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1 Programma Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) Ouverture dal «Don Giovanni» K.527 Andante – Molto allegro Ludwig van Beethoven (1770-1827) Sinfonia n.6 in Fa maggiore op.68 «Pastorale» I. Allegro ma non troppo [Risveglio di piacevoli sensazioni all’arrivo in campagna] II. Andante (con) molto moto [Scena presso il ruscello] III. Allegro. [Allegra riunione di contadini] IV. Allegro [Tempesta] V. Allegretto [Canto di pastori: sentimenti di gioia e riconoscenza dopo la tempesta] Direttore Daniele Balleello Stagione 2016/2017 Incontro di presentazione III concerto sabato 25 marzo 2017 – Legnano

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Programma

Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) Ouverture dal «Don Giovanni» K.527

Andante – Molto allegro

Ludwig van Beethoven (1770-1827) Sinfonia n.6 in Fa maggiore op.68 «Pastorale»

I. Allegro ma non troppo [Risveglio di piacevoli sensazioni all’arrivo in campagna] II. Andante (con) molto moto [Scena presso il ruscello]

III. Allegro. [Allegra riunione di contadini] IV. Allegro [Tempesta]

V. Allegretto [Canto di pastori: sentimenti di gioia e riconoscenza dopo la tempesta]

Direttore Daniele Balleello

Stagione 2016/2017

Incontro di presentazione III concerto

sabato 25 marzo 2017 – Legnano

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Introduzione al concerto La stagione della nostra orchestra si conclude con due celeberrimi capolavori tratti dal repertorio della triade Mozart-Haydn-Beethoven, vette di quel classicismo viennese considerato già da allora come una vera e propria epoca dell’oro per la musica sinfonica. Nel gruppo entrerebbe di diritto anche Schubert, ma costui, più che la quarta carta per fare un poker d’assi, ci sembra una sorta di jolly nero, un tarlo che già inizia a rodere dall’interno le certezze musicali appena acquisite dagli altri grandi, come quando gli storici intravedono i prodromi del crollo futuro già nell’epoca gloriosa di Augusto o in quella del Re Sole. Per quanto riguarda la Sesta sinfonia, si tratta del penultimo tassello – dopo la Terza, eseguita l’anno scorso – dell’integrale beethoveniana che il maestro Balleello e la sua orchestra hanno portato avanti nel corso degli anni. Ci auguriamo, e crediamo che con noi se lo auguri tutto il pubblico, di poter presto ascoltare anche la Nona, che sarebbe perfetto coronamento a tanto impegno.

Il programma Wolfgang Amadeus Mozart – Ouverture dal «Don Giovanni» K.527

Vorrei percorrere il cerchio magico e immenso delle belle

donne armate di mille seduzioni all’assalto del gaudio e

sulla bocca dell’ultima morire nell’atto di baciarla […]. La

più bella donna m’infonde un’ebbrezza non durevole, la più

ricca sorgente di malie, che dopo breve ora s’è fatta arida,

mi spinge a dissetarmi a delizie nuove, e il possesso mi crea

un senso di vanità, una tristezza di deserto […].

Bella fu la tempesta che mi gettò in avanti, senza tregua:

infranto è il suo impeto, in sua vece regna la quiete. La

sostanza combustibile è distrutta, freddo e buio occupano il

focolare. Nikolas Lenau, frammento del poema incompiuto «Don

Giovanni», scritto dal manicomio di Döbling qualche

giorno prima della morte (22 agosto 1850)

Il personaggio di Don Giovanni ha una lunga storia. Esso comparve per la prima volta nel 1616, nel «Burlador de Sevilla y convidado di piedra», opera teatrale del frate spagnolo Tirso de Molina, scritta in piena offensiva controriformistica. La vicenda di Don Juan Tenorio e del suo servitore Catalinon venne ripresa in epoche successive da un gran numero di autori, tra i quali vi sono Molière, Goldoni, Bertati, Hoffmann, Byron, Lenau, Puškin, Shaw, Horváth, Miłosz, Saramago, oltre naturalmente al buon Lorenzo Da Ponte, prete controvoglia (come Vivaldi) che scrisse il libretto per Mozart in compagnia di “una bottiglietta di Tokai a destra, tabacco di Siviglia al centro, e una bella giovinetta che veniva nella mia camera a suon di campanello” (!). Del resto, alla prima rappresentazione era presente anche Giacomo Casanova, che trovò la storia “poco realistica”, e si propose di scriverne una sua versione (!!). La ben nota trama, incentrata sulla fine del blasfemo seduttore che si fa beffe di un uomo che aveva ucciso durante una delle sue avventure, e viene da lui trascinato all’Inferno, è in fin dei conti piuttosto scarna, e molto moralistica. La figura del protagonista, però, era destinata, dopo esser rinata a nuova vita grazie al capolavoro mozartiano, ad avere un ruolo importante nelle riflessioni di molti pensatori, da Kierkegaard in poi, fino a divenire una sorta di mito moderno, parallelo a quello di Faust. Un computo bibliografico, nemmeno troppo recente, è arrivato a contare parecchie migliaia di contributi, tra libri e studi universitari, dedicati a questa immortale “maschera del desiderio”: una selva non oscura, ma alquanto intricata da esplorare. I principali filoni di pensiero che - come sentieri - si dipartono dal «Don Giovanni», vanno nella direzione della storia della letteratura, della filosofia, della psicanalisi, della mitopoiesi, della teologia, persino dell’analisi della mentalità capitalistica, oltre naturalmente alla musicologia.1 Per quanto riguarda più specificamente l’Ouverture, secondo un aneddoto raccontato dalla vedova Constanze molti anni dopo, Mozart la compose nella notte precedente la prima dell’opera (avvenuta a

1 Segnaliamo qui molto brevemente, per chi ne avesse la curiosità, una lista (personale, quindi senza nessuna pretesa di esaustività) di

autori dai quali abbiamo tratto contributi significativi a proposito di quello a cui si è accennato. Per la musicologia: Jouve («Il Don

Giovanni di Mozart»), Abert («Mozart»), Mila («Lettura del Don Giovanni»); per la letteratura comparata: Macchia («Vita avventure

e morte di Don Giovanni», «Tra Don Rodrigo e Don Giovanni »); per la filosofia e la teologia: Kierkegaard («Il diario del seduttore»,

«Don Giovanni. La musica di Mozart e l’eros»), Curi («Filosofia del Don Giovanni», Introduzione a «Don Giovanni. Variazioni sul

mito»); per la psicanalisi: Rank («La figura del Don Giovanni»); per la mitopoiesi: Rousset («Il mito di Don Giovanni»), Lacchè

(«Le mythe et son évolution dans l’imaginaire créatif musical: Don Giovanni et Faust»), e ancora Curi; sulla figura di Don Giovanni

in relazione al capitalismo moderno: Watt («Miti dell’individualismo moderno»), Fusaro («Il futuro è nostro. Filosofia dell’azione»).

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Praga il 28 ottobre del 1787), mentre la consorte gli raccontava storielle divertenti per tenerlo sveglio. Non sapremo mai se questo episodio sia vero oppure inventato (i musicologi propendono per la seconda ipotesi), ma esso è comunque verosimile: è certo che il musicista scriveva spesso le sue ouvertures solo dopo aver completato tutta l’opera, ottenendo in questo modo un perfetto adattamento a quanto sarebbe seguito. Non un preludio per richiamare l’attenzione di distratti palchettisti, quindi, ma un vero e proprio condensato, un microcosmo nel quale è già presente il nucleo di tutto quel che seguirà. Mentre la maggior parte delle ouvertures settecentesche usavano la forma ternaria A-B-A derivata dalla sinfonia italiana, Mozart scelse una suddivisione in due parti, tra loro contrastanti in modo perfino lancinante, due estremi del tutto irreconciliabili. L’Andante in Re minore, che sarebbe riduttivo considerare una semplice introduzione lenta al Molto allegro, giustappone senza fonderli una serie di brevissimi episodi: dopo due violenti accordi, nient’altro che un semplice salto tonica-dominante, ma pencolante sopra minacciosi vuoti armonici, e inframmezzato da pause cariche di silenzio minaccioso [Esempio 1; t. 0:29]2 (e che ritornerà nella scena della statua del Commendatore), gli archi iniziano una sinistra processione - prima in ritmo trocaico [Esempio 2; btt.5; t. 0:40], poi spezzata da sincopi – [Esempio 2; btt.11; t. 0:56], che conduce dopo poche battute ad un grido strozzato, che esplode quattro volte, sopra il brusio cupo dei secondi violini [Esempio 3; btt.16; t. 1:06].

Esempio 1

Esempio 2

Esempio 3

Seguono lacrime e gemiti, alle quali i fiati rispondono sempre implacabili, come un Minosse posto a giudicare i dannati [btt.18; t. 1:13]. Ed infine, al colmo dell’orrore, una salita per semitoni sotto le scale cromatiche dei violini e dei flauti, alternativamente ascendenti (crescendo) e discendenti (piano), come raffiche di un gelido vento venuto dal nulla [Esempio 4; btt.23; t. 1:27].

2 I tempi indicati tra parentesi quadre [t.] fanno riferimento all’esecuzione reperibile su Youtube all’indirizzo:

https://www.youtube.com/watch?v=zxdsFilOSQs . La partitura è consultabile o scaricabile liberamente all’indirizzo:

https://www.8notes.com/scores/11031.asp .

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Esempio 4 Qui è la chiave – al contempo musicale e ideologica - della modernità del «Don Giovanni»: il demoniaco non inteso – cristianamente - come principio negativo in azione, ma vera e propria scoperta metafisica del nulla dietro le cose.3 Questo nichilismo ante litteram 4 proietta di colpo Mozart in un’altra epoca, ben oltre il volontarismo ottimistico e kantiano di Beethoven. Per ritrovarne qualche eco lontana dovremo giungere come minimo fino allo spleen tetro del giovane Chopin, e più in là ad altri grandi slavi - Ciaikovskij, Rachmaninov, Shostakovich – tutti ossessionati della negatività e dalla mancanza di senso della storia. Le ultime quattro battute dell’Andante [btt.27; t. 1:39] risuoneranno come un estremo ammonimento, prima del sopraggiungere inatteso del Molto allegro in Re Maggiore, in regolare forma-sonata. Sembra persino straniante, dopo tutto ciò che la ha preceduta, questa vitalità frenetica. Il primo gruppo tematico [Esempio 5; btt.31; t. 1:49] è baldanzoso, quasi irriverente.

Esempio 5

Il secondo, in due parti, è più complesso, in un dialogare mutevole tra archi e fiati che introduce nuovamente, con un breve motivo secondario, una voce minacciosa [Esempi 6a, 6b e 6c; btt.59, 67 e 76; t. 2:11, 2:20 e 2:29].

Secondo tema, prima parte, primo motivo Esempio 6a

Secondo tema, prima parte, motivo secondario in risposta Esempio 6b

3 Su questo punto, aggiungiamo all’elenco precedente le interessanti dissertazioni sulla connessione tra la musica e il demoniaco, e

tra la musica e il nulla, del filosofo Vittorio Mathieu («La voce, la musica, il demoniaco», «Il nulla, la musica, la luce»). 4 Nichilismo che non nasce a nostro avviso con il «Don Giovanni», ma affiora già nella Fantasia in Do minore per pianoforte K.475,

del 1785 (è un’ipotesi nostra, della quale ci assumiamo la responsabilità): le impalcature della forma, che nella Sonata in Do minore

K.457 – la sua “sorellina”, ad essa contemporanea e tematicamente affine - seppur scosse, reggevano ancora, nella Fantasia crollano

di schianto, rivelando paurosamente l’abisso sottostante la musica, vuoto e vertiginoso.

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Secondo tema, seconda parte

Esempio 6c

Alcuni hanno visto in questi temi le prefigurazioni di personaggi dell’opera, in particolare di quelli di Don Giovanni, del Commendatore, e di Zerlina, ma a noi sembra che questo Molto allegro avrebbe potuto entrare senza difficoltà in molte delle sinfonie viennesi del nostro autore. Lo sviluppo [btt.122; t. 3:09], si basa quasi interamente sull’ultima parte del secondo tema: dapprima trattata imitativamente, poi - dopo alcune battute centrali nelle quali ricompare fugacemente il primo tema [btt.142; t. 3:27] -, modulando verso tonalità lontane [btt.158; t. 3:41]. La ripresa [btt.194; t. 4:13] consiste nella ripetizione quasi letterale dell’esposizione, seguita dalla coda [btt.261; t. 5:13]. A questo punto, qualcuno potrebbe sollevare la questione generale dell’opportunità di staccare l’ouverture dal suo contesto drammaturgico per farne un uso concertistico, soprattutto nella nostra epoca così attenta alla filologia. Ma - nel caso del «Don Giovanni» - è lo stesso Mozart ad autorizzarci, dato che fu proprio lui a creare una versione nella quale la transizione che collega l’Ouverture con l’ingresso di Leporello nel Primo Atto veniva sostituita da una conclusione in Re maggiore. E che naturalmente sarà quella che ascolteremo nel concerto.

Ludwig van Beethoven – Sinfonia n.6 in Fa maggiore op.68 «Pastorale» 5 La Sesta Sinfonia, meditata a lungo, fu eseguita per la prima volta a Vienna, insieme alla Quinta, alla Fantasia corale op.80 ed al Quarto Concerto per pianoforte (con l’autore alla tastiera), il 22 dicembre 1808, nel corso di un mostruoso concerto della durata di quattro ore. Chissà se qualcuno tra gli spettatori – la maggior parte di essi era uscita annoiata e infreddolita dalla sala, secondo i giornali dell’epoca - si sarà reso conto, in quella lontana serata, che stava guardando la Storia direttamente negli occhi! Sul programma era scritto: «Sinfonia Pastorale. Espressione di sentimenti piuttosto che pittura». E malvolentieri l’autore – la cui sordità era del resto in rapido progresso - accondiscese, qualche tempo dopo, ad associare spiegazioni esplicite ai vari movimenti: pochi sanno che i titoli di molte famose opere beethoveniane sono in realtà posticci, assegnati dagli editori per pure ragioni commerciali. Fosse vissuto ai nostri tempi, forse Beethoven non avrebbe amato molto «Fantasia» e Walt Disney. D’altra parte, è ben noto che ogni anno il musicista soleva trascorrere molti mesi in campagna, nella casetta che affittava presso il sobborgo viennese di Heiligenstadt, facendo lunghe passeggiate nei campi («voglio diventare contadino») dalle quali traeva grande ispirazione, oltre che conforto alla sua infelicità. La Pastorale si inscrive in un genere letterario e musicale dalla lunghissima storia, oltre che in quello settecentesco delle “sinfonie caratteristiche” - del quale Haydn era stato maestro. In realtà, si può ben dire che questo lavoro faccia categoria a sé dentro la produzione sinfonica del nostro autore, con caratteristiche stilistiche inusuali, soprattutto per la quasi totale mancanza di quei contrasti dinamici e ritmici che altrove, ad esempio nella contemporanea Quinta sinfonia, costituiscono la forza propulsiva del discorso musicale

5 Alcuni tra i principali riferimenti bibliografici sulla Sesta: Riezler («Beethoven»); Grove («Beethoven and his Nine Symphonies»);

Pestelli («Beethoven»); Della Croce («Ludwig van Beethoven. La musica sinfonica e teatrale»); Lockwood («Le sinfonie di

Beethoven. Una visione artistica»); Guanti («Guida all’ascolto di Beethoven»); Balbo («Ludwig van Beethoven. La Sesta sinfonia»).

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beethoveniano: il carattere della Sesta è rilassato e statico, i passaggi in tonalità minore sono rari prima del quarto movimento, al rapporto armonico tensivo tonica-dominante viene spesso preferito quello distensivo tonica-sottodominante. Sono piuttosto i colori orchestrali, i timbri – i particolare quelli degli strumenti a fiato - ad assumervi la massima evidenza. La sinfonia contiene ben cinque movimenti, gli ultimi tre succedentisi senza interruzioni. Il primo movimento (Allegro ma non troppo, in 2/4; «Risveglio di piacevoli sensazioni all’arrivo in campagna») [t. 0:38] 6 non inizia volitivamente, come avviene per la maggior parte dei primi temi di Beethoven, soprattutto di quelli del cosiddetto “secondo periodo creativo”. Esso si presenta lungamente esitante, frammentato - come se il musicista stesse respirando l’aria buona della campagna -, prima di venire enunciato per intero dai fiati, ma non prima di ventinove battute [t. 1:12]. Già alla seconda battuta, però, ha già fatto la sua comparsa quel ritmo dattilico che costituirà l’ossatura, la microstruttura portante di tutto il primo tempo [Esempio 7]. Dopo un breve ponte modulante basato sulla testa del primo tema [btt.54; t. 1:39], compare il secondo tema, presentato dapprima dai bassi, e poi ripreso in canone da tutti gli strumenti [Esempio 8; btt.67; t. 1:53]. Compare poi un secondo motivo, sopra la figura ritmica dattilica della quale si è detto [btt.93; t. 2:22].

Esempio 7

Esempio 8

L’esposizione viene ripetuta letteralmente [t. 3:08]. Lo sviluppo, tripartito, che inizia [btt. 139; t. 5:38] nel riposante rapporto tonale di sottodominante (Si bemolle maggiore), è quasi tutto costruito sull’estatica iterazione di un inciso contenente il dàttilo iniziale [Esempio 9; btt. 151; t. 5:53], a cui si aggiunge la figura ritmica di accompagnamento in terzine, che era comparsa per la prima volta all’inizio della coda dell’esposizione [btt.115; t. 2:46], e tornerà anche nella ripresa.

Esempio 9

Dopo la ripresa variata [btt. 279; t. 8:06], la coda [btt. 395; t. 10:08] contiene un inatteso episodio di sviluppo secondario [btt. 414; t. 10:30], poi, poco prima della conclusione, un assolo del clarinetto, quasi al modo di una cadenza [Esempio 10; btt. 476; t. 11:35].

6 I tempi indicati tra parentesi quadre [t.] fanno riferimento all’esecuzione reperibile su Youtube all’indirizzo:

https://www.youtube.com/watch?v=z9DqhfBIN-g . La partitura è consultabile o scaricabile liberamente all’indirizzo:

http://hz.imslp.info/files/imglnks/usimg/d/d3/IMSLP28600-PMLP01595-beethoven-sym-6-ccarh.pdf .

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Esempio 10 Il secondo movimento, in Si bemolle maggiore (Andante molto moto [sic] in 12/8; «Scena presso il ruscello»), ha un andamento tutto a ondulazioni e increspature. La struttura è, come quella del primo movimento, in forma-sonata con due gruppi tematici ognuno a due motivi [Esempi 11a, b, c, d; btt.1, 13, 30 e 36; t. 12:49, 13:56, 15:21 e 15:51], ma andrebbe sempre tenuto presente che raramente, nel nostro autore, questa viene trattata in modo scolastico: si noterà all’ascolto che frammenti del primo gruppo tematico, come pure l’accompagnamento mormorante uditi nella parte iniziale, torneranno anche nel secondo tema e nelle transizioni.

Primo tema, primo motivo Esempio 11a

Primo tema, secondo motivo

Esempio 11b

Secondo tema, primo motivo Secondo tema, secondo motivo Esempio 11c Esempio 11d

Vorremmo anche accennare al fatto che in Beethoven i motivi di accompagnamento, ma anche i passaggi di transizione, tendono spesso ad assumere una personalità ed una funzione propria, complementare allo sviluppo tematico. Nel caso specifico, ci limiteremo a sottolineare da una parte la forte valenza figurativa e psicologica degli accompagnamenti ondulanti e “liquidi”, che attraversano tutta la «Scena al ruscello», con una serie di sottili variazioni [Esempio 12]; dall’altra, la forte affinità con alcuni tra quelli che udiremo nell’ultimo movimento. Ciò permette di creare una trama di richiami che legano tra loro, nella percezione dell’ascoltatore, punti apparentemente lontani e scollegati di questa sinfonia.

Accompagnamento del Primo tema Accompagnamento del Secondo tema

Accompagnamenti della Seconda e Terza sezione dello sviluppo Esempio 12

Lo sviluppo [btt. 54; t. 17:20], tripartito, introduce dapprima una variante del secondo tema, in Sol maggiore, per poi riprendere il primo tema ed elaborarlo variamente. Nelle tre sezioni, questo viene fatto enunciare da diversi strumenti dell’orchestra: dall’oboe in dialogo col flauto [btt. 58; t. 17:43], poi dal

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clarinetto [btt. 69; t. 18:39], e infine dai primi violini [btt. 79; t. 19:30], che nella terza sezione riconducono alla tonalità d’impianto. Dopo la ripresa, variata e semplificata [btt. 91; t. 20:26], la coda introduce un motivo del tutto nuovo [Esempio 13; btt.125; t. 23:17], poco prima del celebre passaggio con flauto, oboe e clarinetti soli (l’autore scrisse di suo pugno nel manoscritto originale: usignolo, quaglia e cucù) [Esempio 14; btt.129; t. 23:35]. Alcuni commentatori vi hanno visto una sorta di canto di ringraziamento, che il panteista Beethoven fa rivolgere dalle creature allo Spirito universale. Quali distanze tra questa amorosa, rousseauiana natura, e il crudele, beffardo cambio della guardia tra il cuculo e l’usignolo nell’«Ablösung im Sommer» mahleriano, di ottant’anni dopo!

Esempio 13

Esempio 14

Il terzo movimento [t. 25:02], in Fa maggiore (Allegro; «Allegra riunione di contadini»), è strutturato in 2 sezioni che si succedono nella semplice forma di Scherzo A-B-A-B-A’. La sezione A (in 3/4) enuncia due motivi di otto battute, con andamento e armonie di sapore campagnolo: il primo [Esempio 15a; btt.9; t. 25:15] agli archi, il secondo – più sincopato – ai fiati [Esempio 15b; btt.91; t. 26:03]. L’evidenza di oboi e fagotti, il loro procedere zoppicante sembra far la parodia di una banda di paese, nel secondo motivo c’è persino la macchietta umoristica del fagottista che si addormenta!

Sezione A. Primo motivo

Esempio 15a

Sezione A. Secondo motivo Esempio 15b Il tema della sezione B (in 2/4) è ancora più breve e marcato (quattro battute, tutte con l’indicazione dinamica sforzato) [Esempio 16; btt. 165; t. 26:48].

Sezione B Esempio 16

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Dopo una ripetizione letterale [t. 27:28], la ripresa variata della sezione A (Tempo I, poi Presto) [btt. 206; t. 29:45] sembra affastellare sempre più affannosamente i motivi, come un fuggifuggi nell’imminenza della tempesta, che scoppierà nel quarto movimento (Allegro in 4/4; «Tempesta») [t. 30:20]. La tonalità è quella di Fa minore, la struttura in due parti A-A’ (inizio della seconda sezione: btt. 64; t. 31:40), ma l’instabilità tonale ed il succedersi continuo di motivi onomatopeici [Esempio 17] raffiguranti il caos della natura scatenata, rendono difficile ad un primo ascolto afferrare questi aspetti formali. Crediamo, però, che in questo caso sia godibile anche la sola fantastica abilità strumentale e timbrica (in questo movimento si aggiungono all’orchestra anche ottavino, tromboni e timpani) con la quale Beethoven rappresenta tuoni, lampi, raffiche di vento, fino al parossismo sonoro di un climax in fortissimo tenuto dall’intera orchestra per ben dieci battute [btt.106; t. 32:38].

Raffiche di vento

Scoppiar della tempesta Tuoni

Saette? Esempio 17 Dopodiché, la bufera si placa e si allontana lentamente, lasciando spazio ai cieli limpidi del quinto movimento (Allegretto in 6/8; «Canto di pastori: sentimenti di gioia e riconoscenza dopo la tempesta»). Il tema principale ai violini [Esempio 20; btt.9; t. 34:06], un lento crescendo tutto pieno di commosso stupore, viene preceduto dal famoso motivo arpeggiato del ranz des vaches [Esempio 20; btt.1; t. 33:48], ispirato a quelle melodie tradizionali suonate con lunghi corni (gli alphorn) dai montanari svizzeri, che sarebbero state usate, tra gli altri, anche da Rossini (III movimento dell’Overture dal «Guglielmo Tell»), Berlioz (la Scena campestre della «Sinfonia fantastica»), Liszt (Parafrasi sul Ranz des vaches dall’«Album d’un voyageur»), e infine … da una pubblicità di caramelle alle erbe.

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“Ranz des vaches” Primo tema

Esempio 20

Il conciso secondo tema, un dialogo tra primi violini e viole, che funge al contempo anche da ponte modulante [Esempio 21; btt.32; t. 34:53], raggiunge solo in seguito la tonalità della dominante [btt. 50; t. 35:30], ed è subito seguito da un ritorno variato del primo tema btt.56; t. 35:39], sopra un nuovo accompagnamento ai secondi violini e ai violoncelli [Esempio 22; btt.64; t. 35:59].

Esempio 21

Esempio 22

Lo sviluppo, in due parti, introduce nuovo materiale tematico, dall’andamento ondulante come di canzone popolaresca, ai clarinetti e ai fagotti [Esempio 23; btt.80; t. 36:32], seguito da un magico, stuporoso episodio [btt.95; t. 37:04], nel quale un frammento del ranz des vaches è ripetuto placidamente dai violoncelli, con i violini che questa volta accompagnano [Esempio 24; btt.99; t. 37:13].

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Esempio 23

Esempio 24

La ripresa variata [btt. 109; t. 37:50] contiene un altro intenso episodio di sviluppo secondario [btt.183; t. 40:07]. Infine, una lunga cadenza [btt.219; t. 41:22] porta alla coda [btt.237; t. 42:00], dove si ode per l’ultima volta, ai corni con sordino e in pianissimo, come un addio, quel dolce motivo ormai indimenticabile.

[A cura di Massimo Sacchi]

Il concerto si terrà

sabato 1 aprile 2017 alle ore 21

presso il Teatro Città di Legnano “Talisio Tirinnanzi”

Piazza IV Novembre - Legnano

Orchestra da camera della città di Legnano “Franz Joseph Haydn” Via Cattaneo, 96 - 20025 Legnano (MI) Tel.: 0331/543549 – 0331/454386 sito web: www.orchestralegnano.org e-mail: [email protected]