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PATRIZIA MAGLISEMIOTICA
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S E M I O T I C A l’analisi del testo patrizia magli marco crisafulli - IULM
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Compito da assolvere nel manuale:
Esporre una teoria (“edificio teorico”). Quale? La semiotica, in quanto disciplina più adatta all’analisi
empirica testuale (Umberto Eco);
Configurare il linguaggio della disciplina:
Poiché il lessico assume un ben preciso significato: non sono “entità autonome da estrapolare dal
contesto teorico”. C’è un REGIME DI INTERDEFINIZIONE (Le nozioni sono collegate fra loro in una
fitta rete di relazioni reciproche) → l’ “edificio teorico” è quindi un sistema topologico di relazioni fra
i concetti (topologico: luogo dove il soggetto agisce, in questo caso i concetti svolgono un azione di
interazione fra di loro);
In questo sistema i concetti sono sottoposti a un processo evolutivo nei rapporti: ogni
nozione ha un ETIMOLOGIA, una storia che ci porta a comprendere il perché e il come
oggi usiamo in un certo modo quel concetto.
Quindi nel libro si cerca di ↓
Rendere conto dei fondamenti storici della semiotica generativa (che è sistema topologico di relazioni fra i
concetti) – per comprendere meglio i concetti.
Si vuole capire la definizione di ogni nozione, e a partire da questa:
Capire a cosa essa serva;
Come funzioni nell’analisi empirica dei testi;
In che modo operi nella comprensione dei fenomeni segnici.
Si vuole quindi definire una nozione + osservarla in azione → analisi della storia di Calvino come
esemplificazione.
1. SEMIOTICA DEL TESTO: SOGLIE E FRONTIERE
1.1 IL TESTO COME SEGNO LINGUISTICO
Eco: la narrativa svolge una funzione terapeutica per l’uomo, ed è per questo che dall’inizio dell’umanità esso
racconta storie. La narrativa permette di organizzare le esperienze in una totalità organizzata secondo quelli
che sono i criteri della mente, temporalità e successione.
La svolta testuale. L’uomo comunica con complesse concatenazioni segniche, ovvero attraverso testi. Dagli
anni ’70 per la semiotica solo il testo nella sua totalità risulta avere senso compiuto.
Il testo è il segno linguistico primario. È un sistema significante costituito dalla correlazione tra 2 piani del
linguaggio:
- Del significante;
- Del significato.
Il compito dell’analisi semiotica consiste nello spiegare perché una certa articolazione del significante
rinvii ad un determinato significato.
1.1.1 SIGNIFICANTE E SIGNIFICATO
Saussure, linguista ginevrino (1916): cos’è il segno linguistico? Un segno è l’unione inscindibile di un
significante e di un significato.
All’inizio per lui
- il significato era un concetto astratto, e
- il significante era un’immagine acustica, non materiale e traccia psichica che il suono del
significato lascia dentro di noi.
Da Saussure in poi il significante è la parte che permette al segno di manifestarsi PERCETTIVAMENTE: è il
piano esterno al linguaggio manifesto ai nostri sensi.
1.1.2 MATERIA, ESPRESSIONE, CONTENUTO, FORMA E SOSTANZA
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HJEMSLEV (1943), linguista danese, distingue 2 piani del linguaggio: piano dell’espressione (ex
significante) e piano del contenuto (ex significato): il primo sta in presupposizione reciproca al secondo. LA
SEPARAZIONE FRA I 2 PIANI AVVIENE SOLO PER RAGIONI IMPOSTE DALLA RICERCA.
≠ HJEMSLEV/SAUSSURE. Diversa concezione della forma semiotica.
- S.: la semiosi è prodotta dall’unione di s+s.
- H.: la semiosi è prodotta dalla correlazione di 1 forma dell’espressione + 1 forma del
contenuto.
HJEMSLEV CONIA LA FUNZIONE SEGNICA (STOP SEGNO), che ha luogo grazie alla semiosi. I SUOI
FUNTIVI SONO ESPRESSIONE E CONTENUTO.
Semiosi: in semiologia, processo per cui un’espressione (acustica, visiva ecc.) assume un valore di segno.
La funzione segnica è soggetta a slittamenti di senso: spesso configurazioni espressive con il tempo possono
svuotarsi della loro funzione originaria per assumerne altre.
Forma e sostanza sono in regime di reciproca presupposizione: la sostanza è materia tagliata in forma –
per opera di un sistema semiotico quale la “lingua”. La forma informa la materia semiotizzandola.
La materia è substrato comune si tutte le lingue ed è identificabile con l’universo mondo – e comprende tutto
ciò di cui si può avere esperienza ma che non si è ancora esperito, ovvero: conosciuto, interpretato ed
espresso. Quindi non è conoscibile se non da esperita, poiché conoscerla significa averla già organizzata
in forme/categorie concettuali.
La materia può essere semiotizzata attraverso vari metodi semiotici: si da luogo cosi a diverse sostanze
dell’espressione.
1.1.3 SOLIDARIETÀ TRA PIANI DEL LINGUAGGIO E COMMUTAZIONE
LA SEPARAZIONE FRA I 2 PIANI – PER LORO NATURA SOLIDALI E DI RECIPROCA
PRESUPPOSIZIONE – AVVIENE SOLO PER RAGIONI IMPOSTE DALLA RICERCA, ATTRAVERSO IL
METODO DELLA COMMUTAZIONE.
Fonologia: Studio dei fonemi dal punto di vista della loro funzione in un sistema linguistico.
- La f. nomina l’insieme dei suoni che compongono una generica lingua tratti distintivi (o
FEMI): essi sono quindi gli elementi minimali del sistema espressivo,
- che combinandosi danno luogo ai fonemi – OVVERO QUELLE FIGURE SONORE CHE IN
UNA LINGUA SONO DISTINTIVE DI SIGNIFICATO e sono le unità minime del PIANO
dell’ESPRESSIONE – infatti sono figure (no senso) e non segni (senso).
↓
LA PROVA DI COMMUTAZIONE SCOPRE QUANTI FONEMI POSSONO AVERE ORIGINE IN UNA LINGUA
A PARTIRE DA UN DETERMINATO TRATTO DISTINTIVO: consiste in pratica nel confrontare coppie di
suoni (=tratti distintivi) all’interno di parole (→piano dell’espressione): nel caso avvengano eventuali
cambiamenti di significato (→piano del contenuto) vengono scoperti i fonemi di una lingua.
EX suono /e/. Pésca & Pèsca. Se i 2 suoni del tratto distintivo /e/ una volta commutati danno
luogo a due significati diversi siamo di fronte a 2 diversi fonemi: /é/ & /e/.
↓
I fonemi sono la ricostruzione/reinterpretazione artificiale di fasci di tratti distintivi che di per sé non sono
conoscibili essendo categorie del metalinguaggio teorico. I fonemi sono quindi manifestazione sensibile della
materia formata, ovvero della sostanza.
Nessuno pronuncia i fonemi in modo perfetto. Esistono inoltre inflessioni dialettali: se esse non provocano
cambiamenti sul piano del contenuto esse sono dette allofoni del fonema.
1.1.4 LESSEMA E FONEMA
Ciò che avviene in una parola sul piano espressivo avviene anche per il piano del contenuto (organizzazione
semantica).
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Un termine, o lessema, si distingue da altri lessemi in quanto fascio di elementi differenziali detti semi.
<<TESTA>> ELEMENTI MINIMALI/DIFFERENZ.
UNITÀ MINIME
Sistema espressivo (analisi fonologica)
TRATTI DISTINTIVI o
FEMI
(suoni)
Occlusiva/fricativa Dentale/labiodentale
FONEMI
(figure sonore
identificate tramite la
commutazione) /t/ o /f/
MORFEMI (Unità minima portatrice di un significato || m. grammaticale, che esprime una o più funzioni
grammaticali (p.e. la desinenza –o in amico esprime genere e
numero)
PAROLA /testa/
o
/festa/
Sistema del contenuto (analisi semantica)
SEMI
(categoria semantica)
‘Testa’ nei sensi di: 1) sferoidità
2) estremità
Sememi
(con-testo semantico)
‘Testa’ nei contesti di 1) “testa vuota”
2) “testa del corteo”
LESSEMI
(parola – segno)
‘TESTA’
FRICATIVA: • agg. In fonetica, di suono emesso senza chiusura del canale orale SIN costrittivo (si oppone a occlusivo); in it. Lo sono f, v, s, z. OCCLUSIVA: • agg. Relativo a un’occlusione || di suono che si articola mediante una chiusura completa del condotto orale; in it. P e b (bilabiali), t e d (dentali), c e g (velari) e, secondo alcune classificazioni, anche m, n e gn (nasali).
L’analisi dei due piani deve precedere in modo conforme proponendosi di stabilire l’esistenza delle unità
costitutive (semi/femi).
TUTTAVIA NON ESISTE ISOMORFISMO TRA I 2 PIANI COME MOSTRA LA TABELLA PRECEDENTE:
ESSI NON SONO EQUIDIMENSIONALI → CARATTERISTICHE DELLE LINGUE NATURALI: BIPLANARITÀ
O DOPPIA ARTICOLAZIONE.
1.1.5 BIPLANARITÀ DI MARTINET
Martinet – linguista francese – intende doppia articolazione nel senso in cui:
- La prima articolazione che si incontra nell’analisi del piano dell’espressione è quella delle parole
dotate di significato
- Mentre la seconda è quella del livello dei fonemi, individuati post con la commutazione.
Sul piano del contenuto non esiste nulla che corrisponda ai singoli fonemi: l’unità minima autonoma è invece
un’insieme più vasto di componenti.
Le unità minime autonome sul piano del contenuto sono quindi di dimensioni molto più grandi dei
fonemi dell’espressione.
Questa dualità di dimensioni nell’articolazione permette la creazione di molte parole combinando un pacchetto
limitato di suoni (come gli amminoacidi e le proteine!): pochi fonemi→tanti lessemi!
1 seme (pesca) + 2 ≠ femi = 2 fonemi → 2 sememi = 2 lessemi/parole!
1.1.6 SISTEMI DI SIGNIFICAZIONE CONFORMI E NON-CONFORMI
I sistemi a doppia articolazione si dicono non conformi, biplanari o duali o semiotici;
I sistemi dove si hanno corrispondenze 1 a 1 fra piano dell’espressione e del contenuto sono detti conformi,
monoplanari o simbolici.
1.1.7 SISTEMI SEMIOSIMBOLICI
La semiotica successiva a Hjemslev ha individuato un terzo tipo di sistemi: i semiosimbolici, dove la
corrispondenza si ha fra coppie oppositive di unità dell’espressione e coppie oppositive del contenuto.
In termini greimasiani si parla di corrispondenza fra CATEGORIE del piano espressivo e del piano
contenutistico.
Jakobson fa l’esempio della gesticolazione per dire “si” e “no” (vedi pg. 25):
sul piano espressivo si ha la coppia di movimenti verticale-orizzontale della testa (si/no) che sul piano del
contenuto corrisponde ad “affermazione” o “negazione”.
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1.2 DAL LESSEMA AL TESTO, LA SVOLTA TESTUALE (GREIMAS)
GREIMAS (anni 70, fondatore della s. strutturalista) affronta lo studio dei lessemi secondo una prospettiva
testuale: il lessema è considerato un TESTO VIRTUALE, la condensazione di tutte le possibilità che un testo
dispiega nel suo svolgimento sintagmatico (tutte le valenze che può assumere).
Il TESTO è l’espansione delle possibilità/configurazioni semantico narrative virtualmente condensate
nel lessema.
Fra testo e lessema la differenza è dimensionale.
Quando analizziamo un oggetto, già il nome che lo designa condensa in sé tutta l’informazione semantica nel
suo fascio di virtualità.
Ex. Lessema <<collera>> (Greimas): allo stato virtuale questo vocabolo contiene un potenziale semantico che
va dall’incassamento di situazioni, a comportamenti e stati d’animo. Gli stati d’animo possono andare da un
semplice scontento, all’aggressività, o alla rassegnazione finale.
seconda del contesto questo testo/lessema attuerà alcune virtualità (=determinati significati) e ne disilluderà
altre.
1.2.1 NOME, TITOLO, TEMA
Il titolo costituisce il primo livello di manifestazione testuale.
è un apparato paratestuale che media la relazione tra il testo e il suo destinatario, interpellando a
funzione apostrofica la sua attenzione e instaurando con egli una relazione di presenza.
Affinché il testo risulti riconoscibile dall’esterno, il titolo deve (DUPLICE FUNZIONE DEL TITOLO)
- annunciarne rapidamente l’esistenza, → FUNZIONE D’ INTERTESTUALITÀ
- segnalandone la singolarità. →FUNZIONE D’IDENTIFICAZIONE.
IL TITOLO
- Segnala caratteristiche proprie del testo,
- Spesso nomina il tema di fondo di un opera, funzionando come un’anticipazione,
- Crea un’attesa e aspettative.
- È un indice puntato verso il testo che ne anticipa il contenuto.
↓
Una sorta di nome proprio del testo.
Nel mondo della finzione il none proprio è scelto dall’autore proprio in funzione del ruolo che un personaggio è
chiamato a svolgere (EX. Fermo, Lucia, Fra Cristoforo).
- PREDICAZIONE DI IDENTITÀ;
- INCARNAZIONE DI UN PROGETTO.
La nominazione degli oggetti di design.
L’attribuzione di un nome agli oggetti lavora come identificatore/costruttore d’identità: il nome opera una
semantizzazione che avvolge la struttura funzionale dell’oggetto; partecipa e contribuisce alle sue procedure
di personificazione, alla sua narrativizzazione, lo fa divenire un’attore dotato di intenzioni e passioni.
Quindi il nome influenza la ricezione dell’oggetto testuale → nel mondo del design essi sono spesso scelti in
funzione di alcuni valori eufonici – la scelta del nome fa parte dello stesso progetto generativo di un oggetto.
1.2.2 PRIMA DEFINIZIONE DI TESTO
Il testo è un sistema significante costituito dalla correlazione tra i due piani del linguaggio: espressione
e contenuto con legame di presupposizione reciproca.
È sistema significante di unità di espressione correlate a unità del contenuto. Grandezza variabile che passa
dall’entità minima (es. enunciato) alla più complessa (es. romanzo), può essere un dipinto, una sinfonia, un
film o uno spot pubblicitario.
Affinché un evento segnico venga definito testo occorrono alcune condizioni, servono requisiti fondamentali
come chiusura, autonomia, limiti definiti, coerenza interna, coesione.
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Testo deriva dal latino textus (tessuto) – Quintilliano, inteso come sistema di interdipendenze interne
(trame, tessuti, fili, tela) richiamando i meccanismi di coesione su cui si basa la struttura testuale.
↓
Questa loro caratteristica è immediatamente identificabile a livello di superficie, nella loro manifestazione
discorsiva, per quanto riguarda i meccanismi di coesione (per esempio utilizzo di connettivi quali
“dunque”..).
- non sempre all’- apparente – coesione corrisponde una coerenza interna,
- o spesso un testo può sembrare sconnesso in superficie ma non esserlo in profondità.
La coerenza riguarda i livelli profondi del testo. In quanto dotati di coerenza interna i testi vanno intesi
come sistemi d’interdipendenze (EX.: RILKE & RODIN pg. 31).
COHAERERE = ESSERE IN RELAZIONE – COHAERENTIA = RELAZIONE INERNA.
↓
La coerenza è quella che fa di un testo un organismo unitario.
Jurij Lotman – semiotico russo 1985 – sostiene che i confini del testo sono mobili e riguardano i rapporti
testo/contesto: per esempio in base al mutare del codice estetico (es. il considerare o no parte del testo la
cornice o il piedistallo di un’opera).
In un romanzo i limiti del testo sono quelli fisici del libro, negli altri casi il testo diventa luogo di contrattazione:
secondo Sandra Cavicchioli i limiti del testo sono sempre oggetto di negoziazione. I limiti del testo sono
sempre il risultato di stipulazione/contratto.
In semiotica il primo gesto dell’analista è quello di stabilire i confini del testo esaminato, anche quando
sono empiricamente fissati.
1.2.3 DUE ORIENTAMENTI RIGUARDO ALLO STATUTO DEL TESTO: INTERPRETATIVO E
GENERATIVO
IL TESTO È UN OGGETTO PREESISTENTE AD OGNI NOSTRA INTENZIONE CHE GIUNGE A CONTATTO
CON NOI O È UNA COSTRUZIONE DATA DALLA PROSPETTIVA DELL’ANALISTA?
Diverse prospettive in semiotica hanno dato luogo a orientamenti metodologici diversi: la svolta testuale è stata
anche luogo di confronto e polemiche tra le varie tendenze.
Il tentativo che accomuna i due orientamenti semiotici è quello di saldare la riflessione teorica con la
diversità dell’esperienza sensibile. Inoltre rivendicano al testo autonomia e immanenza indipendenti dalle
intenzioni di autore/lettore.
Teoria dell’interpretazione.
Tendenza alla speculazione filosofica, parte dalla definizione di segno del filosofo americano Pierce:
<<qualcosa che sta per qualcos’altro>>. Questo orientamento basandosi su una visione di rinvio, ha
posto al centro della teoria il concetto di inferenza. Il suo massimo esponente è Eco.
- L’inferenza è il processo con il quale da una proposizione accolta come vera, si passa ad
una seconda proposizione la cui verità è dedotta dal contenuto della prima.
- attività, ragionamento, processo, procedimento che permette il passaggio da una
proposizione o serie concatenata di proposizioni (premesse) presupposte come vere ad una
nuova proposizione o serie concatenata di proposizioni (conclusione) che consegue,
direttamente o tramite la mediazione di altri enunciati, dalle premesse e la cui verità è in esse
contenuta.
Semiotica strutturale.
Il massimo esponente è Greimas e i suoi fondatori sono Saussure e Hjemslev: concilia la linguistica con
le teorie narratologiche ponendo al centro della teoria il concetto di “generatività”. Partendo da diversi presupposti la semiotica strutturale e generativa assume anche una diversa prospettiva riguardo al modo in cui si deve
intendere la stessa analisi semiotica. Algirdas Julien Greimas ha definito un modello di analisi semiotica adattabile ai più svariati oggetti di
ricerca. Prima di tutto secondo Greimas la narratività deve essere ritenuta il modello generale di organizzazione di ogni testo . Questo significa
che ogni testo contiene al proprio interno una struttura basata su di uno sviluppo narrativo anche solo potenziale. In questa prospettiva al
centro dell’attenzione dell’analisi non è più quindi il processo di interpretazione e i suoi meccanismi, ma la narratività e le sue strutture
all’interno del testo. Importante nella costruzione del modello greimasiano è stato il riferimento all ’opera dell’etnografo russo Vladimir
Jakovlevic Propp Morfologia della fiaba pubblicato nel 1928. Propp, analizzando un corpus limitato di fiabe di magia russe aveva individuato
una struttura ricorrente di trentuno funzioni narrative presenti in tutte le fiabe con varianti relative (tassonomia). Aveva inoltre individuato il
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ricorrere di sette sfere d’azione che caratterizzavano i ruoli di alcuni personaggi nelle fiabe in analisi. Dalle sfere d’azione Greimas elabora un
modello più astratto delle funzioni svolte dai personaggi potenzialmente adattabile ad ogni forma di narrazione. Chiama quest e funzioni attanti
e le identifica in tre coppie essenziali: soggetto/oggetto; destinante/destinatario; aiutante/opponente.
1.2.4 LE 3 INTENZIONI DEL TESTO
Rapporto testo/autore/lettore → tricotomia dell’interpretazione: → Umberto Eco ne I limiti dell’interpretazione
(1990) la riprende così:
a. Intentio auctoris,(propositi che hanno spinto l’autore alla produzione)→ cercare nel testo ciò che esso
dice indipendentemente dalle intenzioni dell’autore; scartando questa intentio giungiamo alla
successiva:
b. Intentio lectoris,→ bisogna individuare nel testo ciò che il destinatario vi trova in
corrispondenza/riferimento ai propri sistemi di significazione e non in riferimento ai suoi arbitrii,
desideri/pulsioni.
c. Intentio operis,→ cercare nel testo ciò che esso dice in riferimento ai sistemi di significazione a cui si
rifà e alla propria coerenza contestuale.
Bisogna rivendicare le ragioni del testo, che rappresenta una presenza confortevole, un paradigma a cui
attenersi. Greimas: “fuori del testo non c’è salvezza” → è solo dentro il testo che si deve cercare ciò che il
destinatario può trovare in riferimento ai propri sistemi o desideri e arbitrii.
1.2.5 AUTORE E LETTORE MODELLO: CONFLITTO/COOPERAZIONE INTERPRETATIVA
Un testo è prodotto all’interno di una strategia comunicazionale.
Ogni autore struttura il proprio testo in funzione di effetti che vuole produrre.
Queste intenzioni sono simulacri inscritti nella natura negoziale dell’opera stessa – e “costituiscono” i
processi di cooperazione autore/destinatario.
Il testo è una macchina pigra: esige un lavoro d’interpretazione che vada a riempire i gap del non-detto. Ma
altresì il testo è un sistema di istruzioni: ci chiede di individuarle per capire:
- Come vuole essere letto;
- Ciò che esso presuppone, promette, implicita.
↓
Ovvero la giusta pista testuale.
Nella comunicazione il significato va dall’emissione alla ricezione: non si ha mai un corretto controllo
del’effetto del nostro messaggio sul destinatario: l’autore è costretto a farsi un’idea sul fruitore del testo,
delle sue cultura, aspettative, fobie.
↓
Generare un testo significa attuare una strategia di cui fan parte le previsioni delle mosse altrui, per
rendere vincente questo Altrui nell’interpretazione tramite la sua collaborazione (potersi muovere a
livello interpretativo come l’autore si è mosso a livello generativo, in simbiosi): il LETTORE MODELLO fa
parte del progetto generativo del testo.
A sua volta il Lettore cercherà nel testo le intenzioni dell’Autore Modello.
Il Lettore Modello è un’ ipotesi generativa → Sono 2 tipi di strategie inerenti al testo, immanenti ad esso. L’ Autore Modello è un’ ipotesi interpretativa →
1.2.6 PROSPETTIVE TEORICHE DIVERSE COMPORTANO PERCORSI METODOLOGICI
DIVERSI
A seconda del punto di vista adottato il testo potrà essere analizzato:
- Prendendo in considerazione la sua manifestazione espressiva e da questa inferirne il contenuto; →
SEMIOTICA INTERPRETATIVA, DAL CONCRETO ALL’ASTRATTO, PROCEDURA
INFERENZIALE/CONGETTURALE.
- Partendo da un’ipotesi forte sul contenuto e da questa risalire al piano dell’espressione.→ SEMIOTICA
STRUTTURALE DALL’ASTRATTO AL CONCRETO.
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S. Interpretativa – metodo inferenziale
S. Strutturale – metodo generativo/deduttivo
Piano del CONTENUTO – astrattezza
Piano DELL’ESPRESSIONE – concretezza
Il procedimento interpretativo è il tipico adottato delle semiotiche particolarmente attente ai testi estetici.
Il problema di questo metodo riguarda da vicino il modo in cui l’organizzazione della manifestazione
espressiva condiziona il contenuto [“SCRIVO DIFFICILE – SEMBRA DIFFICILE”]: per Jakobson la
costruzione del significante produce determinati effetti di senso; per Eco più un testo è complesso, tanto più
complessa APPARE la relazione espressione/contenuto.
Inversamente la procedura deduttiva abbandona il piano espressivo per concentrarsi su livelli ipotetici
profondi del contenuto: dall’immanenza alla manifestazione.
POTRÀ SEMBRARE ECCESSIVAMENTE ASTRATTO PER UNA SEMIOTICA ARTICOLATA CHE SI
PROCLAMA DEL TESTO, MA CIÒ CHEINTERESSA AL SEMIOTICO È CONFIGURARE UNA TEORIA
GENERALE DELLA GENERAZIONE DEL SENSO AL DI LÀ DELLE DIVERSITÀ FENOMENOLOGICHE DEI
SINGOLI TESTI.
Greimas per comprendere ciò che accomuna i testi al di là delle loro differenti manifestazioni
fenomenologiche ha ritenuto necessario (Abbandonare il piano dell’espressione, per il momento,
per) trovare il luogo della generazione del senso ai livelli profondi del loro contenuto, che è ciò che
accomuna maggiormente i testi.
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2. I MODELLI FORMALI
2.1 IMMANENZA E MANIFESTAZIONE
La distinzione tra essere e apparire è vecchissima: ad essa appartiene uno dei concetti fondamentali della
semiotica strutturale: la generatività.
↓
La g. sta a fondamento del percorso del senso, che va dai livelli di immanenza verso quelli di
manifestazione; la semiotica si è appunto orientata al problema della produzione del senso, intendendo più
dinamicamente la relazione semiosica come “produzione”: l’attività produttrice consiste nella CAPACITÀ
dell’uomo di articolare la materia fonica, grafica, plastica in modo da renderla significante.
Quindi ciò che conta più delle forme prodotte è il processo sovrintendente la loro produzione: vedere le cose
sotto la luce del perché e del come esse sono così.
↓
In altre parole si fissa l’attenzione su una RICOSTRUZIONE (IPOTETICA).
↓
2.2 TESTO E PERCORSO GENERATIVO DEL SENSO
L’obiettivo dell’analisi del testo consiste nel ricostruire i modi della sua produzione: è un percorso
generativo (una serie di trasformazioni) che va da uno stato iniziale astratto d’immanenza più semplice a uno
finale manifestato e più complesso (concreto) – questa serie di trasformazioni ci permette di capire il processo
produttivo dallo stato virtuale al testo realizzato.
Il Percorso Generativo (PG) è il modello generale che rende conto ella forma stessa della teoria –
ricostruzione ipotetica del percorso dai livelli logico semantici fino alla struttura narrativa di superficie, grazie
alle procedure dell’enunciazione.
Ogni testo nella sua manifestazione lineare non è altro che l’evidenza e la memoria della sua storia
generativa.
Il PG abbandona il piano espressivo per concentrarsi sul contenutistico: è infatti un viaggio dentro il contenuto
articolato in una forma (sintassi) e in una sostanza (semantica).
A livello più astratto e profondo = semionarrativo, bisogna individuare la grammatica che articola qualsiasi tipo
di testo , ricondurre l’eterogeneità ad un unico modello descrittivo. Insomma ricondurre ad un paradigma
generale le singole manifestazioni.
A livello discorsivo, invece, bisogna recuperare la specificità di ogni singolo testo.
2.3 ANALISI E MODELLI TEORICI: OPERAZIONE E PROCEDIMENTO
L’obiettivo dell’analisi del testo arriva a esplorare i meccanismi in base ai quali i testi funzionano. Bisogna
capire cosa permette ad un testo di funzionare, e andare oltre per rapportare i singoli casi ai meccanismi
generali della significazione. L’analisi semiotica deve porsi come obiettivo il confronto con la teoria
generale.
Il tentativo di costruire un metalinguaggio descrittivo adeguato per ogni singolo testo e simultaneamente
definire concetti generali è tra i meriti principale della semiotica strutturale. Questa duplicità di intenti riposa
sulla distinzione di Hjelmslev tra operazione e procedimento:
- Operazione, in quanto descrizione esauriente di un singolo fenomeno di significazione in
accordo con il principio empirico;
- Procedimento, in quanto sistema descrittivo interdefinito, in grado di fornire gli strumenti per
comprendere non solo il fenomeno esaminato ma qualunque altro.
2.4 LANGUE E PAROLE
La distinzione hielmsleviana OP/PROC fa riferimento alla dicotomia saussuriana che distingueva
Langue Parole
organizzazione sistematica della lingua: costituita da un Ricchezza fenomenologica nell’uso individuale della
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numero finito di unità e controllabile in base ad un sistema astratto di regole che governano le relazioni fra le unità. Costituisce le abitudini linguistiche di una comunità grazie alle quali gli individui possono interagire fra loro comprendendosi.
lingua collettiva; consiste nella realtà concreta di ogni espressione linguistica, rappresentando la creazione individuale.
Esse stanno in regime dì interdipendenza: la langue è necessaria perché la parola sia intelligibile e produca i suoi effetti; ma la parole è indispensabile perché la langue si stabilisca. Storicamente la langue precede sempre, è la
parole che fa evolvere la langue (Saussure).
AUTONOMIA, RIGORE, IMMANENZA DISOMOGENEA, MANIFESTA
METALINGUAGGIO SCIENTIFICO ATTO CONCRETO E INDIVIDUALE DI PRODUZIONE SEGNICA
Il testo è assimilabile alla parole.
2.5 IL VALORE LINGUISTICO IN SAUSSURE
La langue per Saussure è un sistema di entità linguistiche che devono essere delimitate. Delimitarne una
significa considerarla in regime sistemico di relazione con altre: le unità hanno valore poiché differiscono
all’interno del sistema.
I segni linguistici soddisfano una duplice condizione:
1. Il loro potere di scambio serve a designare una realtà linguistica che non gli appartiene, indipendente
da essi;
2. Il valore del segno linguistico è strettamente condizionato dai rapporti che lo uniscono agli altri segni
della lingua in modo che non lo si può valutare senza porlo in una rete di relazione intra-linguistiche.
Il valore consiste nelle relazioni di opposizione e di differenza: ciò vale per significante e significato.
Il problema della significazione è posto da Saussure in termini di valori relativi, differenziali: i valori delle unità
linguistiche non hanno esistenza isolata ma si determinano gli uni in rapporto con gli altri, il senso risiede nelle
differenze tra le parole: <<nella lingua non ci sono che differenze>>.
Il valore di un testo preso in analisi non è dato in se stesso ma nella differenza che ha con gli altri della stessa
specie: solo vedendolo in un sistema di opposizione e differenza è possibile metterne in risalto la specificità,
l’identità.
2.6 IL CARATTERE LINEARE DEL SIGNIFICANTE
Il significante per essere compreso e interpretato deve mostrare un certo ordine che Saussure definisce
linearità del significante. Basti pensare ai testi di natura uditiva o alla scrittura.
↓
S. afferma che si comunica per insiemi strutturati di segni, mediante masse organizzate. Queste si dispiegano
secondo una linea temporale, in sequenze di termini in successione (chiamate solidarietà sintagmatiche).
2.7 HJELMSLEV:IL TESTO COME PROCESSO
Anche un testo visivo, per quanto mostri una gravitazione simultanea i tutti i suoi elementi nello stesso tempo
e nello stesso spazio, di fatto, è costituito da una sorta di successione topologica in base alla quale la
comprensione si organizza attraverso una serie di percorsi orientati.
L’ordine sintagmatico è definito da Hjelmslev come processo. Testo e processo per H. sono sinonimi.
Il testo è una struttura che non consiste della presenza delle sue parti ma delle relazioni fra queste. Le
relazioni sono di due tipi
- Dipendenze fra parti – relazioni sintagmatiche o processo;
- Dipendenze fra le parti e il tutto – sistema.
2.8 SINTAGMA E PARADIGMA, SISTEMA E PROCESSO
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Di queste relazioni, Saussure chiamava sintagmi le combinazioni di tipo sequenziale: costituite dalla
successione di unità – che possono andare dalla semplice parola composta fino a sequenze discorsive.
All’interno di esse un termine acquisisce valore perché è in relazione con quello che lo precede e quello che lo
segue all’interno di un’unità superiore.
Rapporto in praesentia retto dalla funzione <<e>>, detta congiunzione.
La funzione fra i membri del sintagma è la relazione.
Il processo o testo rende conto del sintagma.
Un altro tipo di rapporto intrattenuto dalle unità testuali è quello associativo o strutturale: un termine si
oppone agli altri con cui <<ha qualcosa in comune>> (per somiglianza o differenza) ma che non compaiono
nel testo.
Rapporto in absentia retto dalla funzione <<o>>, detta anche disgiunzione.
La funzione fra i membri del paradigma è la correlazione.
Il sistema rende conto del paradigma.
Per quanto riguarda l’analisi di un testo questa dovrà porsi come obiettivo la registrazione di entrambe le
dipendenze: paradigmatiche e sintagmatiche:
a) Individuare le relazioni di opposizione che intrattengono fra loro i valori e come tutto ciò “faccia sistema”;
b) Analizzare come le unità si dispongono le une in rapporto alle altre secondo un ordine di successione
sequenziale.
2.9 IL QUADRATO SEMIOTICO
Roland Barthes chiedendosi da dove si dovesse cominciare nell’analisi testuale, giunse ad affermare che per
cogliere un testo nella sua totalità bisogna concentrarsi sulle prime sequenze e su quelle finali: lo studio
della loro comparazione permette di rendere conto della trasformazione narrativa.
Propp prima e Greimas dopo considerano la narratività una trasformazione da uno stato iniziale a uno
finale grazie ad un’inversione della situazione di partenza.
Ma l’inversione dei contenuti o dei valori non è sufficiente alla comprensione di un testo: bisogna capire i
passaggi di queste trasformazioni.
↓
Il sistema delle relazioni tra i valori e le loro trasformazioni può essere rappresentato da quadrato semiotico /
modello costituzionale di Greimas: è una struttura elementare della significazione.
La struttura di qualunque micro/macro-universo semantico si dispiega sotto forma di opposizioni, che a livello
profondo costituiscono il sistema assiologico (ovvero il sistema valoriale) su cui si basa un testo.
Quindi: struttura semantica→basata su opposizioni tra valori→costituenti il sistema assiologico del
testo→senso del testo→struttura semantica.
Il quadrato semiotico è la rappresentazione visiva delle articolazioni logiche del sistema assiologico: se
per Hielmslev il sistema è basato sulle correlazioni oppositive (<<o…o>>) il quadrato articola qualunque
categoria semantica secondo le corrispondenti relazioni di contrarietà, contraddizione, complementarietà.
Correlazioni opp. <<o…o>> In pratica Relazioni oppositive
a) Qualitative Bello vs. brutto Contrarietà
b) Privative Bello vs. non bello Contraddizione
c) Partecipative. Bello vs. non brutto Complementarietà
12
Il quadrato semiotico è un metodo di classificazione dei concetti pertinenti ad una data opposizione di concetti quali maschile-femminili, bello-brutto, ecc. e di classificazione dell’ontologia pertinente. È stato introdotto dal linguista e studioso di semiotica lituanoAlgirdas Julien Greimas, derivato dal quadrato logico di Aristotele. A partire da un’opposizione data di concetti S1 e S2, il quadrato semiotico per prima cosa presuppone l’esistenza di altri due concetti, ossia ~S1 and ~S2, che stanno tra loro nelle seguenti relazioni:
S1 e S2: sono contrari
S1 e ~S1, S2 e ~S2: sono contraddittori
~S1 e ~S2: sono subcontrari (possono avere in comune delle zone intermedie)
S1 e ~S2, S2 e ~S1: complementarietà (sono legati da una relazione di implicazione)
Il quadrilatero semiotico introduce anche prodotti, i cosiddetti meta-concetti, che sono dei composti. Tra questi, i più importanti sono:
S1 e S2
né S1 né S2
Per esempio, dalla coppia di concetti opposti maschile e femminile, si può ottenere:
S1: maschile
S2: femminile
~S1: non maschile
~S2: non femminile
S1 e S2: maschile e femminile, cioè ermafrodite, bisessuale
né S1 né S2: né maschile né femminile, asessuato
Alcune varianti alternative al quadrilatero semiotico sono state proposte in letteratura, come ad esempio il diagramma concettuale o lamatrice concettuale.
Dal quadrato semiotico è possibile ricavare altre strutture: il “Quadrato di veridizione” usato soprattutto per descrivere la situazione dei personaggi e il “Quadrato di Floch” usato per classificare diversi tipi di pubblicità.
Il quadrato si costituisce come un modello descrittivo in grado di rendere conto dell’organizzazione testuale
permettendone 2 tipi di lettura:
1. Un’interpretazione statica, - considera sul quadrato solo il sistema delle opposizioni a livello
paradigmatico;
2. Un’interpretazione dinamica, - è ciò che interessa nei testi in quanto processi, ovvero la trasformazione
dei valori e il passaggio dagli uni agli altri: consiste dunque nel registrare sul quadrato le trasformazioni
sintagmatiche, i percorsi che esse seguono.
Il sistema delle trasformazioni determina la logica della narratività (ex vita-morte pg 57).
2.10 ARTICOLAZIONE E SEGMENTAZIONE
L’analisi del testo deve prevedere 2 momenti:
a) Segmentazione, - scomposizione della sequenza lineare a livello sintagmatico,
b) Articolazione. – rilevare il sistema soggiacente al testo a livello paradigmatico, al contrario della precedente
è un’opera di riunificazione.
La segmentazione è dunque il primo compito dell’analisi dal momento che il testo si presenta nella sua
linearità sintagmatica – poiché è il primo livello fenomenologico che si può osservare. Questa concezione del
testo costituisce una sorta di modello teorico per la semiotica: il sistema delle relazioni a livello di sintagma e
delle correlazioni a livello di paradigma, presentano il testo come una totalità costituita da una gerarchia di
livello.
13
3. SINTASSI NARRATIVA
3.1 PROPP, LE FIABE E LO STUDIO DELLE FORME
Gran parte degli sviluppi moderni della narratologia riconosce la propria origine nella pubblicazione della
Morfologia della Fiaba di V. Propp – uscita in URSS 1928 e a Parigi nel 1958.
La morfologia è lo studio delle forme: Propp ha effettuato un analisi comparativa su un vasto corpus di fiabe,
notando che questi racconti presentano un’incredibile varietà di personaggi, luoghi, situazioni, ma rivelano
un’insospettata ripetitività: una grammatica che le accomuna.
3.1.1 GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DELLA FIABA, LE FUNZIONI
Nella fiaba le componenti di base sono di numero finito, cambiano i personaggi ma non le loro azioni.
Queste, ripetendosi, costituiscono le funzioni: combinazioni infinite di componenti di base finiti.
1. Allontanamento: alcuni membri della famiglia che si allontanano da casa
2. Divieto: all’eroe è sempre imposto un divieto di fare qualcosa
3. Infrazione: divieto infranto, frattura nell’equilibrio che porta alla nascita dell’antagonista (negativo)
4. Investigazione: antagonista tenta una ricognizione
5. Delazione: antagonista riceve informazioni sulla vittima
6. Tranello: antagonista tende un tranello alla vittima
7. Connivenza: la vittima cade nell’inganno favorendo il nemico
8.
a. Danneggiamento: antagonista arreca danno a uno dei componenti della famiglia, funzione molto
importante per Propp perché fa iniziare la narrazione vera e propria
b. Mancanza (manque): uno dei membri della famiglia sente che gli manca qualcosa
9. Mediazione, momento di connessione: introduzione dell’eroe nella favola con una preghiera o un ordine
10. Inizio della reazione: l’eroe acconsente o decide di agire
11. Partenza: eroe abbandona la casa
12. Prima funzione del donatore: eroe messo alla prova
13. Reazione dell’eroe: l’eroe aiuta o soccorre colui che, in seguito, sarà il suo donatore
14. Fornitura, conseguimento del mezzo magico: il donatore dona un pezzo magico all’eroe
15. Trasferimento nello spazio tra due reami, indicazione del cammino: l’eroe si reca verso l’oggetto delle sue
ricerche, la lontananza può essere orizzontale (oggetto in un paese lontano) o verticale (montagna,
sott’acqua)
16. Lotta: eroe e antagonista combattono
17. Marchiatura: all’eroe è impresso un marchio (es. ferita)
18. Vittoria: antagonista viene vinto
19. Rimozione della disgrazia o della mancanza: funzione che crea coppia con il danneggiamento
20. Ritorno: ritorno dell’eroe con le stesse modalità dell’andata
21. Persecuzione, inseguimento: il nemico insegue l’eroe
22. Salvataggio: salvataggio dell’eroe
23. Arrivo in incognito: eroe torna a casa sotto mentite spoglie (es. l’Odissea)
24. Pretese infondate: il falso eroe avanza pretese infondate
25. Compito difficile: all’eroe è proposto un compito difficile
26. Adempimento: compito eseguito
27. Identificazione: eroe riconosciuto per un segno particolare
28. Smascheramento: del falso eroe o dell’antagonista
29. Trasfigurazione: l’eroe assume nuove sembianze
30. Punizione: antagonista punito
31. Nozze: l’eroe si sposa e sale al trono
La successione delle funzioni ubbidisce a leggi, di ordine cronologico e causale. Esiste una necessità
estetica secondo la quale ciascuna funzione deriva dall’altra.
Non accade mai che l’ordine sia invertito, è invariabile e Propp lo identifica come lo schema generale delle
fiabe.
- Propp ha individuato elementi costanti,
- Ha cercato di scoprire un sistema di relazioni tra questi elementi.
14
3.1.2 LE TRE PROVE E IL SENSO DELLA VITA
Riportata alla formulazione più astratta, la fiaba di magia è definibile come uno svolgimento il cui punto di
partenza è il danneggiamento – la manque iniziale – e il punto d’arrivo è la riparazione e ricompensa –
liquidazione della manque – con il Riconoscimento finale e adeguata ricompensa dell’eroe, punto al quale
si giunge grazie ad una serie di funzioni intermedie:
- Che Propp chiama move
- E Lévi Strauss partie (partita e ripartizione).
Questo schema sintattico-semantico, semplice e generale, è stato considerato da Greimas, che ha
evidenziato come si presti a fornire uno strumento di grande efficacia per l’analisi di questi testi
- Sia per l’articolazione paradigmatica,
consiste nell’inversione dei contenuti: manque e liquidazione della manque, lotta e vittoria, assegnazione compito e
adempimento di esso, il carattere polemico della fiaba (conflitto eroe/antieroe) e quello contrattuale (contratto fra
eroe/mandante & eroe/donatore).
- Che per la successione sintagmatica.
Altre funzioni si presentano invece in successione lineare: ex: danneggiamento, invio, decisione di reagire, partenza
costituiscono la sequenza dell’esordio.
Ogni trasformazione di contenuti/situazioni si compie attraverso un trasformazione, che implica un processo:
per Greimas, questa sequenza nella Morfologia si articolerebbe nella successione delle 3 prove:
A) La prova qualificante, - acquisire la competenza necessaria all’azione.
B) La prova decisiva, - azione, lotta con antierore, porta alla liquidazione della manque che rovesci era le sorti
della storia.
C) La prova glorificante. – l’eroe è acclamato e compensato.
↓
Questo schema canonico per G. costituisce nei testi un fattore di prevedibilità, e sembra riflettere il senso
della vita attraverso 3 episodi presenti in tutta la narratologia e mitologia mondiale:
a) La qualificazione del soggetto, acquisizione di 1 competenza, spesso tramite rituali d’iniziazione o riti di
passaggio.
b) La realizzazione del soggetto attraverso l’azione, durante la prova decisiva.
c) Il riconoscimento del compito eseguito, da parte della comunità.
3.1.3 PERSONAGGI E SFERE D’AZIONE
I personaggi delle fiabe non sono identificati per se stessi o per quello che sono, ma per quello che FANNO.
Sono definiti in base alle loro sfere d’azione. Secondo queste avremo 7 tipi di personaggi: l’antagonista, il
donatore, l’aiutante, pa principessa o il re, il mandante, l’eroe, il falso eroe.
3.2 DALLA NARRATOLOGIA ALLA NARRATIVITÀ
3.2.1 FABULA E INTRECCIO
L’ordine delle funzioni della fiaba è stata d’origine di una nota distinzione dei Formalisti: quella tra fabula e
intreccio.
Una volta terminato la lettura di un romanzo o di un racconto, possiamo ricostruirne retrospettivamente,
l’ordine dei fatti – che quasi mai coincide con l’ordine seguito durante la lettura.
Questa ricostruzione crono-logico/causale degli eventi è chiamata dai formalisti fabula.
L’intreccio invece è l’insieme degli stessi eventi nella successione in cui sono presentati dal testo senza
rispettarne la successione cronologica.
Un racconto può iniziare anche dalla fine di una fabula e ricostruirla tutta in flashback.
L’intreccio è una sorta di scardinamento della linearità, è un montaggio che introduce digressioni e
spostamenti temporali: può eliminare intere sequenze di funzioni attraverso l’ellissi, oppure può operare salti
temporali in avanti – le prolessi, o all’indietro – analessi.
Quasi tutta la narrativa gioca sugli scarti tra il tempo della fabula e quello dell’intreccio.
Genette: l’intreccio dipende da una logica estetica. Ci sono 2 livelli discorsivi:
1. Il recit, considerato come il narrato, significato.
15
2. Il discours, inteso come il modo di narrare il significato.
Greimas riprende questa distinzione. Fabula e intreccio sono pensati come articolazioni del significato, ma
situati a livelli diversi del Percorso Generativo.
- La fabula (logico-causale) essendo l’armatura immanente, fa parte della sintassi narrativa a
livello più astratto e profondo del pg.
- L’intreccio, essendo il risultato di una particolare strategia enunciativa, appartiene al livello
della manifestazione discorsiva.
3.2.2 NARRATIVITÀ
In che modo l’influenza di Propp su Greimas ha permesso al ricostruzione di un modello narrativo che si è
sganciato dall’analisi del racconto e generalmente dal testo verbale.
Calvino: <<tutti i testi scritti raccontano una storia>>.
R. Barthes: <<innumerevoli sono i racconti del mondo>>.
↓
Greimas tenta di estendere al massimo il campo di applicazione dell’analisi narrativa, per trovare strutture
narrative trasversali ai diversi generi testuali.
↓
In quest’ottica ha elaborato il concetto di narratività collocandolo a livello semio-narrativo, un livello
immanente sufficientemente astratto e profondo in modo da garantirne l’universalità: una sorta di troncone
strutturale comune ad ogni testo.
La narratività è un diverso modo di intendere la produzione del senso: esso nasce fin dall’inizio come senso
orientato, come tensione, come nucleo narrativo organizzato che attende di essere sviluppato in maniera più
compiuta.
La narratività è un rovesciamento di paradigma nel pensiero generativista: è intesa da Greimas come una
grammatica che a livello immanente del senso articola le strutture universali dell’immaginario – si può
esemplificare con un’idea già potenzialmente configurata di ciò che si vuole creare, così come il creatore può
averla già in testa a livello embrionale.
3.2.3 SCHEMA NARRATIVO CANONICO
Situato sull’asse sintagmatico, la successione delle 3 prove rivelerebbe, secondo Greimas, l’esistenza di uno
schema narrativo canonico comune a qualsiasi tipo di testo: interpretate come un ordine di presupposizione
logica, sembrerebbe retta da un’intenzionalità riconoscibile e paragonabile a quella che serve a spiegare in
genetica lo sviluppo di un organismo (ordine nel quale viene a inscriversi il senso della vita); lo schema
narrativo greimasiano prevede, oltre le 3 prove di Propp, il sintagma narrativo della manipolazione che
inquadra a livello cognitivo il momento pragmatico dell’acquisizione di Competenza.
PROPP GREIMAS
- → Manipolazione
Prova qualificante → → Competenza
Prova decisiva → Performanza
Prova glorificante → Sanzione
3.3 GLI ATTANTI
3.3.1 CASI GRAMMATICALI E ATTANTI
Le funzioni proppiane, secondo Greimas, sono ancora troppo peculiari ad un certo tipo di testualità. Al loro
posto prende in considerazioni non le azioni, ma chi le compie: l’attante.
Attante è colui che fa o subisce un atto.
Anche Propp aveva definito i personaggi in base alle sfere d’azione, ma la nozione di attante in Greimas è
molto più astratta/generica. Due plus:
- La lista degli attanti è più ristretta di quella delle funzioni.
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- Il sistema di relazioni tra gli attanti si presta di natura ad una rappresentazione paradigmatica, piuttosto che
sintagmatica.
Scopo di Greimas era fondare un modello attanziale su alcuni caratteri universali dell’azione umana: progetto
realizzabile solo all’interno di un livello astratto quale il sistema della langue, delle lingue naturali.
Articola 2 categorie attanziali:
1. Soggetto/oggetto;
2. Destinante/destinatario.
Possiamo identificare questo schema con i casi tradizionali della grammatica:
a) Nominativo, caso del soggetto.
b) Accusativo, caso dell’oggetto.
c) Dativo, complemento di termine (a chi, a cosa).
↓
NEGLI ENUNCIATI PER QUANTO CAMBI LA DISPOZIONE DEI TERMINI A LIVELLO DI
MANIFESTAZIONE DISCORSIVA (FRASTICA), I CASI PROFONDI NON MUTANO.
La diversa costruzione frastica del discorso riguarda invece un interessante problema di prospettiva nel
discorso: cambiano i modi di vedere il testo e di focalizzazione dell’attenzione, ma le relazioni stabilite fra le
funzioni attanziali appartenenti alla sintassi narrativa non cambiano.
A livello discorsivo / superficiale gli attanti sono manifestati dai cosiddetti attori: questi ultimi sono identificabili
con i personaggi, ma anche con soggetti non antropomorfi – quali “la città” o “il vento” o si suoni appartenenti
ad un testo musicale.
3.3.2 CONTRATTO E CONFLITTO
Le figure del contratto e del conflitto rappresentano le relazioni tra i personaggi della fiaba. Questa non è solo
la storia dell’eroe e della sua ricerca, ma anche la storia parallela dell’antieroe: 2 percorsi interpretativi che si
svolgono in 2 direzioni opposte ma caratterizzate dal fatto che i due soggetti mirano ad un unico oggetto.
Tuttavia anche fra rivali possono verificarsi momenti di pausa, di alleanze momentanee e accordi tattici:
accanto alla struttura del conflitto troviamo quindi anche quella del contratto, tramite la quale due soggetti
stabiliscono degli obblighi reciproci.
Nello schema narrativo il contratto consiste nella relazione che intercorre tra soggetto e destinante, in seguito
alla quale il soggetto passa attraverso una serie di prove per assolvere gli impegni assunti e infine viene
giudicato, sanzionato, glorificato dal suo destinante.
3.3.3 PROPOSITI, DESIDERI E INTENZIONALITÀ: L’OGGETTO DI VALORE
All’interno della sintassi attanziale Greimas reintroduce il concetto semantico di intenzionalità: essa regola la
relazione tra soggetto e oggetto sotto la figura del desiderio: Il soggetto sembra annunciarsi in quanto
soggetto perché inizialmente è soggetto di desiderio, di una mancanza. Mancanza dell’oggetto. Soggetto e
oggetto stanno quindi in regime d’interdefinizione: non v’è l’uno senza l’altro.
In Propp era presa in carico dalla funzione <<l’eroe si mette in cerca della persona scomparsa>> e nei suoi
propositi.
Le fiabe di magia sono tali grazie alla presenza dell’oggetto magico dato all’eroe in modo che possa essere
facilitato nel ricongiungersi con l’oggetto del desiderio.
↓
Nella fiaba quindi abbiamo 2 tipi di oggetti: quelli desiderati e quelli magici: Greimas astrae la distinzione in:
a) Oggetti che forniscono beni, identificabili con i valori desiderabili.
b) Oggetti che forniscono servizi, identificabili con gli aiutanti modali.
3.4 MODALITÀ
L’ATTANTE, si è detto, è colui che fa o subisce un atto. È dunque definito da un predicato, ovvero da un
verbo che lo mette in relazione con un altro attante.
Ma un predicato raramente si presenta isolato. Se qualcuno offre qualcosa a qualcun altro non gliela offre
soltanto: gliela offre volentieri o di malavoglia. Un predicato, dunque, spesso è preceduto da un altro predicato
che in qualche modo lo modifica, e lo sovra determina, lo condiziona. Nella sintassi narrativa la dipendenza
di un predicato da un altro riguarda il problema delle modalità.
17
Le modalità sono predicati che modificano altri predicati.
Difficilmente dichiariamo di sapere semplicemente qualcosa; diciamo piuttosto che crediamo di sapere
qualcosa, oppure che siamo certi di saperla o forse no. Così moralizziamo il predicato sapere.
La manipolazione è un far fare;
L competenza è un essere del fare;
La performanza è un far essere;
La sanzione è un essere dell’essere.
3.4.1 MANIPOLAZIONE
Nella manipolazione, il far fare, l’azione che spinge all’azione è un’impresa di tipo cognitivo: lavora sulla
competenza di un altro agente. È il fare esercitato dal destinante sul destinatario-soggetto. Il destinante è
un’istanza trascendente rispetto al soggetto. Talvolta questo “fare” è di tipo persuasivo , come uno spot
pubblicitario, che invita l’utente ad acquistare qualcosa. In questi casi si tratta di una manipolazione che si
avvale di far sapere e di far credere. La manipolazione può essere provocazione, invito, evocazione del
desiderio di qualcosa che fino a quel momento non sapevamo ci mancasse. È il serpente che tenta Eva, o un
sorprendente packaging che invita ad essere scartato e acquistato. Spesso invece la manipolazione può
assumere l’aspetto autoritario di un dovere da compiere o un divieto da non infrangere.
3.4.2 COMPETENZA E PERFORMANZA
Nell’universo della fiaba, gli oggetti magici fornivano all’eroe un aiuto nella ricerca e raggiungimento
dell’oggetti di valore/desiderio.
In semiotica sono proprietà intime, si tratta di vere e proprie protesi della competenza umana, in grado di
dotarla di sorprendenti capacità.
Gli oggetto magici di Propp sono definiti da Griemas aiutanti modali, e hanno sfere di competenza rispondenti
ai predicati del POTERE e del SAPERE.
Gli aiutanti modali sono quindi modalità, che articolano la competenza secondo i modi di esistenza
semiotica:
- Modalità di esistenza Virtualizzante → volere e dovere
- Modalità di esistenza Attualizzante → sapere e potere
- Modalità di esistenza Realizzante → far essere
La competenza è dunque una catena orientata, è il tracciato testuale ove s’inscrive la storia della
qualificazione del soggetto – tramite il desiderio (volere), per passare al processo di acquisizione di
proprietà che gli permette di giungere all’azione (potere e sapere), per concludersi nell’azione vera e
propria che lo trasforma in soggetto realizzato.
- Esistono soggetti velleitari, che nonostante siano pieni di propositi non riescono a passare all’azione (come
il protagonista de L’uomo senza qualità di Musil che per eventi più grandi di lui resta impigliato nella sua
competenza passionale e cognitiva).
In base al regime di interdefinizione tra soggetto e oggetto (si definiscono reciprocamente – non v’è l’uno
senza l’altro) il soggetto sarà:
- Virtuale se disgiunto dall’oggetto: S U Ov
- Realizzato se congiunto con l’oggetto: S ᴨ Ov
Il <<voler essere>>.
La competenza modale, in quanto voler fare, sottintende una necessità più profonda che Greimas chiama
esistenza modale, ovvero un voler essere.
Ex: chi compra una Ferrari vuole correre più veloce e vuole essere potente.
Il valore dell’oggetto di valore in realtà è un valore di natura esistenziale.
18
3.4.3 SANZIONE E VERIDIZIONE
La sanzione chiude la sequenza pragmatica della cornice cognitiva: con la sanzione il destinante è chiamato
a valutare l’esito della trasformazione prodotta dal soggetto; giudica la sua conformità in base al contratto
iniziale.
La fase riconoscimento/sanzione è la prova glorificante, momento fondamentale per il senso della vita: se
i risultati dell’azione sono inosservati e non giudicati, restano inadempiuti.
La sanzione in quanto essere dell’essere, coinvolge le modalità veridittive fondandosi su un fare
interpretativo: valuta se ciò che appare corrisponde all’essere, se chi agisce è sincero o imbroglione o
ingenuo.
Le modalità veridittive proiettate sul quadrato articolano la Veridizione:
- è vero ciò che è ed appare;
- ciò che non è e né appare è falso;
- è menzogna ciò che sembra ma non è;
- è segreto ciò che è, ma non appare.
Alla Veridizione appartengono alcuni comportamenti:
- la SIMULAZIONE: fingere un sentimento provandone un altro. Nelle pratiche relazionali è
giudicata negativa poiché sta dalla parte della menzogna.
- la DISSIMULAZIONE: celare le proprie passione, nell’impedire che si manifestino. Non è
sprezzata come la simulazione poiché sta dalla parte del segreto.
Se il Riconoscimento è il controllo di ciò che è o sembra essere conforme al contratto (e i risultati
possono essere sia positivi che negativi), la sanzione si configura come un atto epistemico – ovvero come
atto di stabilimento della verità.
Greimas aggiunge: <<l’atto epistemico può essere rappresentato sotto il suo duplice aspetto di affermazione
o rifiuto>> (accetto e ammetto questa verità – rifiuto questa verità).
MANIPOLAZIONE
COMPETENZA
PERFORMANZA
SANZIONE
Sequenza Pragmatica
della
CORNICE COGNITIVA
19
3.5 LA NARRAZIONE COME TRASFORMAZIONE DI STATI
3.5.1 ENUNCIATI ELEMENTARI
L’attante è definito dall’atto (che compie o subisce), ovvero dalla funzione svolta dal predicato.
L’enunciato è l’espansione di questo predicato: è costituito dalle relazioni che gli attanti intrattengono fra di
loro.
Narrazione = Successione di Enunciati (i quali sono la messa in scena delle relazioni fra Attanti).
Quindi, gli enunciati differiscono
a) per il numero di attanti ce mettono in gioco:
i. BINARI;
Gli enunciati elementari a due attanti si distinguono in:
a. Enunciati di stato o giuntivi: statici, retti da predicati qualificativi, di stato (essere
o avere); giuntivi perché il soggetto può essere congiunto o disgiunto dall’oggetto
di valore (U).
b. Enunciati di trasformazione o dinamici: producono un cambiamento di
situazione (dinamici); sono retti da predicati del fare (→) – prendere, picchiare,
dare… .
↓
Il predicato, dunque, determina la natura dell’enunciato e anche del soggetto.
ii. TERZIARI.
Sono retti esclusivamente da predicati di traslazione e di trasferimento, che
prevedono il passaggio di un attante-Oggetto da un attate-Destinante ad un attante-
Destinatario: D1 → O → D2.
b) Per il tipo di relazione che li caratterizza:
i. Di congiunzione S ᴨ O
ii. Di disgiunzione S U O
iii. Di trasformazione S →
iv. Di trasferimento D1 → O → D2.
Cosa regge la successione di enunciati elementari alla base della sintassi narrativa?
La narrazione è una trasformazione di stati, da uno di congiunzione ad uno di disgiunzione/viceversa.
EN1 (S U O) → EN2 (S→) → EN3 (S ∩ O)
Enunciati di stato (essere).
La proiezione della categoria ‘giunzione’ (predicati di stato) sul quadrato mostra che esistono altre 2
forme di enunciati: due posizioni intermedie, i sub-contrari di non-congiunzione & non-disgiunzione. La
sospensione segna momenti di passaggio, spesso di trasformazione o di metamorfosi; sono momenti in cui il
rapporto soggetto-oggetto subisce una conversione ed una sospensione : spesso è uno stato d’attesa.
Enunciati di trasformazione (fare).
Analoga è la proiezione della categoria di ‘trasformazione’ sul quadrato (predicati del fare): posso avere
una trasformazione congiuntiva opposta ad una disgiuntiva con passaggi intermedi (fare non-congiunto &
fare non-disgiunto).
Non sempre le azioni sono volte alla trasformazione degli stati:ad esempio nel mantenimento (enunciati
non trasformativi) le azioni sono mirate alla conservazione dello status quo (“impedire che qualcosa
accada”).
(VEDI QUADRATI SEM. PG 89).
Se, quindi, la narrazione si configura come una trasformazione di stati, la sintassi può essere rappresentata
come una successione sintagmatica di enunciati di stato retti da predicati del fare.
EN1E --- → EN2F --- → EN3E --- → EN4F --- → EN5E …
- La freccia indica la successione cronologica delle unità sintattiche (→): la narrazione si presenta
come una tensione fra la situazione iniziale e quella finale. Il percorso si configura come
Enunciati BINARI: EN = f(S;O)
Enunciati TERNARI: EN = f(D1; O; D2)
20
intenzionale da parte dell’eroe per congiungersi con l’oggetto, e ogni ostacolo che si frappone
aumenta la tensione delle prove qualificanti.
In sintesi, l’analisi del testo, a livello di sintassi narrativa, consiste nello stabilire una serie di stati e le loro
relative trasformazioni, indicando i passaggi intermedi che li collegano. Questi passaggi intrattengono tra loro
una relazione logica in vista della trasformazione finale.
Classificazione attanti enunciato.
3.5.2 PROGRAMMI NARRATIVI
Il Programma Narrativo è un programma d’azione (con tutte le azioni dei personaggi) finalizzato al
raggiungimento di uno scopo. Si tratta di un’unità di natura sintattica costituita da un enunciato di fare che
regge un enunciato di stato.
PN1 = f [S1 → (S2 ∩ Ov)]
PN2 = f [S1 → (S2 U Ov)]
→ questo è il PN di una TRASFORMAZIONE CONGIUNTIVA
→ questo è il PN di una TRASFORMAZIONE DISGIUNTIVA
In entrambi i casi si tratta di PN semplici. Tuttavia all’interno di un testo le cose sono più complicate: spesso
per realizzare il PN di base (quello finalizzato al raggiungimento dello scopo) sono necessarie altre azioni
intermedie mirate al raggiungimento dei mezzi indispensabili alla riuscita finale: i Programmi Narrativi d’uso,
finalizzati all’acquisizione degli oggetti modali (ad es. il <<potere>> e il <<sapere>>).
L’obiettivo finale è così differito grazie all’utilizzo dei PN d’uso e in quanto digressione nel testo si crea
l’effetto suspense. Si tratta di un problema d tensione determinata dalla durata prodotta dal
moltiplicarsi/estendersi dei PN d’uso; su queste procedure di espansione e contrazione basate
sull’incassamento/riduzione dei PN si fonda il ritmo del testo, la sua capacità di avere un effetto sul
lettore: destare l’attenzione, stupire, annoiare, terrorizzare.
Questo stesso motivo di espansione è il modo in cui prendono vita le forme infinitamente espanse della
testualità mass mediatica: i mutamenti di stato nelle telenovelas/soap opera non sono mai rilevanti o
eccezionali e tuttavia sono ripresi e commentati all’infinito dai vari personaggi.
3.5.3 LA CIRCOLAZIONE DELL’OGGETTO DI VALORE
La sintassi narrativa è un concatenarsi di congiunzione disgiunzioni tra soggetti e oggetti.
Nella fiaba proppiana la circolazione di un solo oggetto di valore rivela una serie di ruoli attanziali
opposti e simmetrici : spesso il traditore (S2) fa l’acquisizione di un valore a spese di un altro,
successivamente è costretto a cederlo all’eroe (S1), perdendolo. Si configura una sorta di trasmissione
circolare di valori, utilizzando la successione eroe negativo – eroe positivo, all’interno di una rete relazionale
fortemente polemica.
Una siffatta circolazione – del tipo “l’oggetto vale se è posseduto in qualche forma da qualcuno” – non è
limitata al mondo rurale cui le fiabe sono espressione. Oggi, per esempio, nella moderna soap opera
Beautiful, un solo oggetto di valore circola all’interno dell’universo chiuso di una famiglia: la bella Brooke,
avendo amplessi con tutti i maschi della famiglia, è l’oggetto del desiderio che circola all’interno della rete
relazionale (legami familiari) producendo disordini e tempeste passionali.
(S1 U Ov) ↔ (S2 U Ov)
Per il trasferimento dell’oggetto ci sono quindi due percorsi simmetrici: l’attribuzione di un oggetto di
valore a S1 presuppone un altro soggetto S2 che ne è stato privato o è rimasto senza (viceversa).
Acquisizione per S1 diviene perdita per S2. QUADRATO SEMIOTICO PG 94.
↓
Di qui la natura polemica che caratterizza questa forma di trasferimento.
È una questione di cambio di prospettive: grazie alle procedure di immedesimazione ci potremmo trovare a
condividere valori che in altri frangenti rifiuteremmo – ad esempio se ci mettiamo nei panni del cattivo
(Diabolik) ciò che è un processo di peggioramento per l’umanità è invece miglioramento per il nostro eroe.
Può accadere che un soggetto operi volontariamente la spoliazione, rinunciando a favore di un altro: questa
circolazione è detta dono.
21
Abbiamo dunque varie forme di traslazione dell’oggetto:
1. APPROPRIAZIONE PROVA (confronto polemico): appropriazione
dell’Ov da parte di S1 e spoliazione simmetrica di
S2
2. SPOLIAZIONE
3. RINUNCIA DONO (contratto): rinuncia di S1 a favore di S2
4. ATTRIBUZIONE
In entrambi i casi si tratta di una forma di comunicazione privativa.
Nel caso della comunicazione partecipativa il dono non implica la rinuncia da parte del soggetto: l’oggetto
di valore, passando da S1 a S2, non produce privazione.
F (D1 → Ov → D2)
Se D1 chiede un’informazione a D2, costui, offrendogliela, non la perde. Chi dispensa sapienza non la perde,
e chi offre amore resta amante … .
22
4. SEMANTICA SEMIO-NARRATIVA
4.1 <<AMMOBILIARE UN MONDO>>
Per raccontare, dice Eco, è necessario costruire un mondo, che permetta di immaginare di poterci entrare
dentro. Dopo averlo visto, le parole si presenteranno quasi da sole per narrarlo. È necessario ammobiliare
questo mondo, situando i fatti in una situazione spazio temporale precisa, indicando chi fa l’azione e chi la
subisce.
Abbiamo descritto il modello euristico universale della narrativizzazione come un processo orientato di
enunciati del fare che reggono e trasformano enunciati di stato. Nella sintassi narrativa, queste
trasformazioni erano di congiunzione e disgiunzione tra soggetti e oggetti (ristretto numero di attanti).
In realtà i testi sono fatti di situazioni concrete caratterizzate da tutta la ricchezza percettiva che ci offre la
rappresentazione fenomenologica del mondo. Di questo ammobiliamento si occupa la semantica:
- Semantica Narrativa, per quanto riguarda il livello profondo del PG;
- Semantica Discorsiva per il livello della sua manifestazione.
4.2 LESSICO E NARRAVITÀ
4.2.1 DAL FORMALISMO ALLO STRUTTURALISMO
Per Propp le unità costitutive della fiaba sono le funzioni, non i personaggi – che con tutte le loro
qualificazioni esteriori sarebbero troppo permutabili (età, sesso, condizione, aspetto – variabili di ricchezza
polimorfica) e quindi difficilmente controllabili dall’analisi. Atti identici, possono essere compiuti da soggetti
diversi con attributi diversi, quindi le funzioni sono Costanti, e i personaggi Variabili. Egli chiama:
- CONTENUTO l’insieme degli attributi, i quali stanno in opposizione alla
- FORMA costituita dalle funzioni.
Per formalismo s’intende lo studio della forma, grazie alla sua trasparenza – opposta all’opacità del
contenuto permutabile.
↓
È proprio quest’opposizione che è denunciata dallo strutturalismo come limite del formalismo: per lo s. non
esiste opposizione poiché la struttura è contenuto all’interno della forma – come direbbe Hjelmslev è forma
del contenuto.
Le critiche di Levi - Strauss ebbero grande importanza: nella prefazione alla pubblicazione Morfologia “La
Struttura e la Forma” sostiene che dopo di Propp non sappiamo più in cosa differiscono le fiabe. Siamo
arrivati dal concreto all’astratto e non sappiamo più tornare indietro.
Per lo strutturalismo il fatto che un’azione sa compiuta da un personaggio piuttosto che da un l’altro è molto
rilevante: il valore stesso dell’azione cambia. Prendiamo ad esempio il ‘re’ e la ‘pastorella’: Strauss afferma
che i significati di questi termini divengono i mezzi di costruzione di un sistema intelligibile di
opposizioni:
RE area semantica PASTORELLA
<<maschio>>
Natura ← Vs. →
<<femmina>>
<<alto>>
Cultura ← Vs. →
<<basso>>
Quindi, i lessemi (che rappresentano i personaggi in questo caso) riflettono nella mia mente un sistema di
opposizioni.
Ed è in questo sistema antitetico che agisce la struttura mitica, che, attraverso delle mediazioni, ne
converte i contenuti inizialmente in opposizione.
‘sistema di opposizioni’ → funzioni mediatrici del dispositivo “mito” → modificazione contenuti oppositivi
Il mito è uno strumento che <<consiste nel fornire un modello logico per risolvere una contraddizione>>.
4.2.2 IL LESSEMA COME LUOGO DI IRRADIAZIONE SEMANTICA: DALL’INNOMINATO AL
LOGO
23
I lessemi, coloro che rappresentano gli agenti che compiono l’azione, sono i mezzi sensibili di costruzione del
sistema intelligibile di opposizioni: un personaggio è sempre rappresentato da un lessema.
Il lessema è un fascio di elementi differenziali, detti semi. Grazie ad essi, quando un lessema viene inserito
in un contesto, acquisisce subito un numero limitato di possibilità combinatorie, di compatibilità o
incompatibilità (regole di correlazione e opposizione). Le parole, quindi, non sono un semplice rivestimento
superficiale, bensì fasci di elementi differenziali che agiscono su un continuum incessantemente decomposto
e ricomposto secondo regole di opposizione e correlazione.
↓
L’aquila e l’innominato.
L’installazione della figura aquila all’interno di un contesto discorsivo sviluppa l’allestimento di un campo
figurativo di compatibilità semantiche, di “marche semantiche” (e l’esclusione di altre). Ad esempio: potenza,
dominio, rapacità, acutezza, regalità …
Nei Promessi Sposi l’Innominato viene menzionato per la prima volta sotto l’aspetto animale: il lessema aquila
introduce un percorso figurativo coerente con l’intenzionalità descrittiva del personaggio selezionando solo
alcuni aspetti, valorizzando alcune marche.
Il logo della banca Crédit du Nord.
Non è diversa, ed esempio, la produzione di un logo commerciale in tempi odierni. Come sistema di
significazione il logo articola i due piani del linguaggio: contenutistico (cosa) ed espressivo (come). Si
tratta di selezionare alcuni elementi semanticamente rilevanti, e poi di manifestarli con un ridotto numero di
tratti plastici.
Jean Marie Floch parla del logo di questa banca, che soffriva da tempo di un’immagine abbastanza sfuocata.
Decisero che la “chiarezza” sarebbe diventata il concetto chiave della nuova comunicazione. Nella
costruzione del logo si esplorarono a livello semantico quali accezioni della chiarezza potesse dare una
banca. A ben guardare, dice Floch, le rassomiglianze e le differenze fra tutti sinonimi/antonimi del vocabolario
potevano essere organizzate in un numero ristretto di opposizioni, ovvero in alcune categorie. Si giunse
così ai concetti di estensione e di delimitazione, e di qui la proposta di una stella: essa è chiara, quella Polare
non inganna mai, il detto <<essere nati sotto una buona stella>>, ed è di immediata riconoscibilità da
chiunque.
Deduciamo che
- nello studio delle strutture narrative l’analisi lessematica è un must, e che
- una grammatica narrativa efficace ne deve tener conto nella sintassi:
l’errore del formalismo per Lévi-Strauss consiste nell’aver trascurato il valore semantico del lessico.
4.3 PRIME ARTICOLAZIONI DEL SENSO
4.3.1 SEMI, CLASSEMI, LESSEMI E SEMEMI
Il lessema è un fascio di tratti distintivi, i semi, che si differenziano fra loro secondo una prima tipologia:
- Semi nucleari, ovvero semi che restano invariati prescindendo dal contesto;
- Semi contestuali o classemi, che invece sono subordinati alle regole di correlazione e opposizione
contestuali - e quindi cambiando a seconda del contesto.
Greimas fa l’esempio del lessema <<testa>>, che possiede una costellazione di semi, quali: sfeoridità,
anteriorità, estremità, contenente ecc. Alcuni semi resteranno invariati ed altri cambieranno a seconda del
contesto: “testa del corteo” vs. “spremersi la testa” hanno in comune i semi nucleari di estremità e
sferoidità ma differiscono nei classemi anteriorità e contenente.
Il crearsi di una diversa composizione semica a seconda dell’inserzione contestuale dà luogo ad una nota
distinzione semiotica: quella fra lessema e semema.
a) Il lessema è pura virtualità, è il termine considerato nella pienezza dei suoi semi prima dell’inserzione in
qualsivoglia contesto
b) Il semema è un lessema realizzato all’interno di un enunciato. È l’insieme di una figura semica (semi nucleari)
e di una particolare selezione classematica (classemi) che è subordinata al contesto in cui il lessema appare.
4.3.2 SEMI ESTEROCETTIVI, INTEROCETTIVI, PROPRIOCETTIVI
Esiste poi una terza tipologia di semi, derivata dalla psicologia della percezione di Piaget. È costruita a
partire dall’installazione e dal rapportarsi dell’uomo - in carne ed ossa – nel proprio ambiente.
24
Poniamo dunque come substrato della significazione elementare l’essere umano nelle sue dimensioni
1) Percettiva (lato sensibile) – percepire sensibilmente il mondo esterno;
2) Cognitiva (lato cognitivo) - pensare concetti astratti;
3) Emotiva (lato patemico) – sentirsi reagenti in rapporto all’esterno e alle proprie pulsioni.
Ad esse corrispondono:
1) Semi Esterocettivi – o figurativi. Sono le figure rilevate dai nostri sensi che vanno a costruire il livello
figurativo del testo (figurativizzazione, iconizzazione).
2) Semi Interocettivi – riguardano i concetti astratti e, privi di un equivalente nel mondo sensibile.
3) Semi Propriocettivi – o timici. Riguardano la categoria timica, fondamentale per l’articolazione
assiologia soggiacente a ogni testo, e per il sistema delle passioni.
4.3.3 CATEGORIA TIMICA: EUFORIA E DISFORIA
Soffermiamoci sui semi propriocettivi e che riguardano la categoria timica – ovvero l’opposizione tra
euforia e disforia, che può essere considerata il punto di partenza dell’analisi semiotica delle passioni.
Ciò che spinge un soggetto verso un programma d’azione è l’attrazione, il desiderio – che in termini modali
indicano il voler fare o il voler essere, che sono attivati a livello passionale in profondità. Si tratta del timismo
del soggetto, che consiste in un sistema di attrazioni/repulsioni, in base al quale un oggetto gli pare
desiderabile o no.
Questa categoria, proiettata sul quadrato, da luogo alle articolazioni
- Forìa: indica situazioni di orientamento timico marcato.
- A-forìa: indica situazioni della sua neutralizzazione, come l’indifferenza o l’apatia.
Le articolazioni positive e negative si fanno carico dell’orientamento euforico o disforico del soggetto nei
confronti degli oggetti, dei programmi narrativi, e degli stati della propria competenza modale.
il timismo ha una relazione privilegiata con alcune modalità:
- Il potere e il volere sono sostanzialmente euforizzanti;
- Il dovere appare timicamente ambiguo: euforizzante se stimolo all’azione; in altri casi porta disforia.
- Il sapere varia nel timismo a seconda delle relazioni che intrattiene con la verità: ci sono verità
scomode che preferiamo non conoscere …
Il timismo ci conduce a fare una considerazione sul valore dell’oggetto di valore e su come questo sia
strettamente vincolato al soggetto desiderante.
4.4 I VALORI
Per comprendere la relazione che intercorre fra oggetto e soggetto, che sono categorie definite
reciprocamente, bisogna indagare il concetto di valore.
L’oggetto è sempre oggetto di valore: gli oggetti sono luogo d’investimento di valori. Ma come avviene
l’attribuzione di un valore ad un oggetto? Come un oggetto può divenire supporto di valori variabili?
In semiotica il valore è una nozione bifronte: se da un lato dipende dal posto che un oggetto occupa
all’interno di un determinato sistema di oggetti (valore stabilito per via differenziale, ad esempio l’automobile,
con tipi e sottotipi), dall’altro, qualcosa si costituisce come oggetto di valore anche perché c’è un soggetto che
lo vuole, che ivi proietta la propria intenzionalità. Il valore dell’oggetto consiste dunque:
a) In quello che definiamo valore differenziale – questo concetto di Greimas è analogo a quello di
Saussure;
b) Sull’investimento di un’altra selezione valoriale sul basico valore differenziale: si tratta di ciò che
definiremmo valore fenomenologico, in quanto proiezione del timismo profondo di un soggetto
volente su un oggetto voluto.
L’oggetto di valore, come luogo d’investimento timico, può essere un oggetto concreto ma anche la
realizzazione di un programma narrativo finalizzato alla conquista di valori astratti/immateriali, quali la
conoscenza, la libertà, l’onore, o il progetto di un’intera vita.
4.4.1 VALORE DIFFERENZIALE: DAL VALORE LINGUISTICO AL VALORE SEMIOTICO
Per Greimas un oggetto è definito semioticamente da tre componenti:
a) La componente figurativa che considera l’oggetto in quanto scomponibile;
b) La componente tassica che, attraverso i tratti differenziali, rende conto dell’oggetto in rapporto ad altri
oggetti analoghi;
c) La componente funzionale che può essere di tipo
25
- Strumentale: ovvero le prestazioni offerte dell’automobile;
- Mitico: il prestigio e la potenza;
- Estetico: la bellezza.
Il valore, nella sua accezione linguistica, in quanto differenziale, fa parte della componente tassica.
Analogamente al lessema, l’oggetto innanzi tutto si configura come un insieme di potenzialità che lo
distingue da altri oggetti. Si tratta di valori virtuali/astratti che restano a disposizione. Parafrasando quanto
dice Greimas per il lessema analogamente potremmo dire per l’oggetto che esso è un tromp-oeil: non è
leggibile se no secondo alcuni dei suoi valori, che sono valori per un soggetto.
4.4.2 VALORE FENOMENOLOGICO
Soltanto nel momento dell’incontro con un soggetto l’oggetto si costituisce come luogo d’investimento di
valori come l’altrove greimasiano che media il rapporto che il soggetto ha con sé stesso (l’oggetto come
relé identitario): il soggetto nasce come soggetto in quanto relato all’oggetto, in quanto tende verso di lui.
L’oggetto di valore ha valore per lui.
a) Esempio Ferrari.
Di fronte alla possibilità di comprare una Ferrari, molti ricconi desistono: o perché indifferenti alle
macchine sportive, o perché semplicemente non vogliono apparire socialmente (valori per il soggetto).
Tuttavia se consideriamo la Ferrari prima dell’incontro col soggetto (tiepidi cultori o bramosi di averla) è
solo un supporto di valori virtuali.
b) Esempio dei Funghi di Marcovaldo.
Il difficile reperimento e la prelibatezza del fungo selvatico ne fanno un oggetto molto ambito e desiderato
in generale (valori virtuali: si distingue dagli altri funghi) - tuttavia, se nessuno desiderasse mangiarli, non
avrebbero alcun valore. Questa è la base tassonomica che giustifica lo scatenarsi del conflitto tra i
personaggi del racconto attorno ai funghi.
Per Marcovaldo in persona, però, ciò che li rende desiderabili non è solo la loro rarità, bensì quel
qualcosa di naturale e genuino che essi rappresentano all’interno dell’artefatto mondo cittadino (valori per
il soggetto investiti).
26
Dunque, il valore dell’oggetto di valore consiste in
VALORE LINGUISTICO → Valore semantico, differenziale (Saussure)
Tassonomia VALORE FENOMENOLOGICO → Intenzionalità, timismo
4.4.3 TASSONOMIA, ASSIOLOGIA, IDEOLOGIA
Premessa: una TASSONOMIA è la proiezione/articolazione sul quadrato di una categoria semantica.
La tassonomia, quindi, è l’organizzazione paradigmatica che articola le categorie semantiche.
La tassonomia si configura, dunque, come una tra le forme di tipologia:
TIPOLOGIE → Tassonomia ≡ organizzazione paradigmatica che articola una categoria semantica
↓
La proiezione dei termini euforia e disforia su di una tassonomia dà luogo all’assiologia, che è l’armatura
profonda del testo. L’assiologia è dunque una tassonomia valorizzata dall’investimento della categoria
timica.
TASSONOMIA ASSIOLOGIA
BIANCO NERO (euforia)
BIANCO
(disforia)
NERO
NON NERO NON BIANCO NON NERO
(non disforia)
NON BIANCO
(non euforia)
L’ASSIOLOGIA varia col variare del tempo e delle mode: il bianco e il nero hanno valenze diverse in culture
diverse e tempi diversi.
Spesso accade che l’assiologia messa in scena dal testo non collimi affatto con quella che costituisce
l’orizzonte culturale all’interno del quale si muove un testo: ad esempio quando la valorizzazione cromatica
all’interno di un quadro o di una poesia è sottoposta a criteri interni al testo.
↓
L’assiologia presa in carico da un determinato soggetto è detta da Greimas IDEOLOGIA, e si configura
come ricerca individuale.
TASSONOMIA → Assiologia → Ideologia (come ricerca individuale)
Talvolta accade che la ricerca di un soggetto sia solitaria, o, come in epoca romantica, in drammatica
opposizione con l’assiologia collettiva: spesso la valorizzazione collettiva dei poli vita/morte può essere
rovesciata: la storia della ricerca della libertà di un popolo oppresso, ma anche quella individuale di un ribelle
o di un kamikaze.
↓
Ad esempio, nel racconto analizzato da Greimas (1975) ‘I due amici’, si parla di due amici che si rincontrano
per caso nel periodo dell’assedio prussiano di Parigi, che attraverso il rimembrare dei bei tempi passati “di
libertà” sfidano i divieti imposti: scoperti a pescare, scelgono di non tradire la libertà recuperata attraverso un
atto di rivolta, affrontano il sacrificio (morte) accedendo da eroi ad un’altra vita, dotata di uno statuto morale
superiore a quello precedente:
1) La /vita/ in realtà si configura per l’ideologia dei 2 individui come → /non vita/ poiché priva di libertà; →
2) la /morte/, ovvero la punizione per la ribellione, secondo l’ideologia dei 2 individui è una /non morte/
poiché fonte di libertà; è attraverso la morte/non morte che →
3) si ritorna alla vera /vita/ ovvero completa di libertà.
27
Dalla ‘vita↔non vita’ si passa attraverso la ‘morte↔non morte’ alla vera vita, come concezione opposta a
quella iniziale (rovesciamento: la vita iniziale diviene morte e la morte iniziale diviene vita).
IDEOLOGIA
Livello assiologico VITA MORTE
↑ ↑
Livello ideologico NON MORTE NON VITA
Le frecce costituiscono il percorso ideologico, che si muove sulla base assiologica /vita/ e /morte/.
Le variabili di caratterizzazione dell’assiologia di un racconto sono logicamente:
1) PUNTO DI PARTENZA e → DINAMISMO del racconto
2) DIREZIONE del processo narrativo
→ ORIENTAMENTO del racconto
Con la proiezione sul quadrato di:
1. paradigma → si indica l’assiologia soggiacente;
2. sintagma → si indicano i percorsi orientati (ideologie) che trasformano i contenuti tramite passaggi
intermedi.
Percorsi orientati sull’assiologia = ideologie.
28
5. SEMANTICA DISCORSIVA
5.1 L’INSTALLAZIONE DEL SOGGETTO SENSIBILE
L’assiologia si manifesta all’interno di un contesto discorsivo, attraverso l’enunciazione – ovvero l’istanza
in cui il soggetto parlante si fa carico delle potenzialità della langue dando vita ad un vero e proprio discorso,
cioè la parole.
Attraverso il dispositivo del débrayage il soggetto dell’enunciazione inscena un mondo e lo popola di
soggetti e oggetti, gli assegna spessore semantico con temi e figure, e infine colloca tutto questo a distanza
da se stesso. Il debrayage riguarda procedure di:
a. Attorializzazione;
b. Spazializzazione;
c. Temporalizzazione.
Nel livello della Semantica Discorsiva si costituisce tutto lo spessore semantico, il senso, concernente
tutte le modalità di percezione sensibile mirata alla produzione di effetti di realtà come affetti, sensazioni,
passioni (procedure di iconizzazione).
5.2 IL CONCETTO DI ISOTOPIA E LA COERENZA NARRATIVA
5.2.1 LETTURA E COERENZA DEL TESTO
La Semantica Discorsiva è quel livello del Programma Narrativo dove avviene la lettura del testo: in questo
livello si costituiscono falde omogenee di contenuto, dette ISOTOPIE, che sono le linee guida del testo e
ne permettono una leggibilità coerente grazie alla loro reiteratività.
Il concetto di isotopia fu introdotto da Greimas per designare l’interattività dei classemi, ovvero dei semi
contestuali che garantiscono l’inserzione di un lessema in un campo di compatibilità.
Successivamente Greimas ha ripensato le isotopie come la ripresa dei semi che si ripetono nel testo
producendo ridondanza semantica → questa reiteratività costituisce la strutturazione isotopica e
permette la coerenza testuale nella lettura.
Raramente una sola isotopia può rendere conto della significazione di un testo. Altre isotopie possono
manifestarsi e poi interrompersi: isotopie parziali. I testi sono attraversati da una fitta rete di isotopie: i ‘testi
aperti’ sono testi pluri-isotopici.
5.2.2 ISOTOPIE DEL PIANO DELL’ESPRESSIONE
Le isotopie sono presenti a tutti i livelli (sintattico, semantico, semio-narrativo, discorsivo) e le più utilizzate
sono quelle semantiche.
Molta importanza ricoprono le isotopie a livello espressivo: isotopico può essere un percorso all’interno di
un architettura, o la serie di inquadramenti e movimenti i una macchina da presa in un film.
Il discorso poetico, dal punto di vista del significante, può essere visto come una proiezione di fasce
sonore isotope con simmetrie / alternanze, consonanze / dissonanze, e infine trasformazioni di insiemi
sonori - che rimandando ad altrettante consonanze semantiche sul piano del contenuto.
La strutturazione isotopica può coinvolgere,quindi, il piano dell’espressione affidandosi a ridondanze
cromatiche, eidetiche, tattili, e olfattive.
5.2.3 RELAZIONI ISOTOPICHE
I testi sono quasi sempre pluri-isotopici: presentano una sola isotopia che li percorre trasversalmente come
un tracciato di senso omogeneo e su di essa si fondono isotopie parziali, oppure si avvicinano altre che
costruiscono percorsi paralleli.
Le relazioni fra isotopie sono variabili e possono essere di:
- Gerarchia,
- Derivazione, (di gerarchia o derivazione c’è per esempio fra isotopie tematiche, astratte/profonde, e
figurative, concrete/superficiali)
- Incassamento,
- Corrispondenza,
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- Disgiunzione.
L’isotopia semantica è l’isotopia fondamentale nel testo che ne consente una lettura coerente e uniforme
ed è spesso identificata con la fabula – e intrattiene una relazione gerarchica con le altre in quanto portante.
5.3 TEMATICO E FIGURATIVO
Il TEMA:
È uno dei principali artifici che assicura
- coerenza e
- leggibilità,
poiché garantisce un’allacciatura tra grammatica narrativa e struttura discorsiva: esso riprende nella
Semantica Discorsiva i valori già attualizzati dalla Semantica Narrativa inserendoli nelle strutture
discorsive.
Può essere individuato come percorso narrativo che comprime il semantismo in un unico termine.
↓
Esso permette la riformulazione di un valore (in maniera astratta); nella storia ‘I due amici’ ad esempio:
LIBERTÀ (valore) = * evasione (tema 1); * ribellione (tema 2).
↕
Poiché manifestazione astratta, per essere realizzato necessita della concretezza delle articolazioni
semantiche FIGURATIVE, come gli operatori spazio-temporali (Dove? Quando?).
↓
Secondo il percorso generativo del senso (da astratto → a concreto), avremo:
a) Le isotopie semantiche, costituite da semi più astratti,
b) Le isotopie figurative, costituite da semi più concreti (gli esterocettivi);
esse intrattengono 3 tipi di relazioni:
1) L’isotopia figurativa non ha corrispondenze a livello tematico;
2) L’isotopia figurativa corrisponde con un’isotopia tematica;
3) Un’unica isotopia figurativa rimanda a più isotopie tematiche.
5.3.1 LE PISTE DEL SENSO. ANALISI DELLA STRUTTURAZIONE ISOTOPICA DEL TESTO
Una delle finalità dell’analisi del testo è quella di evidenziare i livelli della sua strutturazione isotopica ed in
particolare lo fa con quelli più profondi, cioè i costitutivi della struttura portante del testo → assiologia.
‘Funghi in città’ di Calvino.
i. Opposizione di fondo già evidente dal titolo: NATURA vs CULTURA.
Su questa si articola una tassonomia:
NATURA
- Attore: Vento;
- Funghi selvatici;
- Attante: Marcovaldo
- Estensione attante: famiglia di
marcovaldo
CULTURA
- Attore: Città;
- Artefatti (Catelli Segnaletici..)
- Attante: Amadigi
- Estensione attante: gli ‘altri’,
familiari e non
↑
Interstizi (terra sterile e incrostata)
↑
Elementi residuali e spazzatura
non CULTURA non NATURA
↓
Il racconto si basa su una tassonomia investita dalla categoria timica (euforico, disforico), la quale,
valorizzandola, la trasforma in assiologia.
Attenzione! Non esiste una sola prospettiva assiologica, bensì due:
a) Quella di Marcovaldo
Che valorizza euforicamente il concernente la natura;
b) Quella di Amadigi
Che considera disforicamente tutto ciò che M. valorizza.
30
ii. Individuati gli assi semantici portanti, possiamo procedere ad una prima strutturazione isotopica. Per fare
ciò è necessario percorrere l’intero testo, dai livelli marco ai micro.
iii. Dall’isotopia portante natura vs cultura, nascono altre isotopie tematiche: individuo vs collettività, isotopia
estetica, isotopia passionale.
iv. Individuate le isotopie tematiche si può cominciare a ipotizzare duna gerarchia fra queste e le figurative:
prendiamo ad esempio quella estetica. Su questa s’innesta sua l’isotopia figurativa sensoriale che quella
culinaria. I funghi sono i connettori isotopici, ed in quanto tali, sono al centro della conversione narrativa delle
isotopie: fondando il tema del dono, che avvelenato, prefigurano un secondo tema del tradimento; tema che
coinvolgendo gli attori conclude la narrazione confermando l’opposizione iniziale, con qualche vittima in più.
5.4 DAGLI ATTANTI AGLI ATTORI
Tematico e figurativo cercano di identificare gli attori/personaggi del testo. È necessario vedere in che
rapporto stanno gli attanti e gli attori.
Livello di Sintassi Narrativa (astratto).
L’attante è colui che fa o subisce l’atto - a livello d’immanenza è un’unità sintattica puramente formale.
Gli attanti dell’enunciato (attanti narrativi) interdefiniti fra loro sono: Soggetto/Oggetto, Destinante/Destinatario,
Adiuvante/Oppositore. Proseguendo il discorso nel testo un attante può coprire una serie di ruoli attanziali
che ne riguardano il modus operandi, la definizione sintattica, la posizione logico-evenemenziale nella
narrazione.
Livello di superficie discorsiva.
A livello discorsivo, gli attanti sono manifestati dagli attori, che corrispondono grossomodo ai personaggi di
Propp; abbiamo due forme di espansione dell’attante:
o ESPANSIONE MASSIMA: un attore per ciascun attante (fiabe).
o ESPANSIONE MINIMA: un attore assume su di sé tutti gli attanti e i ruoli attanziali. Si tratta di una
struttura attoriale soggettivata (drammatizzazione interiore: possiamo essere Destinanti di noi stessi,
assegnandoci un compito difficile, poi Soggetti del volere e del dovere, poi Soggetti pragmatici, ma anche
Antisoggetti di noi stessi [masochismo]).
o Si può verificare il caso che un unico attante sia rappresentato da molte figure attoriali (per esempio più
figure attoriali si designano come Destinante).
5.4.1 IL RUOLO TEMATICO DELL’ATTORE
L’attore rappresenta un modo di OPERARE e di ESSERE, è quindi luogo dove coincidono due componenti:
o modus operandi →componente sintattica che riguarda il ruolo attanziale;
o modus essendi → componente semantica che riguarda il ruolo tematico.
Nel modus essendi l’attore è elemento del testo che si manifesta superficialmente e dunque di presenta
sotto forma di lessema.
Il ruolo tematico è la rappresentazione di un tema sotto forma attanziale, ovvero la realizzazione
all’interno di un contesto discorsivo preciso del fascio di virtualità inscritte all’interno di una
configurazione.
RUOLO TEMATICO : CONFIGURAZIONE DISCORSIVA = SEMEMA : LESSEMA
5.4.2 IL RUOLO PATEMICO DELL’ATTORE
Le passioni determinano il ruolo patemico dell’attore: il suo come essere e il suo stato d’animo.
La passione svolge una funzione di configurazione a livello strutturale isotopico del testo, e quindi
agisce sulla sua coerenza e prevedibilità: ogni cultura ha il suo modo di organizzare i propri universi affettivi
e emozionali all’interno dei quali i ruoli tematici e attanziali si stabilizzano secondo schemi ripetitivi,
producendo veri e propri stereotipi passionali.
Gli stereotipi passionali funzionano come modelli di prevedibilità, ci fanno cioè attribuire particolari
caratteristiche fisiche a certe emozioni o a certi tipi di stati d’animo.
Anche gli OGGETTI sono caratterizzati da ruoli passionali, ma la passione non si limita alla
caratterizzazione di oggetti e personaggi: è una componente trasversale del testo che definisce un insieme
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di effetti di senso che si manifestano di frequente nell’ambito narrativo → È ESITO E MOTIVAZIONE
DELL’AZIONE: OLTRE AD ESSERE MOTIVAZIONI ALL’AZIONE LE PASSIONI SONO ESSE STESSE
CAUSA DI ALTRE AZIONI (RISVOLTO DELL’AZIONE).
La relazione passione-azione è il livello più profondo di quella fra l’essere e il fare. Alla base della passione
troviamo una doppia origine:
a) SEMANTICA - riguarda la categoria timica, la relazione euforia/disforia e la loro distinzione fra passioni
euforiche e disforiche secondo gli assi attrazione/repulsione, piacere/ dispiacere, gusto/disgusto; è una
categoria propriocettiva perché concerne i semi delle sensazioni di ogni essere vivente in relazione
all’ambiente che lo circonda.
b) SINTATTICA – riguarda le modalità, in particolare quella del volere in quanto costitutiva del soggetto
semiotico; anche il dovere modalizza la passione, ad esempio della vendetta (non poter non fare). Potere
(le passioni del potere) e sapere sono un’eccellente forma di passione (curiosità, gelosia); la componente
modale nelle passioni coinvolge oltre alle modalità classiche altre modalità come le opposizioni
certo/incerto – possibile/impossibile; a questo livello, la passione fa si che il soggetto diventi più
sofisticato, perché definito dalla relazione di interdipendenza con l’oggetto.
Come si traduce sul piano espressivo questa articolazione timico-modale?
Per LeBrun le passioni, sul piano espressivo, sono definite in base a complesse articolazioni che affondano
le radici nelle strutture del contenuto; si rivelano alla superficie del testo attraverso un sistema sintattico-
semantico molto complesso, che per manifestarsi espressivamente si affida ad una codificazione semi-
simbolica, cioè alla correlazione tra categorie appartenenti ai sistemi dell’espressione e del contenuto in
referenza reciproca.
Per Charles Le Brun la passione è un moto dell’anima che serve ad evitare ciò che le nuoce (passione
negativadisforia) e ad accogliere ciò che le fa bene (passione positivaeuforia), si crea un atteggiamento
patemico-valutativo secondo il quale il soggetto si avvicina (amore) e si allontana (odio) dall’oggetto.
5.5 MOTIVI E CONFIGURAZIONI DISCORSIVE
A metà strada tra la dimensione semantica e quella sintattica ci sono le configurazioni discorsive
(stereotipi testuali che aiutano la comprensione del testo), si leggono sul dizionario, sono chiamate anche
sceneggiature o frames – hanno funzione di prevedibilità e aumentano la comprensione. Una volta
installata nel testo, fa scaturire aspettative prodotte dalle potenzialità del suo universo semantico; si possono
distinguere
- configurazioni tematiche (la “dissipazione”) e
- configurazioni figurative (la “festa di matrimonio”).
5.6 PROCEDURE DI ICONIZZAZIONE ED EFFETTI DI REALTÀ
La ICONIZZAZIONE (arricchisce le figure per rendere reale l’immagine e determinando illusione referenziale)
è l’ultima tappa della figurativizzazione (converte i temi in figure), cerca di rendere reale il referente, far
credere che esista, sia esistito o esisterà, mettere sotto gli occhi quello che legge, farglielo comparire davanti,
trasformare il lettore in spettatore. È l’effetto di realtà di Roland Barthes.
32
6. SINTASSI DISCORSIVA
6.1 ENUNCIAZIONE
Un testo esiste se qualcuno lo ha enunciato; l’enunciazione è il dispositivo con cui le competenze
linguistiche vengono convertite in enunciato, atto attraverso il quale il soggetto enunciante trasforma le
potenzialità della langue in concrete parole costituendosi soggetto mediante il linguaggio ed ancorandosi
all’interno dell’enunciato grazie alle maschere pronominali/temporali/spaziali (io /qui/ora). I termini “io” e “tu”
esistono solo insieme, c’è un IO (noi) se posso descriverlo ad un TU (voi) e viceversa, in interdefinizione
reciproca reversibile identificando la persona. Esiste anche la non persona (colui o coloro ai quali non si parla
direttamente, ma dei quali si parla - egli, loro).
6.1.1 STORIA E DISCORSO
Il dispositivo pronominale trasforma un semplice enunciato in vera e propria azione, dà valore all’atto
linguistico in base al pronome personale usato :
- ‘io giuro’: è un atto, un’assunzione di responsabilità;
- ‘egli giura ad ella’: è un semplice enunciato descrittivo
Benveniste distingue due forme discorsive, storia e discorso
o Storia (non persona, tempo passato): l’enunciato è distante dall’enunciazione di cui viene cancellata ogni
traccia nel narrare fatti capitali ad altri attori in tempi passati. La non persona (la terza persona come egli
o loro) caratterizza la storia (un narratore esterno che descrive i fatti che accadono) e la persona (io, tu)
caratterizza il discorso (una specie di monologo, io racconto);
o Discorso (persona, tempo presente): l’enunciato simula un’istanza enunciativa in atto, mette in scena un
soggetto che si auto-rappresenta, un io che si riferisce ad un tu in un qui presente;
, con alla base due fattori:
a) la categoria pronominale della persona: la non persona (la terza persona come egli o loro) caratterizza la
storia (un narratore esterno che descrive i fatti che accadono) e la persona (io, tu) caratterizza il discorso
(una specie di monologo, io racconto);
b) la distribuzione particolare dei tempi verbali: il passato è il tempo della storia, il presente quello del
discorso.
6.1.2 MIMESIS E DIÉGESIS
Platone distingueva:
Mimesi (imitazione): discorso diretto (puro è il teatro).
Diegesi (semplice racconto): discorso indiretto (puro è la narrazione).
Il modo diegetico può contenere elementi mimetici senza cessare di essere così, viceversa non è possibile: il
mimetico, se contiene elementi diegetici diventa a sua volta diegetico (Platone). Secondo Aristotele il
mimetico ha un altro significato, designa ogni forma di imitazione, anche quella delle azioni; “imitazione” e
“rappresentazione” dell’azione.
Genette distingue tre tipi di attore:
a) narratore intradiegetico omodiegetico (colui che parla e partecipa alla storia): la voce narrante è
quella di un attore all’interno della scena del testo, è lui che racconta la sua testimonianza diretta.
b) Shéhérazade: un personaggio della storia che racconta altre storie, è narratore intradiegetico
eterodiegetico (non fa parte della storia, ma della cornice).
c) Voce narrante una semplice voce narrativa anonima è il narratore extradiegetico, la voce fuori campo
di “funghi in città” che ogni tanto cede la parola ai personaggi intradiegetici.
6.1.3 ENUNCIAZIONE LINGUISTICA ED ENUNCIAZIONE PRAGMATICA
Studi di Benveniste:
a) enunciazione PRAGMATICA: è l’attività di chi parla a qualcuno realmente presente, in un contesto
concreto, interazione vis à vis in cui locutore e locatario si danno feedback, anche col linguaggio del
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corpo (indicatori/atti di riferimenti deittici o shifters); è anche sede degli atti di linguaggio in cui una
richiesta, in rapporto all’espressione del viso o al tono della voce, può trasformarsi in una supplica o in un
ordine.
b) enunciazione LINGUISTICA: interna al testo, è mediazione tra sistema e processo, Greimas si occupa
solo di questa perché sostiene che sia solo nel testo la possibilità di analisi della soggettività, solo dal
testo questa può essere ricostruita, l’enunciazione pragmatica è solo simulacro.
Nel PG del senso l’enunciazione linguistica sta tra le strutture semio-narrative e discorsive, mediazione tra
strutture superficiali e profonde e ne consente la conversione, relazione tra enunciato prodotto e soggettività
di produzione. Quindi l’enunciato presuppone l’enunciazione come l’atto che l’ha prodotto e ne conserva le
tracce, cioè il suo simulacro.
6.1.4 DEBRAYAGE, EMBRAYAGE
L’enunciato per essere autonomo si stacca dall’istanza che lo produce.
La situazione di produzione per Greimas è irraggiungibile, ma si può ricostruire con indizi e tracce
nell’enunciato.
Il soggetto dell’enunciazione non si può identificare con quello dell’enunciato. Il pronome personale “io” è solo
una maschera perché l’enunciatore è solo presupposto dall’enunciato, nel testo appaiono solo i simulacri.
Quando il soggetto si esprime (anche in prima persona) disgiunge e proietta fuori di sé un suo simulacro
costituendosi come un “non io”, questa proiezione (débrayage) riguarda anche lo spazio/tempo oltre
l’attore, è un processo di disgiunzione e proiezione dall’istanza dell’enunciazione. Da un Débrayage può
partirne un secondo (per esempio in Striscia la Notizia Greggio e Iacchetti – primo debrayage – danno la
parola a Staffelli per il Tapiro – secondo debrayage – si torna poi in studio e si seguono i commenti di ritorno,
questo è l’Embrayage).
Il debrayage è disgiunzione, l’embrayage è reiezione, ritorno al piano enunciativo del primo debrayage (es. in
un racconto gli eventi narrati si interrompono per dar posto a una struttura dialogica). Nel dialogo un
interlocutore può “debraiare” dando vita ad un altro racconto ed “embraiare” tornando al momento in cui ha
iniziato. In un qualsiasi testo ci possono essere debrayage di secondo e terzo grado incassati, che creano
effetti di referenzializzazione interni al testo.
6.2 <<DÉBRAYAGE>> ATTANZIALE
Si fa carico della relazione tra enunciatore (o simulacri) ed enunciatario (o lettore implicito e suoi simulacri).
a) Modi oggettivanti debrayage enunciativo (storia): il soggetto dell’enunciazione non coincide con quello
dell’enunciato; se gli attori sono pronomi sono in terza persona o sotto nomi propri, situati in un altrove e in un
tempo passato; l’enunciazione resta implicita, l’enunciato è distaccato nello spazio/tempo dall’enunciatore
cancellandone ogni traccia nel testo.
b) Modi soggettivanti debrayage enunciazionale (discorso - enunciazione enunciata simulacro di quella
pragmatica): simulazione di un enunciatore rivelata nel testo attraverso pronome “io” in relazione a un “tu” in
tempo presente in un luogo del “qui”. È una strategia discorsiva per produrre effetti di realtà.
In uno stesso testo possono essere entrambi presenti, per Greimas non esistono storia e discorso allo stato puro,
una conversazione può dilungarsi e diventare racconto di un altrove in un altro momento e, viceversa, un racconto
può divenire dialogo in qualsiasi istante.
6.2.1 ENUNCIAZIONE NEI TESTI VISIVI
Il sistema pronominale funziona anche nei testi visivi per Paolo Fabbri, per esempio nella pittura di Louis
Marin (tutti i personaggi a parte medusa si guardano in faccia, mentre lei da del “tu” allo spettatore,
all’osservatore) opposizione faccialità/ profilo (io-tu/egli). In base alla posizione dello sguardo c’è un
significato particolare, nel cinema la soggettiva è importante si possono instaurare dispositivi io/tu ecc. Questo
può avvenire in qualsiasi testo; stessa cosa degli sguardi accade coi gesti, la postura ecc. secondo Lotman
ogni testo contiene principi di comunicazione fini a sé stessi e non accomunabili a paradigmi.
6.2.2 ENUNCIAZIONE, ERGONOMIA E INTERFACCIA: RELAZIONE CON GLI OGGETTI
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La forma degli oggetti punta a creare un dialogo con i fruitori (convivialità tattile e visiva)
ergonomicamente invitanti (affrodances) formano un’interfaccia tra l’uomo e gli oggetti d’uso.
6.2.3 IL RUOLO DEL NARRATORE: LE VOCI NEL TESTO
In base al debrayage enunciativo i personaggi si trasformano in locutori.
6.2.4 IL RUOLO DELL’OSSERVATORE: LO SGUARDO NEL TESTO
Il debrayage cognitivo prevede la presenza di un attante informatore. A differenza dell’informatore,
l’attante osservatore non sempre si manifesta in un vero e proprio attore perché spesso rimane implicito nel
testo. L’attante osservatore è il luogo d’origine della prospettiva intesa come “punto di vista” sul mondo.
6.2.5 FOCALIZZAZIONE E PUNTO DI VISTA
Il narratore cede la parola ad uno dei personaggi interni al testo, allo stesso modo può delegare parte della
sua competenza ad osservatori nel testo che originano la “messa a fuoco”, è la focalizzazione (Genette):
qualsiasi delega a un soggetto cognitivo da parte dell’enunciatore - è un processo di installazione nel discorso
dell’osservatore che costituisce il nostro punto di vista proiettato nel testo. È focalizzazione anche
l’operazione che sottolinea il focus del discorso che privilegia alcuni elementi a danno di altri. La
focalizzazione può cambiare in base all’attante osservatore che può vedere/sentire (udire), questo diventa
sentimento che usa i sensi che vanno dalla vista all’udito. Il sapere nel testo è distribuito in modo
disomogeneo ai vari personaggi che hanno la loro visione parziale di ciò che avviene. Partendo
dall’installazione dell’attante osservatore nel testo si articolano le strategie di focalizzazione. Anche la parola
viene ceduta in base al meccanismo dell’alternanza di sguardi (all’indietro/in avanti) con movimenti narrativi
che Genette chiama analessi e prolessi.
6.3 <<DÉBRAYAGE>> TEMPORALE
Secondo Christian Metz ogni racconto possiede all’interno due tempi:
a) Il tempo della cosa raccontata: è la programmazione temporale con cui si converte l’organizzazione dei
programmi narrativi in un processo cronologicamente ordinato. È il tempo proprio della storia raccontata
(quello scandito in sette giorni del Nome della Rosa);
b) Il tempo del racconto: è la localizzazione temporale (temporalizzazione in senso stretto) che utilizza le
procedure di dèbrayage ed embrayage, stabilendo il quadro dove s’inscrivono le strutture narrative.
Dal dècalage di questi due assi temporali partono i fenomeni di durata, rapidità, dilatazione, contrazione,
ordine e disordine.
↓
L’aspettualizzazione trasforma i fenomeni narrati in processi che si svolgono sotto gli occhi dell’osservatore
nella scena del testo.
↓
6.3.1 ASPETTUALIZZAZIONE
L’aspetto (aspectus = veduta) è “il punto di vista sull’azione”: l’attante osservatore osserva e segue, da un
certo punto di vista, l’azione che di fronte a lui si svolge come PROCESSO. Il suo evolversi presuppone
non solo un qualcuno che osservi, ma anche il modo in cui esso osserva: un fenomeno può presentarsi nel
micro-cosmo dell’osservatore in modo irruento o lentissimamente secondo una certa temporalizzazione. Le
marche aspettuali modulano la temporalità interna all’azione in base ai semi di duratività e puntualità,
incoatività o terminatività. L’azione, infatti, convertita in processo prevede: inizio (incoatività), durata
(duratività) e termine (terminatività). L’aspettualizzazione è una sovra-determinazione della
temporalizzazione, se la focalizzazione consiste nel “chi vede”, l’aspettualizzazione riguarda il “come si vede”.
Azione → osservatore + punto di vista → processo (marche aspettuali).
6.3.2 RITMO
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Per Greimas è l’attesa tra due raggruppamenti di elementi con stessa formazione sia nel piano
dell’espressione (suoni, rime) che del contenuto (episodi che rimano tra loro ripetendosi ad intervalli regolari).
6.3.3 TENSIONE
È prodotta dai processi di espansione e condensazione, possono essere distensivi (calo emotivo o
distensione) o intensivi (crescita della tensione). spesso alla tensione si lega la passione (marcovaldo
attende impazientemente che i funghi crescano).
6.4 <<DÉBRAYAGE>> SPAZIALE
6.4.1 SPAZIO NARRATO E SPAZIO NARRANTE
C’è un effetto di spazio costituito dall’elemento figurativo del testo a livello di manifestazione discorsiva
che va distinto dalla spazialità vera e propria presente nell’immanenza: da una parte è lo spazio narrato
(raccontato), dall’altra lo spazio narrante (principio organizzatore di ogni discorso).
Quindi, lo SPAZIO occupa due livelli del percorso generativo del senso:
a) livello dell’universo figurativo: mondo percepito dai nostri sensi sotto forma di figure, è la
rappresentazione dello spazio in quanto spazio narrato; Dello spazio narrato è propria la localizzazione
spazio-temporale che inquadra un evento e fa da sfondo alla narrazione (città, paesaggi, montagne, fiumi,
strade, interni) crea l’illusione referenziale.
b) livello più astratto e profondo: riguarda la spazialità come dispositivo strutturante il testo. Ovvero lo
spazio narrante, che è l’investimento di valori narrativi profondi in cui i soggetti e le loro azioni formano
un’articolazione topologica che trova rivestimento figurativo in superficie.
La funzione figurativa e quella astratta si fondono insieme e si riflettono una nell’altra.
6.4.2 I LUOGHI, I DOVE, LE INTENZIONI, LE SENSAZIONI E I DESIDERI
Lo spazio narrato, cioè le prime figure dello spazio incontrate nel testo, è prodotto dell’enunciazione, e le sue
figure hanno relazioni tra di loro e con un soggetto osservatore.
Dall’enunciazione si instaura la categoria di luogo; il debrayage può partire dal non-qui per generare lo
spazio enunciativo dell’ altrove oppure quello enunciazionale del qui; tra i due ci sono rapporti di debrayage
ed embrayage: sulla categoria del ‘non qui’ (altrove/qui) possono instaurarsi altre categorie
1) la categoria della tridimensionalità:
o verticalità (alto/basso),
o orizzontalità (sinistra/destra),
o prospettività (davanti/dietro; vicino/lontano);
2) il volume
o inglobante/inglobato;
3) la superficie
o circondante/corcindato.
Lo spazio può essere considerato anche in rapporto al volume, come spazio contenente/inglobante o
contenuto/inglobato (la città = cultura ingloba la natura di Funghi in città), in rapporto alla superficie può
essere circondante/circondato (come la cornice dei quadri). Lo spazio prende forma in base
all’osservatore, è oggettivato/razionalizzato. È l’umore di chi guarda la città che gli dà la forma, l’effetto
spazio è prodotto attraverso strutture aspettuali e tensive (entrare in una stanza con un forte odore di cipolla
che chiude lo stomaco e riduce lo spazio, entrare in una discoteca dove la musica lo dilata). Nel discorso
non esistono spazi assoluti, ma solo percepiti e distanze vissute.
6.4.3 SPAZIO E ILLUSIONE REFERENZIALE
Lo spazio è delineato da chi lo osserva, la qualità dello sguardo dona coefficiente di realtà. L’osservazione
parte da un punto di vista, c’è la “messa in prospettiva”: da ciò parte l’aspettualizzazione come modalità di
vedere e rappresentare lo spazio. L’ illusione referenziale non è semplice passaggio da un luogo all’altro,
ma è delineata da focalizzazioni multiple, plurisensoriali e dinamiche interne al testo; è una
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ricostruzione che segue un ordine processuale sull’asse del sintagma, la direzionalità è più importante
della dimensionalità. Spazio inteso in senso dinamico grazie ai soggetti che lo vivono, in contrasto con
quello “oggettivo” descritto dall’osservatore onnisciente.
Il punto focale può cambiare, l’autore di un testo può assumere prima il punto di vista dell’attante cognitivo
onnisciente per passare alla “presa diretta” dell’osservatore all’interno della scena che vede lo spazio come
accumulazione di frammenti prodotti da prospettive discontinue (Manzoni ne “I promessi sposi” parte da una
panoramica del lago, poi passa alla descrizione delle stradine del paese per arrivare alla descrizione dello
sguardo di don Abbondio che cammina col rosario in mano).
6.4.4 SPAZIO COME METAFORA COGNITIVA
L’ attante osservatore non solo è “chi vede”, ma anche “chi sa”. Oltre alla spazializzazione e alla
localizzazione spaziale la semiotica narrativa usa lo spazio cognitivo (rende conto dell’ inscrizione nello
spazio delle relazioni fra soggetti relative al dispositivo della conoscenza).
Lo spazio non solo ordina il sapere, ma permette anche l’ espansione passionale del soggetto che grazie ai
luoghi, proiettandosi, legge i suoi stati d’animo.
6.4.5 LOCALIZZAZIONE DEI PROGRAMMI NARRATIVI
Dinamica dell’intreccio è il contrasto eroe/antagonista, ma anche il movimento dell’eroe nello
spazio/tempo: l’azione, intorno cui ruota la narratività, è successione di azioni che avvengono in un
determinato luogo, in un tempo. Nel racconto proppiano ad ogni luogo corrisponde un’azione - sono i
CAMPI FUNZIONALI. Il viaggio è la struttura narrativa che meglio spiega il “passaggio” oltre che da un luogo
all’altro anche da uno stato dell’essere all’altro, viaggio come trasformazione qualitativa.
Propp distingue uno spazio familiare da uno spazio estraneo.
Greimas parla di localizzazione spazio-temporale, identifica lo spazio dell’altrove come spazio topico e gli
spazi circostanti come spazi eterotopici. Lo spazio eterotopico si divide in:
a) spazio utopico: dove si compie l’azione eroica dell’eroe, nelle fiabe è in luoghi straordinari (cielo, acqua,
sottoterra);
b) spazio paratopico: l’eroe acquisisce la competenza a fare (sapere, potere, volere, dover fare).
↓
L’azione inizia con la manque in uno spazio eterotopico, per spostarsi nello spazio topico (utopico e
paratopico) per tornare poi nell’eterotopico.
6.4.6 SPAZIO E ASSIOLOGIA
Definizione semantica di spazialità a
o livelli profondi del testo (schema assiologico) e
o definizione sintattica (schema narrativo):
il racconto, in particolare quello mitico, è un’algebra combinatoria; lo spazio, come supporto figurativo di un
sistema assiologico, ha codificazione semi-simbolica che combina la dimensionalità con la direzionalità
(alto/basso, davanti/dietro, intensivo/estensivo, centrato/decentrato) - come nel “Germinal” di Zola in cui “alto”
è la superficie esterna alla miniera (borghesia, luce) opposto al “basso” che rappresenta lo stato di minatore,
tenebre, morte; salita è euforia, discesa è disforia. Ogni testo narrativo ordina la spazialità secondo due
livelli:
a) piano della rappresentazione iconica del mondo: spazio figurativo narrato;
b) piano della costruzione simbolica: discorso astratto che riguarda l’interpretazione del senso, spazio
narrante.
L’insieme figurativo dello spazio si configura come supporto stesso dell’interpretazione, ovvero della
cosiddetta isotopia ERMENEUTICA.
6.5 <<DÉBRAYAGE>> PERCETTIVO COGNITIVO PASSIONALE
Debrayage cognitivo (distribuzione del sapere nel testo) prevede, oltre all’informatore, l’attante osservatore.
L’osservatore è soggetto cognitivo installato nel testo attraverso debrayage dall’enunciatore con fare
ricettivo ed interpretativo; al contempo egli diventa attore con ruoli patemici ed etici: vive i personaggi del
romanzo ed è essere di passione, diventa connotateur tonal (Philippe Hamon), giudica in modo sempre
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meno cognitivo e più passionale perché legge il testo in base ad enunciati non solo descrittivi, ma che gli
fanno realmente “sentire” quello che legge (es. in Funghi in città ci sono espressioni non solo descrittive, ma
che evocano immagini precise, Marcovaldo non si limita ad osservare la crescita dei funghi in modo
cognitivo/pragmatico, ma, tenendoli d’occhio dallo spazzino instaura anche la polemica dell’eroe/anti-eroe che
produce passioni come “smania, timore, gelosia di possesso”).
L’osservatore quindi non solo percepisce, ma reagisce e patisce. Tre tipi di debrayage:
1) dèbrayage cognitivo: risponde alla domanda: “chi vede?” “chi sa?” proprio di categorie legate all’attività
scopica (visione e senso del vedere);
2) dèbrayage percettivo: modalità di percezione del sensibile e degli effetti della realtà;
3) dèbrayage patemico: risponde alla domanda “chi sente?” “chi patisce?” riguarda non solo chi agisce, ma
anche chi reagisce. Gli stati passionali moralizzano sia il sensibile che il cognitivo. Un bosco fitto può
essere percorso fischiettando con un amico o di corsa col cuore in gola inseguiti da un qualcosa che ci
rantola dietro.
6.6 EFFETTO PASSIONE
L’azione suscita passioni e viceversa. La passione non è una configurazione statica, né unitaria, ma al
procedere della trama narrativa si evolve e si trasforma nel tempo, costituita da stati d’animo via via più forti.
Oltre alla componente modale della passione troviamo:
1) componente TEMPORALE: nella passione c’è temporalità, passioni che guardano al futuro (speranza,
ansia, apprensione, inquietudine, paura); nel presente troviamo il terrore (paura in “presa diretta”); passioni
del passato sono nostalgia, rammarico, disperazione per qualcosa di perso. Il ritmo narrativo può creare
tensioni passionali (se accelerato crea frenesia, se dilatato crea attesa, suspense, noia).
2) componente ASPETTUALE: legata alla temporalità (duratività, incoatività sorpresa, terminatività
disillusione)
3) componente ESTESICA: sensorialità inscritta nelle passioni. Relazione tra soggetto e mondo in cui il corpo
fa da tramite perché nello stesso tempo parte del mondo e punto di vista sul mondo.
Secondo Greimas il profumo timico (insieme delle categorie propriocettive della mediazione del corpo)
modalizza e trasforma i pensieri e la percezione. Non esiste passione senza corpo (la paura sbianca, la
collera paonazza, vergogna arrossisci, timore tremi), le passioni sono moti regolati da un ritmo proprio di
ciascuna di esse; sono anche “sentite” attraverso sensazioni tattili (amore è un caldo nel petto, tristezza
stringe il cuore e congela il petto ecc), stessa cosa vale per la voce e il suo timbro (tremulo, falsetto): c’è
quindi una semiotica incorporata delle sensazioni fisiche (es. Marcovaldo sente la pioggia, annusa l’odore di
acqua, balza sul letto, chiama i figli a raccolta ecc). In Funghi in città si parte da uno stato di a-foria per
arrivare ad euforia e infine disforia.
Secondo Isabella Pezzini va distinto il discorso sulla passione da quello della passione, perché in semiotica
da un lato le passioni sono rappresentate/nominate/citate/raccontate dal testo e dall’altro sono un “effetto di
senso” indotte dall’azione del testo sui destinatari/lettori/fruitori/ascoltatori/utenti.
I testi
- non solo rappresentano qualcosa (fatto/funzione/storia),
- ma sono agenti attivi perché stabiliscono relazioni dirette coi destinatari riconfigurando la competenza
cognitiva, stimolando e trasformando le emozioni.