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85 NOVEMBRE 2012 mensile n.85 I 6,00 MADE IN ITALY TIROLO > 4 GIORNI DI SCIALPINISMO DA INTENDITORI NELLA WIPPTAL ITINERARI > LE PROPOSTE DI 14 GUIDE PER INIZIARE LA STAGIONE IN TUTTA ITALIA ALLENAMENTO > PREPARAZIONE CON GLI SKIROLL. LA TECNICA E I MODELLI PEOPLE > ABBIAMO MESSO 'A NUDO' PIETRO LANFRANCHI HALL OF FAME > PIERO GHIGLIONE, IL PRECURSORE TRAIL > KILIAN JORNET E MARCO DE GASPERI: UGUALI, DIVERSI Islanda, la penisola di Hornstrandir tra barca a vela e ski-alp IL RICHIAMO DEL NORD ISSN 1594-8501 +!4@:2B1,URMMMR!7E8W8W8_8H IN OMAGGIO TEST 2013 buyer's guide La guida test con 114 prodotti testati dal nostro staff tecnico SKI-ALP RACE > IL CALENDARIO GARE 2012/2013 CON OLTRE 100 APPUNTAMENTI

Ski-alper 85

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Il numero di novembre 2012 della rivista Ski-alper

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Page 1: Ski-alper 85

85 NOVEMBRE 2012mensile n.85 I € 6,00

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Islanda, la penisola di Hornstrandir tra barca a vela e ski-alp

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dove sono 'ste pelli? Dove sono? Tutti gli anni la stessa cosa. Mi dico che devo ritirarle bene, poi non so nemmeno più dove le ho messe. Eccole lì, guarda che roba… Ragnatele, polvere. Ma come si fa? Bleah, che schifezza, mi sono attaccato colla dappertutto. E polvere. Sono in uno stato terribile… Questa volta le cambio! Tanto non tenevano più. E il top-fix si stacca ogni volta. Ne approfitto, sì ma quelle nuove poi le ritiro come si deve. Tra l'altro non so nemmeno più dove andare a comprarle. Quel negozio dietro l'angolo ha chiuso, magari in qualche grande magazzino? Boh… E gli sci? Devastati! Non c'era un filo di neve l'anno scorso, per tirare due curve sono andato a ficcarmi in mezzo alle pietre e guarda qui che roba. Altro che l'impronta… Massì, cambio anche gli sci. Io sono uno che si accontenta, non voglio mica chissà cosa. L'importante è che non siano troppo pesanti e che in discesa mi facciano sciare. Però avevo già messo via i soldi per gli scarponi. Non posso mica continuare con quelli lì. Hanno un odore… Mah, alla fine cambierò tutto. Gira e rigira, l'anno scorso non ho speso niente con 'sta storia della neve! Vedo cosa dicono gli altri stasera a cena. Ah, loro parlano sempre di montagna, di scialpinismo. E giù a discutere se quel-lo scarpone in carbonio pesa due grammi in più o in meno e se la leva è in titanio o in acciaio. Sono matti quelli lì. Poi mi tirano in mezzo e io non so niente. Ma dove le leggeranno tutte 'ste cose? Oppure quando attaccano con «dove andiamo a fare la prima uscita quest'anno?». E le morose a rompere… «Basta che non vi tiriate addosso una valanga, eh!». Anche se secondo me sperano il contrario! E vengono sempre fuori le solite gite che abbiamo già fatto mille volte. Poi trovi gli stessi

Edito

PERCHÈ NON CI AVEVO PENSATO PRIMA?

di Davide Marta

che salgono su al rifugio, c'è sempre quello che vuol fare il fenomeno perché si è allenato come un pazzo e poi dice che non ha mai tempo. Basta, dai… Ci vorrebbe qualche bel posto per provare l'attrezzatura nuova, ecco, senza rompiscatole del paese tra i piedi. Già che spendo i soldi, almeno… Mi piacerebbe una volta arrivare in pizzeria e zak! «Vi porto io in un posto che merita e che non avete mai visto, sapiento-ni!». Sì, non sarebbe male. Tutto bello, però varrebbe la pena di fare una volta un viaggio come si deve. Ho sentito che ci sono quelle barche a vela che lassù in Islanda ti portano fino a riva, poi metti le pelli e via! Potrei lasciare a casa i 'gagni' e andare con mia moglie, che da quanto non ci facciamo una sciata insieme come si deve… Non ho mai tempo, neanche lei, che stress. È come la storia delle gare. Sono sempre lì a dire che vorrei allenarmi un po', giusto per tenermi in forma e fare qualche garetta. Volevo fare skiroll quest'autunno, ma non sapevo dove andare, se usare le scarpe da fondo o i miei vecchi scarponi. Chissà col caldo che c'era che odore. Mah… Dovrei essere come Lanfranchi. Sarei curioso di sapere come fa quello lì ad allenarsi, a lavorare, a stare con la famiglia. Un mostro! Sì, vabbè, il Lanfra, figurati. Va come un treno quello lì. Vorrei sapere un sacco di cose, intanto sono qui in cantina tra la polvere e con le mani imbrattate di colla e mi faccio solo domande. Come faccio? Niente, come al solito… A chi vado a chiedere tutte queste cose? Alla fine passa tutto in fanteria e la stagione va avanti come l'anno scorso. A meno che… A meno che… Mi sembra che ci sia un modo, me l'ha detto quello là che sa sempre tutto. Ah, sì, perché non ci avevo pensato prima? Vado in edicola a comprare Ski-alper! È uscito proprio in questi giorni...

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Page 5: Ski-alper 85

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14 ski peopleADIEU STEPHANEL'ultimo saluto ad un grandissimo dello scialpinismo

18 ski touringISLANDA Passaggio tra i Fiordi 18PEOPLE Maurizio Fondriest 28PROPOSTE Parola di guida 34TIROLO Scialpinismo da Wip 44HALL OF FAME Piero Ghiglione 56

Intervista al forte atleta bergamasco della squadra nazionale

92 Pietro

Lanfranchi

82 in agendaIL CALENDARIO DELLA STAGIONETutte, ma proprio tutte le gare di ski-alpdel prossimo inverno

Suonavo la batteria!Poi a causa del lavoro, tornavo

a casa tardi e ho dovuto mollare la band. Restavano i fine settimana e mi è venuta voglia di

provare lo scialpinismo..

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Page 8: Ski-alper 85

Direttore responsabile: DAVIDE [email protected]

Vice-direttore: CLAUDIO [email protected]

Marketing e pubblicità: SIMONA [email protected]

Segretaria di redazione: ELENA [email protected]

Area test e materialiSEBASTIANO [email protected]

Area touring e viaggiUMBERTO [email protected]

Area ski-alp race: GUIDO [email protected]

Progetto grafico e impaginazione:BUSINESS DESIGN [email protected]

Webmaster skialper.it: SILVANO CAMERLO

Contributi fotografici: Ralf Brunel, Matteo Ghezzi, Franck Oddoux, Seb Montaz, Enrico Schiavi, Stefano Torrione

Collaboratori:Lorenzo Bortolan, Leonardo Bizzaro, Renato Cresta, Luca Giaccone, Fabio Menino, Flavio Saltarelli, Aldo Savol-delli,

Hanno contribuito a questo numero:Alessandro Beber, Luca Beccari, Cecilia Cova, Giorgio Daidola, Riccardo Del Fabbro, Leandro Giannangeli, Tato Gogna, Roberto Iacopelli, Massimo Laurencig, Enrico Marta, Fabio Meraldi, Vittorio Micotti, Fabrizio Pina, Fabrizio Pistoni, Erwin Steiner, Paolo Tassi, Anna Torretta, Marco Zaffiri,

In copertina:Discesa dal couloir dello Standahilð sul Lònafjörður durante il tour di quattro giorni nella penisola dell’ Hornstrandir in Islanda (foto Umberto Isman)

Distribuzione in edicola:MEPE - Milano - tel 02 89 5921 Stampa: REGGIANI - Brezzo di Bedero (VA)

Autorizzazione del Tribunale di Torino n. 4855 del 05/12/1995.La Mulatero Editore srl è iscritta nel Re-gistro degli Operatori di Comunicazione con il numero 21697.

© copyright Mulatero Editore - tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa rivista potrà essere riprodotta con mezzi grafici, meccanici, elettronici o digitali. Ogni violazione sarà perseguita a norma di legge

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116 Kilian e Marco. Uguali, diversi

Intervista parallela a due che sulle montagne corrono davvero forte….

ski-alp raceCOMITATI Basolo lancia l'allarme 76PEOPLE «Sono il DT, non l'allenatore» 86ISMF Olympic dreams 88NIGHT Carrara, il condottiero 98

trailUTMB Alla ricerca di un nuovo equilibrio 100EXPLOIT 73 eroi al Tor 106FACE TO FACE Anna vs Mireia 108SKYRACE Fattore Z alla Stava 110LIVE Il Piz Boè incorona Kilian 112

rubricheLIBRI Pareti di carta 16

OPINIONI Cambio di rotta 32PROPOSTE I viaggi di Ski-alper 43

NEVE E VALANGHE C'è neve e neve 62PREPARAZIONE Transizione con lo skiroll 64

TRAINING Principi base di allenamento 72

APPUNTAMENTO IN EDICOLA IL 15 DICEMBREIl secondo numero stagionale di Ski-alper sarà in edicola tra un mese, il 15 di dicembre.Come al solito sarà ricchissimo di novità, che non vi vogliamo svelare in anticipo.Dopo l'abbuffata della Guida Test di questo numero, però, torneranno le prove sul campo dei prodotti curate dal nostro staff tecnico.Se avete qualche indicazione di prodotti che vi piacerebbe ve-dere provati, oppure qualche prova comparativa che da tempo vi sarebbe piaciuto leggere, non esitate a scriverci.Naturalmente attendiamo i vostri commenti e le eventuali critiche sul numero che state leggendo!Buona lettura!

«...il mio compito è di organizzare, tenere i rapporti con la Federazione, provvedere al budget, mettere gli atleti in

condizione di gareggiare senza il minimo pensiero, concentrandosi

unicamente sulla gara...»

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Hanno scritto e fotografato

giorgioDaidola

Ha curato la magnifica retro-spettiva su Piero Ghiglione. Torine-

se, classe 1943, è stato per 40 anni professore di Economia Aziendale

all'Università di Trento, dove a con-tratto continua a insegnare Analisi

di bilancio ed Economia e gestione delle imprese turistiche. È maestro di sci e giornalista pubblicista con

numerosissime collaborazioni con giornali italiani e stranieri. Ha sciato

a telemark sulle montagne di tutto il mondo.

Vittorio MicottiClasse 1967 di Verbania, è dal 2006 responsabile della preparazione atletica della squadra nazionale maschile di sci alpino. È laureato in scienze motorie e osteopata. Si è occupato degli effetti sull'organi-smo dell'allenamento in quota.

fabio MeninoPiemontese doc, ha

scoperto il trail running nel 2007 ed è stato amore

a prima vista. Al suo attivo UTMB, CCC e TDS. Team manager del team

Salomon-Carnifast, è a metà tra Tofol Castaner

e Dawa Sherpa… non per i risultati ma per l'età! Ha

scritto su questo numero gli articoli sull'Ultra-Trail du

Mont Blanc e sul Tor des Géants.

aldo SavoldelliHa curato insieme al collega Lorenzo Bortolan la rubrica sull'al-lenamento. 26 anni, di Clusone, dopo la laurea in scienze motorie ha iniziato a collaborare con il CeRiSM, dove si occupa di valu-tazione funzionale in diversi sport tra cui lo scialpinismo, di cui è un appassionato praticante, tempo permettendo…

Seb Montazrosset

«Fare un buon film riguar-da più la storia che racconti e il

collegamento che crei tra soggetto e spettatori… Passione, curiosità e pazienza sono fattori che hanno

la stessa importanza di una buona telecamera». Seb Montaz Rosset, francese, guida alpina e maestro

di sci, ha iniziato filmando i propri clienti e, giorno dopo giorno, i

video sono diventati la sua 'os-sessione quotidiana'. Sono sue le

foto dell'articolo su Kilian Jornet e Marco De Gasperi.

ralf BrunelHa scattato per noi le foto della Dolomites e della Stava Sky Race. Trentatrè anni, di Pozza di Fassa, è un fotografo di grande talento, nonostante possa dedicare solo il tempo libero a questa attività (di professione 'gattista' ed escava-torista). Ha iniziato a fotografare a 16 anni praticando l'arrampi-cata sportiva agonistica, in cui è stato anche campione italiano e vincitore dell'Europacup Junior nel 1986.

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14 > rubriche

Lettere alla redazioneMAIL: [email protected]

SUGGERIMENTICercando un po’ di storia scialpinistica delle 'mie' Orobie ho trovato il trailer di un filmato girato nel 1989 che ha come protagonisti Luca Serafini e Mauro Soregaroli. Mi permetto, sperando di fare cosa gradita, di suggerirvelo come spunto per un articolo della vostra rivista.Ciao. LucaCiao Luca, grazie dei suggerimenti. Penso che contatteremo i due per un'eventuale intervista.

SAROGLIA QUINTO O SESTO?Da fondista bisonte chivassese appassionato di gare in montagna, sono piuttosto amareggiato per il trattamento che è stato riservato al mio concittadino e amico Mauro Saroglia al Tor des Géants, dove per motivi ancora tutti da capire - nonostante il tempo ricalcolato sia più basso di quello del quinto - è stato classificato al sesto posto. Senza voler alzare le barricate Canavese contro Valle d'Aosta, mi farebbe piacere se professionisti seri e competenti come voi si occupassero della cosa. Dario MilanoCiao Dario, abbiamo affrontato la questione sul sito. Comunque alla fine credo che il valore della grande prestazione di Saroglia non cambi per la quinta o la sesta posizione. Giusto?

DVD DI SEPP CHENETTICiao, mi chiamo Luca Mellano ed abito in Valle Varaita: vi scrivo per sapere se avete in programma di riprodurre i DVD realizzati in collaborazione con Sepp Chenetti magari aggiornandoli con le analisi dettagliate che il Sepp aveva curato sul sito del vecchio Fondo Ski-alp. Buona giornata e buona nuova stagione invernale a tutti. P.S. Non sarebbe male un DVD specifico sullo skiroll.Ciao Luca, su questo numero troverai un servizio dedicato all'allenamento per lo ski-alp con l'ausilio di skiroll. Da qualche anno non ci occupiamo più di sci di fondo, ma non si sa mai...

CANDIDATURA SPONTANEALa presente per chiedere se è possibile candidarsi ski tester per la vostra rivista. Questo nasce dalla passione immensa per lo sci e per la montagna oltre che dalla continua ricerca delle attrezzature sempre più all'avanguardia e di qualità per praticare tali meravigliosi sport.

Nel catalogo della nostra casa editrice ci sono due pubblicazioni imperdibili per gli appassio-nati di scialpinismo. Si tratta di due manuali della collana Easy, con Dvd allegato. Per ordinarli si può inviare una mail a [email protected], oppure chiamare il numero 0124 428051. Sconto del 15% per gli abbonati alla rivista.

SKI ALP BASICDalla scelta dei materiali alla conoscenza della neve, dai primi passi con le pelli alla progressio-ne in salita. Dalle prime curve a sci larghi fino al parallelo fuori pista. I fondamentali per iniziare a praticare questa magnifica disciplina con i consigli di Franco Corvisiero, Andrea Basolo ed Alain Seletto coordinati da Enrico Marta. In allegato un Dvd da 22 minuti con le spiegazioni tecniche in video.

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SKI-ALP ADVANCEDCome affrontare le salite più impegnative con gli sci ai piedi, la progressione con ramponi, le nor-me di sicurezza e le manovre di corda, la tecnica di discesa sulle nevi più difficili per arrivare fino ai passaggi estremi. Magnifiche sequenze foto-grafiche e filmati con dimostratori d'eccezione: Alain Seletto, Franco Corvisiero, Andrea Basolo, Rico Elmer e Franz Nicolini. Coordinamento tecnico di Enrico Marta.

Ski-alp advancedMulatero Editore, 2010144 pagine + dvd 44 minuti€ 22.50

conSigLiPer La LettUra

Scio da oltre 23 anni, molto frequentemente durante la stagione.Sono libero professionista nel campo economico/finanziario, risiedo nel Milanese e mi piacerebbe quanto prima poter far parte dei tester d'equipaggiamento da sci. Ideale sarebbe già dalla stagione entrante.AndreaCiao Andrea, ci fa piacere che tu sia interessato a far parte del nostro team. Tuttavia, al momento, abbiamo confermato lo staff delle ultime stagioni anche per sfruttare lo 'storico' di esperienze acquisite nelle scorse stagioni.

PERSONE FORTUNATESul mensile di maggio sono rimasto piacevolmente colpito dal servizio con foto a pagina 144, la Controcopertina.La rivista mi è sempre piaciuta e nel tempo l'apprezzo sempre di più, sia per contenuti che per fattezza. Mi complimento davvero per aver evidenziato che tutti noi possiamo giocare perché siamo persone fortunate. Grazie di averlo ricordato, si tende a dimenticarlo spesso.ClaudioI complimenti vanno girati all'autore del servizio, Umberto Isman… Grazie dei complimenti, fanno sempre piacere!

ATTENDIAMO IL MATERIALE...Salve, sono uno scialpinista appassionato da anni, istruttore del CAI e direttore della scuola di alpinismo e scialpinismo CAI Valcalepio. Mi piacerebbe leggere sulla vostra bella rivista la storia di un mio amico, naturalmente scialpinista, che si chiama Marco e non manca mai nelle nostre gite più significative. Tutto normale se non fosse che gli manca una gamba... Finché non lo si vede armeggiare con la sua protesi non lo si direbbe. Dovreste vederlo sciare!Se ciò fosse possibile, avrei il piacere di una vostra risposta, posso inviarvi foto e quant'altro fosse necessario.Cordiali salutiAndreaCiao Andrea, noi siamo altroché disponibili. Però stiamo ancora aspettando articolo e foto.. ;)

Andrea Martino ZiliottoBuonasera, sono ormai da tempo un vostro lettore. E non potevo non aggiungervi su Facebook! Volevo cogliere l'occasione per porre una domanda. Le scarpe che sta utilizzando ora Kilian, le Salomon Lab Sense si trovano in conmercio o sono solo in uso per lui? Ringrazio anticipatamente per la risposta e vi faccio i miei auguri per la vostra meravigliosa rivista!

Rivista Ski-alper Ciao Andrea,Kilian utilizza abitualmente scarpe Salomon S-Lab Sense o, in alternativa, S-Lab Fellcross. Le prime sono calzature ‘minimaliste’, quindi caratterizzate da un limitato differenziale di spessore (4 mm) dell’intersuola tra tallone e avampiede e con un’impostazione votata al natural running, ovvero a favorire nettamente l’appoggio su avampiede e mesopie-de anziché la tradizionale rullata. Nel primo caso le calzature francesi pesano 195 g, nel secondo, con una particolare vocazione agli ultra trail, 262 g nella misura 42 EU. Sono disponibili in commercio, ma nel caso di Kilian, e di tutti gli atleti Salomon, vengono realizzate su misura. Spesso, infatti, gli atleti hanno piedi di una taglia (ad esempio 42 EU) in lunghezza, ma di un’altra dimensione, ad esempio 42,5 EU, in larghezza. Caratteristiche cui ‘piegare’ la scarpa così da massimizzare le prestazioni e ridurre al minimo il rischio d’infortuni. In aggiunta, i runner d’elite scelgono spesso intersuole diverse da quelle standard, anche in funzione della gara da affrontare. In ogni caso le S-Lab Sense nascono da una specifica richiesta di Kilian di disporre di scarpe leggere da utilizzare senza calze.

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Valentino DalpiazBuongiorno! Siamo quasi ai primi di novembre, la neve è venuta a trovarci già qualche volta, a quando il primo numero di Ski-alper?Arrivederci a presto spero!Ski-alperVista l'attesa dei nostri lettori, dal prossimo anno antici-peremo l'uscita del primo numero! Ciao Valentino, arrivederci in edicola!

Carlo MarianiCiao! Ma dove si possono trovare i programmi delle gare di ski-alp per la stagione? Mi ricordo una gara Crazy Idea a ottobre allo Stelvio ma non trovo niente on-line. Vi ringrazio in anticipo!Ski-alperSu questo numero della rivi-sta, naturalmente! E vedrai la nuova versione del sito con calendario interattivo!

Paolo GrisaCiao, sto lavorando a una tesi di laurea sulla responsabilità sociale d'impresa nel settore delle aziende outdoor per la facoltà di sociologia. Siccome uno degli studi di caso che citerò è quello di Salewa, mi ricordo di aver letto su un vostro numero l'intervista a Heiner Oberrauch, di Oberalp. Per caso potreste girarmela?Ski-alperCe ne siamo dimenticati… Se ti serve ancora, scrivici una mail alla redazione. Scusa...

Fabio BazzanaÈ ora di togliere gli sci al pipottino di Ski-alper e mettergli un bel paio di scarpette...Ski-alperCaro Fabio, il 'pipottino' ha già rimesso gli sci: prima ha letto la guida Test, ha scelto ed è ripartito con le pelli...

Scarponi race 30,5 MP?Caro Ski-alper,

vorrei sostituire i miei scarponi race, ora possiedo dei

Dynafit Dy.N.A. taglia 30,5 MP, ed ero indeciso tra gli

Scarpa Alien e i Dynafit Dy.N.A. EVO. Attratto anche

dai Pierre Gignoux XP 444, ho abbandonato l’idea

pensando a possibili problemi con una misura ‘XXL’

come la mia. Sono però incappato in una pessima

sorpresa: la numerazione degli Alien arriva a 30

MP e quella di Dy.N.A. EVO a 29 MP. Quando i miei

scarponi saranno rotti o completamente usurati,

cosa farò? Dovrò gareggiare con dei modelli da

freeride? Francamente non credo di avere un piede

così ‘unico’; il 46, oggi, è condiviso da moltissime

persone. Penso che le aziende dovrebbero sforzarsi di

estendere le numerazioni almeno sino al 30,5 MP.

Grazie per l'attenzione

Davide Trebo

Caro Davide,

effettivamente la taglia 30,5 MP crea difficoltà

nell’individuazione degli scarponi race più adatti.

Dynafit interrompe la numerazione al 29,0 MP

sia con Dy.N.A. Evo sia con Dy.N.A. PDG, mentre

Scarpa, tanto con Alien quanto con Alien 1.0, non si

spinge oltre il 30,0 MP. Oltretutto senza prevedere ½

misure. Non va meglio con La Sportiva: Stratos Evo

si ferma al 29,0 MP. Abbiamo interpellato Gignoux

e Carbonstreet: l’azienda francese ha come limite il

29,5 MP, sebbene con degli adattamenti gli XP 444

possano ospitare una taglia 30,0 MP, mentre la factory

italiana non estende la produzione oltre il 29,0 MP.

Nulla da fare? Forse abbiamo una soluzione. Merelli

propone gli M3D sino a 29,5 MP, ma grazie ad alcuni

accorgimenti tecnici gli scarponi italiani possono

accogliere un piede 30,5 MP. Provi a contattare

l’azienda bergamasca all’indirizzo [email protected].

Senza dubbio si prodigheranno per venire incontro

alle sue esigenze. Ci tenga informati.

Alien e comfort termicoBuongiorno,

vorrei un parere su Scarpa Alien, che vorrei

acquistare. Essendo leggeri, per quanto riguarda il

comfort termico come si pongono?

Mantengono il caldo?

Federico F.

Caro Federico,

gli Scarpa Alien sono ottimi scarponi, votati

soprattutto alle prestazioni. Garantiscono un comfort

termico discreto: superiore, per restare in casa Scarpa,

ai race Alien 1.0, ma inferiore ai grantour Rush.

Uno step intermedio tra un modello da gara e un

prodotto da escursionismo. Attenzione, in particolare,

all’impermeabilità. Per garantirsi piedi asciutti le

suggeriamo di utilizzarli in abbinamento alle ghette

dedicate.

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Page 16: Ski-alper 85

ADIEu StEPhANE

e classifiche, il palmarès, i record sono altra storia: per noi Stephane Bros-se era semplicemente un amico. Se penso a lui a qualche mese dalla disgra-

zia lo rivedo sorridente con quel leggero strabismo che trasmetteva simpatia sin da subito, ma ricordo anche l'e-spressione corrucciata sui traguardi delle gare quando le cose non erano andate per il verso giusto. Impossibile non rimanere colpiti dalla grande determinazione quando da bordo pista lo vedevi passare ai ritmi che solo lui sapeva imporre. E poi la forza che esprimeva in discesa sulle nevi impossibili. Così serio e impassibile in gara, si trasfor-mava, al di fuori delle tracce di salita, per diventare affettuoso e alla mano. Un carattere non del tutto 'francese' il suo, forse più italiano che transalpino.

I primi incontri con Stephane li ho vissuti in veste di redattore sportivo della rivista Fondo Ski-alp: erano gli anni in cui seguivo Fabio Meraldi, che stava arri-vando all'apice della carriera per poi iniziare l'inesora-bile tramonto. E proprio mentre la sua stella si spegne-va, ai Mondiali di Serre Chevalier ne nasceva una nuova, quella di Stephane Brosse, che andava a vince-re la prova individuale e si laureava campione del mondo. Per essere precisi già dall'anno prima si stava mettendo in luce, prima in coppia con Patrice Bret e poi con il compagno di mille battaglie Pierre Gi-gnoux. Con lui ha vinto tanto, quasi tutto, ed è pro-prio con Pierre che vogliamo parlare di Brosse.«Stephane era innanzitutto un amico, ci conoscevamo e ci frequentavamo ancor prima di iniziare a gareggia-re nello scialpinismo. Molto serio e rigoroso si sotto-poneva ad allenamenti estenuanti che erano alla base dei suoi exploit».Stephane un giorno mi confidò che Pierre era molto fortunato poiché madre natura lo aveva dotato di un grande motore, che andava forte anche se si allenava poco, mentre lui si doveva sottoporre a cicli di allena-mento molto duri per rimanere al suo livello.«Dopo i primi tempi e le prime gare - continua Gi-gnoux - Stephane è diventato sempre più forte: meto-dico, curava all'inverosimile i dettagli tecnici, con-centrandosi sui tempi per togliere e mettere le pelli, sulla tecnica delle inversioni, in cui ha portato delle innovazioni tali che una 'conversion' agonistica porta il suo nome».Il giorno della gara a coppie ai Mondiali di Crissolo 2006 filmai la salita delle prime squadre, rivedendomi le sequenze mi resi conto che Brosse ed Elmer cambia-vano direzione in modo decisamente più rapido di tutti gli altri atleti d'elite: la loro esecuzione era pres-soché sovrapponibile… Rico Elmer mi confiderà in seguito che questa virata ebbe modo di copiarla da Brosse un giorno che lo stava seguendo in gara e che era stato attirato dall'atteggiamento così innovativo ed efficace.E ancora Gignoux: «Lui ricercava la precisione senza essere fanatico, cercava sempre di dare il massimo. Anche negli ultimi tempi, quando stava seguendo un programma di record in montagna in compagnia di

Kilian, in molti si sono stupiti per le sue capacità tec-niche in discesa, soprattutto su terreni ripidi».A lui è dedicata la prima copertina di Ski-alper: sta scendendo una classica del ripido sul Monte Bianco insieme a Pierre Tardivel, uno specialista, che contri-buirà a consolidarne il bagaglio tecnico in questo campo.

Forte e brusco allo stesso tempo, la sua era una sciata nervosa, fatta di cambi molto rapidi, i suoi sci frange-vano le nevi più difficili senza tentennamenti o esita-zioni. L'anno in cui effettuai le riprese del DVD 'La tecnica della discesa' avevo sempre timore che Pierre e Stephane potessero avere un incidente tanto era l'en-tusiasmo e la determinazione con cui si buttavano in ogni pendio, per ripido che fosse. Ricordo il giorno in cui scendemmo lungo la nord della Grande Motte con neve piuttosto dura, in quell'occasione Stephane cal-zava scarponi Gignoux e sci da gara con attacchini leggeri, anche allora rimasi colpito dalla sua determi-nazione.Una delle ultime volte che l'ho incontrato coincide forse con la mia ultima partecipazione, come giornali-sta, alla Pierra Menta. Era il giorno del Grand Mont, gli atleti stavano per sbucare in vetta dalla famosa cre-sta e quel tratto finale era 'off limit' per noi fotografi;

la giornata era splendida e avrei voluto poter fare qual-che decina di metri su quello stretto passaggio per me-glio inquadrare i concorrenti.A quel punto è arrivato Stephane in veste di testimo-nial-spettatore: con lui al fianco sono riuscito a supe-rare gli sbarramenti e appostarmi nel punto migliore. A Stephane diedi la videocamera e io potei concen-

trarmi sulle fotografie. E lui rideva e filmava, contento di potermi aiutare. Poi non ci siamo più rivisti anche se non mancava di inviarmi foto e racconti dei suoi exploit che io puntualmente pubblicavo sul sito. Sape-vamo dei grandi progetti in alta montagna in compa-gnia di Kilian. E poi la notizia… tremenda. La telefo-nata a Pierre Gignoux per chiedergli se fosse vero e il pianto a dirotto dall'altra parte del filo: non lo sapeva ancora… Involontariamente ero stato io a comunicar-gli che il suo grande amico e compagno di pattuglia era caduto e per lui non c'era più nulla da fare.Poi lo strazio del funerale: i due bambini e la moglie in attesa del terzo figlio (dovrebbe nascere proprio men-tre questo numero esce nelle edicole), le testimonianze in chiesa di quanti lo hanno conosciuto e hanno lavo-rato con lui, i sassi posati sul sagrato accanto alla bara, la fila interminabile per l'ultimo saluto. L'ultima immagine è quella dei suoi compagni attoni-ti, quelli che come Giacomelli, Blanc e Pellissier han-no condiviso con lui la gioia delle ultime grandi im-prese nello ski-alp.

L16 > people

STEPHANE BROSSETESTO: Enrico MartaFOTO: Enrico Marta

Il 17 giugno è morto sul Monte Bianco Stephane Brosse, uno dei più grandi scialpinisti di tutti i tempi. Il ricordo

di Enrico Marta

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«DOpO I pRIMI TEMpI E LE pRIME gARE STEphANE è DIVENTATO

SEMpRE pIù fORTE: METODIcO, cuRAVA ALL'INVEROSIMILE I

DETTAgLI TEcNIcI, cONcENTRANDOSI SuI TEMpI pER TOgLIERE E METTERE LE pELLI, SuLLA TEcNIcA DELLE

INVERSIONI, IN cuI hA pORTATO DELLE INNOVAzIONI TALI chE

uNA 'cONVERSION' AgONISTIcA pORTA IL SuO NOME»

Pierre Gignoux

chi eraNato il 28 aprile del 1972 a Pont-de-Beauvoisin, nella Savoia francese, Stephane Brosse nel 2006 è entrato nella nazionale francese di scialpinismo. Nel suo palmarès tre ori mondiali (individuale, a squadre e relay), due argenti mondiali (relay e combinata), due ori europei (individuale e squadre), due argenti europei (individuale e combinata), tre Pierra Menta, un Mezzalama, un Tour du Rutor e due Patrouille des Glaciers. Suo anche il record di salita al Monte Bianco e ritorno (con Pierre Gignoux) in 5h 15' 47'' nel 2007 e quello sulla haute route Chamonix-Zermatt in 21h 11' con Lionel Bonnel. È stato per anni collaboratore della nostra rivista e dimostratore per manuali tecnici pubblicati dalla nostra casa editrice. È morto il 17 giugno sul Monte Bianco durante un tentativo di traversata con gli sci in compagnia di Kilian Jornet Burgada: gli è stata fatale una cornice di neve rottasi sotto gli sci e un volo di 600 metri.

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18 > rubriche

PARETI DI CARTATESTO: Leonardo Bizzaro

ELOGIO DEL LIMITEdi Fabrizio Pistoni

Ediciclo Editore160 pagine

14,50 euro

IL CORRIDOREdi Marco Olmo e Gaia De Pascale -

Ponte alle Grazie, 140 pagine12,50 euro

QUEI PAZZI DEL VERDON di Bernard Vaucher - Edizioni

Versante Sud, 248 pagine19 euro

ASSASSINIO SUL K2 di Dušan Jelinčič - Vivalda

Editori, 160 pagine 17 euro

VINTAGE MENSWEAR di Josh Sims, Ray Luckett e

Douglas Gunn - L’Ippocampo, 304 pagine

29,90 euro

TURISTI DI TAPPA: VACANZE, NAZIONALISMO E POTERE

a cura di Claudio Ambrosi e Michael Wedekind - Fondazione

Museo Storico di Trento, 208 pagine 15 euro

Si è chiusa la stagione della corsa in montagna e, in attesa che prendano il via le competizioni di scialpinismo, ecco un gran numero di titoli sull’argomento, usciti negli ultimi mesi. Questo di Fabrizio Pistoni è tra i più interessanti proprio perché non è scritto da un professionista. Un approccio ‘giusto’ alle gare endurance, nato durante il Tor des Géants 2010, che parte da una sorta di mantra ripetuto prima di partire: ‘Sogna in grande e osa fallire’.

MITICO TOR DES GEANTS

Marco Olmo alle ultramaratone ha dedicato tutto se stesso, un riscatto della vita di un montanaro operaio che arriva dal ‘mondo dei vinti’. Con Gaia De Pascale ha scritto la sua autobiografia per raccontare le battaglie, le cose perdute, anche qualche sconfitta, più che i metodi di allenamento e i trionfi nella competizione.

LA VITA È UN’ULTRAMARATONA

Quando negli anni Settanta cominciarono ad arrivare in Italia le prime riviste francesi d’alpinismo con le foto di arrampicatori seminudi su pareti lisce e senza vetta (non c’era internet, allora, come ben si ricorderà) la sorpresa fu grande. Lo scandalo più enorme ancora. Ci vollero dieci anni perché le pratiche di salita del Verdon diventassero comuni anche qui e ci si affidasse senza timori a quelle scarpe a suola liscia più simili a una ciabatta che a uno scarpone da montagna. Bernard Vaucher, che di quella storia è stato tra i protagonisti, racconta azioni temerarie e follie, grandi passi avanti dell’arrampicata e bevute leggendarie.

L’EPOPEA DEL VERDON

La montagna non rende puri gli uomini, scrive Paolo Rumiz nella prefazione. È vero, tanto meno i colossi della Terra, dove l’alpinismo ha perso la sua innocenza fin da quando si è cominciato a sfidarli. Dušan Jelinčič, giornalista, scrittore e alpinista (al suo attivo ha il Broad Peak e il Gasherbrum II) ambienta il suo thriller tra due luoghi lontani ma che nell’immaginario di tutti non possono che essere abitati dal male: la parete nord dell’Eiger e il K2. Una storia di vendetta che rimanda al Trevanian di ‘Il castigo dell’Eiger’, che Clint Eastwood portò poi sullo schermo.

THRILLER SUL K2

Avete in programma un raduno di telemark l’inverno che viene? O più semplicemente siete affascinati dallo sci del tempo che fu? Questo grosso volume vi sarà indispensabile, con le sue foto di grande formato e i testi sempre puntuali che ripercorrono la storia dell’abbigliamento maschile sportivo e da lavoro attraverso le collezioni del negozio The Vintage Showroom di Londra. Classiche Norfolk Jacket protagoniste dell’alpinismo inglese, completi in covercoat per escursionismo, pantaloni da sci di lana e ‘smock’, nonno delle moderne softshell. Da sfogliare e, avendo un bravo sarto, da fare copiare.

MONTAGNA D’EPOCA

La nascita della moderna industria del turismo prende le mosse anche dallo spirito nazionalistico con cui, a cavallo fra Ottocento e Novecento, si organizzavano i viaggi sulle zone di confine. Claudio Ambrosi e Michael Wedekind, che da tempo collaborano alla ricerca su questi temi, uno dal versante italiano, l’altro tedesco, hanno coordinato il nuovo Quaderno di Archivio Trentino della Fondazione Museo Storico di Trento. Sono gli anni in cui comincia il primo turismo di montagna di massa, gli anni della frequentazione delle vette, dall’una e dall’altra parte, con intenti politici prima che esplorativi. Vicende da scoprire per capire meglio le montagne.

ALLE ORIGINI DEL TURISMO ALPINO

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ISLANDATESTO: Umberto IsmanFOTO: Umberto Isman

TRA IFIORDIPASSAGGIO

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La penisola di Hornstrandir, in Islanda, è completamente disabitata dai primi anni '50 ed è diventata un santuario dello scialpinismo contemplativo. Con dicese che finiscono sempre sul mare. Come albergo, una barca a vela che ha fatto quattro volte il giro del mondo

M«Mia nonna è nata in un minuscolo villaggio accan-to a quella scogliera a picco sul mare. Là in fondo, sulla punta estrema del promontorio. Costruivano le case vicino alle pareti di roccia per una questione di sopravvivenza. Mangiavano soprattutto pesce, ma anche le uova degli uccelli che nidificavano sulle sco-gliere verticali. I miei antenati costruivano vere e proprie strutture in legno e corda per calarsi e pren-dere le uova dai nidi». è Örvar a parlare, la nostra giovane guida attraverso i fiordi e le montagne della

penisola di Hornstrandir, all'estremità nord-occidenta-le dell'Islanda. «Si viveva nel quasi totale isolamento. Ci si poteva muovere solo in barca o a piedi, in inverno con gli sci. Niente strade. Una volta mia nonna e i suoi fratelli avevano saputo di una festa che si doveva svolge-re in un villaggio a poco meno di un giorno di cammi-no dal loro. Partirono in piena notte, per poi scoprire che la festa era in un altro villaggio ancora più lontano. Arrivarono appena in tempo per la festa e ripartirono subito dopo per attraversare di nuovo le montagne e

FIORDI

I viaggi diSki-alper

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ISLANDA

tornare a casa».Altri tempi, già, ma non nel senso che oggi la penisola di Hornstrandir sia stata riempita di case e strade, anzi dai primi anni Cinquanta è stata completamente abbandonata. Si celebra proprio quest'anno il sessantesimo anniversario dell'abbandono dell'ultimo insediamento uma-no, ci tengono a precisare i miei compagni di viaggio islandesi, quasi a voler rimarcare l'uni-cità di questo luogo. Unicità nell'unicità, dato che la stessa Islanda, col suo territorio aspro, tormentato, fatto di montagne, ghiacciai, vul-cani, geotermalismo in tutte le sue più incredi-bili manifestazioni, è di fatto un luogo con ca-ratteristiche uniche rispetto al resto del globo.

L'Hornstrandir è anch'esso territorio vulcani-co, ma non ci sono crateri attivi, solo qualche raro affioramento geotermale. Anche i ghiac-ciai sono limitati alla propaggine sud-orientale della penisola, quella che la collega al resto dell'Islanda. Il capoluogo della regione è Ísafjörður, un 'paesone' di circa 2.800 abitanti fondato dai Vichinghi, la cui architettura es-senziale e senza fronzoli è lo specchio diretto di quelle che sono le principali attività: pesca e turismo. Ci arriviamo con un volo da Rey-kjavík, rimandato di un giorno per una tempe-sta, non infrequente da queste parti. Gli stessi aeroporti locali, quelli per i 'domestic flights', sono poco più che stazioni dell'autobus, con orari flessibili in funzione del meteo e controlli ridotti all'essenziale. Sono seduto accanto a un biologo marino che rientra nel suo paese per una breve vacanza. Mi anticipa la manovra che compirà l'aereo: ingresso radente nel fiordo e

precisa, obbligata virata a 180 gradi per infilare la pista dal verso giusto, quello che decide il vento. Quasi una manovra di parcheggio, ma a velocità da aereo con ripidi versanti di monta-gne, mare e case che sfrecciano a pochi metri dalle ali. Non si scherza. La pesca era per Ísafjörður un'attività più che fiorente, fino ai primi anni Ottanta, quando il governo, per ridurre il depauperamento della fauna ittica, decise di diminuire del 50 per cen-to la quantità di pescato. Molti pescatori locali si dedicarono allora alla cattura dei gamberi, ma il riscaldamento globale li fece quasi scom-parire verso la metà degli anni Novanta. Che fare allora? Alcuni continuarono con la pesca, anche se molto meno remunerativa, altri dovet-tero ingegnarsi per trovare nuovi lavori. Nell'estate del 2005 capitò sul molo di Ísafjörður la barca dell'inglese Sir Robin Knox-Johnston, il vincitore della prima regata in soli-tario intorno al mondo senza scalo, nel 1969. A bordo con lui il famoso alpinista Chris Boning-ton, anch'egli inglese. Due giovani del luogo, Siggi e Runar, li avvicinarono e scoprirono che quella barca, Antiope Clipper, che aveva già fatto quattro volte il giro del mondo, era in vendita. Detto fatto, la primavera successiva si presentarono in Inghilterra per completare l'acquisto e la riportarono a Ísafjörður, ribattez-zandola Aurora. Siggi, architetto navale con la passione della montagna, la prese in gestione, mentre Runar, con una grande esperienza di sci e alpinismo, si occupò di accompagnare i primi clienti sulle montagne del Hornstrandir. La loro attività cominciò nell'estate del 2006, con crociere nei fiordi vicini, ma anche in Groen-

«…normalmente è difficile conciliare le

eSigenze di ScialpiniSti eSperti con quelle di chi è alle prime armi.

non qui, dove il viaggio da fiordo a fiordo è

Semplice e con diSlivelli limitati, ma laScia nel

contempo la poSSibilità di divagazioni

deciSamente più impegnative. il tutto

tenendoSi quaSi coStantemente a viSta gli uni con gli altri…»

Nella foto di apertura, salita al Tafla dal Veiðileysufjörður. Qui sopra la discesa.

Sotto, da sinistra a destra, giochi dei ragazzi a Ísafjörður, una fase di

trasferimento dalla barca e una foca che studia i nostri spostamenti

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ISLANDA

landia, alle Svalbard e nella straordinaria isola di Jan Mayen.

Nel pozzetto di Aurora, ancorata nel fiordo di He-steyrafjörður, l'unico rumore è quello del mare e della brezza che fa tintinnare le sartie. In attesa che i miei compagni si sveglino, leggo il primo racconto de 'La Leggenda dei Monti Naviganti' di Paolo Ru-miz. Si parla di mare e di montagna insieme, una coincidenza non voluta che mi fa riflettere, nell'im-mobilità assoluta di un paesaggio che si anima solo per pochi istanti, quelli della fugace apparizione di una volpe artica che corre chissà dove sulla riva. Au-rora è un 60 piedi (18 metri) con 12 posti letto, at-trezzata per ogni tipo di navigazione. Siggi (Si-gurður Jónsson) è il capitano, una delle tante facce di un personaggio eclettico che parla quattro lin-gue, è stato progettista e costruttore di barche, istruttore di canoa, paracadutista, ha sciato sulle nevi di tutto il mondo, arrampicato su difficili vie delle Alpi, ha lavorato su navi porta container in

tutti i mari del globo e navigato a vela su rotte estreme. Un uomo di poche parole, poche ma buo-ne. è lui che prepara la colazione e ci accompagna col suo 'dinghy', un gommoncino Zodiac spinto da un piccolo cinque cavalli, sul fondo del fiordo, par-tenza del nostro viaggio sci ai piedi attraverso la penisola di Hornstrandir. Con me otto islandesi di Reykjavík. Indigeni verrebbe da dire, se non fosse che in questa zona del Paese non sono mai stati e, soprattutto molti di loro sono alla prima esperienza scialpinistica. Normalmente è difficile conciliare le esigenze di scialpinisti esperti con quelle di chi è alle prime armi. Non qui, dove il viaggio da fiordo a fiordo è semplice e con dislivelli limitati, ma la-scia nel contempo la possibilità di divagazioni deci-samente più impegnative. Il tutto tenendosi quasi costantemente a vista gli uni con gli altri. Örvar è la nostra guida, un telemarker coi fiocchi: non ha un vero e proprio diploma, che in Islanda non esi-ste, ma un'esperienza e una conoscenza dei luoghi assolutamente all'altezza della situazione. è lui a

Nella foto in alto, la spettacolare discesa dal Lònhorn.

Nelle altre foto, momenti di relax e vita di barca

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Difficile sapere cosa pensi una foca di uno scialpinista. Ammesso che esista una coscienza collettiva tramandata nelle generazioni dei pinnipedi, ormai dovrebbe anche essere acclarato che le nostre pelli di foca sono sintetiche. E tutto depone a favore di questa consapevolezza, almeno per quel che riguarda le foche della penisola di Hornstrandir, curiose e giocherellone. C'è anche da dire che questa zona è dal 1975 una riserva naturale dove la caccia è assolutamente vietata. Questo probabilmente le foche lo sanno, come lo sa la volpe artica, meraviglioso animale incredibilmente cacciato in altre zone del paese. Anche le foche vengono cacciate, da sempre, anche se in Islanda vige una regolamentazione abbastanza severa che limita il numero delle prede, con una diminuzione costante in questi ultimi anni. D'altra parte le foche fanno da sempre parte dell'economia alimentare, e non solo, delle popolazioni artiche. La carne viene consumata, il grasso serviva per l'illuminazione o come cibo per gli animali, le pelli hanno da sempre svariati usi. Ancora oggi in Islanda i cacciatori di foche sono prevalentemente i proprietari di fattorie sulla costa, che hanno speciali licenze di caccia entro i confini dei loro terreni e hanno fondato una vera e propria società con circa cento membri. Purtroppo però gli animali cacciati sono quasi esclusivamente quelli che hanno poche settimane di vita, verso la fine dell'allattamento, con un limite imposto dalla legge di soli 15 giorni dalla nascita. In Islanda ci sono ben sette diverse specie di foche, ma cinque sono di passaggio e vengono avvistate solo sporadicamente. Le due residenti sono la foca comune e la foca grigia. Si distinguono in parte per la colorazione, che però è estremamente variabile, ma soprattutto per la stazza: al massimo due metri di lunghezza e 150 chili di peso per la foca comune, contro i tre metri e 400 chili per la foca grigia. Anche i periodi di riproduzione sono diversi: tra maggio e luglio la foca comune, tra fine settembre e i primi di marzo la foca grigia. Il periodo di gestazione è per entrambe di circa 11 mesi e partoriscono un unico cucciolo.

VitaDa foche

«…nel pozzetto di aurora, ancorata nel fiordo di heSteyrafjörður, l'unico rumore è quello del mare e della brezza che fa tintinnare le Sartie. in atteSa

che i miei compagni Si Sveglino, leggo il primo racconto de 'la leggenda dei monti naviganti' di

paolo rumiz. Si parla di mare e di montagna inSieme, una coincidenza non voluta che mi fa riflettere…»

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informazioni generali: La penisola del Hornstrandir è situata all'estremità nord-occidentale dell'Islanda. è un'area protetta, dove non esistono né strade né insediamenti umani. Gli unici spostamenti possibili sono quelli via mare, oppure a piedi in estate e con gli sci in inverno. In generale il clima dell'Islanda è mitigato dalla Corrente del Golfo e le temperature, a dispetto della latitudine, difficilmente scendono sotto i - 10 gradi.

periodo conSigliato: Le crociere 'Sailboat skiing' si svolgono più o meno da metà marzo fino quasi alla fine di maggio e durano una settimana. In questo periodo le ore di luce crescono costantemente e a maggio non è praticamente mai buio. Le condizioni della neve sono estremamente variabili, ma verso fine stagione in genere si consolida un ottimo firn.

informazioni pratiche: La traversata da fiordo a fiordo proposta è indubbiamente la più interessante. Non è però un percorso rigido perché, tenuti fissi i punti di sbarco e imbarco, è possibile divagare e aggiungere cime, discese e dislivello a volontà. I tempi di percorrenza sono assolutamente indicativi e in questo caso sono riferiti a uno scialpinismo non di velocità, ma piuttosto contemplativo, vista la spettacolarità dei paesaggi. Il numero di giorni di scialpinismo è variabile, anche in funzione delle condizioni meteo, e si può in genere aggiungere una breve gita nel fiordo Hrafnfjörður il quinto giorno. L'attrezzatura richiesta è quella standard da scialpinismo. Per i couloir e le pareti più ripide possono essere utili i ramponi e più raramente la piccozza. Da considerare anche un GPS nei casi, non infrequenti,

di scarsa visibilità. Per la barca occorre un sacco a pelo di isolamento termico medio, asciugamano e vestiti di ricambio caldi. Il tutto in una borsa facilmente stivabile e non in una valigia rigida. Il mare è generalmente calmo, ma se si soffre la navigazione conviene premunirsi con gli appositi farmaci. La copertura dei telefoni cellulari è limitata ad alcune zone in quota, mentre sul mare non c'è segnale. Per partecipare alle crociere è indispensabile una polizza infortuni individuale. Lo skipper in genere provvede anche ai pasti, mentre per le gite è previsto l'accompagnamento di un'esperta guida locale.

acceSSo: Il punto di partenza obbligato per la crociera in barca è Ísafjörður, raggiungibile in aereo da Reykjavík. La capitale dell'Islanda è collegata da diverse compagnie aeree, in genere con uno scalo europeo. Sono da prevedere due pernottamenti a Reykjavík e a volte uno a Ísafjörður.

cartografia: Carta 'Hornstrandir' 1:100.000, edizioni Ferðakort, reperibile facilmente nelle librerie e all'ufficio turistico di Reykjavík.

organizzazione e prezzi: In Italia i viaggi 'Sailboat skiing' sono commercializzati da Avalco Travel (www.avalcotravel.com). Indicativamente il viaggio proposto costa 1.800 euro inclusi i pernottamenti in barca con skipper e pensione completa, guida per le escursioni, pernottamenti a Reykjavik e Isafjordur. Sono esclusi i voli dall'Europa i cui costi variano molto in funzione del periodo scelto. Le quote partono da circa 450 euro più tasse.

[email protected] inviateci una mail se avete visitato queste zone, oppure se avete deciso di partire per l'Hornstrandir dopo aver letto questo servizio

ISLANDA - HORNSTRANDIR

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ISLANDA

ITINERARIIslanda

Capitale: Reykjavik

Temperatura media: 8 °C

Superficie Montuosa: 80%

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PRIMO GIORNOda Hesteyrafjörður a Veiðileysufjörður

Dislivello in salita: 750 m(1150 m con la salita al Lónhorn)Lunghezza: 11 kmTempo medio complessivo: 4 oreDifficoltà: MS (OSA per la salita e discesa del Lónhorn)

ITINERARIO. Dal fondo del fiordo si segue il torrente, stando sulla destra, fino a raggiungere una zona pianeggiante dalla quale si vede verso destra il passo da valicare. Dal pianoro è possibile deviare dal percorso, salendo e poi scendendo alcuni interessanti pendii, sia verso est che verso ovest. Raggiunto il passo, si gode di un bel panorama verso nord sulla baia di Hælavík e la punta estrema del Hornstrandir. Si piega quindi verso destra e si guadagna un'ampia dorsale che conduce a una quota di circa 650 metri. Da qui si scende in dire-zione del Veiðileysufjörður, prima sulla linea di massima pendenza e poi contornando sulla destra una bastionata rocciosa. Si continua su pendii più dolci con ampi dossi fino al mare. Per chi ama il ripido e ha un minimo di esperienza alpini-stica, è possibile, se le condizioni sono sicure, salire e scendere l'evidente versante sud-ovest del Lónhorn. La salita si svolge preferi-bilmente lungo la dorsale all'estre-ma sinistra della parete e richiede spesso i ramponi. La discesa è a circa 45° di pendenza e la linea migliore va individuata già in fase di salita.

TERzO GIORNOLònafjörður

Dislivello in salita: 800 m Lunghezza: 10 km Tempo medio complessivo: 4 oreDifficoltà: MS (OS per il couloir dello Standahilð)

ITINERARIO. Dal fondo dell'inse-natura appena a sud-est di quella del giorno precedente si sale in direzione nord-est, puntando all'e-vidente parallelepipedo roccioso. Lo si lascia sulla destra e si piega a sinistra per raggiungere la dorsale che, ancora verso sinistra, conduce alla cima del Breiðuskarða-hnùkur (709 m). Bellissima vista sulla baia e sulle scogliere di Hornvík. Si scende quindi sul versante opposto (sud-ovest) e, per gli sciatori meno esperti, ci si ricollega all'itinerario di salita. Per affrontare lo spettacolare couloir dello Standahilð (in realtà sono due, quello di sinistra un po' più impegnativo), dopo un tratto di scia-ta divertente, si mantiene la quota e ci si sposta verso destra attraversan-do un ampio pianoro. A piedi si risale brevemente la dorsale che si affaccia sul fondo del fiordo e, rimessi gli sci, si scende cautamente verso l'imboc-co del couloir, non visibile dall'alto. Questo tratto richiede attenzione assoluta per le condizioni della neve e, soprattutto, per individuare il punto esatto in cui scendere. Il couloir ha una pendenza costante di 45° con un paio di brevi tratti un po' più ripidi. Lo si può affrontare dall'inizio, rasen-te le rocce, oppure entrandovi poco più sotto. La discesa fino al mare è entusiasmante.

SECONDO GIORNOda Veiðileysufjörður aLònafjörður

Dislivello in salita: 1050 m (1500 m con la salita al passo)Lunghezza: 12 km (18 km con la salita al passo Rangalaskarð)Tempo medio complessivo: 5 oreDifficoltà: BS

ITINERARIO. Dalla sponda orien-tale, quasi in fondo al fiordo, si può salire l'evidente dorsale del Tafla fino alle prime rocce, per poi con una bella sciata tornare al mare o tagliare in quota verso sinistra. Si costeggia il fiume per poi attraversarlo e affrontare un ripido pendio esposto a ovest. Si sbuca in corrispondenza di una grossa cornice e, lasciandola sulla sinistra, si prosegue a mezzacosta alla base di una dorsale fino a un'eviden-te sella sotto alle rocce. Si piega quindi a sinistra su terreno più ripido fino al pianoro sommitale, che può essere percorso per alcune centinaia di metri verso sinistra per raggiungere il punto più alto (656 metri). La discesa verso il Lònafjörður è evidente e si affronta su pendii ripidi che richiedono attenzione. Giunti in fondo alla valle, si raggiunge il mare stando sulla destra del fiume. Prima del tratto finale è possibile risalire la valle alla sinistra del fiume fino al passo Rangalaskarð, da cui si gode una spettacolare vista sulla baia di Hornvík, per poi ridiscendere dalla stessa parte.

QUARTO GIORNOda Lònafjörðura Hrafnfjörður

Dislivello in salita: 1150 m Lunghezza: 15 kmTempo medio complessivo: 5 oreDifficoltà: BS

ITINERARIO. Ci si sposta in barca nell'ultima insenatura di sud-est del Lònafjörður, dove in genere si vedono numerose foche. Si sale costeggiando il torrente principale sulla destra fino ad attraversare quello laterale (attenzione). Si affronta quindi il pendio ripido a destra di una collina rocciosa e si raggiunge un ampio pianoro. Si continua verso destra, individuando il passaggio tra le barriere rocciose che consente di raggiungere la lunga e ampia dorsale che conduce verso sinistra al suo punto più alto. Si scende quindi con facile sciata verso sud-est, puntando a un'evi-dente piramide, fino a raggiungere una conca dove si rimettono le pelli. Si affronta un primo pendio ripido, per poi costeggiare sulla sinistra la piramide e raggiungere la dorsale che, con un tratto faticoso, conduce alla cima del Bláfell (736 m). La discesa si effettua puntando direttamente al Hrafnfjörður, facen-do attenzione nel primo tratto a un cambio di pendenza con cornice. Si raggiunge quindi una zona pia-neggiante e si continua verso destra, affrontando un ultimo pendio molto ripido che conduce al mare.

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guidarci in questi quattro giorni di traversata attra-lungo la penisola di Hornstrandir che, se la guarda-te sulla carta, ha la forma di un doppio pettine im-merso nel Mare di Groenlandia fino a lambire il Circolo Polare Artico. è così che la traversata da fiordo a fiordo è una continua rivoluzione del pae-saggio: scorci che si aprono e si chiudono improvvi-si, mare da tutte le parti. è una carta geografica che diventa realtà, un disegno al centomila che, come raramente accade, riesci a vedere quasi per intero. Difficile perdersi, i riferimenti sono precisi, basta che non arrivi la nebbia, che al contrario rende que-sto terreno fatto di dossi, costoni e avvallamenti assolutamente indecifrabile. Per quattro giorni gi-ronzoliamo seguendo una direttrice ovest-est che va poi a piegare leggermente verso sud. Una direttrice che ogni giorno ci conduce in un nuovo fiordo, dove lo scafo e l'albero di Aurora, che nel frattempo ci ha seguiti, sono l'unico elemento extra natura, un rife-rimento preciso per le nostre sciate fino al pelo dell'acqua. E se non basta, su di nuovo, a caccia di couloir, di ripido, con quella sensazione artica di tuffarsi nel mare con gli sci.

28 > ski-alp touring

ISLANDA

L'Islanda è, dal punto di vista energetico, quasi completamente autosufficiente. Il 73,4 per cento dell'energia prodotta è idroelettrica, il 26,5 per cento geotermica e solo lo 0,1 per cento è ottenuta dai combustibili fossili. Non solo, l'energia geotermica riscalda e produce acqua calda per l'87 per cento degli edifici. Il governo ha inoltre deciso che il paese entro il 2050 dovrà diventare la prima economia all'idrogeno del mondo. Significa che ogni attività che oggi prevede l'uso di idrocarburi (soprattutto i trasporti) sarà interamente basata sull'immagazzinamento dell'energia in composti dell'idrogeno, totalmente indipendenti dai combustibili fossili. Un'economia completamente 'oil free'.L'Islanda è un territorio rimasto disabitato fino a tempi relativamente recenti (IX secolo). Il suo isolamento geografico ha determinato lo svilupparsi di una popolazione geneticamente omogenea in cui, come dicono gli islandesi, tutti sono parenti di tutti. La stessa lingua, di ceppo nordico come il norvegese, lo svedese e il danese, ha mantenuto nel tempo una certa originalità arcaica, anche per una precisa volontà di proteggerla da contaminazioni e neologismi.L'Islanda è anche il paese in cui si leggono più libri, in cui Internet è il più veloce del mondo, in cui più della metà della popolazione crede agli Elfi. In cui la speranza di vita è tra le più alte del pianeta e la natalità ai primi posti tra i paesi europei. Per questo l'Islanda ha uno dei più alti tassi di incremento demografico naturale d'Europa (13,83 nati l'anno ogni 1.000 abitanti contro 6,57 morti). Infine la densità di popolazione: 3,1 abitanti per km² (una delle più basse del pianeta), contro i 201,8 dell'Italia.

Un PaeSeUnicoaL MonDoNella foto, in senso antiorario, alcuni

scorci di Reykjavik: Frkirkjan, Ásmundur Sveinsson, una

Libreria caffè in centro, MuseumArt Museum Hafnarhús, Chiesa

Hallgrímskirkja

Nella fotoUna delle poche costruzioni sulla costa, tutte

abbandonate

«…Si celebra proprio queSt'anno il SeSSanteSimo anniverSario dell'abbandono dell'ultimo

inSediamento umano Sulla peniSola di hornStrandir, ci tengono a preciSare i miei compagni di viaggio iSlandeSi, quaSi a voler

rimarcare l'unicità di queSto luogo…»

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Maurizio FondriestBUON MOTORE NON MENTE

Nato a Cles, in Val di Non, nel 1965, campione del mon-do su strada a Renaix nel 1988, vincitore di una Milano-Sanremo e di una Freccia Vallone nel '93, quindicesimo al Tour de France del '91 e ottavo al Giro d'Italia del '93. è Maurizio Fondriest, uno che se lo vedi adesso ti sembra uguale a quando correva in bicicletta. Ci incontriamo al parcheggio delle funivie del Grostè, a Madonna di Cam-piglio, il 23 aprile. L'impianto è ormai chiuso, reduce da una stagione avara di quella neve che, ironia della sorte, ora cade copiosamente. La figura di Fondriest incute una sorta di timore reverenziale, al di là dei suoi noti trascorsi agonistici. La sua prestanza atletica, il suo look, trasuda-no professionismo anche in tenuta da skialper. «Vai pia-no!» è la prima cosa che mi viene da dirgli e partiamo sci ai piedi diretti al rifugio Giorgio Graffer.

Maurizio, come fai a essere ancora così in forma?«Non ho mai smesso di fare sport, bici d'estate e scialpi-nismo d'inverno, con una media di tre uscite a settima-na. In genere lunedì, mercoledì e poi o sabato o domeni-ca. Ho la fortuna di abitare in montagna e mezza giorna-ta è più che sufficiente per un buon allenamento, anche meno se si parte la mattina presto. Con gli sci faccio tra i 50.000 e i 70.000 metri di dislivello all'anno. Da quan-do correvo in bici ho messo su solo un paio di chili, tutti di braccia, che per pedalare non servono».

In cosa si assomigliano scialpinismo e ciclismo?«Se parliamo di prestazioni in salita, la caratteristica co-mune è il motore, che è uno solo. Se hai un buon motore puoi ottenere ottime prestazioni in entrambi gli sport. Certo, gli scalatori sono avvantaggiati, perché pesano meno e hanno una predisposizione per quel tipo di sfor-zo. Poi nel ciclismo ci sono i fenomeni alla Indurain, che aveva una potenza di circa 480 watt contro i 380-400 di un buono scalatore e in salita non perdeva le ruote dei migliori. Una tale potenza, se gestita bene, significa tre o quattro chilometri in più di velocità in una cronometro. Ma nello scialpinismo essere un buon passista non conta quasi nulla».

E le differenze?«Prima di tutto direi la quota. In bicicletta è difficile che si raggiungano quote elevate e comunque solo per un tempo limitato. Ricordo solo il Mondiale in Colombia nel '95, dove si corse in alta quota e alcuni ebbero proble-mi. Nello scialpinismo invece può essere una variabile importante, basti pensare al Mezzalama dove si gareggia sul filo dei 4000 metri. Altra differenza è la gestione del-lo sforzo: in bicicletta capita di pedalare anche per otto ore e devi saper dosare le energie, nello scialpinismo inve-ce le gare sono più brevi, si parte e si arriva a tutta. Poi ci sono le gare di più giorni, i grandi giri del ciclismo, che non hanno un corrispettivo nello scialpinismo, se si ec-cettua la Pierra Menta. Il recupero da un giorno all'altro è molto importante e influisce sulla classifica finale. Infi-ne il gioco di squadra, che nel ciclismo è fondamentale mentre nello scialpinismo praticamente non esiste».

Lasciamo per un attimo perdere l'agonismo. come mai capita spesso che chi è appassionato di scialpini-smo vada anche in bici?«Ci sono delle similitudini: un'analoga voglia di libertà, la passione per la natura, la ricerca della solitudine. E poi la fatica, che è la stessa, il piacere di fare fatica, di conqui-starsi la cima. Io in realtà non vado mai piano, mi piace anche il confronto con gli altri. Ricordo che quando cor-revo in bici la fatica era molto più bella se riuscivo a stac-care i miei rivali».

che tipo di scialpinismo prediligi?«Non mi ritengo un esperto e preferisco gite sicure, il più delle volte lungo le piste. Sono più attento all'aspetto dell'allenamento e della prestazione che a quello esplora-tivo. Ho un grande rispetto per la montagna e credo che la si debba frequentare solo con compagni esperti. Quan-do sono con loro so che posso anche avventurarmi su grandi itinerari fuoripista e lo faccio volentieri».

E come la mettiamo con i divieti che imperano nella maggior parte delle località sciistiche italiane?

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MAURIZIO FONDRIESTTESTO: Umberto IsmanFOTO: Umberto Isman

Maurizio Fondriest, campione del mondo di ciclismonel 1988, va forte, molto forte, anche con gli sci ai piedi.

Siamo saliti insieme al rifugio Graffer, sopra Madonna di Campiglio

INTERVISTE

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31 > people

«… IN BIcIcLETTA cApITA DI pEDALARE ANchE pER OTTO ORE E DEVI SApER DOSARE LE

ENERgIE, NELLO ScIALpINISMO INVEcE LE gARE SONO pIù BREVI, SI

pARTE E SI ARRIVA A TuTTA».

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«Ti dirò, sono fortunato, perché Campiglio è a pochi chilo-metri da casa mia e qui non 'rompono' più di tanto. è anche il terreno che facilita, puoi salire e scendere fuo-ripista a pochi metri dalla pista, senza disturbare nessu-no. Però capisco che in altre località sia un grosso proble-ma. Bisognerebbe essere tutti un po' più elastici e capire anche che è vero che lo scialpinismo è una nicchia, ma è una nicchia sempre più ampia e porta comunque introiti. Capire anche che c'è molta gente che non se la sente di andare fuoripista. In Austria ad esempio è diverso, ci sono percorsi dedicati agli scialpinisti con apposita se-gnaletica».

E le gare? Ne fai?«Qualcuna, qui dalle mie parti. Ho partecipato anche a un Mezzalama nel 2003. Non ero mai stato a 4000 me-tri, avevo messo i ramponi tre volte in tutto e siamo arri-vati cinquantacinquesimi».

Già, il motore, penso mentre guardo Maurizio incedere con passo sicuro davanti a me. E poi lo vedi subito quan-do uno ha il passo giusto o non ce l'ha, senza farsi in-fluenzare da tutine e carbonio che ormai tendono a uni-formare tutti, almeno nel look. Fondriest non è solo look, mi pare evidente. Saliamo battendo incredibilmen-te traccia lungo una pista a fine aprile. Il rifugio Graffer deve essere da qualche parte lassù nella nebbia. Ci sbat-tiamo praticamente contro, accolti da Thor e Ara, i due bovari del bernese di Roberto Manni, il gestore. Roberto ha partecipato nell'estate del 2008 alla tragica spedizione al K2 in cui morirono 11 alpinisti. Non ne parla volentie-ri e, soprattutto, si astiene da ogni giudizio. Però sfoglia-mo insieme l'ultimo libro uscito su quella vicenda, quello di Graham Bowley, giornalista del New York Times. Maurizio è letteralmente rapito dai brandelli di racconto che riusciamo ad estorcere a Roberto. Nei suoi occhi si legge tutta la curiosità dell'uomo di sport, dell'appassio-nato di montagna.

Maurizio, ci siamo detti che scialpinismo e ciclismo hanno numerosi punti di contatto, condividono aspetti fondamentali e si intersecano sul piano dei praticanti. penso che per Ski-alper ci possiamo pren-

dere la libertà di parlare di ciclismo. Anzi, facciamo un gioco, dico dei nomi e tu aggiungi la prima cosa che ti viene in mente. Indurain... «Gran signore». Fignon... «Fignon è Fignon». Pantani... «Un fenomeno». Bugno... «Ho molta stima». Moser... (attimo di indecisione). Saronni... (idem). «Vedi, Moser e Saronni sono stati due grandi campioni, ma hanno condizionato il ciclismo di quegli anni. Tutto si giocava su quella rivalità e tutto era pensato per favorire a volte uno, a volte l'altro. Era un ciclismo chiuso, limita-

to all'ambito italiano. Ne hanno fatto le spese atleti for-tissimi che nel ciclismo di oggi, più aperto anche se sog-getto alle tattiche di squadra, avrebbero vinto molto di più. Penso a Baronchelli, Visentini e in parte lo stesso Bugno».

E dal punto di vista tecnico? Mi pare che negli ultimi anni si siano fatti passi da gigante nella costruzione delle biciclette, non tanto nella geometria, quanto nei materiali. Insomma, mi pare che la tua bici del mon-diale '88 sia più simile a quella di Binda degli anni '20 che a una di oggi.«Hai ragione, la geometria è più o meno sempre quella, anche perché in gara ci sono regolamenti abbastanza pre-cisi, ma sui materiali ci sono stati progressi notevoli, il carbonio prima di tutto. La mia bicicletta del mondiale pesava 3/4 chili in più di quelle attuali ed era molto meno rigida e performante. Il tutto si traduce, ad esempio, in una differenza di circa un minuto e mezzo su 10 chilo-metri di salita e vuol dire tanto. Mi viene da pensare che anche nello scialpinismo si possano fare ancora passi avanti. Non tanto su sci, attacchi e scarponi, dove il car-bonio e le nuove tecnologie sono arrivate già da un po'. Penso soprattutto alle pelli di foca, l'elemento di scorri-mento in salita, credo che le loro prestazioni possano es-sere migliorate».

prendiamoci un'altra libertà, parliamo di sesso. Si faceva e si fa prima delle gare?«Il ciclismo è uno sport molto vecchio. Fino a pochi anni fa il sesso era assolutamente tabù e alcuni direttori spor-tivi addirittura lo vietavano. Ricordo la moglie di uno che correva con me lamentarsi che i rapporti in un anno si contavano sulle dita di una mano. Poi sono arrivati gli australiani e gli americani e le cose per fortuna sono cam-biate».

Scendiamo a Cles. Nella pizzeria di un amico si incrocia-no sguardi e bisbiglii. I più coraggiosi si fanno avanti a salutare Maurizio. I 'ti ricordi?...' sono spesso per forza di cose unilaterali, ma contribuiscono a cementare il rap-porto con il compaesano, con l'atleta che, in bici o con gli sci, è figlio di queste montagne.

«cON gLI ScI fAccIO TRA I 50.000 E I 70.000 METRI DI

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In alto. Da sinistra a destra Maurizio nell'officina del suo negozioSalita al rifugio Graffer, sotto l'arrivo al rifugio

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cambio di rottaIl turismo invernale tradizionale è in crisi, lo ski-alp e gli sport ‘di fatica’ sono in crescita e intanto a Trento una mostra ripercorre la storia dello sport bianco

34 > opinioni

ioccano in edicola le previsioni stagionali, sulle copertine dei magazine dedicati allo sci. Non servono a nulla, tutt’al più possono fare affidamento sulle statistiche, al massimo fingere di credere ai proverbi popolari. Esercizio divertente, ma scientificamente inesistente. L’inverno, azzarda Valen-tina Acordon della Società Meteorologica Italiana (www.nimbus.it), ripetendo mille volte che è ancora troppo presto per anticipare qualcosa, potrebbe anche cominciare presto. Almeno in montagna, che poi è quel che ci interessa. Ma la certezza l’avremo solo quando vedremo i primi fiocchi.

criSi biancaPiù facile una previsione sull’inverno turistico, per quello almeno ci sono i dati dell’Osservatorio Italiano del Turismo Montano, diffusi alla fiera Skipass di Modena. Numeri scon-fortanti per l’industria dello sci: il crollo la scorsa stagione è stato clamoroso e in quella a venire neppure si riusci-rà a tornare in pareggio. Ma per noi che amiamo un’altra montagna e potremmo pure fare a meno delle piste, la situazione non è così nera. Vale la pena ricordare un’al-tra rilevazione uscita nelle ultime settimane sui quotidiani: nel corso del 2011 la vendita delle biciclette ha superato, in cifre assolute, quella delle automobili. Notizia ferale per l’economia e soprattutto per chi nell’industria metalmec-canica ci lavora, ma quanto bella per chi ha a cuore salute e ambiente? Non potrebbe essere il segno, finalmente, di un cambio di rotta, di un baluginìo di coscienza tra coloro che, soprattutto nelle metropoli, finora sono andati a mo-tore perfino a prendere il giornale?Così l’appannarsi di un certo modello di sviluppo dello sci va di pari passo, a giudicare almeno dalle rilevazioni del salone modenese, con una richiesta sempre più marcata di altre discipline invernali, diverse dal tradizionale sci di pista. Evviva, qualcosa sta cambiando. Le percentuali sono anco-ra ridotte, ma crescono gli scialpinisti, gli appassionati delle racchette e perfino chi vede nella settimana bianca sem-plicemente il momento per camminare sulla neve senza mettersi in coda agli impianti.I grandi comprensori nel frattempo stanno presentando la prossima stagione. Non farò i nomi, non sta bene indicare con un dito gli ottusi, ma credete che tra molti grandi i dati di cui sopra siano stati letti e meditati? Se non sapete, andate a vedere quanti, fra quelli che negli anni scorsi vie-tavano il fuoripista, quest’anno si sono decisi a permetterlo, sia pure salvaguardando la sicurezza di chi scia sulle piste. La risposta è semplice…

Sci d’antan A fine febbraio in Val di Fiemme vanno in scena i Mondiali di sci nordico. Nel frattempo a Trento il Museo Storico ha allestito in una sede espositiva di grande fascino, le gal-lerie dell’ex tangenziale di Piedicastello, una maxi mostra dedicata allo sci di ieri, ‘Ski Past’. I materiali arrivano per-lopiù dal meraviglioso Skimuseet di Holmenkollen, sulla collina di Oslo, che conserva ad esempio gli attrezzi usati da Nansen per attraversare la Groenlandia, nel 1888. Al-tro è stato prestato dal Museo olimpico di Losanna. Un allestimento poderoso, diviso in tante mostre tematiche, assolutamente da visitare, che però è in parte carente sul versante della storia locale, lo sviluppo dello sci nel Trenti-no. Il fatto è che finora nessuno ha affrontato l’evoluzione dello sci italiano, dalla sua comparsa sul versante meridio-nale delle Alpi fino agli anni Settanta (quando cioè diventa realmente un fenomeno di massa), in maniera compiuta, evitando di fermarsi agli aneddoti per entrare nella storia sociale. Nonostante un bel numero di atenei abbiano stu-diosi che potrebbero affrontare l’argomento con serietà, un argomento che ha implicazioni sociali, economiche, sportive e che in molti ambiti, da Torino a Trento, è stato fondamentale nelle vicende stesse delle città.

PENSIERI BIzzARRITESTO: LEONARDO BIzzARO

Leonardo Bizzaro, torinese da vent’anni, è nato a Trento nel 1958. Nella redazione di Repubblica sotto la Mole scrive di spettacoli e cultura, ma l’at-tenzione maggiore la dedica alla montagna. Ha collaborato con le riviste del settore, scritto libri, è stato per lungo tempo nel consiglio direttivo del Filmfestival di Trento, colleziona smodatamente libri, e non solo, dedicati alla sua passione. Alpinista, con e senza gli sci ha salito vette e attraversa-to ghiacciai in varie parti del mondo, dalla Patagonia all’Himalaya.

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onsigliare itinerari di scialpinismo è sempre una faccenda delicata, specialmente all'inizio dell'inverno, quando le condizio-ni sono estremamente variabili e la neve non è ancora assestata. L'inverno è anche la stagione in cui si registra purtroppo il maggior numero di incidenti da valanga. A ciò contribuiscono vari fattori, da quelli psicologici a quelli culturali, fino alla

meteorologia e alla fisica del manto nevoso, che influiscono direttamente sulla sua stabilità. La voglia di neve repressa per mesi gioca spesso brutti scherzi, come la falsa credenza, purtroppo ancora molto diffusa, riassumibile nelle equazioni freddo = basso rischio, caldo = rischio elevato. Questa è non solo una semplificazione, ma nella maggior parte dei casi esattamente il contrario della realtà.Le prime nevicate invernali cadono in genere su un terreno che ancora trattiene parte del calore dei mesi precedenti. Per contro le temperature dell'aria e della neve sono particolarmente rigide. Questo comporta un elevato 'gradiente termico', che dipende appunto dalla differenza di tempera-tura tra il suolo e la superficie della neve e dallo spessore del manto. Un gradiente termico eleva-to, tipico dell'inizio dell'inverno, provoca evapo-razione e addirittura sublimazione dello strato di neve a contatto del suolo, con la formazione di 'brina di profondità', un vero e proprio spessore critico a debole coesione, possibile piano di scor-rimento dell'intero pendio innevato. A ciò si ag-giunge la scarsità di irraggiamento solare, che rende più lento l'assestamento e la stabilizzazione del manto nevoso rispetto alla stagione più avan-zata. Dal punto di vista meteorologico, l'inverno è spesso caratterizzato da forti venti, che accu-mulano e trasformano meccanicamente gli strati nevosi, elevando notevolmente il rischio di va-langhe a lastroni.Insomma, con le condizioni invernali non si scherza e le prime gite vanno scelte con razioci-nio e accuratezza. Per esempio evitando i pendii ripidi e l'alta quota, specialmente i ghiacciai. Oppure scegliendo versanti almeno parzialmente esposti al sole, che subiscono un più rapido asse-stamento del manto. Anche la morfologia del terreno va analizzata con attenzione e sono da privilegiare i costoni poco inclinati e le zone di bosco possibilmente non troppo rado.Indispensabile è anche una buona dose di espe-rienza e, in caso contrario, è buona norma farsi accompagnare da chi offre garanzie di conoscen-za del luogo e dei fondamentali principi di sicu-rezza.Le guide alpine sono indubbiamente le figure professionali più qualificate e così anche Ski-al-per quest'anno ha deciso di dare la parola a loro. Abbiamo scelto un 'manipolo' di professionisti che per la stragrande maggioranza conosciamo personalmente da anni. A ognuno abbiamo affi-dato un settore alpino o appenninico, natural-mente il settore dove vive e opera durante l'anno. Anche la conoscenza del territorio, della storia delle valanghe di quei luoghi, dell'evoluzione

meteorologica a medio e breve termine sono fon-damentali per una corretta analisi preventiva e per una sicura condotta della gita. Insomma, una guida alpina che ti consiglia o ti accompagna in una gita fuori dalla sua porta di casa è quanto di più sicuro si possa chiedere a un'attività che mantiene comunque margini di rischio imponderabili. A ogni guida abbiamo dato delle indicazioni di massima, uguali per tut-ti, sull'estensione del territorio da considerare e sul metodo di descrizione degli itinerari. A tutti abbiamo chiesto di essere il più sintetici possibile, senza però costringerli in schemi prefissati. Quello che segue è il risultato: consigli molto eterogenei nella forma, ma assolutamente affidabili nei conte-nuti. Fatene tesoro e, se volete, fatevi accompagna-re proprio da questi professionisti, anche più in là nella stagione. Come tutti gli appartenenti al Col-legio Nazionale delle Guide Alpine, sono una ga-ranzia assoluta.L'ultima avvertenza, ma da mettere in testa a tut-te le valutazioni nell'organizzare una gita, riguar-da il bollettino valanghe. Le gite qui descritte possono in gran parte essere percorse fino a peri-colo 3. Con 4 e 5 si sta comunque a casa. Buon inverno!

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Condizioni meteorologiche proibitive, poco tempo a di-sposizione e giornate corte, sono solo alcuni degli elementi che, a volte, limitano la nostra voglia di scialpinismo. Di seguito alcuni brevi e facili itinerari, a un 'tiro di schioppo' dalla città, da poter fare quando più se ne ha voglia. Le due vette maggiori nel territorio compreso tra le Alpi Giulie e le Alpi Dinariche, noto come Altipiano Carsico e diviso tra l'Italia e la Slovenia, sono il Veliki Sneznik (Monte Nevoso, 1.796 m) a sud e lo Javornik (Pomario,

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1.268 m) a nord. La quota, l'isolamento e la lontananza dai due golfi di Trieste e del Quarnero, fanno del Monte Nevoso un'area di abbondanti precipitazioni, con per-manenza della neve fino a primavera inoltrata. Ideale per piacevoli, seppur brevi (550 m di dislivello) e facili gite scialpinistiche durante tutta la stagione. Lo Javornik, più a nord, con le sue faggete e il buon innevamento inverna-le, è meta di gite (800 m di dislivello) con qualsiasi con-dizione atmosferica. Il Monte Matajur (1.641 m) è una montagna delle Pre-alpi Giulie. Situato nella parte orientale del Friuli, è uno degli itinerari scialpinistici più percorsi (possibilità di ascensione su diversi versanti con 800 m di dislivello massimo) dai friulani e dai vicini sloveni. La possibilità di salire con qualsiasi condizione meteorologica e della neve, la piacevole discesa e il magnifico panorama fanno del Matajur una vera e propria classica.Il Monte cocco (1.941 m) è senza dubbio la scialpinisti-ca più frequentata del Tarvisiano, per la bellezza dell'am-biente e per la divertente discesa, soprattutto a inizio stagione, con abbondante neve polverosa. Itinerario con-sigliabile (805 m di dislivello) anche a chi desidera avvi-cinarsi a questa disciplina. Risalendo il torrente Tamer per boschi radi e pendii aperti si raggiunge la cima del Monte Cocco o, più facilmente, la cima Bella (1.911 m e un dislivello di 780 m). Vista la vicinanza delle due cime, solitamente si concatenano entrambi gli itinerari.In ultimo la salita al Santuario del Monte Lussari (1.790 m), lungo il sentiero del Pellegrino (960 m di di-slivello). è la gita scialpinistica in assoluto più frequentata della regione. Percorso ogni anno da un numero impres-sionante di scialpinisti, provenienti anche dalla vicina Carinzia e Slovenia, il sentiero del Pellegrino è diventato anche terreno di allenamento per tanti agonisti. Il como-do rientro lungo la pista Di Prampero ripaga della lunga salita.

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riccardo Del [email protected]. 349.5202323

Le Alpi Carniche sono caratterizzate da valli profonde e spesso ripide, di conseguenza con itinerari di scialpini-smo che si presentano generalmente con poco sviluppo e dislivelli che si aggirano sui 1.000 m. Gli itinerari qui proposti hanno come base di partenza i paesi di Forni Avoltri e Sappada, distanti tra loro pochi chilometri. Non sono sicuramente gite esenti dal pericolo valan-ghe, ma sono il giusto compromesso tra divertimento e

sicurezza, esclusivamente per scialpinisti in grado di eseguire la traccia giusta e valutare le condizioni della neve su ogni pendio, ponendo molta attenzione agli ac-cumuli da vento. Per questo motivo a ogni itinerario sono state abbinate varianti più semplici. La prima pro-posta è quella del pic chiadin (2.302 m) classica gita molto frequentata con esposizione ovest/sud (dislivello 950 m, difficoltà MS, tempo 2,30-3 ore). Dopo abbon-danti nevicate sono possibili valanghe spontanee lungo la strada. Dalla cima si può ammirare la salita che con-duce al Monte Coglians, la montagna più ambita dagli scialpinisti. Da Forni Avoltri si sale fino all’abitato di Collina, lo si oltrepassa e si prosegue fino al termine della strada (eventuali catene da neve) dove si trova il Rifugio Tolazzi (1.350 m). Dal Rifugio Tolazzi si per-corre la strada che porta al Rifugio Marinelli. Giunti a Casera Moraretto, si sale integralmente il vallone che porta alla forcella Moraret. Raggiunta l’insellatura, si segue l’ampio costone immediatamente a sinistra fino alla cima del Pic Chiadin. La seconda proposta è quella del Valentin Torl (2.138 m) e del Monte Rauchofel (2.460 m). Gita classica in territorio austriaco al cospet-to dell’imponente parete nord del Monte Cjanevate, è consigliabile solo con neve sicura, in alternativa meglio fermarsi alla Valentin Torl. Da Forni-Avoltri si rag-giunge Paluzza e il Passo di Monte Croce Carnico, per poi scendere in direzione Kotschach-Mauthen fino al cimitero di guerra (1.050 m). Fino alla prima cima sono 1.090 m di dislivello, altrimenti 1.410 m. L'esposizione è est/sud e il tempo di salita di 3,30-4,30 ore. Dalla piazzola di parcheggio sulla sinistra del cimitero di guerra si segue la strada che conduce alla Untere Valen-tin Alm (1.220 m). Si prosegue con percorso evidente sul fondo del vallone fino all’ampia sella del Valentin Torl (2.138 m). Si devia a destra e si imbocca un ripido e stretto canale che conduce al catino centrale che si risale fino alla cima del Rauchofel (valutare bene le con-dizioni della neve sul tratto dal Valentin Torl alla cima del Rauchofel). Da Sappada si può salire invece al Mon-te Lastroni (2.449 m). Si tratta di una gita su terreno ampio e soleggiato che grazie alla seggiovia Sappada 2.000 richiede poca salita (450 m) e molta discesa (1.200 m). Il tempo di salita è di 2 ore, la difficoltà MS e l'esposizione a sud. Dall’arrivo della seggiovia si scen-de alla partenza dello skilift. Lo si risale e si prosegue verso nord superando dei dossi fino a raggiungere Case-ra d’Olbe (2.089 m). Subito sopra la casera si imbocca un vallone che conduce in direzione nord-est a un ripia-no posto a un centinaio di metri dalla cima. Lasciati gli sci, si sale a piedi l’ultimo ripido tratto (eventuali ram-poni). Dalla cima bellissimo panorama sul gruppo del Peralba. In alternativa al Monte Lastroni si può salire al vicino passo del Mulo (2.356 m) su terreno più facile, ideale come ripiego con tempo incerto.

alessandro [email protected]. 339.4852008

Ecco una serie di proposte in terra trentina per non farvi trovare impreparati il giorno in cui, increduli da-vanti al vostro PC, vi ritroverete a leggere sul bolletti-no meteorologico la tanto agognata dicitura: 'Precipi-tazioni abbondanti e persistenti su tutto il territorio regionale, nevose sopra i 1000 m'. Recitandola a voce alta come un mantra, probabilmente vi 'fionderete' in garage a preparare l'attrezzatura, elaborando nel frat-tempo una potenziale gita…Nella zona del Trentino sud/occidentale-Valli Giudi-carie merita una visita il Camp'Antic, nome ufficiale Monte cengledino (2.137 m)... 780 m di dislivello spalmati su un discreto sviluppo (11,5 km circa). La seconda parte della gita è su bei pendii aperti e con pendenze moderate; in vetta panorama da manuale sul gruppo dell'Adamello. Al primo squarcio di sereno siate lesti, l'esposizione è sud-est e la neve soffice non dura in eterno!Nell'Alto Garda il Monte Altissimo (2.078 m), 900 m di dislivello, o il Monte Stivo (2.059 m), 840 m di dislivello, sarebbero perfetti per una sciata 'dal sapore norvegese', con il lago ai vostri piedi che assomiglia in tutto e per tutto ai fiordi delle latitudini artiche. In più, entrambe le cime sono presidiate dai rifugi omo-nimi, aperti anche d'inverno, quindi potrebbe scap-parci una merenda sostanziosa. Nella zona del Lagorai (Trentino orientale) dopo nevicate abbondanti potre-ste puntare su cima paradisi (2.206 m), nell'isolata Valle del Vanoi. Sono 1.110 m di dislivello e il traccia-to si svolge quasi per intero nel bosco, ma se vi piace sciare sullo stretto, potrete sbizzarrirvi in tutta una serie di varianti, prima di raccordarvi alla forestale principale. Consigliata ai romantici, amanti del silen-zio e allergici all'orologio. Se il bollettino avesse esage-rato e la neve caduta non fosse in quantità tale da do-ver proprio riparare nel bosco, si potrebbe ripiegare sulla Val di Fassa. Ci starebbe allora una puntata su cima undici (2.557 m), sopra Pozza di Fassa. L'am-biente suggestivo e le difficoltà contenute ne fanno una salita conosciuta e apprezzata, anche se nella parte alta richiede qualche attenzione maggiore nella valu-tazione dei pendii rispetto alle precedenti.

«…LE ALpI cARNIchE SONO cARATTERIzzATE DA VALLI

pROfONDE E SpESSO RIpIDE, DI cONSEguENzA cON ITINERARI

DI ScIALpINISMO chE SI pRESENTANO gENERALMENTE

cON pOcO SVILuppO E DISLIVELLI chE SI AggIRANO

SuI 1.000 METRI...»

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39 > ski-alp touring

cortina D'aMPeZZo

aLta PUSteria

VaL VenoSta

Paolo [email protected]. 0436.868505

Per un telemarkista come il sottoscritto, le gite d'inizio stagione rappresentano un brivido particolare, perché il rischio d'incorrere in una collisione sasso-ginocchio è alto e può pregiudicare tutto l'inverno. Le escursioni diventano così delle scampagnate da godersi più per la compagnia e il panorama che per la sciata in sé. Ecco alcuni semplici sug-gerimenti di gite raggiungibili da Cortina. La prima è quella della forcella giau - Monte Mondeval (2.455 m). Dal versante di Cortina, sulla strada che porta a Passo Giau, ci sono due piccoli parcheggi da dove partire. Il di-slivello è di circa 550 m. Per chi volesse completare il giro, consiglio di risalire anche la forcella Ambrizzola (ancora 100 m di fatica) per poi scendere al rifugio Palmieri e di lì a Cortina per la strada. Un altro consiglio riguarda la pala dell'Asco (2.302 m). In prossimità del passo di Cimaban-che, dopo alcune caserme dismesse, parte la Val di Gotres. Poco prima di passare la Forcella Lerosa si devia a nord per raggiungere la Pala dell'Asco e poi scendere in direzione di Ra Stua. Il dislivello è di circa 800 m. Si può anche pensa-re di andare ai Cadini di Misurina e alla forcella della Neve (2.470 m). Il gruppo dei Cadini offre innumerevoli possibilità di escursione. La più accessibile è quella che dal-la sponda nord del Lago di Misurina risale il percorso di un vecchio skilift e porta, con un dislivello di 720 m, alla Forcella della Neve. Ultima possibilità: il Monte Nuvo-lau (2.575 m). Una bellissima escursione che porta a una cima adiacente alle piste e di comodo accesso è quella che parte da Bai de Dones e attraverso un sentiero nel bosco sale all'Alpe di Potor e poi alla cima del Monte Nuvolau. Spesso nevica prima che aprano gli impianti e il dislivello è di 700 m. Da tenere presente che quando gli impianti sono aperti i gestori dell'area battono un'apposita trac-cia a lato delle piste riservata agli scialpinisti. Un bell'e-sempio!

erwin [email protected]. 0474.976139

L’Alta Pusteria fa parte delle Dolomiti, ma le sue valli che si estendono verso nord, cioè verso la dorsale alpina, sono spesso meglio innevate. Ci sono tante gite sempli-ci, che di solito sono fattibili anche dopo abbondanti nevicate, quando da altre parti persiste il pericolo va-langhe. Per esempio dalla Val Casies alla forcella di ciarnil (Kalksteinjöchl, 2.349 m). Si parte dal par-cheggio della pista di slittino S. Maddalena e si rag-giunge la meta dopo 820 m di dislivello e 3 ore di salita. è un itinerario di rodaggio gratificante e l'esposizione verso nord garantisce in genere bella neve farinosa. Da Dobbiaco si può salire al Monte calvo (Golfen, 2.493 m) partendo da Maso Kurter, sopra il paese. Si tratta di un Itinerario facile e assai frequentato (850 m di disli-vello, 2,5-3 ore), presto percorribile anche dopo abbon-danti nevicate. Da Dobbiaco/Braies segnalo anche l'iti-nerario al Monte Specie (Strudelkopf, 2.307 m). Punto di partenza: Carbonin, sulla strada Dobbiaco-Cortina, dislivello: 856 m, tempo di salita 3 ore. Da non perdere la bella vista sulle Tre Cime di Lavaredo. Sempre da Braies si sale alle crepe di Valchiara (Helltaler Schlechten, 2.711 m) partendo dal parcheggio Prato Piazza (dislivello 720 m, tempo di salita: 2,5 ore). Clas-sica escursione da pieno inverno in terreno aperto, sul versante soleggiato di Prato Piazza.

roberto [email protected]. 328.3583653

A ridosso del triplice confine tra Italia, Svizzera e Au-stria si trova una zona particolarmente favorevole allo scialpinismo di primo inverno. Quando altrove è diffi-cile trovare neve a sufficienza per non grattare le solette, la particolare posizione dell'area del passo di Resia, che

è interessato da perturbazioni di varia provenienza, è una garanzia per le prime uscite con le pelli. In Val Se-nales si può salire alla cima dello Stotz (2.887 m). Si tratta di un itinerario con orientamento est/sud, par-tenza da Koflhofe e un dislivello di 961 m da percorrere in 3 ore.Proseguendo in Val Venosta, fino al paese di San Valen-tino alla Muta o Resia (in entrambi questi abitati non è difficile trovare una sistemazione nelle caratteristiche 'zimmer frei' o in pensioncine a prezzi abbordabili) as-solutamente da non mancare è la classicissima Elfer-spitze (2.926 m) oppure la più lunga Ausserer No-ckenkopf (2.769 m). La prima salita (1.013 m di disli-vello, 3 ore, orientamento nord) parte dal parcheggio degli impianti della Val di Roja. La gita alla Ausserer Nockenkopf ha un dislivello di 1.258 m, orientamento a est e richiede 4 ore. La partenza è dalla stazione a valle del Schleppliftes, alla periferia nord del paese di Resia. Merita un discorso a parte la Val Monastero, che per ragioni storiche complesse è in Alto Adige fino al paese di Tubre e da qui in Svizzera, nell'area romancia del Canton Grigioni. Sia sulla sinistra della valle, con esposizione nord, che sull'opposto e soleggiato versan-te, si trovano diverse cime di facile accesso e senza pen-dii ripidi. La più nota e classica salita è sicuramente il piz Terza/urtiola (2.909 m). Oppure, appena dopo il Passo del Forno, ma questa volta a nord, vale sicura-mente la pena di fare una gita al Munt Buffalora (2.630 m). La salita al Piz Terza ha un dislivello di 989 m e orientamento sud ed è percorribile in 3/4 ore par-tendo dal parcheggio del caratteristico paesino di Lu. Per il Munt Buffalora si parte dall'omonimo albergo, a 2 chilometri dal passo Forno. I dati salienti: dislivello 662 m, orientamento nord/est/nord, tempo 2 ore.

aLta VaLteLLina

fabio [email protected]. 328.7654564

Gli itinerari citati sono tra i più sicuri nel periodo inverna-le, tenendo presente che in Alta Valtellina lo skialp si pra-tica da fine settembre a fine giugno, grazie anche alle alte quote e alla presenza di numerosi ghiacciai. Dalla Valfurva si può salire al Monte forcellino (2.842 m), itinerario molto frequentato con un dislivello di 1.500 m in parte nel bosco e dai 2.200 m su pendii con pendenze fino a 25 gradi. Partenza da Sant'Antonio Valfurva, direzione fra-

«… LE EScuRSIONI DIVENTANO DELLE ScAMpAgNATE DA

gODERSI pIù pER LA cOMpAgNIA E IL pANORAMA chE pER LA ScIATA IN Sé...»

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ITINERARI EASY

Lario - VaLSaSSinaVaLteLLina - VaLchiaVenna

VaL D'oSSoLa

VaLLe D’aoSta

fabrizio Pinawww.orizzontiverticali.eu

Le Prealpi che stanno intorno al Lago di Como si prestano molto bene per lo scialpinismo, come del resto le aree con-tigue a nord, le Orobie Valtellinesi e la valle di San Giaco-mo. Queste zone sono ricchissime di itinerari un po' per tutti i gusti e tutte le stagioni e, vista la modesta quota e la

cecilia cova(gestore rifugio Miryam)[email protected]. 0324.63154 - tel. 338.3602640

La Val d'Ossola, da alcuni anni facilmente accessibile grazie all'autostrada A26 per Gravellona Toce, è fra le meno battute dalle grandi vie del turismo, a fronte di montagne e percorsi scialpinistici unici. Per esempio quello da Devero al Monte cazzola (2.330 m, dislivello 700 m, difficoltà MS), in Valle Antigorio, il perfetto battesimo con le pelli di foca o l'escursio-ne sicura in tutte le condizioni. La salita, con alcune varianti, inizia dalla piana del Devero (1.630 m), per esempio passando

anna torrettawww.annatorretta.com [email protected]. 347.8086082

La Valle d'Aosta è una delle mete privilegiate per le escursioni scialpinistiche. In questi giorni il passaggio dall'autunno all'inverno è affascinante perché la montagna multicolore di-venta improvvisamente bianca. Il terreno però è ancora caldo e il pericolo valanghe si nasconde dietro ogni inversione, die-tro ogni curva! Tornare indietro o fermarsi prima della vetta non è mai cosa di cui vergognarsi, meglio uno scialpinista vivo oggi che uno... Nella valle di Cogne si può scegliere la classica gita alla point de la pierre (2.653 m, dislivello 1.175 m, esposizione nord-ovest, tempo 4 ore). L'intero percorso è dominato dalla mole della Grivola e in lontananza dal Monte Bianco. è la gita più sicura in tutte le stagioni: inizia nel bosco fino alle baite di Champchenille (2.168 m) e prosegue per dolci pendii verso la cima. Partenza da Ozein, Fraz. Dailley, poco dopo gli ultimi garage. Nella Valle del Gran S. Bernardo si può invece salire al col Serena (2.547 m, dislivello 877 m, esposizione nord-est, tempo 3,30 ore). Una gita altrettanto classica per i suoi pendii, la facilità nel seguire il percorso e la buona probabilità di trovare neve farinosa durante la discesa nel bosco. Valida per gli allenamenti di inizio stagione, ma bisogna prestare molta attenzione agli ultimi 200 m prima del colle, dove sono possibili dei distacchi. Si parte da St. Rhemy en Bosses-Mottes (1.660 m), dal parcheggio degli impianti di Crevacol. In Valdigne da segnalare la gita alla punta croce (2.478 m). è un riservato angolo sopra al lago d'Arpy, dalla cui cima si gode un panorama da cartolina sul Monte Bianco. Possibili distacchi nel ripido canale che si incrocia prima di salire al lago d'Arpy, a quota 2.000 m. Si può accorciare il percorso partendo direttamente dal Colle San Carlo sul sen-tiero per il lago d'Arpy. è possibile la discesa nel bosco sul

zione San Gottardo. Dal parcheggio, a quota 1.300 m, si sale in direzione baite di Cavallaro. Da lì per dolci dossi si raggiunge la cima. Un altro classico è la salita a Bormio 2.000 con partenza da Bormio zona funivia. Si costeggia la pista di sci di fondo che porta verso la stalla di Daniele Pedrini e proprio in prossimità di questa si comincia a prendere quota in un bosco bellissimo. Si arriva a Bor-mio 2.000 superando un dislivello di 800 m. La gita non presenta alcuna difficoltà tecnica. Due possibilità di discesa: per lo stesso itinerario di salita o seguendo la pista di sci. L'itinerario Valdidentro - Monte Trela (2.608 m) presenta un dislivello di 1.000 m con parten-za da Sant'Antonio di Sciano (1.560 m). Esposizione sud, quindi con neve che si trasforma in fretta. I pendii offrono varie possibilità di passaggio e di volta in volta va scelta la migliore. Da Livigno il mio consiglio è di salire al Monte Rocca (2.810 m) con partenza da Tee di Pila, nella frazione di Trepalle. Per dolci pendenze si raggiunge il Dosso le Piazze e, proseguendo sulla gran-de dorsale, il Monte Rocca. Dislivello di 800 m. Da Valdisotto si può salire al Dosso le pone (2.256 m). Si parte dalla chiesetta di Oga, appena dopo il bivio che sale alle Motte. Si sale prima per facile bosco per poi passare dalla Malga San Colombano. Si costeggia nella parte finale l'impianto di risalita, salendo alla Chiesetta San Colombano e raggiungendo infine il Dosso Le Pone. Dislivello di 900 m. Ultimo consiglio: Sondalo-cima di Savoretta (3.053 m), itinerario con un dislivel-lo di 1.500 m con partenza da Fontanaccia. Si sale lun-go una strada sempre ben battuta e si raggiunge la loca-lità San Bernardo (grossa chiesa) e le baite di Clevaccio. Da qui si aggira la montagna e, superati due grossi dossi, si raggiunge la sommità.

per l'Alpe Misanco. In discesa si può percorrere lo stesso itine-rario di salita oppure si seguono le piste del piccolo compren-sorio sciistico. Da non perdere anche la gita Val Vannino - Monte clogstaffel (2.967 m, dislivello 917 m dal rifugio e 1.549 da Canza, difficoltà BS).La nord del Clogstaffel propone una splendida sciata continua di quasi mille metri, spesso nella polvere, dal Rifugio Miryam. Prima dell'uscita sulla larga e facile cresta è necessario percor-rere un breve tratto a piedi di una decina di metri. L'itinerario deve essere effettuato con neve sicura, sulle cui condizioni ci si può informare al rifugio. Partenza: Rifugio Miryam (2.050 m) in Val Vannino o Canza (1.418 m) in Val Formazza. In Val Vigezzo la meta è quella de La cima (1.810 m). Quando il pericolo di valanghe è alto ovunque questa gita, senza sacrifi-care nulla al godimento, offre altissime garanzie di sicurezza. Le quote relativamente basse richiedono però un innevamento fino quasi al fondovalle. L’esposizione nord-ovest e lo sviluppo in un bosco rado, fatta eccezione per l’ultimo panoramico pendio, permettono spesso di sciare nella polvere. Partenza: Val Loana, nei pressi di Malesco (764 m) con dislivello di 1.046 m su un itinerario di difficoltà MS. L'ultima segnalazio-ne riguarda la Valle cairasca - pizzo Diei (2.906 m). Il Diei, massiccio di poco inferiore ai 3.000 m, offre la possibilità di coniugare la sciata fuoripista con quella in pista nel com-prensorio di San Domenico (comune di Varzo), i cui impianti consentono anche di ridurre il tratto di salita con le pelli. Il canale di accesso alla calotta sommitale è ripido, richiede at-tenzione e possono essere utili i ramponi in caso di neve dura. Partenza dalla stazione superiore dell’ultimo skilift della Punta del Dosso (2.520 m). Il dislivello è di 400 m in salita e 1.500 in discesa con difficoltà BSA.

relativa vicinanza del lago, sono molte le possibilità per gite facili e tipicamente invernali. Ecco alcune idee per la zona del Lario: Monte San primo (1.686 m - dislivello 570 m), cimone di Margno (1.801 m - dislivello 1.100 m). Rese-gone (1875 m - dislivello 800 m). Nelle Orobie Valtelline-si: Alpe piazza (1.900 m - dislivello 1.000 m), pizzo dei galli (2.217 m - dislivello 1.000/1.400 m - di-pende da dove si arriva con l'auto), pizzo Meriggio (2.358 m - dislivello 1.100 m), punta pesciola (2.171 m - disli-vello 1.100 m). Infine, due gite per la zona della Valle di San Giacomo: Moncucco (2.390 m - dislivello 1.150 m), piano dei cavalli (2.300 m - dislivello 1.000 m).

«… uNA guIDA ALpINA chE TI cONSIgLIA O TI AccOMpAgNA IN

uNA gITA fuORI DALLA SuA pORTA DI cASA è quANTO DI pIù

SIcuRO SI pOSSA chIEDERE A uN'ATTIVITà chE MANTIENE

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versante opposto a quello di salita, a nord-est dalla cima, in condizioni di neve stabile. L'esposizione permette di trovare facilmente neve polverosa. Si parte da Morgex-Arpy (1.670 m), dalla pista di fondo, il dislivello è di 808 m e il tempo ri-chiesto 2 ore e mezza. Da Saint Pierre la punta Leysser (2.771 m, dislivello 1.100 m, esposizione sud, tempo 4 ore) è un classico con un'esposizione che consente un rapidissimo assestamento della neve. Sui dolci pendii spesso si trova la traccia del gatto delle nevi che porta gli snowboardisti sotto la cima, forse fastidiosa ma utile in caso di neve non assestata. Consiglio di terminare la gita, a inizio stagione e in presenza di colate di fondo, prima del pendio finale sotto alla cima. è una zona molto ventosa, di conseguenza bisogna prestare at-tenzione alle placche a vento. La partenza è da Saint Pierre, Vétan (1.671 m). In Valtournenche si può salire alla punta fontana freida (2.513 m) e punta falinère (2.763 m), due brevi itinerari che attraversano la splendida conca di Cheneil e si sviluppano sui versanti opposti del Colle Fontana Freida, da cui si vede la conca di Chamois. Si parte dal parcheggio di Cheneil (2.023 m) e nel primo caso il dislivello è di 490 m con una percorrenza di 2 ore, nel secondo di 740 m per due ore e mezza. Nella Valle di Gressoney vale la pena di salire al colle giassit (2.018 m). Questa gita segue prima la strada poderale fino al torrente Giassit e prosegue su dolci pendii nel vallone, tenendo la sinistra orografica. Esposizione a nord e partenza da Lillianes, S. Margherita, ristorante 'Etoile du Berger ' per un dislivello di 774 m e percorrenza di 2 ore e mezza.

VaLLi occitane

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La zona del cuneese è un terreno molto ricco di possibi-lità per lo scialpinismo, anche a inizio stagione o dopo nevicate importanti, soprattutto nella parte bassa delle valli, al cospetto delle Alpi Marittime e Cozie Meridio-nali. Gli itinerari consigliati si svolgono principalmente su pendii non molto ripidi ma già interessanti per lo sci. I dislivelli sono generalmente poco elevati, accessibili a tutti o quasi. La quota delle cime può sembrare mode-sta, ma non dimenticate che ci troviamo in una delle zone più nevose d’Italia. In Valle Vermenagna consiglio di salire al passo di giosolette (2.124 m). Partenza da Limonetto (1.294 m), dal parcheggio in paese, circa 500 metri prima degli impianti di risalita. Salire in di-rezione ovest su ampi pendii che conducono alle baite di Tetti Virula, da qui continuare seguendo un costone che conduce al passo. Tempo di salita 2-3 ore. Discesa

sullo stesso itinerario. Un altro itinerario conduce al Monte Vecchio (1.920 m). Partenza da S. Anna, frazione di Limone Piemonte (1.200 m). Parcheggiare in località Tetti Camilla e salire in direzione sud-ovest per ampi e regolari pendii non molto ripidi, fino a un gruppetto di malghe. Proseguire su terreno un po’ più ripido devian-do leggermente a destra. Tempo di salita 1 ora e 30-2 ore e 30. Discesa sullo stesso itinerario. In Valle Stura si può raggiungere la conca di San giacomo di Demonte (1.312 m). Da Demonte risalire in auto il Vallone dell’Arma raggiungendo S. Giacomo, dove si parcheg-gia. Da qui seguire la strada innevata che si infila in mezzo alla case in direzione nord, per circa 2 chilome-tri, e dà accesso all'ampia conca coronata da ben cinque cime (M. Gorfi 2.203 m, Punta dell’Omo 2.299 m, M. Bram 2.357 m, M. Grum 2366 m, Testa Gardon 2.102 m). Da questo punto ampia scelta di itinerari su tutte le esposizioni e pendenze, di lunghezza simile. Tempo di salita 3-4 ore. Discesa sullo stesso itinerario. In Valle Grana si può optare per il Monte Viridio (2.498 m). Partenza da Castelmagno, loc. Chiappi, 1.661 m. Par-cheggiare in fondo alla borgata. Seguire le indicazioni GTA in direzione sud-ovest fino all’alpeggio di Grange Borgis (1.876 m). Da qui risalire l’ampio canalone in direzione sud che conduce in punta con un'ampia curva verso destra. Tempo di salita 2-3 ore. Discesa sullo stes-so itinerario di salita. Infine in Valle Maira da segnalare

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ITINERARI EASY

aPPennino toScoeMiLiano

Monti SiBiLLinie Monti DeLLa Laga

gran SaSSo - VeLinoSirente - MaieLLa

Luca [email protected]. 347.7372176

L’Appennino Tosco-Emiliano offre numerosi itinerari affrontabili anche con pericolo valanghe grazie alla particolare conformazione delle montagne e alla vici-nanza del mare, che stabilizza velocemente il manto nevoso. Le gite dell'Appennino Parmense sono carat-terizzate da dolci pendii all’uscita di boschi ben scia-bili, quindi sicuri anche in caso di recenti nevicate. La zona migliore è quella del rifugio Lagdei che si rag-giunge comodamente in macchina da Parma. Un iti-nerario semplice e classico è al Monte Marmagna (1.852 m) dal rifugio Lagdei, con dislivello di 600 m e difficoltà MS. La zona dell'Appennino Reggiano è probabilmente la più interessante dal punto di vista scialpinistico di tutto il Parco Nazionale dell'Appen-nino Tosco-Emiliano. In particolare il gruppo del Monte Cusna presenta svariate possibilità per tutti i gusti, dalla tranquilla sciata nel bosco allo sci ripido. Ecco alcune proposte: Monte cavalbianco (1.855 m) da passo Pradarena, dislivello 300 m, difficoltà MS; Monte cusna (2.121 m) da Monte Orsaro per i Prati di Sara, dislivello 1.000 m, difficoltà BS; Rifugio Battisti (1.761 m) da Civago, dislivello 700 m, diffi-coltà MS. In provincia di Modena molto suggestiva l'area del Lago Santo modenese, alle pendici del mon-te Giovo. Attenzione alla strada che da Pievepelago raggiunge il parcheggio del Lago Santo: normalmente richiede buone gomme da neve o catene. Ecco due consigli in zona: Monte Rondinaio (1.964 m) dal ri-fugio Vittoria (Lago Santo), dislivello 450 m, difficol-tà BS; Monte Libro Aperto (1.937 m) da Casuglie di Fanano, dislivello 700 m, difficoltà BS.

Leandro giannangeliwww.mountainevolution.comleandro.giannangeli@gmail.comtel. 347.8179989

Con l’arrivo delle prime nevicate, la voglia di iniziare a calzare gli sci e scorrazzare tra le montagne è sempre troppa. Purtroppo proprio in questo periodo spesso le gite più belle richiedono prudenza e un minimo di pa-zienza nel saper aspettare condizioni migliori. Così dobbiamo accontentarci di uscite per così dire minori, anche se a volte proprio minori non sono e regalano in ogni caso grandi soddisfazioni e belle sciate. Sui Mon-ti Sibillini, nella conca di Castelluccio di Norcia, il Monte Lieto (1.944 m) e il Monte delle Rose (1.861 m) offrono sicuramente la possibilità di non perdere la giornata e compiere una bella gita, con vista sulla pia-na di Castelluccio e sul Monte Vettore (2.476 m), la vetta più alta del massiccio. Con un dislivello di 450 m, partendo dalla Forca di Gualdo (1.496 m) e risa-lendo la cresta nord-est si giunge in vetta al Monte Lieto. è una gita sicura e prevalentemente in cresta, che regala una bella sciata sul versante di Valloprare. Occorre prestare solo attenzione alla valletta finale per le slavine che si possono staccare dal versante nord. Altro versante del Monte Lieto, con un dislivello di 600 m, è quello che parte da Pian Perduto di Castel-luccio (1.345 m), risale la Val Canatra fino alla ampia sella del Colle Rapegna (1.683 m) e per un ampio cre-stone conduce in vetta. La discesa regala grandi soddi-sfazioni, soprattutto se si affrontano (condizioni della neve permettendo) gli ampi pendii che scendono a sud direttamente dalla vetta. Sempre dalla Val Canatra si può risalire al Monte delle Rose con un dislivello di poco più di 500 m. I Monti della Laga si prestano par-ticolarmente in caso di condizioni pericolose. Ad esempio: Monte Di Mezzo (2.155 m), partendo dalla diga piccola del lago di Campotosto (1.316 m). Da se-gnalare il panorama mozzafiato sulla catena del Gran Sasso e uno scorcio 'scandinavo' sul lago sottostante. Segnalo anche il pizzo di Moscio (2.411 m) partendo dal Ceppo (1367 m): anche se sciisticamente non rega-la grosse soddisfazioni, appaga i mangiatori di metri di dislivello che sono circa 1.000. è inoltre possibile raggiungere la vetta più alta del massiccio, il Monte gorzano (2.458 m), anche in condizioni avverse, par-tendo da Cesacastina (1.141 m). Si sale lungo la cresta delle Troie, che fa da filo di Arianna per raggiungere la vetta anche in condizioni di scarsa visibilità, superan-do un dislivello di 1.300 m.

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E chi dice che con il cattivo tempo o quando è perico-loso non si riesce a fare una gita di skialp? Per gli affa-mati di dislivello e sciate sulla neve fresca, l’Appennino riserva varie possibilità, anche per via della sua confor-mazione non sempre severa e verticale. Di seguito vi consiglio una scelta delle classiche che percorrono i 'locals' a inizio stagione o con condizioni particolari. Sul massiccio del Gran Sasso spicca la cresta ovest di Monte S. franco (2.132 m) partendo dal Passo delle Capannelle, a circa 1.300 m, gita di gran soddisfazione sia per il dislivello che per la difficoltà MS, perfetta per l'inizio stagione. In caso di neve assestata è possibile compiere un anello scendendo i versanti a nord della Valle Paradiso verso il rifugio Panepucci e seguire la strada per rientrare all’auto. Altra classica della zona, in caso di abbondanti nevicate e rischio valanghe alto, è la cresta ovest di Monte cri-sto (1.928 m), partendo da Valle Fredda, a 1.150 m circa. Ultima classica nel massiccio del Gran Sasso è la conca di campo pericoli. Non è una vera e propria gita, non ci sono vette da salire, ma una conca intorno ai 2.300 m nel cuore del massiccio, che alle prime nevi-cate riempie le proprie vallette e regala sciate sicure e gradevoli. L'accesso risulta sicuro se si passa per il rifu-gio Duca degli Abruzzi. Altro parco altre gite, quello del Velino-Sirente, che per la sua conformazione offre molte possibilità. Come ad esempio la Serra di celano (1.923 m), che da Ovindoli verso la Valle dei Curti, con un dislivello di 700 m, regala splendidi scorci, anche se la sciata passerà in secondo piano. Per giungere sulla vetta del Monte Sirente (2.348 m), tra le classiche di inizio stagione si può inserire la salita da Ovindoli per la Valle d’Arano. Il dislivello è di 1.000 m e non ci sono difficoltà tecniche, se non di orientamento in caso di nebbia. Nel Parco Nazionale della Maiella la grande classica per gli abruzzesi, in caso di impossibilità di compiere altre gite, è sicuramente il Monte Rapina (2.027 m). Da San Nicolao (800 m) i suoi lievi pendii regalano una sciata piacevole in totale sicurezza. Altra gita da fare in giornate difficili è il Monte Rotella (2.129 m) da Rocca Pia (1.181 m): una salita non diffi-cile, ma che in caso di neve polverosa regala belle sciate.

la salita al Monte giobert (2.435 m). Partenza da Preit di Canosio (1.540 m). Parcheggiare nei pressi della bor-gata. Salire in direzione sud-est ampi pendii prativi non molto ripidi, interrotti da brevi più ripidi risalti boscosi, fino a quota 2.000 m circa. Da qui deviare leggermente a destra seguendo un costone che sale verso la cima. Tempo di salita 2-3 ore. Discesa sullo stesso itinerario.

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Quelli del raidFondato cinquant’anni fa, il Gruppo Sci Alpinistico del CAI UGET di Torino organizza più di dieci gite all’anno e una settimana di rifugio in rifugio. La prima nel ‘66: Sestriere-Courmayeur

44 > ski-alp touring

CLUB ALPINO ITALIANOTESTO: Umberto Isman

Il 23 ottobre 2013 il CAI compirà 150 anni. Fu fondato a Torino il 23 otto-bre 1863, anche se idealmente nacque nell’estate dello stesso anno con la salita al Monviso di Quintino Sella e compa-gni. Esattamente 50 anni dopo, sempre a Torino, fu fondata la UGET (Unione Giovani Escursionisti Torino), che nel 1931 entrò a far parte del CAI per volere del regime fascista, mantenendo però la sua indipendenza, caso unico di due sezioni del Club Alpino Italiano nella stessa città.

perché questa anomalia? lo chiedia-mo a guido bolla e a roberto fullone, presidente e vice-presidente del gSa (gruppo scialpinisti) del cai uget.«Il CAI di Torino era un’associazione eli-taria, fondata dall’alta borghesia di allo-ra. Si entrava solo per selezione, in base anche al ceto sociale. Agli inizi del ‘900 la frequentazione della montagna si era però estesa anche alle classi meno ab-bienti, operai e artigiani, e così nacque la necessità di costituire nuove asso-ciazioni. Ne sorsero diverse, alcune con ispirazione religiosa, altre laiche come la UGET. Fu ideata da Giovanni Ferrari, che con i suoi 19 anni era il più anziano del gruppo. Quanto alle due sezioni del CAI, la UGET riuscì a mantenere la sua autonomia e a non diventare sottose-zione proprio per l’alto numero di iscritti e la grande consistenza dell’attività in montagna».

e con lo sci come avete cominciato?«Nell’ottobre 1921 si costituì il ‘Gruppo Autonomo Schiatori UGET’, associa-to alla ‘Federazione Schiistica Italiana’: quota associativa cinque lire annue. Si partecipava a gare di discesa e di fondo, sempre con la stessa attrezzatura. Poi il 22 gennaio del 1922 la prima gita so-

ciale di scialpinismo, con un centinaio di partecipanti, al Bric della Maddalena sulle colline di Torino. Molti anni dopo, nel 1961, entrò a far parte del sodalizio un gruppo di giovani molto forti e de-terminati a portare avanti una intensa e impegnativa attività scialpinistica. È così che il 13 novembre 1962 (festeggiamo quest’anno il cinquantenario) nacque il ‘Gruppo Sci Alpinistico’ del CAI UGET di Torino. Il primo presidente fu Piero De Matteis, libraio della Libreria De Matteis, quella che oggi si chiama Libreria la Montagna. Piero fu anche il fondatore, nel 1970, della Rivista della Montagna, che nacque proprio in contrapposizione con quella discutibile idea di progresso che stava riempiendo le montagne di impianti da sci. Ben cinque dei dieci re-dattori dell’epoca facevano proprio par-te del GSA del CAI UGET».

come si è sviluppata in seguito la vo-stra attività?«Ciò che più ci contraddistingue sono i raid di scialpinismo, traversate di più

12 dicembre: Ski-alper si presentaAppuntamento con la redazione della rivista alle 21,15 nella sede del CAI UGET (Corso Francia, 192 - Torino) per una serata speciale, in cui verrà presentata l’attività della redazione di Ski-alper, dai viaggi ai test materiali.

giorni da rifugio a rifugio, oppure dor-mendo in ripari di fortuna. Il primo fu organizzato nel 1966 proprio da Piero De Matteis, partenza da Sestriere e arrivo a Courmayeur. Si trattò in realtà di una staffetta per gruppi, in cui ogni gruppo percorreva una tappa. Ancora oggi, ogni anno organizziamo uno di questi raid, in varie zone delle Alpi. Secondo noi è la quintessenza dello scialpinismo, il com-pletamento del bagaglio di esperienza di ognuno. Nel 1966 al CAI UGET nacque anche la Scuola di Scialpinismo (la prima in Italia era stata nel 1951 quella della SU-CAI, sempre a Torino). Nel 1987 si decise però di separare il GSA dalla scuola per questioni logistiche. In questi ultimi anni il gruppo GSA ha potuto contare su un numero di iscritti tra le 100 e le 200 unità, tutti coinvolti in prima persona nelle varie attività. Abbiamo calcolato che dall’anno di fondazione abbiamo organizzato circa 500 gite e continuiamo con un ritmo di circa 12 o 13 all’anno. Si aggiunge ogni anno un raid (nel 2013 sarà la classica Chamonix-zermatt) e un raduno, in ge-nere all’estero (per il 2013 in Austria, nella Valle dell’Inn). Oltre a ciò una serie di at-tività culturali e di aggiornamento. Tutto nella nuova sede nello splendido Parco della Tesoriera». Per informazioni il sito internet è www.caiuget.it.

Sopra Uno dei primi raid

organizzati dal CAI UGET, nel 1968. La foto è

scattata a Gressoney

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Marocco 17-23 febbraio 2013 date da confermareLa catena dell'Alto Atlante si presta a in-teressanti itinerari di scialpinismo. I più belli e impegnativi sono nella zona del Monte Toubkal (4.167 m), la vetta più alta dell'Atlante e di tutto il Nord Africa. In questo viaggio proponiamo la visita al poco frequentato versante del rifugio Le-piney, un angolo un po’ nascosto del mas-siccio, ricco di canali per lo sci ripido. Da qui ci trasferiamo sul versante nord del Toubkal per affrontare l’ascensione alla vetta e ad altre cime di 4.000 metri di quota, tutte veramente remunerative dal punto di vista sciistico.

Pirenei 7-14 aprile 2013date da confermareLa catena dei Pirenei, e in particolare la zona catalana ed aragonese, offre itinerari molto attraenti per lo scialpinista ben al-

I viaggi di Ski-alper

lenato. Nel programma che proponiamo abbiamo scelto un tour ad anello nell’area di Benasque, con salite a vette oltre i 3.000 metri (tra cui le due cime più alte dei Pirenei) e splendide discese nella valli incassate del gruppo Posets-Maladeta. Durante la traversata del quarto giorno si sconfinerà in territorio francese. In mon-tagna si dorme nei rifugi, tutti custoditi tranne uno.

aLaSKa 18-29 maggio 2013date da confermare  L’ Alaska Range è una formidabile catena di montagne dell’Alaska centrale che cul-mina con i 6.194 metri del Denali (McKinley). In primavera queste monta-gne offrono distese di neve infinite, per tutti i livelli di difficoltà, nella wilderness più assoluta della vera Alaska. Proponia-mo di visitare il Pika Glacier, una piccola diramazione del gigantesco Kahiltna Gla-cier, a quota 1.500 metri circa, luogo re-moto che raggiungeremo con un piccolo aereo e dove sarà stabilito il campo base. Per una settimana il gruppo resterà in to-tale isolamento e autonomia, avendo a disposizione una scelta illimitata di linee nella neve vergine, su pendii aperti, ghiacciaio, oppure canali, fino a quote massime intorno ai 2.400 metri.

ciLe 7-22 settembre 2013date da confermare La regione dell’Auracania offre allo scia-tore d’avventura un terreno tra i migliori del Sud America, in uno splendido am-biente naturale di foreste, laghi e vulcani (mediamente tra 2.000 e 3.000 metri di quota, alcuni attivi) che si estende tra il 39° e il 37° parallelo Sud. I fianchi ripidi dei vulcani regalano belle soddisfazioni allo sciatore esigente. Si tratta di un viag-gio itinerante, durante il quale ci si sposta con le jeep (a noleggio) da una montagna all’altra. Le gite si svolgono in giornata; i pernottamenti sono in hotel oppure 'ho-starias' o rifugi (in montagna).

Volete partecipare in prima persona a un reportage di viaggio di Ski-alper? Da questa stagione abbiamo deciso di proporre alcuni tour scialpinistici ai nostri lettori.

i viaggi diSki-alper

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46 > ski-alp touring

WIPPTALTESTO: Umberto IsmanFOTO: Umberto Isman

SCIALPINISMODA WiPFuori dall'Autostrada del Brennero si apre una valle che sembra essere stata 'salvata' dal nastro sopraelevato di cemento che porta da Vipiteno a Innsbruck. La Wipptal è un microcosmo ideale per uno ski-alp selvaggio, per pochi, veri intenditori. La nostra proposta per quattro giorni di scialpinismo per tutti i livelli

Siegfried Zorn (camionista), Georg Wechselberger (impiegato statale), Günter Guguberger (ingegnere civi-le), Reini Stuefer (bancario), Bern-hard Empl (capocantiere). Ci supera-no a velocità doppia della nostra lun-go la Schmirntal, diretti alla cima dell'Olperer loro, a quella del Kleiner Kaserer noi. Guardo Raimund, la no-stra guida, con aria interrogativa: «Sono della mia valle, la Stubaital, si sono presi mezza giornata e vengono qui, dove ci sono le gite più belle».

Mezza giornata per fare 2.000 metri di dislivello, con gli ultimi 200 alpinistici e impegnativi. Accidenti. E non sono 'tutine', ma scialpinisti classici, classici anche nell'età, tra i 40 e i 60. Li ritroviamo all'osteria, arrivano insieme a noi, ebbri di soddisfazione.Ecco, se gente così, che vive già in montagna, viene a fare scialpinismo qui nella Schmirntal, puoi star sicuro che sei finito nel posto giusto. Specialmente verso la metà di marzo del 2012, quando il resto delle Alpi piange per la mancanza di neve e qui si è invece più volte fermata una nuvola di Fantozzi beneficamente fuori copione.

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47 > trail running

SCIALPINISMODA

47 > ski-alp touring

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WIPPTAL

La Schmirntal è in Austria ed è una delle valli laterali della Wipptal, la valle che dall'Italia attraversa i confini del Brennero e arriva a Innsbruck. La Wipptal è una valle di passaggio, ma non basta, la parte austriaca ti accorgi che c'è solo se salti giù dai viadotti dell'autostrada, altrimenti finisci dritto filato nella valle dell'Inn, e arrivederci. Ci devi venire intenzionalmente, rasoterra, senza farti sparare in aria dall'autostrada.

La Wipptal è probabilmente la vallata alpina che più è sta-ta sconvolta dalla costruzione dell'Autostrada del Brenne-ro, a partire dal 1971, quando fu inaugurato il tratto tran-sfrontaliero. Uno sconvolgimento in parte paesaggistico, ma che ha soprattutto influito sullo sviluppo dell'intera valle. Un'economia basata fin dall'epoca romana sul traffi-co di passaggio è stata completamente bypassata da un lungo e sopraelevato nastro di cemento e asfalto. Fino ad allora la Wipptal era stata per secoli incarnazione di un'u-nità, dovuta proprio al suo essere il migliore dei collega-menti tra i due versanti alpini. Il Passo del Brennero, con i suoi 1.375 metri, è infatti il più basso dei valichi della ca-tena alpina centrale. Già nel 15 a.C. i Romani vi costruiro-no la prima strada, la Via Claudia Augusta, che poi diven-ne strada militare e nel medioevo vide il passaggio dei re del Sacro Romano Impero che venivano incoronati impe-ratori in Germania.Il fatto stesso che il toponimo Wipptal si estenda da ambo i lati del Passo del Brennero la dice lunga sull'unità storica, culturale e territoriale di questa regione. Di norma una valle si sviluppa topograficamente dalla pianura, o da un'altra valle, fino allo spartiacque e non oltre. La Wipptal è un caso a parte, sintomo di un legame primitivo e arcai-co, solo in parte spezzato dalla suddivisione tra stati suc-cessiva alla prima guerra mondiale.L'unità storica la si percepisce prima di tutto dalle architet-ture più antiche, che si distribuiscono uniformemente sia sul versante austriaco che su quello italiano. Chiese, masi, vecchi edifici evidenziano immediatamente una comu-nanza culturale che ne ha plasmato univocamente i princi-pali elementi architettonici. Così le vallate laterali si asso-migliano, con i piccoli borghi rimasti quasi impermeabili allo scorrere del tempo, con gli edifici che hanno mante-

nuto la loro funzione originaria, principalmente agricola. Niente ristrutturazioni irrispettose, fienili che rimangono fienili e non diventano seconde case, alberghi che manten-gono dimensioni dignitose e non si appropriano anche del sottosuolo per spazi wellness stile Disneyland. De gusti-bus, ma chi ama scoprire spicchi di autenticità, nella Wipptal ne trova più che altrove. Forse anche un po' per 'merito' dell'Autostrada del Brennero.

Ma torniamo allo scialpinismo, skitouren anzi, visto che stiamo parlando del versante austriaco della Wipptal. Ce n'è per tutti i gusti, con una varietà di itinerari, di esposi-zioni, di morfologia del terreno, di difficoltà, di lunghezze che è difficile trovare altrove. La Wipptal è la valle princi-pale, da cui si diramano alcune valli laterali: Valstal, Sch-mirntal, Navistal sul versante orografico destro, Obernbergtal e Gschnitztal sul sinistro. In realtà dal ver-sante sinistro si dirama anche la Stubaital, poco prima di arrivare a Innsbruck, ma è considerata una valle principale a sé stante.

«…la Wipptal è probabilmente la vallata alpina che più è Stata Sconvolta dalla coStruzione dell'autoStrada del

brennero, a partire dal 1971, quando fu inaugurato il tratto tranSfrontaliero. uno Sconvolgimento in parte

paeSaggiStico, ma che ha Soprattutto influito Sullo Sviluppo dell'intera valle...»

CURIOSITà:HA PRESO UNA P

Wipptal deriva da Vipitenum, un'antica stazione romana situata dove oggi sorge Vipiteno. Nel 980 l'intera vallata prese appunto il nome di Vallis Vipitina e nel 1200 divenne Wiptal, per poi guadagnare una seconda p successivamente. A seguito delle vicende della prima guerra mondiale e dello spostamento del confine sul Brennero, la parte italiana venne ribattezzata Alta Valle Isarco, ma dagli anni '70 riprese la sua denominazione originaria, anche se con la distinzione Wipptal del nord per il versante austriaco e del sud per quello italiano.

In apertura. Mike Ruther e Josef Gstraunthaler verso

la cima del Hone Warte.Accanto.

I contrafforti rocciosi del Hohe Warte

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Dall'alto. Da sinistra a destra.In cima al Kleiner Kaserer. Salita al Kleiner Kaserer. Ultimo tratto di cresta sul Kleiner Kaserer. Discesa del Geier verso la Lizumer Hütte. Discesa dal Kleiner Kaserer. Primo tratto nel bosco verso il Silleskogel. Si consulta la carta sul Naviser Kreuzsöchl. La birra è meritata dopo la gita al Silleskogel. In salita verso l'Hohe Warte. I cinque amici della Stubailtal incontrati al Kleiner Kaserer.

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periodo conSigliato: Le valli laterali della Wipptal hanno i fondovalle a quote relativamente modeste. Già ad inizio inverno è possibile fare gite tranquille nella fascia boschiva e poi su pendii aperti di pendenza moderata. Gli itinerari più lunghi e complessi arrivano invece fino ai 3.400 metri di quota delle cime più alte e vanno affrontati nel periodo primaverile.

acceSSo: Per la Wipptal austriaca conviene uscire al casello di Brennero della A22 e proseguire lungo la statale in direzione di Innsbruck.

dormire e mangiare: Si può fare base nella valle principale e spostarsi ogni giorno, oppure scegliere uno dei piccoli alberghi delle valli laterali.Nel primo caso, comodo e centrale è l'Hotel Steinacherhof (Steinach am Brenner - www.steinacherhof.at). È un vecchio quattro stelle che probabilmente ha conosciuto momenti migliori, ma è confortevole e si mangia molto bene.Nelle valli laterali: Navistal, Gasthof Eppensteiner (www.gasthof-eppensteiner.com); Schmirntal, Gasthof Olpererblick (www.olpererblick.at); Valstal, Berggasthof Steckholzer (www.gasthof-steckholzer.at); Gschnitztal, Trinserhof (www.trinserhof.com); Landhotel Kirchdach (www.kirchdach.at). cartografia: Alpenvereinskarte - 31/3 Brennerberge e 33 Tuxer Alpen - 1:50.000.

bibliografia: Daniele Pattaro - Sci alpinismo in Austria - Tamari Bologna, 1996 - pag. 192 - 13 euro, Roberto Iacopelli - Scialpinismo in Tirolo – Versante Sud, 2007 - pag. 340 - 26,50 euro

guide alpine: Raimund Huter (parla italiano) - tel. 0043/699.10209186 - [email protected]; Mike Rutter - tel. 0043/664.2623692 - [email protected]; ufficio centrale delle guide di Innsbruck - www.alpenverein-ibk.at

informazioni generali: www.wipptal.at

Siti di ScialpiniSmo:www.tourenwelt.atwww.alpine-auskunft.at/index.php www.wipptal.at/it/urlaub-in-tirol/sport-and-attivita/sci-alpino.html

info meteo e valanghe:www.wetter.atwww.lawine.at

[email protected] inviateci i vostri commenti su questi itinerari se deciderete di percorrerli

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WIPPTAL

ITINERARIAustria

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ITINERARIO 1Silleskogel (2.418 m) - ValstalÈ una gita semplice e in genere ben innevata. I pendii della parte alta sono ampi e divertenti. Il tratto finale richiede attenzione.

Accesso: da Stafflach si imbocca la Valstal tenendosi a destra al bivio con la Schmirntal. Dopo circa 4 km si imbocca sulla destra la stretta strada a tornanti per PadaunPartenza: dal piccolo slargo sul quinto e ultimo tornante (1.480 m)Dislivello: 950 mSviluppo totale: 6 kmTempo medio salita: 2 oreDifficoltà: BSPendenza massima: 30°Esposizione: nordPeriodo: dicembre - maggioAttrezzatura: normale dotazione scialpinisticaCartografia: Alpenvereinskarte - 31/3 Brennerberge - 1:50.000

ITINERARIO. Dal piccolo parcheggio si imbocca la strada forestale per poi deviare a destra e raggiungere il pianoro di Sillalm. Si imbocca quindi l'evidente valloncello che porta agli ampi pendii soprastanti. Si traversa verso sinistra sotto una grande barriera rocciosa e si raggiunge l'evidente cresta a sinistra della cima. Si lasciano infine gli sci alla base dell'ultimo pendio ripido e a piedi, con at-tenzione, si raggiunge la cima. La discesa è lungo lo stesso itinerario.

ITINERARIO 3Kleiner Kaserer (3.093 m) - SchmirntalÈ una gita piuttosto lunga e panoramicamente spettacolare. Peccato solo per la vicinanza degli impianti di Hintertux che però compaiono solo alla fine. La cresta finale è alpinistica, non difficile, ma richiede attenzione.

Accesso: da Stafflach si imbocca la Schmirntal tenendosi a sinistra al bivio con la Valstal. Giunti a Toldern si devia destra e dopo poche centinaia di metri si lascia l'auto dove d'inverno finisce la strada.Partenza: parcheggio in corrispondenza del ponte sul fiume (1.550 m)Dislivello: 1.550 mSviluppo totale: 14 kmTempo medio salita: 3/4 oreDifficoltà: BSAPendenza massima: 35°Esposizione: ovestPeriodo: dicembre - aprileAttrezzatura: utili a volte i ramponi per la cresta finaleCartografia: Alpenvereinskarte - 31/3 Brennerberge - 1:50.000

ITINERARIO. Si attraversa il ponte e si segue la strada forestale a mezzacosta come per l'itinerario al Hohe Warte, proseguen-do poi dritto lungo la valle sul versante destro (nord). Si esce quindi dal bosco su pendii aperti lasciandosi sulla sinistra un baitello a quota 2.085 metri. A seconda delle condizioni e del pericolo di valanghe ci si sposta a sinistra e si imbocca il vallone sotto le rocce che conduce al colle, oppure (più sicuro) si rimane sui dossi di destra per poi attraversare appena sotto l'ultimo ripido pendio, che richiede comunque attenzione. Raggiunto l'ampio plateau in prossimità degli impianti, ci si sposta a sinistra e si raggiunge la base della cresta. Tolti gli sci si prosegue con attenzione, prima sulla destra e poi più o meno lungo il filo di cresta superando un paio di passaggi delicati. La discesa è lungo la traccia di salita, con la stessa alternativa nel primo tratto e con la possibilità di fare una sosta al Baitello che è aperto e dotato di tavolo e panche.

ITINERARIO 2Hohe Warte (2.687 m) - SchmirntalUn itinerario molto vario e divertente in discesa. L'esposizione nord fa sì che la neve si mantenga a lungo in buone condizioni. Da non sottovalutare l'ultimo tratto alpinistico.

Accesso: da Stafflach si imbocca la Schmirntal tenendosi a sinistra al bivio con la Valstal. Giunti a Toldern si devia a destra e dopo poche centinaia di metri si lascia l'auto dove d'inverno finisce la strada.Partenza: parcheggio in corrispondenza del ponte sul fiume (1.550 m)Dislivello: 1.150 mSviluppo totale: 8 kmTempo medio salita: 2/3 oreDifficoltà: BSAPendenza massima: 35°Esposizione: nordPeriodo: dicembre - maggioAttrezzatura: utili a volte i ramponi per la cresta finaleCartografia: Alpenvereinskarte - 31/3 Brennerberge - 1:50.000

ITINERARIO. Si attraversa il ponte e si segue la strada forestale a mezzacosta fino al secondo tornante. Una deviazione verso destra, segnalata da un cartello, conduce nel bosco che si risale lungo un ripido costone. Si traversa quindi verso destra e si risalgono alcuni dossi che conducono agli ampi pendii sotto la cima. Si raggiunge l'ultimo tratto ripido sotto la cresta, a sinistra della cima, e lo si percorre con attenzione. La cresta, che va salita a piedi, è lunga, a tratti esposta e può risultare più o meno facile e sicura a seconda delle condizioni della neve. Si scende lungo le tracce di salita.

ITINERARIO 4Tour del Geier (2.857 m) - NavistalItinerario ad anello molto lungo, vario, ma non difficile né pericoloso. Permette una vera e propria esplorazione della testata della Navistal e si collega con la Wattental al rifugio Lizumer.Accesso: da Matrei si imbocca la Navistal fino poco oltre il paese di NavisPartenza: posteggio a pagamento alla fine della strada (1.410 m)Dislivello: 2.100 mSviluppo totale: 23 kmTempo medio di percorrenza: 5/6 oreDifficoltà: BSPendenza massima: 30°Esposizione: variaPeriodo: dicembre - aprileAttrezzatura: normale dotazione scialpinisticaCartografia: Alpenvereinskarte - 33 Tuxer Alpen - 1:50.000

ITINERARIO. Si imbocca un primo tratto di strada per poi proseguire lungo un evidente taglio nel bosco fino alle case di Stöcklalm, tra cui la Naviser Hütte (1.787 m). Si continua verso destra su ripidi dossi fino agli ampi pendii che conducono alla larga sella pia-neggiante da cui verso destra si vede la cima del Naviser Kreuzjöchl (2.536 m). Con un ultimo pendio sostenuto e un tratto di cresta si raggiunge sci ai piedi la croce di vetta. Si scende quindi lungo la cresta in direzione est, abbassandosi poi alla sua sinistra fino al pianoro dove si rimettono le pelli. Si rag-giunge la conca del Griffjoch e, spostandosi verso sinistra, ci si porta sulla dorsale che conduce in cima al Geier (2.857 m). La bella discesa sull'altro versante può essere effettuata su un'ampia scelta di pendii. Se il pericolo di valanghe è basso si può affronta-re un ampio canale che parte verso sinistra appena sotto la cima. Raggiunta l'ampia conca alla testata della Wattental, si segue la valle sul versante sinistro fino alla Lizumer Hütte (2.019 m), dove uno spuntino è d'ob-bligo. Si rimontano quindi gli ampi pendii in direzione ovest lungo le piste di sci militari e si raggiunge verso sinistra l'ampia sella del Klammjoch (2.359 m). Si scende sul versante opposto senza traccia obbligata in direzione della Klammalm fino al rifugio omonimo, da dove si imbocca la strada prima sul versante sinistro e poi su quello destro della valle. La si segue fino alle case di Grünhöfe, da cui si scende sulla massima pendenza fino al parcheggio.

51 > ski-alp touring

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52 > ski-alp touring

WIPPTAL

Il versante orientale della Wipptal si estende alla base delle Zillertaler Alpen e delle Tuxer Alpen, mentre quello occi-dentale è sovrastato dalle Stubaier Alpen. Un territorio che culmina coi quasi 3.500 metri dei ghiacciai più alti, ma che d'inverno, sci ai piedi, si può percorrere dai poco più di mille metri di quota dei fondovalle. Il reportage di Ski-al-per comincia con la facile gita al Silleskogel, nella Valstal. Mi accompagna Mike Ruter, guida alpina di provata espe-rienza, folletto biondo dal dinamismo esplosivo, fuoriclas-se sia con gli sci che in arrampicata. è una prima gita di assaggio, nei confronti dell'ambiente finora sconosciuto per me, nei confronti del sottoscritto per la guida. Le curve tirate in velocità nel rado bosco della parte bassa della di-scesa, in una polvere di cui non ricordavo neanche più l'e-sistenza, sono il visto finale sul sodalizio per i giorni a ve-nire.Così il giorno seguente ci spostiamo, non di molto, nella Schmirntal, la valle accanto verso sud. Con noi c'è anche Josef Gstraunthaler, presidente dell'Ufficio Turistico della Wipptal, Sepp per gli amici. Sepp è uno ski-alper di lungo corso, uno da 50/60 gite all'anno, uno che la sua valle la conosce come le stanze di casa. Un presidente militante, quando si tratta di accompagnare gente sui suoi monti. Saliamo verso la cima del Hohe Warte, che significa 'alto osservatorio', un punto panoramico d'eccellenza. Purtrop-po non raggiungiamo la vetta, sprofondati fino alla cintola nella neve inconsistente della cresta alpinistica. Altra espe-rienza che non mi capitava da un po'.

«…ancora Schmirntal, ma puntiamo in alto, al Kleiner

KaSerer, poco più di 3.000 metri di quota. è la gita perfetta, diScretamente lunga, varia, con pendii

ideali ricoperti da 30 centimetri di polvere. la

creSta alpiniStica è poi la ciliegina Sulla torta. unico

neo la vicinanza degli impianti di hintertux

quando Si arriva Sull'ultima Sella…»

Il terzo giorno c'è il cambio della guardia: Mike lascia il posto a Raimund Huter, guida alpina anche lui natural-mente, laurea in economia e metà del suo tempo dedicata alle consulenze aziendali. Si aggiunge anche Esther Wilhelm, responsabile marketing dell'Ufficio Turistico del Tirolo, come a dire: conosco e mi piace ciò che vendo. Ancora Schmirntal, ma puntiamo in alto, al Kleiner Kase-rer, poco più di 3.000 metri di quota. è la gita perfetta, discretamente lunga, varia, con pendii ideali ricoperti da 30 centimetri di polvere. La cresta alpinistica è poi la cilie-gina sulla torta. Unico neo la vicinanza degli impianti di Hintertux quando si arriva sull'ultima sella. In realtà arri-vando lì lo sguardo è rapito dalla catena di montagne che si staglia verso sud: Olperer e Fußstein sono due cime alte

e affascinanti, la prima specialmente, con la sua forma per-fettamente trapezoidale da un lato e triangolare dall'altro e la geometrica mezzaluna del bordo del ghiacciaio che pare tracciata col compasso.L'ultimo giorno ci vede impegnati in un tour complesso alla scoperta della Navistal. Uno di quei giri che ti fanno fare quando giochi a 'moscacieca' per farti perdere l'orien-tamento. Fortuna che c'è Raimund, una 'app' vivente per fartelo ritrovare, l'orientamento, con una raffica di infor-mazioni, di impressioni visive, di triangolazioni trigono-metriche, che ti danno in ogni momento la consapevolez-za per dire: «Ja, das ist Wipptal». Aiutato dai canederli della Lizumer Hütte e da questa straordinaria polvere di Fantozzi.

LA MADONNADELLA MELA

Da Matrei am Brenner una strada lunga cinque chilometri si inerpica tra boschi e prati fino al Santuario di Maria Waldrast, a 1.641 metri di altezza. Il nome stesso del santuario, che significa 'foresta del riposo', definisce la bellezza del luogo, immerso nel verde, al cospetto della vetta del Serles, detto l'Altare Maggiore del Tirolo. La costruzione del santuario cominciò nel 1429 con una piccola cappella, in cui fu subito trasportata la statua lignea della Vergine di Waldrast, che si narra fosse stata trovata da due pastori, nel 1407, intagliata nel tronco di un grosso larice. L'aumentare dei pellegrinaggi fece in breve diventare il santuario un piccolo ospizio e poi, nel 1498, una grande casa albergo, aperta ancora oggi. La singolarità della statua della Madonna è che tiene in mano una mela, simbolo del peccato e in qualche modo della riconciliazione, oltre che alimento principale del Tirolo.La storia del santuario è ricchissima di eventi che ne accrebbero via via l'importanza, tanto che nel 1624 fu costruito un convento

i cui frati erano dediti a numerose attività. Intorno al 1780 però Giuseppe II, figlio di Maria Teresa d'Austria, decise di sopprimere numerosi conventi. Quello di Waldrast dovette essere abbandonato nel 1785. Gli oggetti più preziosi vennero depredati, insieme alla ricchissima biblioteca, e i tetti del complesso vennero scoperchiati. Nel 1850 i religiosi tornarono e restaurarono il convento, ma dovettero di nuovo fuggire nel 1841, scacciati dai militari della Gestapo. La statua della Madonna fu salvata da due giovani coraggiosi che la tennero nascosta fino al 1945, quando il convento fu definitivamente riaperto. Numerose furono le opere di restauro e abbellimento successive, fino all'epoca attuale, in cui Waldrast è uno splendido luogo di riposo e preghiera. I religiosi non lo abitano più da tempo, ma la cultura è rimasta nelle opere d'arte e nella ricchissima biblioteca che raccoglie preziosi volumi antichi di varia provenienza che si stanno meticolosamente restaurando.

Sotto. Il primo tratto di discesa dal Geier.

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La differenzatra il dire e il fare

Quelli della mia generazione mi hanno deluso, per que-sto mi rivolgo ai bambini». Le parole sono pietre e quelle 'scagliate' da Fausto De Stefani, mantovano classe 1952, fanno riflettere. Sono parole supportate dai fatti. Fausto, tra i pochi ad avere scalato le 14 vette sopra gli 8.000 senza ossigeno, si definisce 'alpinista, naturalista, foto-grafo e grande sognatore' ma è soprattutto un uomo con-creto che da più di dieci anni spende gran parte delle sue energie in una nobilissima iniziativa umanitaria in Ne-pal. «Nel 2000 ho pensato di costruire una scuola per i bambini di strada ma poi ho capito che non era la via giusta perché si sarebbe creato un ghetto, mentre chi ha vissuto la strada deve confrontarsi con gli altri per reinse-rirsi - dice con entusiasmo De Stefani -. è triste pensare che si riesca a fare qualcosa solo per quei bambini che vivono sulla strada da poco tempo. Purtroppo, per quelli che ci crescono da un tempo più lungo e in una condizio-ne di abbandono totale, il danno causato anche dalle colle che sniffano, rende impossibile il recupero». Il mira-colo di Fausto si chiama Rarahil Memorial School ed è una scuola a Kirtipur, sobborgo di Kathmandu, in Ne-pal. Una scuola che accoglie bimbi dai tre anni fino all'i-

«Q

54 > people

INIZIATIVETESTO: Claudio Primavesi

Dopo aver scalato i 14 ottomila senza ossigeno,

Fausto De Stefani ha dato un futuro a centinaia di bimbi nepalesi fondando, con un ristretto nucleo di amici, la

Rarahil Memorial School un complesso progetto

umanitario che chiunque puó contribuire a sostenere.

ESCLUSIVO

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«MI PIACEREBBE CHE TUTTI POTESSERO VEDERE DIRETTAMENTE LA RARAHIL MEMORIAL SCHOOL, GLI

OBIETTIVI CHE RAGGIUNGE, PER RENDERSI CONTO CHE VALE DAVVERO

LA PENA AIUTARE TUTTI QUEI BAMBINI E QUEI RAGAZZI, POVERI DEL

MONDO. LO STUDIO RESTITUISCE DIGNITà E FUTURO MA SOPRATTUTTO

è UNA GRANDE OCCASIONE DI LIBERTà E DI RISCATTO SOCIALE»

sabilità è contagioso, l'esempio di Fausto è prezioso, ma non basta. «L'amico Elio Mutti, insieme al preside della scuola, segue personalmente i casi dei ragazzi piú disa-giati offrendo supporto psicologico alle famiglie con pro-blemi particolarmente gravi. Purtroppo le difficoltà sono tante e spesso si è costretti a fare delle scelte prioritarie per affrontare i disagi maggiori mentre si vorrebbe poter aiutare così da vicino tutti». Il progetto di scolarizzazio-ne di Kirtipur è sostenuto in vari modi dall'Italia: attra-verso versamenti, donazioni ma soprattutto attraverso le adozioni a distanza a cui si può aderire con circa 420 euro all'anno. Le adozioni permettono di far studiare e pagare il convitto e l'assistenza sanitaria ai bambini più poveri, che provengono spesso da famiglie dove l'alcoli-smo ha creato situazioni insostenibili o dove i genitori

sono disabili. Le adozioni, però, non bastano: «Una scuola come la nostra sta in piedi grazie alle rette pagate dalle famiglie benestanti locali che riescono a coprire an-che quelle di chi non potrebbe, altrimenti, permettersi 'il lusso' di mandare i propri figli a scuola». Sono fonda-mentali anche gli aiuti di istituzioni - come ad esempio la Provincia di Trento - di aziende e di tutte le persone che, come l'amico Roberto Giordani di Montura, credo-no fortemente nella causa di questo progetto. «Mi piace-rebbe che tutti potessero visitare la Rarahil Memorial School, gli obiettivi che raggiunge, per rendersi conto che vale davvero la pena aiutare tutti quei bambini e quei ragazzi, poveri del mondo. Lo studio restituisce dignità e futuro ma soprattutto è una grande occasione di libertà e di riscatto sociale» conclude De Stefani.

Nelle foto in senso orarioSotto. La lettura dei quotidiani nel cortile della scuola. A destra. gli studenti schierati davanti alla Rarahil Memorial School e di seguito uno

scorcio dell'abitato di Kirtipur e degli edifici che compongono il complesso scolastico.

struzione superiore. Una scuola di alto livello, per dare una possibilità a chi è meno fortunato. In dodici anni, con la collaborazione di Anselmo Castel-li della Fondazione Senza Frontiere Onlus, Elio Mutti, Sandro Tamanini e Cristiano Coghi, è sorto un istituto che in questo momento accoglie circa 700 studenti di vario grado. «Stiamo parlando di una realtà complessa e all'avanguardia che comprende la scuola primaria e quel-la secondaria orientata alla formazione di figure profes-sionali da impiegare nella salvaguardia dell'ambiente himalayano. Una scuola con laboratori di chimica, fisica e biologia, 74 computer di ultima generazione, laborato-ri d'arte in cui si apprende la vasta tradizione artigianale nepalese a rischio di estinzione e, di recente inaugurazio-ne, un ambulatorio medico dedicato alla memoria dell'amico Giuliano De Marchi che offre un servizio sa-nitario gratuito ai bambini della scuola e a tutta la comu-nità di Kirtipur. Tutti gli edifici, dotati di pannelli solari e di un sistema di raccolta dell'acqua piovana, sono pro-gettati secondo regole anti-sismiche, costruiti e gestiti interamente da maestranze locali così come lo è anche il corpo docente». Il prossimo progetto 'in cantiere' riguar-da la costruzione di un grandissimo parco giochi e di un centro sportivo aperto anche a coloro che non frequenta-no la scuola. Tutto questo è stato reso possibile grazie all'instancabile attività di De Stefani, che organizza in-contri in tutta Italia per far conoscere le proprie iniziati-ve e raccogliere fondi. Fausto ha creato anche in Italia due 'luoghi dello spirito': la 'Collina di Lorenzo' di Ca-stiglione delle Stiviere (Mn) e l'Officina dei racconti e delle favole, dove insegna ai bambini e ai ragazzi a cono-scere e rispettare la natura e gli altri. Il seme della respon-

ADOZIONE A DISTANZA,COME PROCEDERE

L'adozione a distanza di un bimbo nepalese che

frequenta la Rarahil Memorial School non è

un'operazione complicata: basta compilare il

coupon di adesione che si trova nella sezione

'adozioni' del sito nepal.senzafrontiere.com e inviarlo via fax alla Fondazione Senza Frontiere

(0376 772672) o per posta in via S. Apollonio,

6 - 46042 Castel Goffredo (Mn). Il pagamento

della quota di 420 euro può essere effettuato

con bonifico in Posta (conto n. 14866461 - IBAN

IT74S0760111500000014866461 intestato a

'Fondazione Senza Frontiere ONLUS'). Per i

riferimenti bancari si può invece consultare il sito.

Attenzione: è fondamentale inserire sempre la

causale 'Adozione Nepal'.

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on-ice.itUtilizzato soprattutto nelle Alpi Centrali, è semplice, ‘politically correct’ ma soprattutto pratico e utile

56 > rubriche

On-ice è un sito user friendly, semplice e pratico da con-sultare. Intervenire e perfino inserire report è molto imme-diato e veloce, anche se proprio la semplicità del form su-scita le critiche di chi vorrebbe maggiori dettagli. Gli admin restano del parere che indicazioni troppo precise equival-gano a un maggior rischio di errore indotto, e anche noi concordiamo: a ciascuno il dovere di informarsi, controlla-re e integrare quello che trova sul web.

itinerari Il database non è sterminato ma la qualità delle descrizioni è molto alta; si riscontra soprattutto nella precisione delle salite su roccia, ambiente in cui eventuali approssimazio-ni si evidenzierebbero. La grandissima parte descrive zone orobiche, le grandi classiche dello scialpinismo nell’arco al-pino centrale, nei Grigioni e in Val D’Aosta. Le altre aree de-cisamente meno, fino a essere perfino assenti dal database. In compenso sono descritti alcuni percorsi di alta qualità e pochissimo frequentati.

reportIl form non è articolatissimo ma comprende i campi es-senziali. Come sempre le valutazioni vanno prese per quel che può valere il giudizio di uno sconosciuto (sul web la responsabilità è di chi legge). Lo spazio per i commenti personali è illimitato; spesso viene usato in funzione social per raccontare l’esperienza personale più che per fornire informazioni.

forum È piuttosto vivo. Una moderazione con una linea precisa ha imposto rispetto reciproco all’interno della community, che attualmente si confronta con toni educati e pratica-mente senza che i moderatori debbano mai ‘bannare’. Nel giro dei siti web di montagna il forum di on-ice è giudicato un po’ troppo ‘ecumenico’. Ma la buona educazione sem-bra dare i suoi frutti e i thread sono più numerosi che in altri forum.

graficaEssenziale è dir poco. Recenti problemi con la piattafor-ma hanno addirittura eliminato gli avatar. Anche le opzioni per gli utenti sono ridotte al minimo indispensabile. Sono allo studio aggiornamenti. In compenso questa semplicità estrema invita a registrarsi un buon numero di quelli che davanti a un pc temono di venire morsicati.

SKI-ALP WEBGUIDO VALOTA

UTENTI REGISTRATI 3.200

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IL RECORD gennaio 2012 con 1.200.000 pagine visitate

DATABASE ITINERARI

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ghiaccio e misto 200

escursionismo 180

roccia 120

INSERIMENTI REPORT

Nei weekend primaverili con meteo e neve a posto qua-

si cento al giorno, in prevalenza per lo scialpinismo, ma si

leggono più report della stessa salita. In queste condizioni è

istruttivo confrontare i diversi giudizi personali sulle stesse

condizioni reali: quando spaziano da ‘eccezionali’ a ‘discrete’

si scatena il gossip. Fuori stagione con meteo impossibile i

report crollano a una ventina al giorno ma accade di rado.

PICCHI NEI CONTATTI UNICI

Di gran lunga il lunedì per effetto social: curiosità per le usci-

te del weekend, condivisione con la community, confron-

to delle scelte. E il venerdì, ma un po’ meno, per le ultime

decisioni.

il profilo perSonale dell’utente raccoglie i report inseriti dallo stesso nel tempo, divisi per scialpinismo, roccia, ghiaccio, escursionismo. Un bel diario personale per chi non ama l’interattività diretta del blog. E un curriculum alpinistico pronto per l’uso.

il form dei report è eSSenzialeper scelta redazionale accoglie solo tre foto. Inserire altre foto nel forum ‘Dove siamo andati’, uno dei più seguiti, è un po’ macchinoso.

LA SCHEDA

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Ahead * PRECURSORE

Piero Ghiglione, ingegnere colto e benestante, nacque a Borgomanero nel 1883. Socio del primo Sci Club d'Italia, lo Ski Club Torino, effettuò uno straordinario numero di spedizioni scialpinistiche ed alpinistiche in tutti i continenti nella prima metà del Novecento, esattamente fino al 1960. Ghiglione, per gli amici 'Piero Presto' perché aveva sempre fretta (di ripartire!) morì in un banale inci-dente d'auto nell'ottobre del 1960 nei pressi di Trento, di ritorno da un'arrampicata lampo sulla Paganella, durante il Film Festival della Monta-gna di Trento. Aveva 77 anni, era appena rientrato da una spedizione in Groenlandia dove aveva stu-pefatto per la sua perfetta forma i suoi più giovani compagni di avventura Carlo Mauri e Giorgio Gualco. Era ovviamente di fretta, doveva allenarsi per la prossima spedizione, non poteva starsene seduto tutto il giorno a seguire film e conferenze del Film Festival!Come ebbe lui stesso a scrivere, la sua vita si può sintetizzare in tre magiche parole. «Una piccola piccola: sci. Che si unisce ad un'altra immensa: montagna. La terza appare candida e silenziosa: neve». Sci-montagna-neve in tutti i continenti, una spedizione dopo l'altra, tutte segnate da un'ir-requietezza, una vitalità, un dinamismo davvero unici in tempi in cui si attraversavano ancora gli oceani con i transatlantici. La sua lunga e fraterna amicizia con il grande Marcel Kurz, il padre

dell'alpinismo invernale con gli sci, ovvero dello scialpinismo, la dice lunga sulla levatura di Piero Ghiglione, all'apparenza un uomo piccolo e min-gherlino ma tutto nervi, capace di imprese di altissi-mo valore. Basti citare la prima (ed unica) salita con gli sci al Golden Throne (7250 metri) nel Karako-rum, a cui abbiamo dedicato un paragrafo in questo articolo.

LO SCIATOREGhiglione fu innanzitutto sciatore, prima di diventa-re alpinista. Laureatosi brillantemente a Zurigo in ingegneria, lavorò alla Siemens di Berlino e poi per la Fiat e per la Lancia in Germania e in Norvegia. Par-lava correntemente cinque lingue. Oltre che allo sci, si dedicò per parecchi anni al pattinaggio artistico, origine di ogni forma di scivolata. Seguace di Adolfo Kind, il padre dello sci italiano, divenne ben presto un buono sciatore e nel 1913, quando lavorava a Ber-lino, vinse una scommessa alla 'Jules Verne' davvero eccezionale per quei tempi: salire e scendere con gli sci in 20 giorni, andata e ritorno in treno da Berlino, il Kazbek (5045 metri) in Caucaso. Durante la guerra del 1915-1918 venne assegnato ai corsi di sci diretti dal maggiore Umberto Mautino, a cui è stata dedica-ta la famosa capanna dello Ski Club Torino sopra i monti di Cesana Torinese. Ghiglione praticò anche il salto con gli sci dal trampolino, perché sapeva, aven-do letto le opere fondamentali sullo sci di Caulfeild ('How to ski and how not') e di Zarn e Barblan ('L’art du Ski'), che non è possibile diventare grandi sciatori se non si è capaci di saltare con i meravigliosi 'pattini alati'.Nel 1928 lo sciatore Ghiglione è maturo per pubbli-care l'insuperato volume 'Lo sci e la tecnica moder-na'. Ricco di una documentazione fotografica di prim'ordine e di una grafica densa di particolari di buon gusto, il grande libro è un inno di amore per lo sci e fa di quest'ultimo più di uno sport. Il volume è molto diverso dai classici manuali tecnici

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PIERO GHIGLIONETESTO: Giorgio Daidola

L'ingegnere torinese è stato il primo a scendere con gli sci dalle montagne di tutto il mondo, a partire dall'inizio del '900. Un vero e proprio freerider che utilizzava anche sci a doppia punta

HALLOF FAME

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59 > people

«… IN BIcIcLETTA cApITA DI pEDALARE ANchE pER OTTO ORE E DEVI SApER DOSARE LE

ENERgIE, NELLO ScIALpINISMO INVEcE LE gARE SONO pIù BREVI, SI

pARTE E SI ARRIVA A TuTTA».

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e tende, soprattutto nella seconda parte, dedicata alla 'arte dello sciare', ad assumere un valore universale, fuori dal tempo. Secondo Ghiglione infatti «i princi-pi fondamentali di una qualunque azione sportiva, così come il camminare al bambino, sono e saranno all'uomo sempre i medesimi». Quasi a dire che lui non si occupa propriamente di tecnica sciistica, che è data da un insieme di concetti in continua evoluzione ma di tutto ciò che nello sci non cambierà mai, per-ché tutt'uno con il senso profondo dello sciare. Una visione dello sci completa e spirituale, quella di Ghi-glione, legata alle sensazioni, all'esperienza, al senso della neve. A tutte quelle cose insomma che spesso mancano allo sci dei giorni nostri. Dopo aver passato in rassegna gli elementi che trasformano «lo scivolare sulla neve in una vera manifestazione artistica» av-verte che questi elementi, se considerati «isolati e teo-rici, non hanno alcun valore: solo nel loro insieme possono far toccare le altezze dell'arte, ossia lo stile». Ecco quindi chiarita la differenza fra 'tecnica' e 'stile', una differenza spesso ignorata dai moderni tecnici dello sci.In sintesi lo sci per lui è armonia, ritmo, momento estetico e trova nel salto la sua massima espressione. Si tratta di una visione dello sport bianco alla quale non venne mai meno e che gli permise di realizzare fantastici progetti con le sue 'ali' ai piedi.Ghiglione volle provare tutto dello sci. Mosso da una passione incontenibile andò in Lapponia e scoprì gli sci lunghissimi, difficili da girare ma con un galleg-giamento in neve alta e una sicurezza su ghiacciaio insuperabili: non a caso li utilizzò nelle sue salite hi-malayane. Ma fu anche un precursore degli sci corti, utilizzando aste di soli 120-130 centimetri, facili e leggere, tessendone i pregi con un tale fervore e con-vinzione da farsi molti nemici. Inventò gli sci pieghe-voli, ideali compagni di viaggio in ogni occasione. Fu forse anche il primo a utilizzare sci a doppia spatola, come quelli da freestyle, che gli permettevano, come racconta Guido Tonella (cfr. Storia dello Ski Club Torino, pag. 99), di effettuare «il doppio telemark, avanti e indietro… saltando con la più sorprendente leggerezza al di sopra delle gobbe: un’autentica rivela-

zione per noi tutti, che pure non eravamo affatto alle prime armi».Ghiglione effettuò un numero impressionante di scialpinistiche di alto livello nelle Alpi, spesso da solo, quando non trovava compagni. Ecco due delle sue gite di 'allenamento' alle spedizioni estive:- partenza a mezzanotte dalla capanna Chanrion, tra-versata dei colli Petit Mont Collon, de l'Eveque, del Mont Brulé e della Tête de Valpelline, arrivo alla ca-panna Schonbuhl 18 ore dopo (Pasqua 1926);- Capanna Britannia, Adlerpass, salita allo Stockhorn,

traversata del ghiacciaio Gorner, salita al Teodulo, discesa al Breuil (da solo, 24 maggio 1926).Ghiglione continuò a usare gli sci ogni volta che po-teva nei suoi grandi viaggi in America del sud e del nord, in Nuova Zelanda, in Africa, in Himalaya e in Groenlandia. Per lui gli sci erano insomma degli im-portantissimi compagni di viaggio. Sulla 'Rivista Mensile' scrisse nel 1927: «Quando vedo ancor oggi alpinisti di ottima fama che si ostinano direi ad im-probe fatiche, pur di non usare gli sci... non posso che deplorare la cocciutaggine umana che pure si spezze-rà un giorno, non lontano… segnando il più grande trionfo dello sci in tutte le sue forme». Da ricordare in particolare, oltre alla spedizione in Karakorum del 1934 della quale parleremo più avan-ti, la 'doppietta' del 1937, con la prima traversata in sci di tutto il cratere del Kilimangiaro e la traversata invernale della Lapponia, oltre 500 chilometri da Ki-runa a Bossekop.Questa voglia di grande scialpinismo non venne mai meno in lui. A 77 anni, una settimana prima di mo-rire, aveva aperto la stagione il primo ottobre con una salita in solitaria sopra il Sempione, incurante del brutto tempo, perdendosi al ritorno nella tormenta.Come sciatore Ghiglione fu anche un visionario, in quanto aveva capito l'enorme potenziale che aveva lo sci da discesa. Aveva analizzato lo sviluppo delle sta-zioni invernali svizzere basato sulle ferrovie e aveva profetizzato: «Lo sci verrà inesorabilmente sempre più ad avere un'importanza enorme nella vita inver-nale della nostra montagna. Lo spirito moderno della gioventù d 'oggidí vi concorre».

L'ALPINISTAGhiglione arrivò all'alpinismo piuttosto tardi, attra-verso la pratica dello sci. Certamente durante il perio-do della sua attività ci furono alpinisti più dotati. Nessuno ha però esteso come lui il campo di attività alle montagne di tutto il mondo, assumendo quel ruolo di alpinista esploratore proprio dell'alpinismo delle origini. Innumerevoli furono le sue prime salite sulle Ande, in particolare in Perù e nell'Africa equa-toriale. Il suo amico Marcel Kurz, grande cartografo

L'arte di sciare«…ogni manifestazione artistica ha

due valori ben distinti: uno oggettivo, l'altro soggettivo.

Il primo desta l'ammirazione e produce un piacere estetico nello spettatore; ma il secondo suscita tutta la gioia intima e personale

dell'artista. Anche lo stile, in quanto è arte, procura gioia allo

sciatore. Questo godimento, questo puro piacere fisico e

spirituale insieme, però soprattutto spirituale, è tuttavia difficilmente spiegabile con parole, appunto

perché è un sentimento; ma certo è vivissimo in chiunque compia

con sicurezza una grande discesa di stile…»

Piero Ghiglione,Lo sci e la tecnica moderna, pag. 262

In questa pagina. Da sinistra a destra Il Golden Throne, scalato da Ghiglione del 1934. Piero Ghiglione al ritorno dalla vetta del Golden Throne. Nella pagina accanto. I componenti della spedizione Dyhrenfurth al Karakorum sul 'Conte Verde'

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«…questo vecchio sciatore ed alpinista che continua a salire

delle montagne ad un’età in cui gli altri hanno da un pezzo rinunciato

ad ogni velleità sportiva, non costituisce soltanto un autentico fenomeno dal punto di vista della

fisiologia, ma resta un esempio insuperabile di volontà e di

energia…»

Guido Tonella, Storia dello Ski Club Torino, pag. 100

svizzero oltre che grande scialpinista, lo stimolava a preparare mappe di zone, come quella del Sud del Perù, che erano ancora dei grandi buchi bianchi sulle carte di allora. Tantissime le discussioni fra i due amici, il monumentale Kurz e il piccolo Ghiglione, sulle altitudini delle vette, in quanto per Ghiglione erano giuste solo le sue, rilevate con il sistema baro-metrico, mentre Kurz insisteva sulla scientificità del sistema trigonometrico e ironizzava sul fatto che le quote rilevate dal torinese erano sempre più alte! Come alpinista Ghiglione era molto prudente e in oltre sessanta spedizioni non ebbe mai un incidente. Arrampicò spesso con grandi guide e grandi alpinisti, da Francesco Ravelli a Gabriele Boccalatte, da Carlo Mauri a Renato Chabod, da Arturo Ottoz a Ottori-no Mezzalama. Tra le sue salite più importanti sulle Alpi ricordiamo la parete nord-est del Mont Blanc de Tacul, la sud ovest al Pic de la Brenva, le prime alla sud-est della Tour des Jorasses e la parete nord alla Torre nord delle Aiguilles Marbrées. In montagna era un uomo completamente felice e il suo dinamismo, la sua irrequietezza e la sua arguzia erano eccezionali anche se talvolta sconcertanti. Ave-va dei continui cambiamenti di umore e il suo carat-tere rude tutto scatti e nervosismi gli fece attribuire anche il soprannome di 'Ghiglione il borbottone'.Come capo spedizione venne ingiustamente criticato per la tragedia del Monte Api in Himalaya, dove Ro-berto Bignami morì cadendo in un torrente durante la lunga marcia di avvicinamento e Beppe Barenghi e Giorgio Rosenkrantz non fecero ritorno dalla cima di 7132 metri. I due forti alpinisti avevano voluto tenta-re la cima partendo dal campo base. Per Ghiglione si trattava di un dislivello troppo gran-de, soprattutto a quella quota e su di un terreno sco-nosciuto. Propose di dimezzare la salita allestendo un campo alto ma, rimasto inascoltato, rinunciò alla sa-lita. La remota zona dell'Api venne abbandonata solo quando rientrò quasi cieco lo sherpa che era con i due alpinisti: Barenghi era scomparso nel brutto tempo nei pressi della cima mentre il freddo, l’altitudine e il brutto tempo avevano stroncato Rosenkrantz duran-te la salita.

IL CAPOLAVORO GOLDEN THRONEL'attività scialpinistica di Ghiglione toccò il vertice nel 1934 con la conquista del Golden Throne (7250 m) in Karakorum, insieme agli svizzeri André Roch e Jam Balajeff. Nel corso della stessa spedizione Ghi-glione salì anche l'inviolato Queen's Mary Peak (7422 m), utilizzando gli sci fino a 7000 metri. Questi exploit avvennero nell'ambito della spedizio-ne Dyrhenfurth fra i ghiacciai Baltoro e Siachen, una zona di montagne fantastiche purtroppo chiusa all'alpinismo e allo sci da molti anni a causa della lo-gorante guerra di posizione in altitudine indo-paki-stana. Il modo in cui Ghiglione era riuscito ad aggre-garsi a questa spedizione, pagando beninteso la sua quota, la dice lunga sulla determinatezza e l'entusia-smo dell'uomo. In una nebbiosa giornata del novem-bre 1933 egli si recò appositamente a Neuchatel in Svizzera e bussò alla porta di casa di Marcel Kurz, che ancora non conosceva ma sapeva essere membro della spedizione. «Sono l'ingegner Ghiglione - disse in un perfetto francese con un bel sorriso e togliendo-si il cappello - vorrei partecipare alla spedizione Dyh-renfurth in Karakorum…» I due strinsero subito amicizia e Kurz raccomandò calorosamente Ghiglio-ne a Dyhrenfurth. C'era però un problema. Ghiglio-ne sperava di arrivare in tempo per la partenza, previ-sta in nave da Trieste per il 13 aprile 1934, perché prima sarebbe stato impegnato in una spedizione in America del Sud, all'Aconcagua...

Salito l'Aconcagua, Ghiglione riuscì ad arrivare in nave a Napoli il 5 aprile e a raggiungere i membri della spedizione Dyhrenfurth a Trieste per il giorno della partenza. Immaginiamo che riuscì anche a pas-sare nella sua bella casa di Torino per salutare la fede-le moglie Lucia che non era sportiva e trascorreva le giornate «in perpetua lotta con il postino» nell'attesa di notizie da quel giramondo di marito. A proposito di questo concatenamento di spedizioni Ghiglione scrisse nel sue volume 'Dalle Ande all’Himalaya' (pag. 71): «Per le spedizioni alpinistiche può succede-re quello che avviene per le ciliegie, una tira l'altra».Da Bombay la spedizione Dyhrenfurth raggiunse Srinagar in Kashmir e di qui, come era possibile a quei tempi, l'alto Baltoro, con una lunghissima mar-cia di avvicinamento durata dal 15 maggio al 28 giu-gno. In particolare la spedizione passò dalla Sella Conway (6350 metri), luogo di estremo interesse scialpinistico, ora irraggiungibile a causa della guerra fra India e Pakistan. La Sella Conway è il passaggio chiave fra i ghiacciai Siachen e Baltoro e permette la più completa traversata scialpinistica del Karakorum. Una traversata compiuta per la prima e unica volta dagli americani Galen Rowell e Ned Gillette nel 1982, poco prima della definitiva chiusura a causa degli eventi bellici.Da notare che tutti i membri della spedizione Dyh-renfurth fecero ampio uso degli sci, soprattutto per motivi di sicurezza nella progressione sui ghiacciai. A

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questo proposito, per rendere più sicura la progressio-ne Ghiglione, che era fautore degli sci corti, fece un'eccezione alla regola, utilizzando sci lunghi 209 centimetri. In frassino e con le lamine avvitate, attac-co Gresvig, permettevano il mezzo telemark e il tele-mark corto ma la sciancratura modesta (8-5,7-5,8) li rendeva tutt'altro che facili.Ghiglione dormì almeno sette notti nella tendina ai 6350 metri della Sella Conway, con temperature not-turne di -15 gradi. «Saporitamente - disse lui - utiliz-zando il sacco a pelo come materasso, ficcandomi solo in due leggeri sacchi di flanella…».Da questo campo, in compagnia degli svizzeri Roch e Balajeff salì in sci al Golden Throne definito «un monumentale ammasso di ghiaccio». In una delle ri-cognizioni dell'itinerario raggiunse un colletto a quota 7120 metri da cui ebbe «una completa visione di tutto il bacino glaciale sottostante» e capì che «il Siachen si collega, per una grande valle o altipiano alquanto sciistico ai versanti, pure piuttosto sciistici, del Queen's Mary Peak e del Baltoro. Nel Siachen scende poi quel magnifico, lungo e vago ghiacciaio senza nome, eccelso e tutto candido... che già intravi-di dal Colle Pionneer Peak il 24-25 giugno. Da que-sto ghiacciaio se ne diparte un altro, crepacciato ma a dolce fondo. Si potrebbe scenderlo in sci»(Dalle Ande all’Himalaya, pag. 219). Ghiglione aveva capito che si poteva passare in sci dallo Siachen al Baltoro, attra-versando la spalla del Sia Kangri. Si tratta proprio dell'itinerario percorso da Rowell e Gillette 50 anni dopo.Nella spedizione Dyhrenfurth gli sci vennero utiliz-zati anche nella traversata di colli inviolati come lo Zoji-là fra Kashmir e Baltistan. «In nessuna regione dell'Himalaya lo sci è così utile come in quella del Karakoram - scrive - questi arnesi ci furono talmente provvidenziali che senza di essi non avremmo certa-mente potuto proseguire nella lunga serie di ghiac-ciai: anzi persino nelle vaste seraccate ne constatam-mo l'utilità. La salita in sci a grandi altitudini è molto più agevole che non l'ascendere a piedi. Gli sci impor-tano un certo ritmo nel modo di procedere che è ap-punto la norma, per non dire il segreto, indispensabi-le per raggiungere grandi altitudini».

L'UOMO Piero Ghiglione era ed è più conosciuto all'estero che in Italia. Dopo la sua morte fu la Fondazione Svizzera per Esplorazioni Alpine a dedicargli un intero nume-ro speciale, con allegata la sua preziosa carta orografi-ca del Sud Perù. In Italia, a parte l'eccellente necrolo-gia dedicatagli da Bonacossa sulla Rivista Mensile (1961, pagg. 83-87), un articolo a firma Dino Buzza-ti sul Corriere della Sera e uno di Guido Tonella nel volume 'Storia dello Ski Club Torino' del 1971, poco o nulla si fece per ricordare le sue imprese, quasi si trattasse di un personaggio scomodo. Il numero spe-ciale svizzero, coordinato da Marcel Kurz, con scritti dello stesso Kurz, di Adolfo Balliano, Francesco Ca-vezzani, Giorgio Gualco, René Dittert, André Roch, Guido Tonella e altri noti nomi dell'alpinismo inter-nazionale, compagni di avventura di Ghiglione, col-

Le Opere

Lo sci e la tecnica moderna, Istituto d'Ar-ti Grafiche, Bergamo 1928Sciatore novecento, Gazzetta del Popolo, Torino 1933Manuale di Istruzione Sciistica, CONI-FIS, Torino 1933Dalle Ande all'Himalaya, Montes, Torino 1936Montagne d'Albania, Istituto De Agosti-ni, Novara 1941Males e Shuipnise, Distapur, Tirana 1942Le mie scalate nei cinque continenti, Hoepli, Milano 1942A zonzo per il mondo, S.E.I., Torino 1944Himalaya-Karakorum, De Agostini, No-vara 1946Il Monte Bianco, De Agostini, Novara 1947Nelle Ande del Perù, Garzanti, Milano 1953Eroismo e tragedia sul Monte Api, Gar-zanti, Milano, 1955Dall'Artico all'Antartico, S.E.I., Torino 1960Ottorino Mezzalama, Storia dello Ski Club Torino, Torino 1971, pagg. 97-98In sci alla Vanoise e alla Grande Motte, Storia dello Ski Club Torino, Torino 1971, pagg. 101-104

ma la mancanza di una biografia. O di una autobio-grafia che Ghiglione, se ne avesse avuto il tempo, avrebbe probabilmente scritto.Da questi ricordi dei suoi compagni di avventura l'uomo Ghiglione traspare in tutta la sua complessità, con i suoi pregi, i suoi difetti e le sue contraddizioni. Che sia stato un precursore e un visionario non c'è però alcun dubbio e soprattutto i giovani avrebbero interesse a conoscere meglio il suo scialpinismo di ri-cerca.Dino Buzzati sul Corriere scrisse che probabilmente Ghiglione aveva sottoscritto un patto con il tempo del tipo «Ghiglione, prometto di lasciarti giovane ad una sola condizione: che tu non ti fermi mai»,Una critica che gli veniva fatta spesso era quella di cadere talvolta in esagerazioni, nei suoi libri ed artico-li. Questo, anche a detta dei suoi amici, era vero ma si trattava di piccoli peccati veniali, legati al carattere irruente dell'uomo, che tendeva ad esaltare ed esaltar-si. Se l'accademico Ghiglione ebbe detrattori anche all'interno del CAI e non ebbe onorificenze e biogra-fie in Italia, fu probabilmente per altri motivi. Oltre al suo carattere furono anche le sue invidiate disponibilità finanziarie a renderlo antipatico a molti. I soldi gli permisero di abbandonare il lavoro per vi-vere pienamente i suoi sogni di sciatore e alpinista, scrivendo libri e articoli quando trovava il tempo di farlo. Da notare che Ghiglione autofinanziò sempre le sue spedizioni, non si fece mai sponsorizzare. Estremamente parsimonioso, secondo alcuni decisa-mente avaro, viaggiava in modo frugale, senza per-mettersi alcun confort o lusso, perché temeva che i suoi soldi, prima o poi, finissero! Un'altra sua caratteristica era quella di essere contra-rio alle regole e ai permessi. La montagna per lui do-veva essere espressione di assoluta libertà. Certamen-te era un individualista impregnato di una filosofia edonistica e questo, malgrado i suoi meriti scialpini-stici e alpinistici, non piacque in certi ambienti.Ghiglione era l'esempio lampante della coesistenza nello stesso individuo di un diritto e un rovescio alla Albert Camus. A differenza di molti, non nascondeva questa contraddizione ma la rendeva palese con i re-pentini cambiamenti di umore, che mettevano a nudo le sue fragilità e i suoi limiti.

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PIERO GHIGLIONE

In alto. Da sinistra, in senso orario. La parete sud del Queen Mary Peak con l'itinerario di salita. Un campo durante una delle spedizioni di Ghiglione. Sul ghiacciaio Duca degli Abruzzi. A Col Busson in Val di Susa. Salendo al Colle Conway.

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Ad esempio, mentre in spedizione viveva come un povero pellegrino, senza concedersi alcun confort, amava avere una casa bella, pulita e ordinata. Durante il secondo conflitto mondiale, quando una bomba distrusse il suo alloggio in Corso Francia a Torino, andò a vivere a Courmayeur, dove si fece co-struire una piccola villa. Un'altra delle sue caratteristiche positive fu quella di non parlare mai male dei compagni di spedizione ma di tesserne sempre elogi. Venne spesso criticato, ma non criticò mai nessuno. Un gran signore insomma, riservato, con momentanei scatti di ira tipici del cane che abbaia ma non morde.Nel 1956 perse la moglie Lucia, alla quale era legato da un affetto profondo. Stupì tutti, amici compresi, quando pochi anni dopo, nel 1959, si risposò con la sua nuova segretaria di 22 anni. Un matrimonio in gran segreto, celebrato alle 6.30 del mattino in una chiesa di Milano, perché 'Piero Presto' due ore dopo doveva partire per il Perù!

«…possibile che gli anni passino su di lui come un lieve soffio

d’aria sul granito?... All’anagrafe, un vecchio. Nella realtà un

uomo in piena forma, che un misterioso incantesimo di

giovinezza sembrava sospingesse senza tregua, da un continente all’altro, senza limite

di tempo»

Dino Buzzati, Corriere della Sera, 11 ottobre 1960

Beh, il lettore a questo punto l'avrà capito. Per chi scrive Ghiglione, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, è stato un grande, «quasi un mito», come scrisse Buzzati. Un uomo di cui ho seguito spesso le tracce con i miei sci e in cui mi ritrovo spesso, specie nel desiderio continuo di viaggiare e nell’irrazionale e pericoloso rifiuto di invecchiare. Ghiglione amava disperatamente la giovinezza e co-vava nel cuore il desiderio di Faust. Nascondeva con cura i suoi acciacchi, non voleva far-si vedere in condizioni minorate, amava scherzare sui suoi anni dicendo che lui non era vecchio, era sempli-cemente nato prima degli altri. Il fatale incidente di Trento, per uno come lui, forse è stato meglio del si-curo declino. Mi spiace di non averlo potuto conosce-re personalmente. Ma in fondo, è come se ciò fosse avvenuto. Attraverso amici comuni e i suoi scritti a me sembra davvero di aver sciato con lui sulle monta-gne bianche dei nostri sogni.

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c’è neve e neveLa lontananza dal mare e l’incontro delle correnti determinano il clima, la quantità e la qualità delle

precipitazioni nevose. Ecco perché una stessa perturbazione porta più o meno ‘oro bianco’ in diversi

settori alpini e appenninici

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uccederà anche quest’anno, ne sono convinto: succederà che, nel tardo mattino di un giorno di tardo autunno, mi accorgerò che l’aria è rin-frescata e il cielo si è appannato; nel pomeriggio la luce si farà diversa e la montagna si metterà lo ‘chador’. Solo allora mi accorgerò che è

cessato lo strepito burlone dello stormo di gracchi che, tutto il giorno, è rimasto riunito sui prati vicini al cimitero. Ora che quei fracassoni si sono involati per chissà dove, mi renderò conto che ogni rumore è cessato e, nel silenzio che si è fatto profondo, vedrò svolazzare incerte le prime stelle di neve. poche e piccole, le vedrò sfavillare un istante mentre attra-versano la luce di un lampione lontano e, lentamente, scendere a imbiancare i fili d’erba e i rami spogli degli alberi. è il fascino della prima neve, così fragile ed evanescente. Anche se le previsioni me-teo m’informano che la perturbazione è profonda e che nevica su buona parte delle montagne dell’Italia del Nord, la neve che imbianca Macugnaga è diversa da quella che, nel frattempo, cade a Limone piemonte o a canazei. poi la perturbazione si sposterà e nevicherà anche all’Abetone e a Roccaraso e queste nevi saranno diverse da quella che sto calpestando nel prato intorno a casa. Sì, sempre di neve si tratta, ma chi se ne intende sa che c’è neve e neve, proprio come c’è vino e vino. Senza allontanarci troppo da casa, pren-diamo in esame le nevi delle Alpi e dell’Appennino.

NEVE E VALANGHETESTO: RENATO CRESTA

Renato Cresta è nato a Genova nel 1936. Arruolato come ufficiale degli alpi-ni, ha prestato servizio presso reparti di Alpini Paracadutisti ed ha comanda-to il Plotone Atleti della Scuola Militare Alpina. Istruttore militare di sci e di al-pinismo, maestro di sci, sia di fondo che di sci alpino. Lasciato l’Esercito con il grado di Capitano, si è dedicato alla libera professione come direttore

sportivo della stazione di Macugnaga e, successivamente, degli impianti del Passo dello Stelvio. Attualmente opera come consulente in materia di neve e valanghe, occupandosi prevalentemente di sicurezza in ambienti innevati. È richiesto come insegnante ai Corsi di Formazione professionale per ma-estri di sci e per responsabili della sicurezza delle stazioni di sport invernali.

Il clima dei nostri monti può essere definito di mon-tagna delle zone temperate, ma ha caratteristiche di-verse da settore a settore montano, perché è in stretto rapporto con le pianure sottostanti e con il mare, che non è mai troppo lontano. Le Alpi nord-occidentali e centrali distano 200 chilometri dal Mar Ligure; non è molto, ma è già sufficiente a raffreddare i flussi d’a-ria che giungono dal Mediterraneo, obbligandoli a scaricare, sui rilievi costieri e in pianura, una buona parte dell’umidità trasportata. Le Alpi Orientali, che non distano più di 150 chilometri dalle coste dell’A-driatico, ne sentono un certo influsso. Le Alpi Liguri e le Marittime fanno addirittura il pediluvio nel Mar Ligure. In Appennino le Alpi Apuane sono a quattro passi dal mare e l’Abetone dista meno di 50 chilome-tri (in linea d’aria) dalle spiagge della Versilia; più a sud, i gruppi più elevati, dai Monti Sibillini, ai Mon-ti della Laga, al Gran Sasso e alla Maiella, distano non più di 60 chilometri dall’Adriatico e sono la pri-

ma barriera che si oppone alle perturbazioni fredde che giungono dai Balcani. Tutto questo ci fa com-prendere che effettivamente ci deve essere qualche differenza tra le nevi di un settore montano prossimo al mare e le nevi di un settore dell’interno.Il versante settentrionale delle Alpi è prevalentemen-te interessato da flussi d’aria umida che giungono dall’Atlantico e che, talvolta, scavalcano il crinale, sopratutto dove questo non è molto elevato, e scari-cano il troppo pieno sul versante meridionale. In li-nea di principio, tutto l’arco alpino italiano e l’Ap-pennino sono interessati in prevalenza da flussi di origine mediterranea. Quando una corrente atmosfe-rica incontra una catena montuosa lungo il suo cam-mino, urta contro una barriera che deve risalire. La risalita, il raffreddamento dell’aria, la condensazione del vapor d’acqua, le precipitazioni che ne seguono, non sono altro che la conseguenza di questo effetto di risalita. Secondo G. Kappenberger e J. Kerkmann

(Il tempo in montagna - Zanichelli), la regione alpi-na riceve circa il doppio delle precipitazioni (pioggia + neve) che si registrano nelle regioni pianeggianti dei dintorni. Le Alpi Giulie segnalano le medie plu-viometriche annuali più elevate, ma le precipitazioni

nevose sono inferiori a quelle delle Alpi occidentali e delle Alpi Atesine. I flussi che giungono dal Mar Tir-reno arrivano rapidamente sulle Alpi Apuane e ga-rantiscono un buon innevamento anche al settore, un poco più all’interno, dell’Abetone e del Monte Cimone, che faticosamente si spinge di poco sopra i 2.000 metri di quota.I massimi delle precipitazioni delle Alpi centro-occi-dentali si registrano sull’allineamento Gran Paradiso - Monte Rosa - San Gottardo, mentre i massimi dell’alta montagna si registrano sul Monte Bianco, che è interessato sopratutto dai flussi da ovest, e sul Monte Rosa, con prevalenza di flussi da sud-est.Dal punto di vista delle precipitazioni nevose (sono queste che ci interessano), le Alpi hanno il vantaggio di ricevere flussi umidi da entrambi i versanti, ma alcune vallate, come la Valle d’Aosta, il Vallese e par-te della Valtellina, che si sviluppano dentro profonde crepe della catena alpina, ricevono la stessa quantità di precipitazioni che raggiunge il centro della Sicilia (meno di 600 millimetri annui). Anche se il fondo-valle di queste vallate, tagliato fuori dal flusso di aria umida, soffre di un regime di semiaridità, la sommità delle giogaie che le fiancheggiano, molto elevate, ri-ceve in tutto il suo vigore il flusso delle correnti e segnala precipitazioni abbondanti che, a causa della

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quota, sono quasi esclusivamente nevose. La cartina delle precipitazioni medie annue (estratta da un lavoro di T. Gazzolo e pubblicata sul volume di Mario Pinna ‘L’Atmosfera e il clima’) mostra la distribuzione delle precipitazioni nevose sull’arco alpino e sull’Appennino centro-settentrionale. Come si vede, la superficie interessata da precipita-zioni superiori ai 500 centimetri dell’Appennino abruzzese-molisano è più vasta della superficie alpi-na interessata da identica quantità di neve che, tra l’altro, sulle Alpi è raggiunta a quote più elevate.

clima di tipo marittimoo continentalePer clima di un luogo s’intende il regolare succeder-si di uguali situazioni meteorologiche che si ripeto-no negli stessi periodi del ciclo solare. I climatologi riconoscono cinque tipi base di clima (ognuno sud-diviso in più sottotipi) in funzione di due parametri: temperatura e piovosità. Alpi e Appennini rientrano in un clima di montagna delle zone temperate, che può essere meglio precisato come marittimo o conti-nentale. Si definisce marittimo quando la vicinanza del mare induce una limitata escursione della tem-peratura tra il mese più caldo e il più freddo; quando questa differenza si accentua, si parla di clima di tipo continentale e l’ampiezza dell’escursione termi-ca può essere adottata come indice del grado di con-tinentalità. Al clima del settore alpino che compren-de le Alpi nord occidentali, centrali e, in parte, le Alpi orientali, in cui le precipitazioni sono abba-stanza differenziate da settore a settore, ma avvengo-no con temperature generalmente fredde, può essere attribuito il carattere di continentale. Hanno un clima marittimo, invece, le Alpi Liguri e Marittime e tutto l’Appennino. Ci sono settori, come le Alpi Cozie, comprese tra le Alpi Marittime e le Alpi Gra-ie, che non possono essere nettamente attribuiti a uno dei due tipi di clima precedenti, ma hanno un clima di transizione tra i due. è indubbio che la stes-sa perturbazione può portare neve sia sulle Alpi, sia sugli Appennini ma, trascurando la quantità, che è anche associata all’altitudine, la neve dei settori con climi continentali ha caratteristiche diverse da quel-la dei settori con climi marittimi. Specialmente dopo che si è depositata al suolo, la neve dei settori ‘continentali’ si trova in un ambiente molto freddo, che ne condiziona l’evoluzione in modo molto diver-so dal processo verso cui è solitamente indirizzata la

neve dei rilievi che rientrano in un clima marittimo, meno rigido. Ne parleremo nel prossimo numero.

il parere di un climatologoMario Pinna (Docente all’Università di Pisa) nel suo volume L’Atmosfera e il Clima (Utet) tratta l’argo-mento piuttosto velocemente, ma in maniera molto chiara, come riporto di seguito.«Nelle nostre Alpi la neve cade abbondante, tanto che sui 2.500 - 2.700 metri si hanno 6-7 metri di neve all’anno… Un breve sguardo alla distribuzione della neve in Italia ci mostra che nella Pianura Pada-na si passa da circa 10 centimetri nella zona del Delta a 30-35 centimetri nel territorio di Milano e a 40-50 nell’area compresa tra Torino e l’imbocco della Val di Susa. La quantità di neve rimane modesta all’in-terno delle valli alpine, nei fondovalle, ma poi au-menta rapidamente col procedere verso l’alto, sopra-tutto nelle Alpi Occidentali, che sono le più interne, le più continentali. A 1.000 metri cadono circa 150 centimetri di neve nelle Alpi Centrali e Occidentali e 110-115 centimetri in quelle Orientali; a 2.000 metri rispettivamente 500 e 400 centimetri. Nel versante tirrenico dell’Appennino settentrionale i valori si ab-bassano notevolmente, mentre in quello adriatico, almeno intorno ai 2.000 metri, i totali annui non sono inferiori a quelli che si hanno nelle Alpi. Una sensibile diminuzione si ha nell’Appennino centra-le… ». A commento dei due grafici relativi all’anda-mento delle precipitazioni nevose (anch’essi dovuti alle ricerche di T. Gazzolo), il Prof. Pinna aggiunge «… sono più nevosi i versanti che danno le spalle al mare e i rilievi delle zone più interne: è dunque evi-

dente che per la neve i fattori più importanti sono la continentalità e l’altitudine, le quali concorrono d’inverno a determinare le basse temperature».Basta, infatti, uno sguardo ai grafici delle precipita-zioni nevose annue per osservare che il versante dell’Appennino Ligure che si affaccia sul mare è ben poche volte bianco di neve, mentre il versante che dà le spalle al mare può contare, mediamente, su alme-no un metro di neve. Procedendo verso nord, vedia-mo come le precipitazioni nevose apportino neve in abbondanza (oltre 4 metri) nelle Valli dell’Ossola e ancor più verso il Gottardo. Nei 42 anni trascorsi da quando ho iniziato a condurre le osservazioni sulle precipitazioni nevose a Macugnaga, ho rilevato una media di 427 centimetri annui, ma alla quota di 1.300 metri, cioè più in basso della quota indicata sul grafico. Devo però precisare che, a meno di quattro chilometri da Macugnaga, si innalza la barriera del Monte Rosa, che blocca le correnti da sud-est e impe-disce che proseguano verso il Vallese che, come ab-biamo già visto, è piuttosto povero di precipitazioni. Inoltrandosi per la Val Formazza, le correnti si diri-gono verso il gruppo del San Gottardo e qui scarica-no tutto il carico di umidità che si sono portate ap-presso. Non per nulla dal Gottardo prendono origine tre fiumi di notevole portata: il Rodano, il Reno e il Ticino. Il secondo grafico, che tratta l’innevamento delle Alpi Apuane -Abetone, è da leggere con atten-zione, perché cambia la scala dell’altezza neve (300 centimetri invece di 600), ma mostra comunque come l’Appennino Tosco-emiliano, a quote almeno 1.000 m più basse, riceva la stessa quantità di neve di cui beneficiano le Alpi.

65 > rubriche

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66 > preparazione

SKIROLLTESTO: Guido ValotaFOTO: Enrico Schiavi

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Lo skiroll è uno strumento perfetto per l'allenamento dello scialpinistanelle stagioni di transizione. Ecco i nostri suggerimenti tecnici e i prodotti

più adatti alle esigenze degli ski-alper

estate è terminata da tempo e lo scialpinista ha ormai assimilato le attività a secco di neve: dal running al ciclismo, dall'alpinismo al trail... pas-sando per un sano scarico fisico e mentale nel dolce far niente, magari al mare. E ora l'autunno proietta al momento più atteso: l'arrivo della neve con il ritorno agli adorati sci. Come ingan-nare l'attesa? C'è uno strumento davvero efficace che riesce ad anticipare le sensazioni della scivolata e dell'im-pegno fisico globale così caratteristico dello ski-alp: lo skiroll. Si tratta di attrezzi perfezionati in decenni di pratica intensa e regolare da parte degli atleti dello sci nordico di ogni livello. I tanti scialpinisti provenienti dal fondo hanno subito riconosciuto nello skiroll un metodo per-fino più adatto a preparare la salita continua con le pelli che l'alternarsi secco di fuori soglia-recu-pero delle gare di fondo. Ecco perché anche gli ski-alper puri lo stanno adottando sempre di più per mantenere gesto tecnico, coordinazione con la respirazione e una buona condizione della mu-scolatura specifica. In realtà rimangono delle dif-ferenze tra la sfera tecnico-atletica dello skiroll e quella dello ski-alp: le diverse pendenze affronta-te, la resistenza allo scivolamento opposta dalle pelli, la continua varietà degli appoggi e delle spinte nell'ambiente innevato. Però tutti gli altri metodi di preparazione sono molto più lontani dal gesto sulle pelli.

TECNICA

equilibrio e coordinazioneMolti scialpinisti di vertice usano gli skiroll, e li usano bene: sciano, nel senso tecnico del termine, guadagnando terreno in scivolamento come nel passo alternato dello sci di fondo. Anzi, in 'roto-lamento', che è una sensazione leggermente diver-sa (e divertente). La spinta del passo viene otti-mizzata fino ad arrivare al completo caricamento del corpo in equilibrio dinamico sull'attrezzo in avanzamento. A questo livello tecnico dello scia-tore, la gamba che ha terminato la spinta si scari-ca e si stacca dal terreno come nella fase di volo della corsa. è semplicemente sci di fondo, ma equilibrio e coordinazione sono capacità molto più importanti di quanto generalmente si creda anche nella camminata con le pelli, quella quasi senza scivolata. Inoltre l'evoluzione dei materiali sta modificando il gesto nella direzione di un maggiore avanzamento oltre l'ampiezza del passo. Si vedano le nuove pelli race sempre più perfor-manti… e siamo solo all'inizio. Comunque l'alle-namento su skiroll è efficace anche per chi non esegue un bell'alternato da fondista. Oltre a im-piegare un tempo maggiore per coprire la stessa distanza è da considerare che alla fine delle prime uscite avrà speso più energie per imparare a usare i nuovi attrezzi che per coprire dislivello. Uno dei maggiori benefici dello skiroll è proprio lo svilup-po di capacità e adattamenti!

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67 > preparazione

guido valota50 anni, bergamasco di Curno, maestro di sci

nordico con un passato agonistico di alto livello con gli sci stretti. Skyrunner agli albori della di-

sciplina, scialpinista e alpinista. Ha preso parte a numerose edizioni del Trofeo Mezzalama e della Patrouille des Glaciers. Si occupa da quest'anno

dell'area racing di [email protected]

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68 > preparazione

SKIROLL

Nelle foto. Il nostro Guido Valota impegnato nel test degli ski-roll sulle rampe del Passo dello Stelvio. Lo potete vedere in azione con assetto da sci di fondo oppure da scialpinismo, quello che ci interessa maggiormente

come allenarSiCon gli skiroll è possibile effettuare tutti i lavori normalmente previsti nei cicli di preparazione, in volume e in qualità: lunghi lenti, medi, velocità, qualità intervallata. Allo scialpinista interessa solo la salita; pur considerando che si lavora in sovraccari-co, con una buona tecnica sciistica i lavori di qualità andrebbero prolungati oltre la durata dei corrispon-denti di corsa in salita, per esempio. La personaliz-zazione va come sempre stabilita esaminando i pro-pri dati con competenza, a maggior ragione negli sport in cui si incrociano variabili come tecnica, at-trezzo, terreno. L'impegno aerobico è sufficiente-mente confrontabile a quello dello scialpinismo a parità di intensità prodotta.

Un parametro generico per un buono scialpinista: con asfalto bello e pendenza media attorno al 10/12%, 10 chilometri di salita con skiroll da trai-ning rappresentano un'uscita soddisfacente. Possia-mo paragonarla a 1.000 metri sulla neve (che di so-lito si sviluppano su una distanza minore). La scor-revolezza dell'attrezzo scelto incide sensibilmente e quindi ne va tenuto conto: un'uscita di gruppo con skiroll diversi lo conferma duramente dopo pochi minuti!

coSa fanno gli atleti top«I ragazzi dell'Esercito fanno skiroll un paio di volte alla settimana nell'ambito di una preparazione mol-to diversificata - ha confermato l'allenatore dei gio-

vani azzurri Lillo Invernizzi -. Sciano esattamente come nel fondo, con attrezzi da allenamento non frenati e scarpe da fondo. Anche Gloriana Pellissier, che non proviene da quello sport, ora tira un bell'al-ternato». Pietro Lanfranchi li usa regolarmente in estate con attacchino e scarponi modificati. Avvista-to in una gara autunnale con parterre qualificato in sorpasso su un forte specialista. Ad Albosaggia Ivan Murada ne produceva, oltre ad usarli. Ora allena i ragazzi, anche su skiroll. Michele Boscacci ha inizia-to in ottobre a inserirli nel suo allenamento. Noi stessi abbiamo visto Filippo Beccari all'inizio di ot-tobre allo Stelvio fare skiroll il pomeriggio dopo l'u-scita mattutina di oltre 2.000 metri sul ghiacciaio con i valtellinesi.

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69 > preparazione

1- I bastoncini devono montare punte in widia, l'unico materiale che aggancia la grana dell'a-sfalto. I puntali da fondo di qualità li adottano e sono disponibili come ricambi. Col freddo l'asfalto si indurisce e va prevista ogni tanto una leggera riaffilatura con mola apposita e senza surriscalda-re. Nel web fioriscono i suggerimenti tecnologici. Specialisti a parte, un paio di affilature a stagione sono più che sufficienti. L'efficienza dei bastonci-ni è cruciale per sciare bene.

2- Ruote larghe in gomma sono più confortevoli, assorbendo meglio le vibrazioni degli asfalti vec-chi. I diffusissimi tre ruote veloci (diametro 100 mm) montano battistrada in polimeri più duri: meglio restare su strade in buone condizioni. Diametri piccoli subiscono maggiormente la ru-gosità dell'asfalto e purtroppo anche un'eventua-lità rara ma possibile: il sassolino della forma sba-

tre itinerari da non perdereTre salite che valgono la trasferta. Va organizzato bene il ritorno a valle: può capitare che non passino auto per ore!

Alpi occidentAli: il Piccolo San Bernardo è la salita dei ragazzi dell'Esercito, ma d'estate è traf-ficata. Quasi tutte le valli laterali della Val d'Aosta sono adatte. Salite la stupenda Valgrisenche: da Arvier, poco dopo Aosta, più di 1.000 metri in di-slivello su circa 17 chilometri di pendenze varie fino alla diga di Beauregard. Ambienti molto vari, traffico minimo, asfalto ottimo.

Alpi centrAli: il passo San Marco, a 1.991

gliata che si incunea tra asfalto e ruota, bloccandola. Un ottimo compromesso sono gli attrezzi con le tre ruote in gomma, anche se di solito hanno diametro inferiore.A parità di cuscinetti, minor diametro delle ruote cor-risponde a minor rotolamento. Mediamente una me-scola morbida rallenta l'avanzamento.

3- Le suole delle scarpe da fondo sono prodotte in materie plastiche. Se si torna giù per il sentiero pre-vedere scarpe da trail al seguito, magari portandosele legate a un marsupio.

4- Il codice della strada proibisce espressamente la circolazione con 'acceleratori d'andatura' sulle strade aperte al traffico e perfino sulle piste riservate ai pe-doni. Inutile girarci attorno e discutere con gli agen-ti di PS: hanno ragione loro e basta! Flavio Saltarelli ne tratta compiutamente su questo stesso numero.

In quasi tutte le zone di montagna lo skiroll è tacita-mente tollerato, con buon senso: ricambiamo il buon senso salendo a bordo strada, non affiancati, non al buio, evitando le discese, anche se corte e con lie-to fine in risalita: l'imprevisto è in agguato, gli skiroll non permettono di arrestarsi in spazi brevi. E l'asfalto è molto abrasivo.

5- Lo skiroll è user-friendly: non si rompe, dura molti anni, le ruote consumate sono disponibili come ri-cambi, non ingombra in auto, non è traumatico per le articolazioni e soprattutto non necessita di manu-tenzione! Se usato sotto la pioggia è comunque bene asciugarlo quanto prima.

6- Salire in skiroll un passo alpino deserto, con il fred-do del primo inverno, appena prima della sua chiusu-ra... non è proprio come fare ski-alp su una montagna innevata, ma qualche bella sensazione la dà!

Forse non tutti sanno che...

metri, collega le province di Bergamo e Sondrio. Sono ben 27 chilometri e quasi 1.800 metri di di-slivello da Morbegno, partendo dai boschi di ca-stagni fino agli alpeggi in quota. Pendenze morbi-de, un tratto più ripido a Albaredo, due brevi tratti pianeggianti. Carreggiata un po' stretta in basso. Attenzione a una brevissima discesa ai 20 chilome-tri circa: meglio a piedi. Asfalto buono, traffico minimo in autunno, accettabile in piena estate. Il versante bergamasco presenta un tratto centrale di qualche chilometro piuttosto ripido, oltre il 16%, e partendo da Olmo al Brembo si sviluppa per 17 chilometri. Asfalto mediamente buono. In-teressante la possibilità di sfruttare la pista ciclabile sulla vecchia ferrovia della Val Brembana: oltre 20

chilometri in salita leggerissima fino a Piazza Brembana, poi altri due chilometri per l'inizio del-la salita vera e propria: quasi una PdG!

Alpi orientAli: in Val di Fiemme ci si allena sul Rolle e sul Manghen, 2.043 metri. Quest'ulti-mo non è mai trafficato e presenta asfalto eccezio-nale per via di recenti passaggi del Giro d'Italia. Da Molina sono 17 chilometri e 1.230 metri di dislivello in pineta e poi pascolo. Pendenze in pro-gressione. La seconda parte non scende mai sotto il 10%.

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70 > preparazione

SKIROLL

SCELTA DELL'ATTREZZO

Allo scialpinista interessano solo modelli per il training. Nel servizio presentiamo anche skiroll con rallentatore per simulare l'attrito delle pelli, freni che possono quasi azzerare l'avanzamento oltre il passo.

Frenati o liberi? Meglio basarsi su gusti e preferenze, ma soprattutto sul proprio livello tecnico! Un buon scialpinista-fondista preferirà comunque sciare godendosi la fase di scivolata su un solo attrezzo. Altrimenti è conveniente affidarsi a skiroll rallentati e procedere come con le pelli, senza grandi necessità di equilibrio. Sono due gesti completamente differenti. Cambiano anche il lavoro muscolare e quello di tutta la catena biomeccanica, ma pure i due sciatori dell'esempio hanno esigenze diversissime!

due o tre ruote?Su tre ruote, di cui le due posteriori ai lati dell'asta, la stabilità è sensibilmente maggiore, ma una volta impostata la direzione non la si corregge se non riposizionando lo skiroll. Sono gli attrezzi preferiti da chi non vuole avere problemi di equilibrio. Invece su due sole ruote (larghe e leggermente bombate, 'a botticella') la pianta del piede provvede a regolare direzione ed assetto sull'appoggio. I due ruote possono richiedere una fase di adattamento più lunga rispetto ai tre ruote, ma poi sviluppano sensibilità che tornerà utilissima sulla neve. Minori rischi di aggancio tra le ruote interne durante lo scambio. Usando gli scarponi la stabilità è massima con qualunque attrezzo.

scarponi o scarpe da fondo? Con lo scafo rigido si guadagna in stabilità, con le scarpe in sensibilità. Ma sulla calzatura devono incidere maggiormente altre considerazioni: clima, costi, praticità e soprattutto il piacere del gesto.

cosa scelgono gli scialpinisti che già li usano?I costruttori interpellati dicono che molto dipende da chi ha iniziato per primo in quella determinata zona: poi si crea un gruppo che ne segue l'esperienza. In generale la maggioranza sceglie le scarpe da fondo, skiroll lenti anche senza meccanismi frenanti, modelli a tre ruote.

6 bolidiprovati per voiI pesi sono riferiti al mezzo paio senza attacco. La lunghezza comprende la ruota. La larghezza è un valore importante: più largo uguale più stabile... ma anche a maggior rischio di 'inciampare' in aggancio tra i due skiroll. Tutti i costruttori offrono la possibilità di richiedere l'antiritorno sulle ruote in differenti combinazioni.

SKI SKETT ALP

peso ......................................................................g 1.300lunghezza ......................................................mm 780larghezza ........................................................... mm 89 diametro ruote .................................................mm 73261 euro Due ruote, antiritorno posteriore, senza piastra, i fori degli attacchini risultano molto vicini ai fianchi del telaio. Versione a gomme più mor-bide del Bull, attrezzo collaudatissimo e di suc-cesso tra i fondisti. Il peso comprende un freno all'anteriore, con caratteristiche base. Avanza-mento morbido e pastoso ma non lento. Con lo scarpone è stabile come un tre ruote.

SKIROLLO PROKLISTERpeso ..................g 1.300

peso ................................................................. g 1.050 lunghezza .................................................... mm 770larghezza ........................................................mm 80diametro ruote .............................................mm 68227 euro Un due ruote senza piastra per attacco ski-alp, predisposto per il freno anteriore. Divertente per sciare in libertà, preciso, silenzioso, molto ben rifinito. Antiritorno solo sull'anteriore: il grip è stato limitato in questo modo per scelta; lo apprezzeranno i fondisti, ma basta portare al posteriore la ruota antiritorno e il grip diventa quasi totale.

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71 > preparazione

SKIROLLO VERTICAL TRAINER 3R/H

peso ................................................................. g 1.600lunghezza ................................................... mm 830larghezza ......................................................mm 107diametro ruote .....mm 68 ant. e mm 100 post.356 euro Tre ruote antiritorno: stabilissimo anche perché la ruota anteriore è larga e a botticella come sui due ruote. Suscita perplessità (e qualche minimo assestamento posturale in pianura) il leggero dislivello dell'asta causato dai diversi diametri, circa il 2%. Una specie di leggero alzatacco? Il peso include la piastra pre-forata con viteria per Dynafit-ATK e gli spessori, ma non il freno.ruote.

F-ROLSKI SKIALP

peso ................................................................. g 1.200lunghezza ................................................... mm 780larghezza ......................................................mm 108diametro ruote .............................................mm 80308 euro Tre ruote antiritorno, delle quali l'anterio-re più larga: non scivola indietro neanche sbagliando tutto. Costruzione precisa ed essenziale, estetica meno rifinita dei modelli presentati sopra. Grip assoluto e scorrevolezza lo rendono adatto a chi vuole anche divertirsi nell'allenamento. Ottimo assorbimento delle vibrazioni.

SKI SKETT BITURBO

peso .................................................................... g 950lunghezza .................................................... mm 755larghezza ...................................................... mm 124diametro ruote .............................................mm 80393 euro (3 ruote antiritorno)Tre ruote in gomma a sezione ovale con antiritorno solo sull'anteriore riducono molto il grip di questo paio. Soluzione adatta ai fondisti che devono sviluppare la sensibilità al grip aleatorio delle scioline di tenuta, non agli ski-alper puri abituati alle pelli; meglio richiedere l'antiritorno integrale. Scorrevole e piacevole ma l'ingombro laterale al posteriore tiene in ansia.

SKIROLLO VERTICAL DUAL TRAINER

peso ..................................................................g 1.530lunghezza ................................................... mm 820larghezza ........................................................mm 80diametro ruote ............................................. mm 68396 euro La versione completissima del ProKlister, per scialpinisti. Due ruote antiritorno, grip totale. Il peso comprende piastra pre-forata con vi-teria per Dynafit-ATK e spessori scarpone più il meccanismo frenante anteriore. Rifiniture e meccanica di evidente qualità. Il freno è mol-to sviluppato; efficace già appena appoggiato, con più pressione servono proprio gli scarpo-ni per vincere senza deformazioni la resi-stenza complessiva. Consentirebbe lunghe discese a velocità regolata... ma è vietatissimo!

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Skiroll,meglio chiedere l’autorizzazione

Scarica il moduloper richiedere l'autorizzazione a circolare con gli skiroll

Il codice della strada ne vieta l’utilizzo sulla carreggiata. Come fare se non si dispone di una pista nei pressi di casa?

72 > opinioni

pratica dello skiroll ha certamente una valenza altamente positiva per lo scialpinista che nel periodo estivo e au-tunnale vuole allenarsi ‘a secco’, ma non sono poche le difficoltà normative che occorre superare per poter svol-gere questa attività sportiva in piena legittimità e sicurez-za. Tutto ciò perché il legislatore ritiene e qualifica gli ski-roll non come mezzo di trasporto, ma come un semplice strumento sportivo, al pari degli sci. Da questo consegue l’impossibilità di circolare liberamente su strade aperte alla pubblica circolazione dei veicoli o al passaggio pedonale. Il divieto è posto direttamente dal Codice della Strada e precisamente dai commi 8, 9 e 10 dell’art. 190 che di se-guito riporto:comma 8. La circolazione mediante tavole, pattini od altri acceleratori di andatura è vietata sulla carreggiata delle strade.comma 9. È vietato effettuare sulle carreggiate giochi, al-lenamenti o manifestazioni sportive non autorizzate. Su-gli spazi riservati ai pedoni è vietato usare tavole, pattini od altri acceleratori di andatura che possano creare situa-zioni di pericolo per gli altri utenti.comma 10. Chiunque viola le disposizioni del presente articolo è soggetto alla sanzione amministrativa del pa-gamento di una somma da euro 24 a euro 94.Da quanto appena esposto si deduce che il divieto non interessa l’utilizzo dei pochi skiroll che consentono di muoversi fuoristrada, purché si utilizzino non su sedi stra-dali ma su prati. È dunque possibile utilizzare gli skiroll senza incorrere negli strali della legge solamente sulle rare piste esistenti oppure in seguito a specifiche auto-rizzazioni che è lecito richiedere espressamente agli enti gestori delle strade interessate. Il comma 9 dell’art. 190 del Codice della Strada prevede infatti, come mi risulta che alcuni gruppi e club sporti-vi abbiamo fatto, la possibilità di presentare istanza a chi sia responsabile della circolazione di una strada (ANAS, Provincia o Comune) per ottenere una specifica autoriz-zazione anche per gli allenamenti, oltre che per le gare. Questa istanza può essere redatta secondo lo schema del facsimile che è scaricabile dal sito skialper.it.Qualora un soggetto che pratica skiroll senza autorizza-zione di sorta sia coinvolto in un incidente stradale con un veicolo, lo stesso skirollista sarà sicuramente sanzionato agli effetti dell’art. 190 del Codice della strada. La sanzione amministrativa per aver violato il divieto non comporta tuttavia la necessaria e conseguente attribuzione della re-

sponsabilità dell’eventuale sinistro. Infatti la responsabili-tà dell’incidente, con tutte le eventuali conseguenze ai fini del risarcimento, potrebbe anche ricadere totalmente sul conducente del veicolo, qualora l’evento si sia rea-lizzato per concreta ed esclusiva colpa di quest’ultimo.

NEVE E DIRITTOTESTO: FLAVIO SALTARELLI

Flavio Saltarelli, classe 1963, avvocato civilista, pratica scialpinismo dall’età di 18 anni. Si occupa per passione delle problematiche legate alle respon-sabilità connesse agli sport in ambiente montano e ha partecipato a diverse competizioni di ski-alp.Per eventuali quesiti: [email protected]

La

skialper.it/downloads/modulo-skiroll.pdf

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Skiroll,meglio chiedere l’autorizzazione

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organizza il tuo allenamentoIniziamo con questo numero una collaborazione con il CERISM (Centro Ricerca Sport Montagna e Salute) di Rovereto per conoscere i segreti dell’allenamento applicati allo

scialpinismo. Cominciamo con il monitoraggio del volume e dell’intensità del training

74 > rubriche

PREPARAzIONETESTO: LORENzO BORTOLAN E ALDO SAVOLDELLI

Il CeRiSM – Centro di Ricerca Sport, Montagna e Salute, diretto dal professor Federico Schena, è stato attivato nel dicembre 2010 dall’Università di Verona come evoluzione del precedente Centro Interuniversitario di Ricerca in Bioingegneria e Scienze Motorie (CeBiSM) istituito nel 1995 dalle

Università di Brescia, Trento, Udine e Verona. Le principali aree di ricerca e di formazione sono: at-tività sportiva in montagna, attività fisica e salute, adattamento e risposte funzionali agli ambienti straordinari. Il CeRiSM svolge attività di ricerca di base e applicata nell’ambito dell’attività fisica e

Perché ci alleniamo? Ci alleniamo per determina-re nel nostro organismo dei cambiamenti tali per cui esso sia in grado di fornire una prestazione migliore. Con l’allenamento si va, quindi, a modi-ficare uno stato di equilibrio del nostro organi-smo, creando un stress al quale l’organismo reagi-sce con un meccanismo detto di ‘supercompensa-zione’. è bene tenere presente che i cambiamenti indotti dall’allenamento sono il risultato della ri-petizione organizzata e strutturata di ‘stress’ fisici e che ogni cambiamento è legato alla natura, all’intensità e alla durata dello sforzo stesso. Per far fronte a questa serie ripetuta di stimoli, il no-stro corpo reagisce con una serie di adattamenti (fisiologici, anatomici, ecc.) che, nel tempo, porta-no a un livello di condizione fisica migliore di quella iniziale, consentendoci di compiere un de-terminato tipo di sforzo in maniera più intensa o

di fare lo stesso più agevolmente. Quindi il ‘volu-me’ e soprattutto l’intensità dell’allenamento do-vrebbero essere continuamente modulati in modo che l’organismo si possa sempre adattare corretta-mente senza incorrere in stati di affaticamento prolungato che potrebbero condurlo a una ‘sin-drome da sovrallenamento’ (ne parleremo in uno dei prossimi numeri). Per questo è importante monitorare l’intensità dello sforzo e il carico di lavoro a cui ci si sottopone durante le sedute d’al-lenamento. Ciò può essere fatto indirettamente (ad esempio monitorando la durata o il dislivello superato) o direttamente, registrando specifici pa-rametri psicobiologici. Questi ultimi risultano essere lo strumento più adeguato al nostro scopo in quanto consentono di discriminare adeguata-mente lo stress fisiologico a cui ogni atleta è sotto-posto, anche a parità di allenamento eseguito.

nel proSSimo numero

l'equipe del cerism ci presenterà un esclusivo studio scientifico sullo scialpinismo con dati raccolti al Sellaronda e su un solo soggetto in tre diverse tipologie di gara (vertical, classica e Sellaronda).

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I parametri che comunemente vengono valutati sono il consumo di ossigeno, la frequenza cardiaca e la percezione dello sforzo (scala di Borg). Se il pri-mo è di difficile utilizzo sul campo, gli ultimi due possono essere rilevati e valutati agevolmente. La frequenza cardiaca va sia monitorata durante l’alle-namento (è possibile svolgere, per esempio, un lavo-ro intervallato a un valore di frequenza cardiaca prestabilito) sia valutata a posteriori per verificare se le prescrizioni della seduta sono state raggiunte va-lutando, ad esempio, le percentuali del tempo di allenamento passate in diverse fasce d’intensità. Queste è importante che siano determinate in modo personalizzato, sottoponendosi a una valuta-zione funzionale, un test che non è altro che una fotografia del nostro stato di forma. è utile che que-sta prova avvenga in laboratorio perché si può di-sporre di attrezzature specifiche, ma soprattutto per la possibilità di ripetere lo stesso protocollo nel tem-po, per verificare se sono stati raggiunti i migliora-menti cercati. L’esecuzione del test dovrà essere però più simile possibile allo sport specifico, per questo motivo sono state cercate soluzioni che per-mettono di riprodurre il gesto tecnico più vicino allo scialpinismo.

Un primo accorgimento è l’utilizzo di tappeti ro-tanti che consentono di impostare pendenze elevate e sufficientemente larghi da consentire l’uso dei ba-stoncini. Un ulteriore passo verso la riproduzione del gesto specifico è l’utilizzo di skiroll. Con un test di questo tipo si possono ottenere informazioni ri-guardo il massimo consumo d’ossigeno (famoso come VO2max) che è il massimo volume di ossige-no (O2) che il soggetto può consumare nell’unità di tempo durante l’esercizio (può essere paragonato grossolanamente alla cilindrata del motore di un atleta). Quindi avremo atleti più potenti e altri meno, purtroppo! Questo valore è utile rapportarlo al peso corporeo, del resto è diverso avere un 2.000 cc. su un’utilitaria o su un camion… Per individua-re le fasce d’intensità che verranno poi utilizzate durante l’allenamento si possono applicare diversi metodi che ci danno i valori, per esempio, di fre-quenza cardiaca a intensità corrispondenti alla so-glia aerobica e anaerobica. Questi valori sono molto

correlati con la performance ed è importante dun-que che siano alti, più ‘vicini’ possibile a quelli mas-simali. Riassumendo, da una valutazione di questo tipo si possono ottenere valori di frequenza cardiaca massi-male e alle due ‘soglie’, con cui individualizzare le intensità di allenamento da effettuare in funzione del periodo e dell’obiettivo. Infine, per impostare un programma d’allenamento, è necessario conoscere quali sono le richieste fisiolo-giche e le intensità alle quali vengono sostenute le competizioni, ovvero il modello prestativo. Questo è stato studiato in numerosi sport (corsa e ciclismo su tutti) ma anche nello scialpinismo qualcosa inizia a muoversi. Per raggiungere l'obiettivo è necessario indossare un cardiofrequenzimetro non solo in alle-namento, ma anche durante le competizioni, per poter poi analizzare le percentuali del tempo di gara trascorse nelle diverse fasce d’intensità predetermi-nate attraverso un test in laboratorio. Nel prossimo numero presenteremo degli esempi per approfondire questa tematica nello scialpinismo.

75 > rubriche

sportiva con particolare attenzione alle risposte all’ambiente naturale e in condizioni straordinarie (ipossia e ipo/ipertermia), specificità di genere in po-polazioni sane, soggetti anziani e soggetti con pato-logie cronico-degenerative. L’attività didattica si con-cretizza con corsi di formazione e aggiornamento

per insegnanti, corsi post-laurea finalizzati alle attività motorie in montagna, master internazionale Outdoor Activities for Health, corsi di formazione con la Scuola dello Sport del CONI Trentino su sport e attività fisica, congressi nazionali ed internazionali, incontri di pro-mozione ed educazione sportiva. Il Centro offre servizi

in ambito di valutazione funzionale e fisiologica, sup-porto medico, consulenze scientifiche e ricerche su commissione per privati, istituzioni, federazioni, enti sportivi ed aziende.per info: [email protected] - tel 0462 601605

«…con l’allenamento si va a modificare uno stato di equilibrio del

nostro organismo, creando un stress al quale

l’organismo reagisce con un meccanismo detto di

‘supercompensazione’…»

carico

supercompensazione

tempo

recupero

a�aticamento

liv

ell

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i c

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sp

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iva

Nella foto di apertura. Gli atleti del Centro Sportivo Esercito in

allenamento. Qui a lato.

Alcune fasi del test presso il Cerism con ski-roll su tappeto rotante inclinato.

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quota e prestazione

Come influisce l’altitudine sulle prestazioni sportive e come allenarsi

per le gare oltre i 2.000 metri? Anche se esistono pochi studi sullo scialpinismo, ci

sono tanti protocolli per gli altri sport di endurance che possono essere adattati

Le competizioni di ski-alp, pur avendo radici negli anni ’30, si sono notevolmente diffuse e sono diventate popolari solo negli ultimi 15 anni. Di pari passo anche il mondo della ricerca scientifica si sta rivol-gendo solo ultimamente a questa disciplina.Sono innumerevoli gli studi fatti nel corso degli anni nelle varie discipli-ne sportive di endurance sugli effetti che l’allenamento in quota ha sulle prestazioni a livello del mare e sulle tempistiche e intensità che questo allenamento deve avere per ottenere il massimo rendimento. Sono però pochi quelli che si sono focalizzati sull’allenamento specifico per miglio-rare le prestazioni nelle competizioni che si svolgono in quota. Sicura-mente l’assioma da cui non ci si può esimere è che per ottimizzare le performance sportive fatte in condizioni ambientali di ridotta pressione parziale di ossigeno (ipossia) è necessario che ci sia un adattamento in-dotto sia dall’esposizione che dall’allenamento fatto in altitudine. I ri-cercatori, infatti, sono in accordo nel ritenere necessario un periodo di permanenza e di allenamento in altura quando l’obiettivo è quello di competere in quota. L’esposizione e l’allenamento in condizioni d’ipos-sia determinano un lungo processo di adattamento che interessa tutte le funzioni dell’organismo, che comprendono una serie di adattamenti metabolici, biochimici ed ematologici che vengono sintetizzati nel ter-mine ‘acclimatazione’. L’aria è una miscela gassosa costituita da circa il 78% di azoto, il 21% di ossigeno e lo 0,04% di anidride carbonica più alcuni gas inerti (argon, elio, ozono). La pressione atmosferica è data dalla somma delle singole pressioni parziali di questi gas che la compongono; con l’aumentare dell’altitudine si riduce la pressione atmosferica e pertanto si riducono in modo proporzione anche le pressioni parziali dei singoli gas. Il dato più rilevante dal punto di vista fisiologico è la riduzione della pressione par-ziale dell’ossigeno (PO2) all’aumentare della quota. A un aumento di altitudine corrisponde una minor quantità di ossigeno a disposizione per i nostri polmoni, dunque il sistema cardiocircolatorio porta meno ossigeno ai tessuti muscolari (per diminuzione della saturazione dell’e-moglobina) e ne consegue un minore utilizzo (per diminuzione del gra-diente pressorio) dello stesso ossigeno. Di conseguenza si ottiene un calo dell’efficienza e della prestazione per effetto della diminuzione del mas-simo consumo di ossigeno (VO2 max) e della massima potenza aerobi-ca. Un ulteriore effetto negativo dell’altitudine sull’organismo è che l’a-ria meno densa costringe l’organismo a ventilare maggiori volumi d’aria, sia in condizioni di riposo sia durante lo sforzo fisico, con conseguente incremento di anidride carbonica eliminata, determinando alcalosi re-spiratoria (aumento del ph nel sangue) e come risposta fisiologica l’iper-ventilazione.

come riSponde il fiSicoLa risposta che il sistema cardiovascolare adotta per compensare l’ipos-

76 > ski-alp race

ALLENAMENTOTESTO: Vittorio Micotti*

* vittorio micottiCoordinatore della preparazione atletica squadre sci alpino FISI

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sia dovuta all’aumento dell’altitudine è l’incremento della gittata cardiaca e della frequenza cardiaca con conseguen-te aumento del volume di sangue che raggiunge i tessuti. Diverse sono le risposte dell’organismo rispetto gli sforzi sub-massimali o massimali. Nel primo caso inizialmente (risposta acuta) si ha, a parità di richiesta di lavoro rispet-to alla normossia (pressione di ossigeno come a livello del mare), un incremento della frequenza cardiaca che tende-rà a normalizzarsi con il passare del tempo (risposta cro-nica) e quindi con l’acclimatazione. Nel caso di sforzi massimali la frequenza cardiaca massimale tenderà a di-minuire. Un ulteriore adattamento che l’organismo mette in atto rispetto all’esposizione cronica alla quota è quello a livello della composizione del sangue, riducendo il volu-me plasmatico (parte liquida del sangue) fino a stabiliz-zarsi nel giro di alcune settimane. Si ha anche un aumen-to della sintesi di globuli rossi (eritrociti) e quindi anche di emoglobina. Queste condizioni comportano un aumento della capacità di trasporto dell’ossigeno da parte del san-gue. I motivi dell’aumento dei globuli rossi sono tre: au-mento della mobilizzazione degli eritrociti dalla milza, aumento della secrezione di eritropoietina (entro sei ore dall’esposizione all’ipossia) e riduzione del volume pla-smatico per disidratazione. L’incremento del numero di globuli rossi fa aumentare anche l’ematocrito (rapporto tra parte corposcolata e parte liquida del sangue) e la con-centrazione di emoglobina. Pur non esistendo delle misu-re specifiche legate allo ski-alp, in letteratura si possono trovare dei dati sul decremento del massimo consumo di ossigeno (VO2 max), che è il parametro maggiormente correlato alle prestazioni aerobiche, tra misure fatte a li-vello del mare e quelle rilevate a quote definite. Si va da una riduzione del 5-10% intorno ai 2.000 metri fino al 40% intorno ai 4.500 metri. Range che possono variare in modo evidente in funzione del soggetto analizzato, dalla durata dell’esposizione all’ipossia (acuta e cronica) e dal grado di allenamento. conSigli pratici per lo ScialpiniStaPer competere in situazioni di ipossia bisogna che l’atleta sia abituato alla situazione ambientale, pertanto è consi-gliabile svolgere allenamenti alle altitudini delle competi-zioni. Per chi volesse ottimizzare al meglio il training è possibile attenersi alle indicazioni che vengono utilizzate in altri sport per gli stage in quota.

claSSic altitude trainingè la pianificazione più semplice e la più utilizzata. Gli at-

leti soggiornano e si allenano a quote variabili dai 1.500 ai 3.000 metri per periodi compresi tra le tre e le sei settima-ne con lo scopo di perfezionare l’acclimatazione con adat-tamenti centrali e periferici per migliorare la performance in quota. A supporto di questa metodologia ci sono alcune ricerche scientifiche, fatte su atleti non acclimatati, che indicano un incremento dell’emoglobina del 6-9% dopo un periodo di quattro settimane vivendo e allenandosi ad altitudini superiori a 2.000 metri. Sono stati rilevati anche livelli di lattato, a parità di carico, più bassi di quelli rileva-ti prima dell’allenamento in altitudine. Ciò corrisponde a un miglioramento della velocità a livello della soglia anae-robica e a una maggior efficienza energetica del sistema aerobico. Per ottimizzare l’organizzazione e per sfruttare al massimo le possibilità del classic altitude training, è racco-mandabile scegliere un’altura maggiore o uguale a 2.000 metri e soggiornarci per un periodo di almeno tre-quattro settimane. L’intensità di allenamento deve essere monito-rata costantemente.

living high-training loWQuesto protocollo di fatto è stato introdotto e studiato al fine di migliorare le performance a livello del mare, ciò non toglie che gli adattamenti indotti possono avere un effetto positivo anche nelle competizioni in altitudine. La metodologia consiste nel vivere (per circa 10-12 ore al gior-no) a una quota naturale di circa 2.500/4.000 metri e alle-narsi sotto i 1.000 metri (nello skialp è trasformabile sotto i 2,000 metri). L’obiettivo principale di questa pratica è stimolare i meccanismi di acclimatazione all’ipossia du-rante il riposo e, contemporaneamente, consentire di mantenere alta l’intensità dell’allenamento, in quanto questo viene svolto in condizioni di normossia. Lo stimolo ipossico può essere applicato durante il sonno notturno o durante il giorno nei periodi di recupero… La durata tota-

Nelle due foto. A sinistra Eydallin e Trento dell'Esercito e qui

sopra le due 'bormine' Martinelli e Pedranzioni in azione nall'ultima edizione del Tour du Rutor

(foto Areaphoto)

77 > preparazione

le di un protocollo LHTL, inoltre, deve essere di almeno quattro settimane e l’esposizione all’ipossia di almeno 12 ore al giorno. Periodi inferiori, infatti, non sembrano suf-ficienti a stimolare e a provocare gli adattamenti ricercati.

i mezzi di controllodell’allenamento nello SKi-alpL’allenarsi e il competere in altitudine implica un grosso stress psicofisico, il processo di adattamento indotto dall’allenamento è dettato e mediato da processi fisiologici ben definiti ma a carattere soggettivo, che se indagati e monitorati con le giuste modalità possono portare a otte-nere gli effetti preventivati. Uno dei fattori che aiutano a ottimizzare il training e la prestazione sono la determina-zione dei carichi di allenamento e le modalità di controllo dello stesso. Il punto di partenza per queste attività sicura-mente è determinare alcuni parametri funzionali dell’atle-ta, quali il VO2 max e la soglia anaerobica. Questo lo si ottiene tramite dei test che possono essere fatti o in labora-tori specializzati oppure sul campo. Data la peculiarità dell’attività agonistica dello scialpinismo il controllo del carico di lavoro che l’atleta svolge deve tenere conto dei range delle quote in cui viene svolto. La metodologia idea-le sarebbe poter svolgere delle valutazioni funzionali in quota in modo da avere a disposizione i valori fisiologici reali in condizioni di ipossia. Gli strumenti utili all’allena-tore e all’atleta skialp possono essere: il monitoraggio della frequenza cardiaca, la misura del lattato prodotto, il calco-lo delle velocità id ascensione (VAM), i tempi su percorsi conosciuti, il controllo del peso corporeo e della percen-tuale di massa grassa. Va detto, però, che dal punto di vi-sta scientifico lo ski-alp non è stato ancora indagato come altri sport di resistenza. Ampi sono i margini di migliora-mento sia nelle metodologie di allenamento sia nella mo-dalità di controllo.

Quota bassa Quota media Quota alta Quota altissima

0 ÷ 1800 1800 ÷ 3000 3000 ÷ 5500 5500 ÷ 9000Altitudine m

760 ÷ 611 611 ÷ 525 525 ÷ 379 379 ÷ 231 Pressione atmosferica mmHg

+15 ÷ +5 +4 ÷ -4 -5 ÷ -20 -21÷ -43 Temperatura media teorica °C

> 95% 94% ÷ 91% 90% ÷ 81% 80% ÷ 62% Saturazione emoglobina %

100 ÷ 96 95 ÷ 88 88 ÷ 61 60 ÷ 8 VO2max %

Esposizione acuta all’ipossia: Di breve durata. Poche oreEsposizone cronica all’ipossia: Di lunga durata. Piu’ giorniNormossia: Pressione ossigeno a livello del mareIpossia: Ridotta pressione ossigeno rispetto al livello del mareIperossia: Maggior pressione ossigeno rispetto al livello del mare

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78 > ski-alp race

PILLOLE

figli e figliaStri in aoc?A inizio novembre Andrea Basolo, allenatore della squadra del Comitato AOC di scialpinismo che è stata allestita la stagione scorsa, ha in-viato una dura mail al presidente del Comitato Alpi Occidentali, Pietro Marocco. «Ho riscontra-to un totale disinteresse da parte della dirigen-za del Comitato nei confronti dello scialpini-smo. Quando ci sono le riunioni del Consiglio, le nostre esigenze sembrano l'ultimo dei problemi, vengono discusse quando metà dei presenti si è alzato dal tavolo. Nelle giornate di FISI in tour a Torino, durante la presentazione delle squadre, sembravamo quasi degli intrusi, nessuno sapeva chi eravamo. Il presidente non ha salutato i ragazzi e c'era un grande imba-razzo da parte di tutti. Ora, mi chiedo se questa squadra e soprattutto questi ragazzi interessino a qualcuno, oppure se siamo solo qui per far vedere che l'AOC segue anche le discipline 'minori'». Deciso Andrea, che insieme alla

guida Matteo Canova ha preso davvero a cuore questi quattro ragazzi con l'obiettivo di farli crescere nel settore dello ski-alp race.«Siamo all'inizio, non si può pretendere chissà cosa. Ma ci sono due atleti davvero meritevoli, Alberto Topazio ('95) ed Erik Pettavino ('96).

Le Alpi Centrali ripartono da Greco-MuradaSono Adriano Greco e Ivan Murada i due allenatori delle squadre del Comitato Alpi Centrali, che possono contare su undici atleti: tre donne e otto uomini. Le donne: Debora Contrio (1997, Polisportiva Albosaggia), Marianna Majocchi (1994, SC Alta Valtellina), Natalia Mastrota (1995, SC Alta Valtellina), Silvio Bardea (1996, Sportiva Lanzada), Riccardo Bonavetti (1996, Adamello Ski Team), Alessandro Cioccarelli (1993, Polisportiva Albosaggia), Michele Pedergnana (1993, SC Alta Valtellina), Luigi Pedranzini (1993, SC Alta Valtellina), Marcello Ugazio (1996, SC Valle Antigorio), Oscar Vairetti (1997, SC Valtartano), Samuele Vairetti (1993, SC Valtartano). Nettissima la supremazia valtellinese…

Due 'aggregati' per la squadra ASIVAPiccola ma agguerrita la squadra di ski-alp della Valle d'Aosta. Gli uomini possono contare su Nadir Maguet, classe 1993, dello Sci Club Corrado Gex, e sul coetaneo e compagno di sci club Stefano Stradelli. Due anche le donne: Alessandra Cazzanelli, classe 1992, e Giorgia Dalla zanna, classe 1996, unica Cadetta, entrambe del Gex. L'allenatore e preparatore è Alessandro Plater. La novità di quest'anno è la presenza di due aggregati, Matteo Gottardelli (Cadetto del '97) ed Enrico Cognein (Junior del '95). Quest'anno la preparazione estiva non ha incluso richiami sulla neve, elemento presente già per un periodo molto prolungato sull'arco dell'anno. Plater ha dedicato più tempo del solito allo sviluppo delle capacità e alle carenze di forza, anche sulla parte superiore del corpo.

Andrea ha un 'motore' di primissimo livello, ma dovrà lavorare molto sulla tecnica di discesa per poter dire la sua nelle gare che contano. Erik è fortemente motivato, ha abbandonato lo sci di fondo per questo sport e si allena con grande dedizione. Insieme a loro ci sono Mattia Dalmasso ('96) e Andrea Fenoglio ('94), un po' più indietro come livello ma anche loro si stanno dando molto da fare». Il Comitato ha messo a disposizione un budget di 4.000 euro per l'attività. «Non ne faccio una questio-ne economica. Non sarà una cifra enorme, ma siamo riusciti ad organizzare due periodi di preparazione sulla neve, per un totale di 7 giorni, e uno a secco di 5 giorni, oltre ad una seduta di tecnica alpinistica di base. Critico in primis l'atteggiamento e il disinteresse dimo-strato verso questo gruppo che è composto da ragazzi appassionati che ce la stanno mettendo tutta e che meritano la stessa attenzione dei coetanei delle altre discipline. In fondo abbia-mo anche conquistato un argento con Topazio agli Italiani dell'Aprica l'anno scorso…». Staremo a vedere.

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THE FREESKI COMPANY

Spot: Akureyri (Iceland)

Photographer: Yves Garneau

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Pronte le squadre trentineImportanti novità per le squadre dello scialpinismo del Comitato Trentino. Confer-mati i quadri tecnici, con Rino Pedergnana nel ruolo di responsabile, Franco Nicolini coordinatore tecnico e Carlo zanon allenatore, tra gli agonisti non ci sono più donne. Gli atleti di interesse del Comitato sono nove: Mirko Ferrari (Brenta Team) 1993, Federico Nicolini (Brenta Team) 1994, Gian Luca Vanzetta (Asd Cauriol) 1994, Danilo Tamè (Brenta Team) 1994, Stefano Bertolini (Brenta Team) 1994, Giovanni Lastei (Bogn da Nia) 1994, Omar Campestrini (Cima Dodici) 1997, Davide Magnini (Brenta Team) 1997, Lorenzo zanghellini (Cima Dodici) 1993. Al momento di andare in stampa non sono ancora confermati due nuovi innesti, che sono probabili.

Trussardie i giovanibergamaschiIl Comitato provinciale FISI di Bergamo, nato 'dal basso' e coordinato per lo scialpinismo da Mattia Pegurri, prosegue il lavoro iniziato da un anno che ha dato risultati notevoli e immediati. Agli ordini del tecnico Giannino Trussardi più di dieci giovani, appartenenti ai maggiori sci club della valle Seriana. «Le notturne si sono rivelate il modo migliore per avvicinare allo ski-alp questi ragazzi che già corrono a livelli alti in altri sport» ha detto Trussardi. In particolare due di loro, Norman Gusmini e Giulio Maj, si piazzano rispettivamente tra i primi dieci assoluti e appena dopo nelle gare del circuito 'Sci e luci nella notte', dove il tasso competitivo è elevato. Appena diciottenni, i due fanno squadra nelle gare in coppia. La scelta di aggregare i giovani, che nelle rispettive società sarebbero rimasti isolati, è nata dallo stesso Giannino Trussardi, presenza 'storica' riconosciuta e di valore assoluto fin dai tempi dei Rally oltre che uno tra i migliori Master italiani.

Alta Valtellinaprima tra i GiovaniÈ stata resa nota la graduatoria FISI delle società relativa all'attività giovanile. Al primo posto lo sci club Alta Valtellina (Alpi Centrali) con 243.996 punti, seguito dallo sci club Brenta Team (Trentino) con 192.498 punti e dal Corrado Gex (Valle d'Aosta) con 153.794. Lontani gli altri, nell'ordine: Polisportiva Albosaggia (Alpi Centrali) 61.598, Doliomiti Ski-Alp (Veneto) 44.582, Valtartano (Alpi Centrali) 43.740.

Il Veneto fa noveEcco le squadre dello scialpinismo del Comitato Veneto FISI per la stagione 2012-2013. Sono nove i ragazzi che vestiranno la tuta della formazione regionale, sei Juniores e tre Cadetti. Gli Juniores sono Simone Bettega (1993, SC Valdobbiadene), Tiziano Tabacchi (1993, SC Dolomiti Ski-Alp), Matteo De Min (1993, SC Dolomiti Ski-Alp), Daniele Follador (1993, SC Dolomiti Ski-Alp), Jacopo Facchin (1995, SC Ponte nelle Alpi), Alba De Silvestro (1995, SC Val Visdende). I Cadetti: Fabio Pettinà (1996, Sci CAI Schio), Laura Corazza (1997, SC Dolomiti Ski-Alp), Arianna De Min (1997, SC Dolomiti Ski-Alp). Il consigliere regionale referente è Mario Curto, il coordinatore Vittorio Romor e l'allenatore Luciano Fontana.

Pilloledi Valtellina

13Sono i ragazzi allenati da Davide Spini dello Sci Club Valtartano. La società valtellinese ha deciso di non fare partecipare alle gare per questa stagione alcuni Cadetti per pun-tare tutto sull'appren-dimento della tecnica. Sei i nuovi arrivati, tutti dall'atletica leggera.

30Una trentina gli atleti delle categorie giovani dello sci club Alta Valtellina per la pros-sima stagione con un ricambio di 5-6 atleti che vanno a integrare quelli che sono passati nelle categorie supe-riori o hanno lasciato.

10I 'giovanissimi' dello sci club Sondalo sono 10 e hanno iniziato a fare sport proprio con lo scialpinismo.

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'FIesTA' nonostanteil tempo 'crAzy'Un'abbondante nevicata ha costretto al rinvio del Trofeo Crazy, ma l'iniziativa dell'azienda valtellinese è stata comunque un successo

Se doveva essere la festa per l'arrivo dell'inverno, il Winter Weekend Crazy Idea ha oltrepassato le aspettative. Infatti proprio il 26 ottobre ha fatto irruzione l'aria fredda da nord dopo un'estate durata oltre sei mesi senza interruzioni, portando una perturbazione che ha imbiancato le montagne fino al livello dei boschi. E quale miglior auspicio, ci si ralle-grava durante la festa del venerdì sera al negozio di Castione Andeven-no, per il Trofeo Crazy in programma al passo dello Stelvio la domeni-ca? Le ultime parole famose… Gli atleti del Team Crazy, tra i quali Pietro Lanfranchi, Matheo Jacquemoud e Michele Boscacci, si sono mescolati agli appassionati per tutta la serata e qualcuno ha poi anche sfilato indossando i capi della collezione inverno 2012-13... un po' più impacciati che con gli sci sotto i piedi, ma l'happening ne ha guadagna-to in coinvolgimento! All'esterno gnocchetti & rock'n roll con degli AC/DC in versione profondo Veneto e veramente tosti; birra, mohito e bresaola per tutti sotto il tendone, anche molto dopo la partenza degli atleti verso lo Stelvio.

80 > ski-alp race

CRAZY IDEATESTO: Guido Valota

IL RINVIO DEL TROFEO Il giorno dopo l'inverno così ben propiziato dalla 'fiesta' allo shop Crazy Idea di Castione Andevenno ha presentato il conto. Mentre per tutto il giorno nel negozio La Sportiva, Scarpa, Black Diamond, K2, Atomic, Dal Bello, Dynafit e Voelkl presentavano i loro prodotti, un giretto di ricognizione sul ghiacciaio si è concluso col faticoso ritorno, con gli occhi più che con gli sci, sotto i cavi degli skilift: l'unico riferi-mento visibile nel white-out più assoluto. Inoltre il vento forte ha spaz-zato tutti i crinali, pregiudicando il tracciato della gara. «è stata una decisione sofferta, ma non abbiamo voluto creare disagi ai concorrenti e agli spettatori proprio al primo evento - ha detto Luca Salini di Crazy Idea -. Inoltre l'accesso per chi proveniva da nord-est sarebbe avvenuto dal versante di Trafoi, che viene chiuso per pericolo valanghe non ap-pena inizia a nevicare. L'anno scorso la maggior parte dei concorrenti arrivava da quella zona. Per questo abbiamo rinviato la gara e tenuto aggiornati tutti tramite web».

prodotti natidalla passione

Venerdì sera il negozio Crazy Idea di Castione Andevenno (So) è stato visitato da centinaia di appassionati dopo che per tutto il giorno al suo interno le Case produttrici hanno presentato i loro prodotti e le novità direttamente al pubblico. Si tratta di un negozio moderno e luminoso, con un'offerta vasta e concentrata sugli sport di montagna e sull'alpinismo. Naturalmente la scelta più completa riguarda lo scialpinismo race e touring, materia nella quale Crazy si è specializzata con anni di esperienza e di innovazioni. Proprio il passato agonistico e come tecnico nello ski-alp di Luca Salini e di Valeria Colturi nel fondo, ha portato alla creazione delle prime vere tute progettate per lo ski-alp race e di seguito alla produzione di altri capi pensati in funzione delle competizioni ma poi largamente adottati anche nell'ambito touring evoluto. Lo sviluppo continua sempre, di pari passo con l'evoluzione dello scialpinismo di competizione. I feedback degli atleti del Team Crazy vengono elaborati e applicati, per venir poi testati sul campo anche dai numerosi sci club locali.

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VALLE D’AOSTA: MG MOUNTAIN AOSTA – PARADIS DES SPORTS COGNE – PARETONE ARNAD - ULISSE SPORT COURMAYEUR PIEMONTE: ALBY SPORT NOVALESA (TO) - CUORE DA SPORTIVO TORINO - GRIMPEUR CIRIE’ (TO) - MOSONI SPORT DOMODOSSOLA (VB) - MOUNTAIN SICKS RIVAROLO CANAVESE (TO) - OUTDOOR CUNEO – XL MOUNTAIN SETTIMO VITTONE (TO) LIGURIA: CRAZY IDEA FINALBORGO Finale Ligure (SV) LOMBARDIA: BLOCCO MENTALE BRESCIA – CASA MERELLI CLUSONE (BG) - CRAZY IDEA TIRANO (SO) - CRAZY IDEA BORMIO (SO) - CRAZY IDEA MORBEGNO (SO) - CRAZY IDEA CASTIONE ANDEVENNO (SO) - DF SPORT SPECIALIST LISSONE (MB) - DF SPORT SPECIALIST ORIO AL SERIO (BG) - DF SPORT SPECIALIST BEVERA (LC) - FALETTI SPORT DARFO BOARIO TERME (BS) – F3 SPORT CHIAVENNA(SO) – FIORELLI SPORT VALMASINO (SO) - KAPPA EMME SPORT GROMO (BG) - PUNTO SPORT SONICO (BS) - VERTICAL SPORT MANTOVA – ZANI SPORT TEMU’ (BS) TRENTINO A. A.: ACTIV SPORT S. CRISTINA VAL GARDENA (BZ) - ACTIV SPORT SELVA VALGARDENA(BZ) - LA SPORTIVA ZIANO DI FIEMME (TN) - MAGIC SPORT CADERZONE (TN) – MAKALU SPORT ROVERETO (TN) – PIANETA SPORT MALE’ (TN) )– SPORTDIMONTAGNA MOLINA DI FIEMME (TN) – SPORT TONE BADIA (BZ) - SPORT TRE TRE CAMPIGLIO (TN) – SPORT AMPLATZ CANAZEI (TN) - VERTICAL SPORT ARCO (TN) - VERTICAL SPORT TRENTO - VERTICAL SPORT TRANSACQUA (TN) - VERTICAL SPORT PIETRAMURATA (TN) VENETO: ASPORT’S CHIES D’ALPAGO (BL) - LINEA VERTICALE FELTRE (BL) – PUNTO SPORT KRATTER SAPPADA (BL) - ROBY SPORT BELLUNO - STILE LIBERO AGORDO (BL) – TABIA SPORT ZOLDO ALTO (BL) - TUTTO SPORT LONGARONE (BL) - VALLI SPORT SCHIO (VI) FRIULI V.G.: ALTERNATIVA SPORT TRIESTE - CDM STORE SRL MARTIGNACCO(UD) – NICO’S ALP ROVEREDO IN PIANO (PN) TOSCANA: SPORT SERVICE PRATO SICILIA: ETNA WALL NICOLOSI (CT)

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RADUNO GIOVANITESTO: Guido ValotaFOTO: Guido Valota

La carica dei 100Tanti gli atleti delle categorie giovanili presenti allo Stelvio all'inizio di novembre per il Raduno organizzato dalla Commissione scialpinismo della FISI

Buon segnale per il futuro del nostro sport. Infatti erano quasi cento i giovani scialpinisti iscritti al raduno organizza-to dalla Commissione nazionale scialpinismo in collabora-zione con lo sci club Alta Valtellina dall'1 al 4 novembre scorsi. Venerdì e sabato era prevista l'attività didattica sulla neve: come affrontare i diversi pendii, biomeccanica del ge-sto, tecniche di discesa e di salita, campo prove di ricerca e autosoccorso in valanga. Guide alpine, maestri di sci, atleti top e gli istruttori a disposizione dei ragazzi. Domenica in-vece gran finale con gara Rally: prove a tempo di salita, di-scesa, ricerca Artva inserite in un percorso di un'ora e trenta

circa, con misurazioni di lattato e VO2 max su alcuni atle-ti. Purtroppo il maltempo ha condizionato la tre giorni val-tellinese, facendo anche spostare il Rally sulle nevi di Bor-mio 2.000. Da segnalare il livello tecnico molto alto, in al-cuni casi addirittura raffinato, messo in mostra dai ragazzi con esperienza di gara e il grande numero di new entry che si sono iscritte a questo raduno, magari con attrezzatura se-mi-touring. Tra le varie prove previste nei giorni di didattica un percorso con autosoccorso in valanga, cambi di assetto e tratti ripidi a piedi, tecnica di discesa su percorso obbligato, passo alternato con fase di scivolata e pattinaggio. 

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RALLy A SQUADREBormio 2.000 (So) - 4 novembre 2012

Cadetti maschile1. A. Greco - T. Muscetti (Sondalo) ...........................................53 p.2. F.Martinelli - P. Canclini (Alta Valtellina.) ..........................65 p.3. A. Calabrini - S. Bardea (Albosaggia) .................................97 p.

Cadetti femminile1. G. Murada - A. Re (Albosaggia-Antigorio) .................193 p.2. G. Gherardi - D. Contrio (Polis. Albosaggia) ............347 p.3. E. Dei Cas - G. Pederzolli (Brenta Team) ......................412 p.

Juniores maschile1. N. Maguet - S. Stradelli (Comitato Valdostano) ........13 p.2. G. Lastei - L. zanghellini (Comitato Trentino) ..........29 p.3. F. Nicolini - G. Vanzetta (Comitato Trentino) ..........33 p.

Juniores femminile1. N. Mastrota-G. Compagnoni (Alta Valtellina) ........................169 p.2. A. De Silvestro-L. Corazza (Comitato Veneto) ..................200 p.3. E. Rodigari-F. Sambrizzi (Alta Valtellina) .........................................265 p.

Formula Rally a squadre per la gara di chiusura del Raduno nazionale giovani. Con meteo impossibile in quota allo Stelvio, la scelta di Bormio 2.000 ha funzionato molto bene anche se lo scirocco, le nuvole e la pioggia hanno caratterizzato la giornata. Nel complesso gara regolare e visibilità sempre buona. Tre prove cronometrate hanno impegnato i team che si sono avvicendati su ricerca Artva, slalom gigante di 165 metri di dislivello, salita cronometrata sui 100 metri positivi. Il tracciato del gigante presentava cambi di pendenza e irregolarità che lo differenziavano da una gara classica di sci alpino, rendendolo a tratti più simile alla prova in ambiente. Il grande lavoro degli sci club Alta Valtellina e Sondalo ha permesso l'ottima riuscita di un piccolo grande evento molto complesso da organizzare in questa stagione ancora così lontana da condizioni invernali.

SCOREBOARD

come sarà il tecnico dello ski-alp?Il movimento dello ski-alp agonistico cresce in fretta e la necessità di creare la figura dell'allenatore è sempre più sentita. Di questo e altro si è parlato lo scorso 2 novembre a Cepina (So), in una delle serate del Raduno giovani organizzato dalla FISI al Passo dello Stelvio. Fino a notte i tecnici dello scialpinismo dei comitati hanno discusso con il colonnello Marco Mosso (presidente della Commissione nazionale scialpinismo), il direttore tecnico delle squadre Oscar Angeloni, Davide Canclini della Commissione nazionale scialpinismo, Nicola Invernizzi (allenato-re squadre giovani) e Benito Moriconi (commissione STF). Il dibattito ha toccato diversi argomenti urgenti: calen-dari gare, criteri di selezione per la formazione delle squadre nazionali e per la partecipazione ai Mondiali 2013, Scuola Tecnici Federali. Quest'ultimo punto è di particolare importanza per il futuro e ha prodotto il maggior numero di interventi, incentrati soprattutto sui requisiti di ammissione alle preselezioni per i corsi. La creazione di una figura tecnica che non è assimilabile semplice-mente a quelle che già operano nel fondo e nell'alpino pone la questione dell'apertura anche ai tecnici 'di fatto' e di grande esperienza nello ski-alp, che però non sono ancora contemplati dalla struttura. Proprio mentre que-sto numero va in stampa il Consiglio federale sta esami-nando la bozza di regolamento che istituisce la figura e i corsi di formazione dei tecnici FISI dello scialpinismo. Ne discuteremo approfonditamente sul prossimo nu-mero della rivista. Non perdete comunque tutti gli ag-giornamenti sul sito skialper.it.

Qui sotto.Giulio Maj e Norman Gusmini del 13 Clusone, A destra. Gli scatenati Maguet e Stradelli, vincitori del Rally nella categoria Juniores

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Page 86: Ski-alper 85

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OUTDOOR EXPERIENCE FROM

Didier BlancKarpos Team

Cervinia 19.12.2011

Freddo intenso e vento radente. Un terzo strato leggero che addosso dà calore quando serve. Lo metto sempre nello zaino. Ruba pochissimo spazio e mi garantisce la termicità necessaria sia per l’allenamento che quando ritorno a casa. Un capo da non dimenticare mai!

CATINACCIOJACKET

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«Sono il DT,non l'allenatore»

el piccolo viaggio attraverso la struttura FISI, Ski-alper ha incontrato Oscar Angeloni. Ci troviamo in un locale di Lon-garone dopo l'orario d'ufficio. Gli chiediamo di parlare della direzione tecnica e di fare il punto sul settore prima dell'inizio della stagione sugli sci.

Oscar, che cosa fa il direttore tecnico di una squadra na-zionale di scialpinismo?«Innanzitutto non fa l'allenatore e va ribadito. Il mio compito è di organizzare, tenere i rapporti con la Federazione, provve-dere al budget, mettere gli atleti in condizione di gareggiare senza il minimo pensiero, concentrandosi unicamente sulla gara. In più, punto molto a procurare visibilità alla disciplina attraverso i media, specialmente stampa e social network, in modo che gli atleti ne traggano vantaggio. Anche concreto, perché non dimentichiamoci che per la maggior parte non sono atleti professionisti».

E tu cosa fai?«Quello con le squadre è il mio secondo lavoro, ma in pieno! Sono un tecnico provinciale del settore acque, lavoro che mi lascia abbastanza tempo per dedicare una parte del giorno -...e la notte - allo scialpinismo. Ma senza la passione sarebbe mol-to difficile».

come stanno le squadre?«Stanno bene. Mi sento periodicamente con gli atleti, che per questa parte della stagione sono seguiti dai rispettivi allenato-ri. Ecco, questi ultimi li sento meno, per mia colpa, ma sono sempre in contatto con i ragazzi per tenerli monitorati. Qual-che piccolo acciacco di percorso dovrebbe risolversi per l'ini-zio della stagione».

chi va e chi viene?«La nazionale riparte in sostanza da dove abbiamo finito. Co-rinne Clos diventerà mamma a novembre, quindi per quest'anno giustamente niente gare. Martina Valmassoi, che non è stata bene a fine stagione, sta meglio e ha ripreso ad al-lenarsi. Al momento non è in squadra ma dovrebbe rientrare. Tutti i nomi sono riconfermati e contiamo molto sui giovani:

speriamo che a loro volta confermino questa fiducia facendo-si largo».

come gestisci i programmi della squadra nazionale in rapporto a quelli dei singoli atleti e delle società?«Cerchiamo di tenerne conto quando definiamo i calendari internazionali. Anche i club hanno diritto di mettersi in mo-stra durante la stagione: Campionati Italiani, Grande Course per esempio. La preparazione di base dei singoli atleti è segui-ta dagli allenatori locali, di società o Comitato. E poi molti atleti hanno due stagioni: Elisa Compagnoni e Dennis Bru-nod nella corsa in montagna per esempio, Manfred nei Verti-cal. Rispettiamo queste loro esigenze, ma è chiaro che ci co-ordiniamo perché se sei in squadra devi finalizzare la tua preparazione allo scialpinismo».

A che punto siete con la questione cruciale della forma-

88 > ski-alp race

SqUADRE NAZIONALITESTO: Guido Valota

Oscar Angeloni, allenatore di atletica e tecnico provinciale delle acque, numero uno dello staff tecnico azzurro, risponde così alle polemiche per la mancanza di un titolo negli sport invernali.

E ribadisce che gli italiani stanno bene e sono pronti per un'altra stagione di successi

INTERVISTE

SQUAdrA nAZionAle inverno 2012/2013

SETTORE FEMMINILEGruppo Senior - Elena Nicolini (Brenta Team), Gloriana Pellissier (C.S. Esercito) Gruppo Espoir - Alessandra Cazzanelli (Cervino Valtournenche), Elisa Compagnoni (Alta Valtellina) Gruppo Cadetti - Giulia Compagnoni (Alta Valtellina) Gruppo Junior - Alba De Silvestro (Val Visdende)

SETTORE MASCHILEGruppo Senior - Dennis Brunod (Mont Avic), Matteo Eydallin (C.S. Esercito), Alessandro Follador (Dolomiti Ski-Alp), Lorenzo Holzknecht (Alta Valtellina), Pietro Lanfranchi (Lame Perrel - GSA Ranica), Damiano Lenzi (C.S. Esercito), Manfred Reichegger (C.S. Esercito), Denis Trento (C.S. Esercito) Gruppo Espoir - Robert Antonioli (C.S. Esercito), Michele Boscacci (Pol. Albosaggia) Gruppo Cadetti - Omar Campestrini - (Cima Dodici), Davide Magnini - (Brenta Team) Gruppo Junior - Luca Faifer (Alta Valtellina), Nadir Maguet - (Torgnon), Federico Nicolini (Brenta Team), Stefano Stradelli (Cervino Valtournenche)

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89 > ski-alp race

zione degli allenatori di scialpinismo?«Sì, è un punto fondamentale e ci lavoriamo da almeno due anni. Probabilmente arriveremo a definire la figura tecnica dell'allenatore in questa stagione. Entro la fine dell'anno po-trebbe partire il corso di formazione allenatori nei vari modu-li, il primo al mondo di questo genere. Non è semplice perché vanno create da zero molte condizioni, però stiamo facendo un bel lavoro e la federazione ci appoggia».

come incide la fISI nelle scelte della federazione interna-zionale?«I rapporti sono ottimi e la collaborazione è costante: attual-mente la sede ISMF è in Italia ed è italiano il presidente, Ar-mando Mariotta. Anche il responsabile della nostra commis-sione scialpinismo, il colonnello Marco Mosso, è consigliere ISMF, quindi la comunicazione è continua e a diversi livelli».

A questo proposito ci sono sviluppi importanti per l'inse-rimento tra gli sport olimpici. è recente l'incontro a Lo-sanna tra un delegato cIO e il presidente ISMf. «Il CIO ha chiesto un ennesimo dossier entro la fine della stagione, ne hanno parlato anche a Londra e sembrano molto interessati. La prospettiva della gara olimpica è comunque a lungo termine, ma la decisione potrebbe essere vicina».

come certamente sai, nell'ambiente suscita perples-

sità la tua figura di direttore tecnico senza però un titolo negli sport invernali o di montagna: allenato-re, maestro di sci, guida alpina. Digitando il tuo nome sui motori di ricerca, tra le prime pagine, si apre anche un forum con commenti forti su questo argomento. come rispondi alle critiche?«In Italia non esiste la figura tecnica dell'allenatore di scialpinismo, che come dicevo è ora in fase di realizza-zione. Personalmente ho un trascorso come allenatore di atletica leggera e lo sono tuttora. Ho partecipato alla creazione del settore scialpinismo nel Comitato Veneto partendo dal nulla. Le critiche ci saranno sempre, ma ribadisco il concetto che la funzione del direttore tecni-co non deve essere quella di allenare».

Sempre in argomento critiche, la scorsa stagione è nato un caso per la mancata convocazione ai cam-pionati Europei di francesca Martinelli e Roberta pedranzini, tuttora le nostre ragazze più forti. per-ché quella scelta?«Ci sono state delle incomprensioni e degli equivoci proprio tra me e loro, dovuti anche a comunicazioni indirette. E a un certo punto è diventata anche una que-stione di tempi perché non sarei riuscito più a fare la tessera internazionale. Tengo a precisare che sono due grandissime atlete e che per questa stagione abbiamo

già avuto un contatto. In base alle loro esigenze, di la-voro e di famiglia, stabiliremo cosa fare».quest'ultimo inverno avarissimo di neve in molte zone delle Alpi può aver influito sui numeri delle partecipazioni alle gare, alcuni dei quali molto ridi-mensionati. qual è lo stato di salute del movimento?«è comunque in forte crescita e lo dimostrano anche i numeri del tesseramento. Poi bisogna considerare che in Italia vengono organizzate moltissime gare e quindi si creano concomitanze. Il settore giovanile è un indice preciso: quattro o cinque anni fa si iscrivevano ai Cam-pionati Italiani 20-40 ragazzi, oggi arriviamo quasi a 100. è il segnale della vitalità del movimento».

come va con i mezzi a disposizione? Budget, forni-tori, sponsor...«La Federazione ci supporta e riusciamo a coprire tutte le esigenze degli atleti. In un anno di tagli il nostro budget non solo non è stato tagliato, ma anzi legger-mente aumentato. Rispetto a tre anni fa, triplicato: bi-sogna riconoscerlo. Abbiamo in uso tre furgoni con il carburante pagato. E poi anche le aziende contribuisco-no. Mi farebbe piacere che si sappia: specialmente Ha-glöfs e Scarpa, oltre a essere sponsor tecnici, contribui-scono notevolmente anche in denaro. Così gli atleti si possono concentrare sull'attività senza altri pensieri».

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ISMF TESTO: Luca GiacconeFOTO: Luca Giaccone

Il presidente della Federazione Inter-nazionale, Armando Mariotta, punta tutto sull’inserimento dello scialpini-smo tra gli sport olimpici a partire dal 2022 e crede in un ranking comune tra Coppa del Mondo e gare storiche

La sede è a Losanna, ma quella operativa è nel Cuneese, a Villanova Mondovì. Proprio nella cittadina piemontese abbiamo incontrato il pre-sidente della ISMF, International Ski Mountaineering Federation, Armando Mariotta, saluzzese, e il segretario Roberto Cavallo, monrega-lese.

Due cuneesi al vertice dell’ISMf, facciamo un passo indietro, come e perché siete arrivati alla candidatura?«Dopo un percorso direi ‘classico’: la FISI, attraverso la voce di Giorgio Colombo, mi ha chiesto se volevo candidarmi. Come appassionato di scialpinismo mi è sembrato giusto accettare, anche perché sono stato uno dei ‘genitori’ della ISMF, visto che a suo tempo avevo redatto lo statuto. Ma l’ho fatto a condizione di poter proporre un segretario vicino a me per la gestione come Roberto Cavallo con il quale avevo condiviso l’av-ventura del Campionato del Mondo nel Cuneese».

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quali sono stati i primi provvedimenti rispetto al passato?«Pur avendo fatto un ottimo lavoro, la precedente gestione era concentrata su una sola persona. Il nostro obiettivo era quello di creare, invece, un team il più internazionale possibile. Abbiamo per-so alcuni componenti (la tedesca Tamara Schlem-mer, il norvegese Jon Dammann e la polacca Magda Zbrzeska, ndr), ma abbiamo subito trova-to chi fosse in grado di sostituirli, con l’ingresso della britannica Rebecca Vernon come vice presi-dente e responsabile della parte sportiva, del fran-cese Alexandre Pellicier come direttore tecnico e dell’americano Michael Silitch che affiancherà Jordi Canals nel settore tecnico. Ci manca ancora la figura del vice-presidente che seguirà la parte marketing, dove ci sono già Carlo Ceola e Riccar-do Selvatico. Un organigramma più ampio che trova nella segreteria, dove con Roberto Cavallo c’è anche Ludovica Casolla, il suo punto di riferi-mento. Con queste premesse il traguardo sarà quello di crescere come numero di federazioni as-sociate: adesso sono 31 in tre continenti (mancano Africa e Oceania, ndr), ma soprattutto portando nuove idee. Molte federazioni non facevano gare e partecipavano alle nostre solo con qualche iscritto, adesso il movimento si sta allargando, sperando prima possibile di avere una tappa di Coppa del Mondo in America».

La coppa del Mondo, qual è il nuovo progetto?«Finora il ‘prodotto’ Coppa del Mondo non era pronto: il primo passo è stato quello di avere un format di gara unico, condiviso da tutte le federa-zioni, in modo da standardizzare i nostri protocol-li, pur rispettando gli organizzatori. A Clusone come a Tromsø da quest’anno ci sarà lo stesso ‘rituale’. è chiaro che in questo momento le nostre gare re-stano ‘open’ perché sarebbero ancora pochi gli at-leti in gara, ma nel futuro la speranza è quella di avere un vero ‘circo’ della Coppa del Mondo di scialpinismo. Era importante partire con un pro-getto serio, una soluzione che sembra piacere agli organizzatori, visto che quest’anno sono cinque le tappe e magari dalla prossima stagione saranno sette. Se cresce la Coppa, cresce il movimento, ar-rivano più sponsor, la televisione. E se poi ci fosse il traguardo olimpico...».

Appunto, capitolo giochi Olimpici.«Il dossier per diventare federazione olimpica è già stato presentato al CIO. Speriamo che i tempi sia-

no rapidi: se avremo l’ok, entreremo nel 2014 con un periodo di osservazione, sperando di arrivare pronti per il 2015, quando ci sarà l’assegnazione dei Giochi del 2022».

che tipo di gara sarà quella olimpica?«Il dossier prevede tutte e cinque le nostre gare: sicuramente sarà una prova che dia garanzie di visibilità, accessibilità e sicurezza. Credo che la Sprint potrebbe essere l’ideale dal momento che sintetizza il gesto atletico dello scialpinismo aven-do la possibilità di essere vista da vicino dal pub-blico, ma potrebbe andar bene anche la Staffetta o la Vertical. Anche l’Individual avrebbe tutte le caratteristiche, ma di sicuro non potrà svolgersi su percorsi in quota. Bisogna insistere sul far ve-dere lo scialpinismo alle persone, direi quasi di abbandonare l’idea dell’alta montagna: lo ski-alp agonistico è un’altra cosa che può, per esempio, anche trovare spazio in città».

Il rapporto con la fIS?«Abbiamo più volte cercato la relazione con la FIS, ma alla fine abbiamo deciso di andare avanti da soli. è chiaro che una nostra candidatura olimpica vuol dire che la loro ‘fetta’ un po’ si ridu-ce e magari non siamo visti di buon occhio. Per questo vorremmo incontrare il presidente della Federazione Internazionale del biathlon, speciali-tà che ha fatto un percorso olimpico e si è staccata dalla FIS. Ma, detto questo, credo che tutto il movimento avrebbe un vantaggio dalla presenza dello scialpinismo ai Giochi Olimpici».

Infine, i rapporti con la grande course?«Partiamo da un dato: finalmente c’è stato un av-vicinamento, ci siamo parlati, grazie anche al la-voro del colonnello Mosso, che fa parte del nostro management con la delega ai rapporti con gli or-ganizzatori della Grande Course. Il primo passo è stato quello dei calendari, dove non ci saranno sovrapposizioni di date tra la Coppa del Mondo e le prove della Grande Course. L’obiettivo sarebbe quello di trovare un giusto modo di convivenza sotto lo stesso ombrello, ma stiamo parlando di gare completamente diverse da quelle previste dal regolamento della Coppa del Mondo. La condivi-sione dei regolamenti è sicuramente il problema e la differenza maggiore tra noi e loro: speriamo che in prospettiva si arrivi almeno a un ranking inter-nazionale degli atleti che preveda non solo la Coppa del Mondo, ma dove contino anche i pun-teggi della Grande Course».

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91 > rubriche

ANTI-DOPING TESTO: Davide Marta

athlete bloodpaSSport SoftWare

Ecco una schermata dell'Athlete Blood Passport Software (ABPS) il principale strumento di valutazione dei dati utilizzato dalla WADA. Si tratta di una schermata generica, che non si riferisce ad alcun atleta in particolare. I valori necessari per la valutazione di un passaporto ematico sono: emoglobina (HGB), percentuale di reticolociti (RET%), stimulation index (OFFS) ovvero rapporto tra HTC e RET%, abnormal passport score (ABPS), cioè rapporto tra HTC, HGB, RBC, RET%, MCV, MCH e MCHC.Un campione ematico risulta atipico se il valore dell'HGB e/o OFFS è al di fuori dei limiti personali del singolo individuo (in uno stato di condizione fisica normale). Valori anomali (che possono dunque essere considerati per l'apertura di un procedimento per doping) corrispondono invece a misurazioni nelle quali la probabilità statistica percentuale misurata è pari o supera il 99,9%.

passaporto biologicoski-alp all'avanguardia

per Saperne di piu'Visita la sezione Doping-Free Sport Unit del sito di Sport Accord

www.sportaccord.com

Nel programma promosso da Sport Accord, l'International Ski Mountaineering Federation è stata scelta come federazione pilota

autunno abbiamo iniziato una ricerca per capire come si af-fronta il problema del doping nel mondo dello scialpinismo. Siamo partiti, naturalmente, dall'ISMF, anche perché l'obiet-tivo, che si pongono Mariotta e il suo direttivo, di portare la federazione scialpinistica internazionale nel novero di quelle iscritte al CIO e inserire questo sport nel programma olimpi-co, non consente di sottovalutare la questione. Il primo ap-proccio è stato un po' deludente: 'page not found' cliccando sull'apposita sezione del sito ufficiale. Abbiamo così deciso di raggiungere la sede di Losanna di Sport Accord, l'ente che riunisce ben 107 federazioni sportive (tra cui proprio l'ISMF) e che si propone di supportare le federzioni stesse in una serie di attività. Tra queste esiste la Doping Free Sport Unit, nata per supportare le federazioni membro affinché raggiungano più velocemente possibile la compatibilità con le direttive della WADA (World Anti Doping Association). Abbiamo in-contrato la coordinatrice del progetto, Françoise Dagouret, accompagnata da Matteo Vallini, giovane italiano che fa par-te di questo gruppo di lavoro di quattro elementi. Il nostro scetticismo iniziale è stato immediatamente spazzato via.«Lavoriamo magnificamente con l'ISMF, è la nostra 'federa-zione pilota' nel processo di sviluppo del passaporto biologi-co» ha spiegato la responsabile di Sport Accord. Addirittura? «Siamo stati contattati dai responsabili dell'ISMF che inten-devano implementare il proprio programma anti-doping e perfezionare la fase di test. Una richiesta che è pervenuta proprio mentre si stava discutendo con la WADA dell'oppor-tunità di sviluppare un protocollo per la diffusione del pas-saporto biologico anche nelle federazioni a budget limitato. Le due esigenze si sono incontrate: lo scialpinismo è uno sport di endurance, tra quelli statisticamente più esposti a casi di doping e senza uno storico adeguato in materia. Così siamo partiti, per dimostrare che anche senza investire cifre folli (30.000 euro il budget stanziato dall'ISMF, ndr) si può svi-luppare un protocollo molto serio e attendibile». La stagione agonistica 2011/2012 della Coppa del Mondo ISMF ha visto così i migliori 20 atleti iscritti al Register Testing Pool. Cosa significa? Che sono stati monitorati in ogni spostamento e hanno dovuto costantemente segnalare il luogo di pernot-tamento, gli orari di inizio e fine di impegni professionali, di studio o di allenamento, fornendo l'indirizzo. Ognuno di essi ha dovuto garantire disponibilità di un'ora al giorno in cui doveva essere reperibile in un determinato luogo. Insomma, potevano essere controllati dovunque e senza alcun preav-viso: basti pensare che soli tre 'where about failure', ovve-ro irreperibilità in caso di controllo, potevano tramutarsi in una potenziale squalifica fino a due anni. Tutti gli altri atleti, al di fuori dei venti elementi selezionati, erano comunque controllabili in qualunque momento, senza però obbligo di segnalare gli spostamenti. Quali i risultati? È stata la stessa responsabile ad esporli. «Straordinari! Non c'è stato un solo ritardo, una sola irregolarità e nemmeno un errore nella

complilazione delle schede. I valori dei test sono sempre risultati nella norma negli oltre 100 controlli effettuati». Un bilancio lusinghiero per il nostro sport. Questo, comunque, non cancella del tutto lo spettro del doping: sono molte al-tre le gare in calendario, con diversi criteri di test. Nei prossi-mi numeri approfondiremo la questione. Per ora acconten-tiamoci di questo segnale incoraggiante.

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92 > ski-alp race

JUNIORES TESTO: Guido ValotaFOTO: Guido Valota

Davide Canclini, membro della commissione scialpinismo della FISI, traccia le linee del futuroprossimo dello ski-alp

Davide Canclini, allenatore dello sci club Alta Val-tellina, ottimo atleta del fondo e dello scialpini-smo, da quasi trent’anni maestro di sci, è consi-

gliere nella commissione nazionale FISI per lo scialpini-smo. Davide ci accoglie gentilmente (e con crostata indi-menticabile) nella bella casa di famiglia proprio ai bordi della pista Stelvio. Il periodo è quello giusto per parlare di scelte e programmi. La struttura federale si è rinnovata con le elezioni del marzo 2012 dopo quelle annullate del 2011 e i responsabili dello scialpinismo hanno alle spalle una stagione di rodaggio.

Davide, come siete strutturati per lo scialpinismo?«La Commissione si occupa di indirizzi e scelte per lo scialpinismo in Italia: il presidente è il colonnello Mosso dell’Esercito e ne fanno parte il consigliere federale Mar-co Mapelli, Luciano Fontana per le Alpi Orientali, Stefa-no Mottini per le Occidentali e il sottoscritto per le Alpi Centrali. I tecnici per le squadre nazionali sono Oscar Angeloni per i Senior e Lillo Invernizzi per i giovani».

quali obbiettivi vi siete dati e con quali differenze rispetto alle precedenti gestioni?«Siamo tutti d’accordo sull’obiettivo prioritario di prepa-rare il ricambio generazionale: è sempre giusto lavorare per il futuro e quindi sui giovani, ma oggi tanti atleti in squadra sono over 30, quindi si tratta anche di una neces-sità».

qual è al momento la situazione?«Alle competizioni partecipa un numero interessante di giovani: superiamo i cento in quelle di livello nazionale. Stiamo pensando a creare la struttura e soprattutto la figu-ra dell’allenatore di scialpinismo che ancora manca nella nostra disciplina, contrariamente a tutti gli altri sport in-vernali».

come sono organizzate le strutture delle altre federa-zioni? Notate modelli interessanti in quelle tradizio-nalmente di maggior riferimento per lo ski-alp come

Prioritàgiovani

francia, Spagna e Svizzera? «Non conosco il livello ‘politico’ perché sul campo si vedo-no all’opera le strutture tecniche. Spagna e Svizzera ac-compagnano i giovani con personale qualificato: per esempio i ragazzi svizzeri sono seguiti da Rico Elmer, ex atleta di altissimo livello che li indirizza soprattutto tecni-camente e molto da vicino».

Lo scialpinismo è sempre stato la ‘cenerentola’ fISI in termini di attenzione... e soldi. Novità?«Il consigliere federale Mapelli ci ha riportato le parole del presidente Roda: carta bianca alla commissione scialpini-smo per le scelte nella direzione di cui parlavamo e la ri-chiesta di venire aggiornato sugli sviluppi. Il settore è rite-nuto interessante».

quali sono i criteri di selezione degli atleti da ammet-tere in squadra? Eventi appositi come i trials negli uSA o gare di calendario predeterminate? Oppure valuta-zioni dei tecnici durante la stagione con i soliti rischi?«Nessun test o trial. Solitamente sono i risultati nelle gare di Campionato Italiano come nelle altre specialità o eventi importanti. Ci stiamo lavorando: è importante stabilire in anticipo criteri oggettivi per le selezioni nazionali, per evi-tare queste problematiche. Gli atleti sarebbero contenti».

come giudichi il lavoro fatto finora e come vedi le pro-spettive?«è presto per dirlo, abbiamo appena iniziato. Abbiamo tanti obiettivi, anche ambiziosi. Sicuramente dobbiamo ragionare tutti insieme, con l’apporto di ogni esperienza disponibile, confrontarle e creare le condizioni per far cre-scere i ragazzi, perché comunque questa resta una discipli-na dura».

La prossima scadenza?«Ritorniamo al settore giovani: quando questo articolo sarà stato pubblicato si sarà già svolto il raduno nazionale sulla neve dei primi di novembre allo Stelvio: sarà proprio l’occasione per confrontarci con tutti»

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PIETRO LANFRANCHITESTO: Guido ValotaFOTO: Umberto Isman

Lo scialpinista bergamasco è uno dei più regolari del circuito, una

garanzia per il compagno di turno. Ma anche un ottimo esempio di come si possano conciliare lavoro, famiglia

e ski-alp ad alto livello

MI cHIAMO LANfRANcHI

RISOLvO pRObLeMI

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INPulp Fiction chiamano Mr.Wolf. Mr.Wolf arriva e risolve il problema. Pie-tro Lanfranchi è uno che sa cosa deve fare quando un impianto elettrico indu-striale ha un problema. Per esempio, un bel giorno in Lituania si ferma una linea di produzione. Un minuto dopo squilla il telefono in una certa azienda in Valle Seriana. Qualche ora dopo un aereo at-terra a Vilnius e sbarca un 'man in black', barba ben curata e valigetta. E sempre per esempio, un bel giorno William Bon Mardion ha un problema: serve un com-pagno di squadra che non faccia sorpre-se, uno che non molli mai, niente 'bido-ni', cascasse il mondo, che sia sempre in condizioni accettabili. Squilla il telefono a casa Lanfranchi. «…sì però richiami stasera, che adesso è in fabbrica».

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PIETRO LANFRANCHI

Incontriamo il 'Lanfra' dopo la premiazione del Verti-cal di Valgoglio, a pochi chilometri da casa sua. Ha gareggiato per allenarsi e dice di essere un po' indietro nella preparazione. Ma si è piazzato comunque setti-mo, esattamente in mezzo agli specialisti e a una doz-zina di nazionali vari. Tanto per cambiare.

pietro, come si fa a diventare uno dei più forti al mondo?«Ma no! Diciamo che sono costante nel rendimento. Altri magari hanno il picco, riescono ad andare in gran forma per un singolo periodo e vincono la gara, ma per il resto della stagione sono piuttosto lontani da quel picco. Io invece, come inizio la stagione, la fini-sco. Non riesco ad estrarre un momento magico ma in compenso non ho grandi cali. E così quando si tirano i conti, essere stato sempre lì fa accumulare tanti pun-ti. Sono contento di essere così. Magari mi manca la vittoria, ma può darsi che per tutta la stagione riesca a piazzarmi sempre tra i primi dieci in Coppa del Mon-do. Il mio riferimento è Reichegger: anche lui è così... beh, un po' più forte! Magari gli sfugge la vittoria ma è sempre lì attaccato a dare battaglia. E se il Troillet, il Kilian, il Bon Mardion di turno perdono mezzo pas-so, lui li infilza».

Sì, però non sei sempre stato così in alto nel ranking mondiale! cosa è cambiato nelle ultime stagioni?«In realtà, nulla di particolare. Sono sempre cresciuto un po' ogni anno, ma così si nota poco. Finché non si arriva davanti, e allora si accorgono di te e sembra chissà cosa. Invece ero appena un po' dietro. Poi, un passettino dopo l'altro... Anche in questa progressione sono sempre stato piuttosto regolare».

com'è iniziata la tua storia sulle pelli? Tu non vivi in montagna.«Prima suonavo la batteria! Poi ho iniziato questo la-voro, tornavo a casa tardi e ho dovuto mollare la band. Restavano i fine settimana e mi è venuta voglia di pro-vare lo scialpinismo: vedevo qualche amico che anda-va in montagna, così dieci anni fa sono andato al CAI di Nembro…».

…dove hai trovato Martino (cattaneo, ndr) ad aspettarti.«Esatto. Sono andato lì perché volevo imparare e dopo due mesi mi ha iscritto a una gara insieme a lui. Per un po' abbiamo fatto squadra e subito il Mezzalama, la Patrouille. Di quel periodo mi ricordo certe ribaltate! Vedevo là il traguardo e pensavo di non riuscire più ad arrivarci!»

qualche settimana fa sei andato forte in una gara

di skiroll, con molti tra i migliori atleti del fondo, tra cui Dario cologna…«A me lo skiroll piace tantissimo perché sono molto attento a sviluppare elementi come sensibilità, scivola-ta, equilibrio. Mi dà soddisfazione percepire progressi e sugli skiroll si evidenziano bene. Per noi scialpinisti che non arriviamo dal fondo è sempre più importante 'fare il piede'. E poi ho una mia teoria, per la quale mi sono procurato anche l'Ercolina: mi sembra proprio che la muscolatura del tronco, i dorsali, gli addomina-li, siano importantissimi per sostenere la sciata race. Mantenere stabilità e centralità, recuperare l'equili-brio, sopportare le sollecitazioni dei terreni irregola-ri... mi accorgo della differenza, da quando ci lavoro. E certo: nella gara in salita con gli skiroll loro andava-no solo di spinta e passo spinta, tutta un'altra resa, mentre io l'ho fatta tutta in alternato. Il risultato fina-le è quello che è. Ma negli allenamenti sto iniziando anch'io a inserire il passo spinta: non tanto perché serva nelle gare di scialpinismo, quanto perché tonifi-ca molto la zona del tronco».

però dici di essere in ritardo di preparazione. cosa ti manca?«A uno come me manca sempre il volume. Cioè,

(ride)... mi manca un po' tutto, ma a uno che non è professionista, soprattutto in autunno, in genere man-ca proprio il volume. Specialmente adesso che le gior-nate si accorciano. Io entro in fabbrica alle otto del mattino, ma non sono mai certo di terminare con le otto ore canoniche, quindi esco di casa alle sei di mat-tina, così sono sicuro di riuscire a fare il mio allena-mento. D'estate è facile saltar fuori, ma adesso tocca allenarsi al buio e così non si può fare tutto quel che si dovrebbe».

come imposti i cicli della preparazione?«Ormai mi conosco e poi mi devo adattare al tempo che ho a disposizione quando non lavoro. Se ho dei dubbi mi sento con un amico preparatore, Eros Gra-zioli, e vediamo insieme cosa fare. Invece in stagione sto attento ai microcicli settimanali. La gara la dome-nica è un carico massimale, per cui in settimana cerco di gestirmi: niente grandi dislivelli, niente tirate. Po-chi richiami, poca velocità, anche pochi secondi ma-gari. Al massimo una notturna il mercoledì. Piuttosto, sai cosa faccio? Ecco, faccio tanto sci di fondo con le pelli. Vado su in Montagnina, a venti minuti da casa mia, e giro sulla pista di fondo a sciogliere le gambe con i materiali da scialpinismo».

Senza la neve cosa preferisci?«La corsa non mi piace tanto. Spesso prendo la mia mountain bike enduro, pedalo fino in cima e poi scen-do per sentieri. E così mi diverto, miglioro il passaggio in discesa, insomma ci metto una parte di gioco che fa venir voglia».

Ti vogliono spesso in coppia atleti più forti. Sap-piamo che sei una garanzia e c'è anche la capacità di tener duro. E...?«E che il rispetto per un compagno più forte che ti ha voluto con lui è una forma di motivazione. Un'altra cosa che mi motiva è che se sei in team con Bon Mar-dion, quand'è che ti ricapita un'occasione così? Un'al-tra ancora è che quando corri con loro e passi in testa sul Grand Mont alla Pierra, o al Canalino dell'Aquila al Mezzalama, in quel momento ti accorgi che stai proprio vivendo quello che sognavi!».

una volta che volavi?«Ancora all'ultimo Mezzalama, sul Castore: io per fortuna non patisco la quota, gli altri magari un po' sì, e allora se sento che tiro un po' la corda, la tiro ancora di più... e più la tiro, più mi sento di volare!»

una volta che hai visto i 'sorci verdi'?«Eh, l'ultima stagione tante volte. Comunque Rutor e Pierra Menta me li ricordo ancora molto bene».

«…MA DàI, NON SARANNO MIcA SpETTAcOLARI TuTTI quEI cAMBI D'ASSETTO cON gLI

ATLETI SEMpRE fERMI! ADESSO SI pENSA chE gARA TEcNIcA SIA

uguALE TANTI cAMBI. DIEcI cAMBI pER gARA, NON ESISTE! LO SpETTAcOLO, DA DENTRO E

DA fuORI, è LA gENTE chE SALE fORTE quASI IN ALTERNATO, LE

INVERSIONI, E ScENDERE VELOcISSIMI….»

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PietroLanfranchiDATA DI NASCITA: 7 novembre 1978RESIDENZA: Casnigo (Bg)SCI: Ski TrabSCARPONI: La SportivaATTACCHI: ATK RaceABBIGLIAMENTO: Crazy Idea

PALMARÈS: terzo alla Pierra Menta 2012 e vittoria nella tappa del Grand Mont (insieme a William Bon Mardion), secondo al Mezzalama 2011 (per soli 19") con Pedrini e Seletto, terzo nel Vertical di Coppa del Mondo all'Etna nel 2012, secondo alla Patrouille des Glaciers 2010 con Reichegger ed Eydallin, secondo nel Sellaronda 2012 con Troillet, primo al Tour du Grand Paradis 2010 (Campionato Italiano Top Class long distance) con Pedrini, vincitore Trofeo Par-ravicini 2009 e 2010, Ski Alp Adamello 2009, Pila Race 2008, Ski Alp dei Tre Signori 2008.

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pensi di poter migliorare ancora?«Razionalmente lo vedo difficile, a questo livello, per un 'non professionista' come me. Soprattutto perché gli altri che non stanno certo con le mani in mano. Personalmente invece sono abbastanza fiducioso. Lo spero. Perché no? Dopotutto sono sempre miglio-rato, pian piano, anno dopo anno. E poi nello scialpi-nismo si migliora sempre. L'esperienza che si somma è fondamentale! Soprattutto nella gestione dello sforzo, nella sua distribuzione, nell'equilibrio di tutto. L'e-sempio è Bon Mardion: magari sulla salita secca non entra nei primi cinque, ma se poi c'è da scendere lui sa distribuire perfettamente le sue risorse».

La tua qualità migliore in gara?«Direi l'equilibrio nella gestione dello sforzo, riesco ad ascoltarmi».

E invece cosa devi assolutamente correggere?«I cambi d'assetto! A volte mi riescono bene, altre fac-cio disastri. Non avendo tempo, ne dedico troppo poco a un particolare che ne richiederebbe tanto. E poi non mi piace, ma non mi posso permettere di perdere cinque secondi a cambio!».

La gara ideale?«Individuale, sui 2.000 metri, tre salite e tre discese, pochi cambi. Magari io vado meglio nelle gare più lunghe, ma quella è la massima espressione dello scial-pinismo. Che sogno vincere una gara così importante! E spettacolare: ma dai, non saranno mica spettacolari tutti quei cambi d'assetto con gli atleti sempre fermi! Adesso si pensa che gara tecnica sia uguale tanti cam-bi. Dieci cambi per gara, non esiste!

Lo spettacolo, da dentro e da fuori, è la gente che sale forte quasi in alternato, le inversioni, e scendere velo-cissimi. è lasciar lavorare gli sci!».

Dove lavorare al miglioramento della prestazione nello scialpinismo attuale?«Nell'economicità della discesa. Scendere veloci, pos-

sibilmente senza rischiare cadute e intanto recuperare energie».

Il podio più bello?(non sa scegliere, gli brillano gli occhi: prima dice il se-condo posto al Mezzalama perché è il Mezzalama, poi la tappa del Grand Mont perché è il Grand Mont. E infine racconta...) «Però il terzo posto all'Etna...sai, è il podio individuale in Coppa del Mondo! Dopo io me ne sta-vo andando in giro tutto contento con 'sta medaglia' e pagavo da bere a tutti, e l'intervista, e le strette di mano, e i complimenti… A un certo punto arriva lì il Reichegger, tocca la medaglia e mi fa (imita la cadenza sudtirolese e ride) «…Eh, Lanfra, Lanfra, sai: io ne ho a casa settantasette di quelle lì!» (ridiamo, e poi si fa più serio) Settantasette. Europei, Mondiali. Coppa. Que-ste cose non le dice nessuno ed è un peccato. Lui è l'atleta più medagliato che c'è in giro, anzi tutti com-presi, anche del passato. Non c'è mai stato nessun al-tro come lui. Eppure continua concentrato, come se fosse all'inizio, con umiltà... ed è sempre lì davanti, sempre!»

come te la cavi con la famiglia, lavorando e scian-do ai tuoi livelli?«Mi sono sposato con Cristina due anni fa e da poco sono diventato papà di un bellissimo bambino, Ric-cardo. Eh! Vedremo come si mette adesso!».

E nel tempo libero?«Cos'è il tempo libero?».

In questa pagina, dall'archivio di Ski-alper.Nella pagina precedente, il Lanfra al Tour du

Rutor 2012. Qui sotto esultante sul traguardo dell'Etna e in attesa del via al Sellaronda.

«IL pODIO pIù BELLO? IL TERzO pOSTO ALL'ETNA... SAI, è IL

pODIO INDIVIDuALE IN cOppA DEL MONDO! DOpO IO ME NE

STAVO ANDANDO IN gIRO TuTTO cONTENTO cON 'STA

MEDAgLIA' E pAgAVO DA BERE A TuTTI, E L'INTERVISTA, E LE

STRETTE DI MANO, E I cOMpLIMENTI… A uN cERTO

puNTO ARRIVA Lì IL REIchEggER, TOccA LA MEDAgLIA E MI fA '…Eh,

LANfRA, LANfRA, SAI: IO NE hO A cASA SETTANTASETTE DI quELLE

Lì!»

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PIETRO LANFRANCHI

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In senso orario. Lanfranchi all'attacco nel Mezzalama 2011. A pochi metri dal passaggio al Grand Mont nell'ultima edizione del Pierra Menta. Al traguardo dell'ultimo Mezzalama con Pedrini e Seletto.Insieme a Floirent Troillet al Sellaronda.Nelle fasi iniziali del Vertical Valgoglio.

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100 > ski-alp race

I GUERRIERI DELLA NOTTE TESTO: Guido Valota

Giuseppe Carrara non è solo guerriero di tante battaglie notturne, ma anche organizzatore e ‘anima’ di gare sotto la luna

Guerriero di mille notti e di mille battaglie, ma so-prattutto condottiero. Giuseppe Carrara è uno che non si limita a dar battaglia: la cerca, la procura e conduce le truppe. Beppe, 49 anni, lavora come

responsabile qualità in un’azienda meccanica di precisione. Sulle pelli almeno dodici Sellaronda e tutte le classiche com-presi Adamello e Mezzalama. Trascinatore del GSA Sovere, fa squadra anche con chi capita se serve, disinteressandosi della classifica. Incidentalmente vince o è tra i primi della sua cate-goria Master. Sempre presente a tutte le notturne a portata di auto, che sia in forma o no! Per capire il personaggio basterebbe l’immagine di un pul-lman che parte alle quattro del mattino da Sovere (Bg) per Saalbach. Ski-alper accartocciati tra i sedili per cercare di chiu-dere gli occhi, coperte, qualche materassino e sacchi a pelo nel corridoio. Il pullman più pazzo del mondo corre a rotta di collo fin nel cuore dell’Austria con una sola sosta al Brennero per consentire la pausa di legge al conducente. Dopo otto ore così, giusto il tempo di ‘stiracchiarsi’, ritirare i pacchi gara, e via di corsa tra le strade all’assalto dei muri del Mountain At-tack. Gara, dopogara e premiazione sul podio ballando la techno degli austriaci, birra a fiumi, discoteca fino alle tre, otto ore di pullman, Sovere. Naturalmente questa bella trovata non può che essere di Beppe Carrara.

Com’è andata quella volta al Mountain Attack con Guido Giacomelli?«è andata che aveva vinto lui, noi eravamo gli unici italiani, e ancora prima che lo chiamassero ci siamo messi a fare un gran casino sotto il palco. Ci guardavano tutti! Al Mountain Attack danno al vincitore un boccale magnum di birra, così lui l’ha passato giù a noi che l’abbiamo svuotato subito. Ma poi abbia-mo continuato a riempirlo e farlo girare in discoteca fino a notte. Girava ‘sto boccale gigantesco e tutti a bere, a passarlo, a riempirlo. Dopo due giorni eravamo a casa stesi, con lo stesso identico virus! Si vede che qualcuno l’aveva addosso già quella sera e ce lo siamo trasmesso per bene col boccale del Guido!».

Da vero guerriero vai all’assalto anche quando organizzi tu, dalla prima locandina fino al segnale della partenza. In questi tempi di commissioni, strutture, giudici, moduli 61, è confortante per tutti vederti schierato in prima linea e dare il ‘pronti via’…«Sì, il ‘pronti via’ per noi è quel modo di fare le cose che vanno fatte senza perdere tempo a pensarci troppo. Agli inizi organiz-zavamo proprio così. E anche se adesso il circuito ‘Sci e luci nella notte’ ci impone di strutturarci bene, con una mole di lavoro notevole, io vorrei che la gara in sé rimanesse soprattut-to l’occasione per una serata di socialità. Proprio per stempera-re un eccessivo contenuto di agonismo rispetto a questo spiri-to, ho voluto chiamare ‘Pronti...via!’ la notturna di Monte-campione. Comunque ora dobbiamo almeno assecondare questa domanda di competizione, che riconosciamo non solo dall’analisi dei numeri delle iscrizioni. Pensa che, solo qualche anno fa, gli ultimi classificati impiegavano oltre tre volte il tempo del primo: adesso neanche lo raddoppiano!

CARRARAil condottiero

Però a me spiace quando uno mi dice che non viene alla not-turna perché non è in forma, vuol dire che non ha capito il senso di questi appuntamenti. E non cerchiamo per forza la partecipazione di quelli forti. Se vengono ci fa grandissimo piacere, ma il valore di queste gare non sta nella partecipazione qualificata. Io sono anche contrario ai premi in denaro per i primi e pensa che perfino alcuni di loro ci dicono di fare i cesti di alimentari, di non dare soldi»..

La madre di tutte le battaglie per un guerriero della notte?«Sicuramente il Sellaronda: è un’avventura lunghissima, quat-tro salite di notte, il freddo e il vento. Contro gli avversari, l’orologio, le salite che diventano infinite».

La più dura?«L’ultima edizione, con il freddo e il vento, che è stato molto peggio anche di quello con la nevicata forte. Uno che conosco ha recuperato la vista dopo tre giorni, noi appena arrivati ci sia-mo buttati in un locale con gli altri e la scena era impressionan-te: tutti che tremavano e battevano i denti, uno in carrozzella, gente portata via in ambulanza. Le mie gambe hanno ‘sbacchet-tato’ per tre quarti d’ora e non riuscivo a fare nient’altro».

con chi i ‘duelli’ più belli?«Con Giuliano Zanga è un duello infinito. Lui lì davanti per diverse stagioni, poi sono riuscito a prenderlo. Però adesso è tornato davanti nei Vertical estivi, va fortissimo. Per ora sugli sci il confronto è indiretto, ma quando ritorneremo in catego-ria insieme...».

Anche organizzare è una ‘guerra’?«Prevedi di tutto e ti porti anche il cinquanta per cento di pacchi gara in più. Una volta non sono bastati: finiti i duecen-tocinquanta pettorali abbiamo tagliato quaranta sacchetti di cellophane e scritto i numeri con il pennarello…».

qual è il fascino della notte, che porta in montagna così tanta gente sugli sci?«La luna. Quando c’è capisci perché sei lì. Il primo motivo per provare è stato la luna piena, per tutti. Quando salgo e posso spegnere la pila…».

La chiacchierata è iniziata molto prima, coinvolgendo anche la moglie Lorena e i figli Nicola e Luca, e si è prolungata molto oltre; troppo tardi anche per un guerriero della notte. L’indo-mani mattina Giuseppe Carrara deve organizzare il triathlon skiroll-corsa in montagna-mtb, che pochi anni fa si è inventato alla buona: ‘pronti via’ con pochi amici. Adesso ha contagiato un po’ troppa gente: bisogna almeno segnalare il percorso!

Nella foto accanto.Beppe ci mostra la sua foto al

bivacco Bonattisul Pilone Centrale del Frêney

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UTMBTESTO: Fabio MeninoFOTO: Franck Oddoux-TNF UTMB

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103 > ultra trail

L'edizione del decennale della 'Maratona di New York' dell'ultra-trail verrà ricordata non

solo per le imprese sportive, ma per la caduta di un tabù: dall'anno prossimo possibili i

premi in denaro

ALLA RICERCA DI UN NUOVO EQUILIBRIO

UtMB

due sms inviati mercoledì sera ai partecipanti di TDS, CCC e UTMB, le tre gare organizzate all’interno dell’Ultra-Trail du Mont-Blanc®, erano tali da far bale-nare cattivi pensieri premonitori anche ai più ottimisti. «Attenzione! Previsioni meteo: pioggia, neve a 2000 m, vento, freddo. Temperature in diminuzione fino a -5 C°. Prevedere equipaggiamento invernale». Un’ora dopo: «Condizioni previste molto difficili. Indispensa-bili 4 strati di indumenti». A dimostrazione che i detti popolari non nascono solo perché suonano bene, quello che recita 'non c’è il due senza il tre', ha trovato la sua ennesima conferma all’UTMB, proprio in occasione del suo decennale. Venerdì pomeriggio, infatti, un ter-zo messaggio avvisava i partecipanti della gara princi-pale di 168 chilometri intorno all’intero massiccio del Monte Bianco che il percorso avrebbe subito una modi-fica sostanziale, riducendo a 110 i chilometri e relegan-

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104 > ultra trail

UTMB

Accanto.Alcuni istanti dell'affollatissima partenza dell'UTMB

dolo interamente su territorio francese. Veniva quindi ritenuto troppo rischioso passare sui colli Bonhomme (2.443 m) e Seigne (2.516 m), esattamente come nel 2010, rendendo impossibile il relativo passaggio dalla Francia all’Italia. Per il terzo anno consecutivo la gara non si sarebbe quindi svolta sul suo itinerario classico.

coSa reSterà?A distanza di soli due mesi, è ancora difficile ipotizza-re se questo Ultra-Trail du Mont-Blanc® sarà in grado di tramandare ai posteri una qualche immagine inde-lebile, di quelle che rientrano di diritto nella storia di uno sport segnandone inequivocabilmente il corso. Se ciò avvenisse, sarebbe auspicabile che fosse riferibile a uno dei tanti risultati sportivi conseguiti, come già avvenuto più volte con le nove edizioni passate. Can-didati d’obbligo, la vittoria di Francois D’Haene nell’UTMB, seconda per la Francia nella storia della gara, la quinta personale dell’inglese Elisabeth Hawker, oppure l’incredibile tempo dello spagnolo Tofol Castaner, dominatore della CCC, o ancora la vittoria nella TDS del nepalese Dawa Sherpa. è anche ipotizzabile che il ricordo di questa edizione venga legato a qualcosa di più concettuale, alla gestio-ne complessiva della manifestazione o più in generale alla situazione attuale del trail running. Prima le ‘As-sises du trail' svoltesi a Courmayeur, poi la lettera aperta indirizzata a tutti i concorrenti e intitolata 'por-ci e cafoni' e infine la diatriba con l’Ultra Trail di An-dorra, fanno riflettere e sono il segno tangibile che tutto il settore è giunto a un inevitabile punto di svol-ta. Come è giusto che sia, il segnale non poteva che arrivare se non dalla sua massima espressione, dallo stesso UTMB che negli ultimi anni ne ha dettato le regole e le sorti. In dieci anni l’audace progetto inizia-le dei Trailers du Mont Blanc, impersonificati nella figura dei coniugi Michel e Catherine Poletti, si è tra-sformato nella gara di riferimento a livello mondiale, nel 'Sommet Mondial de la Course Nature' capace di dettare le regole e di plasmare a proprio piacimento gran parte dell’intero movimento. Dopo i 67 pionieri del 2003, più di 7.500 atleti sono riusciti nel corso di questi anni a coronare il sogno irrinunciabile per mol-tissimi appassionati di ultra distanze in natura: il giro completo del Monte Bianco di corsa. Dai 67 finisher del 2003, si è passati a 430 nel 2004, 773 nel 2005, oltre 1.000 in tutte le altre edizioni e 2.122 di quest’anno. Sull’altro fronte, decine di centinaia di organizzatori hanno a loro volta rincorso lo stesso identico sogno di successo, fregiandosi del logo dei punti qualificanti per lo stesso UTMB.

l'eSprit trailUna grande unione di intenti, fortemente voluta e ma-gistralmente condotta, che ha trovato il suo principale punto d’incontro nei dettami dell'esprit trail, l’assio-ma univocamente riconosciuto che vede prevalere ide-ali di tipo spirituale rispetto a quelli più prettamente agonistici, in qualche circostanza ritenuti addirittura inopportuni o fuori luogo. Un patrimonio da tutelare a tutti i costi, anche da eventuali insidie esterne come è avvenuto nel 2008, anno in cui Kilian Jornet ha fat-to irruzione nel mondo delle ultra distanze vincendo proprio l’UTMB. L’esprit compétitif entrava nella sce-na in punta di piedi, facendo però intuire che avrebbe attirato su di sé attenzioni e seguaci in numero sempre maggiore. Non a tal punto da sostituire l'esprit trail: più saggia e ponderata, quindi, la strategia basata su

una loro condivisione. I primi pionieri del lontano 2003, identificabili tra gli altri in icone di indubbio carisma come gli italiani Giorgio Simonetti e Alberto Motta, difficilmente avrebbero potuto immaginare che il loro UTMB, non ancora marchio registrato, dieci anni dopo si sarebbe giocato anche sui secondi risparmiati ai ristori o sull’efficienza relativa all’assi-stenza ricevuta in gara. Ancora più difficilmente avrebbero potuto ipotizzare che quel loro splendido viaggio interiore un giorno sarebbe potuto diventare anche un grande business. Un dettaglio intuito invece proprio dagli stessi organizzatori dell’UTMB che con lungimiranza hanno legato il nome della loro gara a un marchio forte, credibile e globalmente riconosciu-to. Ed è a questo punto che il meccanismo ha rag-giunto la sua completezza, una sinergia perfetta tra esprit trail, compétitif e commercial, con il primo da far emergere in modo preponderante, il secondo in base alle circostanze e l’ultimo solo marginalmente. Una moltitudine di appassionati desiderosi di vivere il sogno a tutti i costi, gli atleti di vertice consapevoli di avere a loro disposizione una delle poche occasioni di confronto, gli altri organizzatori partecipanti e parte-cipati e le aziende ben disposte a rendersi visibili in una vetrina di tale portata. Un’armonia da conservare con tutte le forze, ma anche un sottile equilibrio da preservare ogni qualvolta le circostanze lo richiedano senza dare l’impressione che possa trasformarsi in equilibrismo da un momento all’altro. Alle Assises du Trail di Courmayeur Catherine Poletti ha ribadito ai più distratti che l’UTMB continuerà nel tempo a ri-volgere le attenzioni maggiori verso la massa consoli-data di appassionati piuttosto che sulla minoranza di top, ma ha sottolineato anche ai più attenti che questi ultimi, in ogni caso, potranno continuare a beneficia-re della visibilità offerta dall’evento. Allo stesso tem-po, ristabilendo un equilibrio perfetto, ha fatto cadere uno dei pilastri costituenti proprio di quell’equitè, che da sempre ha trovato nell’abnegazione verso i premi in denaro il principale mezzo di preservazione sociale. Con buona pace dei vari Dawa Sherpa, Vincent Dele-barre, Christophe Jaquerod, Marco Olmo, Kilian Jor-net, Jez Bragg e Francois D’Haene, eroi rincasati con molta gloria e con il prezioso campanaccio tipico delle giovenche della valle di Chamonix, dal prossimo anno i vincitori dell’UTMB potrebbero incominciare ad attingere anche loro dal lucroso bottino frutto di que-sto equilibrio. In segno dell’equitè, ovviamente con un tetto massimo ai premi, anche in questo caso nel rispetto del solito equilibrio, che deve continuare a non essere confuso con l’equilibrismo.

IN DIECI ANNI L’AUDACE PROGETTO INIzIALE DEI TRAILERS

DU MONT BLANC, IMPERSONIFICATI NELLA FIGURA

DEI CONIUGI MICHEL E CATHERINE POLETTI, SI È

TRASFORMATO NELLA GARA DI RIFERIMENTO A LIVELLO

MONDIALE, NEL 'SOMMET MONDIAL DE LA COURSE NATURE' CAPACE DI DETTARE LE REGOLE E

DI PLASMARE A PROPRIO PIACIMENTO GRAN PARTE DELL’INTERO MOVIMENTO

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Le Assises Internationales du Trail, convocate dai coniugi Poletti a Courmayeur (Ao), lo scorso 3 settembre, si sono interrogate sulla classificazione delle gare e sui montepremi in denaro. Arrivando a proporre delle regole. La prima, fondamentale, questione riguarda la definizione del trail. Si parte dal trail corto, di non meno di 20 chilometri e non più di 42, per passare per il trail vero e proprio, da 42 a 80 chilometri, per arrivare all'ultra-trail, oltre 80 chilometri in un'unica tappa. Una definizione che contrasta con quella di origine statunitense che vede nell'ultra tutto quello che è oltre i 42 chilometri. I tre tipi di gare si configurano come una gara podistica prevalentemente nella natura, con classifica ma aperta a tutti, che non richiede una tecnica particolare e attrezzatura alpinistica su un tracciato minimo di 20 chilometri. Il trail può essere in autonomia

Nelle foto: Alcune fasi delle tre gare,

pesantemente condizionate dal maltempo..

Accanto.Alcuni istanti dell'affollatissima partenza dell'UTMB

gli'Stati generali' deltrail

o semiautonomia, con punti di ristoro intermedi, ma i concorrenti devono essere responsabili e conoscere i pericoli della montagna. Questa è la distinzione principale con la corsa in montagna e lo skyrunning: non solo lunghezze maggiori, ma anche obbligatorietà di diverso materiale che renda sicura una corsa in autonomia. Curioso però il fatto che non si faccia alcun riferimento al dislivello, che ha suscitato qualche perplessità nella platea. Per quanto riguarda i premi, le proposte prevedono che la gara non deve distribuire degli ingaggi e comunque devono esserci dei premi solo se sono previsti regali per tutti i finisher. Se è previsto un budget per concorrenti agonisti (premi in denaro per i primi classificati, rimborso spese viaggio o pernottamento), l’ammontare deve essere al massimo del 10 per cento del totale delle iscrizioni, con un tetto di 15.000 euro.

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106 > ultra trail

ULTRA-TRAIL DU MONT BLANC

UTMB MaschileChamonix (FRA) 31-8-2012

1. F. D’Haene (FRA) ............ 10h 32’ 36’’2. J. Buud (SWE) .................. 11h 03' 19’’3. M. Foote (USA) ................11h 19’ 00’’4. C. Sa (POR) ........................11h 22’ 39’’5. C. Nemeth (HUN) 11h 37’ 18’’

TESTA A TESTA: dopo la riduzione del percorso rinunciano due dei grandi favoriti, il francese Julien Chorier e lo spagnolo Iker Karrera. Grande assente anche Kilian Jornet, vincitore delle edizioni 2008, 2009 e 2011. Francois D’Haene azzarda l’impossibile e si porta in testa alla gara dopo soli 20 km. Transita a Les Contamines (57 km) con un vantaggio di 9 minuti su Buud, 17 su Sa e 20 su Rey mentre Chaigneau è attardato di 21 minuti ma recupera la quinta posizione. Si ritira invece Miguel Heras, esattamente come lo scorso anno, quando era in seconda posizione. Trascorre la notte sotto la pioggia incessante. Ad Argentière, 10 km dalla conclusione, D’Haene è sempre più solo con oltre mezz’ora su Buud. Si ritira Chaigneau provato dalla fatica e dal freddo. Alle ore 5:39 di domenica mattina, Francois D’Haene termina la sua impresa in 10h 32’ 36’’.

LE SORPRESE: Francois D’Haene riesce finalmente a mettere un sigillo importante nella sua carriera. Jonas Buud, più volte a medaglia nella 100 km su strada, ha dimostrato tutta la sua classe anche sui sentieri sterrati. Michael Foote: nove anni dopo il secondo posto di Thoper Gaylord e il terzo di Brandon Sybrowsky, è il terzo americano che conquista il podio.

LE CONFERME: Csaba Nemeth, sesto piazzamento nei primi dieci e Tsuyoshi Kaburaki, con quattro piazzamenti sempre nei 10.

LE DELUSIONI: Per Sebastien Chaigneau doveva finalmente essere l’anno della vittoria dopo il secondo posto del 2009 e il terzo del 2011. Il suo UTMB è iniziato tutto in salita con una clamorosa caduta sulla linea di partenza. Anno nero anche per Miguel Heras che ha dovuto abbandonare la corsa quando era nelle primissime posizioni. Jez Bragg, dopo la vittoria del 2010 non ha più saputo confermare il suo talento. Si è ritirato dopo soli 20 km quando era oltre la duecentesima posizione.

SCOREBOARD

CCC Courmayeur (Ao) 31-8-2012

Uomini1. T. Castaner (ESP) ................ 8h 46’ 11’’2. M. Pasero (FRA) .................. 9h 28’ 13”3. N. Pianet (FRA) ....................9h 28’ 45”

Donne1. E. Greenwood (USA) ..... 11h 06’ 31’’2. M. Combarieu (FRA) ....... 11h 40’47’’3. M. Gobert (FRA) ............... 11h 45’ 49’’

TESTA A TESTA: Dallo Skyrunning al Trail Running; cambia la forma ma non la sostanza. Lo spagnolo Tofol Castaner domina dall’inizio alla fine la gara non lasciando speranze a nessun concorrente. Neanche la pioggia e il freddo riescono a rallentarne la marcia. Al rifugio Bertone, dopo soli 4 km, ha già 3’ sugli inseguitori. All’arrivo di Chamonix diventeranno addirittura 42. Vi giunge pochi istanti prima della partenza dell’UTMB® e riceve l’ovazione di decine di migliaia di tifosi. Su un percorso identico a quello del 2007, il suo tempo di 8h 46’ 11’’ fa impressione se paragonato alle 10h 19’ 46’’ di Julien Chorier. Sfida vera invece per il secondo posto con Mikael Pasero che a pochi chilometri dall’arrivo raggiunge Nicolas Pianet e lo lascia a soli 32 secondi. Più prudente l’inizio di gara dell’americana Ellie Greenwood tra le donne che esce sulla distanza offrendo un risultato finale altrettanto devastante come per Castaner. Con il tempo finale di 11h 06’ 31’, rifila 34 minuti alla francese Maud Combarieu e 39 a Maud Gobert.

LA SORPRESA: per Tofol Castaner, classe 1972, sembra essere iniziata una seconda carriera. Dopo i trionfi nello Skyrunning, l’atleta spagnolo dallo scorso anno ha cominciato a cimentarsi anche nelle ultra. L’italiana Simona Morbelli entra nelle top 10 con un ottimo nono posto e a soli 18’ dalle prime cinque.

LA CONFERMA: Ellie Greenwood ottiene con la CCC la sua sesta vittoria stagionale. Maud Gobert conferma che gli anni incominciano a passare anche per lei ma che il talento rimane quello di prima.

LA DELUSIONE: le prestazioni di Marco Bethaz (trentaquattresimo) e Davide Ansaldo (trentottesimo) sono di alto livello ma non ancora sufficienti per portare l’Italia maschile nel gotha del trail running internazionale.

UTMB FemminileChamonix (FRA) 31-8-2012

1. E. Hawker (GBR) ............ 12h 32’ 13’’2. F. Canepa (ITA) ................13h 17’ 01’’3. E. Roca (ESP) ...................13h 23’ 37’’4. R. Bosio (USA) ................ 13h 43’ 10’’5. K. Fori (ITA) ...................... 13h 58’ 25’’

TESTA A TESTA: l’inglese Elisabeth Hawker non delude le aspettative e conquista la sua quinta vittoria nella corsa. Francesca Canepa ci ha provato ma, forse penalizzata dalla riduzione del percorso, ottiene sì uno storico secondo posto ma con un ritardo di tre quarti d’ora che non le rende pieno merito. Dietro di lei atlete di valore assoluto come la spagnola Emma Roca, l’americana Rory Bosio, la brasiliana Fernanda Maciel e la spagnola Nerea Martinez. La Hawker è partita in testa e ha aumentato progressivamente il suo vantaggio sulle dirette inseguitrici. Mai un segno di cedimento e la solita concentrazione e determinazione dimostrata anche nelle fasi di assistenza oltre che in gara. L'altra italiana Katia Fori, dopo il settimo posto dello scorso anno, arriva quinta. Per lei 1h 26' di ritardo, ma un ulteriore passo in avanti verso l'eccellenza della disciplina. Lo scorso anno, su diu un percorso di 170 km, accusò oltre 5h 36' dalla stessa Hawker.

LA SORPRESA: la polacca Magdalena Laczak, classe 1978, sesta classificata in una delle sue prime esperienze nell’ultra trail running.

LA CONFERMA: Elisabeth Hawker, terza vittoria stagionale nelle ultra a cui si aggiungeranno quella nella Run Rabbit e alla Spartathlon in Grecia. Francesca Canepa, dopo il secondo posto lo scorso anno nella TDS, un altro secondo posto ma questa volta nella gara più conosciuta al Mondo.

LA DELUSIONE: l’americana Krissy Moehl, già vincitrice nel 2003 e nel 2009, non riesce ad andare oltre il quattordicesimo posto e si porta a casa quasi tre ore di ritardo.

TDS Courmayeur (Ao) 30-8-2012

Uomini1. D. Sherpa (NEP) .............14h 37’ 07’’2. L. Trivel (FRA) ................. 15h 05’ 26’’3. A. Guillon (FRA) ............ 15h 05’ 28’’

Donne1. A. Herve (FRA) ............... 19h 07’ 00’’2. J. Blanchet (FRA) .......... 19h 39’ 53’’3. A. Carlini (ITA) .................20h 32’ 14’’

TESTA A TESTA: Il nepalese Dawa Sherpa, classe 1969, ritorna alla vittoria in una gara dell’Ultra-Trail du Mont-Blanc® dieci anni dopo quella conquistata nella prima edizione del 2003. Una vera e propria icona del trail running, ancora fortissimo.Denominata dagli organizzatori come l’alternativa, quest’anno la TDS è stata gara vera, con una sfida a breve distanza tra Sherpa e i francesi Lionel Trivel e Antoine Guillon e l’unica delle tre prove a essersi svolta sul percorso integrale. Percorso durissimo di 112 km e 7.100 metri di dislivello positivo. La seconda parte, molto tecnica, è stata resa ancora più difficile dalla pioggia incessante per circa 20 ore. Dawa Sherpa viene accolto dal suo pubblico dopo 14h 37’ di gara. A pari merito, Trivel e Guillon, con quasi mezz’ora di ritardo.In campo femminile, la francese Agnés Herve fa sua la gara in 19h 07’. Dietro di lei Juliette Blanchet a 32 minuti e, terza, l’italiana Alessandra Carlini a 1h 25’.

LA SORPRESA: Pablo Villa, classe 1988, alla sua prima esperienza in un’ultra ottiene un quarto posto che vale moltissimo.

LA CONFERMA: Non che ne avessero bisogno ma Dawa Sherpa e Antoine Grillo hanno confermato di essere due tra i migliori atleti al mondo in termini di regolarità di risultati.

LA DELUSIONE: il ventesimo posto di Paolo Massarenti rende onore all’atleta ma, come per la CCC®, non al movimento italiano dell’ultra trail running che continua a mancare nelle occasioni che contano.

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73 eroi al TorL’endurance monstre valdostana, interrotta per il maltempo, ha visto il successo di Perez e Canepa con prestazioni da primato e pochi atleti a completare l’intero percorso

108 > trail running

TOR DES GEANTSTESTO: Fabio MeninoFOTO: Stefano Torrione

old out per il Tor des Geants alla terza edizione. I 600 posti disponibili sono an-dati esauriti, via internet, in meno di 24 ore. La competizione di endurance trail che percorre a grandi linee tutto il confi-ne della Valle d’Aosta lungo le Alte Vie numero 1 e 2 per un totale di 330 chilo-metri e 24.000 metri di dislivello positivo è dunque diventata in poco tempo un must. Nata nel 2010 per volontà dei Valle d’Aosta Trailers, la gara con partenza e arrivo da Courmayeur vedeva al via diver-si favoriti, alcuni protagonisti delle due precedenti edizioni come gli svizzeri Jules Henry Gabioud e Marco Gazzola, gli ita-liani Giancarlo Annovazzi, Giuseppe Grange e Mauro Saroglia, i francesi Chri-stophe Le Saux e Dominique Meynadier, lo spagnolo Pablo Criado Toca. Altri era-no alla conquista del primo Tor, come gli italiani Dennis Brunod, Roberto Beretta, Marco Confortola, Marco Zanchi e Nico Valsesia. Tra le donne, le italiane Patrizia Pensa e Giuliana Arrigoni, rispettivamen-te seconda e terza nel 2011, Francesca Ca-nepa, reduce da una stagione trionfale e Sonia Glarey.La partenza sabato 9 settembre. Nei pri-mi 100 chilometri di gara, fino a Cogne, si sono contati ritiri eccellenti e le sorpre-se. Tra i primi Dennis Brunod, Marco Gazzola, Jules Henry Gabioud e Nico Valsesia; tra le sorprese, il francese Gre-gorie Millet, trentesimo nel 2011 e l’ita-liano Franco Collè, alla sua prima espe-rienza in un’ultra, che sono transitati nelle primissime posizioni. Tra le donne incominciava invece l’impresa solitaria di Francesca Canepa.Sul terzo Tor des Geants, per la prima volta nella sua recente storia, è però giun-to anche il maltempo. L’organizzazione è stata costretta a decretare una prima sosta forzata dalla base vita di Valtournenche, a causa di una frana lungo il percorso, e una seconda nei pressi del Col Malatrà, a causa dell’abbondante nevicata. Ne sono usciti indenni solamente Gregoire Millet, Oscar Perez, Christophe Le Saux, Pablo

Criado Toca e Franco Collè che sono transitati, nei due punti, più veloci del maltempo; per loro la gara è continuata quindi senza interruzione fino a Courma-yeur. Con il perversare del maltempo, il Tor è stato poi definitivamente sospeso nei pressi di Bosses dopo 303 chilometri dal via. Solo 73 gli atleti che sono riusciti a terminare l’intero percorso di 330 chi-lometri.Con il nuovo record della corsa di 75h 56’ 31’’, lo spagnolo Oscar Perez ha tagliato per primo il traguardo di Courmayeur mercoledì pomeriggio alle ore 13:56. Die-tro di lui i francesi Gregoire Millet e Christophe Le Saux, distaccati rispettiva-mente di 2h 53’ e 4h 17’. Primo italiano e quinto assoluto, senza interruzioni di per-corso, Franco Collè in 84h 15’ 19’’. Tra le donne ha dominato la gara Francesca Ca-

In pilloleIl piemontese Mauro Saroglia è l’unico atleta che è riuscito nell’intento di classificarsi nei primi 10 assoluti in tutte e tre le edizioni del Tor des Geants (ottavo nel 2010, decimo nel 2011 e sesto nel 2012).

319 gli atleti, di cui 28 donne, giunti al km 303 di Bosses dove è stata definitivamente interrotta la corsa.

Per 239 (38%) atleti l’avventura è terminata prima dell’interruzione della gara.

I primi 100 km di gara, fino a Cogne, si sono dimostrati i più selettivi con 124 atleti ritirati, pari al 52% del totale.

nepa che ha concluso con un tempo effet-tivo di 85h 33’ 56’’. Dietro di lei le conna-zionali Sonia Glarey, con un distacco di 11h 26’, e Patrizia Pensa.

la Sfida per il primo poSto I primi tre classificati, Oscar Perez, Gre-goire Millet e Christophe Le Saux, sono tutti transitati almeno una volta in testa alla corsa. Millet è stato il protagonista assoluto fino a Valtournenche, con un unico cedimento nei pressi di Gressoney. Da Valtournenche in poi, invece, il prota-gonista assoluto del Tor 2012 è stato lo spagnolo Oscar Perez. Il solo Millet è riu-scito a recuperare qualcosa nei pressi dell’ultima base vita di Ollomont. Per il resto, i parziali dall’uscita di Valtournen-che all’arrivo, ovvero gli ultimi 100 chilo-metri di gara, descrivono molto bene quanto sia accaduto: Oscar Perez 23h 45’, Gregoire Millet 27h 45’, Christophe Le Saux 27h 40’. Per i parziali a metà gara: da Courmayeur a Sassa (161 km), Oscar Perez ha impiegato 29h 12’ 01’’; da Sassa a Courmayeur (171 km) 46h 44’ 30’’.

Sopra Uno dei primi raid

organizzati dal CAI UGET, nel 1968. La foto è

scattata a Grssoney

CLASSIFICHEUomini1. O. Perez (Spa) ......................................75h 56’ 31’’2. G. Millet (Fra) .......................................78h 50’ 03’’3.C. Le Saux (Fra) .....................................80h 14’14’’4. P. C. Toca (Spa) ..................................83h 37’ 29’’5. F. Collè (Ita) ............................................84h 15’ 59’’

Donne1. F. Canepa (Ita)......................................85h 33’ 56’’2. S. Glarey (Ita) ......................................96h 59’ 54’’3. P. Pensa (Ita) .........................................97h 06’ 15’’

In alto. Da sinistra a destra Oscar Perez Lopez in un passaggio a Merdeux, la partenza della gara, il passaggio di Francesca Canepa a Gressoney

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Una recente lettura ci ha consentito di conoscereun personaggio di grande spessore umano e tecnico

Elogio del limiteSeduto su una sedia in una rara giornata di sole di questo inizio novembre, Fabrizio scorre tra le dita le pagine del suo libro. Casca l'occhio sui ringraziamenti. Carrol, Darwin, Daumal, Deleuze, Fellini, Feynman, Gödel, Halliday, Her-zog, Joyce, Kant, Melville, Pavese, Prust, Richler, Spengler, Spinoza. Li legge, uno per uno. Poi ci pensa un attimo, alza lo sguardo. «Forse l'ho fatta un po' fuori dalla tazza…» sorride, poi si fa serio. «Eppure ero sincero quando l'ho scritto. Sono autori di cui non ho la pretesa di conoscere a fondo il pensiero, ma che in varie fasi della mia vita mi hanno aiutato a crescere e a capire qualcosa di me e degli altri. Per questo mi è sembra-to doveroso citarli. Anche se a prima vista potrebbe sembrare una 'banfata'». Fabrizio Pistoni è di Ivrea, come noi. Classe 1963, è un grande appassionato di montagna da sempre, di scialpinismo e di ripido. Curioso che ci siamo conosciuti solo adesso. Nel suo curriculum ci sono imprese di un certo spes-sore: nel 1988 ha fatto il giro con gli sci intorno al Fitz Roy e al Cerro Torre e nel 1992 la traversata da Atlian a Juneau tra Canada e Alaska. Ma il suo nome è anche nella classifica del Pierra Menta del 1995, quando gli italiani in classifica si po-tevano contare sulle dita delle mani. Una delle tante vinte da Fabio Meraldi (insieme a Thierry Bochet, questa volta) in cui Fabrizio si è piazzato in ventunesima posizione insieme ad Alberto Roviera. E poi nelle edizioni successive. Ma anche in chiave 'summer' non si è fatto mancare nulla: ha concluso gli Iroman Embrun ed Elba nel 1996 e nel 1998 ha preso parte al Camel Trophy in Argentina e Cile. Per venire al più recen-te Tor des Géants, in cui nel 2010 si è classificato ventesimo.«Incredibile pensare a distanza di un paio d'anni a quanto sia una cosa futile rincorrere una sagoma davanti a te per decine di chilometri, ponendoti come unico obiettivo di superarla. In quel momento ti sembra che sia la cosa più importante della tua vita, invece nessuno darà mai peso al fatto che un concorrente si sia piazzato ventesimo o ventunesimo nell'edi-zione di una certa gara». Fabrizio pensa alle cose prima di parlare, non è uno che parla a caso. «Alla fine conta per te, per quel preciso momento che stai vivendo. E forse è una delle cose più importanti nella nostra vita e non ce ne rendiamo nemmeno conto». La chiacchierata parte dal suo libro 'Elogio del limite' pubblicato recentemente da Ediciclo e che raccon-ta, passo dopo passo, la sua prima esperienza al Tor des Géants. «Non mi passava nemmeno per la testa di scriverci un libro mentre correvo. Nemmeno dopo, a dire il vero. è nato come una cosa intima, una specie di diario. Poi l'ho fatto leggere a un po' di persone che mi hanno spinto a pubblicar-lo». Ho letto in pochi giorni l'opera di Fabrizio. Ti fa sentire in corsa lungo i passi e le discese delle montagne valdostane. Ti accompagna con un vero e proprio stream of consciousness

nelle diverse fasi della corsa, da quelle eroiche a quelle depres-sive per usare una sua definizione. Ti viene voglia di leggere una pagina in più quando stai per addormentarti, immedesi-mandoti nell'autore che in quel momento si trovava a rincor-rere una avversario nella notte o a percorre le ultime rampe prima di varcare la soglia di un ristoro.«è stato un atto di spogliamento. Ci tengo che gli altri lo leggano, sono curioso di sapere cosa ne pensano. Mi piace l'idea di sentirmi un tramite, di trasferire delle emozioni in chi legge, anche se non ho alcuna pretesa di riuscirci». Le pa-gine volano via, ci ho messo più o meno quanto l'autore nella sua performance agonistica. Quando mancano pochi metri al traguardo di Courmayeur, il suo pensiero è quasi il tuo. «Trecento metri al posto di trecento chilometri? Non sarei potuto venire direttamente qui? No… il percorso è impor-tante. Questo strano anello era necessario».

INTERVISTE

HA Vinto l'oMBrA(questa volta…)

Considerazioni sulla seconda partecipazione al Tor des Géantsdi fabrizio pistoni

«Mi sono ri-iscritto».«Secondo me hai fatto male».«Perchè?»«Perchè non si può rivivere un bel ricordo, rischi di distruggerlo; al massimo lo puoi ricostruire, ma tanto non ne coglierai l'essenza».« ...già fatto, grazie».165 pagine, una ogni due chilometri, avrò pur capito qualcosa, no?!No.Già: l'essenza... Di quella manco l'ombra.Infatti ho voglia di rimettermi alla prova.Così vedo se ho capito qualcosa.È ri-iniziata così: un confronto con un passato neanche troppo lontano con il quale già dovevo fare i conti.Solo che è dura correre contro la propria ombra.Infatti ne ho viste delle belle, roba che manco immaginavo e a cui non sono ancora riuscito a dare un senso.Adesso posso solo notare che il destino pare aver una gran voglia di prendermi in giro.Ma occorre un piccolo antefatto:Per un caso della vita l'ombra che ho rincorso è diventata libro proprio nel periodo in cui mi allenavo per batterla. Il nome dell'Ombra l'ha scelto Luca, l'editor, immagino sulla base del mio racconto. In effetti quell'Elogio del limite è sincero, anche se mi sembra altisonante: io voglio bene ai limiti, se sono cresciuto è grazie a loro. Li ho sempre cercati.Ma un conto è vivere il limite come confine alla propria libertà d'agire, un altro è considerarlo un segno della mia finitudine. Un 'non lo puoi fare' che non si può aggirare perché il tempo è scaduto.Punto. Game Over.Il bello è che era tutto scritto nel titolo.Maledetta Ombra, questa l'hai vinta tu.Pare sia il bello del gioco.Che è proprio bello.

Sopra. Fabrizio in azione nella sua seconda partecipazione al Tor. Sotto. Un'immagine della prima edizione

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109 > ultra trail

PERSONAGGI TESTO: Davide Marta

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110 > trail running

FACE TO FACETESTO: Claudio PrimavesiFOTO: Matteo Ghezzi

Una è neozelandese, l'altra catalana. Una cosa le accomuna, sono due delle donne più forti al mondo nelle gare di trail. Le abbiamo messe a confronto, in un botta e risposta serrato, per scoprire tutto di loro

anna VSperché corri?Anna: perché mi piace e mi dà la possibilità di viaggia-re. Mireia: ho iniziato giusto per mantenere l'allenamento per le gare di scialpinismo ma ora avrei difficoltà a dire se preferisco l'attività invernale o il trail, perché in effetti in estate è più facile fermarsi a guardare il paesaggio.

quante scarpe usi all'anno?Anna: difficile dirlo, alla Transvulcania, per esempio, ne ho 'bruciate' tre, a causa del suolo vulcanico, nella fase di preparazione alla gara.Mireia: mah, forse quattro paia a stagione, in media du-rano tre mesi.

hai scarpe personalizzate?Anna: con il programma S-Lab di Salomon le scarpe per gli atleti vengono prodotte su misura, più che altro per-ché spesso abbiamo piedi di una taglia in larghezza e di una taglia in lunghezza. Per il resto le scarpe sono quelle in commercio anche se a volte io le personalizzo. Per esempio posso usare una S-Lab 5 Ground con intersuola della S-Lab 4 senza chassis o suola della S-Lab 5 Soft Ground.Mireia: anche io uso scarpe su misura, come tutti gli atleti Salomon.

usi plantari?Anna: no.Mireia: da questa estate, da quando ho avuto problemi al ginocchio, mi aiuta a farlo lavorare meglio.

qual è l'evoluzione della scarpa da trail?Anna: credo che andremo verso la specializzazione.Mireia: c'è sempre più specializzazione, non esiste più solo il trail, ma il vertical, l'ultra-trail...

E i calf?Anna: qualche volta, magari quando fa freddo o sono stanca o devo correre tra i cespugli.Mireia: no, sempre calze corte, anche quando fa freddo.

usi il cardiofrequenzimetro?Anna: no, capisco quando sono stanca, qualche volta mi tasto il polso per contare le pulsazioni.Mireia: solo in autunno, per tre settimane, per capire qual è il mio stato di forma prima della stagione invernale.

In allenamento usi zaini con sistema di idratazione?Anna: no, uso a volte la cintura, anche in gara.Mireia: no, faccio allenamenti corti e mi fermo alle fon-tane, a volte uso il flask.

E in gara cosa mangi e bevi?Anna: energy drink, carbo, acqua.

Mireia: un paio di gel, massimo tre, altrimenti il mio stomaco non li sopporta.

La prima colazione del giorno di gara?Anna: avena, dopo (ridendo) Tequila!Mireia: avena al mattino, ma anche frutta, caffè. Dopo mangio quello che il mio corpo ha bisogno senza una regola precisa.

hai un particolare regime alimentare?Anna: no, cerco di non mangiare cibo che mi fa ingrassare, limito i carboidrati, soprattutto i derivati del grano.Mireia: no, però sono golosa di cioccolato, cioccolato nero, vedi anche oggi ne ho un po' nello zaino, ne vuoi un pezzo?

mireiaESCLUSIVO

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Allenamento intensivo con ripetute o corsa normale?Anna: punto sulla quantità, tante miglia. Se vedo una montagna ripida e m'ispira salgo più veloce che posso, questa è la mia intensità, ma se non sono al top seguo percorsi più facili.Mireia: per l'inverno faccio anche allenamento di inten-sità, per l'estate vado a sensazione.

quanto ti alleni?Anna: nei periodi top fino a 30 ore settimanali, non solo di corsa ma anche bici e nuoto.Mireia: da 12 a 20 ore settimanali, in estate faccio anche bici, mentre in inverno conto solo le ore di salita.

quante gare all'anno?Anna: prima 35, ora che faccio ultra-trail, direi 10-15,

con 5 gare lunghe.Mireia: una quarantina tra estate e inverno.

quanto ti riposi dopo una gara?Anna: ho fatto l'errore di riposare troppo poco dopo la Transvulcania e ho dovuto fermarmi per recuperare, sulle ultra-trail devo ancora fare esperienza, comunque credo che il periodo giusto di recupero dopo una gara ultra-trail sia da quattro a sei settimane.Mireia: dipende, tre-quattro giorni.

quanto conta la testa e come la alleni?Anna: la testa è molto importante ma non la alleni per-ché le emozioni vanno gestite di volta in volta, in gara viene fuori sei sei una dura o no. Nelle ultra si combatte non solo con l'avversario ma con se stessi.

Mireia: sono d'accordo, l'unica cosa che può aiutare nel-le gare corte è quella di visualizzarsi, di visualizzare la propria prestazione nei vari passaggi.

hai un allenatore o preparatore atletico?Anna: da giovane sì, ora è diventato più che altro un mentore, al quale chiedo consiglio ogni tanto.Mireia: sì, ma giusto per chiedere suggerimenti per la preparazione invernale.

Mireia, com'è il passaggio dal gesto in scivolata dello scialpinismo a quello del trail running?Sicuramente più facile al contrario, dal trail allo scialpi-nismo, perché il trail sollecita di più le articolazioni e quindi richiede più tempo per adattarsi.

carta d'identità

mireia miro' varela

NATA IL 31 luglio 1988

NAzIONALITà spagnola

CITTà Barcellona,

palmarèS

prima al Giir di Mont, Dolomites Sky Race e alla

Cross du Mont Blanc nel 2011, seconda nel Ver-

tical e terza nella sky race alla Dolomites di Ca-

nazei nel 2012. Nello scialpinismo diverse vitto-

rie (in coppia) nelle gare più prestigiose del ca-

lendario (Patrouille des Glacieres, Tour du Rutor,

Pierra Menta, Adamello Ski Raid), vincitrice di

una Coppa del Mondo, di una Grande Course,

campionessa del mondo individuale e vertical,

diverse medaglie europeee, 14 podi in Coppa

del Mondo.

Scatti, luci e ombreDiversi scatti e umori contrastanti

per le due intervistate.Le abbiamo incontrate alla vigila del

Kilian's Classik a Font Romeu, sui Pirenei

111 > trail running

carta d'identità

anna froSt

NATA IL 1 novembre 1981

NAzIONALITà neozelandese

CITTà Dunedin

LAVORO: insegnante di yoga e Pilates

palmarèS:

prima alla Transvulcania 2012, alla SpeedGoat

50 e alla Maxi-Race Annecy prima alla Mt. Eve-

rest Marathon 2009 (nuovo record 4h 35'), se-

conda nel ranking delle Ultra Skymarathon Seri-

es 2012. Vincitrice di due TNF Endurance Chal-

lenge a San Francisco.

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112 > sky running

STAVA SKY RACETESTO: Claudio PrimavesiFOTO: Ralf Brunel FATTORE

zemmer foreverQuando corre lui non ce n'è per nessuno. La Verticale del Cornon, partita poco prima della Sky Race, ha detto che Urban zemmer, in salita, è imbattibile. Non è bastato neppure un Golinelli sui tempi di Urban della passata stagione (seppur su un percorso leggermente diverso) per mettere in difficoltà l'altoatesino, che quest'anno si è allenato molto. La 'chicca' tecnica riguarda la decisione di zemmer di affrontare il tracciato senza bastoncini. Una prova generale per gli Sky Games di Ribagorza. Invece il Cornon è stato l'ultimo palcoscenico estivo di Urban. Pochi giorni dopo è stato colpito da due ictus, superati brillantemente anche grazie alla sua fibra di 'lottatore'. Ricovero in ospedale, accertamenti, attese. Poi il 20 ottobre a Fully, il record del mondo di Vertical (30' 26"). Chapeau per un grande interprete di questa disciplina. zemmer Forever!

Z

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113 > sky running

Zinca e Zemmer demoliscono gli avversari alla Stava ma per l'altoatesino è l'ultimo exploit dell'estate: dopo pochi giorni verrà colpito da due ictus, per fortuna superati brillantemente

FATTORE

Percorso nuovo di 24,8 chilometri contro i 21,5 della passata edizione. Partenza e arrivo in paese a Tesero, nel piazzale delle scuole. Inserimento nel calendario della neonata challenge 'La Sportiva Gore-Tex Mountain Running Cup'. Quest'anno alla Stava Sky Race e al Verticale del Cornon dello scorso 24 giugno c'erano tante novità a nobilitare una gara già unica per bellezza del percorso, tecnicità e panorami. Una gara che ogni anno attira sempre più 'big'. Basti pensare che erano al via, tra gli altri, Hernando, Caballero, Golinelli, Facchinelli, Zemmer, Zinca, Mamleev, Brizio, Dominguez, Pintarelli, Cappelletti, Lopez, Tavernaro… Il leit-motiv della skyrace, almeno nei giorni precedenti, è stato quello riguardante l'ultima lunga discesa fino in paese, a Tesero. Un'incognita perché inserita per la prima volta nel percorso. Prevista come uno dei punti nei quali si sarebbe decisa la vittoria, perché lunga e ricca di saliscendi proprio alla fine, si è rivelata invece ininfluente. Forse lo sarà nelle prossime edizioni, ma nel 2012 il romeno Ionut Zinca non ha avuto bisogno di questo 'toboga' per imporsi. Ionut è stato protagonista di una prestazione impressionante, con rilevamenti cronometrici che confermano una gara in solitaria: prima qualche secondo di vantaggio, poi un minuto, due, quattro, infine più di sei al traguardo. La temuta discesa ha incrementato ancora il vantaggio, ma non è stata decisiva. Dietro di lui un Hernando incerottato, in dubbio fino all'ultimo per un fastidio al ginocchio (aveva prenotato un aereo che ha preso solo nel pomeriggio prima della gara), che ha comunque onorato la gara, poi Mamleev, mentre Caballero, vincitore nel 2011, non è riuscito a salire sul podio. Tra le donne la solita Emanuela Brizio ha regolato con oltre quattro minuti la pratica Nuria Dominguez e con sette minuti Jennifer Senik. Le altre sono lontane (la quarta, Chiara Gianola) a 23 minuti, a dimostrazione del fatto che lo skyrunning rosa è cresciuto ma deve ancora fare qualche passo.

Z STAVA SKy RACETesero (Tn) 24-6-2012Sky Race

Classifica maschile1. I. zinca (Rom) ..................................2h 18' 36''2. L. A. Hernando (Spa) ...............2h 24' 35''3. M. Mamleev (Ita) ...........................2h 24' 51''4. M. Caballero (Spa) ......................2h 26' 42''5. D. Cappelletti (Ita) .......................2h 27' 35''

Classifica femminile1. E. Brizio (Ita) ......................................3h 00' 53''2. N. Dominguez (Spa) ...............3h 05' 02''3. J. Senik (Ita) .......................................3h 08' 22''4. C. Gianola (Ita) ...............................3h 24' 36''5. S. zanon (Ita) .....................................3h 31' 53''

TESTA A TESTA: al passaggio del Forcello zinca aveva 12 secondi sul castigliano Gispert, velocissimo nella prima ascesa verso il Cornon ma poi in difficoltà nelle parti in discesa. Mamleev passava a un minuto e mezzo, Cappelletti a 1’41”, Ortega a 1’50”. Sul Cornon il vantaggio del primo sul secondo diventava di un minuto, ma da quel momento in poi, quando bisognava lasciare andare le gambe, Gispert non ha tenuto più il ritmo. In località Saline, infatti, zinca poteva amministrare 2 minuti di margine sulla coppia composta da Hernando Alzaga e da Mamleev, tre sul duo Caballero Ortega-Cappelletti. Sul Monte Agnello il cronometro regalava a zinca quasi 4 minuti di vantaggio su Hernando Alzaga che a sua volta era riuscito a scrollarsi di dosso la compagnia di Mamleev, superato anche da Cappelletti e tallonato da Caballero Ortega. Al Doss dei Branchi le gerarchie sono quelle definitive: dietro al romeno ci sono Hernando e Mamleev. Da qui in poi i protagonisti badavano solo a gestire le energie e ad affrontare la difficile discesa verso Tesero, uno dei tratti più temuti del percorso, non solo perché nuovo, ma anche perché si fa sentire non poco sulle gambe. Dopo zinca, Hernando e Mamleev hanno tagliato il traguardo Caballero Ortega, Cappelletti, Lopez Castan, Tavernaro, zerboni, Pintarelli e Scalet. In campo femminile Emanuela Brizio, vincitrice già nel 2011 a Tesero, ha spazzato via la concorrenza della spagnola di Palencia Nuria Dominguez Azpeleta, staccata di ben 4 minuti, e della friulana Jennifer Senik, che ha chiuso a 7 minuti e mezzo dalla prima.

LA SORPRESA: che fosse forte lo si sapeva, ma che potesse vincere contro Hernando,

SCOREBOARD

STAVA SKy RACETesero (Tn) 24-6-2012Vertical Kilometer

Classifica maschile1. Urban zemmer 44' 21''2.Nicola Golinelli 46' 42''3. Marco Facchinelli 48' 20''4. Marco Moletto 48' 42''5. Claudio Bettega 52' 25''

Classifica femminile 1. Francesca Rossi 1h 01' 03''2. Irene Senfter 1h 03' 59''3. Serena Vittori 1h 06' 52''4. Dimitra Theocharis 1h 13' 02''5. Veronika Pedevilla 1h 14' 58''

TESTA A TESTA: l’unico con i mezzi per ostacolare Urban zemmer sul percorso di 5 chilometri e 1080 metri di dislivello era il lecchese Nicola Golinelli che stava facendo i conti con un problema all’alluce in virtù del quale ha scelto di affrontare la sola salita invece della gara lunga. Al Canalin il suo distacco da zemmer era già di 1 minuto e 20”, quello di Marco Moletto di 3 minuti e 10”, saliti rispettivamente a due minuti e a quattro a Cava Onice, dove però Marco Facchinelli è passato davanti a Moletto. Con questo ordine i quattro hanno tagliato il traguardo poco prima che a valle prendesse il via la Stava Sky Race. Fra le donne acuto della bellunese Francesca Rossi (Sci Club Ponte nelle Alpi), che ha lasciato a quasi tre minuti Irene Senfter e a 5'48'' Serena Vittori. Hanno preso parte al Verticale 59 concorrenti.

LA SORPRESA: Marco Moletto, che successivamente trionferà nel k2.000 di Morgex, dimostra di essere atleta di razza. Il giovane piemontese ha le carte in regola per ben figurare nella specialità.

LA DELUSIONE: nessuna, quando c'è Urban si combatte per il secondo posto.

LA CURIOSITà: anche il padre di Marco Moletto, Mario, ha partecipato alla gara, facendo segnare un ottimo undicesimo posto.

Caballero, Cappelletti, Lopez, Pintarelli & co non era scontato. Bravo zinca.

LA DELUSIONE: non ce ne voglia, ma proprio perché era il più forte degli atleti in gara, Luis Alberto Hernando. A sua scusante un fastidio al ginocchio e la decisione di correre all'ultimissimo minuto (è arrivato la sera prima della gara). Quando corre Hernando, però, ci si aspetta sempre la vittoria.

LA CURIOSITà: nuovo percorso, più lungo (24,8 km conto i 21,5 della precedente edizione) con partenza e arrivo in paese a Tesero.

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114 > sky running

DOLOMITES SKY RACETESTO: Guido ValotaFOTO: Ralf Brunel

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115 > sky running

Dopo tre anni di scherzi del meteo la Skyrace di Canazei transita dal Boè. Vittorie di Kilian Burgada ed Emelie Forsberg. Nel Vertical ecco lo sloveno Nejc Kuhar (a sorpresa) e Antonella Confortola

IL PIZ BOÈ INCORONA

KiLianra calendari fittissimi e concomitanze importanti ci sono corse che rappresentano appuntamenti proprio per tutti. La Dolomites Sky Race è il prototipo di queste classiche. L’aria da happening globale che si respira a Canazei risale alla sua longevità, ben 15 edizioni con questa, e all’aver connotato in un momento decisivo la crescita del movimento, che oggi scoppia di salute. E poi tutto quello che si muove tra le Dolomiti sembra assorbire quell’aura fiabesca che resiste perfino agli spintoni della modernità. Lo sanno bene i lettori di Ski-alper che conoscono l’atmosfera della Sellaronda Skimarathon, della Pizolada, della Marcialonga, delle granfondo in superleggera e in mountain bike, per citare solo gli eventi affini al nostro mondo.

la 'Scala Santa' del verticalL’aria di festa si respirava già venerdì mattina alla partenza del Vertical, disciplina per specialisti in un giorno da specialisti. Sul prato di Alba di Canazei 270 'kamikaze' della picchiata all’insù. Davanti a loro dieci metri pianeggianti e subito i mille ruggenti, una retta tracciata appositamente nel bosco della Crepa Neigra per il chilometro verticale seguendo la linea della goccia d’acqua. Le pendenze sono sempre forti tranne un sospiro di dieci metri ai +100 con la direzione che cambia solo al colletto di cresta. Fondo di terra morbida di bosco, appena compattato dai passaggi e dall’erbetta rasata come al golf club. Nei tratti più ripidi, oltre i 45° misurati, il terreno è sostenuto da rami d’abete; ai +400 una ‘scala santa’ di 80 gradini spara verso l’alto quasi parallela ai larici del bosco. A tratti si passa in tunnel ricavati tra gli abeti troppo fitti. Davvero entusiasmante... se non fosse da aggredire a tutta. Pendenza forte non è sempre garanzia di tempi assoluti, tutt’altro. Qui oltretutto il fondo morbido assorbe un po’ di spinta e il minimo calo nella performance fa subire troppo la pendenza. Non è terreno per muscolari, quasi tutti hanno usato i bastoncini, perfino Kilian e questa è una notizia. Ma perché nessuno ha pensato alle chiodate? Il terreno esalta la gara sull’uomo e lo spettacolo a cui abbiamo assistito dalla cresta lo conferma. Negli ultimi trecento metri, finiti i boschetti, i cinque in fuga sono su terreno aperto: partono attacchi e contrattacchi. Distacchi che si dilatano a dismisura per poi annullarsi in tempi irreali perché c’è un che di irreale nel vedere degli esseri umani salire certe pendenze a certe velocità. Alla bocchetta, addobbata con il grande gonfiabile che trae in inganno, si svolta a sinistra per gli ultimi 100 m +. Qui si sono consumati i drammi di chi ha 'sparato' tutto per il gonfiabile o di chi tra controluce e spettatori disseminati ha avuto l’incertezza che costa due-tre metri sull’avversario

DOLOMITES SKy RACECanazei (Tn) 20-7-2012 Vertical

Classifica maschile1. N. Kuhar (Slo) .....................................................................................33' 33''2. A. S. Padua Rodriguez (Col) ................................................ 33' 52'' 3. K. Jornet Burgada (Spa) ..........................................................34' 03'' 4. M. Jacquemoud (Fra) ...............................................................34' 53'' 5. L. Alberto Hernando (Spa) ................................................... 35' 10''

Classifica femminile1. A. Confortola (Ita) .........................................................................40' 05'' 2. M. Mirò (Spa) ......................................................................................41' 45'' 3. B. Maria Serrano (Spa) ..............................................................43' 34'' 4. L. Orgue (Spa) ...................................................................................44' 17'' 5. E. Forsberg (Sve) ...........................................................................45:' 01''

TESTA A TESTA: al via Kilian Jornet dà subito uno strappone e prende un minuto ma poi rallenta e lo riprendono. Nel gruppo di testa: lo sloveno Nejc Kuhar, scialpinista a proprio agio sul passo ripido e nell’uso agile dei bastoncini; Antonio Saul Padua Rodriguez, giovanissimo colombiano figlio d’arte, 100 per cento corsa; lo stesso Kilian, per una volta coi bastoncini. Ai 700 m+ sbucano su terreno aperto e Kuhar attacca in progressione raggiungendo un vantaggio che pare decisivo, attorno ai 70 metri sul terreno. A questo punto assistiamo a uno spettacolo incredibile: Padua Rodriguez raddoppia ritmo e ampiezza di corsa e su una pendenza impossibile recupera a vista d’occhio Kuhar, lo raggiunge e lo stacca di circa venti metri quando ne mancano circa 50 + al colletto. I due continuano così distanziati, con Kuhar che comunque reagisce limitando i danni. Scollinano vicinissimi ma Padua Rodriguez ha un’esitazione. A pochi metri da loro, sul sentiero che gira verso est controsole, tra il pubblico sparso, dobbiamo mettere a fuoco la situazione anche noi per capire dove vada di preciso il percorso. Indovina tutto subito invece Kuhar. In pochi attimi si consuma l’irreparabile per il colombiano e lo sloveno vince in 33’ 33” scavando in breve un abisso di 19 secondi. A 30” da Kuhar rimonta qualcosa KJB senza dannarsi più di tanto, ma vederlo salire appeso ai bastoni spingendo in alta resistenza non è lo spettacolo solito. A 1’ 20” sbuca Mathéo Jacquemoud con cappellino da ciclista anni ’50 (a visierina alzata oltretutto) che incornicia una faccia molto più giovane dei suoi 22 anni. Motore overboost, idee chiare e quest’inverno team fisso confermato con Jornet Burgada. La gara delle donne ha andamento costante nelle posizioni di classifica lungo tutta la salita: vince la favoritissima Antonella Confortola in 40’ 08”, segue Mireia Mirò a 1’ 40” alle prese con i suoi problemi al ginocchio e a 3’ 29” la connazionale Blanca Maria Serrano. Tra loro lo spettacolo è dato dalla quantità e dal livello delle presenti, 44 all’arrivo. Tutte perfettamente in gara con gli uomini in una specialità che per intensità muscolare si immaginerebbe largamente sfavorevole.LA SORPRESA: certamente Kuhar, per tecnica, motore e presenza di spirito.LA DELUSIONE: quella ben mascherata del povero Padua, bravissimo quanto timido ragazzo in trasferta stagionale dall’altra parte del mondo.LA CURIOSITà: provate a correre 100 metri a caso sulla Crepa

SCOREBOARD

tNella pagina accanto.

Lo spettacolo degli atleti di passaggio alla Forcella del Boè.

Qui sotto. Il passaggio solitario di Kilian

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116 > sky running

DOLOMITES SKY RACE

DOLOMITES SKy RACECanazei (Tn) 22-7-2012Sky Race

Classifica maschile1. Kilian Jornet Burgada (Spa) ........................................2h 01' 52'' 2. Ionut zinca (Rom) ...............................................................2h 06' 31''3. Mitja Kosovelj (Slo) .............................................................2h 06' 58'' 4. Luis Alberto Hernando (Spa) ......................................2h 07' 41'' 5. Mathéo Jacquemoud (Fra) .......................................2h:07':45''

Classifica femminile1. Emelie Forsberg (Sve) ......................................................2h 26' 00'' 2. Kasie Enman (Usa) .............................................................2h 28' 09'' 3. Mireia Mirò (Spa) ...................................................................2h 30' 08'' 4. Blanca Maria Serrano (Spa) .........................................2h 33' 47''5. Silvia Serafini (Ita) ...................................................................2h 35' 39''

TESTA A TESTA: la mattina del grande giorno i 758 partenti sanno che dopo tre anni di scherzi del meteo questa volta transiteranno ai 3.152 metri del Piz Boè. La poca neve caduta 24 ore prima si è sciolta. Partenza di massa suggestiva, specialmente considerando che vanno ad assaltare 1.750 metri di dislivello up & down. Dopo circa 37’ il gruppo di testa è a Passo Pordoi. Sulla ghiaia della forcella si fa la selezione: non è più il tracciolino franoso delle prime edizioni, ma si può far velocità solo di tecnica e intensità. A forcella Pordoi transita in corsa facile Kilian con circa un minuto su Kosovelj; seguono gli altri in gruppetti sparsi a un minuto. Qui si passa in pochi metri da pareti, salita e ombra, al mondo solare degli altipiani di roccia bianca da correre in volo. Kilian guadagna altri 30” attraversando al Boè in 1h 17’ totali e poi altri tre minuti nel misto che porta all’imbocco della Val Lasties, la discesa da temere, molto più dell’innocente salita a forcella Pordoi! Alle sue spalle le posizioni si alternano: Padua Rodriguez cade e si trascina; Kosovelj, Hernando, Kuhar, Roc Amador, zinca, Castaner si giocano la classifica dal secondo posto. Poi zinca si produce in una vera impresa, guadagnando quattro posizioni, fino alla seconda. Anche le donne rimescolano le carte dopo la salita ed Emelie Forsberg annulla il distacco con Kasie Enman, giunto a un massimo di tre minuti. Radio corsa non fa tempo a fornire i passaggi a Pian Schiavaneis che già piomba sul traguardo Kilian Jornet Burgada con oltre quattro minuti di anticipo sul precedente record della gara: oggi 2h 01’ 52”. A 4’ 39” Ionut zinca e a 5’ 06” Mitja Kosevelj, distacchi preparati in salita e realizzati in discesa. Anche le prime due donne stracciano il record con Emelie Forsberg in 2h 26’ e Kasie Enman a 2’ 09”. Terza dopo altri due minuti Mireia Mirò, sanguinante al ginocchio, non bastassero i guai cronicizzati alla stessa articolazione.LA SORPRESA: la luce forte del sole a Forcella Pordoi.LA DELUSIONE: già finita??? …all’arrivo i finisher avevano l’aria di chi correrebbe volentieri ancora un po’.LA CURIOSITà: perché utilizzare il servizio trasporto bastoncini in quota, se ci vuol più tempo a cercare i propri che a portarli sempre con sé?

diretto. Subito i metri sono diventati dieci e poi trenta… ma all’improvviso è finito tutto.

finalmente il piz boèPercorso integrale con la cima del Piz Boè dopo tre anni di tracciati alternativi per maltempo. La neve caduta il mattino precedente è quasi scomparsa. Lo start dei cronometristi è una liberazione per molti. Dalla piazza si corrono in salita le stesse viuzze che ogni quattro anni si risalgono sci ai piedi per la partenza del Sellaronda e che dopo qualche oretta diventano il toboga che scodella al cambio d’assetto/traguardo. Ma adesso è luglio, le piste dello sci alpino vanno risalite e qualcuno riconosce i curvoni dove ogni anno, un venerdì sera di febbraio, si butta giù a ottanta all’ora nel buio. Bene o male fino al Pordoi si sopravvive, anche a costo d'indurirsi un po’. Davanti nessuno ha strappato: è presto, sono tutti freschi, impossibile fare selezione o staccare l’avversario per poi avere margine in discesa. Queste sono cose che vanno

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fatte subito dopo il passo o mai più. Alla Dolomites ci sono tre terreni ben distinti: la lunga salita, il misto sull’altopiano, la lunga discesa. Portarsi a spasso su uno gli specialisti degli altri, significa cercarsela. E infatti dopo gli ultimi dossi erbosi davanti si è scatenato l’inferno: su ghiaie sempre più ripide e scomode tutti hanno attaccato o difeso al proprio limite. Non conta solo il distacco scavato sull’avversario alla Forcella Pordoi, bisogna osservare le ripartenze sul traverso di lastroni calcarei che la seguono. I primi trecento metri raccontano molto di come andrà a finire e le differenze sono nette anche in testa: c’è chi ha spinto a 3’ 30” al chilometro e chi si è trasferito onorevolmente verso il Piz Boè. Dopo il lungo semicerchio delle Mesules molti distacchi sono diventati abissi in tempi relativamente brevi. Al Pordoi 'radio corsa' dava il gruppo di testa unito e Antonio Saul Padua Rodriguez a condurre; alla forcella invece Kilian Jornet è transitato primissimo in corsa sciolta con più di un minuto su Mitja Kosovelj che saliva al passo, di ritmo, potenza e bastoncini. Gli altri seguivano staccati. All’imbocco della Val Lasties, la grande discesa, il vantaggio quadruplicava e poi all’arrivo si contavano cinque minuti. KJB è anche un discesista forte e quando qualcuno lo impegnerà su questo terreno, il muro delle due ore diventerà un pallido ricordo. La discesa resta il terreno che fa la maggior differenza, la Val Lasties è lunga e selettiva. Diverse posizioni sono cambiate come è giusto che sia: Ionut Zinca ha recuperato ben quattro posti e diversi minuti, conquistando addirittura il secondo gradino. Tra le donne Emelie Forsberg ha ribaltato le posizioni di due terzi del percorso vincendo davanti a Kasie Enman con due minuti, recuperandone cioè cinque; abissi, e parliamo dell’élite. Chi può gestirsi tatticamente fa il garone, togliendo il riferimento alla vista dell’avversario e agganciandosi a un treno più veloce. Giù a Canazei il poco tempo tra la partenza e l’arrivo dei top runner ha lasciato ai turisti il dubbio che una Skyrace sia il giro dei giardinetti. Solo molto più tardi, quando sono arrivati a valanghe tutti gli altri, veloci e con le facce da duri, gli stessi turisti hanno potuto realizzare che centinaia di persone sono andate e tornate da lassù nella metà del tempo che si impiega in auto più funivia!

Nelle foto accanto.Nehic Kuhar all'attacco nel Vertical.Sotto. L'azione di Antonella Confortola, vincitrice del Vertical femminile.

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Inizio a correre da Piazza Marconi, la mia Dolomites Sky Race parte un’ora prima: sono apripista per Ski-alper.

Vogliamo capire come un runner normale, anzi uno ski-alper normale, quasi cinquantenne, possa misurarsi sul terreno di battaglia dei più forti. In realtà di skyrace ne ho corse altre, ma avevo qualche anno in meno e molto allenamento in più. I monti pallidi mi guardano dall’alto, alteri, sono le radici del cielo. E di primo mattino ne sono ancora più consapevoli. Affronto i pratoni in salita del 'Lupo bianco'. In 55 minuti sono al Passo del Pordoi: fossi in gara sarei stato nel cancello. Mi gonfio d’orgoglio. Per ora sono solo, al comando, ma mi sento braccato. Tra poco, penso, i primi (che impiegheranno la metà di quanto ci metterò io) mi saranno addosso. Meglio che mi sbrighi, un apripista deve aprire la gara, se la chiudo proprio ultimo divento la 'scopa'. Ecco la Forcella, la vedo bene. Fa impressione, inizio a temere di aver peccato di 'ubris', il peccato di tracotanza che fu fatale a Prometeo e a Icaro. Sarà un 'folle volo' pure il mio? I primi gradini sembrano una 'scala santa' e viene forse il tratto più duro, prima ghiaione dove l’aderenza è un miraggio, poi lunghi gradini che succhiano le forze. Sorpasso escursionisti, ormai sono in cima. Scene da Pierra Menta: oltre trecento persone mi applaudono come fossi un big. Pelle d’oca, e non per il freddo. Sono frastornato dalle emozioni. Dopo l’altopiano sommitale appare l’ultimo scoglio, il Piz Boè, quota 3152: sembra la prua del Titanic che avanza nel mezzo della tempesta. Ma è una tempesta di emozioni quella che mi investe: sono a manetta, full gas, 170 battiti dice il cardio. I tratti duri e tecnici in salita mi sono sempre piaciuti. Capanna Fassa: non sento i meno quattro gradi. è la nemesi, il sogno sportivo di una vita che si realizza: gli ultimi metri tra l’incitazione degli appassionati saliti fin qui per assaggiare il distillato di fatica degli skyrunner. Dio c’è. Sono le 9.28, da Canazei ho impiegato un’ora e 58 minuti, i primi non mi hanno ancora preso, ma succederà presto. E ora viene il bello… la discesa. Mi sembra realmente di correre nel cielo e non voglio

«A ll'inizio, nella prima ora e mezza, mi fa male tutto e penso di non arrivare

mai» (Francesca Canepa). «Il trail è uno sport stancante che non stanca, perché quando sei a regime vai senza difficoltà e così diventa possibile guardare la cartina e decidere dove andare a esplorare valli e cime distanti» (Alberto Marazzi). «Quando sono carico di lavoro prendo ed esco, vado in bici o a correre, ed ecco che trovo la soluzione ai lavori in sospeso, ogni volta» (Alessandro Beltrame, regista di 'The Extraordinary Story'). Milano, 11 ottobre. Font Romeu (Francia), 7 luglio. Una sottile linea rossa collega questi due luoghi così distanti e diversi. Mentre ascolto due forti ultra-trailer e il regista di un film sull'Ultra-Trail du Mont Blanc, mentre nel mio piccolo rivivo le emozioni che mi dà la corsa nella natura, con mille metri di dislivello o sulle colline moreniche dietro casa, tutto diventa chiaro. E il pensiero va a quel 7 luglio sui Pirenei. Sono iscritto al Kilian's Classik. D'accordo, potrei prendere la maglietta e non partire. Oppure salire a incitare gli atleti con Anna Frost, infortunata. No, sono qui

fare ritorno d’improvviso sulla terra. Una cengia esposta, ghiaccio, nevato, un canale con una corda fissa: mi aggrappo e vedo il vetrato, ormai è tardi. Volo, finendo a pelle d’orso. Anche nei sogni esiste la forza di gravità. Sto sciando senza sci, rimbalzando tra i marosi di dolomia, come una pallina nel flipper. Su una leggera salita appare Kilian: corre con passo felpato, sembra immune da ogni fatica. Ci salutiamo, gli dico di correre anche per un amico, Patrick, che non c’è più, ma che lo proteggerà dall’alto. I big mi sono addosso, mi sento un intruso. Mireia, anche se sembra reduce da una caduta, danza sui sassi. La Val Lasties sta per finire. Obiettivo: limitare i danni. Canazei appare finalmente come un miraggio. Grazie alla disponibilità di Diego Salvador e degli altri ragazzi dell’organizzazione ho rincorso me stesso fin in cima al Boè e sono riuscito a raggiungermi. Sono le 11,30 in punto. Ho impiegato quattro ore per coprire 3.500 metri di dislivello complessivo e 22 chilometri di splendida follia. Un abbraccio di mia moglie mi fa capire che è finita: è il premio più bello, quello che cancella una lacrima che spunta sotto gli occhiali da sole. è dal Boè che voleva scendere. Mi corico in Piazza Marconi, sono in crisi di fame, mi gira anche la testa. Non è di certo l’effetto della quota, ma della realtà, devo riabituarmi a camminare tra la gente comune. Gli extraterrestri sono in albergo a farsi la doccia.

e non vedo perché non mettermi alla prova. Senza velleità di risultato. L'idea è quella di fare un lungo trekking (25 chilometri e 1.000 metri di dislivello) e, magari, di non arrivare ultimo. La partenza è subito 'alla morte'. Come si fa ad andare piano quando tutti 'tirano' e Mireia alla prima curva incita i concorrenti? Succede così che arrivo nel bosco con la lingua 'felpata'. Poi il gruppo si disperde, dietro di me sento ancora qualche voce mentre la salita non dà tregua. In discesa metto a frutto la mia esperienza di sciatore e sorpasso una decina di concorrenti. Ora sono entrato a regime, questa 'tranquilla passeggiata' tira fuori l'agonista che si cela in me. Però… Però la foga 'downhill' ha conciato il piede. Non importa, continuo con il mio ritmo, tra paesaggi stupendi, rododendri, laghetti. Il piede mi fa male, penso anche al ritiro, ma tengo duro. Quando credo che si avvicini l'ultima discesa, ecco invece una salita durissima, una pista nera da percorrere a ritroso. Mi fermo a bere e vedo arrivare Kilian, Tom Owens e Greg Vollet (non sono un fenomeno, siamo partiti alla stessa ora ma loro hanno scelto il percorso di 45 chilometri…). All'improvviso, con quelle poche forze che rimangono, esce il tifoso che c'è in me e mi ritrovo a urlare a squarciagola. L'ultima discesa è dura, il piede mi fa male, non ne ho più. Poi… prima di una curva, due ragazzi mi dicono che il traguardo è a pochi metri. E torno a correre tra gli applausi del pubblico. Bello, bellissimo. Tutti quei 'courage' (coraggio, ndr) lungo il percorso e le mani tese all'arrivo sono benzina per chi è in riserva. E anche io, da quel 7 luglio, non vedo l'ora di rimettere le scarpe da trail per partire. Verso dove? Dove voglio, quando voglio. è proprio questo senso di libertà che è diventato la mia droga. E mi perette di trovare la soluzione ai problemi irrisolti. Anche se i primi metri sono sempre duri, durissimi. Come dice Francesca Canepa…

117 > trail running

LIVE REPORT

DIARIO DI cORSA

Flavio SaltarelliAvvocato, scialpinista

DOLOMITES SKY RACE - CANAZEI 22 luglio

Claudio PrimaveSiVice-direttore Ski-alper

KILIAN'S CLASSIK - FONT ROMEU (FRA) 7 luglio 2012

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118 > trail running

FACE TO FACETESTO: Claudio PrimavesiFOTO: Seb Montaz

Marcoe KiLian

UGUALI,DIVERSIuno ha 25 anni ed è il talento del trail, l'altro ne ha 35 ed è passato

con disinvoltura dallo sky-running alla corsa in montagna e viceversa. Kilian jornet e marco de gasperi sono rivali in gara e

grandi amici nella vita: intervista quasi parallela a due miti

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119 > trail running

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120 > trail running

FACE TO FACE

A 25 anni hai già vinto tanto, tutto. Ora, con Sum-mits of my life, un altro importante progetto. Dove trovi ancora le motivazioni per partecipare a ultra-Trail e gare di Sky-running?«Sì è vero, le gare non mi motivano come una volta, ne farò qualcuna in meno, ma il problema riguarda so-prattutto la preparazione perché quando sono alla partenza le motivazioni tornano prepotentemente e poi dipende dai singoli eventi, alcuni mi motivano di più».

Ti conoscevamo come scialpinista, come sky-run-ner e trail runner, adesso hai puntato all'alpini-smo? come te la cavi con l'arrampicata?«In montagna bisogna saper fare di tutto, Summits of my life comunque non prevede particolari difficoltà alpinistiche ma traversate di grandi massicci nel mi-nor tempo possibile; il nostro è un alpinismo 'degli uomini' e non 'della tecnica', come diceva Bonatti, e io cerco di essere più veloce possibile con le mie capa-cità e senza lasciare segni. Non è una velocità fine a se stessa, è un metodo di trasporto con il minimo mate-riale possibile. Per quanto riguarda l'arrampicata… non è tra le mie preferenze: fino al quinto grado vado veloce e senza corda, poi mi annoia».

A 25 anni sei già un esempio per tanti ragazzini. Ti pesa questa responsabilità?«All'inizio sì, ora mi sono reso conto che quello che facciamo è un nulla nell'immensa storia dell'uomo; piuttosto credo che non dobbiamo pensare a quello che vogliamo trasmettere ma essere noi stessi, libertà vuol dire non seguire nessuno».

Non tutti nascono Kilian, quali consigli daresti a chi vuole avvicinarsi al trail?«L'importante è farsi piacere quello che si fa, dall'alle-namento alla gara, altrimenti diventa un lavoro. An-che in questo caso dico: non seguire ma essere se stes-si».

quante scarpe usi?«Difficile da dire perché spesso ho anche dei prototipi da provare, in genere cinque o sei contemporaneamen-te, come modelli le Salomon S-Lab Fellcross e le S-Lab Sense con delle leggere modifiche al tallone».

quanto c'è di genetico nei tuoi successi e quanto la tecnica di discesa scialpinistica ti avvantaggia nel trail?«Credo che sia difficile separare un elemento dall'al-tro, in montagna conta tutto: il fisico, la velocità, sa-per leggere il terreno, la testa».

CARTA D'IDENTITà

Cognome .................................JORNET BURGADANome ......................................................................KILIANNato ................................................... 27 ottobre 1987Nazionalità ..................................................... spagnolaCittà .......................................Les Houches (Francia)

Palmarès:Vincitore Ultra-Trail du Mont Blanc 2008, 2009, 2011, vincitore Grand Raid Reunion 2010 e 2012, vincitore WS100 2011, vincitore TNF Australia 100 2011, record di salita e discesa dal Kilimanjaro (280 km, 14.000 m - 38h 32'), vincitore Skyrunner World Series 2007, 2008, 2009, 2012 e di tutte le principali gare di sky-running.

Lavoro: ........................... trail runner e scialpinista

Due sessioni al giorno (3-4 ore la mattina e 1-2 nel pomeriggio) o una lunga di 7 ore. Da 20 a 35 ore nelle settimane di allenamento e 16 in quelle di gara per un totale di 450-500 ore e 200.000 metri di dislivello positivo.

KKilian

L'ALLENAMENTO

con la tua attenzione ai social-network hai 'sdoga-nato' il mondo del trail e dello ski-alp. quanto ti pesa questa costante esposizione ai media?«Poco, con un telefonino in 30 secondi puoi informa-re milioni di persone di quello che stai facendo in quel momento: è importante per far conoscere i valori di questi sport. I social media permettono di arrivare a tante persone in poco tempo».

quanto ti alleni e spiegaci meglio quello che sul tuo sito definisci 'principio di continuità'?Faccio circa 450-500 ore a stagione e 200.000 metri di dislivello positivo, con due sessioni al giorno, oppure una lunga di sette ore. Continuità significa che è me-glio fare poco tutti i giorni piuttosto che allenamenti importanti saltuariamente».

quanto riposi dopo una gara?«Dipende dalle gare ma soprattutto dal feeling, a volte un paio di giorni. Anche il prima è a sensazione: a volte mi capita di correre tanto anche a un giorno dal-la gara, fino a sei ore, a volte no».

cosa mangi?«Sono un disastro… di tutto e male, la mattina prima delle gare un 'gato sport' (integratore) e durante le gare gel, uno ogni ora circa. Alla mattina poi faccio fatica a mangiare, mi costa già tanto alzarmi pre-sto…».

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121 > trail running

A 34 anni hai già vinto tanto nella corsa in monta-gna e negli ultimi anni nello sky-running. Dove trovi ancora le motivazioni per partecipare alle gare?«Mi motiva il fatto di andare a fare gare in nuovi po-sti, viaggiare, questo è lo stimolo più grosso in assolu-to. Quest'inverno, per esempio, sono stato in Austra-lia. Ecco la fortuna dell'atleta che corre. Poi, non fa-cendo più solo corsa in montagna ma anche sky-run-ning, ho scoperto un altro mondo».

Sei uno dei miti della corsa in montagna, ora, come agli inizi della tua carriera, anche sky.runner, come mai? Vuoi abbandonare le gare WMRA (World Mountain Running Association)?«La Forestale mi ha sempre lasciato molto libero, l'im-

Nelle foto.Le immagini di questo servizio sono tratte da

uno stupendo video realizzato da Seb Montaz tra Bormio e lo Stelvio nei giorni precedenti la

Dolomites Sky Race di quest'estate.

«ho conosciuto marco nel 2007 alla valmalenco-valposchiavo e gli spagnoli mi dicevano che era l'unico in grado battere meija, a quel tempo

fortissimo. ero emozionato di conoscerlo perché era un mito della corsa in montagna, con tanti successi al mondiale. poi al giir di mont me lo

sono trovato dietro e sulle discese cercavo di forzare ma non lo staccavo, allora ho capito che era il mio più grande nemico. ha iniziato a fare

skyrunning e poi è passato alla corsa in montagna. adriano greco mi aveva consigliato di fare come lui, perché le lunghe distanze non fanno

per i giovani, eppure siamo qui a fare tante gare insieme. credo che marco sia il migliore esempio di come si possa rimanere ad altissimi livelli

per 15 anni, perché è un professionista nell'allenamento e soprattutto sa ascoltarsi, a differenza di me».

MMarco

KiLian VS Marco

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122 > trail running

FACE TO FACE

«è fortissimo ma non invincibile, bisogna imparare dalle poche piccole sconfitte. quello che mi lascia sbalordito però è che spesso, nonostante

faccia degli errori grossolani dal punto di vista della preparazione atletica, riesce comunque a metabolizzarli. in malesia, prima della mount Kinabalu

climbathon, il mercoledì, è salito e sceso dalla vetta e nel fine settimana ha vinto la gara. in montagna, su terreno tecnico, non c'è nessuno così

forte. quando è venuto a trovarmi quest'estate, in val dosdè abbiamo corso su dei pietroni enormi: dopo pochi minuti io non reggevo più

mentre lui saltava come uno stambecco. non è solo questione di gambe ma anche di occhio. ecco perché finché parteciperà Kilian al Kima non ci

sarà speranza per nessuno. comunque non perde molto neppure in piano: in malesia mi ha passato sull'asfalto che era il mio pane…».

Marco VS KiLian

CARTA D'IDENTITà

Nome ...................................................................MARCOCognome .................................................DE GASPERINato .......................................................... 5 aprile 1977Città ........................................................................Bormio

Palmarès cinque volte campione del mondo di corsa in montagna (1997, 1999, 2001, 2003, 2007), una volta campione del mondo juniores corsa in montagna (1996), un oro, tre argenti e quattro bronzi agli Europei di corsa in montagna, vincitore Mount Kinabalu Climbathon 2003 e 2010, vincitore Sierre-zinal 2008, 2011 e 2012, vincitore Jungfrau Marathon 2010, vincitore European Skyrunning Championship 2007, campione italian Vertical FISKy 2012

Lavoro ................................................................. forestale

portante è che le gare che faccio siano propedeutiche alla preparazione per gli appuntamenti importanti della corsa in montagna, che le due cose vadano d'ac-cordo. Non posso negare che la corsa in montagna sia quella che mi ha dato di più e che sia un collegamento tra la strada e la montagna perché l'allenamento lo puoi metabolizzare anche per le gare su strada e per il cross e perché le prestazioni sono contestualizzabili. Si va alla morte, viste le distanze più corte, mentre nel trail ci sono troppi imprevisti legati all'ambiente e tracciati più lunghi. Però del trail mi piace l'ambiente, la possibilità di correre in paesaggi stupendi e vera-mente in montagna, cosa che nelle competizioni WMRA, a dispetto del nome, accade sempre di meno. No, non abbandonerò il mio primo amore, non solo perché la Forestale mi obbliga a partecipare alle gare».

Ti vedremo mai nell'ultra-trail?«Mi spaventa molto, credo che sia più una sfida con se stessi che una gara, io preferisco le distanze dove posso confrontarmi con gli altri e poi dopo le quattro ore ho visto che il mio corpo inizia a dare segni di cedimento. No, non fa per me».

corsa in montagna e sky-running, due ambienti diversi…«Sì, la corsa in montagna è relegata a posizioni di se-condo piano: trincerarsi dietro a dichiarazioni tipo 'noi siamo i migliori' non serve; è un mondo vecchio che non ha saputo capitalizzare le occasioni importan-ti e l'appeal di pubblico e sponsor, come avremmo potuto fare dopo i Mondiali di Arta Terme del 2001. Il futuro è la collaborazione tra corsa in montagna e trail, come avviene negli Stati Uniti, dove i due mondi sono collegati e stanno in piedi proprio per questo. Con risultati importanti, come dimostrano i successi ai Mondiali di Corsa in Montagna e a quelli sulle lun-ghe distanze della Jungfrau Marathon».

A 35 anni sei già un esempio per tanti ragazzini. Ti pesa questa responsabilità?«Nell'ambiente della corsa in montagna ci sono tanti giovani, mi fa piacere che si avvicinino a me e mi piace confrontarmi ma forse non sono il modello perfetto».

quante scarpe usi?«Difficile dirlo, direi una ventina, uso due modelli, la Scott T2 Kinabalu, che è nata grazie alla mia collabo-razione, in gara, e la MK4 in allenamento».

come te la cavi con i social media?«Non sono molto portato, li vedo più per scrivere qualche 'cazzata', per prendersi in giro, non mi piace l'autocelebrazione, meglio magari prendersi meno sul serio; li utilizzo di più quando vado male…».

quanto e come ti alleni?«Ho sempre fatto degli allenamenti autonomi con pe-riodi intensi, di una decina di giorni, in quota, a Livi-

gno, St. Moritz, Sestriere. Per questi allenamenti mi sono unito a forti maratoneti come per esempio Sergio Chiesa. A casa faccio un paio di sedute, una verso metà mattina di un'oretta, un'oretta e mezza più di qualità e una più blanda nel tardo pomeriggio. Quan-do non avevo famiglia mi allenavo di più a casa. In estate, se faccio il lungo di un paio di ore, salto uno dei due appuntamenti quotidiani».

quanto riposi dopo una gara?«Calo un po' di intensità, per una settimana vado ad allenarmi solo una volta al giorno, però il lunedì è im-portante non riposare del tutto, magari bici…».

cosa mangi?«Un po' di tutto, nei giorni precedenti la gara aumento i carboidrati che sono benzina, poi per colazione sto leggero, miele, the. In gara non sono abituato a bere molto».

in estate 180 km a settimana e circa 4.000 metri di dislivello. Nelle settimane di scarico 120 km. Una sessione la mattina di 1-1,30 ore e una nel tardo pomeriggio di un'ora. Stage intensivi di dieci giorni in quota con maratoneti.

L'ALLENAMENTO

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Sognando la

ornano i Rewoolution Winter Raid, raid multi-sport nella migliore tradizione outdoor. Dei team composti da tre rider (sciatori o snowboarder) affronteranno di-verse prove: slalom gigante, skicross, freeride, freestyle, mogul e chilometro lanciato. Un’avventura capace di mettere alla prova le capacità dei partecipanti e il loro spirito di squadra. Appuntamento il 26 e 27 gennaio a Livigno e il 16 e 17 marzo sulle Dolomiti. Rewoolution Raid 2013 si candida a diventare uno degli appunta-menti più cool della stagione invernale per gli amanti dell'avventura con gli sci ai piedi. Per sentirsi esplorato-ri, per affrontare la natura e se stessi. Per vincere un viaggio in Nuova Zelanda... Il team che avrà raggiunto la miglior classifica globale e uno estratto a sorte, natu-ralmente solo fra quelli che avranno preso parte a en-

trambe le tappe, si aggiudicheranno infatti un fantastico viaggio in Nuova Zelanda. Perché la Nuova Zelanda? Per-ché il brand che sponsorizza l'evento, Rewoolution appunto, produce abbigliamento sportivo utilizzando pura lana meri-no neozelandese. 

UN VIAGGIO INDIMENTICABILEAd aggiudicarsi il fantastico viaggio messo in palio per l’edi-zione invernale 2012 dei Raid sono stati due team: Italian Cowboys, che ha raggiunto la miglior classifica globale sommando i punteggi dei due appuntamenti e Ciumba-rumba che, baciato dalla fortuna, è stato estratto a sorte. Sono partiti verso gli antipodi il  7 agosto Simone Carli, Edoardo Cappelletti, Niccolomaria Angriman (Ciumba-rumba), Matteo Murer e Diego Schmalz (Italian Cowboys),

124 > info pr

REWOOLUTION RAID

REWOOLuTION RAID

Ritorna Rewoolution Winter Raid dopo il successo dello scorso inverno: due avventure multisport sulla neve entusiasmanti. In palio un viaggio in Oceania

calendario26/27 gennaio Livigno16/17 marzo Dolomiti

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insieme a Luca Albrisi, vincitore per entrambe le tappe della categoria snowboard, in sostituzione di Alex Martini che, purtroppo, non ha potuto partecipare. Intense giornate di running, snowboard, mountain bike, backcountry alla sco-perta di un territorio unico, patria della lana Merino più pregiata da cui nascono i prodotti Rewoolution. I team han-no avuto infatti la possibilità di visitare gli allevamenti di proprietà del brand e di scoprire le varie fasi di produzione della preziosa materia prima. Un’esperienza indimenticabile per i team, che poteva anche essere seguita attraverso i cana-li social Facebook e Twitter con l’hashtag #rrnztrip.

COME FUNZIONANO I REwOOLUTION wINTER RAIDStudiando il ‘Road Book’ i team che prenderanno

parte all'edizione 2013 dovranno decidere quali pro-ve affrontare e quali dei numerosi 'check point' dis-seminati sul territorio scovare, valutando con atten-zione il percorso migliore per rientrare al campo base nel tempo limite stabilito. Uno speciale contest foto-grafico che si terrà durante la gara permetterà ai team di incrementare il loro punteggio finale. Sarà fondamentale pertanto la strategia adottata da ogni squadra per ottenere i punti necessari alla vittoria. Il format dei Rewoolution Raid non termina con le edizioni invernali ma avrà anche due tappe summer in cui i team si cimenteranno in percorsi che inclu-dono discipline come mountain biking, orientee-ring, trail running, roping down, nuoto… www.rewoolution.it

Nelle immagini. Qui sopra un momento della gara dell'anno scorso. Le altre foto si riferiscono al viaggio in Nuova Zelanda dei vincitori 2012

il calore della lana merino

Rewoolution è un nuovo sistema di abbiglia-mento tecnico sportivo in pura lana merino.

Questa linea di capi non punge ma, al contrario, è molto morbida, grazie alla finezza della sua fibra (17,7 micron di diametro). La complessa

struttura della fibra utilizzata garantisce un alto potere assorbente (oltre il 35% del suo peso,

contro il solo 5% di una fibra sintetica) che per-mette di asciugare più velocemente il sudore.

Rewoolution nasce da materie prime ed energie rinnovabili.

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di metridi dislivello…

na collaborazione sviluppata in alta quota e che ora scende in città per mostrare al cinema le emozioni dello skitou-ring. Dynafit, il leader mondiale nello scialpinismo, e Pri-maLoft®, l’innovativo produttore di materiali isolanti per l’abbigliamento, hanno organizzato il tour cinematografi-co Alpine Athlete Film Tour che nei prossimi mesi farà tappa in 31 località tra Germania, Austria, Svizzera, Fran-cia, Italia e Spagna. Tra le storie che verranno proiettate durante il tour, una ha per protagonista Greg Hill. Lo scialpinista canadese racconterà il progetto del 2010 che lo ha visto raggiungere nuovi record attraverso una impres-sionante sfida personale. Il cortometraggio si intitola '2 Million Reasons', un nome che è tutto un programma: 906.600 metri di dislivello scialpinistico in 365 giorni. Greg Hill descrive in prima persona i cambiamenti subiti dalla propria vita dal primo gennaio al 31 dicembre 2010, per raccogliere ogni giorno metri di altitudine: una media di 1.690 al giorno, per un anno intero. Un coinvolgente racconto di come l’appassionato scialpinista e padre di fa-miglia abbia conciliato l’ambizioso progetto con la propria quotidianità, riuscendo a collezionare alla fine dell’anno '2 Million Feet'. 'Amicizia a termine' è l’unico lungometrag-gio che verrà presentato durante la rassegna, non un film di montagna nel senso classico, ma il racconto di un’ami-cizia che va oltre i limiti del rapporto di fiducia che si in-staura solitamente tra due alpinisti estremi. Protagonisti della narrazione due atleti del team Dynafit, Benedikt Böhm e Sebastian Haag, legati da sempre dal grande e comune desiderio di scalare le vette più alte del mondo in tempi record. Cosa potrebbe mai incrinare questa amici-zia? La comune scalata del monte Broad Peak, in Pakistan, per raggiungere la vetta a 8.000 metri di altezza, farà vacil-lare le basi della fiducia reciproca e li riporterà ai loro limi-ti fisici e mentali. 'Unlimited Middle East' è un cortome-traggio presentato all’interno del progetto 'PrimaLoft®

Local Hero' che ha l’obiettivo di far sentire la voce di atleti sconosciuti ma protagonisti di imprese straordinarie. Av-venturiero outdoor e primo 'hero' l’austriaco Günter Burgsteiner che ha intrapreso insieme al connazionale Gerrit Glomser un’affascinante viaggio in bicicletta. In tutto 5.500 chilometri da Innsbruck fino alla montagna più alta dell’Iran, il monte Damavand a 5.671 metri d’alti-tudine, per poi salirlo (e naturalmente discenderlo) con gli sci. Tra i momenti più curiosi di questa avventura verrà svelato il motivo per cui i due atleti, arrivati a Teheran, ri-marranno improvvisamente senza denaro!In Italia il tour farà tappa il 4 dicembre a Pinzolo (Tn) presso il Pala Dolomiti di Piazzale San Giacomo, il giorno successivo sarà la volta del Bürgersaal di Campo Tures (Bz), per giovedì 6 dicembre l’appuntamento è invece all’interno del Salewaheadquarter di Bolzano e infine l’ul-tima tappa è prevista per sabato 8 dicembre al Palazzo Bertello di Borgo San Dalmazzo (Cn). Ingresso libero e una sorpresa per tutti i partecipanti: alla fine della proie-zione verranno estratti tre nominativi ai quali saranno consegnati tre preziosi premi: uno sci, una giacca e un paio di guanti Dynafit.

I biglietti per il Film Tour sono disponibili presso tutti i part-ner locali e su www.dynafit.it

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AZIENDE

DYNAfIT

All'Alpine Athlete Film Tour, in 31 diverse località europee, verrà proiettato anche l'atteso cortometraggio che documenta un anno a tutto ski-alp del canadese Greg Hill

Nelle immagini. Dall'alto in basso. Greg Hill, che ha collezionato poco meno di un milione di metri di dislivello in un anno e la locandina dell'Alpine Athlete Film Tour

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NovitàPiastre rivoluzionarie e attacchini race. L’inverno alle porte è ricco di novità per la factory valdostana Maruelli. Gli attacchi low tech si rivolgono agli agonisti: M2, specifico per i vertical, è quanto di più essenziale. Realizzato in lega di alluminio-ti-tanio e ricavato dal pieno mediante macchine a controllo numerico, prevede un puntale minimale in cui le tradizionali ganasce vengono sostituire da una ‘culla’ in metallo con, alle estremità, i perni per l’innesto dello scarpone. La calzata è possibile grazie allo sgancio rapido, di derivazione automobi-listica, di uno dei perni. Altrettanto essenziale la torretta, pri-va della classica molla a U, soppiantata da forcelle che lavora-no per deformazione. Il peso dichiarato? 50 g. M2 costa 299,80 euro. Più tradizionale il ‘fratello’ M1, anch’esso in lega di alluminio-titanio e accreditato di un peso di 115 g. In que-sto caso il prezzo è di 399,80 euro. Sia M1 sia M2 possono essere montati direttamente sullo sci oppure venire abbinati alle piastre Natural Walking Plate (NWP) by Maruelli. Componenti che mirano a replicare la naturalezza della cam-minata durante l’avanzamento con le pelli, grazie a una spe-

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MATERIALI

MARuELLI

La factory valdostana svela la versione definitiva delle rivoluzionarie piastre per un avanzamento con le pelli intuitivo, simile alla camminata. Debuttano gli attacchini M1, race da 115 g, e M2, dedicati ai vertical

ciale articolazione che consente di progredire sollevando an-che la punta degli scarponi. Favorendo una postura del busto più eretta rispetto all’avanzamento tradizionale, con una tensione inferiore dei muscoli dorsali. Allungando al contem-po il passo e agevolando il galleggiamento in neve profonda grazie al minor carico in corrispondenza delle punte degli sci. Realizzate in alluminio-titanio e ricavate dal pieno, le piastre Maruelli sono disponibili nelle varianti Vertical Race (150 g e 599,99 euro), riservata ai vertical, Lite (320 g e 484,24 euro), destinata a competizioni e grantour, e FreeRide (620 g e 749,99 euro), votata al freeride mountaineering. NWP Verti-cal Race e Lite possono essere abbinate a Maruelli M2 e M1 così come a qualsiasi attacchino race, mentre NWP FRD è studiata per lavorare con attacchi Dynafit TLT Radical e ski-stopper. www.n-w-b.com

Nelle foto: 1 - L’attacco Maruelli M2 abbinato alla piastra Maruelli NWP-VR Vertical Race; 2-L’attacco Maruelli M1 abbinato alla piastra

Maruelli NWP-Lite; 3-La piastra Maruelli NWP-FreeRide; 4-La talloniera dell’attacco Maruelli M1; 5 - La talloniera dell’attacco Maruelli M2.

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EDITOR'S CHOICE

VETRINA

Primizie di stagione12 PRODOTTI AD ALTO CONTENUTO TECNOLOGICO SELEzIONATI DALLA

REDAzIONE DI SKI-ALPER PER AFFRONTARE AL MEGLIO LA PRIMA NEVE

La Sportiva Stratosracing Jkt & Pant

Completo race ‘spezzato’, alternativo alla classica tuta da gara. La giacca pesa 355 g (taglia L), ed è dotata di inserti traspiranti e tessuti con fibre di carbonio che agevolano lo smaltimento del sudore e del calore in eccesso. Cappuccio integrato e tasche frontali per le pelli. Il pantalone pesa 390 g (taglia L) ed è caratterizzato da protezioni antivento nella zona lombare e in corrispondenza delle ginocchia. Costano rispettivamente 189,95 e 219,95 euro. www.lasportiva.com

camp M3 LightLeggerissimo. Lo zaino italiano pesa sola-mente 780 grammi a fronte di una capienza di 30 litri. Specifico per lo scialpinismo, è dotato di schienale con canali di ventilazio-ne. La possibilità di apertura lungo il dorso, più precisamente tra gli spallacci, agevola l’accesso agli scomparti in caso di soste in neve profonda. Porta piccozze a scomparsa. Gli sci possono essere fissati lateralmente. Fettuccia porta corda sul cappuccio. Costa 104,00 euro. www.camp.it

Dynastar alti PowderGli entry level francesi strizzano l’occhio al freeride mountaineering grazie alla larghezza di 82 mm sotto il piede. Struttura cap con anima in legno e Rohacell (acrilico). Rinforzi in fibra di vetro. Sciancratura di 114/82/102 mm e raggio di 23 m (170 cm). Costruzione e dimensioni, fatta eccezione per la maggiore ampiezza in centro (+3 mm), sono identiche ad Alti 79. Pesano 1.350 grammi (170 cm). Disponibili nelle lun-ghezze 153, 160, 170 e 178 cm. Costano 478,00 euro. www.dynastar.com

Dynafit Dy.n.a. PDgSi collocano un (piccolo) gradino sotto i race Dy.N.A. EVO, rispetto ai quali differiscono principalmente per il gambetto in fibra di vetro anziché in carbonio. Il peso si attesta, secon-do la Casa, a 790 g (27,0 MP) contro i 685 g appannaggio dei gemelli da gara. Ciò che cambia sensibilmente è il prezzo: 650 euro contro 1.200 euro. Nessuna differenza quanto a scafo, in Grilamid (plastica) analogamente a Dy.N.A. EVO, mobilità del gambetto, nell’ordine dei 62°, suola e taglie disponibili.www.dynafit.it

atK race SL-r World cupPressoché identici ai fratelli SL-World Cup, differiscono unicamente per l’innesto dei rampanti integrato nel puntale. Realizzati in ergal (lega d’alluminio) dal pieno, pesano, secondo quanto dichiarato, 117 g contro i 114 g appannaggio di SL WC. Con questi ultimi condividono la molla a U in titanio, lo sportellino a durezza di rotazione regolabile e la talloniera con due posizioni di salita: in battuta sul citato sportelli-no oppure, ruotata la torretta, sullo sci. Costano 435,00 euro.www.atkrace.it

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falke SK energizingForti di spessori a compressione diffe-renziata, le calze tedesche favoriscono il deaffaticamento muscolare e al contempo la riduzione delle tensioni in corrispon-denza di tendini e articolazioni. Protezioni antiabrasione sui malleoli. Inserti plantari antishock. Composte al 72% in fibre tec-niche sintetiche e al 18% in lana vergine, sono disponibili in versione sia maschile sia femminile nei colori rosso, nero e arancio. Costano 39,00 euro. www.falke.com

Kreuzspitze ski-stopper SSKGli ski-stopper trentini, realizzati in acciaio dal pieno, pos-sono essere applicati a qualsiasi attacco dotato d’innesto per i rampanti. Innesto che, in abbinamento a un perno di fissaggio montato nella zona sottostante lo scarpone, garantisce la stabilità del sistema. Peso di 88 g (1/2 paio). Sono disponibili in due misure, con ampiezza tra gli stopper di 75 o 90 mm. Corredati di custodia in tessuto antitaglio per il trasporto, costano 99,99 euro. www.kreuzspitze.com

Mammut Spin-drift guide

zaino dedicato ai grantour più impegnativi, disponibile

con capacità di 35 oppure 45 litri. Lo schienale è regolabile in base a 3 diverse configu-

razioni, così da adattarsi a scialpinisti di qualsiasi altezza.

Il peso si attesta a 1.730 g nella versione dalla capienza

minore. Gli sci possono esse-re fissati sia lateralmente sia in

diagonale. Le tasche esterne sono destinate a ospitare pala e sonda, oppure le pelli. Costa

160 euro (35 litri).www.mammut.ch

Movement Bond-XSi collocano a metà strada tra i grantour Random-X e i freeride mountaineering Logic-X. L’anima è in legno di

Karuba e pioppo rinforzata con inserti in carbonio e fibra di vetro a disposizione triassiale. Disponibili nelle misure 161,

169, 177 e 183 cm, hanno sciancratura di 120/84/109 mm e raggio pari a 19,0 m nella lunghezza 177 cm. Pesano 1.150 g (177 cm) e costano 806,00 euro. Curvatura rocker sia in

punta sia in coda. www.movementskis.com

norrøna Lyngen PrimaLoft60 JacketGiacca ultraleggera per lo ski-alp caratterizzata dall’imbottitura

Primaloft One, simile come consistenza alla piuma d’oca ma garante di un maggiore comfort termico anche in condizioni

di bagnato estremo. Idrorepellente e dai volumi contenuti, il capo norvegese può essere indossato come strato esterno o intermedio. Peso contenuto, pari a 350 g, e massima compri-

mibilità: è ripiegabile in un’apposita tasca da trasporto. Costa 199 euro. www.norrona.com

Patagonia Mixedguide hoodySoft shell in Polartec Power Shield Pro. Tessuto composto da uno strato superficiale in nylon idrorepellente e resistente all’usura, al punto da avvicinare le prestazioni di un guscio protettivo, e da uno strato interno in soffice poliestere a tutto vantaggio del comfort. Nel mezzo una membrana traforata garantisce protezione dal vento al 98%. Il rimanente 2% d’aria circola favorendo la traspirazione. Cappuccio regolabile con visiera laminata, compatibile con il casco. Costa 300,00 euro. www.patagonia.com

Scarpa gea rSVersione lady dei freeride mountaineering

Maestrale RS. Scafo e gambetto, realizzati in polimeri termoplastici (plastica), sono adattati

alla morfologia del piede femminile. La leva sul collo del piede è del tipo a cricchetto. Suola

Vibram Cayman e scarpetta Scarpa Intuition Pro Flex RS WMN termoformabile. Ski-walk

mediante la classica levetta posteriore. Il peso dichiarato si attesta a 1.410 g (25,0 MP): 40 g

più di Gea ‘base’. Costano 529,00 euro.www.scarpa.net

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Prometto (ma non sono sicuro di mantenere la pro-messa) che parlo ancora una volta di fotografia e poi basta. Ogni fotografia ha un tempo, ne ha tanti in realtà, a partire dall’epoca storica fino al tempo di esposizione. In mezzo c’è il tempo per realizzarla. Ma

nella fotografia di montagna, e non solo, esiste un altro tempo, quello meteorologico, che significa nubi, vento, ombre e luci che mutano rapidamente, sole che c’è e non c’è, terra che gli gira in-torno. Ogni immagine è un’intrusione discreta in questo tempo complesso, è la scelta o l’imposizione di un attimo. Un attimo che è condiziona-to anche dalla fatica, dalla difficoltà dello spostamento, dall’essere lì in quel mo-mento e non in altri. Un attimo che non ha solo a che fare con la tua posizione in quello spazio e in quel tempo, ma anche con la posizione di chi stai fotogra-fando, se fotografi qualcuno. E se quel qualcuno si muove velocemente, come sugli sci, quell’attimo è ancora più piccolo, ancora più diverso dall’attimo prece-dente o da quello successivo. Una foto diventa un infinitesimo del possibile, una combinazione di molteplici fattori unica e irripetibile. E le tue decisioni devono essere fulminee, la tua interpretazione della scena ha poco spazio e poco tempo. Molto meno che nella storia che vi racconto adesso.Napoli, settembre 2000. Sto lavorando a un libro sulla città. Ho appuntamento con un tecnico del comune che mi deve accompagnare a fotografare l’Albergo dei Poveri (ora in fase di restauro ma all’epoca in completo sfacelo, sgarrupato e ab-bandonato). L’Albergo dei Poveri fu fatto costruire dai Borbone per accogliere appunto i bisognosi. Un’opera meritoria, affascinante, come molte di quelle rea-lizzate in epoca borbonica. Un’opera faraonica, la facciata più lunga d’Europa e una miriade di ambienti (430 stanze) studiati in maniera incredibilmente funzio-nale. Col tecnico del comune compio un lungo giro, molto più del necessario. Sono incuriosito, affascinato, completamente catturato dalla decadenza e dallo

Nello spazio e nel tempo

sforzo di immaginare tutto ciò duecento anni fa, quando svolgeva perfettamente la sua funzione. Poi finalmente mi fermo. Una stanza non particolarmente diversa da tante altre, ma con alcuni segni distintivi, un gioco di prospettiva interessante e, soprattutto, una luce che cattura.«Ecco, va bene qui» comunico al mio accompagnatore. «Dottò, con tutte le stanze che ci sono, la stessa del vostro collega avete scelto»«Chi? Quale collega?»

«Mimmo Jodice, è stato qua l’anno scorso»«……azz….. Mimmo Jodice (fotografo napoletano tra i più bravi e famosi)?»«Farete anche voi come lui? Così…. per sapermi regolare»«Come lui come?» domando incuriosito.«S’è assettato là (una sedia scolastica sgangherata e polverosa) e ha cominciato a guardare»«E poi?»«Poi niente. Guardava. Ogni tanto si alzava, spostava la sedia e guardava di nuo-vo. Io non capivo che stava affà, che c’era da guardare, una stanza vuota e sudicia. Fotografie, mi aveva detto. Non che avessi fretta, sempre meglio che stare in uffi-cio, ma non capivo. Ogni tanto facevo un giro, tornavo dopo dieci minuti ed era ancora lì, assettato»«E poi?»«Poi improvvisamente, senza una parola, si è alzato. Ha montato il cavalletto, ha avvitato la macchina fotografica, ha guardato dentro per qualche secondo e ha scattato. Poi ha messo via tutto, mi ha lanciato un’occhiata e con un cenno mi ha indicato la porta per uscire».Lo guardo con un grande sorriso. «Non si preoccupi - gli dico - mi piacerebbe molto, ma purtroppo non ho tempo».

130 > rubriche

CONTROCOPERTINATESTO: Umberto Isman

Per fotografare uno sciatore bisogna cogliere l’attimo fuggente.Per altri scatti il discorso è diverso…

Umberto Isman

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