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Riv Med Lab - JLM, Vol. 5, N. 4, 2004 298 Le indagini di Laboratorio nei Manuali di Semeiotica Medica di fine Ottocento G. Dall’Olio Laboratorio di Chimica clinica ed Ematologia. Ospedale “S. Bortolo”. Vicenza Corrispondenza a: Dott. Giuliano Dall’Olio, Laboratorio di Chimica Clinica ed Ematologia, Ospedale “S. Bortolo”, Vicenza; e-mail: [email protected] Riassunto. Nella seconda metà dell’Ottocento, con l’evoluzione e la diffusione delle determinazioni chimiche sui liquidi biologici a scopo diagnostico e prognostico, la Medicina di Laboratorio, con i “se- gni chimici” che può apportare al clinico, entra di diritto nella Semeiotica Medica. Interessante l’analisi dei trattati di Semeiotica di fine Ottocento di due illustri clinici svizzeri per capire come essi “vedevano” le indagini di laboratorio, co- me venivano effettuate e da chi, come erano utilizza- te e quale spazio trovavano nei loro manuali. Summary. In the second half of 19 th century, instru- ments and methods for chemical examinations of body fluid were developed in order to help physi- cians in the diagnosis and prognosis by the use of “chemical signs”. Therefore Laboratory Medicine entered in the field of Semeiotics. The Semeiotics textbooks of two distinguished swiss clinicians appear very interesting in order to appreciate their way of looking in regard to labora- tory analyses, how physical and chemical analyses where carried out, who performed them, how were utilized. It can be appreciate also the importance and the detail and even the length of different chapters of the two textbooks. Introduzione Nella seconda metà dell’Ottocento, si va diffonden- do fra i clinici ed i medici pratici l’utilizzo delle in- dagini di laboratorio sul sangue e sull’urina dell’uo- mo nel processo diagnostico e terapeutico. Verso la fine del secolo, con l’evolversi della metodologia chimica e lo sviluppo della strumentazione, le anali- si chimico-cliniche sono ormai ad un livello tale che il referto di laboratorio è considerato parte integran- te della Semeiotica Medica 1 . Da sempre la diagnosi delle malattie era basata sulla osservazione e sulla valutazione dei sintomi e dei segni e le regole che ne derivavano venivano comprese nella “semeiotica”, la scienza dei “segni” appunto, che, visti in maniera critica, potevano essere degli utili “indicatori” di uno stato morboso 2,3 . Il medico, alla fine dell’Otto- cento, accanto ai segni che può rilevare direttamente con i propri sensi: l’osservazione del malato, la fre- quenza del polso, l’osservazione del respiro, la per- cussione, l’auscultazione, la palpazione, l’uroscopia, può disporre anche di strumenti, come il termometro e lo sfigmomanometro (Riva-Rocci, 1896) che gli permettono di avere una misura quantitativa dei sin- tomi, può quindi avvalersi di segni “artificiali”, me- no soggettivi, e quindi più precisi e più utili. Ancor più “artificiali” sono i segni che il clinico può otte- nere dall’applicazione alla medicina dei raggi X (Röntgen 1895), utilizzati su larga scala dagli inizi del ’900, e dalle analisi chimiche di laboratorio dei liquidi biologici, già in uso invece da parecchi de- cenni, segni questi che vanno assolutamente al di là della percezione sensoriale. Tipici esempi di “segno chimico”, ovvero di “identi- ficazione chimica della malattia”, come suggerisce Ludwig Thudicum nel 1867, possono essere: il glu- cosio nelle urine dei diabetici (Michel Eugène Che- vreul, 1815), l’albumina nelle urine di soggetti con malattie renali (Richard Bright, 1837), la tirosina e leucina nelle urine di pazienti con atrofia acuta del fegato (Friedrich Theodor Frerichs, 1848), la ipergli- cemia (Claude Bernard, 1855), la diminuzione del- l’urea urinaria nelle malattie epatiche in genere (Giorgio Roster, 1879), ecc. Un maggiore significato acquisiscono i segni chimici quando, sempre nel- l’Ottocento, diventano possibili le determinazioni Schegge di Storia della Medicina

Schegge di Storia della Medicina

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Page 1: Schegge di Storia della Medicina

Riv Med Lab - JLM, Vol. 5, N. 4, 2004 298

Le indagini di Laboratorio nei Manuali di Semeiotica Medicadi fine Ottocento

G. Dall’Olio

Laboratorio di Chimica clinica ed Ematologia. Ospedale “S. Bortolo”. Vicenza

Corrispondenza a: Dott. Giuliano Dall’Olio, Laboratorio di Chimica Clinica ed Ematologia, Ospedale “S. Bortolo”, Vicenza; e-mail:[email protected]

Riassunto. Nella seconda metà dell’Ottocento, conl’evoluzione e la diffusione delle determinazionichimiche sui liquidi biologici a scopo diagnostico eprognostico, la Medicina di Laboratorio, con i “se-gni chimici” che può apportare al clinico, entra didiritto nella Semeiotica Medica.

Interessante l’analisi dei trattati di Semeiotica di fineOttocento di due illustri clinici svizzeri per capirecome essi “vedevano” le indagini di laboratorio, co-me venivano effettuate e da chi, come erano utilizza-te e quale spazio trovavano nei loro manuali.

Summary. In the second half of 19th century, instru-ments and methods for chemical examinations ofbody fluid were developed in order to help physi-cians in the diagnosis and prognosis by the use of“chemical signs”. Therefore Laboratory Medicineentered in the field of Semeiotics. The Semeiotics textbooks of two distinguished

swiss clinicians appear very interesting in order toappreciate their way of looking in regard to labora-tory analyses, how physical and chemical analyseswhere carried out, who performed them, how wereutilized. It can be appreciate also the importance andthe detail and even the length of different chapters ofthe two textbooks.

Introduzione

Nella seconda metà dell’Ottocento, si va diffonden-do fra i clinici ed i medici pratici l’utilizzo delle in-dagini di laboratorio sul sangue e sull’urina dell’uo-mo nel processo diagnostico e terapeutico. Verso lafine del secolo, con l’evolversi della metodologiachimica e lo sviluppo della strumentazione, le anali-si chimico-cliniche sono ormai ad un livello tale cheil referto di laboratorio è considerato parte integran-te della Semeiotica Medica1. Da sempre la diagnosidelle malattie era basata sulla osservazione e sullavalutazione dei sintomi e dei segni e le regole che nederivavano venivano comprese nella “semeiotica”, lascienza dei “segni” appunto, che, visti in manieracritica, potevano essere degli utili “indicatori” diuno stato morboso2,3. Il medico, alla fine dell’Otto-cento, accanto ai segni che può rilevare direttamentecon i propri sensi: l’osservazione del malato, la fre-quenza del polso, l’osservazione del respiro, la per-cussione, l’auscultazione, la palpazione, l’uroscopia,può disporre anche di strumenti, come il termometroe lo sfigmomanometro (Riva-Rocci, 1896) che gli

permettono di avere una misura quantitativa dei sin-tomi, può quindi avvalersi di segni “artificiali”, me-no soggettivi, e quindi più precisi e più utili. Ancorpiù “artificiali” sono i segni che il clinico può otte-nere dall’applicazione alla medicina dei raggi X(Röntgen 1895), utilizzati su larga scala dagli inizidel ’900, e dalle analisi chimiche di laboratorio deiliquidi biologici, già in uso invece da parecchi de-cenni, segni questi che vanno assolutamente al di làdella percezione sensoriale.Tipici esempi di “segno chimico”, ovvero di “identi-ficazione chimica della malattia”, come suggerisceLudwig Thudicum nel 1867, possono essere: il glu-cosio nelle urine dei diabetici (Michel Eugène Che-vreul, 1815), l’albumina nelle urine di soggetti conmalattie renali (Richard Bright, 1837), la tirosina eleucina nelle urine di pazienti con atrofia acuta delfegato (Friedrich Theodor Frerichs, 1848), la ipergli-cemia (Claude Bernard, 1855), la diminuzione del-l’urea urinaria nelle malattie epatiche in genere(Giorgio Roster, 1879), ecc. Un maggiore significatoacquisiscono i segni chimici quando, sempre nel-l’Ottocento, diventano possibili le determinazioni

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chimiche quantitative. Il “segno” è ora il risultato diuna misura e può essere espresso con un numero2,3.Ecco come le indagini di laboratorio entrano di dirit-to nella Semeiotica Medica e la loro trattazione si ri-trova quindi nei manuali di semiologia.Ma come recepiscono i clinici ed i medici praticiquesti nuovi supporti che la tecnologia e la chimicapossono offrire? Il processo di assimilazione non èuguale per tutti, questi metodi resteranno pur sem-pre, per parecchio tempo, un qualcosa di insolito permolti clinici, anche i più evoluti. È sembrato importante per la storia della professioneapprendere il modo di approcciarsi dei medici alleindagini di laboratorio dall’esame di due manuali diSemeiotica Medica, compilati alla fine dell’Ottocen-to, da due internisti che operano nello stesso periodoin cliniche universitarie svizzere. Gli autori sono senz’altro illustri: Hermann LudwigEichhorst (Königsberg 1849-Zurigo 1921) professo-re di Patologia e Terapia speciale e Direttore dellaclinica medica dell’Università di Zurigo e HermannSahli (Berna 1856-1933) ordinario di Medicina In-terna all’Università di Berna, che danno alle stampe,rispettivamente nel 1889 e nel 1894, il “Manualedei metodi fisici di esame (o di semeiotica) delle ma-lattie interne” (Figura 1) e il “Manuale dei metodid’esame clinici per medici e studenti” (Figura 2).Entrambe le opere avranno numerose edizioni e tra-duzioni: quattro edizioni per Eichhorst, l’ultimadel1896, traduzioni in francese russo e italiano; setteedizioni per Sahli, l’ultima nel 1932, traduzioni inrusso, spagnolo, inglese e italiano. Verranno confrontate l’edizione italiana del 1892(sulla terza tedesca 1889) per Eicchorst, tradotta daAurelio Bianchi professore a Parma che si occupòanche delle note e delle aggiunte, e quella del 1899per Sahli, tradotta da Giacinto Viola dell’Universitàdi Padova con aggiunte di Pietro Castellino profes-sore di Patologia speciale medica all’Università diNapoli.

Il curriculum dei due autori è quello tipico dei clini-ci dell’epoca, ma il modo in cui affrontano nei lorotrattati di semeiotica la parte che riguarda le indaginidi laboratorio mostra interessanti differenze.

Hermann Eichhorst

Herman Eichhorst (1849-1921) studia a Königsberge a Berlino dove si laurea nel 1873 e cresce allascuola dei più prestigiosi nomi della medicina inter-na tedesca dell’epoca: Friedrich T. von Frerichs(1819-1885), Bernard Naunym (1839-1925), Viktorvon Leyden (1832-1910) (allievo a sua volta dei leg-gendari Johann Lukas Schönlein e Ludwig Traube).Nel 1876 è professore straordinario di Pediatria eDermatologia all’Università di Jena, l’anno successi-

vo di Medicina Interna a Gottinga dove scrive unpregevole trattato di Patologia e Terapia Speciale permedici e studenti, molto diffuso anche in Italia. Nel1884 diviene cattedratico e direttore della clinica me-dica di Zurigo, incarico che ricopre fino alla morte.

Il Manuale di Eichhorst

Eichhost affronta l’esame del sangue nel capitolo“Esame dell’apparato circolatorio”: “Attesa la gran-de significazione fisiologica che ha il sangue (…) èfacile intendere che ad esso s’attribuisca una partesingolarmente importante in tutti i processi morbosidel corpo. Ed è strano che, in contrapposto a ciò, lenostre cognizioni intorno alle alterazioni fisiche delsangue sieno straordinariamente scarse. E laddovesi volesse, forse con ragione, ricercare i fenomenimorbosi del sangue, più che in altra cosa, in una al-terazione chimica del sangue stesso, reca vergognail dover confessare che le nozioni sicure rimangonosotto ogni rapporto molto addietro alle ipotesi”4.Passa subito all’indagine microscopica che classificatra i metodi fisici di esame. L’osservazione dei vetri-ni mette in evidenza batteri, permette di osservare iglobuli rossi e fare diagnosi di anemia, vedere i glo-

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Figura 1. Il manuale di Hermann Eichhorst (1894)

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buli bianchi e differenziarli in “polinucleari, mono-nucleari, eosinofili e granulosi (Mastzellen)” me-diante colori all’anilina secondo le indicazioni diEhrlich. Accenna alle piastrine scoperte da Bizzoze-ro (1881). Enumera i metodi per il conteggio deiglobuli del sangue: metodi di Malassez, di Hayem,di Gowers e descrive la camera di Thoma-Abbe-Zeiss, la più diffusa in Germania. Per la misura dellaemoglobina ricorda: “non è molto che Hayem, Biz-zozero, Quincke, Gowers e Fleischl hanno propostodegli apparati per misurare il contenuto emoglobini-co del sangue, il loro maneggio è assai comodo e laloro esattezza sembra essere sufficiente per gli esa-mi clinici. Nella clinica di Zurigo noi ci serviamodegli emoglobinometri di Gowers e di v. Fleischl,quindi ci limiteremo a descrivere questi due appa-recchi soltanto”. Ottime la descrizione e le immagi-ni degli strumenti a grandezza naturale (Figura 3).Breve cenno all’esame spettroscopico del sangue“che non può essere passato sotto silenzio” perché“in molti casi è di grande interesse diagnostico” eall’esame macroscopico: “Negli anemici il sangueche esce da una puntura si distingue non di rado perun aspetto pallido quasi sieroso. Lo stesso dicasinella leucemia, dove però il sangue offre allora un

color cioccolatta o di feccia di birra; e coagulandopresenta delle striscie bianco-grigiastre o giallastre,talora anche una specie di crosta, la quale consta dileucociti fusi insieme (…) Ultimamente C. Vierordt ha studiato la ‘rapidità dicoagulazione del sangue’ in condizioni normali emorbose. Egli la stabilì in 9,28 minuti per l’uomosano; e la trovò più rapida nei disturbi cronici dellanutrizione (tisi polmonare, scorbuto); e notò ched’ordinario migliorando la nutrizione ritardava an-che la coagulazione”4.Il professor Aurelio Bianchi aggiunge un breve capi-tolo sulla ricerca dei microorganismi nel sangue (danon confondere, sottolinea, con le cellule granulosedescritte da Ehrlich in base ai modi diversi di colo-razione: “cellule eosinofile, anfofile, basofile, neu-trofile”) ed una appendice al secondo volume che ti-tola Ematimetria. “Crediamo utile – sottolinea – diaggiungere alcuni particolarità intorno agli stru-menti atti ad indicarci la ricchezza del sangue incorpuscoli e in sostanza colorante, poiché l’Eich-horst troppo ha sorvolato su tale importante parte disemeiotica. Ci limiteremo a parlare degli ematimetri(Hayem, Malazzez, Gowers), e del cromo-citometrodi Bizzozero”, quest’ultimo descritto in manieramolto approfondita.

Per l’esame delle urine, inserito nel capitolo “Esamedell’apparato urinario”, l’autore si sofferma sul di-verso valore della “cognizione della costituzionechimica dell’orina” per il fisiologo e per il medico

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Figura 2. Il manuale di Hermann Sahli (1899)

Figura 3. Emometro di Fleischl4

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pratico: il primo può trarne informazioni generali suiprocessi della nutrizione e del “ricambio materiale”mentre al secondo interessano le indicazioni “loca-li” per la diagnosi di malattie renali, delle vie urina-rie ma anche modificazioni dovute “ad una morbo-sa composizione del sangue” indicata dall’autorecome “alterazioni del ricambio dell’orina” e comeprincipale esempio riporta “la secrezione dell’orinazuccherina (diabete mellito)”. Considera il fatto chenegli stati morbosi si trovano nell’urina sostanze di-verse da quelle che si riscontrano nell’urina sana percui si avranno variazioni chimiche nella sua compo-sizione che si rifletteranno anche sulle proprietà fisi-che, valuta quindi incompleta una indagine che noncomprenda la trattazione delle proprietà fisiche echimiche. Ricorda come sia antica l’analisi dell’uri-na e come “le esperienze degli antichi siano rimasteincomplete imperocchè i metodi d’esame dell’orinahanno ricevuto una veste scientifica soltanto dacchès’è imparato a adottare per essi il microscopio e l’a-nalisi chimica”4. “Che l’esame dell’orina (uroscopia) da medici sen-za senno e da ciarlatani sia stato, a bella posta omeno, oggetto di esagerazioni e abusi, non può sor-prendere, ed oggi ancora è ampiamente diffusa pres-so la popolazione di campagna la credenza che ilmedico, soltanto dalla composizione e magari dalsolo aspetto dell’orina e senza ulteriore esame al-l’infermo, sia in grado di stabilire la diagnosi. Ognimedico d’esperienza sa quanto spesso ha luogo unatale supposizione”4. “Con tutto ciò, in quanto segue noi non ci occupere-mo che delle alterazioni fisiche dell’orina, imperoc-chè in questo lavoro prendiamo di mira soltantoquei metodi di ricerca che appartengono alla dia-gnosi fisica”4. Descrive quindi diffusamente le qua-lità fisiche dell’urina: colore, quantità, reazione, pe-so specifico, consistenza, odore, sapore, sedimenti.Riporta solo qualche brevissimo cenno ad alcunereazioni chimiche: di Heller per l’emoglobina, diMaréchal e Gmelin per il pigmento biliare; accennache l’emoglobina si può riconoscere mediante anali-si spettrale. Nessun cenno alla ricerca dello zucche-ro con reazioni chimiche, mentre “un’importanzaspeciale spetta al peso specifico per la diagnosi deldiabete mellito (Figura 4). In questa malattia il pesospecifico dimostra un valore anormalmente elevato(sino a 1,040) benchè il colore della orina sia chiaroe la quantità della stessa aumentata. Ciò deriva dal-l’essere sciolto in copia nell’orina un corpo anor-male, lo zucchero”. Sul diabete mellito ritorna neibrevi cenni alle “Variazioni di sapore dell’orina” :“Nel diabete zuccherino l’orina assume un saporedolciastro. Si deve notare, per la pratica, che moltidiabetici sogliono assaggiar la loro urina e a poco apoco educano per modo la lingua da saper ricono-scere agevolmente le oscillazioni più grossolane nel-la quantità di zucchero. In tal modo hanno acquista-

to un mezzo di controllare sino adun certo punto il successo dellemisure terapeutiche (…)”4.Largo spazio viene lasciato all’e-same microscopico del sedimentocon numerosissime illustrazioni,alcune anche a colori, dei cilindri,cellule, artefatti e dei vari cristallicon qualche reazione chimica perla conferma degli stessi (provadella muresside per i cristalli diacido urico). Molto dettagliate leindicazioni dell’esame del sedi-mento nelle diverse malattie. Eicchorst dedica al laboratorio129 pagine su un totale di 1025dei due volumi del suo manuale:16 al sangue; 68 alle urine (24 chi-mico-fisico, 44 sedimento); 32 allefeci; 16 all’esame del vomito.

Hernann Sahli

Hernann Sahli (1856-1933) si lau-rea all’Università di Berna (1878)dove poi frequenta la clinica pe-diatrica e la clinica medica di Lud-wig Lichtheim (1845-1928). Sisposta quindi a Lipsia dove lavoracon Julius F. Cohnheim (1839-1884) e con il suo assistente Karl

Weigert (1845-1904), professore di Anatomia Pato-logica che pratica il laboratorio facendolo apprezza-re agli studenti e dove mette a punto rivoluzionarietecniche di colorazione in istologia. Weigert è cugino del grande medico e chimico PaulEhrlich (1854-1915), noto ai laboratoristi per i “reat-tivi di Ehrlich” e per i sistemi di colorazione, con ilquale si troverà a dirigere una sezione dell’Istituto diAnatomia Patologica di Francoforte sul Meno all’i-nizio del ‘900. Questa digressione su Weigert perspiegare il suo probabile influsso sulla particolarepredilezione che Sahli dimostrerà per il laboratoriotanto da essere considerato un pioniere della Chimi-ca Clinica. Dopo la parentesi di Lipsia, Sahli ritorna a Bernacome assistente di Lichtheim al policlinico, nel 1882acquisisce l’abilitazione per la docenza di ClinicaMedica e nel 1888 diviene ordinario fino al 1929, ri-coprendo anche la carica di direttore della clinicauniversitaria (Figura 5).

Il Manuale di Sahli

Nel suo “Manuale dei metodi d’esame clinici” è giàchiara dall’introduzione la linea che intende seguirenell’esporre la parte riguardante il laboratorio:

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Figura 4. Urometrodi Neubauer4

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“Nelle ricerche chimiche, le quali hanno qui unagrande importanza, venne dato gran peso alla esat-ta esposizione dei metodi, compresi anche i più im-portanti metodi quantitativi e vennero effettivamentecosì accuratamente esposti anche nei particolari peresempio nella preparazione delle soluzioni normaliper le titolazioni, ecc. così che essi possono venireposti in pratica direttamente colla consultazione delnostro testo senza far ricorso ad altri lavori. Io po-teva ispirarmi a questo scopo per gran parte allamia propria esperienza, poiché effettivamente quasitutti i metodi esposti furono da me personalmenteeseguiti. Altri capitoli trattati dettagliatamente sonoquelli dell’esame del vomito, del sangue e del siste-ma nervoso” (Sahli, 1894)5.Nella seconda edizione (1899) che verrà tradotta initaliano6, Sahli apporta ampie aggiunte soprattutto aimetodi chimici qualitativi e quantitativi di analisidelle urine. Tratta la materia in modo ampio edesauriente, dimostrando una conoscenza veramentecapillare della letteratura fino al 1898, anno prece-dente la pubblicazione. Solo per la ricerca qualitati-va del glucosio descrive con dovizia di particolari imetodi di: Moore-Heller, Trommer, Böttger, Almén-Nylander, Fischer-Jaksch (fenilidrazina), Rubner,fermentazione (con figura dell’apparecchio), provadell’evaporazione e della carbonizzazione. Per la ri-cerca quantitativa riporta i metodi di: Fehling (titola-zione), Pavy, Drechsel-Klimmer, Soxelet-Allihn,fermentazione areometrica o densimetrica (differen-za di peso specifico prima e dopo la fermentazione),fermentazione con lo strumento di Einhorn, polari-

metria con descrizione e figura del “polaristrobome-tro” di Wild. Ma anche metodi per l’albumina, l’urea(ureometro e metodo di Hufner che egli raccomandaper scopi clinici), l’acido urico, i corpi allossurici, lacreatinina, i cloruri, l’ammoniaca, l’acetone, la dia-zoreazione di Ehrlich, ricerche di farmaci e veleni(…..) ed infine l’esame microscopico del sedimentocon reazioni microchimiche di conferma, eseguitesempre al microscopio, facendo scorrere dall’orlodel vetrino coprioggetti un po’ di reagente. Di moltimetodi riporta osservazioni ed esperienze personali.

Nella parte dedicata all’esame del sangue descrive:il metodo per determinare la resistenza dei globulirossi proposto da Hamburger (1887), il metodo perrilevare “il tempo necessario alla coagulazione delsangue” di Vierordt (1878), la numerazione dei glo-buli rossi e bianchi con la camera di Thoma-Zeiss,con i “valori normali” che egli ha calcolato nella po-polazione di Berna, la determinazione dell’ematocri-to per centrifugazione in capillare secondo la descri-zione di Blix-Hedin (1890) e Gärtner (1892), l’esa-me morfologico su preparati freschi e a secco, laconta delle piastrine secondo le raccomandazioni diHayem e Bizzozero, la determinazione del ferro conil ferrometro di Jolles (Figura 6), l’esame spettro-scopico, l’acido urico con il “metodo del filo” diGarrod ed in appendice la sierodiagnosi di Vidal(1896). Numerose le note di Castellino dove si ritro-vano le esperienze dei medici italiani.Sui metodi per la determinazione del contenuto emo-globinico e sugli “intervalli di riferimento” Sahli si sof-ferma particolarmente sull’emoglobinometro di Go-

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Figura 5. Hermann Sahli (1856-1933) direttore della clinica medicadi Berna

Figura 6. Il ferrometro di Jolles6

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wers, l’emometro di Fleischl-Miescher, l’emospettro-fotometro di Vierordt e la pipetta doppia di Hoppe-Sey-ler, metodi che definisce però complicati e poco pratici(Castellino aggiunge il cromo-citometro di Bizzozero). Da ricordare che nel 1902 Sahli presenterà un picco-lo strumento per la misura dell’emoglobina (emoglo-binometro di Sahli) che egli stesso ha progettato7 (Fi-gura 7), strumento che resterà in uso nei laboratoriospedalieri per circa settant’anni (si trova ancora neitrattati di metodi clinici di esame degli anni ’60)8,9.Sahli dedica al laboratorio 203 pagine su un totale di896 del suo manuale: 105 alle urine (81 chimico-fi-sico, 24 sedimenti), 34 al sangue (6 chimico), 28 al-le feci (5 chimico), 26 all’esame del contenuto dellostomaco e chimismo della digestione.

Avvincenti ed utili per apprezzare le ragguardevoliconoscenze e le moderne idee di Medicina di Labora-torio di Sahli, sono alcune sue considerazioni nellaquinta edizione tedesca dell’opera (edizione italianadel 1913): un vero e proprio Manuale diLaboratorio10. Nel trattare la determinazione quantita-tiva dello zucchero nell’urina lancia un forte messag-gio sulla necessità che sia il medico pratico stesso adeseguire le analisi chimiche: si ritrova nelle sue paroleil clinico che conosce a fondo le problematiche del la-boratorio alle quali si è dedicato con passione. Vale la pena di riportare integralmente i punti salienti:“Non posso lasciarmi sfuggire l’occasione di ricor-dare ancora una volta ai medici pratici l’importanzadi impratichirsi negli esami quantitativi dello zucche-ro, il che si può raggiungere facilmente, essendovimodi molto semplici e che richiedono poco tempo. Lapessima abitudine di lasciar eseguire gli esami quan-titativi e perfino qualitativi dello zucchero da farma-cisti, da laboratori di indagini, da altri analoghi isti-tuti centrali, dà luogo, nella pratica, come ho potutospesso constatare, a conseguenze molto cattive.

Purtroppo questi esami, in generale, non sempre ri-spondono allo scopo, perché sono molte volte ese-guiti da persone poco esercitate. Inoltre d’ordinarionon viene indicato con quali metodi tali esami ven-nero praticati, e quindi per lo più il medico non haalcun criterio per giudicare del grado di attendibili-tà che queste analisi meritano. Questa rinunzia aduna parte importante della diagnostica si vendicaspesso molto amaramente ed essa va giudicata allastessa guisa dell’operato di un medico il quale, pernon praticare egli stesso la percussione e l’ascolta-zione, mandasse i suoi malati da uno specialista del-la percussione e dell’ascoltazione e sui dati di costuivolesse formulare le sue diagnosi e le sue cure. Perquel che concerne i reperti qualitativi, ricordo che,in generale, solo il medico stesso può giudicare ret-tamente il valore pratico dei saggi di riduzione dub-bi e praticare dopo ciò le necessarie determinazionidi controllo, mediante la fermentazione, la ricercanecessaria dell’acido glucuronico, dei pentosi, ecc. Ad ogni modo, il medico, nelle usuali indicazioni ste-reotipate di reperti, fatte dal corrispondente istituto,‘tracce di zucchero’, ‘dello zucchero’, senza indicazio-ne dei metodi di esame, ecc., non ha alcuna garanziache si siano tenuti presenti tali sorgenti d’errore. Cer-to vi sono anche istituti d’indagine i quali, da questopunto di vista, offrono tutte le garanzie; ma bisognaassicurarsene, ed il pratico il quale è abituato a fidar-si degli altri trascura ciò troppo spesso (….).Ma anche le determinazioni quantitative dello zuc-chero il medico deve saperle fare egli stesso, se vuolfare per i suoi infermi il meglio che sia possibile te-rapeuticamente ed assumersi la responsabilità dellacura”10. Ricorda infatti come siano importanti per ilmedico curante frequenti misure della glicosuria neidiabetici per correggere la dieta e come siano pochicoloro che possano permettersi la spesa di analisipresso farmacisti o istituti privati. Raccomanda an-che l’autocontrollo da parte del paziente stesso.“Contro il mio postulato, che la pratica delle deter-minazioni quantitative dello zucchero rientra nelleattribuzioni del medico, alla stessa guisa che la per-cussione e l’ascoltazione, non mi si obbietti che pe-rò tali metodi quantitativi richiedono speciali cono-scenze chimiche, che non si può pretendere da ognimedico. A quale scopo allora si esige dai nostri me-dici la chimica? Se quella obbiezione fosse giusta,sarebbe un grave indizio contro la odierna così det-ta cultura realistica dei nostri giovani medici e do-vrebbe al massimo dare occasione a modificare dal-le sue fondamenta ed a migliorare questa istruzione,che, d’altronde, non ostante il taglio degli studiclassici, lascia tanto a desiderare”10.

Conclusioni

Eichhorst e Sahli espongono la semeiotica di labora-torio discutendo della diagnosi clinica e dei fenome-ni clinici con una prospettiva sia fisiologica che pa-

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Figura 7. Emoglobinometro di Sahli10

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tologica. I due clinici però, praticamente coetanei(nati 1849, 1856), laureati negli stessi anni (1873,1878), dimostrano una diversa impostazione cultura-le e scientifica sull’argomento “laboratorio”. Eich-horst sviluppa principalmente l’analisi con metodifisici, privilegia la parte parassitologica dell’esamedel sangue e quella microscopica del sedimento perle urine, è insomma, ancora legato alla vecchia scuo-la che predilige l’osservazione all’indagine chimica,pur riconoscendo, come già ricordato, che “i metodid’esame dell’orina hanno ricevuto una veste scienti-fica soltanto dacchè s’è imparato a adottare per essiil microscopio e l’analisi chimica”4. È un utilizzatoredel risultato dell’esame di laboratorio, non si occupadi come l’indagine venga condotta e da chi. Di ciòinvece si interessa moltissimo Sahli, proprio perchéha avuto l’impostazione del laboratorista, probabil-mente da Weigert suo maestro a Lipsia, ed una gran-de esperienza di laboratorio al quale attende ancorain prima persona. Comprensibilissime le sue appren-sioni per le risposte nebulose di certi laboratori chenon riportano il metodo analitico utilizzato e quindisaggio, quando il concetto di “standardizzazione” èancora sconosciuto, l’invito ai medici pratici ad ese-guire essi stessi gli esami “in casa” in modo da costi-tuire un archivio utilissimo per successivi confronti.Sahli, però, può dare questi suggerimenti perché ol-tre ad essere un apprezzato clinico medico ha solidenozioni di chimica clinica ed una approfondita cono-scenza delle “vere” metodiche di analisi. Rispetto adEichhorst inoltre, egli ha avuto la possibilità di molteedizioni del suo manuale che gli hanno consentito,nel tempo, di migliorare ed aggiornare la parte di la-boratorio in continuo sviluppo. Anche i curatori delle

traduzioni hanno avuto il loro peso: Pietro Castellinosembra avere una “maggiore propensione” per il la-boratorio rispetto ad Aurelio Bianchi.

Bibliografia

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Riv Med Lab - JLM, Vol. 5, N. 4, 2004 304