gli ormoni derivati dalla vitamina D. Questi ormoni sono liposolubili e possono attraversare facilmente la membrana plasmatica e penetrare nel citosol delle cellule bersaglio. In questa localizzazione si combinano con recettori proteici intracellulari ed i complessi, simili ai complessi recettore-ormone tiroideo, agiscono nel nucleo determinando lespressione di alcuni geni. La maggior parte dei recettori degli ormoni steroidei sono localizzati nel nucleo; altri possono spostarsi dal citosol al nucleo soltanto dopo aver legato lormone. Gli ormoni corticosurrenali sono prodotti dalle cellule disposte nella porzione esterna (corteccia) delle ghiandole surrenali. Quando un animale sottoposto ad uno stress, lipotalamo secerne lormone che rilascia la corticotropina, che stimola lipofisi anteriore a rilasciare corticotropina nel sangue. La corticotropina a sua volta segnala alla corteccia del surrene di produrre i suoi caratteristici ormoni corticosteroidei, compreso il cortisolo, il corticosterone e laldosterone. Nella corteccia surrenale sono prodotti pi di cinquanta ormoni corticosteroidi di due diversi tipi: i glucocorticoidi ed i mineralcorticoidi. I glucocorticoidi

  • Alcuni concetti teorici

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    agiscono preferenzialmente sul metabolismo dei carboidrati, mentre i mineralcorticoidi regolano la concentrazione di elettroliti nel sangue. Gli androgeni (testosterone) e gli estrogeni (per esempio lestradiolo) sono sintetizzati rispettivamente nei testicoli e nellovaio. Essi controllano lo sviluppo sessuale, il comportamento sessuale e una variet di altre funzioni legate alla riproduzione e non. Gli ormoni steroidei prodotti dalla vitamina D da parte di enzimi presenti nel fegato e nei reni regolano lassunzione e il metabolismo del calcio e del fosfato, compreso la formazione e la mobilizzazione del fosfato di calcio nellosso.

    SCHEDA: I recettori per gli ormoni steroidei

    Schematicamente il meccanismo dazione degli ormoni steroidei pu essere riassunto come segue: lormone, trasportato al tessuto bersaglio dalla proteina serica che lo lega, diffonde attraverso la membrana plasmatica e si lega al suo recettore proteico nel nucleo della cellula bersaglio. Il legame dellormone modifica la conformazione del recettore, consentendogli di formare nel nucleo dimeri con altri complessi recettore-ormone dello stesso tipo. I dimeri si legano a specifiche regioni regolatrici, gli elementi di risposta ormonale (HRE, Hormone-Responsive Elements), nel DNA adiacente a specifici geni. Il legame facilita in qualche modo la trascrizione dei geni adiacenti da parte dellRNA polimerasi, aumentando la velocit di formazione dellRNA messaggero e della sintesi della proteina codificata dal gene regolato dallormone. La variazione dei livelli di questa proteina determina la risposta della cellula allormone.

    2) Cenni di metabolismo degli xenobiotici. Tutte le sostanze estranee ad un organismo e che entrano in contatto con esso vengono raggruppate sotto la definizione di xenobiotico (dal greco xenos, ossia estraneo). Quali sono i fattori che influenzano il metabolismo di queste sostanze? Che ruolo gioca il metabolismo epatico nellattivazione o inattivazione delle sostanze tossiche? E nella loro tossicit? Vediamo di rispondere in modo soddisfacente a queste e ad altre domande inerenti. Innanzitutto occorre sottolineare che numerose sostanze sia tossiche che farmacologiche sono lipofile e quindi insolubili nei liquidi biologici. Questo significa prima di tutto che se lescrezione renale lunica via di inattivazione, leffetto di tali molecole durer pi a lungo. In secondo luogo questo ha fatto s che il fegato abbia sviluppato dei meccanismi di trasformazione metabolica degli xenobiotici, tali da incrementarne la solubilit in acqua e quindi facilitarne leliminazione. Il metabolismo epatico delle sostanze estranee allorganismo (o biotrasformazione) pu essere comodamente suddiviso in due fasi:

    - fase I: addizione o smascheramento di gruppi funzionali polari (ossidazione e/o riduzione), idrolisi;

    - fase II: coniugazione con piccole molecole, spesso sfruttando come sito dattacco i gruppi addizionati durante la fase I.

    Metabolismo di fase I. Gli enzimi chiave di questo stadio sono localizzati nel reticolo endoplasmatico liscio (un organello subcellulare responsabile principalmente della sintesi dei lipidi e della detossificazione, NdA): sono le citocromo P450 monoossigenasi, una famiglia cui appartengono pi di 4.000 isoforme in tutti i regni animali (18 famiglie solo nelluomo),

  • Alcuni concetti teorici

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    denominate secondo lesempio seguente: CYP2B10 (CYP=citocromo P450 monoossigenasi; B=sottofamiglia genica; 10=numero del membro della sottofamiglia). Le reazioni catalizzate da questi enzimi sono principalmente idrossilazione aromatica o alifatica, dealchilazione ossidativa, N- e S- ossidazione e deaminazione. Il pi comune induttore del CYP1A sono le molecole aromatiche planari come gli IPA e i PCB, mentre CYP2B e CYP3A sono indotti da molecole globulari (PCB orto-sostituiti). Tra gli enzimi coinvolti in questa fase ritroviamo la flavin-monoossigenasi, che catalizza le reazioni di N- e S- ossidazione, le deidrogenasi come lalcol e laldeide deidrogenasi, nonch delle idrolasi come lepossi-idrolasi e la carbossil-esterasi. Metabolismo di fase II. La fase II del metabolismo epatico comprende invece le reazioni di coniugazione di particolari molecole (vedi oltre) con i gruppi funzionali addizionati o smascherati durante la fase I. Una volta che la sostanza da detossificare stata coniugata diviene generalmente pi polare e meno tossica. Gli enzimi che catalizzano queste reazioni appartengono alla classe delle transferasi. Analizziamole nel dettaglio:

    - UDP-glucuronosil-transferasi, una proteina di membrana del reticolo endoplasmico che catalizza lattacco dellacido glucuronico agli atomi di ossigeno, azoto o zolfo del composto da detossificare;

    - N-acetiltransferasi, che a livello degli stessi atomi addiziona gruppi acetilici; - sulfotransferasi, che comprendono due famiglie di enzimi citosolici in grado di legare

    un gruppo solfato (SO4) alla molecola da eliminare; - glutatione-S-transferasi, che catalizza lattacco del glutatione (un tripeptide composto

    dagli aminoacidi glicina, acido glutammico e cisteina) allo xenobiotico in questione. Gli addotti col glutatione non vengono escreti direttamente, ma subiscono in genere un ulteriore metabolismo con successivo distacco dei residui di acido glutammico e glicina e acetilazione del gruppo amminico della cisteina;

    - metiltransferasi, che trasferiscono gruppi metilici (CH3).

    Tra i fattori che possono influenzare il metabolismo ritroviamo la contemporanea esposizione ad altre sostanze (come gli idrocarburi policiclici aromatici) che sono in grado di indurre sia gli enzimi di fase I che quelli di fase II, la variabilit genetica (materia di studio della moderna farmacogenetica) la quale comporta che la suscettibilit ad una sostanza tossica (come pure a un farmaco) sia variabile da un soggetto allaltro a causa di particolari polimorfismi (piccole diversit interindividuali nella sequenza di un gene) nei geni che codificano per gli enzimi coinvolti nella detossificazione. Un fattore molto importante rappresentato dallet (influenza lespressione genica) nonch il sesso (anche se scarsamente rilevante nella specie umana).

  • USI ED EFFETTI DELE DIVERSE CLASSI DI EDC

  • Usi ed effetti dei diversi EDC

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    La tossicit di un estrogeno esogeno pu coinvolgere una serie di fattori e pu esplicarsi attraverso una serie di meccanismi distinti, ma correlati fra loro. Il primo e pi ovvio motivo di tossicit consiste nella possibilit che queste sostanze possano legare il recettore estrogenico producendo una risposta ormonale. Un secondo tipo di tossicit legato alle loro propriet chimiche piuttosto che a quelle ormonali. Un terzo e pi sottile motivo la possibilit che un composto possa produrre una sbilanciata risposta estrogenica a livello di un tessuto particolare. Gli EDC sono tra le sostanze che sono sospettate di avere questo tipo di effetto poich essi possono:

    - indurre nel feto particolari effetti che non si manifestano fino a che lorganismo non raggiunge let riproduttiva;

    - stimolare particolari cambiamenti a livello biochimico e/o fisiologico che intaccano la capacit riproduttiva di un organismo, senza ridurre il grado di sopravvivenza e la crescita;

    - influenzare negativamente i processi endocrini caratteristici di alcune specie, ma assenti in altre specie surrogate usate nei test di tossicit.

    Molti degli effetti degli EDC che sono stati riportati nella vita selvatica sono associati con la presenza di un contaminante tossico nellorganismo della madre, dovuta allesposizione prima della produzione delluovo negli uccelli e nei pesci o durante la gestazione e lallattamento nei mammiferi. Come gi discusso in precedenza, va inoltre ricordato che il problema della contaminazione ambientale e quello alimentare sono strettamente ricollegabili tra loro, poich qualsiasi sostanza dispersa nellambiente non pu esimersi dallentrare nella catena alimentare. Nel caso particolare degli EDC ci troviamo di fronte, come gi ricordato, a sostanze lipofile, che quindi tendono ad accumularsi nel tessuto adiposo delluomo e degli animali. A questo punto quindi, qualsiasi di questa sostanza pu essere ritrovata nella carne, nel pesce e nel latte (in questultimo caso si ha anche il problema della trasmissione di queste sostanze da madre a figlio durante lallattamento): quello alimentare pertanto solo uno dei tanti punti di vista dal quale il problema pu essere considerato. In letteratura sono presenti centinaia di studi sugli effetti degli EDC nelluomo e negli animali. In questa sede ci si limiter a trattare largomento dal punto di vista delle sole sostanze prodotte dalluomo.

    1) Farmaci come distruttori endocrini.

    Oltre alle sostanze chimiche sintetiche risultanti dalle attivit industriali, luomo ha trovato un altro modo per appesantire linfluenza dellambiente sul sistema ormonale: molti composti farmaceutici sono stati infatti sintetizzati per funzionare come estrogeni (si pensi ai contraccettivi orali). Un esempio per tutti il dietilstilbestrolo (DES), un estrogeno sintetico usato per pi di 40 anni non solo per incrementare la crescita dei bovini da carne, ma anche (negli anni 50 e 60) nelluomo grazie allampio spettro dazione e ai bassi costi. Grazie al fatto che il DES attivo anche quando somministrato per via orale, esso venne ampiamente utilizzato per la prevenzione degli aborti spontanei, come estrogeno per la terapia sostitutiva in menopausa, per sopprimere la lattazione, come contraccettivo post-coitale e addirittura negli uomini per prevenire il cancro della prostata. Tutto ci continu fino a che non ci si rese conto che i figli delle donne trattate con questo farmaco soffrivano di disfunzioni agli organi riproduttivi.

  • Usi ed effetti dei diversi EDC

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    Oggi ormai assodato il concetto che il DES predispone ad una serie di tumori ginecologici che vanno dal carcinoma della vagina a quello dellendometrio e non quindi pi usato.

    2) I fenoli.

    Gli alchilfenoli (AF) sono composti fenolici con catene alchiliche di varia lunghezza. Il nonilfenolo utilizzato come intermedio nella produzione di resine fenoliche ed epossidiche, stabilizzanti plastici e trinonilfenilfosfito. inoltre utilizzato nella produzione degli alchilfenoli polietossilati (APE), in particolare nonilfenoli polietossilati (NPE); questi ultimi sono tensioattivi non-ionici largamente utilizzati nei detergenti delle industrie tessile e conciaria, in attivit domestiche, nelle vernici, come disperdenti nella formulazione di pesticidi ad uso agricolo e domestico e come emulsionanti in diversi prodotti per ligiene e luso personale. Il nonilfenolo (NF) di gran lunga il composto pi importante commercialmente tra gli alchilfenoli. La presenza di AF (soprattutto NF, in parte minore octilfenolo, OF) nei corpi idrici dovuta ai processi degradativi degli APE che si verificano in essi o negli impianti di depurazione. Gli AF, essendo caratterizzati da buone propriet antiossidanti, vengono impiegati anche nella produzione delle plastiche trasparenti utilizzate nellindustria alimentare, al fine di ritardarne lingiallimento o lopacizzazione; pertanto, le bevande e gli alimenti che ne vengono a contatto possono risultare contaminati. NF e NPE sono stati riscontrati in acque superficiali, dolci e marine, sotterranee, nei sedimenti e in acque degli affluenti ed effluenti degli scarichi fognari. Il nonilfenolo, essendo lipofilo e persistente, tende ad accumularsi negli organismi acquatici come crostacei, molluschi e pesci. Le concentrazioni di NF in pesci e molluschi possono essere anche superiori a 0,5 mg/Kg di peso fresco; in particolare, in uno studio italiano stata riscontrata la presenza diffusa di NF in molluschi filtratori (bivalvi) e predatori (cefalopodi) prelevati nel 1997 lungo tutta la costa del Mare Adriatico. Le concentrazioni di OF riportate sono sempre risultate notevolmente inferiori, probabilmente in ragione della minore emissione di octifenoloetossilati. Gli effetti estrogenici degli AF sono noti dal 1938 e sono stati confermati da svariati studi. Essi vanno quindi considerati a tutti gli effetti come EDC nei mammiferi, in quanto inducono alterazioni endocrine nellorganismo integro. Gli effetti endocrini sono considerati il parametro principale su cui basare la valutazione del rischio tossicologico degli AF. Sulla base delle informazioni disponibili, le propriet tossicologiche intrinseche degli AF mostrano caratteristiche specifiche nonch alcuni punti critici suscettibili di ulteriori chiarimenti. Gli AF interagiscono direttamente con i recettori estrogenici in vitro e non possono essere esclusi anche effetti sulla sintesi ed il trasporto ormonali. Diversi dati recenti indicano che gli AF potrebbero alterare lequilibrio endocrino anche attraverso vie diverse dalla diretta interazione recettoriale nei tessuti riproduttivi. Tuttavia, non ancora chiaro se questi dati siano estrapolabili allessere umano e quale sia leffettiva rilevanza per la valutazione del rischio, in particolare riguardo alle alterazioni dellasse ipotalamico-ipofisario. Il Bisfenolo A. Il bisfenolo A (BPA) causa di apprensione perch viene ampiamente prodotto ed ha un uso piuttosto diffuso. Il BPA viene utilizzato nella produzione di plastiche policarbonate, resine epossidiche e come stabilizzante per il PVC. Gli studi in vitro e i saggi in vivo hanno mostrato che il BPA pu avere effetto estrogenico mediante lattivazione di alcuni geni controllati da promotori sensibili agli estrogeni.

  • Usi ed effetti dei diversi EDC

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    Nei roditori gli effetti osservabili sono simili a quelli prodotti dal 17b-estradiolo: crescita e differenziamento del tessuto mammario, aumento della permeabilit vascolare a livello uterino, diminuzione dei livelli plasmatici di colesterolo e aumento dei livelli di prolattina. Nonostante i numerosi dati sugli animali, non esistono tuttavia ancora delle evidenze convincenti di possibili effetti sulluomo. Una possibile esposizione delluomo in ogni caso deriva dalla cessione da prodotti come biberon, resine delle lattine e altri prodotti plastici. Il livello di cessione di BPA dal rivestimento epossidico di un recipiente per alimenti stato recentemente testato da Munguia-Lopez e coll. (2002) prima usando come simulante una soluzione di acido acetico al 3% lasciata a 25C per 0, 40, 70 e 160 giorni e successivamente i due terzi dei contenitori sono stati processati al calore e conservati a 25 e 35C per 0, 40, 70 e 160 giorni e i risultati hanno indicato che vi un minimo effetto del calore, mentre si osservato un effetto di cessione dopo 40 giorni a 25C con un aumento nei contenitori conservati a 35C ed un picco a 35C dopo 160 giorni. Il livello di cessione osservato comunque inferiore a quello stabilito dalla legislazione europea (3 mg/Kg). Il calore aumenta la cessione di BPA anche nel caso dellacqua distillata usata come simulante, mentre nessun effetto osservabile con la conservazione a temperatura ambiente. I livelli di cessione anche in questo caso sono al di sotto dei limiti stabiliti dalla legislazione.

    3) Pesticidi.

    I pesticidi occupano una posizione molto particolare fra le numerose sostanze chimiche cui luomo esposto, poich essi vengono deliberatamente sparsi nellambiente con lintento di eliminare alcune forme di vita. Il pesticida ideale dovrebbe essere estremamente tossico per la specie che si desidera eliminare e innocuo per luomo e per gli altri organismi, purtroppo pochissimi pesticidi attualmente in commercio sono cos selettivi. Questo fatto fa s che essi divengano un rischio per la salute umana e per lambiente soprattutto in quei paesi laddove i controlli e le attivit di sorveglianza non sono molto sviluppati. A differenza di altre sostanze chimiche, lesposizione ai pesticidi interessa un vasto numero di persone, non soltanto un gruppo di lavoratori esposti, poich si possono trovare sia nellacqua che nel cibo. Inoltre va sottolineato che i lavoratori impiegati nelle industrie produttrici di questi composti sono esposti soltanto ad un solo composto (o ad un numero molto limitato), mentre i lavoratori impiegati in agricoltura sono esposti ad un numero molto maggiore di sostanze. Tramite il monitoraggio biologico (misura dei metaboliti dei pesticidi nei soggetti esposti o valutazione di alcuni effetti particolari) possibile stimare lesposizione e la via di assorbimento (respiratoria, dermica o orale) e di valutare lesposizione globale come somma delle diverse fonti di contaminazione. Quando lassorbimento avviene tramite vie diverse possibile inoltre, con il biomonitoraggio, distinguere la via predominante. I dati sul reale ammontare di pesticidi oggi prodotti sono scarsi anche a causa della difficolt ad ottenerli dalle industrie produttrici che sono restie a rivelare le cifre relative. Luso dei pesticidi comunque aumentato drammaticamente negli ultimi decenni, sia nei Paesi occidentali che in quelli in via di sviluppo. Nel 1985 la produzione stimata di pesticidi formulati era di 3 milioni di tonnellate. Nella sola Unione Europea agli inizi degli anni 90 la produzione era di circa 350.000 tonnellate. In generale gli erbicidi costituiscono il 45 % del mercato, gli insetticidi il 30%, i fungicidi il 19% e gli altri pesticidi il 5%.

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    Il numero di pesticidi conosciuti quindi molto elevato ed possibile classificare queste sostanze in diverse classi a seconda, ad esempio, del tipo di molecola. Analizziamoli brevemente. 1) Pesticidi organofosforici. Rappresentano la principale classe di pesticidi. Vengono usati soprattutto come insetticidi, meno frequentemente come erbicidi. Agiscono tramite linibizione della colinesterasi. I principali composti che fanno parte di questa classe sono:

    - acefato, insetticida sintetico che agisce alla concentrazione di 50-100 g/hl su un vasto numero di insetti e afidi. Usato su piante ornamentali, cotone, fagioli e lattuga, oltre che per il controllo dei parassiti umani e dei mammiferi in generale. E classificato dallOMS in classe III (Leggermente pericoloso);

    - azinphos metile, insetticida persistente non-sistemico, attivo anche come acaricida. Classificato in classe Ib (Altamente pericoloso);

    - chlorpyrifos, insetticida non-sistemico attivo su un vasto numero di parassiti. Classificato in classe II (Moderatamente pericoloso);

    - diazinon, insetticida non-sistemico, usato su piante da frutto, cereali, patate, tabacco, viti. Classe II;

    - disulfoton, insetticida sistemico e acaricida usato in granuli su suolo e piante. Classe Ia (Estremamente pericoloso);

    - fenitrothion, insetticida da contatto, efficace contro un gran numero di parassiti. Classe II;

    - glifosato, erbicida non selettivo che non ha potere inibitorio nei confronti della colinesterasi. Classificato dallOMS come Improbabile fonte di pericolo con uso normale;

    - methamidophos, oltre ad essere uno dei metaboliti dellacefato, un insetticida sistemico e un acaricida. E usato sulle piante ornamentali, sulle patate, sui frutti, piante da cotone, mais, tabacco e alcuni cereali. Classe Ib;

    - malathion, insetticida non-sistemico e acaricida. Usato per il controllo degli artropodi, degli ectoparassiti animali, dei pidocchi e degli insetti domestici. Classe III;

    - mevinphos, insetticida sistemico e acaricida. Classe Ia (Estremamente pericoloso); - monocrotophos, insetticida sistemico o attivo al contatto su una vasta gamma di

    parassiti. Classe Ib; - parathion, insetticida non-sistemico o attivo al contatto e acaricida. Classe Ia; - parathion metile, insetticida attivo al contatto o per ingestione. Classe Ia; - phorate, insetticida sia sistemico che da contatto e acaricida. Classe Ia. - terbufos, attivo su artropodi e nematodi. Classe Ia.

    2) Carbammati. La classe dei carbammati comprende insetticidi, nematodicidi, fungicidi ed erbicidi. Queste sostanze sono degli esteri N-sostituiti dellacido carbammico, in cui latomo di azoto sostituito da un gruppo metilico. La natura chimica del gruppo R1 (vedi figura 4) cambia a seconda della classe: metile negli insetticidi, aromatico negli erbicidi, benzoimidazolo nei fungicidi. Il gruppo R2 pu essere sia un sostituente aromatico che alifatico. La tossicit dei carbammati dovuta al fatto che sono degli inibitori della colinesterasi, anche se altri effetti stanno alla base della loro attivit come erbicidi e fungicidi. Di seguito sono elencati i principali composti che appartengono a questa classe:

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    - benomyl, fungicida ad azione sistemica, attivo anche sulle uova degli acari. Classificato come Improbabile fonte di pericolo con uso normale;

    - carbaryl, insetticida tossico al contatto e attivo sullo stomaco, usato soprattutto contro gli insetti. Classe II.

    - pirimicarb, aficida selettivo. Classe II; - propoxur, insetticida non-sistemico usato soprattutto contro i parassiti domestici e

    degli animali domestici. Classe II. 3) Ditiocarbammati. Sono utilizzati prevalentemente in agricoltura come fungicidi e, in misura minore, come insetticidi ed erbicidi. La loro formula generale espressa in figura X e in generale, si suddividono in quattro categorie: thiurams (thiram, methiram, disulfiram), dimetilditiocarbammati (ferbam, ziram) e alchilditiocarbammati insaturi (EBDTCs) e propilene-bis-ditiocarbammati. Nessun metodo per il loro biomonitoraggio attualmente accettato. Seguono i tre composti pi comuni fra gli appartenenti a questa classe:

    - mancozeb, fungicida usato per il trattamento del fogliame e dei semi, al fine di controllare un vasto range di patogeni in diversi settori (cereali, frutta, piante ornamentali e verdure);

    - maneb, fungicida utilizzato nel trattamento delle micosi dei cereali; - zineb, fungicida usato per proteggere il fogliame e i frutti di un gran numero di cereali.

    Questi tre composti vengono classificati come Improbabile fonte di pericolo con uso normale. 4) Piretroidi sintetici. I piretroidi sintetici rappresentano un vasto gruppo di insetticidi usati in agricoltura per la loro bassa tossicit sia sulluomo che sui mammiferi in generale nonch per la loro scarsa persistenza nellambiente. Sono degli esteri che contengono acidi particolari (crisantemico, crisantemico alo-sostituito, ecc.) e alcoli (alletrone, 3-fenossibenzil alcol). A seconda dei sintomi che produce lavvelenamento si distinguono in piretroidi:

    - di tipo 1 che non contengono il gruppo C=N; - di tipo 2 che contengono un gruppo C=N legato al carbonio in a;

    I sintomi del primo gruppo comprendono tremori, ipereccitazione, atassia, convulsioni e (nei casi pi severi) paralisi, mentre i secondi causano ipersalivazione, ipersensibilit agli stimoli esterni, coreo-atetosi e paralisi. Entrambi agiscono mantenendo aperti i canali del sodio causando la depolarizzazione dei neuroni. Alcuni esempi:

    - cypermethrin, una miscela racemica di 8 isomeri (4 cis e 4 trans il cui rapporto varia da 50:50 a 40:60). Sono insetticidi attivi contro un vasto range di parassiti usati in agricoltura, salute pubblica e sugli animali. Classe II;

    - deltamethrin, un insetticida utilizzato contro un vasto numero di parassiti delle piante. Classe II.

    - fenvalerate, un insetticida altamente attivo al contatto contro un gran numero di parassiti. Classe II;

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    - permethrin, un insetticida attivo al contatto contro un gran numero di parassiti: insetti ed ectoparassiti. Classe II.

    5) Pesticidi organoclorurati. Quella dei pesticidi organoclorurati una classe molto vasta di composti che furono usati negli anni 50 e 60; negli anni seguenti il loro utilizzo divenne sempre pi rarefatto a causa della loro persistenza e della capacit di accumularsi. A seconda della struttura chimica possibile distinguere tre classe di composti:

    - isomeri dellesacloruro di benzene, come il lindano; - ciclodieni, come aldrin, dieldrin, endrin, clordano, heptachlor e endosulfam; - DDT e suoi analoghi come il methoxichlor, il dicofol e il clorobenzilato.

    A causa della loro persistenza molti di essi sono divenuti contaminanti ubiquitari e sono entrati nella catena alimentare; la loro presenza identificabile nei tessuti animali (uomo compreso). Composti vietati ormai da molti anni sono ancora ritrovabili nei tessuti e nei fluidi umani. Dopo lassorbimento questi composti si distribuiscono rapidamente nei vari distretti dellorganismo, soprattutto laddove vi sia un buon contenuto di tessuto adiposo, mantenendo uno scambio attivo fra il sangue e i tessuti. Gli studi sui volontari e sui lavoratori esposti hanno permesso di calcolare lemivita di queste sostanze: 267 giorni per il dieldrin, 3,4 anni per il DDT nel tessuto adiposo, 24 h per lendrin e 10-20 giorni per il lindano e il clordano. Poche sono le informazioni che si ottengono dalla letteratura riguardo gli effetti di molti pesticidi organoclorurati usati in agricoltura e per le politiche di salute pubblica. Vediamo nel dettaglio alcune informazioni riguardo i composti pi noti:

    - aldrin e dieldrin, insetticidi ad ampio spettro attivi anche contro le termiti. Sono stati usati nellindustria, in agricoltura e per scopi di salute pubblica. Classe Ib;

    - clordano, un insetticida non-sistemico persistente con azione fumigante. Il prodotto commerciale un miscuglio fra a- e g-clordano, heptachlor e nonachlor. Classe II;

    - clorobenzilato, un acaricida non-sistemico con una modesta attivit insetticida. Classe III;

    - DDT, efficace insetticida non-sistemico, persistente e che si accumula nel grasso animale. Inattivo contro gli acari. Classe II;

    - 1,3-dicloropropene, gas usato come fumigante per i suoli e come nematodicida. Non stato classificato dallOMS;

    - endrin, insetticida usato soprattutto per il cotone. E stato anchesso progressivamente sostituito da altri composti meno tossici e meno persistenti. Attualmente il suo uso in agricoltura molto limitato. Classe Ib;

    - heptachlor, un insetticida persistente, non-sistemico con azione leggermente fumigante. Viene utilizzato per il trattamento del suolo, delle sementi o direttamente sul fogliame. Classe II;

    - lindano, un insetticida dampio spettro, usato fin dai primi anni 50 per il trattamento delle sementi, dei suoli, degli alberi, degli animali e anche per le manovre di salute pubblica. Classe II.

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    6) Erbicidi fenossiacetici. I fenossiacetati vengono ampiamente utilizzati come erbicidi in agricoltura, nelle foreste e, anche se in misura ridotta, nel giardinaggio. Il composto pi comunemente utilizzati sono lacido 2,4-diclorofenossiacetico, lacido 2,4,5-triclorofenossiacetico e lacido 4-cloro, 2-metilfenossiacetico (MCPA). Il secondo composto stato ormai vietato in molti Paesi perch in molte formulazioni commerciali furono riscontrate contaminazioni da diossina. Attualmente il livello di diossina di questi prodotto notevolmente ridotto. Vediamo brevemente alcuni esempi:

    - acido 2,4-diclorofenossiacetico e i suoi sali ed esteri, vengono usati per il controllo delle erbe infestanti nei cereali. Classe II;

    - MCPA, erbicida sistemico assorbito prontamente dalle foglie e dalle radici. Usato per il controllo delle erbacce annuali e perenni nei cereali e per i tappeti erbosi. Classe III;

    - acido 2,4,5-triclorofenossiacetico, un erbicida sistemico usato da solo o in combinazione con il 2,4-D per controllare arbusti ed alberi. Classe II.

    7) Erbicidi del gruppo dellammonio quaternario. Sono molto usati i sali di diquat (essiccante ed erbicida rapidamente assorbito dalle piante che muoiono con lesposizione alla luce, classe II) e paraquat (agisce al contatto, rapidamente degradato nel suolo, classe II). 8) Topicidi derivati della coumarina. I composti derivati dalla coumarina vengono usati in medicina come anticoagulanti perch sono antagonisti della vitamina K. Sfruttando questo meccanismo vengono quindi utilizzati per la derattizzazione. Distinguiamo composti di prima generazione (come il warfarin) e di seconda generazione (brodifacoum), gli ultimi caratterizzati da unemivita biologica molto elevata. 9) Altri composti. Esistono alcuni altri pesticidi che non possono essere raggruppati in questo tipo di classificazione basata sulla struttura chimica. Tra queste ritroviamo latrazina, il dinitro-o-cresolo e il pentaclorofenolo. Pesticidi e cancro. Molti pesticidi hanno evidenziato un certo grado di cancerogenicit negli studi in vivo sullanimale (creosote e sulfallate ad esempio) oppure promotori del processo di cancerogenesi (DDT, clordano, lindano). Nel caso specifico di aldrin ed esacloruro di benzene, si osservato un aumento nei roditori degli adenomi del fegato. Desta anche qualche preoccupazione il fatto che in alcune formulazioni siano presenti dei contaminanti cancerogeni (come la 2,3,7,8-TCDD). I dati di letteratura che valutano la pericolosit dellesposizione ai pesticidi sono purtroppo limitati. Gli studi epidemiologici (anche se a volte in modo contraddittorio) hanno mostrato che alcuni erbicidi aumentano la probabilit di sviluppare il sarcoma dei tessuti molli, un linfoma di tipo non-Hodgkin, una leucemia o, anche se in misura molto minore, alcuni altri tumori (polmone e mammella ad esempio). Ulteriori studi epidemiologici sono quindi necessari per approfondire questo argomento. Va infine ricordato che molte formulazioni commerciali comprendono delle sostanze veicolanti definite dal produttore come ingredienti inerti, che possono in alcuni casi,

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    presentare un certo grado di tossicit. Il cloroformio ad esempio, tossico per il fegato e per il sistema nervoso centrale. Ancora qualcosa sui composti pi noti. Vediamo pi nel dettaglio qualche esempio di composti fra i pi noti che interagiscono col sistema ormonale: methoxychlo, DDT e atrazina. Il Methoxychlor. Il Methoxychlor un idrocarburo clorurato usato correntemente negli Stati Uniti come pesticida di rimpiazzo del DDT che ha mostrato deboli propriet estrogeniche. Questo composto pu essere metabolizzato nel fegato in due composti demetilati, il 2,2-bis-(p-idrossifenil)-1,1,1-tricloroetano (HPTE) e il 2,2-bis-(p-idrossifenil)-1,1,1-dicloroetano (HPDE) oltre a due composti metilati. stato dimostrato che ognuno di questi metaboliti pu legare i recettori androgenici e estrogenici. Il metabolita estrogenico pi attivo lHPTE, il quale stimola lespressione del recettore estrogenico e pu far diminuire la concentrazione di testosterone nonch determinare una riduzione di peso a livello seminale e della prostata quando somministrato a roditori neonati. stato anche dimostrato come il methoxychlor possa avere degli effetti sul sistema riproduttivo femminile con conseguente ridotta efficienza di impianto dellembrione, aumentato tasso di abortivit e formazione di gonadi di ridotta dimensione con associato un elevato tasso di apoptosi a livello delle cellule germinali. Lesposizione a questo pesticida a livello tardo-embrionale o nella fase postnatale precoce pu causare anomalie a livello del sistema riproduttivo nonch un alterato comportamento nei maschi. Il methoxychlor un distruttore endocrino che a livello biologico produce metaboliti ad azione estrogenica e anti-androgenica i quali possono dare una diversa risposta a seconda dei recettori che legano. Il DDT. Il pesticida DDT (diclorodifeniltricloroetano) ha una storia lunga e travagliata. Nonostante sia stato bandito da molti paesi occidentali, viene ancora utilizzato dai paesi del Terzo Mondo come utile arma contro la malaria (uccidendo le zanzare elimina anche quelle portatrici del temuto Plasmodium). Questo insetticida a basso costo e a largo spettro, il diclorodifeniltricloroetano, venne sintetizzato nel 1939 e il suo uso si diffuse rapidamente. Negli anni 60 ci si rese per conto che il suo uso indiscriminato aveva portato alla scomparsa di alcune specie di uccelli canterini e rapaci e ben presto si sospett anche di un eventuale effetto cancerogenico, tuttora per non verificato. Ancora oggi gli organismi della maggior parte delle persone porta ancora traccia di questo composto che si accumula a livello del tessuto adiposo grazie alla sua idrofobicit. Il suo prodotto di degradazione pi comune il diclorodifenildicloroetilene (DDE) il quale anchesso persistente nellambiente, si accumula nella catena alimentare e nel tessuto adiposo ed stato ritrovato sia nel latte (umano e bovino) che nelle polveri degli ambienti casalinghi. Le prime informazioni riguardo la tossicit del DDT furono molto rassicuranti poich si notarono solo rischi di tossicit acuta molto limitati. Lingestione del DDT, anche quando ripetuta, da volontari o da persone che hanno tentato il suicidio, provoca un basso tasso di letalit, ma una forte esposizione acuta pu portare al vomito, con espulsione della sostanza. I primi sintomi sono iperestesia della bocca, seguita da parestesia della lingua, vertigini, tremori e vomito. Pochi effetti tossici correlati con linalazione di questo composto sono stati riportati. Molte morti attribuite al DDT sono state dovute in realt alla sua presenza in combinazione

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    con altri composti o solventi. Le dermatiti riscontrate nei lavoratori esposti al DDT erano anchesse probabilmente dovute al solvente. Quello che in realt preoccupa di pi lesposizione cronica al DDT. Grande rilievo stato dato allassociazione tra lesposizione a questa sostanza e il cancro. Gli studi di mutagenicit effettuati non hanno per portato ad alcun risultato chiaro. Nonostante esso agisca a dosi elevate come epatocarcinogeno in alcuni ceppi di topo, non ci sono dati convincenti per quanto riguarda luomo. Non esiste infatti una forte correlazione tra lesposizione e il rischio di sviluppare il cancro, eccetto forse per quei lavoratori che sono stati esposti al DDT insieme ad altre sostanze chimiche per i quali vi il rischio di sviluppare un tumore al pancreas. A causa della sua enorme stabilit nel tempo e della preoccupazione riguardo i suoi non ancora chiari effetti di tossicit cronica, la maggior parte dei paesi sviluppati viet luso di questo composto entro linizio degli anni 70 anche se i paesi che ancora ne fanno uso sono almeno due dozzine. Tra i motivi che ne rendono difficile leradicazione vi ovviamente il basso costo e lelevata efficacia come insetticida. Oggi i maggiori produttori di questo composto (introvabile in Europa o negli Stati Uniti) sono la Cina e lIndia. Tra le alternative proposte vi sono i piretroidi e i carbammati (i secondi particolarmente costosi). LOMS e altre organizzazioni internazionali sono inoltre del parere che per la lotta alla malaria sono necessarie anche altre strategie quali luso di predatori naturali (pesci e pipistrelli), leliminazione delle aree di crescita delle zanzare e la ricerca di batteri e altri patogeni che possano attaccare il parassita ospite della zanzara. Latrazina. Le clorotriazine rappresentano oggi gli erbicidi pi pesantemente utilizzati. Fra di essi il composto pi comunemente utilizzato latrazina, alla quale circa il 60% della popolazione degli USA oggi esposta. Latrazina, utilizzata per il controllo dellerbacce contaminanti, desta preoccupazioni perch quando viene assunta con la dieta, aumenta il rischio di sviluppare il carcinoma della mammella. Questa sostanza inoltre in grado di distruggere il controllo ipotalamico della funzione pituitario-ovarica, riducendo anche i livelli circolanti di prolattina e ormone LH. Lesposizione in utero allatrazina altera lo sviluppo della ghiandola mammaria durante lo sviluppo, come dimostrato nei ratti, oltre ad aumentare la sensibilit ai cancerogeni dopo il completamento dello sviluppo sessuale. I meccanismi alla base della tossicit dellatrazina siano ancora in buona parte da chiarire, come pure la possibilit che si possano avere anche nella specie umana.

    4) Propriet degli ftalati come distruttori endocrini.

    I composti clororganici sono tra le sostanze pi persistenti nellambiente mai prodotte. Essi possono conservarsi senza degradarsi ed accumularsi negli organismi viventi. Numerose evidenze fanno inoltre sospettare che questi composti possano appartenere alla classe dei distruttori endocrini. Un ottimo esempio rappresentato dal PVC, un prodotto di consumo di vita breve ritrovabile negli oggetti usati ogni giorno come imballaggi alimentari, giocattoli, tubi, cavi, ecc. Greenpeace crede fermamente che il PVC sia il tipo di plastica pi pericolosa a causa del suo elevato contenuto di sostanze clorurate e dellelevato contenuto di additivi che ne ostacolano la riciclabilit poich durante i processi di riciclaggio esso pu dare origine a diossine. Luso di additivi necessario durante i processi di plastificazione e la formulazione del PVC ne contiene pressoch di tutti i tipi, dai lubrificanti, ai plasticizzanti, stabilizzanti allUV,

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    ritardanti di fiamma, anti-statici, stabilizzatori al calore, stabilizzatori alla luce, vernici, inchiostri e adesivi. Gli additivi permettono anche di evitare il naturale rilascio di HCl dal PVC in seguito a depolimerizzazione dovuta a irradiazione. Un gran numero di esteri di ftalati usati nella produzione del PVC al quale conferiscono flessibilit e lavorabilit, hanno mostrato una debole attivit estrogenica in vitro, suggerendo come essi possano rappresentare una minaccia per la salute riproduttiva umana. Gli ftalati sono presenti nellacqua in quantit variabili fra i nanogrammi e i milligrammi per litro. La variabilit osservata dovuta alle diversa sensibilit delle diverse metodologie utilizzate per lanalisi e al punto in cui il campione viene prelevato (affluente, effluente, fiume di raccolta). Molti degli ftalati studiati mostrano di poter ridurre laffinit di legame del 17-b-estradiolo al suo recettore. Tra questi ritroviamo il BBP (Butyl-Benzyl-Phtalate), il DBP (Di-n-Butyl-Phtalate), il DEHP (Bis(2-Ethylhexyl)Phtalate), il DEHA (Bis-(2-Ethylhexyl)Adipate), il benzofenone, ln-butilbenzene, il 4-nitrotoluene, il BHA (Butylated Hydroxyanisole) e il 2,4-diclorofenolo. Il BBP, il DBP e il BHA sono molto potenti anche nellinduzione della proliferazione in cellule dotate di recettore estrogenico e sono in grado di attivarne