47
ΤΑΡΑΣ ~ TARENTUM TARANTO MARIO GUADAGNOLO Immagini a confronto Scorpione Editrice L’EVOLUZIONE URBANISTICA DALL’ETÀ GRECA AI NOSTRI GIORNI

Taras Tarentum Taranto

Embed Size (px)

DESCRIPTION

L’evoluzione urbanistica dall’età greca ai nostri giorni. Immagini a confronto

Citation preview

Page 1: Taras Tarentum Taranto

ΤΑΡΑΣ ~ TARENTUMT A R A N T O

MARIO GUADAGNOLO

Immagini a confronto

Scorpione Editrice

L’EVOLUZIONE URBANISTICADALL’ETÀ GRECA AI NOSTRI GIORNI

Page 2: Taras Tarentum Taranto

20 T A R A N T O I E R I … T A R A N T O O G G I

Evoluzione urbanistica dellaCittà di Taranto attraversoi suoi piani regolatori K

primi insediamenti certi sul territorio dove in seguito sarebbe sorta la città diTaranto sono quelli di cui si sono rinvenuti i resti presso lo Scoglio del

Tonno, l’attuale zona Croce, databili intorno al 2800-3000 a.C. Lo Scoglio delTonno è quella parte della città nei pressi del cavalcavia che si estendeva dallazona ove sorge attualmente la chiesetta della Croce, edificata alla fine del XVIIsecolo dal Beato Angelo da Acri venuto a predicare a Taranto per la Quaresima,fino al Ponte di Porta Napoli. Nel 1889 la zona fu tagliata per la costruzione dellaferrovia ed ha assunto la configurazione attuale.

L’archeologo Quintino Quagliati per primo scoprì nella zona indizi di unabitato costituito da fondi di capanne con tombe a fossa scavate nella roccia ecostruite con lastre di pietra locale riferibili al 2800-2300 a.C.

Lo Scoglio del Tonno, prospiciente Mar Piccolo e in posizione dominanterispetto alla rada esterna di Mar Grande, diventò un centro di trafficicommerciali con il mondo miceneo; infatti sempre il Quagliati ritrovò nei livellipiù alti dello scavo stratigrafico fondi circolari di capanne, oggetti metallici,idoletti, statuette e frammenti ceramici di età micenea. La dicitura Scoglio delTonno non ha nulla a che vedere con la pesca dei tonni. Il nome Scoglio delTonno deriverebbe da una storpiatura della dizione Scoglio Rotondo.

I

Scoglio del Tonno prima dellademolizione nel 1889.

Page 3: Taras Tarentum Taranto

21I M M A G I N I A C O N F R O N T O

iferiamo in maniera sintetica e per semplice informazione le notizie sullafondazione della città di Taranto sulla quale si è scritto molto e in manierà

più autorevole della nostra.La leggenda parla di un mitico fondatore Taras partito dall’isola di Creta con

alcune navi il quale, dopo molte peripezie, era approdato presso la foce delfiume che da lui prenderà il nome di Tara ad ovest della città a circa 6 Km daMassafra. Qui, mentre i suoi compagni offrivano sacrifici a Poseidone, gliapparve un delfino. Tale apparizione fu interpretata come segno di buon augurioe di esortazione degli dei a fermarsi e a fondare la città che da Taras avrebbepreso il nome di Taranto. Tutto ciò sarebbe avvenuto intorno al 2019 a. C.

In realtà i primi abitatori di cui si hanno notizie certe e precise sono gliIapigi, di origine cretese, venuti in Italia al seguito del loro capostipite Japige cheoccupò la parte sud-est della Puglia, detta poi Japigia o anche Messapia oCalabria. Tali cretesi, durante il viaggio di ritorno a Creta dalla Sicilia doveavevano accompagnato il loro re Minosse che quivi era morto, furono sorpresi dauna tempesta e sbattuti sulle nostre coste. Approdati alla baia di Saturo, furonoaffascinati dalla bellezza dei luoghi e dalla mitezza del clima e per questodecisero di rimanere e di fondare una città. La leggenda aggiunge anche che conJapige sarebbe venuta anche Saturia figlia di Minosse della quale si sarebbeinvaghito Poseidone dio del mare.

Dalla unione tra Poseidone e Saturia sarebbe nato Taras che poi avrebbefondato Taranto. Al di là della leggenda il dato storico che da essa va tratto è checertamente una città esisteva prima dell’arrivo dei greci.

RLa leggenda La fondazione di Taranto

econdo Antioco Siracusano, mentre Sparta era in guerra con i Messeni,una parte degli spartani non aveva partecipato alla guerra ed era rimasta

in patria. Per questa ragione era stata dichiarata di condizione servile e ridottaallo stato di Iloti. Durante il conflitto ed in assenza degli Spartiati, dall’unione tragli spartani rimasti in patria e le donne degli Spartiati in guerra nacquero deifigli che vennero chiamati in segno dispregiativo Parteni. Costoro malsopportando tale ignominia e tale discriminazione si ribellarono e, guidati daFalanto, ordirono una congiura contro gli Spartiati. Scoperti furono costretti afuggire. Dopo un lungo girovagare approdarono sulle nostre coste presso la baiadi Saturo. Falanto vedeva in tal modo realizzarsi l’oracolo di Delfo che avevainterrogato prima di partire e che gli aveva predetto «A te io diedi di abitareSatirio e la pingue di Taranto campagna ed essere danno al popolo Japigio».

Sul quando ciò sarebbe accaduto si inserisce la leggenda. L’oracolo in meritoal momento in cui Falanto si sarebbe dovuto fermare avrebbe

SLa storia Taranto Spartana

Page 4: Taras Tarentum Taranto

22 T A R A N T O I E R I … T A R A N T O O G G I

sentenziato:”Quando vedrai piovere a ciel sereno”. Ora Falanto aveva unamoglie che si chiamava Etra che in greco significa “cielo sereno”. Un giornomentre Falanto e i suoi erano accampati nei pressi della baia di Saturo, Etraproruppe in lacrime. Da questo segno Falanto comprese che quella era la terrapredetta dall’oracolo poichè le lacrime sgorgate dagli occhi di Etra altro nonerano che la “pioggia che cadeva dal ciel sereno” predetta dall’oracolo. Falantoperciò si stabilì definitivamente su queste terre e, diretto alla volta di Taranto,abitata dagli Japigi di origine cretese, la conquistò non senza difficoltà poiché gliJapigi difesero strenuamente la loro terra. Sotto la guida di Falanto la città siingrandì e assunse una grande importanza. Tutto ciò accadeva nel 706 a. C.

Sull’origine della città ci sono anche altre versioni, come quella di Eforo,Giustino e Strabone, delle quali non mette conto qui parlare poiché non è negliintenti del nostro lavoro occuparci delle origini della città. Tutte le versioni peròconfermano che la città, oltre agli insediamenti dell’età micenea, ha conosciutodue altri insediamenti quello japigio-cretese e quello greco-spartano che sonoall’origine della fondazione storica della città.

a per rimanere agli aspetti più particolari riguardanti lo sviluppourbanistico della città che è nell’intenzione del nostro lavoro indagare è

utile preliminarmente chiederci qual’era la fisionomia urbana della Tarantogreca.

La città, già intorno alla metà del V secolo si presentava spalmata su unterritorio che andava ben oltre l’attuale centro storico per arrivare fino agliattuali Arsenale e Via Leonida e addirittura ancora oltre fino alle rive del MarPiccolo come testimoniano gli innumerevoli reperti archeologici trovati durantela costruzione dell’Arsenale e catalogati da Luigi Viola. D’altro canto là dovenella seconda metà dell’Ottocento sarà costruito il Regio Arsenale MarinaMilitare, sulle rive del Mar Piccolo tra il Pizzone e l’attuale canale navigabile,sorgeva la bellissima rada (poi detta di Santa Lucia) nella quale era ubicato ilporto della Taranto greca ricco di attività pescherecce e commerciali. Il porto,sicuro per la sua ubicazione, protetto naturalmente dalle incursioni esterne ecommercialmente molto fiorente per la sua invidiabile posizione, faceva dellacittà uno snodo commerciale importante per chi da occidente voleva raggiungerel’oriente e viceversa. Taranto era una città importante, capitale di una estesarepubblica che, secondo il De Vincentiis “era più vasta ed assai popolata diAtene, seconda dopo Siracusa e prima tra le città greche” 1.

L’antica penisola su cui sorgeva la città, divenuta col taglio dell’istmo di estdefinitivamente isola, si estendeva su uno spuntone di roccia lungo circa 900metri e largo mediamente 250 con un profilo longitudinalmente ondulato cheraggiungeva il suo punto più alto rispetto al livello del mare, 16 metri, al centrodella dorsale che lo attraversava, l’attuale via Duomo. La rocca era bagnata dalmare da tre lati, dominava i due specchi d’acqua che la circondavano ed era

MLa configurazione urbana della Città di Taranto in età greca

Page 5: Taras Tarentum Taranto

23I M M A G I N I A C O N F R O N T O

Pianta topografica di Taranto elaborata da Luigi Viola, 1881.

Pianta topografica di Taranto in età grecaelaborata da Gino Lo Porto, 1970.

Page 6: Taras Tarentum Taranto

24 T A R A N T O I E R I … T A R A N T O O G G I

collegata alla terraferma ad est da un piccolo istmo e ad ovest da un canale. Lacosta a sud lungo Mar Grande (l’odierno Corso Vittorio Emanale II o Ringhiera)cadeva a picco sul mare. Anche la costa a nord lungo Mar Piccolo era delimitatadalla roccia lambita dal mare. La parte bassa della città, l’attuale Marina, nonc’era. Essa sarà costruita su sedime di materiale di risulta nel 967 dal magistrosNiceforo Foca Hexakionites, omonimo dell’imperatore bizantino Niceforo FocaII, dal quale aveva ricevuto l’incarico di ricostruire e fortificare la città dopo ladistruzione dei saraceni del 923. Per questa ragione Taranto era consideratanell’antichità una roccaforte inespugnabile. Già Luigi Viola a seguito di ricerche,sondaggi e sopralluoghi sugli scavi, era giunto ad una prima conclusione circal’impianto topografico della città.

Il cuore della città era l’acropoli che aveva un impianto ortogonale il cuiperimetro misurava 2000 metri con una superficie di non oltre 16 ettari.

Essa era solcata longitudinalmente da un’importante arteria, la plateamagna, corrispondente all’attuale Via Duomo, fiancheggiata da strade minoritrasversali. Lungo la direttrice di tale arteria, secondo Gino Lo Porto, dovevanosorgere diversi templi dedicati a dei pagani. La circostanza è confermata dagliscavi al di sotto delle attuali chiese cristiane che hanno rivelato la presenza diresti di fondazioni di antichi tempi pagani. Le ben note colonne doriche in piazzaCastello sono per esempio i resti di un tempio arcaico che erano stati incorporatinella Chiesa della S.S.Trinità all’imbocco di Via Duomo e lo stereobate rinvenutosotto le fondazioni della Chiesa di San Domenico, appartenente certamente adun tempio greco di notevoli proporzioni, sono la testimonianza che quello chesostiene Lo Porto ha ottime probabilità di corrispondere al vero. “Si ha quindi laprova, scrive Lo Porto, che almeno alle due estremità, quella orientale eoccidentale dell’acropoli, in corrispondenza di due chiese cristiane, sorgevanodue imponenti templi e forse entrambi di età arcaica. Si può quindi supporre, inanalogia con Siracusa e Agrigento, che altri templi possano trovarsi sotto le altrechiese allineate sull’altura di Taranto vecchia” 2. E sotto la cattedrale di SanCataldo, secondo il Wuilleumier, ci sarebbe un tempio dedicato ad Eracle nelquale doveva essere oggetto di culto la seconda colossale statua bronzea diLisippo, (l’altra era quella di Zeus, alta 18 metri che probabilmente era collocatanell’agorà) raffigurante Eracle stanco dopo il combattimento.

Perpendicolarmente all’attuale Via Duomo, si dipartivano diverse vie chedegradavano verso il mare. In corrispondenza di tali vie in età greca e romana siaprivano sulle mura delle aperture denominate “portuale” che servivano permettere in comunicazione la cittadella con il porto. La dimensione dell’Acropoli,se poteva risultare accettabile per i primi coloni del VI e VII secolo, eracertamente insufficiente per una città destinata ad espandersi, cosa chepuntualmente avvenne intorno al V scolo a.C. quando Taranto fu protagonista diuna tumultuosa espansione in direzione est. A seguito di tale espansione ilsistema di protezione della cinta muraria della città fu allargato. L’acropoliconservò le sue mura ma la cinta difensiva della città fu rafforzata con lacostruzione di un sistema difensivo esteso per oltre 10 chilometri. La Tarantogreca quindi, con i suoi 12 chilometri di perimetro e i suoi 560 ettari di superficieera considerata come una delle città più estese del mondo ellenico.

Tale sistema di difesa, partendo dall’acropoli si biforcava seguendo la linea

Page 7: Taras Tarentum Taranto

25

di costa a sud del Mar Grande e a nord del Mar Piccolo. Il muro, all’altezza delluogo dove attualmente sorge l’Arsenale, piegava verso sud lungo un percorsoche seguiva grosso modo la direttrice dell’attuale Via Leonida, si modellava,seguendo un percorso ad angolo ottuso, sull’avvallamento già da allora dettodella Salina Piccola per congiungersi con le mura che costeggiavano Mar Grandeall’altezza di Montegranaro. Le mura avevano uno spessore di m. 2,60 ed eranocostituite da due linee parallele di grossi blocchi di carparo riempite di terra epietrame. Un fossato largo 11 metri e profondo 3,50 separava le muradall’esterno. Tali mura furono distrutte quando Taranto nel 275 fu presa dairomani e furono ricostruite su ciò che rimaneva delle precedenti prima dellaseconda guerra punica.

Lungo la cinta muraria, scrive Gino Lo Porto, “dovevano aprirsi numeroseporte, di cui alcune rese celebri nei testi antichi riguardanti l’occupazioneromana e cartaginese” 3. Di esse non si hanno notizie dettagliate tranne che perdue, la porta Temenide e la Porta Rinopila, (ce ne parla il Lenormand), la primain zona detta Collepazzo l’altra nella zona Murivetere (Montegranaro). Questaimponente cinta difensiva proteggeva la città che si era sviluppata al di làdell’acropoli e che era disegnata su un impianto urbanistico a pianta di tipoippodameo. E Gino Lo Porto, da cui abbiamo ripreso le notizie riferiteall’impianto urbanistico della Taranto greca, dimostra la veridicità di taleasserzione con la “contemporaneità con la data della fondazione di Turi (444-443a.C.) su disegno di Ippodamo di Mileto…La realizzazione di questo impiantoche si riscontra quasi contemporaneamente a Heraclea di Lucania, (oggiPolicoro), fondata da Turii e Tarantini nel 433-432 a. C. coincide del resto conl’introduzione di esso nelle colonie greche dell’Italia meridionale e della Sicilia“.4

La città bassa, secondo questo impianto urbanistico, era solcata daimportanti arterie parallele orientate in direzione nord-sud che collegavano ilMar Piccolo con il Mar Grande. Tali vie non dovevano essere tutte importantipoiché alcune di esse sono risultate dagli scavi piuttosto strette mentre moltoimportanti, anche se meno numerose (distavano tra di loro oltre 142 metri), eranole tre arterie che le incrociavano ad angolo retto in direzione ovest-est. Quindil’impianto urbanistico della città bassa era costituito da un reticolato viario quasisimile a quello attuale.

Scrive Lo Porto “Si ha quindi in Taranto una pianta della città a reticolatoviario quasi coincidente con quello attuale il quale si inserisce perfettamentenell’area pianeggiante cinta dalle mura che abbiamo datato alla metà inoltratadel V secolo e con le quali esse si allineano parallele con assoluta precisione neltratto est il più importante della cerchia. Ne consegue che mura e sistema diviabilità ortogonale sorgono contemporaneamente e costituiscono a Taranto unimpianto urbanistico perfezionato a pianta di tipo ippodameo”.5

Questo quindi l’impianto urbanistico della Taranto del V secolo a.C. cherimarrà sostanzialmente invariato fino alla conquista romana.

In questo reticolato si inserivano le “insulae” (gli isolati), che probabilmentenon avevano la precisione geometrica degli attuali isolati scandite com’erano dacase per abitazione, templi e strutture per il tempo libero. Infatti in questa partedella città, che coincide grosso modo con l’attuale zona che dal canale si estendefino ad oltre Piazza Garibaldi, Strabone e Polibio localizzavano l’antica agorà alla

I M M A G I N I A C O N F R O N T O

Page 8: Taras Tarentum Taranto

26 T A R A N T O I E R I … T A R A N T O O G G I

Pianta topografica di Tarantoin età greca secondoGino Lo Porto, 1970.

Pianta topografica di Tarantoin età classica secondoP. Wuilleumier, 1939.

Page 9: Taras Tarentum Taranto

27

quale si accedeva tramite tre importanti arterie che servivano anche adelimitarla.

“Queste tre strade, scrive Lo Porto, certamente le più importanti della città,l’attraversavano per lungo e sfociavano in un’ampia area rettangolare compresafra l’attuale canale navigabile e l’estremità orientale dell’odierna PiazzaGaribaldi….Ne consegue che l’agorà di Taranto corrispondeva almeno allospazio di sei isolati, occupava un’area di ben m. 213,12 x 284,16. Si trattavaquindi di una piazza immensa… degna del colosso bronzeo di Zeus di Lisippo,celebrato da Plinio per le sue doti di equilibrio stabile e che vi si ergeva per circa18 metri di altezza…”6.

Delle tre strade di penetrazione nell’agorà a cui fanno riferimento Strabone ePolibio, le due laterali, che la costeggiavano e la limitavano a sud e a nord, sifermavano ai piedi dell’acropoli (cioè all’altezza dell’attuale canale), la terza,quella centrale, continuava oltre l’agorà e la metteva in comunicazione,attraverso una porta aperta nelle mura, con l’acropoli. Le due strade laterali,quella a nord, detta Soteira così denominata secondo il Wuilleumier in onore diPoseidon Sotèr, e quella a sud detta Bateia, cioè via Bassa, non correvano lungo lelinee di costa dei rispettivi Mar Piccolo e Mar Grande ma erano ortogonalirispetto all’agorà. E questa circostanza ha una rilevante importanza se Lo Portoci tiene a sottolinearlo “Correvano rettilinee, parallele e interne e non come si erafin qui creduto, esterne e correnti lungo le coste divergenti e tortuose dei duemari”. 7

L’Agorà era adornata da marmi e sculture di grande pregio ed imponentiper dimensioni come le due statue in bronzo di Zeus e di Ercole opera di Lisippo.

La statua di Zeus si innalzava sull’Agorà ed era ritenuta per la sua altezzapari a 40 cubiti (18 metri) il colosso più grande del mondo antico dopo quello diRodi, alto 70 metri, costruito nel III secolo A.C. da Carete, allievo di Lisippo, sulmodello dello Zeus di Taranto. Lo Zeus di Lisippo era raffigurato in piedi con inmano le folgori in atteggiamento da combattimento. La statua di Ercole,anch’essa di dimensioni gigantesche che il Wuilleumier ritiene invece collocatanell’acropoli, nel tempio dedicato ad Ercole sulle vestigia del quale sarebbe statocostruito l’attuale duomo di San Cataldo, raffigurava l’eroe seduto e quindi erameno alta di quella di Zeus.

Tale statua nel 209 A.C. fu trasportata a Roma e collocata in Campidoglio daQuinto Fabio Massimo da dove nel 325 sarebbe stata trasferita al Circo diCostantinopoli.

Lì la statua venne ridotta in pezzi e fusa e di essa si persero definitivamentele tracce. Nell’agorà è presumibile sorgessero sontuosi ed importanti edificipubblici dei quali però non disponiamo di testimonianze archeologiche ma solodi riferimenti letterari. Strabone ci parla di un bellissimo Ginnasio, Ateneo di unPritaneo, luogo dove i Pritani amministravano a turno la giustizia, nel qualeardeva il celebre candelabro che Dionisio il Giovane aveva donato ai Tarantini eche aveva tanti bracci quanti erano i giorni dell’anno, Plutarco ci parla deiPeripatoi, giardini presumibilmente ubicati presso l’attuale villa Peripato, Polibiomagnifica il Museion e Viola ci parla di un teatro. Taranto doveva avere dueteatri dei quali il più importante, quello di Dioniso, ubicato nella parte bassa

I M M A G I N I A C O N F R O N T O

Page 10: Taras Tarentum Taranto

28 T A R A N T O I E R I … T A R A N T O O G G I

della città, era rivolto verso il mare.Secondo Viola e Lenormand esso, in epoca romana sarà trasformato in

quell’anfiteatro romano i cui resti si trovano nella zona alle spalle dell’ospedalevecchio sulla Via Anfiteatro sotto l’attuale mercato coperto del Borgo.

A proposito del Pritaneo occorre dire che la maggior parte degli storici locolloca nell’Agorà, pressappoco nel luogo dove ora è ubicato il Palazzo degliUffici, ma occorre riferire anche che D.L. De Vincentiis, storico che scrive nel1878, è convinto che il Pritaneo fosse collocato nella parte alta della città,l’acropoli, sul posto dove ora è ubicato il Convento di San Domenico. DeVincentiis basa la sua convinzione sulla considerazione che le città greche, eTaranto era una città spartana, il loro Pritaneo lo avevano sempre collocatoaccanto all’acropoli.

La città bassa conteneva entro il suo perimetro anche la necropoli.I tarantini, anteriormente al V secolo, in età arcaica, avevano riservato un

vasto territorio alla custodia dei loro morti seppellendoli all’esterno delle muraper cui, quando nel V secolo la città si espanse verso est, inglobò la preesistentenecropoli primitiva e quella che era stata predisposta per il futuro. I greci arcaicinon solevano seppellire i loro morti all’interno delle mura delle loro città, infattiall’interno dell’acropoli non sono state trovate tombe. Polibio giustifica lapresenza di tombe all’interno delle mura della città bassa non con ragioni di tipocontingente quali quelle relative al fatto che al momento dell’espansione dellacittà bassa la necropoli di età arcaica c’era già per cui fu giocoforza inglobarlaall’interno delle mura, ma con la volontà dei tarantini di adeguarsi ad un oracoloche li voleva godere di ogni benessere qualora avessero sepolto i loro mortiall’interno della città.

Anche la città dei morti seguiva lo stesso impianto ortogonale di quella deivivi.

La nuova necropoli infatti era attraversata dalle arterie principali della città.“L’esame dei numerosissimi rilevamenti tombali, scrive Lo Porto, ha senza alcundubbio dimostrato che le sepolture, siano esse a semplice fossa o a camera ipogeacon o senza dromos, sono, a partire dal V secolo allineate secondo assi ortogonaliperfettamente orientati con l’impianto urbano della città bassa spessoraggruppandosi dentro isolati con ordine forse prestabilito…”8.

Fin qui le conclusioni sulla struttura urbanistica della Taranto greca che ilprofessor Felice Gino Lo Porto ha esposto al X° Convegno di studi internazionalidella Magna Grecia tenutosi a Taranto dal 4 all’11 ottobre 1970.

Anche Attilio Stazio, archeologo di prestigio ed animatore dei Convegni diStudi sulla Magna Grecia, condivide le tesi di Lo Porto. Secondo Stazio laTaranto ellenistica e poi romana era distinta in tre zone: la prima era costituitadall’Acropoli, circondata da abitazioni ed edifici pubblici, corrispondenteall’attuale parte alta della città vecchia, la seconda era costituita dalla zona diespansione verso est corrispondente all’estensione dell’attuale Borgo finoall’attuale Via Leonida delimitata dalle mura e la terza costituita dalla parteesterna al di là delle mura, un territorio pieno di paludi ed acquitrini. Questaterza zona grosso modo si estendeva dall’attuale Via Leonida fino alla Salina

Page 11: Taras Tarentum Taranto

29

Piccola o Salinella per distinguerla dal più vasto ed esteso territorio ancora piùad est anch’esso paludoso chiamato Salina Grande 9. La città quindi, secondoStazio, doveva avere una forma grosso modo triangolare. Di tale triangolo i laticorrevano lungo le rive di Mar Grande e di Mar Piccolo col vertice nell’attualecentro storico (l’Acropoli) e i due angoli adiacenti alla base situati l’uno nellazona di Montegranaro, sul lato Mar Grande, e l’altro nella zona di Collepassolato Mar Piccolo.

Queste in sintesi le notizie sulla struttura urbanistica della Taranto greca checi hanno fornito gli archeologi e che sono state riferite nei Convegni di Studisulla Magna Grecia negli anni 70.

Pare però che successivi scavi e ritrovamenti nel borgo della città condottidallo stesso Lo Porto non abbiano confermato queste conclusioni.

“Questo scavo ed altri successivi, scrive Enzo Lippolis, non hanno messo inluce resti di strutture o tracce di qualsiasi sistemazione urbanistica, se sieccettuano le impronte di alcune carreggiate. Tra acropoli e polis può essererimasta una zona libera, forse determinata da una topografia accidentatacaratterizzata soprattutto dall’avvallamento in cui è stato ricavato l’attualecanale navigabile” 10 e più avanti “Il riconoscimento del quartiere ortogonalenell’area del Borgo risale al primo tentativo di comprensione organica delproblema da parte del topografo tarantino Gino Lo Porto; in questo casocomunque la mancanza di una schedatura di dettaglio e di una specificaelaborazione dei dati rendeva estremamente generica la proposta ricostruttivasia dal punto di vista planimetrico sia dal punto di vista cronologico, destandonumerose perplessità”. 11

Sulla base delle informazioni certe fornite dagli scavi è possibile invecestabilire solo che le tracce sicure di cui disponiamo sono la testimonianza diun’organizzazione regolare dell’abitato riconducibile ad età tardo repubblicanaed imperiale, probabile sistemazione romana della città connessa alla deduzionedella colonia Neptunia e alle successive trasformazioni dell’insediamento.

Ma più avanti lo steso Lippolis ammette “Si tratta comunque di elementiestremamente lacunosi che non permettono di ricostruire densità e caratteristichedella maglia urbana. È evidente, in ogni caso, che in tutta la zona esiste unimpegno urbanistico programmato, di cui si definiscono prima alcuni assi, poi,forse proprio nel V secolo a.C., e poi si predispone una revisione integrale dellasuddivisione dello spazio con la costruzione di un nuovo quartiere a piantaregolare; su questa base si ristruttura l’insediamento di età romana per il qualepossediamo le maggiori informazioni e di cui, nonostante le numerose lacune, sipuò ricostruire gran parte della maglia viaria”.12 La posizione del Lippolis, comesi vede, è estremamente chiara: della pianta greca non ci sono le testimonianzecerte che invece ci sono di quella romana, per cui è di questa che dobbiamoparlare.

Questo il dibattito sulla struttura urbanistica della Taranto greca di cuiabbiamo riferito solo qualche scampolo per completezza di informazione nonpossedendo né le competenze né l’autorità nella materia per dire una paroladefinitiva, anche se, lo confessiamo, l’ipotesi di Gino Lo Porto e di Attilio Stazioci affascina.

I M M A G I N I A C O N F R O N T O

Page 12: Taras Tarentum Taranto

30 T A R A N T O I E R I … T A R A N T O O G G I

La questione comunque rimane aperta, le ricerche continuano e il dibattitopromette di essere molto interessante.

L’ultima parola spetta comunque agli archeologi di professione.Al momento le conclusioni che possiamo trarre sono le stesse che ha tratto

un illustre studioso francese, il Weilleumier, che così riassumeva la geografiadella città: “…Taranto si caratterizza per un’acropoli poco elevata, ma assaidirupata, una città estesa, con solide fortificazioni, una grande agorà, larghe vie,numerosi templi ex voto, parecchi luoghi di distrazione e di passeggio, unaimmensa necropoli che copriva tutta la regione orientale della città”. 13

1 D.L. DE VINCENTIIS, Storia di Taranto – Mandese Editore Taranto 19832 FELICE GINO LO PORTO, Topografia antica di Taranto in Taranto nella civiltà della MagnaGrecia, Atti del X Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto 4-11 Ottobre 1970 -Arte Tipografica Napoli 970

3 Ibidem pag. 3654 Ibidem pag. 3675 Ibidem6 Ibidem pag. 3697 Ibidem pag. 3718 Ibidem pag. 3819 ATTILIO STAZIO, La documentazione archeologica in Puglia, Napoli 196810 ENZO LIPPOLIS, La discontinuità della romanizzazione - Il caso Taranto, in “Fra Taranto eRoma – Società e cultura urbana in Puglia tra Annibale e l’età imperiale”, ScorpioneEditrice, Taranto 1977, pag. 47

11 Ibidem pag. 49, nota 6313 PIERRE WUILLEUMIER, Taranto dalle origini alla conquista romana, Taranto 1987, pag. 250

N O T E

Page 13: Taras Tarentum Taranto

31I M M A G I N I A C O N F R O N T O

ella Taranto romana abbiamo testimonianze in Polibio e Strabone. Ladescrizione di Strabone, nato il 64 a.C. e morto il 20 D.C., è più dettagliata

e maggiormente attendibile rispetto a quella di Polibio. Roma e Taranto nelperiodo antecedente il III secolo a.C. non avevano avuto rapporti di una qualcheimportanza.

I destini delle due città cominciarono ad intrecciarsi in maniera definitivacon la lunga guerra durata dieci anni, (282-272 a.C.), conclusasi con la sconfitta diTaranto e con l’imposizione di un pesante trattato. Roma concesse a Taranto unalibertà nominale autorizzandola a conservare le proprie leggi e conferendole iltitolo di “città federata”. In realtà il foedus era piuttosto oneroso poiché imponevaai tarantini la fornitura di navi e di truppe e il sostentamento di guarnigionistraniere.

La situazione durò per oltre sessanta anni fino al 209 a.C. quando Tarantocadrà sotto l’assedio di Quinto Fabio Massimo e passerà stabilmente sotto ildominio di Roma. Nel corso di questi sessanta anni, malgrado non si sia inpossesso di documenti d’archeologia certi, possiamo dire che non si registraronoeccessive trasformazioni del tessuto urbano della città.

D’altro canto i romani avevano lasciato che il vecchio ceppo greco dellapopolazione continuasse a dirigere la città e l’economia del territorioriconoscendo a Taranto un ruolo economico e militare di primaria importanza.Lo stesso porto mantenne inalterata la sua funzione di snodo commerciale tra ilMediterraneo e l’Oriente.

Le cose mutarono in peggio dopo la caduta della città nel 209 a.C. quandoQuinto Fabio Massimo mise Taranto a sacco; gli eccidi, la confisca delle terre, lavendita come schiavi di trentamila tarantini, l’esilio misero a dura prova la città.

Sul destino della struttura urbana di Taranto a seguito della conquistaromana le versioni non sono univoche.

Secondo una scuola di pensiero la struttura urbana della città non funeanche toccata, secondo altri, F. Lenormand in testa, le fortificazioni della cittàfurono rase al suolo e il resto andò ben presto in rovina. Da quel momentoTaranto passò direttamente sotto il controllo di Roma per cui eventualitrasformazioni urbanistiche, e non furono poche, non possono che far data daquell’avvenimento. I tarantini, come scrive Tito Livio, persero la loro libertàpolitica e progressivamente anche la loro coscienza etnica.

Ma la definitiva romanizzazione fu accelerata con la deduzione della coloniaNeptunia nel 123 a.C. Dopo le guerre annibaliche Roma si avviò a diventare unapotenza imperialistica e Taranto venne ridotta al rango di un modesto centro diprovincia abbandonato a se stesso che andò gradualmente ridimensionandosi espopolandosi.

Per questa ragione nel 123 A.C. Caio Sempronio Gracco, fratello di Tiberio,nell’ambito della legge agraria che aveva voluto il fratello e che, allo scopo didistribuire ai contadini poveri un certo numero di iugeri da coltivare, limitava il

DLa configurazione urbana della Città di Taranto in età romana

Page 14: Taras Tarentum Taranto

32 T A R A N T O I E R I … T A R A N T O O G G I

possesso dell’ager publicus a 100 iugeri di terreno (circa 200 ettari), decise diinviare anche a Taranto dei contadini nullatenenti ai quali furono assegnati deiterritori da coltivare. L’insediamento di questi contadini diede luogo a quella chefu chiamata la Colonia Neptunia, successivamente denominata TarentumNeptunia, poiché tali contadini si integrarono definitivamente con i tarantini.

Per quanto riguarda l’aspetto urbanistico della Taranto romana latestimonianza considerata più attendibile dagli storici e dagli archeologi,piuttosto che quella di Polibio, che riferisce la struttura della Taranto antecedentela conquista romana, è quella di Strabone poiché la sua descrizione di Taranto siriferisce al periodo posteriore alla fondazione della colonia Neptunia, quindi conle trasformazioni già operate dai romani. Strabone non ci parla più delle mura dietà greca poiché queste erano state abbattute al tempo della guerra tra Roma eCartagine.

La città era costituita da due nuclei urbanistici fondamentali l’arx (l’acropoli)e la zona del foro che confermano la distinzione tra acropoli e polis che giàPolibio ci aveva riferito. Strabone conferma la presenza del colosso di Lisipporaffigurante Zeus, l’esistenza del ginnasio e dell’agorà. Tutto ciò confermerebbe ilfatto che la costituzione della nuova Colonia Neptunia sia stata realizzataproprio nello stesso sito dove Polibio aveva collocato l’agorà.

“L’ubicazione proposta per la nuova Tarentum, scrive Enzo Lippolis, èpienamente confermata dai resti monumentali che si concentrano proprionell’area dell’attuale Borgo Nuovo tra le Vie Cavour e Leonida. Anfiteatro, edificipubblici, domus, sono la testimonianza di un’intensa storiaedilizia…..L’impianto della colonia e lo sviluppo della successiva città romana siimpostano dunque su una realtà preesistente caratterizzata da un aspettomonumentale e da una precisa organizzazione interna degli spazi, sia di quellipubblici che di quelli privati di abitazione. È impossibile definire in quali terminisia stato risolto il problema urbanistico, se cioè siano stati integrati i due sistemio sovrapposti. La fondazione di una colonia infatti con la sistemazione di ungruppo etnico del tutto nuovo comporta di conseguenza un’organizzazionenuova dello spazio…La cesura è abbastanza netta in quanto separa due cultureche non permettono alcun tipo di continuità né politica, né istituzionale, né tantomeno etnica.” 1

A testimonianza di questa cesura Lippolis cita le stipi votive rinvenute chemostrano una definitiva interruzione del culto dei santuari greci e l’assenza dicontinuità tra la necropoli di tradizione greca e quella romana presente al di fuoridella cinta difensiva greca della città.

Dell’antica agorà si salvarono il Ginnasio e il teatro che vennero integrati nelnuovo assetto urbanistico.

La vecchia polis greca, frutto dell’espansione del V Secolo, è quindi l’areapiù interessata ai mutamenti seguiti alla conquista romana.

L’Acropoli invece, ancorché depredata dei suoi arredi, risulta il quartiereurbanisticamente più risparmiato non essendoci stati ritrovamenti archeologiciriferiti ad insediamenti pubblici o privati di una qualche rilevanza nell’area dellaparte alta del borgo antico.

Page 15: Taras Tarentum Taranto

33

Un quadro preciso della situazione urbanistica della città dopo il sacco del209 non è possibile. La città che ci descrive Strabone è una città decaduta nellaquale gli antichi splendori dei tempi di Archita sono ormai un ricordo.

Da un lato le distruzioni e i saccheggi, dall’altro la contrazione demograficaspingeranno l’aristocrazia locale, l’unica in grado di determinare in qualchemodo a livello pubblico ed anche privato interventi di ristrutturazioneurbanistica, a mettere in atto operazioni di ripristino edilizio estremamentemodeste. L’analisi dei resti archeologici inducono gli storici e gli archeologi apensare che i tarantini dell’età romana fino al II secolo a.C. non siano andati oltrela costruzione e il rifacimento di singole case, attività testimoniata da reperti dirifacimenti di tappeti pavimentati databili tra il II e il I secolo a.C.

Tra il I secolo a. C. e il II secolo d. C. le cose cambiarono poiché si registròuna rinnovata attenzione da parte dell’autorità centrale per la città.

Quali le ragioni di questo risveglio di interesse che ovviamente siconcretizzò in una importante ripresa dell’attività edilizia ed urbanistica?

La ragione più importante fu il fatto nuovo che la Colonia Neptunia,diventata nel frattempo Neptunia Tarentum, cominciò ad integrarsi con la cittàvera e propria. Inizialmente le due comunità unificate rimasero tali sul pianosociale ma continuarono ad essere separate sul piano istituzionale fino a quandonon venne creato il vero e proprio municipium.

Nella nuova istituzione politico-amministrativa prevalse ovviamentel’impostazione romana sul piano politico organizzativo mentre su quello piùspecificamente civile prevalsero la cultura e la storia della vecchia comunitàoriginaria. Tutto ciò era favorito dal nuovo clima culturale creato da Augusto diinteresse al recupero e alla restaurazione della storia e della cultura del passato.Infatti di Taranto, della sua storia e della sua cultura cominciarono a parlareOrazio e Virgilio che avevano soggiornato a Taranto e, come è noto, i due poetiavevano notevoli ed importanti frequentazioni con la corte di Augusto.

Nell’89 Taranto, nell’ambito della Lex Iulia che concedeva il diritto dicittadinanza romana alle città che erano rimaste fedeli a Roma e ai soldati, anchestranieri, che avevano combattuto lealmente a fianco di Roma, acquisì il titolo di“Municipium civium romanorum”. Fu la cosiddetta Lex Municipii Tarentini i cuiframmenti furono scoperti da Luigi Viola nella contrada di Solito il 18 ottobre del1896. I frammenti sono conservati nel Museo nazionale di Napoli, mentre uncalco in bronzo fu collocato nel 1932, in epoca fascista, su un masso nellapiazzetta del Lungomare prospiciente l’allora cinema Paisiello, oggi giardini“Caduti del Lavoro”. Per questa ragione “Il municipium tarantino, scrive EnzoLippolis, viene dotato proprio in questo periodo di strutture rappresentativeadeguate alla qualità della vita di un centro medio dell’Italia romana, attuandointerventi che possono aver coinvolto probabilmente sia evergeti privati che lamunificenza imperiale.” 2

Quindi non è esatto quanto è stato spesso sostenuto, anche da fontiautorevoli, cioè che la Taranto romana è una Taranto in decadenza che si ècaratterizzata per assenza di sviluppo e modificazioni di tipo urbanistico.

“La città, sostiene Enzo Lippolis, contrariamnente a quanto si pensava ed è

I M M A G I N I A C O N F R O N T O

Page 16: Taras Tarentum Taranto

34 T A R A N T O I E R I … T A R A N T O O G G I

Planimetria urbana di Taranto in età romanasecondo Enzo Lippolis, 1997.

Taranto, giardini Caduti del Lavoro:reperti archeologici di età imperiale.

Page 17: Taras Tarentum Taranto

35

stato a lungo sostenuto, non solo mantiene le dimensioni dell’insediamentopreromano, anche aumentandole in alcune aree orientali, ma si concentrasoprattutto nel grande quartiere aggiunto probabilmente nel V secolo a.C. checostituisce il cuore amministrativo e insediativo dell’abitato romano, mentresull’acropoli rimangono funzioni rappresentative esclusivamente religiose.” 3

Il quartiere dell’acropoli infatti, come dimostrano le ricerche più recenti, nonè stato in alcun modo toccato da interventi di età romana e quelle tracce diinterventi romani che ivi si sono trovati, lo stereobate sotto San Domenico e altremodeste testimonianze romane, dimostrano che in epoca romana nell’Acropolinon si è avuto nulla che possa identificarsi con un intervento insediativopubblico né tanto meno privato, avendo essa assunto in epoca romana, comedice Lippolis, “funzioni rappresentative esclusivamente religiose”.

Per quanto riguarda la collocazione dell’agorà e la sua coincidenza col forodell’epoca romana, scartata l’ipotesi sostenuta da Lo Porto per via della mancataconferma alle sue tesi dagli scavi da esso stesso effettuati, Lippolis ritienecomunque incerta la localizzazione del centro politico e amministrativo dellacittà. Alcuni ritrovamenti però fanno pensare ad una possibile identificazionedell’area su cui doveva essere collocato il foro. Nei giardini Caduti del Lavoro,sul Lungomare Vittorio Emanuele II, nell’area prospiciente l’ex cinema Paisiello,sono conservati e visibili frammenti architettonici di età romana imperialeprovenienti da un grosso complesso monumentale rinvenuto fra Via Di Palma,Via Pupino e Via Nitti databile intorno al II sec. d.C. e insistente in un’areacertamente a destinazione pubblica già fin dal I sec. a.C.

Di tali reperti una descrizione circostanziata e puntuale fa AntoniettaDell’Aglio.

”Fra questi, scrive la Dell’Aglia, un gruppo di quattro statue di marmoacefale e il ritratto dell’imperatore Augusto, rappresentato come PonteficeMassimo, con il capo velato, esposti nel Museo Nazionale di Taranto. Si trattamolto probabilmente di un ciclo scultoreo a carattere onorario della famigliaGiulio Claudia che doveva essere dedicato in uno dei monumenti dell’areapubblica identificata. Oltre ad elementi di cornici in marmo appartenenti ad unfrontone di età imperiale (II secolo a.C.), oggi sostenuti da piastrini di tufomoderni rivolti verso il lungomare, si rinvennero strutture in opera quadrata (inblocchi regolari) e frammenti di architravi con iscrizioni di magistrati che necurarono la posa in opera. Sulla base di recenti interpretazioni, tali repertipossono essere riferiti a più fasi di un edificio templare inserito in una piazzaporticata. Gli altri elementi architettonici visibili nel giardino e nelle aiuole (trespezzoni di colonne di granito, un fusto liscio di colonna in marmo bianco, unfusto scanalato di colonna in marmo bianco, un frammento di cornice modanatain marmo) provengono da monumenti dello stesso sito e sono ricollegabili arifacimenti di epoche diverse.” 4

E ancora, una struttura teatrale minore i cui resti furono portati alla lucepresso l’attuale chiesa di San Giovanni di Dio, all’incrocio tra Via De Cesare e ViaAnfiteatro nel 1881 da Luigi Viola e da questi attribuiti erroneamente al periodogreco, e la stessa localizzazione del grande anfiteatro romano minuziosamentedescritto dal Viola venuto fuori dagli scavi in Via Anfiteatro al di sottodell’attuale mercato coperto, fanno pensare che la vecchia agorà coincidente col

I M M A G I N I A C O N F R O N T O

Page 18: Taras Tarentum Taranto

36 T A R A N T O I E R I … T A R A N T O O G G I

foro dell’epoca romana sia da collocarsi non già dove Gino Lo Porto l’avevacollocata cioè nell’ampio spazio tra il canale, Piazza Garibaldi e Via D’Aquino,ma nella zona compresa tra Mar Grande e Via Anfiteatro. E che in età augustea(inizi I secolo a.C. inizi I secolo d. C.) la città fosse in piena espansione verso est ètestimoniato da numerosi altri interventi di ristrutturazione urbanistica cheportarono tra l’altro anche alla costruzione dell’acquedotto dell’Aqua Nynphalisdi cui si conservano i resti sullo spartitraffico di Corso Italia all’altezza delmercato di Via Lucania databili con molta probabilità proprio in età tardoaugustea. L’acquedotto, come è noto, sostituiva il sistema diapprovvigionamento idrico tramite sfruttamento dell’acqua di falda di cui sonotestimonianza i resti di numerosi pozzi di epoca greca a volte comunicantiricavati nel sottosuolo. Tali pozzi però vennero utilizzati anche nell’espansioneseguita all’insediamento della Colonia Neptunia quindi anche in età dei Gracchie probabilmente fino all’età augustea. Da Augusto in poi i pozzi furono sostituitidagli acquedotti. L’opus reticolatum infatti, sistema col quale era stato costruitol’acquedotto, è un sistema di costruzione tipico dell’età claudio-neroniana manon può essere escluso che esso fosse adottato anche in età augustea.L’acquedotto raccoglieva e canalizzava le acque sorgive del territorio sudorientale di Taranto e provvedeva all’approvvigionamento idrico della città.Partendo dalle sorgenti ubicate immediatamente a sud-est di Saturo, attraversoun tracciato in prevalenza ipogeo di circa 12 chilometri, dopo aver superato suarcate la depressione naturale della Salina, arrivava a Taranto emergendo. Lastruttura muraria era costituita da un’opera cementizia con rivestimento in opusreticulatum, così detta poiché era costituita da tufelli a base quadrata chiamati“cubilia” che formavano una trama a rete. L’opera era la parte terminaledell’impianto che, con pozzi e cisterne, soddisfaceva l’esigenza diapprovvigionamento idrico. L’acquedotto confluiva nel castellum aquae rinvenutoin Via Umbria e da qui l’acqua veniva probabilmente incanalata in condottesecondarie verso le strutture pubbliche e private della città. L’impianto deveessere stato utilizzato a lungo dal momento che esso serviva ancora le TermePentascinensi nel IV secolo d. C.

La Taranto del I secolo d.C., malgrado la vivacità di interventi edilizi edurbanistici di età augustea e malgrado successivamente Nerone nel ’60 abbiaassegnato terre in agro di Taranto ai militari veterani di tante battagliecombattute anche in oriente per vivificare l’economia ed incrementare lapopolazione di Taranto, non riconquisterà mai il ruolo che aveva ricoperto nelMediterraneo in epoca greca. L’esperimento di Nerone non riuscì come quellodei Gracchi di età repubblicana. I veterani, gente di nazionalità e di razzediverse, abituati alla vita movimentata del soldato e catapultati in una realtà diprovincia, non avvezzi alla vita sedentaria dei campi, ben presto vendettero ifondi avuti in dono e cambiarono vita e luogo.

Ne approfittarono gli speculatori che acquistarono a poco prezzo i fondi ecostituirono vaste proprietà fondiarie. Taranto perse ruolo dal punto di vistaeconomico e commerciale ma lo acquistò da quello “turistico” per la sua storia, lasua cultura e le sue bellezze naturali. Divenne famosa per il suo clima mite, lesue coste bagnate dal suo splendido mare, la raffinatezza dei costumi e la culturache era sopravvissuta alla sottomissione di Roma. A Taranto, ancora nel I secolod.C., si veniva per ammirare la splendida statua di Lisippo dedicata a Giove. La

Page 19: Taras Tarentum Taranto

37

città diventò meta di soggiorni estivi quando non di trasferimenti veri e propri diintere famiglie dell’aristocrazia romana e di gente importante vicina alla cortedell’imperatore.

Sorgono sontuose ville nelle zone più belle, in riva al Mar Piccolo e nellazona di Saturo, Orazio e Virgilio vi soggiorneranno a lungo e ne decanteranno lebellezze nelle loro opere, lo stesso Seneca nel De Tranquillitate animi inviterà avenire a Taranto a godere della mitezza del suo clima “Andiamo a Taranto agodere il suo celebre porto e la dolcezza del suo inverno….” .

La città continuò a vivere di agricoltura, il latifondo favorì l’agricoltura e lapastorizia, si diffusero l’artigianato, le attività marinare, la coltivazione dei mitilie la produzione della porpora e del bisso. La lana penna che si ricavava dallapinna nobilis e la porpora che si ricavava dalle murici la resero famosa in tutto ilmondo romano. In agricoltura in particolare è fiorente l’olivicoltura e laviticoltura, la cerealicoltura, (frumento orzo e legumi) e l’apicoltura. Famoso ilmiele di Taranto decantato da Orazio. Il porto pur avendo perso l’importanza disnodo commerciale e di passaggio obbligato dei grandi commerci delMediterraneo conservò una sua attività svolta su dimensione locale.

L’impianto urbanistico greco romano non subirà nessuna ulterioreespansione anzi la popolazione diminuirà.

Nel I secolo d.C. Taranto contava appena 10.000 abitanti, numero moltomodesto se raffrontato per esempio a quello della popolazione della vicinaBrindisi che arrivava a ben 40.000 abitanti.

“Le attività artigianali, scrive Giacinto Peluso, esercitate per la maggiorparte da schiavi e liberti, sono molto varie e fiorenti. A Taranto ci sono ottimisarcinatores cioè sarti rammendatori, bravissimi tectores (muratori), fabri (fabbriferrai), naviculari (marinai e addetti alle attività marinaresche e pescherecce),argentari lavoratori del metallo e probabilmente cesellatori di monili d’argento”. 5

Taranto continuerà per diversi secoli a vivere la sua vita sonnacchiosa didignitosa città di provincia senza grandi sconvolgimenti fino a metà Medioevo.

L’avvenimento che determinò lo sconvolgimento dell’impianto greco-romano della città fu la sua distruzione ad opera degli Arabi nel 927 quando iSaraceni, dopo aver raso al suolo Oria, cinsero d’assedio Taranto e la misero asacco. All’eccidio dei tarantini corrispose la distruzione della città che fu ridottaad un cumulo di macerie. Gli Arabi eserciteranno il loro indiscusso dominio sullacittà per oltre venti anni fino alla conquista bizantina utilizzandola come testa diponte per le loro scorrerie nell’Italia meridionale.

I M M A G I N I A C O N F R O N T O

1 ENZO LIPPOLIS, La discontinuità della romanizzazione in Fra Taranto e Roma - Società ecultura urbana in Puglia tra Annibale e l’età imperiale-Scorpione Editrice, Taranto1997 pp. 44-45

2 Ibidem pag. 1353 Ibidem pag. 1374 ANTONIETTA DELL’AGLIO, Frammenti architettonici-Taranto, giardini caduti sul lavoro in“Proposta di itinerari archeologici in Taranto e Provincia”, Amici dei Musei, Provinciadi Taranto, EPT-C.R.S.E.C., Taranto 1953

5 GIACINTO PELUSO, Storia di Taranto, Scorpione Editrice 1991, pag. 155

N O T E

Page 20: Taras Tarentum Taranto

38 T A R A N T O I E R I … T A R A N T O O G G I

aranto rimarrà in queste condizioni per quaranta anni fino a quando, nel967, in epoca bizantina, l’imperatore Niceforo Foca II, nipote di quel

Niceforo Foca I che aveva cacciato gli Arabi e riconquistato ai Bizantini ilMeridione e Taranto, salito al trono di Bisanzio, non si accorse dell’importanzastrategica della posizione della città.

L‘imperatore temeva le mire di Ottone I di Germania sull’Italia meridionale.Questi, infatti, intendendo riconquistare all’impero i possedimenti meridionalisui quali intendeva esercitare i diritti imperiali, aveva dimostrato un accentuatointeresse per il meridione d’Italia ed in particolare per la Puglia. E Taranto, cheera uno dei punti strategici di maggiore importanza per la sua posizionegeografica, correva per questo dei seri pericoli. Per questa ragione i bizantinimettevano nel conto, come poi di fatto avvenne, un’aperta ostilità militareimperiale che si concretizzò in vere e proprie spedizioni militari nel sud delpaese. La guerriglia tra Ottone e i Bizantini, durata oltre sei anni, terminò inmaniera incruenta col matrimonio del figlio di Ottone, Ottone II, con laprincipessa bizantina Teòfano. Ma non era solamente Ottone ad impensierireNiceforo. Ad Est c’erano anche gli Arabi della cui ferocia Taranto aveva fattotragicamente l’esperienza nel 927. Ma stavolta c’èra in più il fatto che nellastrategia araba tesa ad espandere i propri domini in tutto il Meridione lariconquista di Taranto rappresentava un elemento chiave.

L’imperatore bizantino quindi, perfettamente consapevole che gli arabi siapprestavano ad una nuova conquista di Taranto per fare di essa un avampostonel sud e nel mediterraneo, punto di partenza per nuove scorribande e conquistenei possedimenti bizantini dell’Italia meridionale, comprese che eraindispensabile ricostruire e fortificare la città. Ciò avvenne nel 967 d.C. o nel 968.Ma la data che appare più accreditata, malgrado le discussioni degli storici, è il967d.C.

L’incarico per la ricostruzione della città fu affidato ad un magistros(architetto), Niceforo Foca Hexakionites, che all’epoca era governatore dei Temidi Langobardia e Calabria, omonimo dell’imperatore, il quale può essereconsiderato a giusta ragione per un verso il vero rifondatore di Taranto per unaltro, vista la coerenza e la lucidità del progetto, l’autore del primo vero pianoregolatore della città. Il disegno di Niceforo era davvero degno di un urbanistamoderno per lucidità e chiarezza di obiettivi. Elaborò un piano di espansionedella città partendo dal suo punto più elevato, l’antica acropoli. Nel disegnodella nuova città Niceforo fu costretto a seguire l’orografia del terreno, ma, comeosserva Cosimo D’Angela, il magistros dovette certamente ispirarsi a modelli difortificazione adottati nel mondo bizantino.

Scrive D’Angela “La città, quindi, come già l’acropoli classica, si presentavacon un impianto longitudinale in senso E-W ma piuttosto stretto in senso N-S.

Un tale impianto, anche se a Taranto appare obbligato dalla orografia della

T

Modificazioni della struttura urbana della Città di Tarantoin età bizantina: la ricostruzione di Niceforo Foca

Page 21: Taras Tarentum Taranto

39I M M A G I N I A C O N F R O N T O

Taranto nel Medioevo in una graficadi G. B. Pacichelli (Napoli 1703).

Page 22: Taras Tarentum Taranto

306 T A R A N T O I E R I … T A R A N T O O G G I

26. Piazza Massar i e la Ch iesa del Carm i ne O

Ieri…

Piazza Giuseppe Massari, 1921.

Piazza Massari fine anni ’30.

Piazza Giuseppe Massari anno 1934. Si intravede ilMonumento ai caduti in Piazza della Vittoria inauguratonel 1930. La facciata della chiesa del Carmine è ancora quellaoriginaria. Sarà rifatta nel 1936.

Page 23: Taras Tarentum Taranto

307I M M A G I N I A C O N F R O N T O

Piazza Massari e la Chiesa del Carmine O

…oggi.

Piazza Giuseppe Massari,oggi Piazza Giovanni XXIII,e la Chiesa del Carmine.

Page 24: Taras Tarentum Taranto

308 T A R A N T O I E R I … T A R A N T O O G G I

Piazza Massari e la Chiesa del Carmine O

econdo Domenico Ludovico De Vincentiis 1 i Carmelitani sarebbero giuntia Taranto nel 1496 allorchè la città si era liberata dell’assedio degli

Aragonesi. Secondo altri storici la data esatta dell’arrivo di quest’ordine aTaranto sarebbe collocabile nel 1494. I Carmelitani furono dapprima ospitatipresso la chiesa della Madonna della Pace. L’ordine rimase in quella chiesa peroltre ottanta anni, fino cioè al 1577 quando ebbero inizio le demolizioni deimanufatti esistenti per consentire la realizzazione delle fortificazioni della città.Iniziarono così le demolizioni sul lato sud est di numerose chiese ed edifici cheostacolavano la realizzazione del progetto delle fortificazioni. Tra gli edifici chefurono demoliti ci furono anche la chiesa di San Pietro della Porta e la chiesadella Madonna della Pace.

Per questa ragione i Padri Carmelitani furono costretti a trasferirsi al di làdel Ponte di Porta Lecce, extra moenia, presso la chiesa di Santa Maria dellaMisericordia. Questa chiesa che più tardi sarà detta Chiesa del Carmine, sorgevain piena campagna a 300 passi oltre la porta di Lecce. In verità la chiesa nellaquale si sistemarono i carmelitani era forse una chiesa costruita nel 1400 dedicataa San Lazzaro e detta di Santa Maria Maddalena, come testimoniano gli atti dellavisita pastorale che l’Arcivescovo Lelio Brancaccio compì il 5 maggio del 1578alle chiese extraurbane della diocesi. Nella cappella, che l’Arcivescovo Caraccioloaveva voluto che fosse dedicata a San Pietro, è incastrato nel muro il pezzo dellacolonna sulla quale, secondo la tradizione, il capo degli apostoli avrebbecelebrato messa. Il pezzo della colonna era stato trasferito dalla chiesa di SanPietro della Porta alla chiesa di San Lazzaro in occasione della demolizione dellachiesa di San Pietro perché fosse esposta alla venerazione dei fedeli. Nellaseconda metà del ‘600 il Convento crebbe di importanza tanto da ospitare oltredodici persone.

Nel 1808 l’ordine dei Carmelitani a Taranto, come in altre città d’Italia, cessòdi esistere per la generale soppressione degli ordini e i padri abbandonarono ilconvento che divenne un arsenale esterno di artiglieria.

Ma come e quando è nata la Confraternita del Carmine? La nascita dellaConfraternita è legata alla istituzione della processione dei misteri che, come ènoto, la sera del venerdi santo esce dalla chiesa del Carmine. Tale processionenacque per iniziativa di Don Diego Calò, vissuto tra la fine del ‘600 e l’inizio del‘700. Calò aveva fatto costruire le statue di Gesù Morto e dell’Addolorata aNapoli, le aveva trasportate a Taranto e le aveva fatte collocare nella cappellagentilizia del suo palazzo a Vico Calò nei pressi della Strada Maggiore. Calòassunse l’iniziativa di portare in processione le due statue nell’intento diimplorare la benevolenza di Dio a seguito della terribile carestia del 1703. Idiscendenti di Calò vollero perpetuare il rito della processione dei misteri edecisero di affidare alla Congrega del Carmine il compito di continuare laprocessione. Da quel momento sarà sempre e solo la Congrega del Carmine adorganizzare ed a gestire la processione dei misteri.

Nel 1936, in piena era fascista, venne rifatta, per iniziativa della Curiaguidata dall’Arcivescovo Bernardi, la facciata della chiesa prospiciente Piazza

S

Page 25: Taras Tarentum Taranto

309I M M A G I N I A C O N F R O N T O

Piazza Massari e la Chiesa del Carmine O

Massari e quella laterale prospiciente Piazza della Vittoria. Il progetto dellanuova facciata è firmato dall’architetto Cesare Bazzani che aveva progettatoanche numerosi altri edifici importanti, l’adiacente Banco di Napoli, il Palazzodel Fascio, il Palazzo delle Poste, la Banca d’Italia. La nuova facciata della chiesadel Carmine venne inaugurata il 16 luglio 1936 dall’Arcivescovo Bernardi inoccasione dell’80° compleanno di Pio XI.

La Piazza era intitolata originariamente a Giuseppe Massari, un patriotanato a Taranto nel 1821, appartenente ad una famiglia della buona borghesiabarese. Il padre, Marino, era barese ma aveva sposato una tarantina. Ferventemazziniano aderì alla Giovane Italia e fu costretto dai Borboni all’esilio a Parigi.Fu amico di Guglielmo Pepe e di Vincenzo Gioberti. Fu deputato di Bari e perquesto i baresi lo considerarono un loro concittadino. Autore di importantibiografie di personaggi storici come Cavour e Vittorio Emanuele II morì a Romanel 1884. Col pontificato di Angelo Roncalli, dopo la morte del pontefice, lapiazza fu dedicata a Giovanni XXIII

1 D. L. DE VINCENTIIS, op. cit.

N O T E

La Processione dei Misteriesce dalla Chiesadel Carmine.

Page 26: Taras Tarentum Taranto

310 T A R A N T O I E R I … T A R A N T O O G G I

27. Gran Caffè La Sem O

Ieri…Durante la II Guerra Mondiale La Sem fu requisito

dagli Alleati e trasformata in Circolo ufficiali.

Gran Caffè La Sem in Via Giovinazziangolo Via D’Aquino negli anni ‘30.

Gran CaffèLa Semnegli anni ’50.

Page 27: Taras Tarentum Taranto

311I M M A G I N I A C O N F R O N T O

Gran Caffè La Sem O

…oggi.

Gran Caffè La Semnegli anni ’60.

Gran Caffè La Sem oggi sede di una banca.La Sem chiuse i battenti il 29 ottobre del 1984.

Page 28: Taras Tarentum Taranto

312 T A R A N T O I E R I … T A R A N T O O G G I

Gran Caffè La Sem O

ra i bar e le pasticcerie di cui pullulava il centro della città ai primi annidel secolo scorso una citazione a parte merita il Gran Caffè La Sem. La

vicenda di questo storico caffè tarantino è ricostruita in maniera esemplare daNicola Caputo nel suo recente lavoro “Taranto com’era..” da cui abbiamo trattole notizie che riportiamo. Il nome del locale, La Sem, è la fusione del cognomedei due fondatori, don Ciccio Messinese nato nel 1897 e don Mimì Semeraro natonel 1900.

La Sem viene fuori dall’inizio del cognome Semeraro e da quello diMessinese letto all’inverso. Don Mimì faceva il capo pasticciere al bar Montera econobbe quello che sarebbe stato per oltre mezzo secolo suo socio nel 1922. I duediventarono subito soci talchè un anno dopo, nel 1923, decisero di acquistare unafabbrica di cioccolato ubicata in Corso Umberto. Nel 1926 misero su in Via DeCesare per la somma di 9000 lire un locale specializzato nella degustazione dicioccolato caldo in tazza. Nel 1927 i due soci acquisteranno l’ex oreficeriaTroncone e il suolo dove fino a qualche tempo prima sorgeva il cinemaInternazionale che era stato distrutto da un incendio. Lì venne costruito il GranCaffè La Sem. Caputo riferisce che l’articolo è stato aggiunto da un argutoragioniere per non far confondere Sem con la S.E.M.-Società ElettricaMeridionale, una società che in quel tempo erogava energia elettrica. Nel 1932 idue soci impiantarono un altro locale sempre chiamato La Sem a Bari in CorsoVittorio Emanuele all’angolo con Via Cavour e nel 1937 decisero che Don Ciccioavrebbe gestito La Sem di Taranto mentre a Don Mimì sarebbe toccato gestire LaSem di Bari. 1)

Il Gran Caffè La Sem fu davvero per lunghissimi anni il caffè perantonomasia della città. Intorno ai suoi tavolini all’esterno, d’estate, e neimagnifici saloni d’inverno, la buona borghesia medio alta di Taranto siincontrava, chiacchierava, commentava gli avvenimenti politici e l’ultimo fattodel giorno. Tali incontri erano un rito, un appuntamento fisso. Prendere il caffè ol’aperitivo alla Sem è stato per oltre mezzo secolo uno status simbol, un segno didistinzione e di appartenenza. Alla Sem nascevano gli amori dei liceali del vicinoArchita, si concludevano gli affari, si faceva conversazione e si parlava dipolitica, le signore della buona borghesia tarantina sfoggiavano l’ultimocappellino alla moda e i rampolli dei ricchi borghesi facevano mostra dell’ultimarombante automobile che papà aveva comprato loro parcheggiandola lì davanti,all’angolo con Via D’Aquino. Oltre mezzo secolo dopo, nel 1984 però siintravidero i primi segni di difficoltà. Stanchezza, affari che non andavano bene,clientela che stava mutando pelle, fine di un’epoca, i pubs che iniziavano asostituire i gran caffè? La Sem chiuse i battenti. In effetti i tempi erano cambiati, igusti dei cittadini, specialmente quelli dei giovani, avevano preso direzionidiverse. Nacquero i pubs, le consumazioni mordi e fuggi che la fretta e la vitaconvulsa dell’era contemporanea imponevano. La Sem non poteva tenere ilritmo. La Sem era un caffè dove i ritmi erano più lenti, dove un caffè o unaperitivo venivano centellinati, sorseggiati, gustati e non tracannati in fretta. LaSem era nata per l’epoca delle carrozze e dei cavalli e tutt’al più per l’epoca dellecinquecento e delle Lancia. Era sorpassata e non ha retto al ritmo. E poi

T

Page 29: Taras Tarentum Taranto

313I M M A G I N I A C O N F R O N T O

Gran Caffè La Sem O

l’abbandono del Borgo e l’inizio del suo progressivo spopolamento, forse anchela stanchezza dell’età dei proprietari, hanno fatto sì che un simbolo della Tarantodel Novecento chiudesse i battenti e sparisse come sono sparite per altri versi eper altre ragioni tante testimonianze della nostra vecchia cara Taranto. Certo cisono stati i tentativi di resuscitare quel locale al quale i tarantini si sono sentitisempre legati. Ci ha provato finanche una multinazionale francese che harilevato e ristrutturato completamente il locale. Chi scrive,da sindaco, hacontribuito alla sua riapertura sperando in un suo ritorno in auge e l’hainaugurata insieme ad una madrina d’eccezione, Gina Lollobrigida, il simbolo diun’epoca come appunto La Sem. Ma non c’è stato nulla da fare. Anche questotentativo fallì come tanti altri che sono venuti dopo.

Ma la verità forse sta nel fatto molto semplice che i tarantini, tranne qualchenostalgico, al di là del loro dichiarato attaccamento ad una testimonianza dellastoria e del costume della loro città, non amavano più La Sem e non lafrequentavano più preferendole altri locali. Oggi La Sem è sede di una banca.

1 NICOLA CAPUTO, Taranto com’era…, Edizioni Cressati, Taranto 2001

N O T E

Page 30: Taras Tarentum Taranto

314 T A R A N T O I E R I … T A R A N T O O G G I

28. I l Monumento a i Cadut i O

Ieri…Monumento ai Caduti:bozzetto dello scultoreFrancesco Paolo Como.

Il Monumento ai Caduti incostruzione con l’impalcatura.Più a destra: il Monumento ai Cadutialla fine della costruzione.

Il Monumento ai Cadutivisto da Corso Umberto.

Page 31: Taras Tarentum Taranto

315I M M A G I N I A C O N F R O N T O

Il Monumento ai Caduti O

…oggi.

Il 4 novembre 1930Re Vittorio Emanuele IIIinaugura il Monumento ai Caduti.Più in basso: i mosaiciall’interno del sacello del monumento.

Il Monumento ai Caduti oggi.

Page 32: Taras Tarentum Taranto

316 T A R A N T O I E R I … T A R A N T O O G G I

Il Monumento ai Caduti O

lla fine del primo conflitto mondiale, nel 1919, l’architetto CesareBazzani, che diventerà autore dei progetti del maggior numero di opere

pubbliche nel ventennio fascista a Taranto, da buon nazionalista, aveva deciso difare dono al Comune di un progetto per la costruzione di un grande monumentoin onore dei caduti del primo conflitto mondiale. L’allora Sindaco di Taranto,Francesco Troilo, accolse l’offerta con grande entusiasmo e sottoposeimmediatamente al Consiglio Comunale la proposta.

In effetti Taranto non aveva un Monumento ai Caduti per cui il ConsiglioComunale, nella seduta del 1 marzo 1919 accolse con favore la proposta diBazzani e deliberò lo stanziamento di lire 10.000 per la sua realizzazione. Fuall’uopo costituito un comitato col compito di seguire la realizzazione dell’operae ne fu anche decisa la collocazione. La scelta cadde su Piazza Archita.

Malgrado l’iniziale buona volontà però le cose non andarono spedite cometutti si aspettavano. I primi problemi furono di ordine finanziario. Infatti i 10milioni stanziati dal Comune si rivelarono subito insufficienti per cui funecessario aprire una sottoscrizione tra i cittadini. La risposta fu entusiasmante.Furono organizzate manifestazioni teatrali e cinematografiche pubbliche, balli,mostre e lotterie, per raccogliere fondi e sul biglietto d’ingresso fu applicato unsovrapprezzo destinato alla costruzione del monumento ai caduti. Il Comuneistituì la marca da bollo “Pro Monumento” da affiggere su ogni certificato. LaMarina dal canto suo applicò una tassa di due soldi per ogni nave cheattraversava il ponte girevole.

Per la realizzazione del monumento fu indetto un concorso nazionale diidee al quale parteciparono numerosi scultori di livello nazionale. Il concorso fuvinto dal bozzetto dello scultore tarantino Francesco Paolo Como. Como era natoa Taranto il 6 aprile del 1888. Il padre Pietro Luigi era capo mastro muratore, lamadre Grazia D’Alessandro, sarta. Abitavano in Via D’Aquino al PalazzoPetruzzi. Dopo le elementari Francesco Paolo conseguì il diploma della scuolatecnica e frequentò i corsi della scuola serale di disegno ornato a PiazzaSant’Angelo sotto la guida del prof. Tommaso Antonucci. Entrò nelle Ferroviedello Stato ma nel 1911 lasciò il suo impiego per trasferirsi a Roma dove studiòarchitettura con il prof. Cesare Bazzani. Partecipò alla prima guerra mondiale e,finita la guerra, conseguì il diploma di scultura all’Istituto di Belle Arti di Roma.Como fu autore di numerose altre opere oltre al Monumento ai caduti di Taranto.Fu insegnante per lunghi anni nella scuola di avviamento professionale Revel diTaranto. Partecipò al secondo conflitto mondiale. Da Taranto si trasferì a Romadove morì nel 1973.

Inizialmente si era pensato di collocare il monumento in Piazza Archita masuccessivamente si mutò parere per cui dalla collocazione originaria si passò aquella definitiva, Piazza XX Settembre, alla quale si decise di dare il nome diPiazza della Vittoria.

L’inaugurazione del monumento avvenne con un’imponente cerimonia il 4novembre 1930 alla presenza di Sua Maestà il Re Vittorio Emanuele III e di tutte

A

Page 33: Taras Tarentum Taranto

317I M M A G I N I A C O N F R O N T O

Il Monumento ai Caduti O

le autorità civili e militari della città. Il monumento inaugurato era peròincompleto giacchè era mancante del gruppo scultoreo dell’aquilifero che ornavala parte rivolta verso Corso Umberto.

Il monumento fu lasciato così com’era stato inaugurato per oltre venti annifino a quando, dopo il secondo conflitto mondiale nel 1950, non si ripropose ilproblema del completamento del monumento. Fu costituito un appositocomitato per il monumento sotto la presidenza dell’Ammiraglio Jannucci cheaffidò di nuovo allo scultore Como il compito di scolpire il gruppo bronzeodell’aquilifero. Il gruppo era costituito da una trireme romana rostrata su cui siergeva un aquilifero, custode dell’aquila insegna militare della legione romana,nell’atto di lanciare l’aquila verso il cielo.

Il 18 ottobre del 1953 il Monumento ai caduti, finalmente completo, fuinaugurato alla presenza di numerose autorità civili, militari e religiose e dellemedaglie d’oro al valore militare Vincenzo Martellotta e Girolamo Manisco.Madrina della cerimonia fu la signora Giulia Buono, vedova della medagliad’oro capitano di vascello Ignazio Castrogiovanni. La medaglia d’oroammiraglio Araldo Fadin tenne l’orazione ufficiale. 1

Ma i guai per il glorioso e sfortunato monumento non finirono. Qualcheanno dopo un fulmine colpì il gruppo scultoreo e l’aquila fu trovata ripiegata sulbraccio dello stesso aquilifero. Il complesso attende ancora di essere riparato.

1 GIACINTO PELUSO, op. cit.

N O T E

Page 34: Taras Tarentum Taranto

318 T A R A N T O I E R I … T A R A N T O O G G I

29. I l Pa lazzo del Governo O

Ieri…

Quattro foto del Palazzo del Governoin costruzione, 1930-1934.

Il Palazzo del Governo secondoil progetto Bonavolta che poi sarà

abbandonato per il nuovo progetto in stilecoloniale di Armando Brasini .

Page 35: Taras Tarentum Taranto

Il Palazzo del Governo O

319I M M A G I N I A C O N F R O N T O

Sopra:altre immagini delPalazzo del Governoin costruzione.

Palazzo del Governoe Rotonda dopol’inaugurazione

avvenuta il7 settembre 1934.

Page 36: Taras Tarentum Taranto

320 T A R A N T O I E R I … T A R A N T O O G G I

Il Palazzo del Governo O

…oggi.

Il Palazzo del Governo oggi.

Page 37: Taras Tarentum Taranto

321I M M A G I N I A C O N F R O N T O

Il Palazzo del Governo O

ino al 1923 la città di Taranto faceva parte del circondario di Lecce.Amministrativamente infatti Taranto era una sottoprefettura. Questa

posizione di subalternità al capoluogo salentino stava certamente stretta aitarantini soprattutto dopo che la piazza di Taranto era stata dichiarata sede diDipartimento Militare Marittimo e centro produttivo navalmeccanico diimportanza strategica nazionale con la costruzione dell’Arsenale MarinaMilitare. Segni di un dibattito sulla necessità che Taranto diventasse capoluogodi Provincia si erano avuti fin dal 1866; il dibattito era continuato fino alloscoppio della prima guerra mondiale per riprendere più acceso ed infuocatosubito dopo la guerra tra il 1919 e il 1923 anche a causa della feroce ed ovviaopposizione di Lecce. A tale dibattito parteciparono uomini politici,amministratori, intellettuali ed esso fu talmente acceso da arrivare fino a Roma, aPalazzo Venezia.

Accadde così che Mussolini in persona, ricevendo il 1 Marzo 1923 unadelegazione di autorità tarantine guidata dal Sindaco Giovanni Spartera e dellaquale facevano parte anche Caradonna, Starace, l’onorevole Troilo e il CavalierUfficiale Stracca, Segretario del Comune di Taranto, risolse la questionedelimitando con un tratto di matita rossa su una carta geografica della Puglia iconfini della Provincia di Taranto. Così quel 1° Marzo del 1923 diventò l’atto dinascita della Provincia di Taranto.

Divenuta il quinto capoluogo di Provincia della Puglia occorreva cheTaranto si attrezzasse per rispondere al nuovo ruolo e alle nuove funzioni che erachiamata a svolgere nella sua nuova veste amministrativa a cominciare dallasede della nuova Istituzione. Si doveva quindi costruire un imponente edimportante edificio che contenesse gli uffici dell’Amministrazione Provinciale, laPrefettura, la Questura, gli alloggi del Prefetto e una foresteria adeguata allabisogna per le visite ufficiali di ministri, delegazioni straniere, sovrani cheavrebbero potuto capitare in visita nella città. Si individuò il suolo sul qualesarebbe stato costruito l’imponente edificio. Allo scopo furono acquistati 8000metri quadrati di terreno di proprietà Tamborrino tra Via Anfiteatro e ViaMassari al prezzo di lire 140 al metro quadro da pagarsi in cinque anni.

Il progetto fu affidato all’architetto Armando Brasini. Le dimensioni delPalazzo del Governo, sovradimensionato rispetto alla strada che costeggiava ilmare, e soprattutto la sua altezza ponevano però dei problemi di carattereurbanistico e di impatto visivo ed architettonico tenuto conto della limitatezzaspaziale della carreggiata piuttosto stretta rispetto all’altezza dell’edificio sullaquale la mole del Palazzo si sarebbe affacciata. Il problema fu risolto con lacostruzione di un ampio slargo altrettanto imponente antistante il maestosoportone di ingresso dal lato sud con aggetto sul mare; nacque la Rotonda delLungomare che avrebbe assunto la funzione di attutire l’impatto architettonicodella mole del palazzo, esaltarne ed accentuarne l’imponenza, dargli maggiorerespiro. La Rotonda inoltre avrebbe assunto anche la funzione pratica dicontenitore per grandi adunate e manifestazioni pubbliche.

La costruzione della Rotonda del Lungomare fu iniziata nel 1931 e conclusa

F

Page 38: Taras Tarentum Taranto

322 T A R A N T O I E R I … T A R A N T O O G G I

Il Palazzo del Governo O

mentre ancora erano in corso i lavori di costruzione del Palazzo del Governo. Fuinaugurata il 28 ottobre del 1932 in occasione del decennale della marcia suRoma. Altro ostacolo era rappresentato dalla presenza sul suolo Tamborrino delPoliteama Alhambra, un prestigioso teatro che era molto frequentato e moltoamato dai tarantini. Il teatro era stato costruito sulle ceneri di un altro teatro, ilLivio Andronico, distrutto da un incendio il 20 ottobre del 1907. L’Alhambra fudemolito e al suo posto sorse l’attuale Palazzo del Governo. La costruzionedell’imponente palazzo fu affidata alle ditte Cataldo Orlando di Napoli cheeseguì le opere di scavo e quelle in muratura, e alla ditta Francesco Desiderio diCastellammare di Stabia, che si occupò delle opere in legno. Il costo preventivatodell’opera era di 7.104.950, ma alla fine se ne spesero più del triplo. L’edificiooccupa un’area di 4500 metri quadrati, è alto 52 metri per 4 piani e dispone dioltre 150 vani. Per la costruzione furono necessari 4 anni. Il Direttore dei lavori fulo stesso progettista, Armando Brasini che percepì il 2,50% del costo complessivodell’opera.

L’inaugurazione ufficiale avvenne il 7 settembre del 1934 ad opera dellostesso Benito Mussolini che venne a Taranto anche per dare il primo colpo dipiccone col quale si dava avvio al programma di risanamento della città vecchiadi Ferdinando Bonavolta. Fu una manifestazione memorabile. A Taranto vennerodelegazioni dei fasci di gran parte delle città più importanti del Sud; il popoloproveniente da tutta la provincia, dalle altre province e anche dalle regionilimitrofe con treni speciali ed automezzi vari, affollava la Rotonda delLungomare di fronte alla quale nella rada di Mar Grande erano schierate le unitàdella flotta navale italiana. Furono presenti alla cerimonia tutte le autoritàcittadine, quelle civili, militari e religiose, il vescovo, Monsignor OrazioMazzella, che benedì l’opera, il Commissario prefettizio dott. Speciale e AchilleStarace, leccese, segretario nazionale del Partito Nazionale Fascista che presentòil Duce alla folla. Mussolini parlò alla folla strabocchevole assiepata sullaRotonda. Usò l’adulazione e solleticò l’orgoglio fascista dei tarantinisottolineando l’importanza strategica di Taranto nel Mediterraneo. Fu il discorsodel «vivere non è necessario, è necessario navigare».

Ancora oggi il Palazzo del Governo è sede della Prefettura, della Provincia edella Questura. Fino a qualche anno fa nei locali pedanei del lato ovest eracollocata la biblioteca civica Pietro Acclavio.

Invito per il 7 settembre 1934a partecipare, alla presenza di Benito

Mussolini, all’inaugurazionedel Palazzo del Governo.

Page 39: Taras Tarentum Taranto

323I M M A G I N I A C O N F R O N T O

30. Ch iesa d i San Pasquale e Convento dei Padr i Alcantar i n i O

Ieri…Chiesa di San Pasquale e

Convento dei PadriAlcantarini, fine ‘800.

Chiesa di San Pasqualee Museo Nazionale oggi, conle rispettive nuove facciate.

…oggi.

Page 40: Taras Tarentum Taranto

324 T A R A N T O I E R I … T A R A N T O O G G I

Chiesa di San Pasquale e Convento dei Padri Alcantarini O

à dove sono attualmente la Chiesa di San Pasquale e il MuseoArcheologico Nazionale, su Corso Umberto di fronte a Piazza Garibaldi,

sorgeva un tempo il Convento dei Padri Alcantarini.Della fondazione di un Convento dei Padri Alcantarini a Taranto si

incominciò a parlare già dal 1736 quando l’allora Sindaco Giovanni Delli Ponti,raccogliendo le sollecitazioni del popolo che chiedeva la presenza a Taranto diquesto benemerito Ordine, fece istanza alla Congregazione dei Vescovi diautorizzare la istituzione a Taranto di un Convento dell’Ordine dei PadriAlcantarini che avevano la loro sede centrale a Napoli. L’accordo tra i PadriAlcantarini di Napoli e il Capitolo Vescovile di Taranto fu raggiunto non senzadifficoltà poiché ad esso si opponevano i Padri Riformati che adducevano comeragione della loro opposizione la scarsezza di fondi per la costruzione delConvento. Arcivescovo era Monsignor Casimiro Rossi.

Passarono tre anni e il nuovo arcivescovo Monsignor Giovanni Rossifacendo proprie le insistenti richieste del popolo volte alla fondazione a Tarantodel convento, non potè fare a meno di riproporre l’istanza dimostrandol’infondatezza delle obiezioni dei Padri Riformati. Fu così che nel 1744 ilCapitolo vescovile di Taranto, contro il parere dei Padri Riformati, che all’internodel Capitolo ribadirono la loro opposizione, espresse parere favorevole allavenuta a Taranto dell’Ordine degli Alcantarini. Sulla base di tale parerefavorevole e su richiesta di Re Carlo III e della Regina Maria Amalia, il 23 apriledel 1748 Papa Benedetto XIV concesse ufficialmente l’autorizzazione per lacostituzione dell’Ordine a Taranto.

Il 27 luglio dello stesso anno un regio dispaccio a firma del Duca diCastropennano a nome del re ordinò al Regio Castellano di Taranto, colonnelloD. Andrea Aurelio, di autorizzare la costruzione del Convento di San Pasquale.Subito dopo il Procuratore dell’Ordine degli Alcantarini Francesco Cotugno DeToledo, patrizio di Taranto, comprò da Francesco Troncone i tre tomoli di terrenosu cui furono costruiti il Convento e il giardino, per 600 ducati ridotti a 570poiché Troncone era un devoto. Nello stesso anno, 1748, iniziò la costruzione delConvento che fu inaugurato dall’Arcivescovo Monsignor Giovanni Rossi. L’annosuccessivo il canonico Cantore Giovan Domenico Capitignano fece dono ai PadriAlcantarini di un ulteriore appezzamento di terreno di due stoppelli e mezzo. 1

L’attività dei Padri Alcantarini fu molto importante nella vita religiosa dellacittà e sarà sempre molto apprezzata da parte dei tarantini. Il convento rimase inpiedi per oltre 50 anni fino a quando, in epoca napoleonica, fu trasformato inOspedale. Napoleone infatti, in guerra con gli inglesi, intendendo bloccarel’iniziativa della marina britannica di stanza a Malta, comprendendol’importanza strategica delle piazze di Bari, Brindisi e soprattutto di quella diTaranto, occupò con un esercito di 10.000 uomini la penisola salentina.Napoleone quindi ordinò al Generale Soult di occupare oltre a Lecce, Bari eBrindisi anche Taranto. Soult arrivò a Taranto il 27 Aprile del 1801 e dovendoacquartierare la sua Armèe d’observation du Midì, requisì tutti i conventiesistenti a Taranto. Il Convento dei Celestini a Piazza Castello diventò il quartier

L

Page 41: Taras Tarentum Taranto

325I M M A G I N I A C O N F R O N T O

Chiesa di San Pasquale e Convento dei Padri Alcantarini O

generale dell’armata, gli altri conventi, San Domenico, San Francesco e quello deiGesuiti a Monteoliveto diventarono alloggi per i soldati mentre il Convento deiTeresiani e quello degli Alcantarini furono trasformati in ospedale.

Tramontato Napoleone il Convento rientrò nella disponibilità degliAlcantarini che ripresero a gestirlo fino al 1866 quando, essendo stato soppressol’Ordine, fu trasformato in carcere giudiziario funzione che mantenne fino al1880, quando sarà trasformato in Museo. La Chiesa invece fu conservata eaffidata alle cure di due padri alcantarini che ne continuarono il culto.

Oggi la Chiesa è gestita dai padri francescani.

Page 42: Taras Tarentum Taranto

326 T A R A N T O I E R I … T A R A N T O O G G I

31. I l Museo Naz ionale Archeolog ico O

Ieri…

Il Museo Nazionale ai primidel ‘900 con la bella facciata

del Calderini.

Il Museo Nazionalenegli anni ’30.

Page 43: Taras Tarentum Taranto

327I M M A G I N I A C O N F R O N T O

Il Museo Nazionale Archeologico O

Il Museo Nazionale negli anni ’60.

Il Museo Nazionale oggi.…oggi.

Page 44: Taras Tarentum Taranto

328 T A R A N T O I E R I … T A R A N T O O G G I

Il Museo Nazionale Archeologico O

attuale Museo Nazionale Archeologico sorge là dove era il vecchioConvento dei Padri Alcantarini che aveva subito nel corso della sua

storia alterne vicende di cui abbiamo già parlato.Nel 1866 l’Ordine degli Alcantarini fu soppresso, il convento passò nella

disponibilità del Demanio e fu trasformato in carcere giudiziario, funzione allaquale assolse fino al 1880 quando fu trasformato in Museo.

Nello stesso anno infatti era giunto a Taranto Luigi Viola, archeologo diorigini salentine, nato a Galatina in provincia di Lecce, inviato dal Ministro dellaPubblica Istruzione Baccelli su indicazione del senatore Luigi Fiorelli, direttoregenerale degli Scavi e Musei. Viola ebbe il compito di condurre un lavoro diricognizione archeologica e acquisire dai privati i reperti archeologici che in quelperiodo abbondavano a causa degli scavi che venivano condotti per lacostruzione del canale navigabile e del regio arsenale marittimo. Viola raccolse,come da mandato del Ministro, una gran mole di reperti archeologici salvati daltrafugamento di privati e dalle ruspe e li sistemò proprio nell’antico convento deiPadri Alcantarini in Corso Umberto. Occupò tutto il primo piano dell’edificioche riempì di importantissimi reperti. Contemporaneamente fece istanza alMinistero della Pubblica Istruzione perché domandasse al Comune di Taranto lacessione dell’immobile per adibirlo a Museo.

Il Sindaco del tempo, Vincenzo Sebastio, fu ben felice di accogliere larichiesta del Ministero poiché intuì l’importanza della creazione a Taranto di unMuseo Archeologico. In precedenza il Comune, poiché era prevista dal PianoConversano una sistemazione più decorosa di Piazza Archita e di PiazzaGaribaldi (la Piazza del Nuovo Borgo), aveva chiesto al Ministero degli interni dispostare il carcere dal convento degli Alcantarini al convento di Sant’Antonio,che era di proprietà del Comune e che era meno visibile e più adatto allefunzioni di carcere giudiziario. Quindi al momento in cui Viola fece la propostadi far acquisire allo Stato il convento degli Alcantarini questo era vuoto e quindidisponibile.

Certo era mal messo e cadente per cui erano necessarie notevoli opere direcupero e di ristrutturazione le cui spese il Comune non aveva alcunaintenzione di accollarsi. Per questa ragione il Sindaco Sebastio, pur accettando laproposta di cessione dell’immobile al Ministero della Pubblica Istruzione, pose lecondizioni:

1, che il Comune non avrebbe assunto a proprio carico alcun onerefinanziario necessario per il recupero e il riadattamento del vecchio convento aMuseo;

2, che entro sei mesi il Governo avrebbe, con Regio Decreto, stabilito laistituzione del Museo a Taranto;

3, che entro tre anni la facciata esterna dell’edificio avrebbe dovuto essererifatta adeguandola alle condizioni edilizie del nuovo Borgo. Le condizioniapparvero favorevoli al Ministero e furono accettate.

L’

Page 45: Taras Tarentum Taranto

329I M M A G I N I A C O N F R O N T O

Il Museo Nazionale Archeologico O

Il 3 aprile del 1883 con un decreto regio a firma di Umberto I venneufficialmente istituito il Museo Nazionale di Taranto: Direttore fu nominato lostesso Luigi Viola che vi impiantò immediatamente un Ufficio degli Scavi perraccogliervi e custodirvi i reperti fino a quel momento raccolti. Ma la gestioneViola fu disastrosa.

Per quindici anni il Museo fu lasciato nel più completo abbandono e fucorso addirittura il rischio che fosse soppresso. L’on. Raffaele De Cesare sollevòin Parlamento il problema dell’abbandono in cui versava il Museo di Taranto percui fu deciso di sostituire il Viola con il giovane archeologo Quintino Quagliati.

Il 23 settembre 1898, inviato dal Ministero della Pubblica istruzione persostituire Viola, giunse a Taranto Quintino Quagliati che, tra i primi obiettivi sipose quello della ristrutturazione del vecchio convento. Quagliati aveva in menteprogetti grandiosi come quello di costruire, ristrutturando tutto intero l’isolato,un grande Museo della Magna Grecia. Ma il progetto cozzava da un lato con ledifficoltà di reperimento dei fondi necessari dall’altro con la presenza dellachiesa di San Pasquale che avrebbe dovuto essere demolita.

Nel 1902 Furono comunque iniziati i lavori di ristrutturazione interna deilocali dell’ex convento che vennero affidati alla ditta Raffo. Un elementoimportante dei lavori di ristrutturazione era rappresentato dal rifacimento dellafacciata per la quale l’Amministrazione del Sindaco Sebastio venti anni primaaveva posto la condizione che fosse adattata agli altri manufatti che siaffacciavano sulla piazza. Il progetto per il rifacimento della facciata fu affidatoall’architetto Guglielmo Calderini, molto noto a livello nazionale, che ridisegnòl’esterno in stile neoclassico così come oggi lo vediamo. Gli interni furonotrasformati e dalle vecchie celle furono creati ampi saloni espositivi mentre isoffitti vennero disegnati dal prof. Perazzo disegnatore del Museo.

I lavori vennero completati nel 1904 tant’è che alla fine dello stesso annoQuagliati potè sistemare le sale catalogando e sistemando i reperti nelle grandivetrine e nei contenitori in legno costruiti dagli artigiani Presta e Sarra. Il 25ottobre 1906 il Museo, ormai ristrutturato e completato ricevette la visita di SuaMaestà il Re Vittorio Emanuele III, venuto a Taranto per assistere alle manovredella flotta navale dello Jonio, che si complimentò con il Direttore Quagliati.Quagliati morì il 29 dicembre del 1932.

Nel luglio del 1933 il Ministero dell’Educazione Nazionale (questo era ilnuovo nome che il regime aveva dato al Ministero della Pubblica Istruzione)affidò la Direzione del Museo di Taranto a Renato Bartoccini il quale pose tra isuoi primi impegni quello dell’ampliamento del Museo. Il progetto diampliamento fu affidato all’architetto Carlo Ceschi, che oltre al raddoppio deilocali, aveva previsto anche il rifacimento della facciata adeguandola alla nuovaarchitettura fascista. Fortunatamente ci fu una sollevazione di popolo guidata dadue giornalisti Diego Gennarini e Dino Rizzo che dalle pagine della Voce delPopolo contrastarono veementemente le scelte del progetto Ceschi che avrebberocreato un contrasto stridente con le strutture neoclassiche dei palazzi umbertini

Page 46: Taras Tarentum Taranto

330 T A R A N T O I E R I … T A R A N T O O G G I

Il Museo Nazionale Archeologico O

che si affacciavano sulla Piazza Mastronuzzi (Piazza Archita) a cominciare dalPalazzo degli Uffici. La battaglia fortunatamente fu vinta e la facciata delCalderini rimase intatta. Fu così risparmiata alla città un’altra opera del regimedel tipo Palazzo del Fascio o Palazzo delle Poste.

A Bartoccini nel 1934 successe Ciro Drago, un archeologo siciliano,socialista, che, finita la guerra sarà nominato dal CLN Sindaco di Tarantosuccedendo ad Agilulfo Caramia. Durante la guerra i preziosi reperti di cui nelfrattempo si era arricchito il Museo furono raccolti in contenitori e custoditi inaltre parti ad evitare che fossero danneggiati dai bombardamenti.

Il 9 settembre del 43 gli alleati, sbarcati a Taranto, requisirono tutti i localipubblici per alloggiare e sistemare le truppe. Furono requisiti il Palazzo degliUffici, la Prefettura, le Poste. Stessa sorte toccò al Museo che fu trasformato inComando inglese con reparto di vettovagliamento e mensa per ufficiali, ospedaleper le truppe neozelandesi e ufficio toponomastico per quelle israeliane. Neldopoguerra l’opera di ristrutturazione del Museo continuò fino a tutto il 1952.Nel 1953 a Ciro Drago, nella Direzione del Museo, subentrò Nevio Degrassi chetenne l’incarico per dieci anni fino al 1963 quando gli successe Attilio Stazio.

Attualmente il Museo è in un’ennesima fase di allargamento. Con i fondidella Comunità Europea, si sta realizzando un importante progetto che puntaalla realizzazione del Polo Museale della Magna Grecia.

Page 47: Taras Tarentum Taranto

331I M M A G I N I A C O N F R O N T O

32. Piazza Ebal ia O

Ieri…Piazza Ebalia negli anni ’20.

Piazza Ebalia, 1931.

In basso: PiazzaEbalia nel 1933.È stata costruita laRotonda mentre ilPalazzo del Governoè in costruzione.