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settemiglia da Gerusalemme ad Emmaus ...e ritorno Diocesi di Nola – Parrocchia San Francesco di Paola – Scafati – Sa anno III Speciale Natale NATALE 2012

Settemiglia - anno III, Speciale Natale

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Giornale della Parrocchia San Francesco di Paola - Scafati (Sa) Supplemento a IN DIALOGO Mensile della Chiesa di Nola

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settemigliada Gerusalemme ad Emmaus ...e ritorno

Dioces i d i Nola – Parrocch ia San Francesco d i Paola – Scafat i – Sa

anno III Speciale Natale

NATALE 2012

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settemiglia | Speciale Natale2

Continua a pag.16 con il messaggio del

nostro Vescovo

Nella foresta della notte che non ha mai fine, gli uomini avevano occhi rossi chebrillavano furenti come quelli delle belve feroci. Anche le loro mani erano cambia-te: il palmo, da quando non serviva più per dare carezze, era divenuto piccolo pic-colo. Le dita lunghe e dritte. Le unghie sempre più arcuate.Le case erano piccole, brutte e spoglie, ché le cose è meglio portarle con sé per difen-derle dai pericoli del buio. Lungo i sentieri dissestati si ammassavano materassi mal-trattati, ché dormire non è permesso né prudente, né da soli né con altri, né conmogli né con figli. Anche perché, nel buio più pesto, nella caccia permanente a unpo' di cibo e sicurezza momentanea, ciascuno viveva per sé. Nella foresta, da quan-do mancava il sole, avevano anche issato strani cartelli: “Non ti fidare”. “Guardatile spalle”. “Salva la pelle anche oggi”.In un giorno più buio del solito un uomo, un pazzo, stava seduto in riva al fiume.Si faceva chiamare 'la sentinella'.Animato da uno strano, inusuale e ormai patologico senso di protezione verso i suoisimili, correva di casa in casa non appena avvertiva pericoli. “Una mandria!”. “Ilupi!”. “Una valanga”!. Il pazzo era sì pazzo, ma anche ben affidabile. Non c'erauomo che non provvedesse a mettersi in salvo non appena avvertiva la sua voce.Beh, quel giorno, seduto in riva al fiume, il pazzo, 'la sentinella', vide una pallidaluce alle spalle della montagna.Corse casa per casa, come sempre. “La luce!”. “La luce”!. Gli occhi rosso fuoco noncapivano. C'era, tra di loro, anche chi non l'aveva mai vista la luce, e nemmeno ipapà e i papà dei loro papà avevano osato raccontargli cosa fosse.“La luce!”. “La luce!”. Il pazzo correva, e in effetti la luce pallida saliva, saliva sem-pre più su e più saliva più brillava. “Dai lupi si scappa, dalle valanghe si scappa,dalle mandrie si scappa… ma cosa fare con la luce?”, ripetevano ciascuno dentro disé gli uomini dalle mani ormai disumane.'La sentinella' si fermò, capì che nessuno sapeva come comportarsi. Erano immobi-li, fermi, spaventati. Più la luce saliva, più gli occhi prendevano il colore di untempo. Occhi azzurri, castani, neri… “State uniti – prese a dire il pazzo – la lucenon vuole vederci divisi, la luce non vuole vederci soli, la luce aspetta di essere affer-rata nelle nostre mani…”. Ciascuno guardò le sue mani, beh, non erano proprio adatte ad afferrare alcunché,figuriamoci la luce. “Non vi preoccupate, alzate le mani al cielo – riprese il pazzo,la sentinella -, lasciate che la luce le perfori…”. In poco tempo gli occhi azzurri,neri, castani poterono guardare mani dolci, delicate, morbide. Passarono diverse ore,e la luce insisteva a splendere. Tutti assistevano allo spettacolo muti, in piedi o sedu-ti, ma vicini, o almeno non così lontani. Poi la luce tornò flebile, poi sparì.“Verrà di nuovo?”, chiese uno di loro al pazzo. Ma 'la sentinella non rispose'. La domanda si faceva insistente: “Verrà di nuovo?”. Si alzò il più giovane tra diloro: “La luce verrà di nuovo se ci saranno sentinelle ad aspettarla. La luce verrà dinuovo se non ci faremo imbrutire ancora dalla notte. La luce verrà di nuovo se tor-neremo fratelli, se lasceremo i panni delle bestie feroci. Se torneremo uomini…”.

la Lucela Luce

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In questo numero

settemiglia

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RIFLESSIONISentite che atmosfera?di Luisa Iaccarinopag. 7

ARTEIl divino terrestre:la natività nella pitturadi Franco Ciprianopag. 8-9-10

TRADIZIONIIl Presepedi VincenzoDonnarummapag. 14-15

DIOCESIMessaggio delVescovoPadre Beniaminopag. 16-17

RIFLESSIONISiamo come il sole...di Rosa Matarazzopag. 19

INREDAZIONELa regina delle mensedi Nando Bolinopag. 20

SPORTNatale dello sportivodi FrancescoQuagliozzipag. 21

CINEMAJack Skeletondi Elena Fiorenzapag. 23

VENIRE AL MONDO

“Ma cosa significa in realtà nascere? (…) Egli se ne sta come sospeso inun ambiente liquido, senza fatica,immerso in un mondo ovattato etiepido, privo di luce e quasi total-mente silenzioso. Non ha bisognodi respirare, di mangiare, né di dige-rire (…). Poi all’improvviso qualco-sa si mette in moto e una specie dicataclisma scuote dalle fondamentaquell’universo di pace: con frequen-za sempre maggiore le pareti del-l’utero si serrano addosso al bambi-no spingendolo verso un impervio estretto passaggio che faticosamentesi apre davanti a lui. Tutta la testa èprofondamente incuneata in quellasorta di corridoio, compressa daogni lato, sempre spinta in avanti,per un tempo lungo ore e ore, avolte anche giorni interi. Intanto l’ossigeno che arriva dalcordone ombelicale diminuisce ecomincia a manifestarsi una certaasfissia: il suo piccolo corpo vieneschiacciato, le membra distorte, iltronco imprigionato sempre piùstrettamente.

Poi di colpo viene proiettato nelnuovo mondo: (…) luci violente,rumori crudi e sconcertanti, super-fici dure, aspre, fredde, in un’atmo-sfera che è di almeno quindici gradiinferiore a quella del suo nido liqui-do appena abbandonato. La fame di ossigeno è diventatainsostenibile, l’asfissia lo soffoca. Egli deve respirare e con il suoprimo respiro emette il suo primosuono, il grido della nascita che peri medici e per la mamma è il suogrido di vita”.

Marcello Bernardi - pediatra

SPECIALE NATALE 2012

Supplemento a IN DIALOGOMensile della Chiesa di Nola

Aut.ne Trib. di Napolin. 3393 del 7/03/1985

Direttore ResponsabileMARCO IASEVOLI

Coordinatore RedazioneDON GIUSEPPE DE LUCA

RedazioneVINCENZO FIORENZA

PASQUALE VELLECA

ENZO VITIELLO

ALFONSO QUARTUCCI

ELENA FIORENZA

VINCENZO DONNARUMMA

RubricheROSA MATARAZZO

JOSHUA

FRANCO CIPRIANO

FRANCESCO QUAGLIOZZI

VignetteROSARIA SCOTTO

E‐Mail ed [email protected]

Per leggere e scaricare lepubblicazioni precedenti:

www.settemiglia.it

StampaArti Grafiche Bruno

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Dio si è fatto come noi per farci come Lui

A Betlemme se iettaje lu bannecontr’a criature sott’a li dduje anne.Fuje Maria cu nu ruosse schiantelu figlie arravugliate rint’a lu mante.E li giudei nun hanne riciette

a ogni mamma sbatte lu core ’mpiette.Fuje Maria e va pe’ la campagnaca l’angelo da ciele t’accumpagna.Oje lloche ‘nu giudeo cu ’na brutta facciale vo’ levà lu figlie da li braccia.

Vergine Madre, figlia del tuo figlio,

umile e alta più che creatura,

termine fisso d'etterno consiglio,

tu se' colei chel'umana natura

nobilitasti sì, che 'l suo fattorenon disdegnò di

farsi sua fattura.Nel ventre tuo si raccese l'amore,

per lo cui caldo ne l'etterna pace

così è germinato questo fiore.

Divina CommediaDANTE ALIGHIERI

Paradiso, Canto XXXIII - vv. 1-9

di DON PEPPINO DE LUCA

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Fuje Maria e corre senza sciatelu Bambenielle zitte e appaurate.E attuorne attuorne nun ce sta reparesule ciele scupierte e tiempe amare.Curre Maria ca viente s’avvecinecurre e annascunne a Giesù Bambine.Quanne ’a Maronna perze se verettea ogni fronna «aiute! aiute!» ricette.Frutte ’e lupine mie, frutte ’e lupinearrapete e annascunne lu mio bambino.«Vattenne!» lu lupine rispunnettee forte forte le fronne sbattette.Lupine ca tu fuste amare assajesempe cchiù amare addeventarraje.E doppe ca lu lupine se ’nzerrajeMaria a n’albere ’e pigne tuzzuliaje.Frutte ’e pignuole mie, frutte ’e pignuole,arapete e annascunne lu mio figliuolo.E subbete lu pignuole s’arapettee mamma e figlie ’nzine annascunnette.Reparete reparete Mariaca li giudei so ghiute p’ata via.E doppe ca lu Bambine se salvajecu la manella santa lu carezzaje.Pignuole tu puozz’esse beneritteca reparaste a Die zitto zitto.Si ogge bbuone tu aviste lu corede ‘ncienze sante purtarraje l’addore.E donna e lu Bambino se salvajeno’na mane peccerella ’nce lassajeno.Pignuole tu che a Dio t’arapiste‘nce purtarraje la mane ‘e Giesù Criste.

Questo canto di Roberto deSimone, che racconta la dram-maticità della fuga della madre

di un Dio-bambino, lo abbiamo ascol-tato nella Veglia di Natale mentre il

silenzio della notte ha fatto spazio alcantico di lode per la nascita delSalvatore.Natale non può diventare l’ appunta-mento annuale del sentimentalismo. Natale è Dio che si china sull’uomo,uscendo dal suo cielo, scendendo daipiedistalli che gli abbiamo costruito,disertando vuote liturgie che, oscurateda funerei veli, incensano solo le anticherubriche.Quella notte Dio ha scelto l’abbracciodi una Donna che, come scrive deSimone, si sentì più volte perduta manon abbandonò mai la fortezza del suoEccomi.Quella notte Dio ha scelto le carezze diGiuseppe, l’uomo giusto, che non crol-lò sotto il peso delle sue domande eseppe rispondere al tenero invito di Dio:non temere.Quella notte Dio ha scelto di farsiammirare come neonato dai pastori che,non curanti della loro condizione dianonimi dimenticati, si sono lasciatiavvolgere dal canto degli angeli: Gloria aDio nel più alto dei cieli e pace in terraagli uomini che egli ama.Questa notte Dio si è fatto incontrareda ognuno di noi, ha teso le mani versodi noi, desideroso dei nostri abbracci,delle nostre carezze, dei nostri sguardi.Dio si è fatto uomo perché l'uomo sifaccia Dio: lasciamoci da lui abbraccia-re, accarezzare, guardare. Ritroveremo la forza per intraprenderedi nuovo il cammino e anche la notterisplenderà come il giorno.

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"l'Eterno entranel tempo, ilTutto si nascondenel frammento,Dio assume ilvolto dell'uomo."Giovanni Paolo II,Fides et Ratio

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Il lavoro non insudicia. Non dir maid'un operaio che vien dal lavoro: - Èsporco. - Devi dire: - Ha sui panni i

segni, le tracce del suo lavoro. Ricordatene [...]. Con queste paroleEdmondo De Amicis esprimeva, nellibro Cuore, il suo pensiero sul mondodel lavoro e sulla dignità degli operai.Erano tempi molto duri quelli in cuiegli viveva: si stava per costruire l’unitàd’Italia e si stavano mettendo le basi perla società industriale. Tutto ciò sulla sciadei grandi valori del Romanticismotutto proteso verso la costruzione di unmondo nuovo fondato sull’amore per la

giustizia, per l’uguaglianza, per la paceuniversale, per il rispetto della dignitàumana. Ben presto, però, queste due nuovementalità, l’una basata sul profitto, l’al-tra sulla giustizia sociale, si sarebberoinevitabilmente scontrate causando unvero e proprio disastro politico e sociale. Da lì a poco, infatti, sarebbe scoppiatauna furiosa lotta tra classi. E il lavoro?La dignità dell’operaio? L’uguaglianzasociale? Il ben comune? Quale lotta è ingrado di dare risposte certe? Forse siamonoi, oggi, capaci di conciliare le esigen-ze del capitalismo con quelle di unasocietà giusta e rispettosa della dignitàdell’uomo-lavoratore? Nel frattempodue presepi viventi, quello di Barbiana(patria di don Lorenzo Milani) e quellodi Rasiglia (in provincia di Perugia), aNatale 2011 hanno dedicato le loroscene a quanti hanno perso il lorolavoro, a quanti lottano per non perder-lo e a quanti lo cercano e non lotrovano.

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Foto in alto: scenadella natività nel pre-

sepe vivente di Rasiglia(Perugia).

A lato: la tessitrice èsimbolo della dignitàdel lavoro perché rac-

chiude in sé arte, tecnica, ingegno,

sacrificio.In basso: l'esempio didon Milani e dei suoialunni per gli abitantidi Vicchio (Firenze), a

cui appartiene il villag-gio di Barbiana,

diviene il motivo perriflettere sull'importan-

za del lavoro.

di VINCENZO FIORENZA

Il presepe e la dignità del lavoro

In Italia diverse esperienze di presepi viventidedicati alla più nobile delle attività umane

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ÈNatale da fine ottobre. Le lucette siaccendono sempre prima, mentre lepersone sono sempre più intermit-

tenti. Io vorrei un dicembre a luci spentee con le persone accese.

[Charles Bukowski]

Ormai ci siamo abituati, la frase tipicadi queste feste è: "Non sento l'atmosferanatalizia, non mi sembra Natale".Queste due frasi, penso rappresentino ilpunto centrale del "problema natalizio"che ogni anno ci affligge.Ma cosa ci aspettiamo di sentire? Cosaci manca, affinché ci sembri Natale? Non percepiamo nulla, in quanto, lamaggior parte di noi non ha capito benecosa e perché festeggiamo, e chi l'hacapito, non sa come farlo.Siamo presi dalla nostra cultura da "fastfood", cerchiamo l'immediatamentefruibile, siamo alla spasmodica ricercadi regali, capitoni e baccalà. In tuttoquesto via vai, ci dimentichiamo divivere e forse lo facciamo perché, nono-stante il tempo di crisi, è più facile apri-re il portafogli che il cuore.Quindi: cosa festeggiamo? FesteggiamoL'Infinito che si incarna nel finito. Paradossalmente, Dio ha voluto assu-mere la nostra natura. Avrebbe potutodecidere di essere un "super-uomo" edinvece ha voluto raggiungere l'uomoscegliendo di entrare a far parte di unafamiglia, di dipendere da due persone:ha scelto di essere un bambino. Se cipensiamo, è una cosa eccezionale edinsieme sconvolgente.Spesso raccontiamo la vicenda di Cristocome se fosse una favoletta con unabuona morale, che è iniziata e si è con-clusa circa duemila anni fa; senza ren-

derci conto che "i giochi sono ancoraaperti" e che ognuno di noi ha un ruolopreciso. Viviamo la nostra fede coninconsapevolezza e passività.Come scampare questo pericolo? Entrando a far parte del "presepe", noncome belle statuine, ma come co-prota-gonisti di una storia straordinaria.Cristo è venuto sulla terra per sgretola-re la pietra che ci costringe all'immobi-lità e all'apatia, per farci pro-motoridell'Amore, per renderci liberi da ogniforma di oppressione.È finito il tempo delle chiacchiere. Èarrivato il momento di agire, a partireda adesso! Il compito di noi cristiani èquello di portare la Speranza ovunque! Regaliamo emozioni e gioia a chi le ha perse da tempo. Per farlo non servonoprediche o sermoni, ma la disponibilitàdi ciascuno a rimboccarsi le manicheper rendere migliori noi stessi e ilmondo. Non è un'utopia, è un sognorealizzabile.Cominciamo a vivere in questo modo,con un cuore nuovo, con degli occhicapaci di guardare oltre, di tendereall'infinito, e allora anche il dolore, lafatica e lo sconforto dovranno arrender-si e assumeranno un significato diverso.Ed ora, sentite che atmosfera? s

Sentite che atmosfera?Non sforzarti di capire, devi solo vivere!

Visioni di panettoni moltiplicate percastagne sulfuoco, divise perradice quadratadi 25 dicembre,più BabboNachele =Natale...?

Jack Skeletrondal film "Nightmare

Before Christmas"

di LUISA IACCARINO

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di FRANCO CIPRIANO

In questa pagina operedi LUIGI PAGANO,

Ovo e Radice del corpo,del 2012

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La Natività è icona “decisiva” dellaRivelazione cristiana. Annuncia ilnascere del Dio Uomo, del venire

al mondo di colui che ‘viene permorire’. In un’opera di Lorenzo Lotto(nel 1523 Lotto dipinge la Natività,una piccola tavola (cm 46 x 36) conser-vata alla National Gallery of Art diWashington) il crocefisso è già presentenel tempo e nello spazio della nascita. La iconografia della Natività persistenelle rappresentazioni artistiche fino aicontroversi esiti del moderno - unaespressionistica e corrosiva natività fudipinta da Emile Nolde. Dalle inizialiversioni arcaiche l’interpretazione pit-torica si modifica nella concettualitàespressiva e nelle strutture comuni-cazionali. La prima pittura della Natività, scabra eintensa, su un muro delle Catacombe diPriscilla, presenta un’accogliente mater-nità, con accanto una figura che forse èil profeta Balaam indicante una stella. È assonanza figurale con una domesti-

ca, accorata affettività di una nativitàche emerge nella rarefazione luminosadi un dipinto di George La Tour. La rappresentazione dell’evento diBetlemme diviene il riflesso di sensibil-ità teologiche. In un passaggio essen-ziale, con i francescani, grandi comuni-catori, si rivaluta nelle immagini la cor-poreità santificata dell’evento, delinean-do un theatrum di gesti, sguardi, signi-ficati spaziali delle figure. In un’opera di Correggio è data eviden-za iconografica all’apparizione di angeliinfanti, come generati nel grembo diun’abbacinante celeste energia, in unilluminarsi reciproco tra cielo e terra. Mistero della materia che si fa luce,condensandosi, nella contemporaneità,in puro colore epifanico nel sublimesilenzio delle pitture di Marc Rothko.Dove la superficie genera ‘spazi spiritu-ali’, ‘membra’ dell’immemoriale. Con l’immagine del Dio nascenteumano, nel senso religioso irrompe laspiritualità della materia, del corpo.

Il divino terrestre: la natività nella pitturaMondi nascenti della pittura di Luigi Pagano

La singolaritàdella pittura

‘nativa’ di LuigiPagano sospende

la materia in unatrasmutazione che

è custodia delmistero

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Di quest’aura, di questa unicità del rac-conto natalizio l’arte moltiplica le tonal-ità e le diramazioni, ora restituendone lavisione domestica, ora quella pubblicaora quella mistico-simbolica. Ma, in ogni figurazione si rivela la pos-sibilità nell’arte di “toccare” l’indicibile. Già per Lorenzo Lotto, che viveva nel-l’arte la sua tensione religiosa, il pittorescruta quel che gli altri non vedono, perdare un volto ai pensieri dell'uomo e unaforma alla segretezza delle cose.

Paradosso inquietante ed estremo chearte e religione hanno “in comune”. Fare “esperienza di un’eccedenza”. Diuna ‘insensatezza’ che è essenza di unlegame, tra il conosciuto e l’inconosci-bile, sull’estremo del concetto che tuttovede, che tutto spiega. L’essenziale gener-arsi dello spazio invisibile del pensiero,si manifesta nel gesto tagliente di LucioFontana che è segno-immagine della ten-sione all’oltre ma anche ‘superficie dellaprofondità’. È taglio nel tempo, che

in alto, da destra versosinistra in ordine:Natività di LORENZO

LOTTO, Madonna delparto di PIERO DELLA

FRANCESCA, Natività diCORREGGIO, un’opera diMARC ROTHKO, un’operadi LUCIO FONTANA.

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sospende la temporalità in un pensierogestuale che è nativo di spazio infinito. Un segno generante che risuona dellafenditura sul ventre gravido dellaMadonna del parto di Piero dellaFrancesca. Coincidenze extratemporalidi segni delle profondità del corpo? Quando nascere è il ‘venire in luce’, nelfarsi presente del mistero, nel taglio chelega, religioso, come nella mistica mate-ria-colore che in Rothko perviene asplendore di alba sorgiva, in un sensualelirismo che è orbita aperta verso lainfinita finitezza dell’essere. Segni del concepimento sono diffusinelle iconografie dell’arte e perfino nellepiù radicali ‘astrazioni’. Simboli, a volte,ma anche memoria della mano che orig-inariamente tende alla creazione archeti-pa ellittica, ovulare. È Piero della Francesca che dipingel’uovo più enigmatico della pittura,facendolo scendere da un’architettura divolte e nicchie di grande risonanzaspazio-simbolica. Da una conchigliamarmorea cade il filo che regge l’uovo.Arco e nicchia, conchiglia e uovosovrastano il gruppo che al centroMaria con il Bambino dormiente. È nella risonanza memoriale di una cos-mogonica simbolica che si pone la pit-tura ideomorfica-generativa di LuigiPagano. La sua ricerca, ormai persisten-temente votata agli archetipi dell’orig-ine, sembra dirci qualcosa di più che un

semplice immaginare la forma ovularecome citazione figurale. La pittura diPagano nel suo farsi velo acqueo che sisolidifica in forme primarie, alvei dicontrastanti correnti, organismi eterna-mente in formazione, accede all’evo-cazione della sacra generazione delmondo. Al contempo prefigura, sospesatra “l’eternità del Vero e il tempo delmondo”, uno spazio di rivelazione for-male che è sempre trasmutante, in unadoppiezza che è la sua stessa potenzaespressiva: tra radice corporea e segretodello spirito, là dove riemergono leforze del Sacro,‘oscure e sofferenti’,nelle quali è generata - avvento dell’in-audito - la possibilità della ‘creazione’dello spazio come corpo nascente. El’inverso: la forma dipinta rimanda aqualcosa che la trascende, ma risuonaanche del proprio inizio, della propriaorigine.

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in alto da destra:natività delle Catacombe

di Priscilla a Roma eNatività di GEORGE

LA TOUR

Nell’arcaicitàessenziale della

pittura, la madrecol Bambino e

profeta, delleCatacombe di

Priscilla, è ‘com-movente’ radice

iconica dellaNatività nell’arte

Nella Natività diGeorge La Tour,

la luce trasfigurai corpi, rende visi-bile una quotidi-

ana spiritualità

a latoParticolare della

Madonna di Brera diPIERO DELLA FRANCESCA

s

di FRANCO CIPRIANO

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LEV N. TOLSTÒJ

(1828 – 1910) scrit-tore, drammaturgo,filosofo russo. Autoredei romanzi Guerra epace e Anna Karenina.

a cura di PASQUALE VELLECA

In una certa cittàviveva un ciabat-tino, di nome

Martin Avdeic. Lavorava in una stan-zetta in un seminter-rato, con una finestrache guardava sullastrada. Da questapoteva vedere soltan-to i piedi delle persone che passavano,ma ne riconosceva molte dalle scarpe,che aveva riparato lui stesso. Aveva sem-pre molto da fare, perché lavorava bene,usava materiali di buona qualità e per dipiù non si faceva pagare troppo.Anni prima, gli erano morti la moglie ei figli e Martin si era disperato al puntodi rimproverare Dio. Poi un giorno, unvecchio del suo villaggio natale, che eradiventato un pellegrino e aveva fama disanto, andò a trovarlo. E Martin gli aprìil suo cuore.- Non ho più desiderio di vivere - gliconfessò. - Non ho più speranza.Il vegliardo rispose: « La tua disperazio-ne è dovuta al fatto che vuoi vivere soloper la tua felicità. Leggi il Vangelo esaprai come il Signore vorrebbe che tuvivessi.»Martin si comprò una Bibbia. In un

primo tempo avevadeciso di leggerlasoltanto nei giornidi festa ma, unavolta cominciata lalettura, se ne sentìtalmente rincuoratoche la lesse ognigiorno.E cosi accadde che

una sera, nel Vangelo di Luca, Martinarrivò al brano in cui un ricco fariseoinvitò il Signore in casa sua. Una donna,che pure era una peccatrice, venne aungere i piedi del Signore e a lavarli conle sue lacrime. Il Signore disse al fariseo:«Vedi questa donna? Sono entrato nellatua casa e non mi hai dato acqua per ipiedi. Questa invece con le lacrime halavato i miei piedi e con i suoi capelli liha asciugati... Non hai unto con olio ilmio capo, questa invece, con unguentoprofumato ha unto i miei piedi.»Martin rifletté. Doveva essere come mequel fariseo. Se il Signore venisse da me,dovrei comportarmi cosi? Poi posò ilcapo sulle braccia e si addormentò.All'improvviso udì una voce e si svegliòdi soprassalto. Non c'era nessuno. Masentì distintamente queste parole:- Martin! Guarda fuori in strada doma-

Il Natale di Martindi Lev N. Tolstòj

L’Avvento ci dà la possibilità di giungere a festeggiare il Natale meditando sulmistero della nascita del Salvatore, spesso però abbiamo bisogno di esempi eun racconto può farci comprendere qualcosa di più, può arrivare a trasmet-

terci il vero significato che ogni cristiano deve avere del Natale. Non molto tempofa mi è capitato di rileggere questo significativo racconto del grande scrittore russoTolstòj, un racconto che voglio condividere con voi perché ciascuno possa com-prendere, così come è capitato a Martin, che il Salvatore non nasce soltanto il 25dicembre ma nasce tutti i giorni in ogni momento del nostro vivere quotidiano,“all’interno dell’esistenza, dell’esistere” (Mons. G. Ravasi), quello che conta è esseresempre pronti ad accoglierlo.

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ni, perché io verrò.L'indomani mattina Martin si alzòprima dell'alba, accese il fuoco e prepa-rò la zuppa di cavoli e la farinata diavena. Poi si mise il grembiule e sisedette a lavorare accanto alla finestra.Ma ripensava alla voce udita la notteprecedente e così, più che lavorare, con-tinuava a guardare in strada. Ogni voltache vedeva passare qualcuno con scarpeche non conosceva, sollevava lo sguardoper vedergli il viso.Passò un facchino, poi un acquaiolo. Epoi un vecchio di nome Stepanic, chelavorava per un commerciante del quar-tiere, cominciò a spalare la neve davan-ti alla finestra di Martin che lo vide econtinuò il suo lavoro.Dopo aver dato una dozzina di punti,guardò fuori di nuovo. Stepanic avevaappoggiato la pala al muro e stava oriposando o tentando di riscaldarsi. Martin uscì sulla soglia e gli fece uncenno.- Entra - disse - vieni a scaldarti. Deviavere un gran freddo.- Che Dio ti benedica! - risposeStepanic. Entrò, scuotendosi di dosso laneve e si strofinò ben bene le scarpe alpunto che barcollò e per poco noncadde.- Non è niente - gli disseMartin. - Siediti eprendi un po' di tè.Riempì due boccalie ne porse unoall'ospite. Stepanicbevve d'un fiato.Era chiaro che neavrebbe gradito unaltro po'. Martin gli riempìdi nuovo il bicchiere. Mentre bevevano,Martin continuava a guardar fuori dellafinestra.- Stai aspettando qualcuno? - gli chieseil visitatore.- Ieri sera - rispose Martin - stavo leg-gendo di quando Cristo andò in casa diun fariseo che non lo accolse coi dovuti

onori. Supponi che mi succeda qualco-sa di simile. Cosa non farei per acco-glierlo! Poi, mentre sonnecchiavo, houdito qualcuno mormorare: "Guarda in strada domani, perché ioverrò".Mentre Stepanic ascoltava, le lacrime glirigavano le guance. - Grazie, MartinAvdeic. Mi hai dato conforto per l'ani-ma e per il corpo.Stepanic se ne andò e Martin si sedettea cucire uno stivale. Mentre guardavafuori della finestra, una donna con scar-pe da contadina passò di lì e si fermòaccanto al muro. Martin vide che eravestita miseramente e aveva un bambi-no fra le braccia. Volgendo la schiena alvento, tentava di riparare il piccolo coipropri indumenti, pur avendo indossosolo una logora veste estiva. Martin uscìe la invitò a entrare. Una volta in casa,le offrì un po' di pane e della zuppa.- Mangia, mia cara, e riscaldati - ledisse.Mangiando, la donna gli disse chi era: - Sono la moglie di un soldato. Hannomandato mio marito lontano otto mesifa e non ne ho saputo più nulla. Nonsono riuscita a trovare lavoro e ho dovu-

to vendere tutto quel che avevoper mangiare. Ieri ho por-tato al monte dei pegni il

mio ultimo scialle.Martin andò a pren-

dere un vecchio man-tello. - Ecco - disse. - È

un po' liso mabasterà per avvolgere

il piccolo.La donna, prendendo-

lo, scoppiò in lacrime. - Che il Signore ti benedica.- Prendi - disse Martin porgendole deldenaro per disimpegnare lo scialle. Poil’accompagnò alla porta.Martin tornò a sedersi e a lavorare. Ogni volta che un'ombra cadeva sullafinestra, sollevava lo sguardo per vederechi passava.

settemiglia | Speciale Natale12

“Martin! Guardafuori in strada

domani, perché ioverrò.”

a cura di PASQUALE VELLECA

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Dopo un po', vide una donna che ven-deva mele da un paniere. Sulla schienaportava un sacco pesante che volevaspostare da una spalla all'altra. Mentreposava il paniere su un paracarro, unragazzo con un berretto sdrucito passòdi corsa, prese una mela e cercò di svi-gnarsela. Ma la vecchia lo afferrò per i capelli. Ilragazzo si mise a strillare e la donna asgridarlo aspramente.Martin corse fuori. La donna minaccia-va di portare il ragazzo alla polizia. - Lascialo andare, nonnina - disseMartin. - Perdonalo, per amor di Cristo.La vecchia lasciò il ragazzo. - Chiediperdono alla nonnina - gli ingiunse allo-ra Martin.Il ragazzo si mise a piangere e a scusarsi. Martin prese una mela dal paniere e ladiede al ragazzo dicendo: - Te la paghe-rò io, nonnina.- Questo mascalzoncello meriterebbe diessere frustato - disse la vecchia.- Oh, nonnina - fece Martin - se luidovesse essere frustato per aver rubatouna mela, cosa si dovrebbe fare a noi pertutti i nostri peccati? Dio ci comanda diperdonare, altrimenti non saremo per-donati. E dobbiamo perdonare soprat-tutto a un giovane sconsiderato.- Sarà anche vero - disse la vecchia - mastanno diventando terribilmente viziati.Mentre stava per rimettersi il sacco sullaschiena, il ragazzo si fece avanti. - Lasciache te lo porti io, nonna. Faccio la tuastessa strada.

La donna allora mise il sacco sulle spal-le del ragazzo e si allontanarono insie-me.Martin tornò a lavorare. Ma si era fattobuio e non riusciva più a infilare l'agonei buchi del cuoio. Raccolse i suoiarnesi, spazzò via i ritagli di pelle dalpavimento e posò una lampada sul tavo-lo. Poi prese la Bibbia dallo scaffale.Voleva aprire il libro alla pagina cheaveva segnato, ma si aprì invece in unaltro punto. Poi, udendo dei passi,Martin si voltò. Una voce gli sussurròall'orecchio:- Martin, non mi riconosci?- Chi sei? - chiese Martin.- Sono io - disse la voce. E da un ango-lo buio della stanza uscì Stepanic, chesorrise e poi svanì come una nuvola.- Sono io - disse di nuovo la voce. Eapparve la donna col bambino in brac-cio. Sorrise. Anche il piccolo rise. Poiscomparvero.- Sono io - ancora una volta la voce. Lavecchia e il ragazzo con la mela apparve-ro a loro volta, sorrisero e poi svanirono.Martin si sentiva leggero e felice. Prese aleggere il Vangelo là dove si era aperto illibro. In cima alla pagina lesse: «Ebbifame e mi deste da mangiare, ebbi sete emi dissetaste, fui forestiero e mi acco-glieste.» In fondo alla pagina lesse:«Quanto avete fatto a uno dei più picco-li dei miei fratelli, l’avete fatto a me.»Così Martin comprese che il Salvatoreera davvero venuto da lui quel giorno eche lui aveva saputo accoglierlo.

settemiglia | Speciale Natale 13

Sono ioChi sei?Chi sei?

Chi sei?

s

“Ebbi fame e mideste da mangia-re, ebbi sete e midissetaste, fuiforestiero e miaccoglieste. [...]Quanto avetefatto a uno deipiù piccoli deimiei fratelli,l’avete fatto a me”

Matteo 25; 35-45

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Io, Giuseppe, camminavo e non cammi-navo. Guardai nell'aria e vidi l'aria col-pita da stupore; guardai verso la volta delcielo e la vidi ferma, e immobili gli uccel-li del cielo; guardai sulla terra e vidi unvaso giacente e degli operai coricati con lemani nel vaso: ma quelli che masticavanonon masticavano, quelli che prendevanosu il cibo non l'alzavano dal vaso, quelliche lo stavano portando alla bocca non loportavano; i visi di tutti erano rivolti aguardare in alto. Ecco delle pecore spinteinnanzi che invece stavano ferme: il pas-tore alzò la mano per percuoterle, ma lasua mano restò per aria. Guardai la cor-rente del fiume e vidi le bocche dei capret-ti poggiate sull'acqua, ma non bevevano.Poi, in un istante, tutte le cose ripresero illoro corso.

Queste le parole usate in uno deiVangeli Apocrifi per descrivere l’attimo

il cui Dio si è fatto uomo, quando ilmondo intero ha trattenuto il fiato.

Mai parole furono più adatte per descri-vere una qualsiasi scena presepiale, dovetutti sono intenti a far qualcosa eppurebloccati nel medesimo istante, comesospesi in un altra dimensione, quella,forse, onirica di Benino.

Il presepe è presente in tutte le case, èdivenuto oggetto di arredamento, lo sitrova di tutte le dimensioni, materiali,fatture ed etnie. Non tutti sanno, però,che dietro ogni statuina, ogni personag-gio, c’è una storia non scritta, tramanda-ta un tempo da padre a figlio, che ognielemento di questa rappresentazioneassume una valenza allegorica specifica.

Moltissimi sono i simboli nascosti nelpresepe, essi rappresentano il cammino

Presepe stile ‘700napoletanoParrocchia

San Francesco di Paola,Scafati

Il presepeTra fede e simbolismo

14 settemiglia | Speciale Natale

di VINCENZO DONNARUMMA

La tradizione vuole che ilPresepe Italiano abbia

avuto origine con S. Francesco d’Assisi

che, nel 1223 a Greccio,realizzò la prima rappre-sentazione vivente dellaNatività. Nei secoli suc-

cessivi, il presepe fece ilsuo ingresso prima nellechiese, poi nelle case dei

nobili e infine in quelledel popolo. Pian piano la

scena tradizionale dellaGrotta con Maria,

Giuseppe, il Bambinello,il bue e l’asino si ampliò

di personaggi “pagani” e popolari fino a

giungere così ampliato ai giorni nostri.

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“terreno” dell’uomo dall’ignoranza allaconsapevolezza, dal sonno al risveglio,dalla morte alla rinascita.Ad esempio, il bue e l’asino divengonosimboli del popolo ebreo e dei pagani; iMagi rappresentano le tre età dell’uomo(gioventù, maturità e vecchiaia) e le trerazze in cui si divide l’umanità secondoil racconto biblico (orientale, europeaed africana); i doni portati al BambinGesù dai Magi sottolineano, poi, la Suaduplice natura: umana e divina; oro,omaggio alla regalità di Gesù; incenso,testimonianza di adorazione alladivinità, mirra, dono diretto all'uomo.

Tra i personaggi principali c’è Benino, ilpastorello dormiente, che è tutt’altroche un fannullone come si potrebbepensare: simboleggia il cammino eso-terico verso la grotta, percorso attraver-so il sogno. Benino dunque sogna,sogna la venuta del Cristo, prima anco-ra che gli Angeli lo annuncino ai pas-tori. Alla fine del viaggio, superate lepaure e le varie tappe del suo cammino,tale personaggio, dinanzi alla grottadella nascita, o meglio della ri-Nascita,può identificarsi col cosiddetto “pastoredella meraviglia”, che, accecato dalla rivela-zione, posseduto dionisiacamente dallaluce stessa, non trova parole peresprimerla e, dunque, rimane lì a boccaaperta.

Non solo i personaggi ma anche le scenedel presepe sono ricche di significatiallegorici, ad esempio l’osteria con l’osteha un significato profondissimo: questoè l’incarnazione del Male e del Diavolo. Sempre in antitesi con la scena dellanatività, a ricordare la dicotomia bene-male. Da sempre il diavolo si presenta investi camuffate agli uomini: il suo fine èdi attrarli verso il male senza che questipossano averne coscienza. Nel presepe,l’oste attira la gente nell’osteria e lì, tral’ebbrezza del vino e del cibo, inde-bolisce la coscienza e impedisce agliuomini di accorgersi che poco più lon-tano il Figlio di Dio sta venendo allaluce, dando vita al mistero più grande ditutti i tempi.

Molti altri simboli e metafore sono pre-senti in un presepio che ha titolo perdefinirsi tale. Alla scoperta di un mondospirituale ricco di tante particolariattenzioni, è rivolto il nostro pensiero,tutto il resto è stupore, meraviglia, sen-timento affettuoso; è pace agli uomini dibuona volontà, come recita 1'annunciodell'angelo uscito da una folgorazione diluce, alla periferia di un piccolo villag-gio in Giudea.

OSTE

Testa ed arti in terracottadipinta a mano, occhi invetroParrocchia San Francesco di Paola,Scafati

s

settemiglia | Speciale Natale 15

BENINO

Testa ed arti in terracotta dipinta a manoParrocchia San Francesco di Paola, Scafati

Per chi volesse appro-fondire queste tematichein modo piacevole, rac-comandiamo di nonmancare agli appunta-menti con “Nascette luMessia: un vangelosenza libro” - Storia delpresepe napoletan del‘700 - a cura di VALERIA

IMPAGLIAZZO il 27-28Dicembre e il 3 Gennaio2013 presso la parroc-chia San Francesco diPaola di Scafati.

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settemiglia | Speciale Natale16

di PADRE BENIAMINO DEPALMA, VESCOVO DI NOLA

Carissimi amici, ho ricevuto dauna persona cara questo raccon-to e ho pensato di condividerlo

con voi, mi perdonerete dunque se miintroduco in questo Natale conparole fiabesche che sembrano pensateper bambini, e non per tutti. In realtà non è così. Pensando a questasemplice e breve storia, è invece agliadulti e ai giovani della nostra terra chepensavo. Avvolti, travolti e stravoltidalla crisi, ciascuno di noi “grandi”rischia di perdere il bene più prezioso: lasperanza.Rischiamo davvero, e non per gioco,di far vincere la disperazione e cancel-lare così i valori e i gesti che meglio esprimono la nostra dignità umana:fiducia, fraternità, solidarietà, comu-nità. Rischiamo davvero di tornare adun stato di acutissimo individualismo,in cui l'istinto di sopravvivenza dom-ina anche sugli affetti e sulle relazioni. Perché ciò non accada, dobbiamodavvero guardare a Gesù come alla luceche arriva nel villaggio dopo una lunga,lunghissima notte. Non guardiamo alBambino come ad un'icona - bella eromantica ma sempre disincarnata, nécome ad una statuetta di gesso. Lui è ildono concreto e vero di un Dio che nonci dimentica mai, che cammina semprecon noi, che ora in modo particolaresoffre con noi per le acute difcoltà dellavoro e delle famiglie.La luce di Gesù viene a dirci che siamouomini, che la nostra dignità non puòessere depredata dallo spread, dall'e-

conomia selvaggia, dalla finanza irre-sponsabile e dalla cattiva politica. La luce di Gesù viene a ricordarci chenon basta “provvedere ciascuno a sé”per uscire dalla più terribile crisi daldopoguerra ad oggi. Pensando ciascunoa preservare se stesso, infatti, non garan-tiremmo il futuro ai nostri figli, mapiuttosto ci limiteremmo a difendere lenostre rendite e i nostri privilegi, senzacostruire futuro. La soluzione alla crisi èinvece scritta nella scia di luce della stel-la che seguirono i Magi: inseguire sognigrandi con costanza e coraggio, condi-viderli, camminare insieme, sostenerci

Come i Magi per uscire dalla crisiMessaggio di Natale del Vescovo di Nola

Il testo integrale del rac-conto è stato riportato

in seconda pagina

“Non guardiamoal Bambino

come ad un'i-cona - bella e

romantica masempre disincar-

nata, né come aduna statuetta di

gesso. Lui è ildono concreto evero di un Dio

che non ci dimen-tica mai, che

cammina semprecon noi”

Page 17: Settemiglia - anno III, Speciale Natale

nelle difcoltà, non lasciare nessunoindietro, credere che la notte non dureràper sempre, credere che con la fede, lasperanza e la carità vera e vissuta costru-iremo una società ed un'economia piùgiusta, equa e solidale.Carissimi amici, non vi rattristate senon potrete spendere tanto per regali ecene. Rinunciate volentieri al superfluoper concentrarvi sull'essenziale. Rinunciate non per arrendervi passivi difronte alle ingiustizie di questo tempo,ma per mettere le basi di una nuovaumanità dove il dono sconfigge il calco-lo, la gratuità impoverisce il tornaconto,l'amore e l'essere sovrastano l'apparenzae l'avere. È questo il contributo concre-to che ciascuno di noi può dare peruscire fuori da una crisi economica emorale. E Gesù, nudo e povero, ce loricorda: la sua luce non è una folgo-razione temporanea, non è un'illusioneottica.È la luce della verità che ci riconducealla verità di noi stessi. Di questo nuovoumanesimo la Chiesa di Nola e le par-rocchie di questo bellissimo e martoria-to territorio vogliono essere instancabilipromotrici, rendendo vivo e attualel'insegnamento del Concilio Vaticano

II. Se c'è infatti un dono che il Conciliolascia a noi oggi è proprio questo: laChiesa non è distante dal mondo, non èuna presenza asettica rispetto alle sof-ferenze e alle grida di dolore dei figli diDio. Ma il punto oggi è che non basta“dire”, ma occorre “fare”, e “fareinsieme”. Da dove iniziare? Per fortunail Signore non lascia nessuna epoca enessun popolo senza sentinelle e profeti,senza uomini e donne che instancabil-mente e con speranza aspettano che lanotte abbia fine per annunciare la lucedel giorno ai loro fratelli. Ecco da dove ripartire: dai tanti santidel quotidiano che ci indicano la strada,da coloro che non hanno ceduto allesirene del consumismo e dell'individuali-smo, che hanno combattuto il male e lasua penetrazione culturale attraversouna ostinata ordinarietà fatta di fede,onestà e coraggio.Sono i “pazzi” della favola, gli unici ingrado di scovare la luce e indicarcela. Seguiamoli, e seguiamo il più pazzo fratutti, Gesù Cristo, nato in una grotta emorto su una croce per noi. E facciamo-ci contagiare anche noi da quella folliache può cambiare il mondo… A tuttiauguri. s

settemiglia | Speciale Natale 17

“Carissimi amici,non vi rattristatese non potretespendere tanto perregali e cene.Rinunciate volen-tieri al superfluoper concentrarvisull'essenziale.”

“...seguiamo ilpiù pazzo fratutti, Gesù Cristo,nato in una grot-ta e morto su unacroce per noi. E facciamoci con-tagiare anche noida quella folliache può cambiareil mondo!”

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settemiglia | Speciale Natale18

di JOSHUA

Adoravo, di solito, il periodo freddo; nelle gocce dipioggia che spesso cadevano dal cielo era intrisolo spirito della genuinità, che si diffondeva quan-

do queste si rompevano a terra. Eravamo tutti più impegnati, inquesto periodo, perché dovevamo assicurarci che il terreno nondiventasse fango, intrappolando le zampe del bestiame che

rischiava di azzopparsi, o facendo cedere le capanne della famiglia Kubutui (maistati ingegneri quelli!). Ma è proprio questo impegno che ci rendeva più uniti, raf-forzando i legami vecchi e costruendone di nuovi. Mi piaceva andare insieme allealtre donne del paese a raccogliere foglie di palma nella foresta circostante perlegarle al soffitto delle capanne, perché, dentro, non entrassero freddo e pioggia. Ilpozzo era sempre pieno e non si dovevano fare i soliti 5000 passi per riempire i sec-chi, così c'era più tempo per mangiare in maniera rilassata, insieme, senza che nes-suno dovesse portarsi lo scrupolo, alla fine del pasto, di doverlo digerire cammi-nando sotto il sole per almeno 20 minuti. Quella stagione fredda fu diversa, ilcapovillaggio era agitato, diceva che, siccome il commercio con Kinshasa (la nostracapitale) era stato interrotto, presto sarebbero arrivati a portarci via. “Portarci via?”,“In che senso?”, “Cosa vuol dire?” la gente, compresa me, domandava a Lwenwe,il capo. Lui parlava di cose incomprensibili: miniere, scavi, fosse, cose senza unsenso, non capivamo nulla... non capivamo.Arrivarono “loro” in tute dai colori della foresta e del terreno, portarono via tutti ibambini, mentre gli uomini li picchiarono spingendoli nei loro enormi camion.Quanto a noi donne... questa fu un'altra storia. Fummo catturate, le nostre manibloccate, i nostri visi picchiati, le nostre camicie strappate, le gonne tolte, e lenostre dignità, anch'esse portate via assieme alle cataste di bambini. Nessuna ebbeil coraggio di guardare l'altra mentre ci portavano alla miniera che presto avrem-mo imparato a chiamare “casa”.

Odio il periodo freddo, l'acqua scioglie la nostra carne e le gambe si impan-tanano nel fango spinte dal peso delle ceste di queste pietre nere alle quali“loro” tengono tanto. Una volta “coltan” gli sentii dire, riferendosi all'ulti-

mo sacco che Lwenwe fu costretto, a frustate, a depositare in un camion con suscritto “Nokia”, se ricordo bene. Durante i primi periodi in miniera, superato lo strazio del ricordo del nostro vil-laggio bruciato, mi chiedevo a cosa potesse servire, perché fosse così importantequesto “coltan”, tanto da riuscire ad uccidere bambini e schiavizzare uomini edonne. Ma poi mi sono arresa all'idea che la mia vita è qui, dove trascorrerò tuttele mie prossime stagioni fredde, senza poter più andare nelle foreste a raccoglierefoglie di palma o aiutare i Kubutui a mantenere la capanna tutta d'un pezzo, ma lacosa che più mi peserà sarà quella di aver visto tanti bambini portati via da altri enessuno arrivato, invece, da me.

Coltan

Coltan (contrazione percolumbo-tantalite) è il

nome comune usato inAfrica (nella regione

geografica del Congo) e,talvolta, dall'industria

mineraria in Africa peruna columbite-tantalite arelativamente alto tenore

di tantalio.

Il termine coltan, neimass media, ha assuntoun significato simbolico

molto forte e richiamaun profondo senso di

ingiustizia, sfruttamento,violenza. Ciò deriva dal

fatto che nell'Africa con-golese e in Rwanda

l'estrazione paralegale diquesto minerale sta ali-

mentando vere e proprieguerre civili, visto il suoimportante valore com-merciale. Esso è, infatti,

fondamentale nellacostruzione di apparec-

chi elettronici come tele-fonini e tablet. Alle indu-

strie poco importa se èintriso di sofferenza e

sangue.

s

Page 19: Settemiglia - anno III, Speciale Natale

Le persone viaggiano per stupirsi dellemontagne, dei mari, dei fiumi, dellestelle; e passano accanto a se stessi

senza meravigliarsi.

Siamo uno spettacolo. Se solo ci soffer-massimo un secondo a pensare allamaniera attraverso cui nasce una vitadovremmo stupirci della grandezza delmondo. È incredibile il modo in cui la bellezzariesca a concentrarsi in un istante, equanto quell’istante riesca a cancellarequalsiasi altra cosa intorno. Perché è davvero questa la bellezza: ètenerezza, morbidezza, è un gemito, unatestolina che cerca sostegno, che spera diincontrare il vero Amore in un abbrac-cio, è un piccolo volto che apre le labbraper l’istinto di nutrirsi, che schiude gliocchi ad una luce nuova.La bellezza è l’inconsapevolezza di ciòche verrà ma la caparbietà di voler sco-prire a tutti i costi cos’è che in questomondo rende tutti tristi e nervosi. E,tutto questo, lo si può scoprire soltantoattraverso gli occhi di un bambino.

Se solo imparassimo, semplicemente, adinspirare ed espirare meglio che possia-mo, capiremmo che la vita non è poitanto difficile. E, se poi aiutassimo chiproprio non ce la fa, capiremmo, anco-ra, che non siamo poi così soli. Se cicomportassimo, insomma, da uomini edonne che non vivono soltanto per sestessi la vita riuscirebbe ad apparirci più

limpida, sarebbe come se le nuvole piùnere fossero poi sempre offuscate dallaluce del sole che è più forte, che è acce-cante.

È questa la luce della vita, che non vuolealtro che Amore. Pensiamo ad una mamma e ad un bam-bino: lui ha letteralmente bisogno di leie lei nutre un istinto di protezione versodi lui. È l’essenza stessa dell’universo. È la meraviglia: siamo tutti un po’ mamme; siamo tuttiun po’ bambini.

“Le persone viag-giano per stupirsidelle montagne,dei mari, deifiumi, delle stelle;e passano accantoa se stessi senzameravigliarsi” (Sant’Agostino)

s

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Siamo come il sole a mezzogiorno...senza più nessuna ombra intorno

di ROSA MATARAZZO

Page 20: Settemiglia - anno III, Speciale Natale

Mo che ‘nce trovammo ccà, ‘ncumpa-gnia,ve voglio declamà ‘na strana poesia,nun è opera ‘e nu poeta scippatore,ma è uno che magna… nu’ magnatore.

Ve voglio parlà ‘e ‘na cosa bbona assaieChe forse non avite assaggiato maje,oppure, l’avito mangiato, ma senzafarce casopecchè ‘na vota – è overo – puzzavasott’o naso.

Ve parlo ‘e nu piatto cafone, genuinoAddò ‘n c’ azzecca l’acqua ma soprat-tutto ‘o vino‘nce vide assieme: cotone, verze, cavolo

e menestrella,sentite a mmè, è vero ‘na cosa assaibella

p’à vocca e p’è l’uocchie (che d’o coreso ‘e feneste)Sissignori, è la regina d’e pietanze: è ‘amenesta.Me credite? A vederla ‘ncopp ‘a tavolaapparecchiataM’è venuta ‘na frenesia: me l’avariaspusata…

Embè ‘nce so rimasto male, chell’eraMaretata.

di Nando Bolino

settemiglia | Speciale Natale20

di SCELTO TRA VOI

Nello spirito del Vangelo e del Santo Natale, la redazione di Settemiglia vi propone direcitare, tutti insieme, come famiglia parrocchiale, questa preghiera a Gesù Bambino,scritta da Padre David Maria Turoldo. Crediamo che sia attualissima e che racchiu-da in sé un po’ tutte le ansie, le aspirazioni, i propositi del nostro tempo.Riportiamo poi anche una poesia del nostro fratello estinto Nando Bolino.

Carissimi lettori, questospazio è dedicato ai

vostri scritti.Non preoccupatevi senon li vedrete subito

inseriti perchè li con-serveremo e, statenecerti, li faremo uscire

appena possibile.La redazione,

comunque, li leggeràsempre e ne farà tesoro

conservandoli nel proprio archivio.

Attenti però, se gli interventi saranno

anonimi non verrannopubblicati. Grazie della

vostra attenzione e ...preziosa

collaborazione.la redazione

s

PREGHIERA A BAMBINO GESÙ

Asciuga, Bambino Gesù, le lacrime dei fanciulli!accarezza il malato e l'anziano!Spingi gli uomini a deporre le armie a stringersi in un universale abbraccio di pace!Invita i popoli, misericordioso Gesù,ad abbattere i muri creatidalla miseria e dalla disoccupazione,dall'ignoranza e dall'indifferenza,dalla discriminazione e dall'intolleranza.Sei Tu, Divino Bambino di Betlemme,che ci salvi liberandoci dal peccato.Sei Tu il vero e unico Salvatore,che l'umanità spesso cerca a tentoni.Dio della Pace, dono di pace all'intera umanità,vieni a vivere nel cuore di ogni uomo e di ogni famiglia.Sii Tu la nostra pace e la nostra gioia! Amen.di Padre David Maria Turoldo

_____ § _____

LA REGINA DELLE MENSE

Page 21: Settemiglia - anno III, Speciale Natale

settemiglia | Speciale Natale 21

di FRANCESCO QUAGLIOZZI

Per una volta non parleremo di ciòche si è fatto o di ciò che si farà,ma di ciò che si potrebbe fare per

regalare una novità e tanti sorrisi a tuttigli sportivi, e non, della nostra grandecomunità. Il Natale, per raccontarlo conle parole dei piccolissimi delle nostrecase, è il “Compleanno di Gesù”, è ungiorno di grande festa al quale si prepa-rano con grande impegno a partire dalprimo anno di scuola materna. Canzoncine, balletti e poesie imparatiin poco tempo per essere messi in attodavanti a genitori e maestre, o sulle fati-diche sedie, a capo-tavola, durante icenoni in famiglia. Ve la ricordate la let-terina sotto il piatto del papà o delnonno? A proposito, si fa ancora? Comunque, non divaghiamo. Torniamoal senso di gioia e serenità che il Natale,col suo immenso mistero, riesce adinfondere nelle nostre famiglie. Ecco,proprio in questi giorni, si potrebbecreare il “Natale dello Sportivo”. Già inmoltissime comunità è un evento che sirealizza da tempo e che coinvolge tutti,senza limiti di età e peso. Chi scrivefesteggiava il Natale dello Sportivo, apartire dai cinque anni di età, pressol’Oratorio San Giovanni Bosco dellacomunità lucana in cui viveva. Ed iricordi legati a quell’evento, i sentimen-ti suscitati da quel giorno di festa, con-tinuano a costituire il presente e prezio-so bagaglio socio-culturale. Insomma,un giorno da trascorrere insieme, all’in-segna dello sport, e con gli sportivi piùimportanti della propria comunità. È un modo semplice e mirato per esal-tare congiuntamente il senso del Natale

e l’importanza dello sport come motivodi aggregazione, integrazione, educazio-ne e rispetto. Al di là dei risultati che sipossano conseguire in una competizio-ne sportiva, o dei gesti tecnici in sé, nonsi è più abituati, infatti, a guardare losport dal punto di vista educativo e deiservizi che questo offra ad una persona. Lo sport concorre alla formazione diuna personalità armonica ed equilibrata,che pone le basi per un’apertura a valoripiù alti quali la cultura, la partecipazio-ne sociale e la ricerca di significati chevanno oltre gli aspetti materiali dellavita. Quale momento migliore, se nonin occasione del Natale, per dedicare ungiorno allo sport ed agli sportivi dellanostra comunità parrocchiale? Tombolate, gare di scacchi, dama, ping-pong, calcio balilla, calcio a cinque,basket, volley, corsa nei sacchi, pento-laccia... consegna di attestati, confronticon gli sportivi locali (ed il professioni-smo della palla a spicchi correrebbesicuramente a supporto) e tanto altroancora all’insegna di un mistero che si farealtà. s

Perché non un Natale dello Sportivo?In molte realtà parrocchiali, in Italia e nel mondo, un giorno delle festivitànatalizie è dedicato allo sport ed alla sua valenza socio-culturaleconsapevolezzadella grandezza della vita

Lo sport concorre allaformazione di una per-sonalità armonica edequilibrata, che pone lebasi per un'apertura avalori più alti quali lacultura, la partecipazionesociale e la ricerca disignificati che vannooltre gli aspetti materialidella vita.

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di TONIA VITIELLO

Mi chiedo se per caso vi sietemai trovati a leggere “AChristmas Carol” di Dickens.

Io lo leggo ogni anno e ogni volta pian-go come una bambina e faccio un gransforzo per smettere. Ci si sente così benedopo averlo letto che avresti voglia diuscire a fare del bene a qualcuno. È bello pensare che un uomo abbiapotuto scrivere un libro come questo ingrado di riempire di compassione ilcuore della gente.

Si tratta della storia di un uomo,Scrooge, che pensa solo al successo, aldenaro e ai suoi affari, trascurando lafamiglia; non apprezza le cose quotidia-ne e non riesce a godere del tepore delNatale. La svolta della sua esistenza si haalla vigilia di Natale, quando l’uomorientrato a casa più irato del solito sitrova di fronte tre fantasmi, che rappre-sentano il passato, il presente e il futuro. Quest’incontro cambierà il suo modo diprovare i sentimenti e di essere con glialtri. Scrooge si pentirà del proprio

egoismo, del distacco dalla sua famigliae del disprezzo per le cose che ha, dandoun senso più profondo alla propria vita. Charles Dickens scrisse A ChristmasCarol col desiderio di coinvolgere sia igrandi che i bambini, cercando di risve-gliare i sentimenti più puri come l’amo-re e la tolleranza, il rispetto per gli altrie la capacità di apprezzare le piccolecose, come la serenità quotidiana e ilfocolare domestico. Il racconto è scritto con il proposito difar diventare il Natale l’occasione giustaper sentirsi migliori e di suscitare unsenso di autocritica nella gente, con unamessa in discussione che faccia trovare ilgiusto distacco dall’influenza dei pre-giudizi sulla vita di tutti i giorni. Se potete dedicate un po’ del vostrotempo alla lettura di questo libro, fatelocon i vostri bambini e i vostri ragazzi,potrebbe essere l’occasione giusta pertrascorrere un pomeriggio insieme aloro riflettendo e discutendo sul signifi-cato più vero e profondo del Natale.

«E se vi fosse datala possibilità di

riscattare la vos-tra vita? A Natalegli spiriti del pas-

sato del presente e del futuro

daranno ad unuomo questa possibilità...»

s

22 settemiglia | Speciale Natale

A spasso con DickensA Christmas Carol

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23settemiglia | Speciale Natale

“Ogn’anno, a fine novembre, c’è l’u-sanza per i parenti di cercare iregali di Natale, ognuno ll’adda fachesta crianza, ognuno l’adda tenéchistu pensiero.”

Totò mi scuserà se mi sono per-messa di rivisitare i suoi versi, maho notato che, da qualche anno

a questa parte, si sta sempre più svilup-pando una nuova usanza: “la ricerca delregalo perfetto”. Ricordo che quando andavo al liceoc’era la mia compagna di banco (in real-tà c’è ancora) che già agli inizi dinovembre iniziava a stilare la lista deiregali di Natale, si muniva di carta epenna e annotava tutti i desideri, levoglie, gli sfizi che le sarebbe piaciutotogliersi. Dal canto mio la prendevosempre in giro (essendo della fazione il25 sto ancora alla ricerca), non riuscivo acapire come si potesse vivere in funzio-ne di quel giorno. Tutt’ora non capiscocosa sia questa ricerca smodata del rega-lo mozzafiato, del regalo a tutti i costi. Eppure sento che qualcosa mi sfugge! Cos’è? Perché?Aldilà dell’usanza, delle quali spessoperdiamo il significato, il regalo rac-chiude in sé qualcosa di magico, in quelpacchetto colorato depositiamo speran-ze, aspettative, desideri, e li affidiamo algusto personale di un altro, sperandoche ci abbia, almeno in parte, capiti. Iregali sono intensi scambi di memoria efiducia. L’autore deve ricordarsi quelloche ha sentito mentre non stava ascol-

tando, il sorriso dinanzi ad una vetrina,lo sguardo inconsapevolmente perso, lafrase sfuggita casualmente… mentre chilo riceve deve solo avere fiducia nell’al-tro. Ecco perché fare i regali è così impe-gnativo, non è solo uno scambio dioggetti, è una piccola parte di se stessiche si dona all’altro. Per questo il Nataleè così speciale, perché ci permette disperimentare la gratuità, il dono di sé.

Freddo e gelo,pioggia e vento,il mio regalo ti faràcontento!

“questo si chiamaregalo e tuttoinizia da ciò!”Jack Skeletron

NIGHTMARE BEFORE

CHRISTMAS un filmdi Tim Burtonregia Henry SelickUSA - 1993

“È stato molto tempo fa, / più di quantoora sembra / in un posto che forse nei sognisi rimembra /, la storia che voi udirepotrete / si svolse nel mondo delle feste piùliete. / Vi sarete chiesti magari dove nasca-no le feste? / Se così non è direi che comin-ciare dovreste…”

Una fiaba di Natale non conven-zionale è il film d’animazione“Nightmare before Christmas”

nato dalla fantasia di Tim Burton, crea-tore anche dell’impacciato Edwardmani di forbice e dell’onirica Alice inwonderland. L’affascinante Re delleZucche, Jack Skeletron, celebrità indi-scussa nel paese di Halloween, ci mostracon occhi di bambino la bellezza delNatale. Tra mostri, vampiri, scienziatifolli e Baubau, c’è davvero di che inor-ridirsi, ma si torna a sorridere quando sicapisce che il Natale è un diritto ditutti.

Jack Skeletronl’incubo prima del Natalee

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di ELENA FIORENZA

Page 24: Settemiglia - anno III, Speciale Natale

*grazie mille in lingua swahili

Asantesana!*

Buon Natale e Felice anno nuovo!

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