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1 Cronache Settembre - Dicembre 2012 n° 5 -6 cefalonia settembre 1943 INIZIA LA RESISTENZA ARMATA

Settembre-Dicembre 2012 n° 5-6 - Cronache della Resistenza

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Quando spira il vento del revisionismo...può succedere anche questo di Carlo Sarpieri / Non c'è più un giudice a Berlino di Lodovico Zanetti / Bandiera bianca a Cefalonia di Elvio Cicognani / 16 Ottobre 1943 il sabato nero degli ebrei romani di Elvio Cicognani / In ricordo di Tere... di Grazia Cattabriga / Lancio del tesseramento 2013 di Emanuele Gardini / 2012 - Le attività di un anno / Fermiamo la guerra a Gaza del Comitato Forlivese per la Palestina / Il Treno della Memoria di Chiara Patricolo

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Cronache Settembre - Dicembre 2012 n° 5 -6

cefalonia settembre 1943

INIZIA LA RESISTENZA ARMATA

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SOMMARIO:-Quando spira il vento del revi-

sionismo.... pag 2

-Non c’è più un giudice a

Berlino pag 3

-Bandiera bianca a Cefalonia

pag 5

-16 ottobre 1943, il sabato...

pag 8

-In ricordo di Tere... pag 11

-Lancio del tesseramento

pag 12

-2012: le attività di un anno

pag 13

-Fermiamo la guerra a Gaza

pag 18

-Il treno della memoria

pag 18

-Canzoni contro la guerra

pag 19

-Auguri pag 20

-Sottoscrizioni pag 20

Carlo Sarpieri

che nella nostra Provincia ed in altre parti d’Italia sono avvenuti in tempi anche recenti. Nella nostra Provincia proseguono negli anni i pellegrinaggi alla tomba di Mus-solini e la vendita di gadget con i simboli del fascismo, si banalizza quella storia con iniziative di vario genere, culturale, gastronomico, spettacolare in cui il nome di Mus-solini viene inserito tra i “ perso-naggi “ che hanno contraddistinto la nostra terra scavalcando a piè pari tutti i lutti e tutte le sofferen-ze di quell’esperienza. In un’altra località del Lazio, con il contribu-to di 130.000 euro della Regione, si realizza e si dedica un sacrario con annesso parco, al generale Graziani che, in terra d’Africa alla conquista delle colonie e come ministro della Repubblica di Salò, si distinse per la sua efferatezza e che, per le sue malefatte, fu poi condannato a 19 anni di carcere e quindi salvato da una benigna am-nistia e da vari condoni. E che dire poi di ciò che accaduto ad Isernia dove un gruppo di ra-gazzi del Comitato unitario antifa-scista sono stati denunciati con ci-tazione del codice penale per aver cantato “ Bella ciao “ contro una manifestazione di Casa Pound!! In questo caso la scure impietosa della giustizia si è abbattuta su un gruppetto di antifascisti, condan-nandoli per decreto penale, con un atteggiamento molto diverso rispetto alla grande tolleranza che si dimostra per movimenti fascisti sedicenti “ del terzo millennio” che, in quanto tali, sarebbero al di fuo-ri della Costituzione e del nostro stesso sistema, come ha detto la Corte di Cassazione, che ha rico-nosciuto la responsabilità penale di chi ha fatto il saluto romano in uno stadio o ha spiegato la ban-diera tricolore con un fascio littorio inciso al centro. Tutto questo avviene dopo anni ed anni di una campagna volta a nascondere e ad appiattire le re-sponsabilità storiche e politiche del fascismo mettendo sullo stes-so piano chi aveva combattuto per ridare libertà e dignità al Paese e chi l’aveva consegnato nella mani di un esercito straniero. Questa operazione revisionista, dispiega-

ta con grandi iniziative editoriali, con iniziative parlamentari, con la tolleranza delle espressioni del neofascismo, così come la ba-nalizzazione dei personaggi del fascismo, ha prodotto un terreno fertile perché oggi anche delle persone serie come l’ing. Balzani possano avanzare una proposta indecente come quella di intitolare l’aeroporto di Forlì a Benito Mus-solini. Prendiamo atto con piacere della reazione delle Istituzioni e di tutti coloro che hanno sentito il bi-sogno di esprimere il loro sdegno e nello stesso tempo chiamiamo tutti coloro che hanno responsabi-lità ad ogni livello di governo a dire basta con i populismi ed i nazio-nalismi che si nascondono dietro ad iniziative pseudo culturali con lo scopo di dare una risposta anti-democratica alla crisi economica, sociale e morale del nostro Paese e dell’Europa.

QUANDO SPIRA IL VENTO DEL REVISIONISMO…

PUO’ SUCCEDERE ANCHE QUESTO!

Le cronache dei giornali locali di questi giorni si sono occu-

pate dell’incredibile e provocatoria proposta avanzata dal direttore di Unindustria di Forlì-Cesena di in-titolare l’aeroporto di Forlì niente-meno che a Benito Mussolini. La proposta, nelle intenzioni dell’ing. Balzani, nasceva dalla necessità di dare maggiore visibilità all’ae-roporto e risollevarne così le sor-ti…..Poi, in fondo, Mussolini se lo meritava visto che era stato l’ar-tefi ce dell’opera! Dopo un primo momento di incredulità, di sbalor-dimento e di indignazione per una proposta che riguardava un’area in cui i nazifascisti hanno fuci-lato ben 42 civili ci siamo chiesti com’era possibile che un dirigente di un’importante associazione di categoria arrivasse fi no a tanto. Certo è l’associazione industriali e cioè di una categoria che ha avuto storicamente una grande respon-sabilità nell’ascesa di Mussolini e del fascismo ma che oggi si muo-ve con un atteggiamento di grande rispetto della Costituzione e delle sue regole. Per comprendere per-ché ciò sia potuto accadere forse è il caso di ricordare altri episodi

Sopra un farsesco momento

del vergognoso raduno che si è

svolto quest’anno a Predappio

in occasione dell’anniversario

della marcia su Roma durante il

quale, impunemente, sono sta-

ti esibiti simboli di un passato

sanguinoso e tragico per l’Italia

e per il mondo.

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chè poi bruciarlo? Quasi che quell’e-

stremo ultimo insulto fosse peggiore

dell’omicidio. Perchè molti non hanno

avuto neanche un corpo da seppelli-

re.

Le sentiranno ancora quelle SS le

urla di quegli innocenti? Nei loro so-

gni, quante volte avranno rivissuto

quell’atto? Se ci fosse un minimo di

umanità in loro, dovrebbero rivivere

quegli attimi, con orrore, all’infi nito.

Adesso, a Sant’Anna c’è il silenzio...

qualcuno arriva e trovano una bambi-

na di 20 giorni, ferita, ma ancora viva,

è Anna Pardini, a raccoglierne il cor-

po, stretto al cadavere delle madre, è

la sorella. Muore in ospedale ed è la

vittima più giovane dell’eccidio. Dis-

solvenza...

La strage non resta segreta, il co-

mando alleato sa, immediatamente,

informato da un disertore e due civili,

che hanno passato il fronte. Il 15 set-

tembre si insedia , presso il coman-

Il mugnaio di Posdam, oggi fatiche-

rebbe a trovare un giudice a Berlino

che lo difenda dai soprusi dell’impe-

ratore. E Bertold Brecht, che inventò

il mugnaio, chissà cosa direbbe della

sentenza con cui il tribunale di Stoc-

carda lascia a piede libero i colpevoli

di un eccidio efferato, le cui vittime, at-

tendono giustizia da 68 anni? “Chi non

conosce la verità è uno sciocco, ma

chi, conoscendola, la chiama bugia,

è un delinquente”, scrive, nella Vita di

Galileo. E a me, quei giudici paiono

delinquenti, o quanto meno complici.

La sentenza con cui il tribunale tede-

sco archivia la posizione delle SS è

da banalità del male. Non riconosce

la presenza dei nazisti e motiva anche

che non si può condannare, perchè il

numero dei morti non è quantifi cabile

esattamente. Un problema di conta-

bilità, insomma, e di foglio presenze.

Certo le 560 vittime accertate non ba-

stano, e se fossero 559, la gravità del

reato sarebbe diversa. E, qualcuno

potrebbe pensare che vista l’età degli

imputati, una istruttoria lunga 10 anni

sia un modo per lasciare alla vecchia-

ia la rimozione del problema. Peccato

che in tre gradi di giudizio, la giustizia

italiana abbia confermato l’ergastolo

per i 10 uomini della divisione “Rei-

chsführer SS , per altro proscioglien-

do quelli che non c’erano.

Ma l’indignazione mi ha spinto ad ini-

ziare la narrazione dalla fi ne.

Raccontiamola tutta la storia.

E’ l’alba del 12 agosto del 1944, a

Sant’Anna , un borgo, una frazione

di Stazzema forse i vecchi si sono

già svegliati, qualche madre allatta

il fi glio, qualcuno prepara una cola-

zione, povera, da contadini. I soldati

delle SS salgono verso il paese, nelle

loro uniformi nere, con i loro stivali di

cuoio. Qualcuno li vede, e dà l’allar-

me. Quando i tre plotoni arrivano in

paese gli uomini sono già tra i monti.

Restano in paese solo donne. vecchi

e bambini. Un reparto blocca la stra-

da per Valdicastello. Inizia il rastrel-

lamento, la gente viene ammassata

nelle case, nelle cantine, o nei sagrati

delle chiese. Stanno lì, con la paura di

quello che può succedere, con quelli

che li spingono, che li colpiscono con

i calci dei fucili. E parte la mattanza.

Non c’è più un giudice a Berlino

Raffi che di mitra, e se uno non ha mai

sentito sparare un mitra, in una stanza

chiusa, non sa quanto rumore faccia.

Le pallottole , quando colpiscono ag-

giungono rumori sordi, volano schizzi

di sangue , frammenti di ossa , pezzi

di materia cerebrale fi niscono ovun-

que, anche sugli stivali dei carnefi ci.

Ci sono le urla, i tentativi di fuggire, chi

si getta davanti ai fi gli per fargli scudo

col proprio corpo, chi cerca un riparo

impossibile. Atti di eroismo , tanti. C’è

Genni Bibolotti Marsili , che pur ferita,

per salvare la vita al fi glio , lancia uno

zoccolo contro un nazista per distrar-

lo. Milena Bernabò che dopo aver vi-

sto morire la sorella e un’amica, no-

nostante sia stata colpita, ha la forza

di salvare tre bambini, da una stalla

incendiata,Cesira Pardini, che messa

al muro, spinge le sorelle lontano dal

fuoco dei tedeschi, e sebbene attin-

ta da più colpi, ha la forza di sottrarre

un fanciullo dal cumulo dei morti. C’è

don Innocenzo Lazzeri,

che si ritrova con 132

paesani di fronte alla

chiesa, che tenta di far

desistere i tedeschi,

che si offre come vitti-

ma, e muore con i suoi

parrocchiani. E ci sono i

tanti, i troppi eroi di cui

la storia non si ricorda.

Probabilmente gli ul-

timi che si lamentano

vengono freddati con

quello che viene, im-

pietosamente, chiama-

to colpo di grazia. Poi

i colpi cessano, le urla

fi niscono, tutto sembra

sospeso.

Quelli che prima erano

donne o bambini sono

fantocci immobili. L’o-

dore di sangue, di feci,

di urina dev’essere ter-

ribile. I tedeschi, prima

di andar via compiono

l’estremo sfregio. Dan-

no fuoco a tutto. Quello

che mi ha più colpito è

sentire il fi glio di uno di

quei martiri. “Non pos-

so perdonare. L’hanno

ammazzato, ma per-

Ludovico Zanetti

L’Ossario di Sant’Anna di Stazzema

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do della V armata la commissione di

inchiesta,presieduta dal maggiore Bo-

oth, che invia una pattuglia britannica

nel villaggio e raccoglie il materiale.

Agli atti fi nisce la lettera, disperata ,

del sottotenente Tocci, cui uccidono la

moglie e gli otto fi gli minorenni. E che

racconta degli amici che lo nascon-

dono, e lo rinchiudono per vari giorni

per evitare che la sua reazione possa

provocare rappresaglie nazifasciste.

Sembra che lo scarso coordinamen-

to tra gli alleati e il tribunale italiano

contribuisca a rallentare le indagini,

insieme alla mancata condivisione di

documenti tra la corte d’assisi di Luc-

ca e il tribunale e la procura militare.

Nel 1960 l’indagine viene archiviata.

Passano 34 anni, è caduto un muro,

quello di Berlino. E questo fa si che

si possa girare un armadio, quello

della vergogna , che a un altro muro

era stato appoggiato. La ragione di

stato, la chiamano così, non voleva

si parlasse di certe stragi, perchè gli

alleati tedeschi si sarebbero offesi. E

poi, magari qualcuno avrebbe potuto

parlare delle nostre di stragi. Quelle in

Jugoslavia, Etiopia, Libia di cui nes-

suno, quasi mai parla. Come di quel-

la volta in cui il comando nazista, in

Macedonia invitò i fascisti a darsi una

regolata, che stavano esagerando.

In quell’armadio ci sono i fascicoli con

i nomi dei responsabili di Sant’Anna

di Stazzema e di altri 694 fascico-

li. Si apre una istruttoria che porterà

ad un processo che si chiuderà con

la condanna all’ergastolo, nel 2004

di Gerhard Sommer, 91enne, co-

mandante la settima compagnia del

II battaglione del 35esimo reggimen-

to Grenadieren, facente parte della

16esima SS-Panzergrenadier-Divi-

sion Reichsführer SS; e gli uffi cialiAl-

fred Schonber e Ludwig Sonntag. Il

22 giugno 2005, altri dieci ex uffi ciali e

sottuffi ciali tedeschi vennero condan-

nati all’ergastolo per il massacro .

La Corte di Cassazione conferma

gli ergastoli a Gerhard Sommer e ai

sottuffi ciali SS Georg Rauch e Karl

Gropler. L’ ’eccidio un atto terroristico

premeditato. Otto i condannati defi ni-

tivi all’ergastolo ancora in vita -Wer-

ner Bruss, Alfred Concina, Ludwig

Goring, Karl Gropler, Georg Rauch,

Horst Richter, Heinrich Schendel e

Gerhard Sommer - per i quali la magi-

stratura militare italiana ha inutilmente

chiesto l’arresto. Per questi 8 condan-

nati (ed altri sette, coinvolti in altre

stragi in Italia) c’è stato infatti un rifi u-

to di estradizione da parte della magi-

stratura tedesca, a fronte del quale i

pm militari hanno inoltrato al ministero

della giustizia italiano una richiesta di

esecuzione della pena in Germania,

di cui non si sa l’esito. O meglio, non è

chiaro se la richiesta sia stata inviata

e respinta, o se si sia perduta.

Questa, per sommi capi, la vicenda.

Ci sono persone che aspettano giusti-

zia, da quasi 70 anni.Ci sono persone

i cui padri, madri, fratelli sorelle, sono

stati assassinati che non hanno avuto

risposte. Martin Schultz, presidente

dell’eurogruppo, che un premier da

operetta insultò, paragonandolo a un

capò, è venuto a Sant’Anna di Staz-

zema, nell’agosto del 2012 e ha usato

parole di fuoco:

”La lingua che io parlo è la stessa de-

gli uomini che hanno compiuto questo

eccidio. Non lo dimentico. Sono qui

come tedesco e come europeo. l’Eu-

ropa è la via migliore per non ripetere

crimini come questo.

Mi presento oggi a voi come tedesco,

profondamente scosso dalla disu-

manità dell’eccidio qui perpetrato in

nome del mio popolo...Bisogna non

dimenticare mai, bisogna mantenere

vivo il ricordo. Affi nché mai più in Eu-

ropa ideologie disumane e regimi cri-

minali tornino a mostrare il loro ghigno

odioso...

La libertà, l’umanità devono essere

riconquistate ogni giorno. Questo è

il nostro compito di epigoni, questa è

la missione che ci hanno assegnato i

martiri di Sant’Anna di Stazzema. Vi

ringrazio di cuore per tenere vivo il

ricordo dei martiri e per permettermi,

come tedesco, di commemorarli e di

unirmi al vostro lutto. E’ un dono fat-

to a me personalmente. Non c’è più

un giudice a Berlino. La sentenza di

Stoccarda è una offesa, non solo agli

italiani, ma a tutti i cittadini di quell’

Europa, che è in divenire, a cui danno

un Nobel per la pace, di cui sono citta-

dini anche i tedeschi. E, forse, offende

di più quei tedeschi che per combat-

tere il nazismo morirono. C’è un lega-

me, più forte del tempo, più forte della

nazionalità, della razza, che unisce

tutti coloro che combatterono il nazi-

smo. Questa sentenza offende anche

i martiri della Rosa Bianca, von Stauf-

fenberng, Sorge, quelli dell’Orchestra

Rossa”.

E così Martin Schulz ha commentato:

Ho preso atto della decisione del tri-

bunale di Stoccarda, ma le ragioni

date e l’argomentazione non sono per

me né esaurienti, né convincenti.Mi fa

soffrire l’idea che i parenti delle vittime

di Sant’Anna vedano impuniti gli auto-

ri di un crimine innominabile.

E questa sofferenza ci unisce.

A lato, l’immagine

simbolo della Strage

di Sant’Anna di

Stazzema.

I bambini del pae-

se ritratti un ultima

volta in un gioioso

girotondo prima di

essere trucidati dalla

follia nazifascista.

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BANDIERA BIANCA A CEFALONIAA CURA DI ELVIO CICOGNANI

F ino ai primi anni Sessanta in Germania e nel resto del mondo la vicenda di Cefalonia era del tutto sco-

nosciuta. Anche in Italia non si sapeva gran che. Si sapeva che Cefalonia era un’isola greca dello Ionio,

e che laggiù, nel settembre del 1943 i soldati italiani avevano combattuto contro i Tedeschi ed erano stati

sopraffatti. L’Italia uffi ciale taceva. Ne aveva cancellato il nome dal calendario delle commemorazioni, come

si trattasse di una memoria troppo ingombrante. Ogni anno gli Italiani potevano assistere puntualmente

alla rievocazione delle Quattro Giornate di Napoli o delle Fosse Ardeatine, della Difesa di Porta San Paolo

a Roma, o della Liberazione di Firenze, ma la scadenza di Cefalonia veniva regolarmente saltata. Eppure

Cefalonia rappresentava l’inizio della Resistenza Italiana, il primo e più organico, e forse l’unico episodio di

guerra guerreggiata tra Reparti regolari dell’Esercito italiano e dell’Esercito tedesco. Perché allora, quell’in-

spiegabile atteggiamento? Cosa si voleva nascondere dietro quel silenzio prestabilito? Le indubitabili re-

sponsabilità di parte tedesca, o, anche, ipotetiche responsabilità di parte italiana? A venti anni dalla strage,

la grande maggioranza degli Italiani continuava ad ignorare ciò che effettivamente era accaduto, il come,

e il perché. Ignorava il numero esatto delle vittime, il movente della vendetta tedesca; il modo in cui, dopo

la fucilazione di massa, i Tedeschi avevano tentato di far sparire i segni del loro misfatto. A venti anni dalla

strage, il nome di Cefalonia aveva fi nito per evocare, nella mente dei più, qualcosa di sinistro e di oscuro, di

cui era meglio non fare parola.

“O Cefalonia, martire per il bene supremo della Patria!”

Don Romualdo Formato

Cappellano della Divisione “Acqui”

Il più importante scontro armato fra

Truppe italiane e Truppe tedesche,

dopo l’armistizio dell’ 8 settembre

1943 si svolse nell’isola di Cefalonia.

Cefalonia era occupata dalla Divisio-

ne di Fanteria italiana “Acqui” con

circa 11.500 uomini. Una parte delle

Truppe erano stazionate nella vicina

isola di Corfù.

Nell’estate del 1943, dopo la caduta

di Mussolini e in previsione di un’im-

minente uscita dell’Italia dal confl itto, i Tedeschi inviarono Truppe ben arma-te e preparate a presidiare l’isola, fi no a quel momento quasi del tutto sguar-nita di loro forze.I combattimenti fra le Truppe italiane e tedesche svoltisi senza interruzio-ne per tutta la settimana, dal 15 al 22

settembre e l’eccidio di massa dei militari italiani che ne seguì costitui-scono una delle pagine più importanti della Resistenza militare italiana dopo l’armistizio. A Cefalonia, come in al-tre località, le Truppe italiane furono informate dell’armistizio da un’inter-cettazione della radio delle Nazioni

Unite nel tardo pomeriggio dell’8 set-

tembre. La conferma venne dall’an-nuncio alla radio di Pietro Badoglio. Dopo poco più di un’ora arrivava il primo radiogramma del Comandan-te dell’XI Armata, Generale Carlo

Vecchiarelli, che autorizzava l’uso delle armi nel caso di atti di violenza da parte tedesca, ma sosteneva una

sostanziale neutralitàdelle Truppe italiane. Alla sera del 9 settembre pervenne al Comando della Divisione

il secondo ordine del Generale Vec-chiarelli, in cui si dava disposizione di consegnare le armi ai Tedeschi. Era evidente che il Comando dell’XI Armata aveva raggiunto un accordo con le Autorità tedesche. Il Generale Antonio Gandin, Comandante delle

Forze italiane a Cefalonia, non esitò a rifi utare tale accordo, che lasciava le Unità italiane in balia dei Tedeschi, considerando l’ordine in contrasto con la dichiarazione di armistizio. Decise quindi di respingerlo sostenendo che era “parzialmente indecifrabile”. Nello stesso tempo Gandin incontrò il Comandante delle Truppe tedesche nell’isola, il Tenente Colonnello Hans

Barge, che si era presentato per co-noscere le sue intenzioni relativamen-te alla consegna delle armi e avviò una trattativa cercando di porre delle condizioni e dilazionando la resa. A Corfù, invece, il Comandante delle Forze italiane sull’isola, Colonnello

Luigi Lusignani, rifi utò nettamente la richiesta tedesca di cedere le armi, senza entrare in alcuna trattativa.Il Generale Gandin si trovò di fronte a tre possibilità: accettare la proposta tedesca di continuare l’alleanza con la Germania, cedere le armi ai Tede-schi od opporre resistenza. La propo-sta dei Tedeschi di passare dalla loro parte fu subito respinta; rimanevano le altre due alternative. Vani furono i tentativi di collegarsi per telefono con il Governo italiano e avere maggio-ri chiarimenti, mentre giunse l’ordine alle Unità navali dell’isola di salpare per un porto dell’Italia Meridionale. Così la Divisione rimase totalmente isolata dall’Italia e dal Continente gre-co e abbandonata a se stessa.

Generale Antonio Gandin

Comandante della Divisione “Acqui”

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Il 10 settembre il Generale Gan-din chiamò a rapporto i Comandanti di Corpo ed espose la situazione: la Divisione poteva avere ragione delle Forze tedesche nell’isola, che am-montavano a circa 2.000 uomini, ma senza aiuti esterni e senza l’appoggio dell’Aviazione italiana o alleata non avrebbe resistito a un successivo at-tacco tedesco proveniente dal Con-tinente. La maggioranza dei coman-danti si dichiarò favorevole alla resa, ma si espressero a favore di una resistenza ai Tedeschi il Coman-dante della Marina e il Comandante dell’Artiglieria. In realtà subito dopo l’annuncio dell’Armistizio alcuni uffi -

ciali del 33° Artiglieria e in particolare

il Capitano Amos Pampaloni e il

Capitano Renzo Apollonio, aveva-

no apertamente dichiarato che non

avrebbero accettato una resa e di

voler combattere i Tedeschi. Inoltre

sia Pampaloni che Apollonio avevano

fi n dai primi giorni consegnato ai Par-

tigianigreci dell’isola delle armi che

dovevano servire per cacciare i Tede-

schi.

Nel caso della Divisione “Acqui” a Ce-

falonia giocò certamente un elemento:

la vicinanza dell’Italia e la supremazia

numerica crearono nei soldati la spe-

ranza di poter facilmente sopraffare

il contingente tedesco, e favorì un

orientamento per un’azione decisiva

contro i Tedeschi. Anche se i rapporti

di forza cambiarono con il passare dei

giorni, per il rafforzamento delle Trup-

pe tedesche e l’immobilismo di quelle

italiane, una volta presa la decisione

di resistere, la Divisione combatté fi no

alla fi ne in condizioni disperate, scri-

vendo una delle pagine più importanti

nella Storia della Resistenza.

Mentre le trattative tra Gandin e Bar-

ge si protraevano per diversi giorni,

i Tedeschi colsero l’opportunità di

sbarcare nuove forze e di prendere

il controllo di posizioni strategiche.

La situazione italiana fu poi ulterior-

mente indebolita dalla cessione del-

la postazione strategica delle alture

di Kardakata, proposta dallo stesso

Gandin per mostrare la propria volon-

tà. Questo comportamento di Gan-

din convinse inizialmente il Tenente

Colonnello Barge che il Generale

intendeva procedere alla resa ma la

successiva tattica dilatoria di Gandin

insospettì sia il Comando tedesco che

i propri soldati. Come avrebbe dichia-

rato il Generale Hubert Lanz, che

si recò a Cefalonia personalmente il

13 settembre per convincere Gan-

din alla resa, nella sua deposizione

al Processo di Norimberga. Nello

stesso tempo, la situazione della Di-

visione divenne sempre più pesante.

I soldati italiani si mostrarono sempre

più impazienti di fronte al comporta-

mento, a loro parere contraddittorio

e poco chiaro, del Generale Gandin,

che stava cercando di ottenere dai

Tedeschi il rimpatrio a condizioni ono-

revoli. Vi furono una serie di episodi

anche gravi di insubordinazione e atti

di violenza contro uffi ciali accusati di

voler cedere ai Tedeschi e contro lo

stesso Gandin, che questi fece pas-

sare senza contromisure, dando così

l’impressione di non riuscire a control-

lare la situazione. Il Generale Gandin

ondeggiò tra la scelta di combattere i

Tedeschi e la prosecuzione dei nego-

ziati, e sperando nell’arrivo di rinforzi

tentò di guadagnare tempo, dichia-

randosi disposto a cedere le armi a

condizioni onorevoli.

Nello stesso momento, i Tedeschi rup-

pero l’impegno di non prendere alcu-

na iniziativa, cercando di sbarcare ad

Argostoli con tre zatteroni. Il Capitano

Apollonio, che comandava il reparto

di artiglieria lì dislocato, attaccò di sua

iniziativa con i propri mezzi, seguito

dalle batterie della Marina, affondan-

do gli zatteroni. Subito dopo diresse

un attacco contro il centro tedesco,

dove vi era una stazione radio.

Nonostante questo episodio, il

Generale Gandin continuò a dare is-

truzioni che sembravano preludere

alla resa; a quel punto un gruppo di

uffi ciali capeggiato dai Capitani Apol-

lonio e Pampaloni si recò al Coman-

do chiedendo, o forse imponendo,

al Generale Gandin di non cedere le

armi, perché una parte della Divisione

non avrebbe obbedito ad un ordine

del genere.

In una situazione ormai deteriorata

si fece fi nalmente sentire la voce del

Governo Italiano con un radiomessag-

gio, a fi rma del Generale Francesco

Rossi, che diceva testualmente:

“Considerate le Truppe tedesche

come nemiche”.

Questo primo ordine chiaro del Co-

mando Supremo da Brindisi di re-

sistere con le armi, emanato l’11

settembre, arrivò il 12 o addirittura il

13. Esso contribuì probabilmente a

far superare a Gandin le forti perples-

sità dimostrate fi no a quel momento,

insieme all’ultimatum tedesco fattogli

pervenire direttamente dal Generale

Lanz.

Il Generale Lanz arrivò con un idro-

volante a Cefalonia. Non riuscendo a

prendere terra ad Argostoli per il fuoco

delle artiglierie italiane, scese vicino a

Luxuri e si mise in contatto telefonico

con Gandin, preannunciandogli un ul-

timatum. Nel testo inviato subito dopo,

Lanz metteva da parte l’impegno as-

sunto dal Tenente Colonnello Barge

di lasciare le armi leggere e chiedeva

la consegna di tutte le armi, anche di

quelle in dotazione agli uffi ciali. Dopo

un’ampia consultazione che volle es-

tesa ai soldati, il Generale Gandin

decise fi nalmente di interrompere le

trattative e di prepararsi a combat-

tere. Il testo di risposta del Generale

Gandin era il seguente: - Per ordine

del Comando Supremo Italiano e

Ten. Col. Hans Barge,

Comandante delle truppe tedesche

Una recente foto di

Amos Pampaloni

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per volontà degli uffi ciali e dei sol-

dati, la Divisione Acqui non cede le

armi...-. Nel frattempo, però, alcune Truppe della 1° Divisione da Mon-

tagna, sotto il comando del Maggiore Harald Von Hirschfeld, sbarcarono nell’isola, rafforzando ulteriormente le Truppe tedesche.Le ostilità, inizia-te il 15 settembre, si protrassero fi no

al 22 settembre, in uno scontro “dif-

fi cile e violento”. Dopo alcuni iniziali

successi, le Truppe italiane dovette-

ro retrocedere gradualmente, anche

perché messe in diffi coltà dai continui

attacchi aerei. Gli Stukas tedeschi si

avventavano in picchiata contro le

postazioni italiane, provocando gravi

perdite. In una situazione sempre più

diffi cile il Generale Gandin inviò una

serie di telegrammi al Comando Su-

premo, chiedendo l’invio di caccia per

contrastare l’azione nemica che stava

massacrando e disperdendo i Reparti

italiani, ma senza esito.

Il 22 settembre il Generale Gandin

doveva purtroppo accettare la resa

senza condizioni.

La vendetta tedesca, per la resistenza

da parte della Divisione “Acqui” fu ter-

ribile: man mano che i soldati italiani si

arrendevano ed erano presi prigionie-

ri, venivano fucilati. Le fucilazioni con-

tinuarono anche nei giorni seguenti la

resa. L’ingiunzione criminale di Hitler

di “non fare prigionieri” fu subito

eseguita, a partire dai Comandi. Così

tra i primi caddero i Comandanti del-

le isole, Il Generale Gandin eil Co-

lonnello Lusignani, fucilati da soli.

Diverse testimonianze hanno riferito

le modalità con cui si procedette alle

esecuzioni degli uffi ciali: furono radu-

nati in un fabbricato divenuto poi noto

come la “Casetta Rossa” , presso

Capo San Teodoro, e da lì prelevati a

piccoli gruppi e fucilati. Morirono così

circa 400 Uffi ciali. Alla fi ne ne furono

risparmiati soltanto 37: una ventina

perché nativi del Trentino Alto Adige

o perché vennero riconosciute le loro

benemerenze fasciste, gli altri perché

furono accolte le insistenze richieste

del Cappellano militare che si trovava

con loro, Don Romualdo Formato,

perché si ponesse fi ne alla strage. A

differenza di altri casi, in spregio ad

ogni legge di guerra, a Cefalonia, non

furono risparmiati nemmeno i solda-

ti, forse perché avevano fi n dall’inizio

optato per la scelta di non cedere le

armi. Molte Unità furono uccise som-

mariamente dopo la resa a colpi di

mitragliatrice. I corpi furono brucia-

ti o portati al largo e gettati in mare:

una ventina di marinai italiani furono

prima costretti a trasportare le salme

su zattere e poi uccisi a loro volta. La

tragedia della “Acqui” non si concluse

con questi massacri. La maggioranza

dei superstiti fu imbarcata su navi che

dovevano portarli in prigionia in Ger-

mania o in un paese occupato, ma

almeno tre di esse furono bombarda-

te da aerei angloamericani, con con-

seguente gravi perdite. Un migliaio di

prigionieri accettarono di collaborare

e furono utilizzati dai Tedeschi per la-

vori sull’isola. Tra questi il Capitano

Apollonio che in seguito organizzò

un gruppo consistente che rimase in

rapporto con i Partigiani greci dell’E-

LAS e nell’aprile successivo si mise

in contatto e collaborò con le missio-

ni alleate. Non vi sono dati certi sul

numero complessivo dei morti e sui

tempi dell’eccidio. Le diverse fon-

ti concordano sul numero dei caduti

durante i combattimenti, circa 1.300,

mentre divergono sul numero diver-

gono sul numero di coloro che furono

uccisi nelle ore e nei giorni seguenti

alla resa, con stime che oscillano fra

4.000 e 5.000. Vi sono grosse diver-

genze anche sul numero dei militari

che morirono nell’affondamento delle

navi durante il trasporto verso i Cam-

pi di concentramento, che varia da

un minimo di 1.350 a un massimo di

3.000. Il Capitano Renzo Apollonio,

il Capitano Amos Pampaloni e gli al-

tri uffi ciali che sostennero fi n dall’inizio

la resistenza ai Tedeschi erano mossi

da motivazioni e ideali patriottici: riu-

scirono a trascinare la maggioranza

dei soldati alla lotta contro i Tedeschi

fi no all’estremo sacrifi cio della vita,

appellandosi, nelle parole di uno dei

superstiti, “ai principi sui quali ogni

uomo per bene basa la propria esi-

stenza, e che si chiamano ONORE

e DOVERE”.

Le vicende della Divisione “Acqui” ri-

mangono un alto esempio della Re-

sistenza militare ai Tedeschi dopo l’8

settembre 1943.

In totale morirono a Cefalonia circa

8.000 Italiani e le loro ossa vennero

abbandonate insepolte nell’isola per-

ché, come si esprimerà il “Macellaio

di Cefalonia”, il Maggiore Von Hir-

schfeld, - I ribelli italiani non me-

ritano sepoltura -. Solo la pietà dei

Greci adunerà quelle spoglie in pri-

mitivi tumuli. Quegli ottomila caduti

continuano a dormire il loro sonno di

sempre, che era, ed è, un sonno sen-

za pace perché senza giustizia.

Maggiore Von Hirschfeld:

il macellaio di Cefalonia

Tesseramento 2012Alla chiusura del tesseramento 2012 registriamo il superamento del cento per cento rispetto al 2011: il

numero degli associati quindi arriva a 1400. E’ un buon risultato che dimostra la buona salute dell’Associa-

zione. Mentre apriamo il tesseramento del 2013, invitiamo i responsabili di sezione ad un serio impegno

per una rapida conclusione del rinnovo delle tessere e uno sforzo per il reclutamento di nuovi associati.

E’ appena il caso di ricordare che i fi nanziamenti per l’attività dell’ANPI provinciale, delle sezioni e per la

pubblicazione di “Cronache” arrivano pressoché solo dal tesseramento.

Page 8: Settembre-Dicembre 2012 n° 5-6 - Cronache della Resistenza

8

16 OTTOBRE 1943

IL SABATO NERO DEGLI EBREI ROMANIA CURA DI ELVIO CICOGNANI

Alla metà di settembre 1943 il Te-nente Colonnello delle SS, Her-

bert Kappler, Capo del Servizio di Sicurezza (SD) a Roma, riceve da Berlino una “comunicazione perso-

nale” da parte dell’Uffi cio di Heinrich

Himmler, Ministro dell’Interno, Capo

Supremo della Polizia Tedesca. Il di-

spaccio di Himmler dice testualmente:

“I recenti avvenimenti italiani im-

pongono una immediata soluzione

del problema ebraico nei territori

recentemente occupati dalle For-

ze Armate del Reich. Il RFSS prega

pertanto l’SS-Obersturmbannfuh-

rer Kappler di voler attuare senza

indugi tutte quelle misure prelimi-

nari atte ad assicurare la fulmineità

e la segretezza dell’operazione nel

territorio della città di Roma. Segui-

ranno immediati ulteriori ordini...-

Gli ordini non si fanno attendere. Un

telegramma-lampo “assolutamente

segreto e strettamente riservato per-

sonale” del 24 settembre insiste sul-

la necessità immediata di risolvere

defi nitivamente la questione ebraica

del Comando del Feldmaresciallo

Kesserling. Questi ascolta la relazio-

ne di Kappler, limitata all’aspetto ope-

rativo del problema, e a quella di Mo-

ellhausen, fondata invece su motivi di

inopportunità politica.

Il Feldmaresciallo, dopo qualche mi-

nuto di silenzio, se la cava concluden-

do che dal momento che l’operazione

di rastrellamento, come Kappler gli

ha riferito, necessita di un appoggio

da parte dell’esercito, non essendo

suffi cienti gli uomini di polizia di cui

Kappler dispone, è spiacevole di non

poter garantire un tale appoggio. E’

prevedibile uno sbarco alleato a Ostia

per fronteggiare il quale non può ri-

nunciare nemmeno a un solo dei suoi

uomini.

E’ a questo punto che Kappler pren-

de in modo autonomo l’iniziativa della

estorsione dei 50 chili d’oro agli Ebrei

romani.

Alle ore 10 del mattino di domenica

26 settembre 1943, il Dottor Genna-

ro Cappa, Capo del “Servizio Raz-

za” della Questura di Roma, informa

il Dottor Dante Almansi, Presidente

della Unione delle Comunità Israeli-

tiche Italiane, e, l’Avvocato Ugo Foà,

Presidente della Comunità Israelitica

di Roma, che alle 18 di quella stes-

sa domenica debbono recarsi a Villa

Volkonsky, dove li aspetta nel uffi cio

di “Sicurezza Politica”, il Tenente Co-

lonnello Herbert Kappler per impor-

tanti comunicazioni.

Questi li riceve e in principio affet-

ta un contegno piuttosto cortese; si

duole del disturbo recato, si informa

del numero degli Israeliti romani e si

intrattiene per qualche minuto in una

conversazione generica, ostentata-

mente affabile. Quindi, cambiando

improvvisamente tono ed accento,

mentre il suo sguardo diventa ta-

gliente e duro, fa a i suoi interlocutori

il seguente discorso: -Voi e i vostri

correligionari avete la cittadinan-

con un’azione rapida: “Tutti gli Ebrei

senza distinzione di nazionalità,

età, sesso e condizioni dovranno

essere trasferiti in Germania e ivi

“liquidati”... Il successo dell’im-

presa dovrà essere assicurato me-

diante una azione di sorpresa...”

L’azione di sorpresa ci sarà ma solo

22 giorni dopo e non subito come

Himmler chiede.

Accade che il dispaccio, pur essendo

contrassegnato da segretezza asso-

luta, è trapelato in altri uffi ci dell’ap-

parato tedesco. Ne viene subito a co-

noscenza il Generale Rainer Stahel,

Comandante militare della Piazza di

Roma, che ne rimane impressionato.

Egli vuole evitare ogni azione negati-

va che possa turbare un ordine nella

Capitale che considera solo precaria-

mente raggiunto. Il Console tedesco a

Roma, Eitel Friedrich Moellhausen

è anche lui preoccupato, ma per altre

più nobili ragioni. Egli non ha aderi-

to al partito nazista e non condivide

la politica nazista verso gli Ebrei. Egli

prende il coraggio a quattro mani e il

giorno dopo affronta la questione di-

rettamente con Kappler. Si reca nel

suo uffi cio, a Villa Wolkonsky e, inta-

volando un discorso generico, affron-

ta l’argomento degli Ebrei e, sempre

in termini generici, esprime il parere

che nel caso di Roma si debba evitare

eventuali azioni drastiche.

Kappler, per prima cosa, manifesta il

suo disappunto per la fuga di notizie

su un argomento così delicato. Poi,

dopo aver espresso anche i propri

dubbi sull’ordine ricevuto e aver co-

munque ricordato che al di là delle

opinioni personali gli ordini vanno

eseguiti, propone a Moellhausen di

sottoporre la questione al Feldmare-

sciallo Albert Kesserling, Coman-

dante Supremo delle Operazioni Mi-

litari in Italia.

Kappler e Moellhausen si recano alla

“Villa Avorio”, a Grotta Ferrata, sede

“Davide! Davide! Scappa via,

bello di mamma , scappa!”

(Grido udito alle 5 del mattino

del 16 ottobre, nel silenzio di via

della Reginella, durante la

grande razzia nel Ghetto)

Page 9: Settembre-Dicembre 2012 n° 5-6 - Cronache della Resistenza

9

za italiana, ma di ciò a me importa

poco. Noi Tedeschi vi consideria-

mo unicamente Ebrei e come tali

nostri nemici. Anzi, per essere più

chiari, noi vi consideriamo come

un gruppo distaccato, ma non iso-

lato dei peggiori fra i nemici con-

tro i quali stiamo combattendo. E

come tali dobbiamo trattarvi. Però

non sono le vostre vite né i vostri

fi gli che vi prenderemo se adem-

pierete alle nostre richieste. E’ il

vostro oro che vogliamo per dare

nuove armi al nostro Paese. Entro

trentasei ore dovete versarmene 50

chilogrammi. Se lo verserete non vi

sarà fatto del male. In caso contra-

rio, duecento fra voi verranno presi

e deportati in Germania alla frontie-

ra russa o altrimenti resi innocui-. Trentasei ore: la consegna dunque deve avvenire entro le ore 12 del 28 settembre. Foà e Almansi fanno subi-to presente l’enormità della richiesta, dato il tempo strettissimo concesso e la consistenza numerica della po-polazione ebraica residente a Roma. Ma Kappler non batte ciglio; a titolo di agevolazione è disposto a fornire lui stesso gli automezzi e gli uomini per la ricerca dell’oro.L’incontro in breve si conclude anche perché prolungare una simile conver-sazione è evidentemente inutile.Non resta dunque che organizzare immediatamente la raccolta, facendo giungere con ogni mezzo la notizia al maggior numero possibile di correli-gionari.Nella lunga fi la che per trentasei ore si snoda sul marciapiede che costeggia il Lungotevere Cenci, dove, accanto alla Sinagoga principale, si trovano gli uffi ci comunitari, ci sono ricchi e pove-ri, intellettuali e commercianti, artigia-ni e venditori ambulanti, gente colta e sprovveduta, ben vestita e dimessa. Chi non ha oro dà soldi per acqui-starlo. In quella lunga fi la non ci sono solo Ebrei: Ci sono persone alle quali Kappler non ha chiesto nulla ma che vogliono esprimere la loro solidarietà a una minoranza offesa e in pericolo.Poiché nelle prime ore l’affl uenza è stata scarsa, si è saggiato il terreno in forme indirette e con interlocutori diversi presso il Vaticano. La Santa Sede fa sapere in via uffi -ciosa al Presidente della Comunità che ove non sia possibile raggiungere i cinquanta chili coprirebbe la quan-tità mancante. E’ un prestito, non un dono, quello offerto dal Vaticano, al quale però non è necessario ricorrere,

perché col passare delle ore cresce sorprendentemente il numero degli offerenti.Alle ore 15, fi nalmente, sono accanto-nati i cinquanta chili e in vista di possi-bili errori o contestazioni sono aggiun-ti trecento grammi. In tutto dunque cinquanta chili e trecento grammi d’o-ro sono pronti per i Tedeschi.La consegna dell’oro deve avvenire non già a Villa Volkonski ma a Via Tasso.Il Presidente della Comunità e due consiglieri si assumano il gravoso incarico di effettuare la consegna. I Tedeschi pesano cinque chilogrammi alla volta. Alla fi ne si deve calcolare il peso due volte, poiché il Capitano Kurt Schutz tenta di rubare sul peso, egli dichiara che mancano cinque chilogrammi; ma no è vero.A questo punto, secondo la paro-la data da Kappler, gli Ebrei posso-no stare tranquilli. Ma la calma dura poco. Il giorno successivo alla con-segna dell’oro i Tedeschi si ripresen-tano. Di buon mattino un drappello di soldati, agli ordini del Maresciallo Mayer, Capo della Sezione Informati-va della Gestapo a Roma, fa invasio-ne negli uffi ci della Comunità. Viene prelevata una grande quantità di do-cumenti, tra i quali i ruoli dei contri-buenti, i quali riportano le generalità e gli indirizzi degli Ebrei del Ghetto. I Tedeschi, inoltre, prelevano dalla cassaforte due milioni che sono stati raccolti al posto dell’oro.Intanto in quelle stesse ore a Berlino negli Uffi ci per gli Affari Ebraici della Gestapo, diretti da Adolf Eichmann, si perfeziona il piano per la cattura de-gli Ebrei di Roma. Kappler fa presente le diffi coltà tecniche, la scarsità delle forze a disposizione, l’atteggiamento della popolazione italiana che potreb-be intralciare l’operazione. Eichmann decide allora di inviare a Roma per la sua “Judenrazzia” il Capitano Theo

Dannecker, un “esperto di Ebrei”, il quale, per non dare nell’occhio, fi ssa il suo Quartier Generale in una mo-desta pensione di Via Po. Kappler, da parte sua, gli mette a disposizione l’apparato della Polizia Italiana con a capo i Commissari Gennaro Cappa

e Raffaele Alianello. Il preparatorio di Danneker è fatto sulla base degli elenchi nominativi delle vittime e sui loro indirizzi, ricavati dai documenti trafugati.La sera precedente al rastrellamen-to Dannecker si reca da Kappler per informarlo dell’azione che si svolgerà

prima dell’alba del giorno successivo.La notte tra il venerdì 15 e sabato 16

ottobre, per le strade del Ghetto, vie-ne inscenata una macabra sparatoria, che se sveglia quasi tutti, impedisce, a chiunque sia intenzionato, di fuggire all’ultimo momento. Gli Ebrei si chie-dono cosa stia succedendo. Verso chi è diretto quell’inferno di spari? Molti Ebrei si alzano dal letto in quella notte di ottobre piovigginosa e insolitamen-te fredda. Qualcuno cerca di aprire uno spiraglio delle persiane per ve-dere o capire qualcosa, ma non vede nulla.Poi, verso le tre di notte tutto improv-visamente tace. Un silenzio solenne domina le antiche strade del Ghetto.Alle cinque del mattino le vie di ac-cesso, o meglio di fuga del ghetto sono bloccate da militi tedeschi. Via del Tempio, Via del Progresso, Piazza Costaguti, Piazza Mattei, Via Sant’An-gelo in Pescheria, Via del Portico d’Ottavia e il Teatro di Marcello sono sorvegliati da soldati in armi.La grande razzia comincia attorno alle 5,30. Nell’azione sono impegnati 365

uomini, di cui 9 uffi ciali e 30 sottuffi -ciali. Le SS entrano di casa in casa arrestando le intere famiglie, in gran parte sorprese ancora nel sonno. Quando le porte non vengono subito aperte le abbattono col calcio dei fucili o le forzano con leve di ferro.Oggi, i pochi superstiti ricordano an-cora bene quella terribile alba; han-no ancora nelle orecchie il rintrona-re delle porte su cui i militi scelti di Hitler battevano i calci dei loro fucili mitragliatori: Nella notte, per le vie del Quartiere, non si udivano soltan-to spari ma anche urla sinistre, grida

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di terrore, pianti disperati di donne e bambini, gemiti e lamenti di vecchi. Nessuna pietà albergava nel cuore di quelle belve umane.Nel giro di poco meno di quattro ore, alle 9, milleventidue Ebrei romani vengono catturati: uomini e donne, vecchi, neonati, persone ammalate.Verso l’alba del lunedì, i razziati sono fatti salire su camion e condotti alla stazione di Roma-Tiburtina, dove sono stivati su carri bestiame, che per tutta la mattina rimangono su un binario morto. Una ventina di Tede-schi, armati di mitra, impediscono a chiunque di avvicinarsi al convoglio. Alle ore 14, con un lungo treno com-posto di diciotto vagoni piombati, tutti i prigionieri vengono avviati ai Campi di sterminio di Birchenau, Auschwitz e Javorcno, in Polonia.Una giovane, che veniva da Milano per raggiungere i suoi parenti a Roma, raccontò che in località di Fara Sabina incrociò il “treno piombato”, da cui uscivano voci di “purgatorio”. Di là dalla grata di uno dei carri, le parve di riconoscere il viso di una bambina, sua parente. Tentò di chiamarla, ma un altro viso si avvicinò alla grata e le accennò di tacere.Questo invito al silenzio fu l’ultima pa-rola, fu l’ultimo segno di vita che sia giunto da loro.Della sorte degli Ebrei catturati non si seppe nulla fi no a guerra fi nita, quan-

do dei 1022 ebrei razziati ne torneran-

no solo quindici: quattordici uomini e

una donna. Tra loro nessuno dei due-

cento bambini, tutti fi niti nelle camere

a gas.

Nel riandare con il pensiero a quel

luttuoso avvenimento, non possiamo

non inquadrare quella pagina nera

della Storia dell’umanità nella corni-

ce storica in cui essa fu inscritta. Se

furono le Truppe tedesche, strumen-

to del nazismo, a compiere la strage,

esse ottennero la “collaborazione” del

fascismo italiano, risorto dalle ceneri

dopo l’8 settembre 1943. Pertanto gli

eventi di quel settembre e di quell’otto-

bre 1943 non si possono immaginare

fuori dal quadro dell’estrema degene-

razione del fascismo dal 1938 in poi:

l’alleanza con la Germania nazista e

la promulgazione delle Leggi antise-

mite andarono a pari passo e si con-

clusero con l’estremo atto di infamia.

L’olocausto degli Ebrei rappresenta

uno degli aspetti più impressionanti e

pietosi perché l’odio di razza si sca-

tenò contro gente inerme, innocente,

contro donne e bambini, senza una

ragione, senza un motivo.

Ma questo fu il suggello, il segno di-

stintivo di un processo che aveva e

che ha le sue radici in ogni forma di

fascismo.

Occorre dunque battersi senza esita-

zione affi nché quelle radici non torni-

no a ramifi care, ma siano recise per

sempre.

E’ APERTA LA CAMPAGNA di TESSERAMENTO 2013

Richiedete la vostra tessera alla vostra Sezione o rivolgetevi al Comitato Provinciale

Via Albicini 25, Forlì

tel: 0543-28042 mail: [email protected]

Page 11: Settembre-Dicembre 2012 n° 5-6 - Cronache della Resistenza

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IN RICORDO DI TERE...

Il primo di settembre del 2009 ha lasciato questa nostra dimensio-

ne Teresa Sarti Strada, una donna coraggiosa, che insieme al marito Gino quindici anni fa intorno al tavo-lo di cucina insieme ad alcuni amici appassionati fonda Emergency.Per noi, che purtroppo non l'abbia-mo conosciuta personalmente, de-vono essere bastevoli le parole di coloro che le sono stati più vicini, primo fra tutti il marito che la ricor-da con un canto d'amore: “Sono arrabbiato con te perchè mi hai tol-to la possibilità di restituirti almeno qualche frammento di quell'amore silenzioso e grande che mi hai re-galato per quarant'anni. Non ho mai pensato di poter pareggiare il conto, ma vorrei darti un po' d'amore oggi, e anche domani, e dopo.Eh, caro mio, lacrime di cocco-drillo, avresti dovuto pensarci prima...Sono stufa delle tue pro-messe da marinaio...Adesso riposa, il tuo marinaio – coc-codrillo ti accarezza la mano, e non te la lascia fi no a quando il tuo son-no sarà profondo come il mio vuoto.” La fi glia Cecilia ricorda come la ma-dre, fi n da quando era piccola,le avesse sempre insegnato come era il mondo fuori e lo aveva fatto anche leggendole una poesia di Brecht (Mio fratello aviatore):

Avevo un fratello aviatore.

Un giorno, la cartolina.

Fece i bagagli, e via

lungo la rotta del sud.

Mio fratello è un conquistatore.

Il popolo nostro ha bisogna di spazio;

e prendersi terre su terre.Da noi è un

vecchio sogno.

E lo spazio se l'è conquistato.

E' sui monti di Guadarrama.

E' di lunghezza un metro e ottanta,

uno e cinquanta di profondità.

Mi aveva raccontato questa poesia, io avrò avuto cinque o sei anni e poi mi aveva fatto un discorso che suo-nava così: - se la guerra è così stu-pida per i soldati, quanto è stupida e inumana per quelli che non hanno neanche scelto di farla? -E Moni Ovadia dice : “Esiste una tradizione ebraica che sostiene che anche nei tempi peggiori della storia dell'umanità, quando la violenza, la guerra, la brutalità, l'odio dominano

la terra, il mondo riesce ad andare avanti grazie alla presenza di tren-tasei giusti...Quando da bambino sentivo raccontare di questa leg-genda mi immaginavo che uno di questi giusti dovesse essere chissà che cosa: un omone con una gran-de barba, un sapiente, un eroe, un titano. Mi ci è voluto del tempo per capire che queste straordinarie per-sone ci sono vicine e hanno prima di tutto un dono sopra gli altri, quel-lo dell'immediatezza umana, della semplicità. E' la cosa più ardua, la più diffi cile da conquistare per una persona ricca e profonda: la sempli-cità...Ho avuto l'immenso privilegio di condividere momenti importantissi-mi della mia vita con Teresa...Ciao Teresa.L'autrice e scrittrice Lella Costa ri-fl ette: “Adesso morte, puoi ben vantarti: hai in tuo possesso una ra-gazza senza pari “ - e ancora una volta sono testi antichi a dire, meglio di come tutti noi sapremmo, quello che tutti noi proviamo, oggi primo settembre duemila nove. Oggi che Teresa se n'è andata, e abbiamo addosso e dentro un gran dolore, e rabbia, e tenerezza, e gratitudine...-Ed Erri De Luca:

E Dulcinea sarà

E Dulcinea sarà

E Dulcinea sarà

ogni giorno più bella.

Forza Emergency, perchè questa perdita deve essere messa veloce-mente a contrappeso di tutte le cure e i soccorsi per moltiplicare le vite salvate e rioffrrle al mondo.Teresa oggi è diventata molto più esigente nei vostri confronti.E ancora Vauro “Teresa era una fi amma, era tutta nella sua chioma di capelli rossi che raccontava bene la sua ostinazione e la sua combat-tività.....Una cosa provo a dirla, sarà anche semplice e banale, non mi importa: Teresa con la sua presenza a tanti di noi ha dato molto coraggio. Ora dovremo usare un pezzetto di quel coraggio per sopportare la sua assenza.A tre anni dalla scomparsa abbiamo voluto ricordare, attraverso le voci di persone che le sono state più vici-ne e che l'hanno conosciuta bene, questa donna straordinaria che è esempi di coraggio, di solidarietà, di slancio verso tutti coloro che sono i più umili della terra, le vittime civili di confl itti senza senso e comunque delle persone che soffrono al di là dell'appartenenza di gruppo e di cul-tura.Bisogna sempre sperare che nel mondo si moltiplichino persone con il carisma di Teresa per contrastare l'avanzata di esseri che si preoccu-pano soltanto dei loro interessi sen-za rifl ettere che anche loro fanno pur parte di questa umanità.

Una foto di Teresa Sarti Strada

GRAZIA CATTABRIGA

Page 12: Settembre-Dicembre 2012 n° 5-6 - Cronache della Resistenza

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dal centro della piazza vediamo diri-gersi verso di noi con un grande sorri-so Sergio Giammarchi, Partigiano del

Battaglione Corbari. Diffi cile descri-vere la forza che ci trasmette la sua vicinanza, Alessia ha l’onore di com-pilargli la tessera e spunta la casella PARTIGIANO.Un signore anziano si ferma a parlare con Mauro, mi avvicino per ascoltar-lo, durante la guerra era ancora un ragazzo, rischiava la vita portando in bicicletta i volantini clandestini nel-le case, mi racconta di quel periodo, dei pericoli corsi e di ciò che è venuto

dopo, la ripresa, il lavoro, la politica.E’ deluso, mi confessa, non ha più fi ducia nella politica, ma vederci lì,

vedere dei giovani che colti-vano i valori della Resistenza, gli ridà un pò di speranza. Nel pomeriggio ripasserà per por-tare il manoscritto con la sua biografi a, lo ringraziamo, è un patrimonio enorme per noi.Verso le due arriva il cambio, Enrico viene da Cesena, si posiziona dietro il banchetto pronto per il pomeriggio, giu-sto in tempo per tesserare un ragazzo giovanissimo, Alberto dalla Sicilia, anche lui studente fuori sede. Chiedo se posso fargli una foto con la tessera e orgoglioso prende in mano una copia della Costituzione della Repubblica Italiana “Questa vale quanto la tessera!“.

Quando ritorno per smonta-

re, verso le 18.30, attorno al

gazebo c’è una piccola folla, ragazzi

arrivati da Santa Sofi a, gli studenti

dell’Unione Degli Universitari e perso-

ne che si sono fermate per scambiare

opinioni e confrontarsi. La giornata

non può chiudersi meglio..

Domenica 18 Novembre si è svol-

ta nelle piazze di tutta Italia la

Giornata Nazionale del Tesseramento

ANPI.

A Forlì il gazebo dell’ANPI Provinciale

Forlì Cesena viene allestito in Piazza

Saffi già dalle prime ore del mattino,

non abbiamo ancora montato il ta-

volino quando un anziano si ferma a

leggere sulla bandiera tricolore: “As-

sociazione Partigiani...bene bene,

controllavo perchè non si sa mai di

questi tempi...”.

La mattina è fredda, i passanti de-

viano il loro percorso per sbirciare

il grande manifesto appeso mentre

Alessia e Salvatore, studenti universi-

tari fuori sede, preparano il materiale

per il tesseramento.

Finito l’allestimento facciamo un po’ di

foto insieme al Presidente Sarpieri da

pubblicare in diretta sulla pagina uf-

fi ciale Facebook. Anche da casa chi

non può partecipare fi sicamente alla

giornata ci mostra il suo apprezza-

mento attraverso internet.

Il primo a raggiungerci è Marcello da

Cesena, studia a Venezia ed è torna-

to solo per il weekend, ma ha deciso

che oggi non poteva mancare l’occa-

sione di tesserarsi, si siede con noi,

parliamo un po’ delle diffi coltà degli

studenti, della disoccupazione e del

precariato, c’è tanta voglia di fare.

Il sole comincia a scaldare e sono già

diverse le tessere emesse, quando

Lancio del tesseramento 2013di Emanuele Gardini

Due momenti della giornata

del Tesseramento al gazebo

dell’ANPI

Page 13: Settembre-Dicembre 2012 n° 5-6 - Cronache della Resistenza

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“L’ANPI e i giovani”

Anche nel 2012 molto intenso è stato l’impegno dell’Associazione verso gli studenti delle scuole di Forlì e della Provincia ed in genere verso i giovani. E’ necessario sottolineare il valore altamente educativo di questa attività volto a mantenere viva la Memoria, ma anche a far conoscere e difendere gli ideali e i valori della Resistenza dai quali è nata la Repubblica italiana e la sua Costituzione. Un caldo ringraziamento rivolgiamo ai compagni che si sono impegnati in questa attività ed in particolare a Rosalba Navarra, instancabile organizzatrice, e a Sergio Giammarchi, partigiano del battaglione Corbari sempre presente a rispondere alle domande dei giovani. Da marzo a giugno si sono concretizzati 18 incontri durante i quali si sono stati contattati circa 700 giovani.Non e possibile, per ragioni di spazio, illustrare nel dettaglio tutti gli incontri. Vogliamo, tuttavia, sottolineare alcune inizia-tive particolarmente interessanti. Per la prima volta siamo riusciti a entrare nella scuola media di Predappio: il 27 marzo ed il 17 aprile Giammarchi, Angeli e Rosalba Navarra hanno dialogato con gli studenti e insegnanti della Classe terza.Il 13 aprile a Modigliana Tredozio incontro con 81 studenti di quattro classi della scuola media. Il 20 aprile il Presidente dell’ANPI provinciale Carlo Sarpieri e Sergio Giammarchi hanno incontrato le classi della Scuola Media di S.Mauro Pascoli (124 alunni).Particolarmente interessante l’iniziativa del 5 maggio: meeting a Cesena del Presidente dell’Istituto Storico della Resi-stenza Ines Briganti, Sergio Giammarchi, Grazia Cattabriga e Mauro Angeli con Gruppi di Studio del Liceo classico (350 studenti). Vi sono state iniziative verso gli studenti universitari in collaborazione con l’Istituto Storico Della resistenza (Miro Flamigni).

Fra il 29 settembre ed il 5 0ttobre 1944 sulle colline bolognesi intorno a Montesole nel quadro di un’opera-zione di rastrellamento diretta contro la formazione ‘ Stella Rossa ‘, furo-no uccisi quasi ottocento cittadini, soprattutto donne, vecchi e bambini, perché gli uomini, intuendo cosa sta-va per accadere e ritenendo che mai i nazifascisti se la sarebbero presa con persone inermi , ripararono sui mon-ti. Purtroppo sbagliarono 770 volte !

E pensare che Il Resto del Carlino in

data 11 ottobre 1944 così si esprime-

va “ Le solite voci incontrollate, Pro-

dotto tipico di galoppanti fantasie in

tempo di guerra, assicuravano fi no a

ieri che nel corso di una operazione

di polizia contro una banda di fuori

legge, ben centocinquanta fra donne,

vecchi e bambini erano stati fucilati da

truppe germaniche di rastrellamento

nel comune di Marzabotto……Siamo

dunque di fronte a una nuova mano-

vra dei soliti incoscienti destinata a

cadere nel ridicolo….” Ed ora siamo

qui per la sessantottesima volta

a ricordare quella ‘ridicola’ situazione.

Devo premettere.che non ho mai ama-

to le celebrazioni e tanto meno quelle

commemorative, perché ho sempre

sentito molta retorica in parole di cir-

costanza che tuttavia ciascun oratore

vuole in tutti i modi esprimere in ma-

niera sentita e addirittura commossa

( basti pensare che tutte le persona-

lità istituzionalmente deputate a ciò,

quando non sono più nel ruolo, non si

vedono più ) ,ma questa di Marzabot-

to è la più vibrante. E non credo che

dipenda solo dal grande numero delle

vittime ,che già di per sé potrebbe

essere un motivo più che suffi ciente,

ma c’è anche da parte degli orga-

nizzatori una convinta e convincente

volontà di attualizzare il passato esi-

bendo ogni anno proposte per attività

concrete da realizzare non soltanto in

ambito territoriale, ma anche in cam-

po nazionale ed oltre.( E per fortuna

ci sono vicino a noi persone come il

sindaco di Cagliari Massimo Zedda )

Questa località, insieme con Grizzana

Morandi e Monte Sole costituiscono il

territorio che ha avuto il maggior nu-

mero di vittime civili, intere famiglie

sterminate ( se ne contano fi no a 11

appartenenti allo stesso nucleo ) e ciò

suscita veramente orrore ,sentimento

che ci unisce di fronte alle stragi di

cui quotidianamente ci parlano i me-

dia Per questo tramandare la memo-

ria è sempre più importante, perché ci

serve per lavorare sul presente e per

passare ai giovani l’input per sapere

e voler conoscere . Questo è il nostro

compito. Non ricordo chi abbia detto

la frase che ho fatto mia:….”la memo-

ria è una grande quercia ed io sono

una ghianda,,,,,”

“MARZABOTTO 7 ottobre 2012”

Delegazione dell’ANPI di Forlì a

Marzabotto

2012 - LE ATTIVITA’ DI UN ANNO

Anche il 2012 si è dimostrato un anno pieno di appuntamenti ed incontri, realizzati tra piccole e grandi diffi coltà,

che hanno contribuito ad ampliare tra la gente la presenza e le iniziative della nostra associazione. Le iniziative

di seguito sommariamente riportate indicano che l’ANPI è in buona salute. Una cosa ci rende particolarmente

soddisfatti: la vivacità delle sezioni che hanno svolto autonomamente un grande lavoro.

Page 14: Settembre-Dicembre 2012 n° 5-6 - Cronache della Resistenza

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Alcuni scatti presi durante

le iniziative dell’anno 2012.

Dall’alto al basso, Un mo-

mento della Cerimonia in

ricordo delle vittimi del

Carnaio, Il Presidente Sar-

pieri con i Sindaci di Bagno

di Romagna e di Verghereto

con al centro Paolo Bolo-

gnesi Presidente dell’Asso-

ciazione Vittime della Stra-

ge di Bologna.

Sotto i Compagni di S.Sofi a

e Civitella alle Commemo-

razioni della Strage di Mar-

zabotto.

A destra, Sergio Giammar-

chi ed altri compagni a San

Valentino.

In basso, 25 Aprile, Piazza Saffi , Forlì, deposi-

zione delle corone ai martiri della Resistenza.

A sinistra, nella stessa foto, due giovani della

Sezione Universitaria ANPI.

Page 15: Settembre-Dicembre 2012 n° 5-6 - Cronache della Resistenza

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Venerdì 9 novembre 2012 è stato celebrato il 68° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE DI FORLÌ.La cerimonia uffi ciale si è svolta al Cimitero Monumentale con la Deposizione di Corone al Monumento ai Partigiani alla presenza delle autorità civili e militari: Ha reso gli onori un picchetto del 66° Reggimento Fanteria Aeromobile “Trieste”. L’ANPI come sempre è stata presente con un folta delegazione di partigiani e giovani associati.La cerimonia è proseguita nel Salone Comunale con l’intervento del Sindaco Roberto Balzani ed infi ne corone di alloro sono state deposte al Sacrario dei Caduti in Piazza Saffi .

Venerdì 11 maggio 2012 ore 20.30 presso la Coop. Casa del Lavoratore Bussecchio - Via Cerchia 98 Forlì l’ANPI ha organizzato un incontro pubblico dal titolo "CONSERVARE LA MEMORIA" durante il quale è stato presentato

il restauro conservativo dei documenti relativi alla 29^ brigata G.A.P. "Gastone Sozzi",l’8^ brigata Garibaldi "Romagna",

SAP (Comandi) e Btg Corbari (Graduati).

Ha introdotto il Dott.Bruno Biondi presidente coop. Casa del Lavoratore (che ha fi nanziato il restauro). Maria Roberta

Stanzani del CE.PA.C - Centro per la patologia e la conservazione del libro e del documento, la quale ha illustrato le

tecniche utilizzate per il restauro. Sono intervenuti: Carlo Sarpieri Presidente ANPI Forlì – Cesena; Guglielmo Russo Vi-

cepresidente della Provincia Forlì – Cesena e Roberto Balzani sindaco di Forlì. E’ stata una iniziativa di grande succes-

so per la straordinaria partecipazione di cittadini e per e la vivacità del dibattito. Negli interventi sono scaturite proposte

molto interessanti per portare avanti la battaglia contro il revisionismo.

Sabato 21 Aprile 2012. Al Parco Franco Agosto promossa dal TAVOLO delle Associazioni contro la violen-

za alle Donne, in collaborazione con: ANPI, UDI, SPI CGIL-FNP CISL-UILP FORLI’, con il Patrocinio degli Assesso-

rati alle Politiche Giovanili e Pari Opportunità del Comune di Forlì, si è svolta l’iniziativa in onore delle donne della

resistenza:"EROICHE NELLA LOTTA: STORIE DI DONNE RESISTENTI DI FORLI’ ” ,la storia di 15 donne resisten-

ti (IRIS VERSARI, OLGHINA “OLGA” GUERRA, TERESA VALMORI, PELLEGRINA ROSSELLI DEL TURCO, TINA

GORI, NORMA BALELLI, LUCIA BENELLI, MARIA BONDI, LILIANA “IRMA” VASUMINI, NADIA (GIUSEPPINA) VEN-

TURINI, WILMA ANGELINI, SORELLE GAROIA, LUCIA BENZONI TUPPONI, GIULIANA NENNI, SUOR GEMMA),

"raccontate" da altre donne.

Giovedì 15 novembre ore

19.30. La Sezione ANPI Universitari di

Forlì-Cesena in collaborazione con l’U.D.U

Forlì hanno oganizzato al "Puerta del Sol"

in via dei Filergiti 5 Forlì, un pubblico incon-

tro sul tema:"I Giovani e la Resistenza:

un'analisi concreta di ieri e di oggi".

Sono intervenuti: Riccardo BRIZZI, docen-

te di Storia contemporanea e Carlo SAR-

PIERI, Presidente dell'ANPI Forlì - Cesena

A Sinistra: Celebrazioni 9 Novembre, i giovani della Sezione Universitaria nel Salone Comunale.

A destra, Il Sindaco Balzani a Bussecchio interviene alla presentazione del Restauro di documenti dell’archivio ANPI.

Delegazione dell’ANPI di Forlì-Cesena

a Piacenza, in occasione delle Cele-

brazioni in ricordo della fi gura di

ANTONIO CARINI “ORSI”

Page 16: Settembre-Dicembre 2012 n° 5-6 - Cronache della Resistenza

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SEZIONE DI GALEATA:

Durante il 2012 l’ANPI di Galeata ha promosso un ricco calendario di eventi sia direttamente che in collaborazione con l’Amministrazione Comunale. Molteplici sono state anche le iniziative di sostegno alle scuole del territorio e di col-laborazione per la realizzazione di studi e ricerche storiche.Il 21 GENNAIO presso il Teatro Comunale, le classi quinte dell’Istituto Professionale Statale IPSSIA U.Comandini sede distaccata di Galeata, hanno presentato un accurato lavoro di ricerca sul tema della lotta partigiana e dei militari inter-nati in Germania dal titolo “Italiani in guerra all’8 settembre 1943 al 25 Aprile 1945” ..Il 27 GENNAIO, invece, in occasione della Giornata della Memoria, l’ANPI e l’Amministrazione Comunale hanno orga-nizzato nel teatro comunale la proiezione di un cortometraggio sul tema dell’integrazione multirazziale realizzato dai 25 giovani provenienti da diversi contesti internazionali e precisamente: italiani (di Galeata) , polacchi, estoni, palesti-nesi ed israeliani, partecipanti al progetto europeo “In viaggio con Dante”.Nel corso della serata i giovani collegati in videoconferenza da tutte le parti del mondo, hanno potuto interagire direttamente con i presenti e rispondere alle loro domande sull’esperienza realizzata a Galeata nell’estate precedente.Il 5 APRILE l’ANPI di Galeata si è recata a Villa Raggi di Predappio per rendere omaggio alla memoria di Celestino fucilato in quel luogo.In occasione del 25 APRILE, alla cerimonia uffi ciale che si è realizzata durante la mattina alla presenza delle autorità, è seguita sempre nel teatro Comunale, la proiezione del Film “Ogni cosa è illuminata”, trasposizione cinematografi ca dell’omonimo libro autobiografi co di Jonathan Safran Foer.Il 1 MAGGIO com’è tradizione, si è svolta la Festa della Collinaccia, presso la casa colonica che ospitò il primo nucleo partigiano dell’VIII Brigata Garibaldi e che oggi viene gestita dall’ANPI di Galeata per la realizzazione di iniziative so-prattutto rivolte alle scuole, fi nalizzate a conservare la memoria della storia del luogo e l’identità del territorio .In SETTEMBRE i soci dell’ANPI hanno partecipato alla festa dell’VIII Brigata Garibaldi organizzata dall’ANPI di Santa Sofi a ed il Comune di San Piero in Località Strabatenza.Sempre durante il mese di Settembre l’ANPI di Galeata ha collaborato nell’organizzazione della celebrazione della stra-ge delle Sodelle che si è svolta a Collina di Pondo presso il cippo dedicato alla memoria dei civili uccisi e che ha visto la partecipazione delle scolaresche delle scuole medie.Il 19 OTTOBRE si è celebrata la Festa della Liberazione di Galeata con l’organizzazione di una festa rivolta ai giovani che si è svolta nel campo sportivo . Il Presidente dell’ANPI Carlo Sarpieri e Miro Flamigni dell’Istituto Storico per la Resistenza e l’Età Contemporanea di Forlì sono intervenuti per richiamare i presenti sui valori ancora attuali della Resistenza . E’ seguita la proiezione di un documentario dal titolo “Parole Resistenti”con testimonianze di partigiani e musica dal vivo del gruppo musicale AZIMUD.Ricordiamo infi ne che l’ANPI nel corso dell’anno scolastico ha collaborato attivamente con gli insegnanti delle scuole medie, organizzando un’uscita didattica a Tavolicci ed un’escursione di trekking alla Collinaccia offrendo ai ragazzi anche il pranzo, per avvicinare i ragazzi ai temi della Resistenza..

SEZIONE ALTO SAVIO

Il giorno 17 Novembre la Sezione ha organizzato l’incontro dal titolo “INFORMAZIO-NE E DEMOCRAZIA”, con la presenza di LORIS MAZZETTI ( Capostruttura RAI 3 Milano e Professore di Linguaggio e Tecnica Televisiva presso l’Università di Modena e Reggio Emilia).

SEZIONE DI MELDOLA

Martedì 22 maggio la Sezione ANPI di Meldola in collaborazione con l’ARCI ha organizzato la presentazione del libro di Palmiro Capacci: “Poi venne la fi umana” (Ed. Ponte Vecchio di Cesena). Presente per l’ARCI Michele Drudi; il saluto dell’ANPI è stato portato da Miro Coveri, presidente della sezione di Meldola.

SEZIONE DI MODIGLIANA

Venerdì 13 aprile alle ore 15,00 presso la Sala Bernabei, in piazza Matteotti,a Modigliana, è stato presentato il libro “Partigiani, popolazione e guerra sull’Appennino. L’8° brigata Garibaldi Romagna” Le autrici Roberta Mira e Simona Salustri, ricercatrici presso le Università di Bologna e di Firenze hanno illustrato il loro lavoro. L’incontro è stato mode-rato dal Professor Roberto Bulgarelli, presente il Responsabile dell' ANPI di Modigliana-Tredozio Mirko Masotti.

SEZIONE BERTINORO

Il 24 ottobre presso il Salone Comunale di Bertinoro incontro pubblico con le classi terze della Scuola Media . Per l’ANPI erano presenti il presidente provinciale Carlo Sarpieri e il responsabile di Sezione Valter Pedroni.

SEZIONE DI FORLIMPOPOLI

Il 24 aprile 2012, in collaborazione con il Comune di Forlimpopoli, inaugurazione della mostra di documenti e immagini “Resistendo”. La mostra è stata aperta al pubblico fi no al 29 aprile. Lo stesso giorno alle ore 21, presso il teatro Verdi, monologo di Roberto Mercadini dal titolo“La più selvaggia sete. La più selvaggia fame”.

SEZIONE RUBICONE

FEBBRAIO 2012 - Iniziativa sul tema della Costituzione. Relatore il Prof. D’Aloja.

Page 17: Settembre-Dicembre 2012 n° 5-6 - Cronache della Resistenza

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SEZIONE DI S.SOFIA:

La sezione ANPI di Santa Sofi a nel corso dell’anno 2012 ha organizzato in collaborazio-ne con il Comune e l’Istituto Comprensivo Sta-tale di Santa Sofi a le seguenti iniziative.• 27 GENNAIO 2012 - GIORNO DELLA ME-MORIA. Ricordo di Guelfo Zamboni, il Perla-sca di Santa Sofi a. Letture di brani tratti dalle testimonianze dei sopravvissuti alla SHOAH con accompagnamento musicale.• 5 FEBBRAIO 2012. Ricordo di “STOPPA” il primo partigiano caduto durante la Resistenza. • 12 APRILE 2012 –Ricordo della Battaglia di BISERNO e presentazione del libro di Roberta Mira e Simona Salustri “ Partigiani,Popolazione e Guerra sull’Appennino. L’8° Brigata Garibaldi Romagna”• 25 APRILE 2012. CELEBRAZIONE DEL-LA FESTA DELLA LIBERAZIONE. Concorso grafi co fra gli Studenti dell’Istituto Comprensi-vo per la realizzazione del manifesto per il 25 Aprile. Discorso commemorativo e lettura da parte degli studenti di alcune lettere dei Con-dannati a Morte della Resistenza. Corteo e de-posizione di corone ai cippi.• 9 SETTEMBRE 2012 – STRABATENZA - FESTA DELL’VIII° BRIGATA GARIBALDI.• 29 SETTEMBRE 2012 – COMMEMORAZIO-NE ECCIDIO DELLE SODELLE. Ricordo dei 13 civili uccisi alla presenza degli studenti dell’Istituto Comprensivo e del super-stite Gino Valbonesi.•14 OTTOBRE 2012 – FESTA DELLA LIBERA-ZIONE DI SANTA SOFIA. PRIMO RADUNO NAZIONALE FAMIGLIE DEI COMBATTENTI POLACCHI IN ITALIASono intervenuti l’Ambasciatore Polacco in Ita-lia e Maria Anders fi glia del Comandante del 2° Corpo Polacco Gen. Wladyslaw Anders.

In alto a destra una

foto della Festa

dell’VIII Brigata.

Al centro un mo-

mento della Festa

della Sezione di

S.Sofi a.

A destra i ragazzi

delle scuole presen-

ti alla Commemora-

zione dell’Eccidio

delle Sodelle

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Fermiamo la guerra a Gaza

L'Italia e l'Europa hanno il dovere di fermare la guerra a Gaza. Lo possono e lo debbono fare agendo con intelligenza e determinazione nell'interesse superiore dei diritti umani, della sicurezza internazionale, della giustizia e della pace.

L'Italia, che vanta ottime relazioni sia con Israele che con i palestinesi, può fare molto. Ma deve cambiare: smettere di essere di parte, assumere un ruolo attivo, propositivo e progettuale. Nel Mediterraneo, in Europa e all'Onu. L'Italia deve essere consapevole dei suoi limiti ma anche delle sue risorse, della sua prossimità e delle sue responsabilità. Comin-ciamo subito: mobilitiamoci per fermare le armi, chiediamo al Consiglio, alla Commissione e al Parlamento Europeo di agire immediatamente, riconosciamo alla Palestina lo status di osservatore all'Onu, smettiamo di vendere armi a Israele e in Medio Oriente e chiediamo all'Europa di fare altrettanto. L'inazione degli altri non può più giustifi care la nostra.Ma fermare la guerra non basta. E' arrivato il momento di andare alla radice del problema, mettere fi ne all'occupazione militare e risolvere il confl itto tra questi due popoli. Non ci possiamo più permettere che continui così. E' troppo desta-bilizzante. Il confl itto è sulla terra. A entrambi i popoli deve essere riconosciuto il diritto di vivere in pace su quella terra con gli stessi diritti, la stessa dignità e la stessa sicurezza. La formula è "due stati per due popoli". E deve essere rea-

lizzata ora. Anche a costo di un'inedita e creativa "imposizione" internazionale. E' l'ultima possibilità. Non ci conviene

più aspettare.

Comitato Forlivese per la Palestina

ANPI, ARCI, Associazione Burkinabè Onuls, Associazione Fratellanza e Amicizia Forlivese ( AFAF), Associazione LIFE,

Camera del Lavoro – CGIL, Comitato Acqua Bene Comune, Italia dei Valori, Presidio Libera, Rifondazione Comunista,

Sinistra Ecologia Libertà, Teatro per la Pace, Unione degli Universitari.

Domenica 18 novembre cinque studenti universitari dell’Udu di Forlì e due pensionate dello Spi-Cgil, sempre di Forlì,

sono saliti sul “Treno della Memoria”, un treno partito da Roma e diretto a Cracovia, carico di studenti universitari e medi

che, insieme ai “nonni” pensionati, hanno deciso di andare a visitare i luoghi dove la cattiveria umana ha dato forse la

sua prova peggiore fi no ad oggi.

Noi ragazzi abbiamo accolto con entusiasmo la prospettiva di questo viaggio, consci del peso emotivo che avrebbe

portato con sé e del fatto che, certamente, non sarebbe stata una scampagnata.

Eppure siamo partiti, fi duciosi, contenti di poter fare quest’esperienza tra compagni della nostra generazione e di un’al-

tra, una generazione che spesso tentano di metterci contro: le pensioni contro gli ingressi, i padri contro i fi gli, i privilegi

dei nonni tolti ai nipoti e viceversa. Una guerra tra poveri, dove i diritti vengono tolti a tutti, i privilegi non li conosce nessu-

no e tutti perdono il futuro in una sterile lotta al presente che cancella il passato. E invece noi restiamo uniti, lottiamo uni-

ti, parliamo tra noi e ci raccontiamo la verità. Viviamo la storia uniti, la ricordiamo uniti e, uniti, siamo saliti su quel treno.

Le oltre venti ore di treno si sono fatte sentire, ma nessuno ha osato lamentarsi, pensando con il cuore in gola a quanti

quel percorso l’hanno fatto contro la propria volontà, in treni decisamente più scomodi, in molte più ore, al gelo e al buio,

senza sapere cosa li aspettasse.

I lager. Siamo partiti convinti di sapere cosa avremmo trovato. Auschwitz, l’abbiamo visto così tante volte in foto e in vi-

deo, l’abbiamo nominato e sentito nominare infi nite volte. Non so spiegare a parole cosa ho provato in quel luogo, forse

perché Auschwitz è un non-luogo, dove uomini sono stati ridotti a numeri e poi in cenere, dove intere vite sono state

annullate, dove l’umanità si è annullata. E le parole non servono, non bastano, non arrivano.

Poi Birkenau. Il freddo di Birkenau è un freddo fi sico, ma non solo. E’ un freddo che entra nelle ossa e una volta penetra-

to, non ti lascia più. Birkenau è un luogo spettrale, avvolto nella nebbia, precipitato nel fango, circondato da alberi che,

silenziosamente, piangono. Ogni passo, ogni respiro, ogni sguardo, ogni sasso, ogni foglia, a Birkenau sa di morte. E

di rabbia.

Com’è stato possibile? Ci chiediamo tutti. Ma la risposta è purtroppo più semplice del previsto.

E’ stato possibile com’è stato possibile che quel giorno a Birkenau leggessimo i nomi dei prigionieri morti ad Auschwitz

e non conosciamo invece nessun nome di nessun bambino morto negli infi niti genocidi che da sempre vanno avanti in

moltissime parti del mondo, forti proprio del nostro silenzio e della nostra ignoranza.

Ricordiamo che questo è stato perché non debba succedere mai più... Ma succede. E’ successo perché qualcuno si è

girato dall’altra parte e ha lasciato che accadesse. E noi, oggi?

La visita ai campi di Auschwitz e Birkenau è stata forte. Ci ha fatto toccare con mano i luoghi dove l’essere umano è

stato annientato, più che nella distruzione fi sica e mentale dei prigionieri, nella freddezza lucida e spietata dei carnefi ci.

Nel lager tutto è fi nalizzato all’annientamento. E non c’è umanità.

Per questo, nel ricordo di tutto quel dolore e di quella cattiveria, qualcuno di noi ha pianto. Quello che mi auguro è che

queste lacrime sappiano trasformarsi in impegno attivo di noi tutti per fermare le guerre, i massacri, i genocidi tutt’ora in

corso. Per fermare la crudeltà ed essere, fi nalmente, umani.

Chiara PatricoloUnione Degli Universitari di Forlì

Il treno della memoria

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CANZONI CONTRO LA GUERRA

WHERE HAVE ALL THE FLOWERS GONE(DOVE SONO FINITI TUTTI I FIORI)

Questo è il titolo di una tra le più celebri can-zoni contro la guerra di ogni tempo. Il testo

è del cantante-compositore americano Pete

Seeger. Secondo la sua stessa ammissione, Seeger si ispirò ad un brano del Placido Don dello scrittore russo Michajl Solochov.Comunque la versione più nota è probabilmen-te quella cantata da Joan Baez, “L'usignolo di Woodstock”.La canzone è cantata in tutto il mondo: esiste la versione inglese, tedesca, francese, cata-lana, spagnola, ceca, cinese, croata, ebraica, giapponese, greca, polacca, russa, svedese, turca, ungherese. Esiste persino una versione in Latino!

La versione tedesca del paroliere russo-tede-

sco Max Colpet (risalente al 1962, quindi negli

anni cruciali del Muro di Berlino e della crisi di

Cuba) è celebre quanto l'originale, se non addi-

rittura di più. Fu interpretata da un personaggio

di assoluta eccezione: Marlene Dietrich, la quale cantò sia l'originale inglese di Pete Sieger che quella in

lingua tedesca.

Quanto vorremmo che fosse ascoltata anche da coloro che scatenano le guerre!

In Italia esistono due versioni, una di Riccardo Venturi ed una di Nives e Tato Queirolo. Per ragioni di spa-

zio riportiamo quella di Nives e Tato Queirolo.

Dove mai saranno fi niti i fi ori,

nei nostri prati non ci sono più

sono sulle tombe dei soldati

che sono morti per una pace che non c'è.

Ma perché combattere, perché uccidere?

Perché distruggere l'umanità.

Il giorno che saremo davanti a Dio

né pelle né colore potrà comprare la libertà.

Con tutta la mia voce combatterò la guerra

di una chitarra mi armerò

e pace griderò a chi dirà

che questo è il prezzo della libertà.

Non vogliamo più vedere uomini uccidere

nel falso nome di una civiltà

che non c'è.

Dove mai saranno fi niti i fi ori

il vento li ha portati sulle tombe,

la polvere ricopre fucili e croci

e forse un giorno la mia chitarra coprirà.

Elvio Cicognani

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SOTTOSCRIZIONI

Ennio e Loretta Gelosi sottoscrivono € 20 per Cronache in memoria del padre partigiano Ezio Ge-losi

Il 26/12 ricorre l’anniversario della scomparsa di Casadei Carlo. Lo ricordano la sorella Carla ed il cognato Menotti sottoscrivendo € 20 in favore di Cronache.

Bruna Tabarri sottoscrive € 50 in memoria della partigiana Olghina Guerra e di Andrea Gualdi suo compagno di una vita.

Mario e Mafalda Paccagnella in memoria di Paccagnella Giuseppina sottoscrivono € 50 per Cro-nache della Resistenza

A nome del Comitato Provinciale e mio personale,

auguro a tutti gli associati ed agli amici

i più sinceri auguri di

Buone Feste e Felice Anno Nuovo!

Il Presidente

Carlo Sarpieri

A nome del Comitato Provinciale e mio personale,

auguro a tutti gli associati ed agli amici

i più sinceri auguri di

Buone Feste e Felice Anno Nuovo!

Il Presidente

Carlo Sarpieri