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Sandro Pertini - Il Presidente Partigiano

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biografia

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Pertini. Il presidente partigianoAA.VV.

ISBN: 9788896034125

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SANDRO PERTINIIl presidente partigiano

Biografie

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© 2013 Focus

ISBN 978-88-96-03412-5Questo testo è diventato un ebook nel maggio 2013

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SANDRO PERTINI

Passò la giovinezza sempre in fuga, ma nel 1978 Sandro Pertini salì al Quirinale e –nonostante avesse un carattere difficile – fu amatissimo dagli italiani

Il viso onesto e fiero, la pipa all’angolo della bocca, gli occhialoni spessi e l’aria severa.Così tutti icordano Sandro Pertini. Un uomo, come disse il suo compagno di lottaGiuseppe Saragat, che “era della stoffa di cui sono fatti gli eroi” e che combatté per tuttala vita senza tradire mai i suoi ideali: un eterno ribelle dall’esistenza tutt’altro chetranquilla, il presidente più amato dagli italiani.

IN BICICLETTA

Quarto di cinque fratelli, Alessandro, per tutti Sandro, era di famiglia benestante.Gracilino e malinconico, da ragazzo amava starsene in disparte a leggere Leopardi eDostoevskij o in sella alla bicicletta, pedalando per le strade tutte curve della sua terra:San Giovanni di Stella, un paesino sull’Appennino ligure in provincia di Savona. Ma più diogni altra cosa amava la compagnia di sua madre, Maria Muzio, donna religiosissima,rimasta vedova nel 1907 quando Sandro aveva appena 11 anni. “Se nella vita sonoriuscito a fare qualcosa di buono lo debbo al suo insegnamento e al carattere che lei miha formato. Ho l’orgoglio di pensare che io le assomiglio molto: per temperamento, perdevozione alla fede scelta, per volontà nel sopportare sacrifici e rinunce e per fierezza”diceva Pertini. Solo che mentre Maria credeva fermamente in Dio, la religione di suo figlioera il socialismo. E proprio quelle idee assorbite sui banchi di scuola guidarono tutta lasua avventurosa esistenza.Nonostante la ferma convinzione che l’Italia non dovesse entrare nel conflitto, all’albadella Prima guerra mondiale – appena diciannovenne – Sandro rispose alla chiamata allearmi, spinto dal senso del dovere e dall’amore per la nazione. Tornò dal fronte con unbagaglio di tristi racconti, il grado di capitano e una medaglia al valore che i fascisti nonvollero consegnargli. Come potevano riconoscere che un socialista potesse essere ancheun buon patriota? E non fu l’unico sgarbo che il ragazzo ricevette dal regime in queglianni. “Molti erano intimiditi da quelle violenze e sostenevano che non si dovevanoprovocare i fascisti […]. Questo non è mai stato il mio atteggiamento. Sono statobastonato perché il primo maggio andavo in giro con una cravatta rossa. Sono statomandato all’ospedale perché nella ricorrenza della sua morte, ho appeso alle mura diSavona una corona d’alloro in memoria di Giacomo Matteotti. Sono stato arrestato peraver diffuso un giornale significativo: Sotto il barbaro dominio fascista. Ho vissuto i mieivent’anni così e non me ne pento” dichiarò in un’intervista, quasi mezzo secolo dopo chesi erano svolti quei fatti.

LONTANO DA CASA

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Nel giro di due anni, tra 1924 e 1926, fu processato, condannato al carcere e poi alconfino come “avversario irriducibile dell’attuale Regime” e “sovversivo pericoloso per lasalute della nazione”. Si rifugiò in Francia e, nonostante le due lauree, una ingiurisprudenza e l’altra in scienze politiche, per tirare a campare lavò taxi, fece ilmuratore, il pittore di infissi e perfino la comparsa nei film della Paramount. E nelfrattempo non smise di darsi da fare per la causa antifascista.Ma stare lì, con tutto quello che succedeva in Italia, lo faceva diventare matto. Perciò nel1929 tornò in patria, e non per riabbracciare l’allora fidanzata, Matilde Ferrari, a cuiintitolò il suo rifugio clandestino a Nizza (il massimo del suo romanticismo), ma perriorganizzare il Partito socialista. Il suo sogno, però, si infranse a Pisa a causa dellasolerzia di una camicia nera, Icardio Savoldi, che lo riconobbe a una fermata del tram.Così Pertini fu acciuffato, processato e condannato a quasi undici anni di carcere e tre diconfino. In tribunale la sua unica preoccupazione fu sigillare la sentenza col grido“abbasso il fascismo e viva il socialismo”.Mentre l’Italia scivolava nel baratro della dittatura, nel carcere dell’isola di Santo Stefano,al largo della costa tra Lazio e Campania, come un Mandela italiano, il futuro presidentecontinuò a battersi per i suoi ideali e per la dignità propria e degli altri prigionieri. Lottòper ottenere un trattamento più umano, per avere libri, per poter studiare storia,economia e inglese. E, benché malato, si dissociò drasticamente dalla richiesta di graziache la madre spedì al Duce. Reagì con durezza, per non tradire la fede politica, “l’unicacosa di veramente grande e puro che io porti in me”.Ma non sapeva che sua madre, laggiù in Liguria, seduta sul muricciolo di fronte casacontinuò ad aspettarlo per anni e anni, tutti quelli che “il suo Sandro” passò in carcere. Laprigione non portò solo sofferenza, Pertini ne ricavò anche l’amicizia con uno dei fondatoridel Partito comunista italiano, Antonio Gramsci. Lo incontrò nella prigione pugliese diTuri, nei pressi di Bari, dov’era stato trasferito. Gramsci, isolato in carcere come nel suopartito, provò a convertire al comunismo il compagno socialista, senza riuscirci. Rimaseperò l’ammirazione reciproca: “In quei tempi, all’estero socialisti e comunisti sisbranavano […] io ho sempre disapprovato questa rottura perché sono sempre stato perl’unità del movimento operaio; quindi l’amicizia concessami da Gramsci assunse per meun significato, oltre che sentimentale e umano, anche politico” ricordò in seguito Pertini.Gramsci morì nel 1937, sei anni prima che gli Alleati sbarcassero in Italia, che il Ducefosse destituito e i prigionieri politici rilasciati dopo l’abolizione del Partito fascista.

CON IL MITRA IN MANO

“Cominciava un’altra triste e lunga storia” raccontò Pertini a Enzo Biagi in un’intervista: laguerra di Resistenza per la liberazione dell’Italia dai nazifascisti. Una guerra civile a cuil’eterno ribelle partecipò con idee, carisma e mitra in mano, sia nel direttivo che nellepiazze, alla testa dei partigiani d’Alta Italia, Firenze e Milano. Fino alla ritirata deitedeschi in quel famoso 25 aprile del 1945, all’arresto di Mussolini due giorni dopo e allasua fucilazione il 28 aprile. Allora, con una medaglia d’oro al valor militare appuntata alpetto per il ruolo di “combattente audacissimo della Resistenza”, entrò da protagonista in

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una nuova fase della sua vita, meno violenta forse, ma non meno agguerrita. Una faseche si aprì con una svolta inaspettata: il matrimonio a quasi 50 anni. Si sposò con unagiovane giornalista e partigiana, la ventiquattrenne Carla Voltolina, conosciuta a Milanodurante l’organizzazione della liberazione della città. Ma, politicamente, per lui laResistenza non era finita. “La libertà è un bene prezioso che bisogna difendere giorno pergiorno” diceva. Cosa che cercò di fare da segretario del Partito socialista, da deputato eda membro dell’Assemblea costituente. Oltre che da giornalista, quando usò le colonnedell’Avanti!, di cui fu direttore per alcuni anni, per opporsi al gioco della spartizione dicariche e poltrone in parlamento e per criticare l’amnistia a “coloro che hanno incendiatovillaggi con i tedeschi, che hanno violentato donne colpevoli solo di aver assistito deipartigiani”.

GESÙ? ERA UN EROE!

Pertini non era uno che le mandava a dire, lo sapevano i colleghi. Eppure la sua estremacorrettezza fu premiata: dopo due legislature in veste di presidente della Camera, l’8luglio 1978 fu eletto settimo presidente della Repubblica. Nello stesso anno Karol Wojtyladiventò pontefice con il nome di Giovanni Paolo II. Contro ogni pronostico, un ateodichiarato e la massima carica della Chiesa diventarono amici: l’ennesima incoerenzadella vita di questo ligure schivo, che aveva anche il crocifisso appeso al Quirinale. Dicevainfatti che ammirava Gesù, perché aveva sostenuto le sue idee a costo della vita.Il presidente e il papa furono amici veri, oltre le regole del protocollo: telefonate dirette,scherzosi scambi di battute, lettere, pranzi segreti, abbracci in pubblico e persino vacanzeinsieme in montagna, che era la passione di entrambi. I due si diedero conforto reciproconelle avversità di quel tetro periodo: gli anni del terrorismo rosso e nero, del disastroaereo di Ustica, della strage alla stazione di Bologna, del terremoto in Irpinia, della loggiamassonica P2, della morte del piccolo Alfredino intrappolato in un pozzo a Vermicino(Roma), dell’assassinio del prefetto di Palermo Carlo Alberto Dalla Chiesa.

PRESIDENTE DI TUTTI

Pertini odiava i funerali, e in quei sette anni da presidente fu costretto a presenziarneparecchi: sempre lì, dritto, con lo sdegno o il dolore stampato sul viso. Come durantel’ultimo sentito saluto a Enrico Berlinguer, l’allora segretario generale del Partitocomunista italiano, colpito da ictus durante un comizio a Padova nel 1984. Un comunista,quindi un “rivale” per i socialisti, ma non per Pertini, che considerava la politica non unbieco scambio di scortesie, inciuci e intrallazzi, ma una battaglia ideale tesa ad affermarevalori, su tutti il rispetto delle idee altrui. Fu per questo che si impose per scortare lasalma del suo “compagno di lotta” a Roma, con l’aereo presidenziale.Non cercava consensi: lo fece perché lo sentiva, come ogni altra cosa nella sua vita.L’onestà veniva prima di tutto per lui, che una volta salito al Quirinale smise di rinnovarela tessera di partito, per potersi definire davvero “presidente di tutti gli italiani”. Nientecompromessi, solo pragmatismo e rigore. Anche nei confronti degli uomini al governo,

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con i quali i suoi rapporti furono talvolta burrascosi.“La politica se non è morale non m’interessa. Io, se non è morale, non la consideronemmeno politica. La considero una parolaccia che non voglio pronunciare” sosteneva.Che non fosse un presidente come gli altri era evidente: affrontò attivamente 8 crisi digoverno, impose 2 scioglimenti anticipati delle camere e per anni si rifiutò di ricevere alQuirinale i parlamentari della Loggia di Licio Gelli, compresi quelli che, con la benedizionedei loro partiti, avevano mantenuto i propri incarichi. Proprio come, da presidente dellaCamera, si era rifiutato di ricevere i capi di Stato di Sudafrica, Grecia, Spagna ePortogallo, colpevoli di angariare i popoli delle rispettive nazioni. Gli anni passavano, maPertini rimaneva immutabile nel suo roccioso senso dell’onestà. “Le mani siano candide!”intimò ai suoi collaboratori il giorno dell’insediamento al Colle, lui che, mai al centro diuno scandalo o di un sospetto, non soltanto predicò ma soprattutto razzolò bene.

IRE IMPROVVISE

Uomo onesto, il presidente, ma non privo di difetti: “Tutti gli uomini di carattere hanno uncattivo carattere” si schermiva. E infatti era testardo, senza peli sulla lingua, franco eruvido nelle interviste e con chiunque lo circondasse. “Sono sempre stato un passionale,un impetuoso. […] Oh, quante persone ho investito con le mie ire improvvise, i mieiatteggiamenti rigidi, le mie interruzioni!” confessò alla giornalista Oriana Fallaci nel 1973Ma era proprio questa spontaneità che piaceva tanto alla gente.

TIFOSO

Chi non lo ricorda (anche solo per averlo sentito raccontare), tifoso della nazionaleazzurra, sulle gradinate di Madrid durante la finale Italia-Germania, mentre esultaaccanto all’impassibile re di Spagna Juan Carlos e al severo cancelliere tedesco HelmutKohl? D’altra parte, a 86 anni suonati poteva permettersi qualunque cosa, perché, comedisse alla fine del suo mandato, “alla mia età non è importante essere giudicati dagliuomini; si risponde solo alla propria coscienza e la mia è tranquilla”. Nel 1985 lasciò ilposto a Francesco Cossiga e diventò senatore a vita.Morì 5 anni dopo, 93enne, per le complicazioni di una caduta in casa. Niente visiteistituzionali, niente funerali di Stato: come aveva chiesto Sandro, le sue ceneri volaronosenza fanfare nel paese natale, in una cassetta di legno scura, avvolta nella bandierarossa del Psi, quella milanese del 1945 con la scritta “Lavoratori di tutti i paesi, unitevi!”.Sembra ancora di sentirlo, impetuoso: “Il nostro popolo è capace delle più grandi cosequando lo anima il soffio della libertà e del socialismo”.

Maria Leonarda Leone

Onesto, composto, serio. Ma quando si arrabbia…Intorno lo scenario era di distruzione, dolore, paura. Il terremoto aveva devastatol’Irpinia. Erano passate poche ore dal disastro del 23 novembre 1980. Sandro Pertini

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arrivò tra i primi e come sempre fece impazzire la scorta: lui e il protocollo nonandavano d’accordo. I giornalisti che lo seguivano, capirono che stava persuccedere: intuirono dalle posture e dal modo di manovrare la pipa che c’eraqualche cosa che turbava il presidente. Infatti la sua sfuriata fu memorabile, confrasi che andavano dal “Ma qui non sta funzionando nulla!” a “Siete degli incapaci!”.Pertini replicò lo sfogo, anche se contenuto nei canoni dell’ufficialità, in un discorsotelevisivo a reti unificate il 27 novembre. E qualcuno pagò per quelle inefficienze: sene andarono un paio di prefetti e un ministro.Sfuriate. Il backstage del presidente della Repubblica più amato dagli italiani (maanche dai media, che sapeva usare da vero protagonista) mostrava un uomo a volteinsofferente, spesso irascibile e poco disposto a tornare sui suoi passi. Le suearrabbiature improvvise e veementi hanno lasciato il segno soprattutto tra igiornalisti. Come Antonio Ghirelli che, quando era direttore del Corriere dello Sport,fu chiamato da Pertini per ricoprire il ruolo di suo personale portavoce. Aquell’esperienza, durata soltanto due anni, Ghirelli dedicò molte pagine per spiegarecome e perché fu cacciato senza possibilità di replica dal “suo” presidente. Duranteun viaggio in Spagna Ghirelli fece fare una dichiarazione, poi ritenuta incauta, da unfunzionario. Sandro Pertini andò su tutte furie e di fatto costrinse Ghirelli adimettersi. «Le urla e gli strepiti di Pertini» ricorda Ugo Intini, ex direttoredell’Avanti! e portavoce di Bettino Craxi «erano leggendari al Lavoro (di cui Pertiniera direttore, ndr)».La mia poltrona! Per questo motivo Pertini a volte aveva improvvisi cali di voce e,soprattutto, soffriva di un perenne mal di gola. Ricorda Intini: Chi lavorò con lui pertanti anni come giornalista, come militante e come parlamentare non ha dubbi:«Pertini era nervoso. Perfino iracondo. Un attimo dopo si stupiva per il broncio di chiaveva appena insultato e lo abbracciava spiegando che lui si arrabbiava, ma poi glipassava subito». Non sempre, però. Come dimostrarono le svariate dimissioni cheprovocarono le sue sfuriate.

I suoi due fratelliLa convivenza non è sempre facile, ancor meno nelle famiglie numerose. Pertiniaveva 4 fratelli e i suoi rapporti con il terzo, Giuseppe, furono travagliati. Giuseppe,infatti, si iscrisse al Partito fascista nel 1923 e i due si tolsero il saluto. Solo nel1929, dopo la seconda condanna di Sandro, il fratello decise di abbandonare ilFascio. “A quarantun anni morì di crepacuore […]. E il pensiero di non essermiriconciliato con lui mi schiantò in modo tale che in breve tempo diventai canuto”raccontò in seguito Pertini.Falsa notizia. Ancor più tragica fu la fine del fratello più piccolo, Eugenio: emigratoin America per trovare lavoro, quando tornò in Italia ricevette la falsa notizia cheSandro era stato ucciso. Eugenio si iscrisse al Partito comunista e divenne unveemente attivista. Lo arrestarono mentre attaccava manifesti contro i nazisti e fudeportato nel campo di concentramento di Flossenbürg, in Germania. Prima di

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essere fucilato, il 25 aprile 1945, seppe che suo fratello era vivo e che comandava laResistenza. E pianse di gioia.

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Per saperne di più

LIBRI

Sandro Pertini, Gli uomini per essere liberi. Raccolta di testi e scritti di Sandro Pertini.Edito da ADD editore (2011). Anche in formato Kindle su Amazon.

Andrea Pazienza, Pertini. Un grande fumettista e un grande presidente in una serie distrisce divertenti e dissacranti, ma anche complici e affettuose. Edito da Fandango libri(2010)

Sandro Pertini, La politica delle mani pulite. «….Non diventerò mai complice di chi staaffossando la democrazia e la giustizia in una valanga di corruzione». Ebook in formatoKindle. Edito da Chiarelettere (2012)

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Sandro Pertini, Mia cara Marion… Dal carcere alla resistenza: gli anni bui della vita diPertini nelle lettere alla sorella. A cura di Rino Di Stefano. Edito da De Ferrari 2004)

Porto Ferraio 1933: processo a Pertini. I documenti del processo per oltraggiointentato a Pertini dai fascisti. Edito da Editori riuniti (2010)

SITI WEB

http://www.fondazionepertini.itstudi e ricerche sugli scritti e le opere del presidente.

www.pertini.itAssociazione nazionale che raccoglie scritti, foto, cimeli e documenti

VIDEO

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Pertini, storia di un presidente/ La grande storiahttp://www.youtube.com/watch?v=QCv3fvKdnV0

Irpinia Terremoto 1980 Discorso del presidente Sandro Pertini che denuncia i ritardi e leinadempienze newi soccorsi.http://www.youtube.com/watch?v=o1WChq0gQcA

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Sandro Pertini: appello ai giovani http://www.youtube.com/watch?v=Dt2aWBOKMQA

Pertini ai mondiali dell’82. Gioca a scopa con Berazothttp://www.youtube.com/watch?v=FsrdKp9Ed2k

Sandro Pertini L’ida di socialismohttp://www.youtube.com/watch?v=aJfKCn1bUMM

Sandro Pertini : Discorso di fine anno 1978http://www.youtube.com/watch?v=w6C0TNrTxI0

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IMMAGINI

Con il segretario del Partito comunista Palmiro Togliatti (1950).

Con papa Giovanni Paolo II (1982), che salì al soglio pontificio nello stesso anno della suainvestitura. Al di là del protocollo ufficiale, i due divennero amici..

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Pertini nel 1901: da sinistra la madre Maria, la sorella Marion, il padre Alberto, Sandro e ilfratello Eugenio.

Il presidente esulta ai Mondiali di calcio del 1982 con Enzo Bearzot, allenatore dellanazionale, dopo la vittoria in finale sulla Germania.

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12 giugno 1981: Pertini parla ad Alfredino, un bambino caduto in un pozzo artesiano aVermicino. L’evento fu seguito in diretta tivù da milioni di spettatori. Ma il bimbo morì.

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Sandro Pertini in Val d’Aosta nel 1978. Era un grande amante della montagna: nel 1944partecipò a una traversata del Monte Bianco.