133
TESI DI LAUREA di Tolomeo Renzo Relatore: Dal Sasso Angelo - BICOGNO - PROPOSTE E IDEE DI RIUTILIZZO DEL PAESAGGIO TRA I TERRAZZAMENTI NEL CUORE DI FAGGETO LARIO Autore: Tolomeo Renzo - Relatore: Dal Sasso Angelo A.A. 2011/12

Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

Embed Size (px)

DESCRIPTION

La tesi studia il territorio del Lario concentrandosi sul comprensorio di Faggeto Lario. Analizzando qualsi sono gli elementi deboli all'interno del paesaggio, propone differenti tipi d'intervento utili sia al paesaggio storico/naturale che all'economia della zona, nonchè alla società.

Citation preview

Page 1: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

1

TESI DI LAUREA di Tolomeo Renzo

Relatore: Dal Sasso Angelo

- BICOGNO -PROPOSTE E IDEE DI RIUTILIZZO DEL PAESAGGIO TRA I TERRAZZAMENTI NEL CUORE DI FAGGETO LARIO

Autore: Tolomeo Renzo - Relatore: Dal Sasso Angelo

A.A. 2011/12

Page 2: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

2

INDICE

- Abstract 3

ANALISI DEL COMUNE DI FAGGETO LARIO

- L’insediamento della popolazione 5

- Cenni storici sulla formazione dei paesi

- Morfologia 9

- Configurazione Geologica 11

- Uso del Suolo 13

- Infrastrutture ed Economia 15

- Trasformazioni del paesaggio 17

OBIETTIVI 27

PROPOSTA D’INTERVENTO 28

- Azioni di carattere generale

- Pavimentazione

- Muretti a secco

- Elementi di collegamento

- Recinzioni

29

31

13

43

- Area Boscata

- Perchè il castagneto

- Biologia ed Ecologia del Castagno Europeo

- Le varietà di castagno locali

- Il rimboschimento e la produzione legnosa

- L’INTERVENTO IN DETTAGLIO

31

13

43

53

32

INDICE

- Abstract 3

PROPOSTA D’INTERVENTO 28

- Azioni di carattere generale

Page 3: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

3

ABSTRACT

Il paesaggio terrazzato è uno dei segni più antichi della colonizzazione sedentaria nel nostro pianeta e, come elemento caratterizzante del territorio montano e pedemontano, assume un valore emblematico per tutta l’area presa in esame.

Le zone terrazzate hanno vissuto momenti di sviluppo, ma anche fasi di declino, spesso seguite da repentini collassi che ne hanno causato l’abbandono.Il territorio di Bicogno, frazione di Lemna, nel cuore del triangolo Lariano, non è stato sottratto a nessuna di queste fasi.Per poter oggi intervenire con progetti di recupero e valorizzazione di questi luoghi, bisogna comprendere le molteplici ragioni di declino e successivo abbandono dei versanti terrazzati.

Il contenuto centro abitato sorge all’interno di un sistema di terrazzamenti che vanno da una quota di 530m s.l.m. a 610m s.l.m. per un’estensione complessiva di circa 10 ettari. Questo luogo particolare rischia di essere travolto dall’espansione del bosco che circonda per quasi metà l’area, il fenomeno è in aumento a causa soprattutto dell’abbandono dei terreni terrazzati non più redditizi.

Il tipo d’intervento necessario a contrastare qualsiasi tipo di degrado dev’essere valido sotto tutti i punti di vista. Una possibile proposta di utilizzazione dell’area deve con-siderarsi sottoforma di interventi campione, che presentino oltre a elementi d’interesse in se, anche un’opportunità di interpretazione dei luoghi con stesse o simili qualità, in maniera contemporanea pertanto futura.

Il singolo progetto contiene il recupero puntuale dei vari aspetti produttivi, idrogeologici, paesaggistici, inseriti in uno scenario che sia coerente con i modi e le esigenze del vivere moderno, in un posto dove la tendenza sembra il disuso. Aspetto molto importante è il coinvolgimento delle comunità locali nelle operazioni di riqualificazione poiché è utile valutare la fattibilità delle opere, sia in termini pratici che finanziari.

Il tema principale del progetto affronta la sostenibilità ambientale intesa come recupero paesaggistico dell’area e la validità economica delle attività agricole, si pone pertanto i seguenti obiettivi:

• Recuperare i terrazzamenti mediante l’attività agricola e migliorare quella esistente;• Intervenire fisicamente in modo puntuale su alcuni fenomeni di degrado e dissesto idrogeologico;• Esaminare il valore estetico-percettivo del paesaggio prima e dopo gli interventi

Un’interessante proposta che affronti la progettazione concretamente è quella di creare un’azienda agricola riutilizzando i terrazzamenti incolti e soprattutto i manufatti non più utilizzati che una volta erano destinati a differenti tipi d’uso: Stalle, depositi, botteghe, abitazioni. La scelta di operare in questa direzione ambisce a sviluppare sinergia tra le azioni di riqualificazione sia del paesaggio storico agrario che dell’ambiente naturale al fine di produrre e commercializzare prodotti locali dervati da agricoltura e/o alleva-mento.

La microimpresa adotterà criteri di coltivazione biologica e si occuperà della manutenzione del paesaggio che diviene in questo modo un luogo di coerenza tra utilizzo del suolo, gestione delle risorse e fruizione del territorio.

Gli investimenti iniziali saranno elevati ma è possibile ottenere degli aiuti finanziari da parte degli enti pubblici (Piano di Sviluppo Rurale). Inoltre la scelta di adottare la coltivazi-one biologica da parte dell’azienda agricola oltre che favorire un’adeguata offerta a quella che è l’attuale domanda di prodotti con genuinità e naturalità garantite, permette un ulteriore incentivo da parte della CEE.

Page 4: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

4

Molina

lEMna

RiVa

PalanZo

BiCoGno

Page 5: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

5

ANALISI DEL COMUNE DI FAGGETO LARIO

L’INSEDIAMENTO DELLA POPOLAZIONE

Non è possibile ricostruire il periodo in cui si è verificato il primo inse-diamento della popolazione sul territorio. Forse avvenne in un’epoca molto remota, poiché fu trovata presso la Grotta Gu-glielmo sul Palanzone, una punta di freccia silicea che richiama l’esercizio della caccia praticato dalle popolazioni preistoriche.L’antichità degli insediamenti in questa zona è testimoniata dalle tombe preromane di Zelbio, le necropoli di Carate e i massi avelli di Palanzo, Lemna e Molina. Infatti all’inizio del secolo fu rinvenuta nei pressi di S. Margherita a Molina una tomba costruita con lastre di pietra contenente un vaso di terracotta. Nella seconda metà dell’ ‘800 a Palanzo furono scoperte due tombe antiche. La prima era un avello scolpito in un masso granitico, la seconda rinvenuta verso il 1898 era formata da grosse lastre di pietra. Putroppo entrambi i reperti, privi di iscrizione, sono andati distrutti.A Lemna è ancora presente un avello in località Bicogno e un altro, probabilmente fu utilizzato per la fontana pubblica. A Molina, fino alla prima metà del sec. XIX, tre avelli si trovavano presso la chiesa di S. Margherita, ma furono poi distrutti. Questi massi avelli, sparsi un po’ su tutto il territorio, erano sepolture destinate ad accogliere per-sonaggi importanti. In genere sono databili all’epoca barbarica tra la fine del V e del VI secolo dopo Cristo. Gli studiosi di archeologia, partendo dagli oggetti ritrovati, propendono ad affermare che questo territorio sarebbe stato abitato prima dai Liguri, forse dai Celti, poi dai Romani, i quali vi portarono i coloni greci.

CENNI STORICI SULLA FORMAZIONE DEI PAESI

Per comprendere in modo chiaro le origini di Faggeto Lario e per in-terpretarne gli sviluppi, bisogna analizzare le varie frazioni in maniera autonoma; è indispensabile quindi partire dicendo che sul territorio, già dal secolo XIII si erano costituiti tre comuni con un’amministrazione autonoma. In un primo tempo l’insediamento della popolazione av-venne su una fascia di territorio poco distante dal lago, che costituiva sempre un’importante via di comunicazione.Praticamente si sono stabilite ad un’ identica altezza che comprende-va: la località di Pianella per Molina, la Compresina per Lemna e Orea per Palanzo. Infatti nei documenti antichi, si parla degli abitanti di “Rippalemna”, di “Riva di Palanzo”, di “Rippa di Molina”. La conferma storica è presente negli Statuti di Corno relativi agli anni 1281, 1296 durante il periodo comunale e poi nel 1335 durante il periodo visconteo. In questi documenti, in modo esplicito, si fa riferi-mento ai comuni sopracitati, tale documento obbliga a questi, la con-segna di 40 libbre di pesce sul mercato di Como durante il mercoledì e il sabato di quaresima ed il mantenimento di porzioni della Strada Regina nei prospicenti tratti di costa occidentale.Del comune di Palanzo si ha un’ulteriore documentazione storica che risale al 1276 in cui si riferisce “ al piccolo comune di Palanzo ” e si ricorda tale “ Giovanni del fu Arderico Figario canevario – tesoriere-esattore – del piccolo comune di Palanzo, che coi consoli Alberico Brusadello e Marchisio Cervino nel 13 Settembre 1276 pagarono a nome di quella comunità venti lire nuove a titolo di decima ad un canonico di S. Pietro di Nesso ”.

Page 6: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

6

Quest’informazione afferma chiaramente che Palanzo, Lemna e Moli-na dipendevano dalla Pieve di Nesso, all’interno del contado di Como. Anche la mappa catastale teresiana lo riporta come titolo (Figura 1)

“ Mappa di Lemna. Pieve di Nesso Cont. di Como. Misurato dal Geom. Federico Annone, principiata a 24 Ottobre e term.ta li 30 8bre 1721 con l’assist.za. Copiata da Giuseppe dell’ Acqua, Girolamo Giuone, e Francesco Antonio Novarese in fogli 14 ”.

Nel 1809-1810 la ristrutturazione amministrativa territoriale francese portò al sorgere di un’aggregazione dei comuni nella discussa Mu-nicipalità del Comune di Pognana ed Unite. È quanto si può dedurre dalla copia di un duplice esposto di reclamo presentato il 16 febbraio 1810 dal comune di Palanzo e da quello di Lemna al

“ Signor Consigliere di Stato Direttore Generale dell’Amministrazione dei Comuni ”.

Nella lettera si afferma che aver assegnato la denominazione munici-pale a Pognana - quindi anche gli uffici amministrativi - nel Cantone II di Bellagio, Distretto 111, Dipartimento del Lario, nasce o da un equivoco, per cui si ritiene che Pognana sia al centro del territorio op-pure da “ un errore di scritturazione ”. I responsabili amministrativi dei due comuni aggregati affermano che Palanzo è situata in posizione migliore poichè centrale con una strada più comoda ed accessibile. Pertanto spetta a questo comune il grado denominativo di Municipal-ità, non a Pognana che ha strade “angustie”.

Figura 1 - Titolo del Catasto Teresiano di Lemna del 1859

Page 7: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

7

“Inoltre la Comune di Palanzo è più cospicua di molto delle altre due di Pognana e di Lemna in popolazione, in estimo, in commercio”, come può essere documentato dalle imposte dirette e indirette. Palanzo “ ha una larga spiaggia per lo sbarco... il prestino del pane bianco e venale alla Riva del lago, che somministra anche alle comuni di Lemna, e di Pognana, ed alle piccole terre aggregate, alle quali per la tenue popolazione non avvi nemmeno alcun prestinaio... ”. Palanzo “ tiene due osterie, nelle quali si può avere alloggio in tempo di notte: una terza osteria con prestino ”.

Da queste pratiche di aggregazione si deduce l’esistenza già nel 1813 dell’ “ edificio ad uso di Torchio d’olio e di vino di ragione della frazione di Palanzo ”, ancora oggi conservato.

Oltre al documento citato, esiste una lettera del comune di Palanzo che, nel marzo 1820, chiede la revoca del provvedimento al “ Diret-tore Generale dei Comuni ”. È firmata dal Sindaco “ scaduto ”, che si chiamava Francesco Cossa e da due consiglieri. Da quest’ultima let-tera si può dedurre che il Consiglio Amministrativo della Municipalità di Pognana ed Unite era costituito da 15 consiglieri, 5 per ogni Co-mune, con a capo un sindaco, il cui voto valeva il doppio degli altri. A riguardo di questa ristrutturazione amministrativa si hanno dei precisi documenti. Nell’archivio parrocchiale c’è un avviso in cui si notifica:

“ L’ Amministrazione municipale del comune di Pognana vuole affit-tare per un decennio la casa con l’edificio ad uso di Torchio d’olio e di vino di ragione della frazione di Palanzo. Il Sindaco Paolo Maggio Dall’Ufficio Municipale del Comune di Pognana Cantone II, Distretto 111, Dipartimento del Lario, Li 14 gennaio 1813 ”.

Inoltre anche alcuni avvisi e circolari di carattere governativo sono trasmessi al parroco di Palanzo dal Sindaco di Pognana con l’intestazione: “ Municipalità di Pognana e Comuni aggregati ”. Non si conosce la data precisa di questa ristrutturazione territoriale, che ben presto scomparve per dare luogo all’amministrazione au-tonoma di ogni comune. Nel 1816, infatti, si parla di “ Nuova Comune di Palanzo ” e quindi la riorganizzazione amministrativa tanto contes-tata sembra non avere più valore, le singole amministrazioni adottano quindi intestazioni autonome. Non si hanno notizie circa l’eventuale aggregazione del comune di Molina che pare dipendere da quello di Torno. L’Ottocento è segnato dal predominio sociale e politico, analo-gamente ad altre realtà comunali minori, in pratica il potere era total-mente in mano di poche famiglie i cui rappresentanti si succedono o alternano in veste di console, sindaco o podestà: Cossa, Predario, Torri, Franchi a Palanzo; Casati, Maggi, Meroni, Pizzala, Riva; Ros-setti e Tessa a Molina; Silo, Galli e Campioni a Lemna.È certo che all’interno delle singole parrocchie ogni comune del ter-ritorio ha avuto una sua storia, che merita di essere ricostruita, pur nell’esiguità dei documenti a disposizione.Tra il XIX e XX sec. all’ interno dei vari comuni sorgono servizi a carat-tere sovra locale: nella frazione di Riva di Palanzo la ricevitoria post-ale, con dicitura “ Poste di Palanzo ”; a Lemna un ufficio per la riscos-sione degli oneri fiscali come appare da una scritta su una casa, in cui si legge “ Caserma delle regie guardie doganali ”.

La costituzione del Comune di Faggeto Lario è tuttavia moderna poi-ché risale all’attuazione del decreto del 29 marzo 1928 in cui le tre at-tuali frazioni, di Molina, Lemna e Palanzo, si fondono. Questo evento si lega strettamente alla nascita della strada S.S. 583 che in quegli anni viene completata all’altezza delle tre frazioni e successivamente alla S.P. 438 che connette le frazioni a monte.

Page 8: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

8

RAPPRESENTAZIONE DEI RILIEVI

Page 9: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

9

MORFOLOGIA

L’assetto orografico è scandito dalla divisione in tre parti dalle due valli torrentizie dei Molini (che divide le frazioni di Lem-na e Molina) e del Cairo (tra Lemna e Palanzo) e dai monti Bollettone (1317m), Pizzo dell’ Asino (1272m) e Palanzone (1436m). Nonostante i profili montuosi siano ripidi, la ramificazione che si crea tra le due valli insieme all’area interessata dai tre monti, iden-tifica il punto di massima ampiezza del bacino del ramo comasco del Lario. A una quota media di 500 m.s.l.m. si trovano versanti o punti con pendenze meno ripide esposti a sud sud-est e quindi ir-radiati dal sole durante tutta la giornata. I torrenti che scorrono sul fondo valle, incavati nella roccia, alla foce nel lago formano l’orrido. Così avviene per la Valle del Cairo e per la Valle dei Molini. Le pendici dei rilievi sono particolarmente ricche di vegetazione boschiva, dai faggi (che hanno ispirato il nome del comune), ai cast-agni, olmi, tigli e robinie, mentre l’incontro delle tre dorsali costituisce un’ampia area a prato. L’analisi del catasto teresiano del 1859 mostra già con chiarezza l’inconscia e la spontanea lettura dell’orografia e dell’idrografia degli insediamenti originari: sui pianori a mezzacosta si concentrano dei nuclei compatti, in un rapporto netto e ben distinto tra edificato e non abitato. Lemna si allunga sul fianco del Pizzo dell’ Asino che affac-cia a Sud-Ovest e si estende con la chiesa ed il cimitero, si sviluppa linearmente verso Sud-Est dove s’identifica la frazione di Bicogno.

Page 10: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

10Masso avello che guarda i terrazzamenti di bicogno

Page 11: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

11

CONFIGURAZIONE GEOLOGICA

La popolazione attualmente è distribuita su un territorio a diversa al-tezza sopra il livello del mare: Riva 202m, Molina 467m, Lemna 533m, Palanzo 596m. I vari paesi sorgono su un territorio solido ed asciutto, costituito prevalentemente da strati calcarei, ricchi di grotte. Lo strato di roccia che costituisce il basamento profondo delle frazioni scende fino al lago. Caratteristica la presenza di massi isolati di granito detti “massi erratici”. Alcuni di grandi dimensioni, che furono trasportati a valle dagli antichi ghiacciai che occupavano la Valmasino e la Val-malenco. Alcuni di essi furono scavati per trasformarli in sepolcri e sono denominati “massi avelli”. Sotto un leggero spessore di terreno si ritrovano facilmente strati di roccia, sparsi un po’ da per tutto ed emergenti, in particolare, nelle campagne terrazzate. Anche alcune case e vie dei paesi inglobano nelle murature o sono costruite su af-fioramenti di roccia. Questi massi venivano utilizzati come pietre da taglio, ricavandone ghiandone e sarizzo, impiegati per gli architravi, gli stipiti di porte e finestre, i gradini, e i balconcini delle case. Tale pietra, di origine calcarea, compatta e dura, di color scuro, comune-mente è chiamata pietra moltrasina. La natura prevalentemente rocciosa del terreno, in passato ha dato origine alle cave di pietra, materiale che è servito per edificare i muri a secco, che ancora sostengono i terrazzamenti appositamente costruiti, sistemando la collina a gradoni per meglio favorire la colti-vazione. Un reperto che attribiusce importanza alla pietra legata alla vita agricola del passato è il torchio monumentale per le vinaccie di Palanzo che risale al 1572, come scolpito nella pietra di sostegno, il torchio è formato da un tronco di castagno di circonferenza 3m e lungo 12m, questo è sostenuto da una vite di legno infissa in un masso di circa 30 ql. Un altro importante fenomeno d’origine glaciale è la Pietra Pendula di Torno riconosciuta come Monumento Naturale, composta da un blocco di granito ghiandone poggiato su uno stretto pilone calcareo, forse assottigliato ad opera dell’uomo.

2. Pietra Pendula di Torno

1. Torchio di Palanzo

Page 12: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

12

Page 13: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

13

USO DEL SUOLO

L’operazione preliminare che riguarda l’analisi del sito, consiste nel-la ricerca attraverso le mappe catastali delle destinazioni d’uso alle quali sono state assegnate le singole particelle di terreno.Dal catasto Lombardo-Veneto del 1859 si evince che la totalità delle colture presenti sul versante terrazzato a Sud-Ovest è destinata a vite coltivata a vanga, procedendo verso nord, subito dopo gli in-sediamenti vi sono due aree più estese destinate a prato e continu-ando ad analizzare il perimetro dell’abitato in senso orario, arrivando quindi a est, si nota una certa frammetarietà delle singole particelle e di conseguenza differenti destinazioni d’uso. Qui troviamo piccole aree terrazzate destinate ad essere coltivate a vanga, altre viti sempre coltivate a vanga, piccoli prati destinati all’allevamento di bestiame, queste ultime contigue ad aree di prati con castagni che si estendono lungo tutta la fascia a est diventando poi prato boscato misto.Il quadro d’insieme che offre questo tipo di cartografia è interessante non solo a comprendere quali erano le intenzioni e le esigenze di chi ha gestito questo territorio, bensì è altrettanto importante confrontare la situazione attuale nella quale si dovrà operare con quella dettata dalla mappa catastale; infatti mediante il sopralluogo si possono de-durre le trasformazioni che sono avvenute sul territorio per quanto riguarda l’utilizzo del suolo.In passato i campi producevano modeste quantità di uva, alla zona è anche riconosciuta la produzione di buona qualità di cipolle e patate.Sui terrazzamenti prossimi alle abitazioni si coltivavano ortaggi, e al-beri da frutto, in prevalenza meli, peri, e ciliegi, spesso addossati ai muri per proteggerli dalle gelate primaverili e consentire ai germogli di giungere a maturazione.

Page 14: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

14

Pietra Pendula di Torno

Page 15: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

15

INFRASTRUTTURE ED ECONOMIA

Le frazioni di Molina, Lemna e Palanzo sono connesse dall’antica Strada Regia che da Brunate conduce fino a Bellagio e che in questa zona passa a mezzacosta, l’andamento del tracciato è proporzionato ai mezzi di trasporto dell’epoca e cioè, al massimo, carri trainati; le strade affrontano i dislivelli con tragitti molto lunghi e distesi che seg-uono il più possibile le varie curve di livello. Questi andamenti faticosi e impervi delle linee stradali caratterizzano l’aspetto infrastrutturale di questa zona. Ma se da una parte si deve dire che grazie alla dif-ficoltà dei collegamenti, si è potuta mantenere l’integrità ecologica ed ambientale dei luoghi e di conseguenza l’armonia dei paesaggi naturali ed artificiali; è evidente però che la stessa strada ha favori-to l’indebolimento delle risorse umane dell’area con la progressiva diminuzione e invecchiamento della popolazione, con ripercussioni sulle sue attività economiche ed in generale una certa emarginazione dal resto del territorio.Per comprendere i tempi con i quali questa zona si è impoverita sia economicamente che come abitanti, è interessante citare un’analisi socio-economica effettuata nel 1971, da considerarsi quindi come ricerca sullo sviluppo della storia moderna. Se l’intero comprenso-rio del Triangolo Lariano aveva in quegli anni, i tassi di attività, cioè il rapporto tra la popolazione attiva e quella residente, abbastanza elevati 39,3%, nella zona di Lago, quindi anche in corrispondenza di Faggeto Lario, i tassi scendono a circa 20,9%.I tassi di attività è fuori dubbtio che rappresentino uno dei più im-portanti indicatori sociali ed economici di un’area e, in genere, sono anche espressione di un certo equilibrio interno. Infatti più i tassi sono alti, più un’area è economicamente forte e quindi in grado di garantire l’occupazione generale ma anche quella femminile. Nelle zone in cui i tassi sono più bassi significa che l’economia è in crisi e la realta sociale è di conseguenza debole, alcune conseguenze di tali circostanze che si manifestano successivamente sono l’esodo e l’invecchiamento della società stessa.

In una situazione di abbandono dell’agricoltura si verifica oltre allo scontato abbandono, anche quello della femminilizzazione dell’attività agricola.In generale, i dati sull’economia del Triangolo Lariano dicono che già negli anni ’80 l’agricoltura ha un’ incidenza marginale come numero di attivi (756) poichè dai ’60 agli ’80 ha subito una forte diminuzi-one: dal 13,5% del 1951 all’8% del 1961 al 3,2% del 1981. Questo forte decremento è dovuto soprattutto al sopraggiungere del settore terziario e al consolidamento dell’industria che allettarono i cittadini, creando un dislocamento o comunque pendolarismo verso i centri maggiori.

Page 16: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

16

Vecchia fotografia di Lemna risalente al 1870 circa. Si nota la mulattiera che conduce a Molina.

Page 17: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

17

TRASFORMAZIONI DEL PAESAGGIO

L’ analisi territoriale esamina il concetto di paesaggio come sistema di risorse e funzioni, sia antropiche che naturali.Il confronto delle soglie storiche, dal catasto del 1859 e dell’uso del suolo odierno, ha consentito di vedere come elemento qualificante del progetto, un nuovo sistema di relazioni tra le risorse del territorio e l’uso che ne viene tuttora fatto. Studiare ed analizzare bene il paesaggio, oggi significa seguire un approccio olistico che tenga pre-sente una sinergia tra i vari aspetti (ambientali, produttivi, culturali, sociali ecc.).

Lo studio degli elementi del paesaggio a diverse soglie temporali ha consentito di valutare le trasformazioni avvenute nel territorio ed è stato fonte di riflessione rispetto a nuove possibilità di sviluppo eco-logico e ambientale.

La fine dell’attività agro-silvo-pastorale in territori come quello di Bicogno, oltre che portare alterazioni dal punto di vista paesaggistico-percettivo, ha rotto il complesso sistema di relazioni uomo-ambiente sia sotto l’aspetto produttivo, in quanto le unichè attività agricole ora presenti sono ridotte ad uso personale ed hobbystico, ma non solo, la modernizzazione e lo sviluppo economico del secondo dopoguerra hanno incoraggiato gli abitanti di queste località a cercare lavoro in città, spesso ne è conseguito anche il cambio di residenza verso cen-tri abitati maggiori, tutto questo è testimoniato dai numerosi edifici non più utilizzati. Ed infatti le ragioni per le quali sono stati costruiti, erano legate al lavoro nei campi.

La comparazione tra le seguenti ortofoto scattate ad intervalli di circa 6/7 anni, partendo dal 1988, rende visibile i cambiamenti sul territorio relativi all’espansione del bosco verso il centro abitato. Nonostante l’ultima immagine risalga a 6 anni fa (2006), è facile immaginare che la situazione non sia migliorata a causa di un’assente politica di ges-tione del bosco che ha continuato il suo avanzare. E’ stato interessante entrare in possesso di queste ortofoto che in-dicano solo uno dei molteplici cambiamenti che sono avvenuti nel paesaggio, ma in questo caso è raccontato un evento a scala macro-scopica. Gli abitanti del luogo, specie i più anziani, ricordano quando la parte boscata terminava molto prima rispetto ad ora. E’ entusias-mante quindi ricondurre le fonti orali acquisite direttamente sul posto, alle immagini fotografiche che permettono di documentare quando è accaduto.

Page 18: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

18

nucleo abitato limite bosco

Page 19: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

19

Page 20: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

20

nucleo abitato limite bosco

Page 21: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

21

Page 22: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

22

Un’ulteriore analisi effettuata mediante strumenti di mappatura digitale (GIS) conferma in maniera inequivocabile ciò che è stato riscontrato durante il sopralluogo, di maggiore importanza è il fatto che le immagini estrapolate palesano una netta riduzione del tessuto residenziale sparso che cianquant’anni prima presentava un areale molto più vasto. Queso cambio di destinazione d’uso del suolo non è che la conse-guenza dell’abbandono dell’attività agricola da parte dell’uomo che si è spostato nei centri maggiori per svolgere un altro tipo di attività.

Page 23: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

23

Page 24: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

24

Le due carte DUSAF (destinazione uso del suolo agricolo forestale) una relativa all’uso storico, datata 1954 e la seconda che può es-sere considerata odierna in quanto è relativa all’anno 2007; rendono chiara la situazione del ’54 dove il territorio attorno alla frazione di Bicogno risulta destinato ad un uso residenziale, in forma rada, quindi caratterizzato dalla presenza di cascine sul territorio. L’area campita in verde scuro che rappresenta i boschi misti a densità media e alta a governo ceduo, mostra come questo tipo di vegetazione era net-tamente meno sviluppata o comunque gestita in maniera più control-lata in quel periodo, proprio perchè era più consistente la presenza umana. Si nota anche una ridotta presenza di cespuglieti in aree agri-cole abbandonate (campita in marrone) che indicano la tendenza all’ abbandono dell’agricoltura che già era iniziata intorno agli anni ‘60. Queste ultime aree non più elencate nella seconda cartogra-fia, non fanno altro che fornire un’ulteriore conferma dell’inclinazione all’abbandono, in quanto oggi vengono qualificate tutte come boschi misti a densità media e alta. Un fenomeno ambiguo è espresso dalla campitura in azzurro, in-fatti questa indica che in prossimità del centro abitato verso nord, è presente una ridotta porzione di boschi di conifere a densità me-dia e alta. Non si conoscono le cause di questa nuova (o comunque recente) comparsa, molto probabilmente è il risultato di un’azione di rimboschimento controllato da parte dell’ autorità competente (Comunità Montana del Triangolo Lariano). Da quest’analisi macro-scopica si può affermare in linea generale che l’assenza di gestione degli appezzamenti ha provocato un’uniformità del paesaggio con-seguente al rimboschimento di tutta l’area pertanto i segni dell’attività dell’uomo del passato sono ora a rischio di completa estinzione.

Lemna: il vecchio Parco della Rimembranza, tra il cimitero e la chiesa, ora scomparso dopo la costruzione del piazzale

Page 25: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

25

Seguono le sezioni territoriali, utili a capire come l’uomo ha adattato il suolo sfruttando la pendenza dei rilievi mediante i terrazzamenti e soprattutto indicano la differenza che c’è tra la parte a monte, com-posta da una vegetazione molto disordinata e la parte verso il nu-cleo abitato dove la vegetazione è mantenuta più pulita e in ordine.

Page 26: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

26

Page 27: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

27

Page 28: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

28

Page 29: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

29

OBIETTIVI

Per i prossimi decenni, studi di previsione dell’evoluzione dei paesaggi nel continente europeo prevedono la concentrazione dell’attività agricola in poche aree ad altissima intensità e l’abbandono di circa il 40% del territorio agricolo odierno. Essendo l’agricoltura il principale fattore di organizzazione dei paesaggi europei, il mutamento di questa porterà inevitabilmente alla trasformazione dei paesaggi con conseguenze irreversibili.L’abbandono dell’agricoltura ha due grandi conseguenze: da un lato favorisce alla natura di riappropiarsi di vaste aree e dall’altro porta l’estinzione dei paesaggi agrari tradizionali e il cui risultato è la perdita dei valori culturali. La vastità dei territori che temono il totale abban-dono è tale da compromettere in futuro eventuali azioni di protezione e conservazione delle loro peculiarità.

Lo scopo del progetto è individuare alcuni criteri che andranno seguiti nelle opere di trasformazione dei paesaggi paragonabili a quello in oggetto. Studiando un territorio come quello di Bicogno, che è in fase di abbandono, occore focalizzare un nuovo modello di gestione delle risorse sia naturali che non, che sia congruo agli usi e alle necessità odierni e futuri.Ci sono una serie di questioni tecniche da valutare, quella economica, la stabilità idrogeologica, la compatibilità di eventuali nuove colture, e i caratteri morfologici dell’area. La questione che il progetto cercherà di controllare sarà proprio l’aspetto morfologico-percettivo delle trasformazioni future, la forma del paesaggio come espressione di valori culturali da leggere e interpretare. Il valore estetico sarà valutato ed esposto alla fine di ogni proposta o suggerimento progettuale, in modo da esplicare meglio le intenzioni che le hanno precedute.

Page 30: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

30

PROPOSTA D’ INTERVENTO

L’analisi fin ora esposta, spiega la storia del luogo in maniera gene-rale perché è doverso comprendere le ragioni d’insieme che hanno portato i mutamenti della società e del territorio circostante.L’indagine a scala inferiore si svolge partendo da una perlustrazione dell’area, passeggiando a piedi ed annotando con fotografie e dis-egni le caratteristiche principali, avendo precedentemente acquisito le indicazioni che scaturicono da un’attenta lettura del territorio a una scala maggiore. Solo in questo modo è possibile scendere di scala con una visione critica e consapevole che non si consumi in riflessioni che dipendino esclusivamente dalla percezione visiva e perciò in ogni modo soggettive e ovviamente non esaustive. Ambire ad un tipo d’intervento serio ed efficace, significa studiare il paesaggio inteso come sistema eterogeneo, è quindi fondamen-tale leggerlo in maniera generale e saperne coglierne le peculiarità. E’ indispensabile inoltre, affrontare i singoli temi che emergono medi-ante un supporto scientifico che spesso la formazione dell’Architetto del paesaggio lascia in secondo piano. Purtoppo in quest’epoca è facile scoprire che la maggior parte degli interventi che operano nel paesaggio si fondino pienamente sull’idea di aggiungere, come se un luogo ad un certo punto esaurisse la sua capacità di accogliere l’uomo. Si slegano completamente dalla storia e dall’evoluzione che ha portato ad oggi la conformazione attuale del paesaggio stesso.Il tipo di proposta che è stato maturato prevede di trasformare alcuni spazi del territorio nel quale ci si trova ad operare, in modo da creare i presupposti per uno sviluppo sostenibile che si coniughi con i vari momenti della vita di Bicogno. Significa quindi agire in maniera tras-versale, adottando azioni di salvaguardia del territorio e di consolida-mento del suolo, per andare a completare un discorso che si leghi alle attività dell’uomo odierne.Per intraprendere un valido percorso che introduca decisioni di ampio carattere che ricopra vari aspetti, sono stati prima esaminati gli

petti di carattere generale riscontrabili su l’intera area. Quindi casi che presentano lo stesso tipo di problematiche e quindi, come verrà esaminato in seguito, equivalenti tipi di operazioni necessarie. La situazione odierna è ben diversa da quella prevista nella carta delle destinazioni d’uso. Dopo un primo sopralluogo è stato stilato un primo schema che riassume la situazione attuale dal punto di vista morfologico, descrivendo lo stato di manutenzione e degrado delle varie porzioni di ogni terrazzamento. Questo tipo di analisi del territorio è molto importante per chi deve operare perché accorciando la scala d’indagine del paesaggio si de-lineano i punti chiave da approfondire.

Dall’analisi puntuale si riscontra che tutta l’area a sud-ovest, che in passato era coltivata a vite, presenta grandi prati che si estendono sui terrazzamenti per la quasi totalità, salvo alcune piccole aree che sono attualmente utilizzate come orti privati. Per quanto riguarda in-vece la zona a nord-est si nota un intenso avanzamento del bosco, o comunque un mutamento sostanziale dell’area dovuto a una quasi inesistente manutenzione, infatti sono presenti molti castagni malati insieme ad un sottobosco non curato e ad una presenza rilevante di cedui che ne limitano l’accesso. Quindi dal punto di vista della per-cezione a scala umana si possono definire due tipi di paesaggi che rappresenteranno gli ambiti d’intervento. Il primo è quello a quota in-feriore che va dai 530 m slm ai 570 m slm e s’identifica con prati con-tinui che si estendono sui terrazzamenti dai profili dolci che seguono l’orografia. Seguendo l’asse SUD-OVEST / NORD-EST s’incontra il nucleo di Bicogno che si conclude con una mulattiera affiancata da un muro di contenimento, e da qui parte il paesaggio del bosco, for-mato principalmente da Castagni, Salici, Carpini, Tigli, Pioppi, Rob-inie, governati a ceduo salvo qualche esemplare ad alto fusto, solo una piccola area è occupata da una fustaia di Abeti.

Page 31: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

31

RECUPERO PAESAGGISTICO

inTERVEnTi SUl BoSCo

aSPETTi Di CaRaTTERE GEnERalE

iDEE PER il VERSanTE TERRaZZaTo

- Accessibilità degli appezzamenti sia a piedi che con mezzi agricoli

- Ripristino sentieri ed elementi di collegamento tra i terrazzamenti

- Restauro di: - muretti a secco - pavimentazioni - recinzioni

Recupero colture- Castagneto- Noci, Nocciole- Frutti di bosco- Alboricoltura da legno

}Nuove possibili funzioni

- Raccolta castagne

- Trekking con l’asinello

- Escursionismo

}

Riutilizzazione mediantenuove colture

- Frutteto con varietà antiche- Orto Sinergico- Erbe Officinali / Aromatiche- Floricoltura

}

Nuove possibili funzioni- Azienda Agricola- Area Didattica- Albergo Diffuso

}

Page 32: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

32

PERCORSI E PAVIMENTAZIONI

Il territorio di Bicogno è attraversato da una fitta serie di percorsi, sentieri e mulattiere con caratteri differenti. La l’andamento e la pavimen-tazione variano in relazione alla morfologia del terreno oltre che al tipo di utilizzo che ne viene fatto. In riferimento a questi fattori sono stati individuati:

A) Strada carrabile d’accesso principale al borgo, la pendenza del terreno è stata risolta con una gradinata formata da pietre inserite di taglio al centro della carreggiata. Nella parte in corrispondeza del passaggio delle ruote è stato creato un piano d’appoggio più stabile mediante malta cementizia, nonostante non corrisponda ai caratteri storici di questo tipo di strade. Questo tipo di soluzione rafforza la parte maggiormente sollecitata dai trattori e altri mezzi.

B) Mulattiera, pavimentazione in massi o blocchi lapidei costruita con tecniche tradizionali. In evidente stato di degrado e dissesto dovuto principalmente al passaggio di trattori per la conduzione del bosco.I blocchi di pietra vengono scalzati e poi rotti dalle ruote. A causa delle precipitazioni meteoriche il dissesto va a interessare fino alle parti più estese e profonde delle pavimentazioni. Le acque di rus-cellamento superficiale (come è stato notato durante un sopralluogo) dovute alle piogge, danneggiano i solchi formati sul sentiero a sua volta poco drenante. Ciò mette in evidenza il problema di un insufficente rete di raccolta delle acque meteoriche.

C) Rampe ad elevata pendenza che servono le abitazioni, costituite da smolleri che garantiscono una forte aderenza. Consentono di delimi-tare oltre che funzionalmente, anche visivamente lo spazio carrabile dagli spiazzi pedonali. La forma a parallelepibedo delle singole pietre consente di raccordare con precisione le differenti quote sulle quali si sviluppa l’alternarsi di abitazioni, giardini, piccoli orti. La realizzazione di queste è da considerarsi soddisfacente dal punto di vista percettivo poichè nonostante il taglio della pietra di tipo industriale pertanto non tradizionale, non utilizzano malta legante a vista e restano comunque ad elevata resistenza alle sollecitazioni. Permettono di ricucire in mani-era precisa la viabilità, favoriscono lo scolo delle acque, sono efficienti dal punto di vista funzionale poichè creano una superficie sulla quale la gomma delle ruote aderisce molto bene, questo è dovuto all’orientare la pietra nella parte tagliata.

Page 33: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

33

Page 34: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

34

Page 35: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

35

Page 36: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

36

MURI A SECCO

I muri a secco sono così chiamati perchè le singole pietre che li compongono non sono legate da alcun tipo di malta. La resistenza è assicu-rata dal modo sapiente nel quale i singoli pezzi sono stati accostati l’uno con l’altro, indipendentemente dal tipo di tessitura, dalla pezzatura del pietrame utilizzato, dall’origine o dal grado di finitura del materiale litoide. E’ possibile leggere su ogni muro, le tradizioni e i modi d’uso che nel corso del tempo lo hanno subito riparazioni o ricostruzioni. Nel nostro caso il muretto a secco è senz’altro l’elemento di maggior rilievo nel paesaggio. Nella planimetria è evidenziato il loro andamento, il versante che si affaccia a sud ovest è completamente sfruttato dai ter-

razzamenti, ed è possibile riconoscere ancora alcune presenze di “murelli” storici poichè erano presenti già verso la metà dell’ ‘800 come testimoniat la mappa del catasto Teresiano usata come base per il rilievo. Tra i terrazzamenti di Bicogno è possibile riscontrare diverse tipologie di muretti a secco, in diverso sta-to di conservazione e manutenzione. Le due tipolo-gie derivano dalla funzione che questi svolgono, se di contenimento o di separazione. Nella parte nord-est, quella governata a bosco, infatti si trovano molti esempi di muretti di separazione alti circa 60/70cm, anche questi databili a tempi precedenti il catasto poichè rendono leggibile la maglia delle singole par-ticelle.

Page 37: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

37

In questa fotografia, scattata all’interno del versante che si affaccia a sud-ovest, è possibile leggere l’assetto dei terrazzamenti che ne de-termina la caratterstica più importante di quest’area. Questi murelli, come venivano denominati nella legenda della Catasto Teresiano, rap-presentano il patrimonio culturale di Bicogno, perchè conservano ancora intatti i segni che l’uomo ha lasciato nel paesaggio. Come si nota, lo stato di conservazione è molto buono, la trama che compone questi muri può essere un elemento essenziale da analizzare e rilevare at-tentamente, qualora si voglia costruirne degli altri in questa zona.

Page 38: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

38

Muro di contenimento con segni evidenti di manutenzioni recenti. L’uso di malte leganti facilita la riparazione, ogni caso de-termina la scelta del metodo. In questo caso, sono stati apposti dei tubi per il drenaggio delle acque poichè la mal-ta ne inibisce lo scorrimento al di fuori del terreno come solitamente avviene in un muro a secco tradizionale. Gli spa-zi tra una pietra e l’alta infatti permettono a l’acqua di scorrere all’interno del terreno e poi fuoriuscire attraverso le pietre.

Page 39: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

39

Una porzione di un pic-colo muro di divisione che si trova all’interno dell’area boscata, una moltitudine di manufatti analoghi carat-terizza l’intera zona presa in esame. E’ interessante muoversi all’interno di questa, dopo aver visual-izzato la mappa catastale poichè è ben riconoscibile la successione dei singoli appezzamenti. Questi sono separati da muri costituiti da grossi blocchi lapidei rinvenuti nelle immediate vicinanze. Il fenomeno di degrado che si verifica nei maggiori dei casi è lo spostamento degli elementi che sono alla sommità del muro, infatti è possibile vederne i resti in prossimità del muro. In generale all’interno del bosco questi muretti si presentano in questo stato nella quasi totalità dei casi. Essendo muretti di piccole dimensioni, il ripristino di questi è più agevole, anche se occore tener presente le operazioni preliminari di pulizia del sotto-bosco. Questa condizione ha il vantaggio che è quello di poter di modificare l’andamento di queste piccole terrazze durante i lavori di messa in opera dell’intervento che riguarderà l’intero bosco.

Quest’esempio di sistema di forze che contengo-no la spinta del terreno si presenta in uno stato di conservazione ottimo. Sono evidenti soltanto pic-cole tracce di malta cementizia in alcuni punti dove probabilmente sono venute meno le pietre rotte di dimensioni inferiori. Alla base del muro si nota un’altro importante segno che la vita rurale ci lascia in eredità, una piccola opera di ingegneria anoni-ma e tramandata, un gradone che ne inspessisce il piede, è plausibile immaginare che la funzione fosse anche quella di panca, un zona di sosta al riparo, proprio sulla strada che porta all’Alpe di Lemna

Page 40: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

40

ELEMENTI DI COLLEGAMENTO

L’accesso ai terrazzamenti e il collegamento tra di essi è un aspetto sul quale è stata spesa una parte di questo studio relativa alle macro aree che verranno analizzate successivamente. In questa parte è utile catalogare dettagliatamente le singole soluzioni che a piccola scala determinano lo sviluppo dei vari appezzamenti. Il maggior numero di immagini che seguono riguardano soluzioni per il passaggio a piedi tra le differenti quote, infatti sono relative ad un uso domestico. La foto segnata raffigura invece una rampa utilizzata per spostarsi con piccoli mezzi agricoli, esempi di questo tipo sono da considerare per la riqualificazione del versante terrazzato attual-mente composto da prati. Tutte queste soluzioni tradizionali hanno un gran valore dal punto di vista paesaggistico e ancor di più se si considerano le tecniche e la stabilità che ne deriva. L’unico fattore di degrado è la presenza delle erbe infestanti.

Page 41: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

41

Page 42: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

42

RECINZIONI

Spesso la destinazione d’uso di ogni terrazzamento è facilmente in-dividuabile da come questo è recintato. La forma degli elementi di separazione che si trovano sui bordi dei terrazzamenti infatti, può aiu-tarci a capire come viene utilizzato lo spazio sulla terrazza, se è semi pubblico o strettamente privato. Le recinzioni raffigurate in questa pagina appartengono agli edifici abitati. Sono composte da elementi verticali molto vicini tra loro per dare maggiore sicurezza. Nella pa-gina accanto si trovano degli esempi di delimitazione corrispondenti ai prati sul versante terrazzato. Essendo un elemento di forte impatto è indispensabile analizzare la forma spontanea di queste soluzioni, poichè costituiscono un importante riferimento da seguire nelle opere di rifacimento dei terrazzamenti abbandonati.

Page 43: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

43

Page 44: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

44

Page 45: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

45

AREA BOSCATA

La zona individuata a EST del centro abitato è quella che manifesta i segni dell’ abbadono e della scarsa manutenzione del suolo in maniera più visibile.

Dal punto di vista della morfologia del terreno è presente una forte erosione, la solidità dei terrazzamenti in quest’area è profondamente di-minuita per diverse cause, da un lato il continuo dilavamento delle acque meteoriche ha eroso i muretti di contenimento compromettendo la stabilità di tutto il terreno, quindi questa zona è interessata da fenomeni franosi; nella planimetria seguente i dati sono stati strutturati in una “copertura” ARC/INFO poligonale, i poligoni rappresentano pertanto i casi di dissesto e i punti arancioni identificano alcuni fenomeni franosi avvenuti negli ultimi anni. (fonte GeoPortale Nazionale) Dall’ altro lato il graduale abbandono dell’allevamento (principalmente bovini) quindi la riduzione di bestiame hanno portato all’intensificarsi della boscaglia; ora lo stato degradato della stessa vegetazione, composta da castagni, abeti, tigli, noccioli, ligustri e altri tipi di piante e ar-busti ha compromesso l’accessibilità in alcuni punti del vecchio castagneto, soprattutto dove sono presenti relitti di tronchi e rami delle piante ormai morte invasi dalla vegetazione infestante del sottobosco.

Durante un sopralluogo effettuato nel mese di giugno è stato possibile individuare un ulteriore questione legata alle piogge, in quanto pro-prio durante un violento nubifragio si è constatato che una consistente quantità d’acqua scorreva sul sentiero che delimita visivamente l’espansione del bosco formando un ruscello, questo seguiva l’andamento delle strade e ovviamente s’ incanalava tra gli edifici che si trovano sul confine del centro abitato.

Il problema del soliflusso si è poi accentuato con il passare del tempo poiché, cessato il pascolo non si è utilizzato il sentiero e quindi è venuta meno anche la manutenzione.

Quest’ultimo problema deriva dalle questioni sopracitate e descrive la situazione della fascia boscata, da considerarsi non solo come og-getto d’intervento in se ai fini del recupero paesaggistico visto come qualità della vegetazione, ma inquadrato in una serie di azioni che hanno conseguenze sull’intero territorio.

Un’idea che possa affrontare delle azioni di sfruttamento consapevole delle potenzialità date dall’aumento della vegetazione boschiva dev’essere ampia, occorre quindi valutare diversi tipi di criteri evolutivi per questa porzione di cinta verde attualmente stravolta e disordinata proprio perché dimessa.

Page 46: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

46

Page 47: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

47

Page 48: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

48

Page 49: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

49

Page 50: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

50

Abete Rosso(Picea excelsa)

ACeRo CAMPestRe(Acer Campestre)

betULLA(betula pendula o betula verucosa)ACeRo RICCIo

(Acer Platanoides)

25m

50m

ANALISI DELLA VEGETAZIONE DEL BOSCO

Page 51: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

51

CARPINo bIANCo(Carpinus betulus)

CARPINo NeRo(ostrya carpinifolia)

CAstAGNo(Castanea sativa)

FAGGIo(fagus sylvatica)

25m

50m

Page 52: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

52

FARNIA(Quercus robur)

FRAssINo(Fraxinus excelsior)

LeCCIo(Quercus ilex)

NoCCIoLo(Corylus avellana)

25m

50m

Page 53: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

53

PINo NeRo(Pinus nigra)

RobINIA(Robinia pseudoacacia)

RoVeReLLA(Quercus pubescens)

tIGLIo(Gen. tilia)

25m

50m

Page 54: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

54

La pertinenza al centro abitato di questa zona boschiva è una qual-ità molto importante, un’idea di sviluppo e riutilizzo che deriva da questa situazione è l’impianto di nuove colture da frutto, e il ripristino di quelle esistenti, poichè oltre al valore di tipo naturalistico, questo potrebbe rappresentare un’ attività produttiva e/o ricreativa collettiva.Il prodotto che per eccellenza è stato coltivato nel bosco, è la cast-agna, è un frutto consumato dall’uomo da tempo immemorabile ed essendo ricche di amido, in molte zone montane d’Italia hanno rap-presentato, fino agli anni ‘50, la principale fonte alimentare.Un ulteriore apporto che mira ad ampliare la fattibilità dal punto di vista economico, è ad esempio lo sviluppo all’interno dello stesso castagneto di una coltivazione di noci, nocciole e piccoli frutti.In aggiunta alla produzione di frutti si deve pensare anche alla pro-duzione legnosa, che come verrà analizzato in seguito, risulta tuttora redditizia e competitiva. L’operazione necessaria è il ripristino dei castagni malati presenti, la ripulitura dell’area e l’eliminazione delle altre specie comporter-ebbe una nuova organizzazione spaziale che andrebbe a completarsi con dei percorsi prestabiliti all’interno dei terrazzamenti, in modo da rendere fruibile l’area in maniera agevole. E’ possibile prevedere all’interno degli appezzamenti attualmente tenuti come prato per il pascolo di pochi animali, un arredo minimo composto da sedute e pi-ani d’appoggio, in modo da ottenere un’area attrezzata, dove è pos-sibile ricrearsi o fare semplicemente una sosta, acquistare e prepa-rare le caldarroste o altri frutti. Operando in questo modo, il progetto ambisce ad alimentare una funzione sociale che sfocerà in possibili attvità parallele come ad esempio la vendita delle castagne e di altri prodotti locali.Che come verrà descritto in seguito, offrono dei vantaggi da diversi punti di vista.

La gestione delle varie operazioni di ripristino e recupero dell’area presa in esame è molto importante, poiché è proprio quest’aspetto che richiede manodopera e di conseguenza finanziamenti. Per quanto riguarda le operazioni preliminari che servono a preparare il terreno per poterlo poi coltivare, si fa riferimento a un intervento su un paesaggio terrazzato con problematiche analoghe a quelle dell’area di bosco presa in esame. Quindi, sottobosco non curato con una folta vegetazione infestante che ne impedisce qualsiasi tipo di utilizzo tantomeno l’accessibilità. Il luogo al quale ci si riferisce è situato in Valle dell’Estéron, una località nella Provenza meridion-ale. Qui, all’interno di un bosco ceduo di querce bianche, sono stati messi quattro asini che in pochi mesi hanno ripulito i terrazzamenti dalle sterpaglie che ricoprivano l’intera area, proprio come nel nostro caso. La scelta di utilizzare gli asini per ripulire la zona dimostra una reale saggezza e competenza da parte di chi si occupa di paesag-gio in quanto grazie agli asini è possibile raggiungere i piccoli terraz-zamenti, anche inferiori a 5m, dove l’impiego dei mezzi meccanici risulterebbe poco agevole. Oltre all’aspetto pratico, è da considerare anche quello economico, non meno importante del primo, infatti da un’analisi risulta che l’impiego di asini ha fatto risparmiare notevol-mente in questa fase di ripulitura, ovvero dai conti fatti emerge che il tutto è costato 70/80 € per ettaro contro i 300/400 € per ettaro neces-sari all’estirpazione meccanicizzata.Occorre comunque specificare che tale operazione dev’essere preceduta da una ripulitura generale del bosco, operazioni come la rimozione dei massicci tronchi degli alberi secchi, lo sfoltimento o la rimozione dei polloni perimetrali maggiori, il taglio delle siepi infestan-ti eccetera devono avvenire prima dell’immissione degli asini, poichè spesso, l’animale è suscettibile riguardo le varietà di piante estranee, non essendo di fatto un animale da bosco.

PROPOSTA D’INTERVENTO

Page 55: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

55

Area d’intervento in Valle dell’Estéron

Evoluzione dell’area durante l’intervento degli asini

Page 56: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

56

Un fenomeno che si è verificato durante questa fase mi ha fatto molto riflettere riguardo la progettazione spaziale dei terrazzamenti, si è ver-ificato nei mesi in cui gli asini erano stati immessi, che questi animali non solo non danneggiano i muri dei terrazzamenti, ma passando da un piano all’altro tracciano una breccia sicura, percorrendo sempre lo stesso itinerario, in fila indiana, disegnano una piccola “traccia” obliqua alla pendenza. Questa dinamica è importante tanto quanto la pratica dell’estirpazione per la conservazione delle terrazze e dei versanti.Gli asini scelgono liberamente gli spazi del pascolo purchè il loro pas-saggio non venga ostacolato da relitti di alberi secchi o siepi molto alte; i corridoi che creano, potranno in seguito essere eventualmente impegnati dai mezzi meccanici leggeri per eliminare i residui. Il pro-cesso di trasformazione indotto dagli asini prosegue con il calpestio e la conseguente frantumazione degli steli secchi. A quel punto nasce nel terreno un’erba sottile, che è molto apprezzata da tutti gli erbivori.L’estirpazione attuata dagli asini si presenta vantaggiosa sotto diversi aspetti: la spesa necessaria è contenuta; permette di pulire anche le terrazze strette, coperte di sterpi e poco accessibili ai mezzi meccan-ici, senza che i muri siano danneggiati; innesca, come effetto positivo di tipo secondario, la crescita di una nuova copertura erbacea ap-prezzata dalla fauna e in particolare dagli ovini locali (da cui le mura devono essere protette...); permette infine la riscoperta di sentieri e paesaggi a scopi turistici o funzionali alla raccolta dei frutti. Riguardo all’ultimo aspetto, che è un obiettivo al quale questa tesi aspira, si ritiene appropriata la scelta di questa modalità di estirpazione per quanto riguarda la parte boscata presa in esame; dato che, vista la presenza di asini in una parte chiusa di quest’area, è logico consid-erare valida questa procedura come operazione volta a tenere pulito dalle sterpaglie e a liberare gli accessi ai terrazzamenti. Dopo una consultazione con un agronomo è stata fatta una stima degli alberi da eliminare ai fini di impiantarne dei nuovi.

Asini presenti nell’area d’intervento

Page 57: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

57

Nella foto in basso è raffigurata l’area a prato che occasionalmente viene utilizzata come pascolo per gli asini presenti in una zona recintata adiacente. Questo spazio può essere in parte utilizzato, cercando di non sottrarre spazio utile al pascolo, come area di sosta all’interno dei terrazzamenti. Riutilizzando l’area a scopo produttivo, è necessario fare una breve analisi sulla raccolta dei frutti. Tale attività che interessa castagne, noci o nocciole, porterà avanti i principi di utilizzo sostenibile anche dal punto di vista della raccolta vera e propria, in quanto si pre-vede che questa avvenga in maniera non meccanicizzata. Ciò è permesso da uno strumento manuale molto efficace che serve a raccogliere castagne e noci senza doversi chinare e quindi velocizza di gran lunga questo tipo di operazioni. Per immagazzinare gli attrezzi di raccolta e/o manutenzione si prevede di recuperare uno o più edifici abbandonati in prossimità del castagneto. In queste poche righe si sottolinea la doppia valenza del progetto, che studia non solo il paesaggio inteso come ambiente fisico ma ambisce anche a creare i presupposti affinchè si instauri nuovamente un legame con le attività odierne dell’uomo.

Page 58: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

58

STRUMENTI PER LA RACCOLTA

In precedenza è stato accennato alla raccolta delle castagne, noci e nocciole. Basandosi sugli strumenti di raccolta esistenti è stato con-statato che l’area nella quale si sta operando, può rendere poco agevole l’utilizzo di grossi macchinari per la raccolta. Quindi di seguito sono stati riportati degli esempi di piccoli attrezzi che consentono con poco sforzo e in poco tempo di raccogliere i frutti. Conoscere anche aspetti di questo tipo è molto importante per un architetto del paesaggio, poichè conoscendo in che modo vengono svolte le funzioni all’interno di uno spazio, è possibile in seguito offrirne un disegno efficace.

ASPIRATORE A SPALLA

Questa piccola macchina non è altro che un aspiratore, che permette di raccogliere i frutti separandoli dal materiale leggero come foglie e rametti. Studiato specialmente per le castagne, questo modello viene regolarmente utilizzato per la raccolta di altri frutti come, ad esempio, nocciole, noci, mandorle, pistacchi, ghiande e olive.

Page 59: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

59

RACCOGLITORE MANUALE

Il raccoglitore manuale, è un attrezzo innovativo che permette di rac-cogliere oggetti da terra senza doversi chinare al suolo. La gabbia metallica rotolando cattura e conserva al suo interno frutti ed oggetti tondeggianti come noci, nocciole, olive e persino bossoli.È disponibile in differenti misure per soddisfare i diversi ambiti d’impiego. Oltre a favorire una corretta postura del corpo e quindi un minor affaticamento, velocizza l’operazione di raccolta ottimizzando il rendimento del proprio lavoro.E’ composto da una gabbia di fili di acciaio sufficientemente flessibili da permettere l’ingresso del frutto ma non la sua fuoriuscita. La flessi-bilità ed elasticità dell’elemento centrale agevolano l’entrata del frutto all’interno della gabbia e ne permettono l’utilizzo anche in terreni ac-cidentati ed in presenza di foglie o altro tipo di impurità. A corredo è fornito un supporto da applicare al contenitore di raccolta che facilita l’apertura delle maglie e quindi la fuoriuscita del prodotto.Il raccoglitore manuale è consigliato nel settore agricolo per la rac-colta della frutta in piccoli appezzamenti o come supporto alla rac-colta meccanizzata. È diffuso anche presso poligoni di tiro, campi da golf e da tennis ed altre attività ove è necessario raccogliere oggetti tondeggianti da terra.

Page 60: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

60

ARREDO DEL BOSCO

Quando si parla di arredo del bosco s’intende un’insieme di elementi introdotti dall’uomo affinchè possano soddisfarsi esigenze basilari dell’uomo. Sedersi per riposare dopo una passeggiata, ammirare la natura, e altri piccoli gesti che spesso hanno bisogno se pur in forma ridotta di oggetti che rendano agevole queste funzioni. Prima si è parlato di destinare un piccolo spazio della parte a prato ad area di sosta, connotabile in seguito con tipi di funzione diversi. In quest’area è stato scelto d’introdurre un gazebo che faccia da copertura a tavoli e sga-belli, tutto realizzato interamente in castagno viste le quantità di legname presenti sul posto.

Page 61: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

61

L’arredo all’interno dei terrazzamenti che saranno coltivati, è considerato in maniera molto diversa da quanto citato nella pagina accanto. Infatti gli arredi fin qui esaminati rispondono alla scelta di attrezzare una piccola area poco utilizzata in modo da svolgere attività ricreative secondarie. Nel caso in cui si affronta un intervento che prevede di installare all’interno del bosco alcuni elementi d’arredo per migliorarne sia l’aspetto che la fruzione, si rimanda al “Quaderno delle opere tipo” redatto alla Comunità Montana del Triangolo Lariano. Questo è un vero e proprio manuale che fornisce indicazioni e suggerimenti tecnici a chi interviene in questo tipo di paesaggio, delineando delle linee guida da seguire. Le immagini che seguono sono state estratte da questo documento individuano degli elementi puntuali che saranno installati in alcuni punti del bosco, in corrispondeza di punti di vista panoramici o altre situazioni peculiari.

Page 62: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

62

PERCHE’ IL CASTAGNETO

Nel bosco sul quale si sta operando, non si riconosce un vero e pro-prio impianto di castagneto da frutto. La selva è completamente in-vasa da altre specie arboree, come si è detto, la maggior parte gov-ernate a ceduo. La presenza di castagni è importante per riconoscere la predisposizione di quest’area ad essere oggetto di recupero paes-aggistico mediante il castagno. Per questo quando le condizioni ambientali e logistiche lo consigli-ano, il ripristino del bosco è un’operazione importante e preziosa: da un lato permette di sviluppare un filone produttivo, con effetti di tipo economico, dall’altro consente di recuperare scenari, conoscenze e attività tipici della media montagna lariana, con benefici di tipo ambi-entale ed ecologico, paesaggistico e turistico, culturale e tradizionale.La presenza del castagno in gran parte dei territori collinari e mon-tani di tutta la dorsale appenninica e dell‟arco prealpino, le numerose sagre della castagna e prodotti derivati, le varie forme di utlizzazione del legno e la presenza diffusa di castagni secolari e musei dedicati, testimoniano una multifunzionalità di questa pianta che può essere considerata un valore stretegico per lo sviluppo di territori a rischio di marginalità.

Page 63: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

63

DISCORSO SUL CASTAGNO

Il castagneto è il risultato dell’azione dell’uomo che con il suo lavoro interviene nella natura rendendola migliore, controllando il dislivello dei terreni, regimando le acque e selezionando le varietà di castagne adatte all’altitudine del posto. Il luogo scelto nel quale sarà impian-tato ha una giusta combinazione di tutte le caratteristiche ambientali e paesaggistiche che la coltura castanicola richiede.Il castagno è una pianta eliofila, quindi ama il sole, e perciò sarà dis-posto su un versante esposto a est e nonostante i rilievi elevati che si trovano davanti, riceve la luce necessaria alla crescita e alla maturazi-one dei frutti. I castagni saranno inoltre protetti dal fitto bosco gov-ernato a ceduo che li circonda. Il castagneto sarà collocato all’interno di una fascia altimetrica compresa da 550m a 650m, in questa zona il suolo è formato da depositi morenici che ne favoriscono la coltu-ra, infatti è evidente la stretta relazione tra questa specie e il suolo poiché ne sono presenti alcuni esemplari. La lettiera che producono i suoi residui vegetali, non facilmente degradabile, contribuisce ad acidificare il suolo e a mitigare le situazioni più estreme. Il motivo per cui nel territorio del Triangolo Lariano vi è una grande diffusione delle selve castanili, è l’estesa presenza di depositi morenici costruiti dai grandi ghiacciai quaternari, spesso associata a favorevoli morfologie, determina la presenza di suoli tendenzialmente acidi, permeabili e fertili, dunque ottimali per la coltivazione della selva. La carta geologica infatti evidenzia che proprio in questa zona il suolo è di questa natura.Tenendo conto di queste considerazioni sulle necessità del cast-agno e osservando il territorio immediatamente circostante la frazi-one di Bicogno, si capisce come questa posizione sia effettivamente la migliore e l’unica con queste caratteristiche. Questo ci fa capire come l’impianto di una coltura di castagne dev’essere preceduta da un’attenta analisi del paesaggio al fine di garantire un ottimale sfrut-tamento del luogo.

Il paesaggio dei castagni può essere considerato un vero e proprio patrimonio culturale collettivo peri i preziosi contenuti che custodisce. Nel castagneto vi sono impressi alcuni dei più importanti segni della cultura materiale, radicati sia negli elementi vegetali che quelli antrop-ici. La loro valorizzazione nel complesso paesaggistico è importante per recuperare e trasmettere il significato del valore fondamentale che hanno avuto per la sopravvivenza delle popolazioni rurali. La sel-va castanile montana, è in sostanza un frutteto di castagni: gli alberi, generalmente innestati con varietà di pregio, sono allevati a fustaia, con impalcatura dei rami solitamente alta. La loro disposizione è a maglia larga e irregolare, a sesto libero, per favorire il soleggiamento delle chiome e sfruttare al meglio l’accidentato profilo dei versanti e la forma delle singole proprietà. Gli alberi di nuovo impianto saranno collocati in posizioni ben studiate, a una precisa distanza degli al-tri esemplari, in una scansione regolare che assume vagamente una struttura molto simile a quella dei filari degli alberi da frutto. Il ter-reno scelto presenta un dislivello naturale controllato dai muretti a secco che lo addolciscono cambiando di altezza, e raccordandosi l’un l’altro in modo da creare un paesaggio armonioso che si com-bina tra dislivelli e muretti a secco. E’ quindi facilmente percorribile dall’uomo e dagli animali, l’accesso con attrezzi è agevolata e i frutti che cadono al suolo non rotolano lontano dalla pianta. Lo spazio che si forma all’interno del castagneto non ha paragoni con nessun’altra tipologia di foresta.Con il castagneto l’uomo ricava uno spazio domestico, controllato in ogni sua parte. Uno spazio ben definito, con confini esterni riconosci-bili e suddiviso all’interno dalle singole proprietà, come delle vere e proprie stanze in cui tutti gli elementi vegetali, i sassi e le pendenze del terreno hanno un proprio significato attribuito da chi ci lavora. Le esi-genze dettate dalla sussistenza obbligavano l’uomo a passare molto tempo nel bosco, anche di notte, durante il periodo dell’essicazione delle castagne. Ecco che quindi anche il bosco diventa uno spazio accogliente in cui abitare, un ambiente familiare.

Page 64: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

64

Il castagno è uno dei migliori interventi umani sulla natura perché rappresenta il perfetto equilibrio tra quelle che sono le necessità bio-logiche della vegetazione e l’esigenze dell’uomo. La “domesticità” deriva dalle proporzioni, le proporzioni derivano dalle esigenze della coltura della castagna. La distanza tra gli alberi è dettata dalle carat-teristiche di crescita della varietà, che dovrà garantire un’espansione ottimale dell’impalcato senza sovrapposizioni tra le chiome. Le piante saranno così più belle e produttive e allo stesso tempo tra di esse si forma uno spazio piacevole, fresco ma illuminato dalla luce che filtra tra le frasche. Il sottobosco del castagneto è sempre stato luogo privilegiato per la comunità rurale. Ad esso veniva attribuita una va-lenza simbolica e in un certo senso sacra. Al suo interno si svolgeva infatti la rappresentazione di uno dei riti più importanti della cultura montana, il maggio. Al ritorno dalla transumanza i pastori inscenava-no una recita con cui romanzavano storie e vicende epiche imparate durante la lontananza. Nel castagneto è possibile riconoscere la sa-cralità di un luogo scelto per la rappresentazione di un rito collettivo, importante e collettivamente riconosciuto come la liturgia all’interno della chiesa. Il castagneto, quindi, come palcoscenico ideale per in-scenare la rappresentazione romanzata di un racconto, recitato da chi lascia il paese. La qualità dell’architettura del paesaggio dei cast-agneti è ancora valida al di là di un’effettiva necessità di coltivazione. Questo perché la struttura spaziale che lo caratterizza è unica e non si può ritrovare in nessun altro tipo di bosco. Il castagneto consente l’esperienza di un’ ambiente dai forti elementi naturalistici, ma questi elementi sono completamente influenzati dall’uomo che in questo caso ha migliorato un ecosistema per la sua necessità. Il castagneto è stato oggetto di cure da parte della popolazione ru-rale fin quasi ai giorni nostri. Il cambiamento economico ha impov-erito questa coltura del valore che la legava alla vita delle persone, rendendo obsoleti i lavori che mantenevano integri questi boschi. L’abbandono e il diffondersi di malattie hanno già distrutto gran parte del patrimonio vegetale legato alla coltura della castagna, che grad-ualmente viene sostituito dalle specie che naturalmente erano pre-senti prima dell’impianto dei castagni.

Con l’abbandono generalizzato delle attività agro-silvo-pastorali sull’Appennino, si assiste ad un graduale avanzamento del bosco sulle superfici prative e una lenta riconversione verso forme e compo-sizioni naturali del paesaggio vegetale. I prati abbandonati vengono invasi da specie arbustive pioniere che coprono la superficie con una fitta boscaglia. La vegetazione naturale tende a rimpadronirsi degli spazi che sono stati sottratti dall’opera di antropizzazione della mon-tagna, ristabilendo la composizione e la biodiversità originarie.Il frutto del castagno maturava alle porte dell’inverno, la stagione cominciava a farsi fredda e umida. La necessità di poter disporre, per il maggior tempo possibile del prezioso frutto, ha sviluppato la pratica dell’essicazione. I primi tentativi furono fatti all’interno di grotte, en-tro le quali vi si accendeva un fuoco che lentamente disidratava i frutti; tuttavia le grotte che si potevano prestare a questo processo non erano empre facilmente raggiungibili o sufficientemente diffuse da consentirne l’utilizzo regolare nel periodo in cui ve ne era ampia necessità.

Page 65: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

65

BIOLOGIA ED ECOLOGIA DEL CASTAGNO EUROPEO

BIOLOGIA

Il Castagno europeo, identificato con il nome scientifico di Cas-tanea sativa (Miller), è una delle numerose specie ricomprese nel ge-nere Castanea. Quest’ultimo appartiene alla famiglia delle Fagace-ae, ove si collocano anche i generi Fagus e Quercus. L’origine del castagno europeo è incerta e tutt’oggi discussa: secondo al-cuni studi il suo indigenato in Italia e in Lombardia è però proba-bile. Di sicuro c’è l’antico interesse dell’uomo per il legno e i frutti di quest’albero, che sin dalle origini deve al favore dell’ azione an-tropica il progressivo estendersi del proprio ambito di diffusione.Albero imponente e longevo, il castagno ha un portamento maestoso, con chioma espansa più o meno rotondeggiante, che può facilmente raggiungere un diametro di 20-25 metri. L’albero maturo s’eleva medi-amente a un’altezza di 15-20 metri, ma taluni esemplari toccano e su-perano i 30 metri. Il fusto, eretto e ramificato a breve altezza, può rag-giungere, nella parte basale, diametri di 2-3 metri. La corteccia delle giovani piante (fino a circa 20 anni) è piuttosto sottile, liscia, senza fessurazioni, di colore da bruno-rossastro a grigio-olivastro; con l’età si screpola e muta il colore in bruno-grigiastro, originando uno spesso ritidoma (scorsa) che si presenta dapprima rugoso e poi solcato, tal-volta con tipico andamento a spirale. Il legno è piuttosto chiaro, elas-tico, con netta distinzione tra duramen (porzione interna del legno, più scura) e alburno (porzione esterna del legno, più chiara). Le foglie sono di colore verde intenso sulla pagina superiore, più chiare su quella inferiore, piuttosto grandi, ellittico-lanceolate, con bordo seghettato-dentato, apice brevemente acuminato, precocemente caduche. La loro disposizione è apparentemente distica a causa della torsione del picciolo, ma in realtà è spiralata. Il castagno riesce a riprodursi molto efficacemente anche per via vegetativa: ha infatti una spiccata ca-pacità pollonifera, che permane fino a tarda età (anche oltre i 150-200 anni) e i polloni hanno una crescita rapidissima nei primi anni di vita.Castagno Europeo (Sativa Miller)

Page 66: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

66

ECOLOGIA

Per le ragioni già accennate, l’areale di diffusione del castagno eu-ropeo è vastissimo e attualmente comprende tutta l’ Europa circum-mediterranea, dal Portogallo al Caucaso, dalle coste nordafricane delle Alpi e ai Pirenei. In Europa Centrale è presente ma è fortemente limitato dalle gelate tardive, particolarmente temute, tant’è che frut-tifica solamente nelle annate più favorevoli. In Italia il castagno vive ovunque, isole incluse: in ambiente alpino e prealpino è presente nel piano vegetazionale basale, in quello appenninico nel piano montano. Pur essendo amico del sole (eliofilo), il castagno vegeta bene anche in bosco, consociandosi con altre latifoglie termofile e mesofile tip-iche degli ostrieti, dei querceti e degli acero-frassineti, scomparendo solamente dove le condizioni stazionali non gli sono più favorevoli. Costituisce anche boschi puri, generalmente su versanti collinari freschi: trattasi di impianti di origine antropica, spesso governati a ceduo, la cui permanenza è dovuta alla notevole vigoria della pianta, che rallenta o inibisce il ritorno delle formazioni originarie. La selva fruttifera tende a permanere laddove il castagno europeo vegeta in modo ottimale: in zone temperate, abbastanza umide, ben esposte al sole, dove il terreno è profondo ma privo di ristagni idrici. Il castagno europeo è una latifoglia eliofila e mosofila, amante cioè della luce e di condizioni termo-pluviometriche intermedie. Per la sua amplis-sima diffusione areale è divanuto la pianta di riferimento della fascia fitoclimatica detta del “castanetum”, posta tra quelle del “lauretum”, più calda, e del “ faggetum”, più fredda. Il “castanetum” interessa i rilievi preaplini e alpini fino a 900m di quota, presenta un clima tem-perato, con valori medi di 10-15°C e precipitazioni medie annue non inferiori ai 700mm d’acqua. Ben tollera il castagno valori di pioggia maggiori, mentre soffre l’assenza di acqua. Lo studio della variazione dell’areale del castagno ha evidenziato che ogni modificazione del clima in senso oceanico (clima umido e temperato) ne ha favorito la diffusione, mentre i cambiamenti verso una maggiore continentalità (clima secco, con forti escursioni termiche) l’hanno ostacolata.

Areale del Castagno Europeo (Sativa Miller)

Distribuzione dei castagneti nel Triangolo Lariano

Page 67: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

67

LE VARIETA’ DI CASTAGNO LOCALI

Nell’ambito del Progetto Integrato Lario, durante il biennio 2001-2002 è stata condotta una ricerca sulle varietà locali di castagno da frutto. L’intento era quello di fornire un elenco delle varietà lariane di castagno da frutto con un’indicazione sulla distrubuzione geografica all’interno dell’area indagata.La ricerca si è sviluppata all’interno dell’area montana e pedemon-tana della provincia di Como, in particolare in quella sottesa dal pe-rimetro delle quattro Comunità Montane.L’indagine si è svolta attraverso interviste ai castanicoltori, realiz-zate direttamente in campo, sono stati raccolti nomi, caratteristiche e forme d’uso delle varietà da frutto, grazie a cui è stato possibile re-digere un primo elenco varietale, che contempla 51 diverse denomi-nazioni. Alcune di queste sono state rinvenute in una sola località, altre su zone estese della provincia. Talune denominazioni evidenzi-ano forti analogie, tanto da consentirne, già in prima battuta, una loro pacifica riconduzione alla medesima varietà. Verificate le omonimie e analogie, è stato così ricavato un elenco di 31 diverse varietà o, meglio, ecotipi o popolazioni locali, la cui reale e sostanziale differ-enza è spesso difficilmente individuabile, pur se per alcuni di essi non mancano elementidi forte caratterizzazione. Da questo elenco sono state scelte alcune varietà ritenute meritevoli di studio sulla base della loro diffusione e delle loro caratteristiche. Per ciascuna delle varietà prescelte è stato individuato almeno un albero campione, analizzato e descritto negli aspetti vegeto-riproduttivi, fenologici e carpologici. Sono così stati complessivamente individuati 34 alberi da frutto, distribuiti all’interno delle quattro Comunità Montane. La maggiore concentrazione dei campioni si ha nelle aree a maggiore vocazione castanicola e in particolare laddove la distribuzione e il governo dei soprassuoli di castagno è ancora importante.

Pianta di varietà Rossera in località Trobbio Carnirolo, Vercana (CO)

Page 68: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

68

Le varietà che si trovano nell’area interessata dalla Comunità Mon-tana del Triangolo Lariano, sono quelle al centro dell’interesse nel nostro studio. I nomi e le località nelle quali sono state identificate sono riportati nella tabella che segue.

Nome della varietà Comune Località

Bianchit Rezzago Enco

Maròn Barni Crezzo

Maròn Rezzago Enco Pradàs

Marunéss Rezzago Enco Val de Balcon

Marunéss Rezzago Enco Pradàs

Mora Rezzago Enco

Tempurif Rezzago Enco Val de Balcon

Topia Barni Crezzo

Un’ altra varietà che non è presente nella tabella ma che è diffusa nel territorio preso in esame è la “Rossera”, la denominazione è dovuta unicamente alla similare tinta del pericarpo, tipicamente marrone chi-aro tendente al rossiccio. Nelle selve ticinesi la Rossera è documen-tata sin dai tempi remoti. L’albero presenta dimensioni medio-grandi e chioma assurgente. L’amento piuttosto lungo (18cm), è di tipo astamineo. Le foglie pre-sentano una forma prevalentemente ellittica, con apice e base acuti. Il colore della pagina superiore è verde, lucente, quello della pagina inferiore è verde chiaro, opaco, con superficie glabra. Il margine fogli-are è seghettato. Il riccio, di norma con 1-3 frutti veri, presenta di-mensioni medio-grandi, a seconda del soggetto, e aculei piuttosto fitti. Le castagne, a maturazione stagionale, presentano dimensioni intermedie (larghezza media di 28,9 mm, altezza media si 25,5 mm e

spessore di 20,3 mm) e forma da rotondeggiante a ellittica, con base poco convessa. L’apice è ottuso e lievemente rastremato verso la torcia. L’ilo è di medie dimensioni, con raggiatura stellare evidente. Il pericarpo è di clore marrone chiaro, tendente al rossiccio. Le stria-ture, color marrone scuro, sono di media larghezza e poco o nulla rilevate. E’ una varietà apprezzata per le doti di rusticità e per la buona qualità dei frutti, destinati sia al consumo fresco che all’essicazione.Le varietà maggiormente coltivate in Provincia di Como sono la Lui-na, la Pelada, la Pinca, la Rossera e la Viapiana.

Page 69: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

69

Il cinipide galligeno del castagno, Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu, è un piccolo imenottero considerato uno degli insetti più dannosi per il castagno. La specie molto diffusa in Asia e negli Stati Uniti, è stata ritrovata per la prima volta in Piemonte, in provincia di Cuneo, nel 2002. Danni, oltre che in Piemonte, sono stati rilevati nel Lazio e la pre-senza di questo insetto è stata segnalata nel mese di Aprile del 2008 anche in Campania, provincia di Avellino e Salerno. Anche all’interno dell’area boscata di Bicogno sono evidenti i danni che questo ha pro-vocato sulle piante. Attacca unicamente il genere Castanea e presen-ta una sola generazione annua. Gli effetti visibili sono la formazione di galle, cioè ingrossamenti di varie forme e dimensioni sulle gemme, le foglie e gli amenti del castagno. Da queste galle nel mese di gi-ugno e luglio fuoriescono le femmine alate che vanno a depositare le uova nelle gemme presenti (A). Dalle uova fuoriescono le larve che si sviluppano molto lentamente, sempre all’interno delle gemme, senza che queste presentino sintomi esterni della infestazione (B). All’interno delle gemme quinsi sono presenti le uova e il primo stadio larvale (C). Nella primavera successiva, alla ripresa vegetativa, si ha un rapido sviluppo delle larve che determina la formazione di carat-teristiche galle, prima verdastri e poi tendenti al rosso (D). Le larve stesse spesso determinano un arresto dello sviluppo delle gemme, da cui si sviluppano foglie di dimensioni ridotte(E). Nell’estate suc-cessiva ricomincia il ciclo (F). Un forte attacco di quest’insetto può determinare un consistente calo della produzione, una riduzione dello sviluppo vegetativo e un forte deperimento delle piante colpite. Una delle principali modalità di diffusione dell’insetto è attraverso il mate-riale di propagazione pertanto è sempre necessario eseguire una ac-curata sorveglianza delle nuove piantine di castagno messe a dimora. Sulle piante giovani è facile rilevare la presenza delle galle provocate dall’insetto; in tal caso nel mese di maggio, vanno raccolte le parti infette, provvedendo alla loro distruzione mediante bruciatura, prima cioè della fuoriuscita delle femmine alate, rallentando così la diffu-sione dell’infestazione.

IL PROBLEMA DEL CINIPIDE GALLIGENO DEL CASTAGNO

A

B

Page 70: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

70

La lotta chimica risulta difficile a causa del ciclo dell’insetto e comunque non praticabile in ambito forestale. La Regione Campania ha finanziato uno specifico piano di ricerca, di durata triennale, finalizzato all’introduzione di un antagonista naturale, cioè di un altra piccola vespa che si nutre a spese del cinipide, il cui nome scientifico è Torymus sinensis. Anche il nemico naturale, come il cinipide stesso, è originario dell’Estremo Oriente. Pertanto, dopo un difficile ciclo di adattamento avvenuto in Piemonte, è stato possibile allestire una sorta di alleva-mento semi naturale grazie al Dipartimento di Entomologia e zoologia applicate all’ambiente dell’Università degli studi di Torino, e poi avviare un piano di distribuzione in diverse aree cas-tanicole italiane. Ad ora quindi non esiste un metodo efficace nella lotta del cinipide, in ogni caso è fondamentale monitorare le selve castanili soprattutto quelle che non sono state at-taccate. Negli ultimi anni si sta diffondendo una conoscenza scientifica diffusa con documenti e seminari su tutto il territorio italiano, sperando che i risultati ottenuti da tali studi aiutino a preservare l’enorme vantaggio sia economico che paesaggistico che rappresenta il castagno. C

FED

Page 71: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

71

E’ utile analizzare il “Piano del Settore Castanicolo 2012/13 redatto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, del quale a proposito della lotta al cinipiede, viene riportato, dal capitolo “Miglioramento Genetico”, un grafico che indica le varietà meglio re-sistenti all’insetto.

Sensibilità varietale al cinipide galligeno (Dryocosmus kuriphilus) in alcune cultivar di Castanea Sativa e in ibridi euro-giapponesi (Sartor et al., 2009b)

Page 72: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

72

LA GRANDE RISORSA DEI PICCOLI FRUTTI

Con il termine “frutti di bosco” si fa riferimento ad un gruppo etero-geneo sia per specie che per tipologia di frutta, oggi indicata con altri sinonimi come “piccoli frutti” o “frutti minori”. Queste diciture trag-gono origine, oltre che dalla naturale provenienza da piante sponta-nee di sottobosco, dalledimensioni ridotte dei frutti e da un’attribuzione di importanza com-merciale minore rispetto ad altri prodotti coltivati come mele, pere, pesche, ecc.Sebbene le proporzioni della frutta in commercio difficilmente subi-ranno profonde variazioni, le circostanze sociali mostrano che il con-sumatore ricerca sempre più la valorizzazione di sapori legati alla nostra storia e riconducibili a momenti di genuinità rurale. Sono pre-supposti che hanno aperto spazi mercantili interessanti e hanno sti-molato un intresse specifico nella coltivazione dei piccoli frutti.Fragola, fragolina di bosco, mirtillo, lampone, rovo, ribes, uva spina, sono tutte specie caratterizzate da elevata rusticità; ciò permette loro di adattarsi e produrre in ambienti di coltivazione differenti per clima e condizioni pedologiche. Anche l’andamento climatico del nostro ter-ritorio risulta favorevole sia per le temperature che per la piovosità. Nonostante la rusticità delle specie, è però opportuno evitare impi-anti a quote troppo elevate poiché si potrebbero verificare problemi della maturazione e moria di piante per abbassamenti termici ecces-sivi soprattutto in primavera e al risveglio vegetativo. Il limite mas-simo di altitudine si aggira intorno agli 800 metri s.l.m, anche se per fragola e lampone ci si può spingere fino a 1200-1500 metri s.l.m.. È comunque sempre raccomandabile scegliere zone ben esposte, al riparo da forti venti e da gelate tardive.

I piccoli frutti sono un’opportunità di apertura verso nuove prospet-tive per l’agricoltura che, inevitabilmente e in modo consapevole, si avvicina a modelli produttivi più integrati con l’ambiente, il paesaggio e le mutate condizioni socio economiche. I frutti di bosco rappresentano un’augurabile prospettiva di caratter-izzazione dell’impresa agricola, per l’affermazione in un settore che, oltre alla componente produttiva, si affaccia ad interessi turistico-ricreativi e dove pare opportuno suggerire la diversificazione degli indirizzi aziendali. Dopo anni di osservazione sull’adattabilità e sulla produttività dei frutti di bosco alle condizioni pedoclimatiche, è possibile affermarne la validità come alternativa alle tradizionali coltivazioni locali: ottimi infatti sono apparsi i risultati nella fase sperimentale delle coltivazioni.La maggiore concentrazione di insediamenti produttivi è localizzata nelle zone pedemontane, in piccole aziende a conduzione familiare, dove il prodotto viene raccolto a mano e conferito in strutture coop-erative. Alternativa comune è la vendita al dettaglio dei frutti di bosco che sono così destinati al consumo fresco. L’industria ha saputo in-oltre valorizzare il piacevole sapore di questi prodotti con confetture, dolci, gelatine ed anche succhi, sciroppi e yogurth.

Page 73: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

73

Fragolina di bosco (Fragaria vesca)

Ribes (Ribes alpinum)

Lampone (Rubus idæus)

Mora (Rubus ulmifolius)

Mirtillo Nero (Vaccinium myrtillus)

Uva Spina (Ribes uva-crispa)

Page 74: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

74

ASINI E DINTORNI

Com’è stato visto in precedenza, nell’area del bosco sulla quale si sta operando sono presenti degli asini. Sono tre gli esemplari in maniera stabile in un’area attrezzata con una piccola stalla. Nelle stagioni in cui l’erba è più alta questi vengono fatti pascolare nelle radure vicine. Quest’animale può rappresentare un elemento di grande interesse per quanto riguarda lo sviluppo turistico dell’area. Infatti è un’attività in espansione negli ultimi anni, quella del trekking con l’asino. Sono chiamati Trekking Someggiati e permettono di fare escursioni in com-pagnia, con lentezza, per scoprire ed osservare attentamente il ter-ritorio. Questo tipo di attività è stato importato dalla Francia e dalla Svizzera, dove vi sono molte strutture che affittano gli Asini addestrati per questo tipo di trekking. Infatti si possono far trasportare agli ani-mali gli zaini e l’attrezzatura per allestire un campo qualora si rimanga via più giorni. Nei trekking dopo una prima fase di conoscenza della persona che lo guida sui sentieri di montagna come in campagna, l’Asino farà del suo “conduttore” il suo punto di riferimento, e lo seguirà fedelmente alla pari del cane. Se gli Asini si dimostrano a proprio agio sulle mulat-tiere di montagna, sono restii all’attraversamento dei ruscelli perché hanno il timore dell’acqua, per ciò vanno incoraggiati. Caratteristica dell’Asino è di muoversi con lentezza e prudentemente, ciò consente di ammirare le bellezze dei luoghi attraversati. In Toscana sono state istituite le prime onovie, ricavate da antiche mulattiere. Sono stati creati e segnalati percorsi da fare con gli Asini, che attraversano i bellissimi borghi della Toscana, permettendo di sostare in agriturismi attrezzati per ospitare chi pratica il trekking con gli Asini.Il territorio di Bicogno si presta molto bene ad ospitare questo tipo di attività, non mancano infatti elementi d’interesse da raggiungere, come conferma la fitta rete di sentieri escursionistici mappati dal Touring Club Italia.

Un ulteriore studio che può scaturire da queste premesse, può riguardare la ricerca delle mulattiere che potrebbero essere sfruttate in questi termini. Ciò comporterebbe quindi alla riscoperta e al re-cupero delle antiche mulattiere, un altro segno di congiunzione con i modi di vita del passato che però s’inserisce all’interno della realtà odierna.

Nella pagina a destra sono riportati i sentieri escursionistici e gli el-ementi di maggior interesse, raggiungibili dall’antica mulattiera che partendo da Bicogno, arriva fino alla Bocchetta di Lemna ricollegan-dosi poi con altri percorsi.

Page 75: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

75

Page 76: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

76

Page 77: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

77

IL RIMBOSCHIMENTO E LA PRODUZIONE LEGNOSA

I rimboschimenti effettuati nel nostro Paese, salvo modeste eccezioni,hanno interessato terreni marginali in condizioni particolar-mente difficili. I risultati degli impianti sono stati, nel comp-lesso, soddisfacenti, ma non si può trascurare il fatto che non esiste, ad eccezione di poche regioni, una favorevole predis-posizione, da parte delle popolazioni, ad accettare i nuovi im-pianti come momento positivo per l’utilizzazione del territorio.In tempi moderni, i programmi di rimboschimento hanno rappre-sentato il volano per evitare che in periodi di carestia o di crisi eco-nomica, le popolazioni prive di lavoro e di sostentamento creas-sero condizioni di pericolo per la stabilità sociale. E’ evidente che le condizioni operative dei rimboschimenti ai fini occupazionali non sono sempre soddisfacenti, il fatto che l’impianto non necessiti di manutenzione ne è la causa. Affrontando questo tema relativa-mente alle esigenze della società moderna tecnologicamente avan-zata, non è semplice stimare l’incidenza dei boschi sull’economia. Tra i problemi di maggiore rilevanza mondiale, vi è quello della dis-ponibilità delle risorse. Il legno, quale materia prima rinnovabile è, quindi destinato ad accrescere la sua importanza strategica.Nonostante la grande diffusione di fonti energetiche alternative, i combustibili legnosi contribuiscono in maniera determinante alla sopravvivenza delle popolazioni. La FAO valuta che circa il 25-30% dell’energia impiegata nel mondo provenga da legno. La situazione tende a peggioreare nei Paesi in via di sviluppo, o in quelli interessati ad un rapido incremento demografico, colèpiti dalla malnutrizione e dalle carestie. Le previsioni della crescita della popolazione sono es-ponenziali, poichè è già stato superato il traguardo dei sei miliardi. Nei Paesi industrializzati, il consumo di legno ha subito profondi cam-biamenti, ma la tendenza è in aumento a causa della disponibilità di tecnologie di trasformazione sempre più avanzate, soprattutto nei settori della cellulosa, della carta, dell’arredamento e delle costru-zioni. Anche in Italia il consumo è triplicato in quest’ultimo secolo e

le industrie del legno rappresentano, in termini di occupazione e di fatturato, una componente non trascurabile dell’economia del Paese poichè offrono occupazione a oltre 500 mila unità. Come è noto, le capacità di approvigionamento interno sono modeste a causa di alcuni fattori che limitano la produttività dei nostri boschi, che sono stati sottoposti, per molti secoli, ad eccessivo sfruttamento.Appare, quindi, evidente la necessità di creare nuove fonti di mate-ria prima legnosa, ad integrazione di quella ottenibile dal patrimonio forestale esistente. Nell’utilizzazione del territorio, i rimboschimenti sono destinati a svolgere, in futuro, un ruolo fondamentale per il restauro dell’ambiente. I motivi del degrado che hanno portato all’impoverimento od alla scomparsa dei nostri boschi, hanno su-bito un profondo cambi-amento in quest’ultimo secolo e nonostante l’esodo delle popolazioni dai territori montani e collinari la situazione è destinata a peggiorare.

Il punto fondamentale sul quale si basa il mio studio è lega-to allo sviluppo futuro e cioè quello del restauro ambientale.L’intervento sul bosco di Bicogno cerca di richiamare l’attenzione da parte del settore tecnico-forestale poichè le decisioni che coinvolgono l’estensioni dei rimboschimenti sono proprie di quello socio-econom-ico. E’ necessario infatti che l’opinione pubblica si renda conto che il rimboschimento è una componente efficace ed insostituibile per la con-servazione e la valorizzazione dell’ambiente e che la produzione legno-sa costituisce una risorsa rinnovabile a cui il paese non può rinunciare.

Page 78: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

78

ACCESSO E MOBILITA’ SUI TERRAZZAMENTI

L’accesso ai terrazzamenti è una delle questioni fondamentali da affrontare, la mia ricerca in questi termini ha portato come risultato al noto sistema di monorotaie che si utilizza per gli spostamenti di persone e prodotti all’interno delle terrazze.La ferrovia Monorack consente di avere un grande risparmio di tempo per il trasporto di persone. Il trasporto di materiali nel vigneto o frutteto è affidato anch’esso al Monorack come l’utilizzo durante la vendemmia per portare il raccolto a valle. Questo sistema si è iniziato ad utiliz-zare dalla fine degli anni ’80, molte migliaia di metri di guide per questa ferrovia sono stati montati in paesaggi terrazzati. Grazie alla ferrovia Monorack, è possibile accedere a molte zone delle terrazze, in particolare laddove non era possibile costruire percorsi tradizionali.Il grande vantaggio di questa soluzione è la versatilità, infatti può essere installato su qualsiasi tipo di pendenza, anche molto accentuata, le curvature del binario hanno il raggio di 4 metri e quindi è possibile adattarle all’area in maniera accurata. E’ necessario pensare anche a uno spazio adeguato all’interno dell’area, per il carico e lo scarico dei prodotti. La ferrovia è composta principalmente di una guida, un tubolare a sezione quadra zincato a freddo con una ruota dentata saldata sulla parte bassa, e di piloni realizzati in tubolari di 1” zincati. Inoltre, contrari-amente ai tradizionali mezzi di trasporto di superficie, la monorotaia essendo sospesa su singoli appoggi, evita l’erosione del suolo.

1

Page 79: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

79

1. Monorotaia a benzina2. Monorotaia a Diesel3. Esempio dell’ impatto sul paesaggio delle Cinque Terre4. Monorack al lavoro tra i terrazzamenti di Riomaggiore nelle Cinque Terre

4

2

3

Page 80: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

80

Page 81: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

81

Pertanto le operazioni da eseguire per completare questo intervento paesaggistico sono:

- Ripulitura dagli alberi secchi e malati che privano di spazio utile i terrazzamenti

- Sfoltimento o rimozione dei cedui perimetrali maggiori

- Immissione asini per predisporre il terreno ad essere utilizzato: - estirpazione delle piante infestanti - creare un percorso all’interno dei terrazzamenti

- Ripristino degli elementi di collegamento, dei muretti a secco, dei sentieri e dell’arredo del bosc o

- Recupero dei castagni malati (ove possibile)

- Piantumazione dei nuovi alberi

L’ INTERVENTO IN DETTAGLIO

Le operazioni necessarie per il riutilizzo del bosco richiedono un sis-tema di competenze ampio, che come abbiamo visto, varia da quello scientifico/agronomico a quello culturale/paesaggistico. Partendo dalla valutazione dell’aspetto tecnico che ha come risultato la pianificazione delle diverse modalità d’intervento, si sono definite una serie di scelte di tipo pratico su come intervenire.La fase successiva interessa la parte percettiva, cerca di controllare infatti il risultato dell’intervento dal punto di vista paesaggistico medi-ante il disegno, questo come appena detto, non è altro che il risultato di una serie di scelte dalle quali non si può prescindere.

La visualizzazione mediante fotografie permette di visualizzare all’interno di questo elaborato il risultato dell’analisi svolta sul campo. La rappresentazione che segue serve a identificare e dare una chiara lettura delle operazioni.Il valore di ogni rappresentazione è da ricercare nel modello d’intervento suggerito.

Page 82: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

82

Com’è stato detto prima, la preparazione del suolo avverrà medi-ante l’immissione di asini dopo che si sarà provveduto a estirpare le piante infestanti e gli arbusti secchi di massa legnosa consistente. L’azione degli asini mira a creare un percorso che sarà poi utilizzabile dai fruitori del bosco al fine di raccogliere le castagne le noci e i pic-coli frutti che verranno impiantati.In questa pagina è rappresentata l’area che attualmente è destinata all’allevamento degli asini (a sinistra) e a destra l’area che dovrà es-sere lasciata a disposizione degli animali solo per il periodo di pulizia e sistemazione del bosco. Si prevede che questi circolando arbitrari-amente all’interno, provvederanno a marcare un percorso sul quale si baseranno gli interventi successivi.

Per tenere gli asini all’interno della zona interessata sarà utiliz-zata una recinzione elettrificata che sarà poi rimossa al termine di quest’operazione.In questo modo si eviterà che gli asini possano invadere le altre proprietà non interessate dal mio intervento.

ORA DURANTE LA FASE DI RIPULITURA

Page 83: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

83

Per capire come gli asini muteranno l’aspetto dei terrazzamenti si è partiti dal rilievo in tre dimensioni dell’intera area. In loco sono state poi rilevate le altezze dei muretti a secco e tutti i punti in cui questi hanno ceduto per lasciare spazio a piccoli franamenti del terreno. Proprio in questi punti in cui il passaggio da un terrazzamento all’altro è agevole, si presume con certezza che questi verrano utilizzati dagli asini per muoversi.

Page 84: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

84

EVOLUZIONE DELL’AREA

Sezione tipo dell’area d’intervento1 2 3 4

Page 85: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

85

Introduzione degli asini all’interno dei terrazzamenti, il percorso inizia ad essere visibile dopo qualche settimana1 2 3 4

Page 86: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

86

Piantumazione delle nuove piante: Castagni, Noci, Nocciole1 2 3 4

Page 87: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

87

Piante nella fase finale di crescita1 2 3 4

Page 88: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

88

Page 89: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

89

Page 90: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

90

I disegni raffigurati nelle due pagine a seguire, hanno lo scopo di indagare riguardo l’aspetto dell’ intera area a bosco presa in esame. Considerando come fattori di “grande rilievo”, il cambiamento dell’assetto del terreno e la piantumazione di nuovi alberi.

Page 91: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

91

Page 92: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

92

Page 93: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

93

Page 94: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

94

1. Breccia utilizzata dagli asini per passare da un terrazzamento all’altro 2. Muro di sostegno del terrazzamento 3. Piano terrazzato

3

3

1

4

562

4. Inizio di smottamento 5. Traccia del passaggio degli asini 6. Parte del terrazzamento franato

Page 95: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

95

7. Tracciato diagonale mantenuto libero per il passaggio degli asini: questi continueranno ad utilizzare il percorso scelto la prima volta8. Traccia ricoperta da pietre e pertanto inutilizzabile 9. Inizio di smottamento ricoperto 10. Cavità della breccia e parti franatericoperte d’ erba per prevenire lo smottamento 11. Pietraia che raccoglie le pietre franate nel terrazz. inferiore, per evitare la loro diffusione

810

1111

7

9

Page 96: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

96

Page 97: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

97

VERSANTE TERRAZZATO

La parte che sarà ora considerata è presa in esame separatamente, poichè gli interventi proposti riguardano il riutilizzo a fini colturali dei terrazzamenti comprendendo in un quadro più ampio anche il costruito. E’ importante infatti progettare e pensare il paesaggio naturale per valorizzare anche il paesaggio costruito. Tutte le ricerche e le idee che ne sono scaturite, hanno avuto come scopo il fatto di creare i presupposti affinchè si generi un sinergia capace di coinvolgere l’ambiente costruito in passato con gli usi e i costumi della società attuale. Le modalità in cui, tutte le idee proposte, dovreb-bero poi essere fisicamente realizzate, sono analizzate in maniera generale per ogni singolo aspetto trattato. La scelta di lavorare in questa direzione deriva dalla convinzione che, per un riutilizzo consapevole di realtà rurali analoghe a Bicogno, bisogna ricercare dopo un’attenta analisi a varie scale, quali sono stati i fattori che hanno caratterizzato il luogo e come questi possano oggi, ritrovare il giusto spazio negli infiniti aspetti della reatà socio-economica attuale. Pertanto lo sviluppo del progetto che segue parte esaminando l’ambiente naturale, ricercando metodi d’intervento da indicare, poichè ritenuti validi da molti punti di vista, come verrà esposto in seguito per ogni parte analizzata. Segue l’analisi generale del costruito dal punto di vista architettonico costruttivo, in modo da proporre una riutilizzazione in funzione delle trasformazioni operate sull’ambiente naturale circostante. Poichè, com’è già stato spiegato all’inizio, bisogna tener presente anche quando si lavora a scala inferiore, che qualsiasi elemento fa parte del complesso sistema paesaggistico.

L’area individuata nella figura a sinistra si presenta in uno stato di ottima conservazione dal punto di vista dell’assetto dei terrazzamenti.I muretti a secco sono ben conservati salvo alcuni fenomeni di smottamento molto contenuti. In questa porzione di territorio è evidente una maggiore cura per i manufatti architettonici, proprio perchè la maggior parte degli appezzamenti è in prossimità delle abitazioni. Nonostante l’agevole accessibilità, i prati non vengono utilizzati in alcun modo, ad eccezione di qualche orto che completa il giardino.

Page 98: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

98

MASTERPLAN

Page 99: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

99

limiti determinati dalla forma dei mappali

recupero edifici a scopo aGRiColo 136 m2

Le dimensioni ridotte degli ambienti e soprattutto l’avanzato stato di degrado, portano a scegliere di destinare questi edifici per scopi attinenti l’attività agricola. La lavorazione della terra e la cura delle colture richiede la presenza di avere un modesto spazio dove riporre gli attrezzi e i piccoli mezzi. Una piccola azienda agricola può utilizzare gli edifici in prossimità degli appezzamenti da coltivare, inoltre può essere indispensabile un magazzino di stoccaggio per la conservazione di prodotti come ad esempio le erbe officinali, frutta secca, confetture ecc...

recupero edifici a scopo aBiTaTiVo 541 m2

Nonostante l’abbandono diffuso di molti edifici è possibile favorire le condizioni affichè possano ritrovare pur se in maniera frammentaria, la funzione per la quale sono stati costruiti. La residenza. La scelta per essere autentica e in linea con i tempi odierni si rifà ai principi del turismo sostenibile. Ha valore recuperare questi edifici per creare una rete di albergo diffuso poichè si dispone di 8 unità che possono offrire circa 18 posti letto.

nuova coltura FRUTTETo 1,4 he Il frutteto sarà composto da albicocchi, prugni, peschi, ciliegi in alcuni casi a palmetta. Come piccoli frutti è indicato piantare more, lam-poni, mirtilli e ribes.

nuova coltura oRTo SinERGiCo 1,2 he + manca parte sopra L’ Orto Sinergico è un metodo elaborato dall’ agricoltrice spagnola Emilia Hazelip, opera attivamente sui monti Pirenei, in Francia.L’ idea parte dalla Permacoltura (coltura permanente, eterna, equilibrata ed inesauribile, non consumistica) ed alle ricerche relativamente recenti sull’ impoverimento del suolo a causa dell’ abuso-uso agricolo meccanico-chimico da parte dell’ uomo. Aggiornati studi microbio-logici evidenziano il fatto che le piante crescendo e vivendo sul suolo fertilizzano spontaneamente il suolo stesso, grazie a residui organici ed attività chimica. La terra, oltre che dalle piante, e’ resa fertile anche da vari microrganismi, batteri, lombrichi, funghi. La Hazelip ha studiato un metodo di coltivazione che rende fertile il terreno in maniera automatica, senza bisogno di arare oppure di concimare, ne di separare le piante. In ogni caso per quanto riguarda quest’ultimo punto bisogna fare riferimento alla tabella di compatibilità delle piante da coltivare nello stesso orto. Dal punto di vista paesaggistico quest’intervento non differisce molto dall’orto tradizionale, solo nella fase di semina è possibile notare le aiuole rialzate di forma trapezioidale che servono per creare la pacciamatura iniziale.

Page 100: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

100

IL FRUTTETO

E’ sempre più difficile riuscire a gustare della frutta particolarmente squisita e, com’è noto, è quasi impossibile tra quella acquistata in qualsiasi banco al mercato. Non solo il sapore, ma anche la genuinità è davvero scarsa nei frutti che si consumano abitualmente.Coltivare oggi varietà di frutta antica, significa contribuire a con-servare (oltre che un valore culturale) anche un patrimonio biologico fatto non solo di colori, sapori, forme e profumi, ma soprattutto di resistenza ai parassiti, o a certi terreni o climi, e di ricchezza in conte-nuti nutrizionali. La presenza sul mercato di una gamma limitatissima di varietà di frutta (ma questo vale anche per ortaggi e cereali), com-porta un rischio biologico molto elevato. Se infatti si perde una parte del patrimonio genetico naturale, si indeboliscono sempre più le limi-tate varietà presenti, consentendo a pochi parassiti di danneggiare interi raccolti, o obbligando gli agricoltori a trattamenti antiparassitari sempre più intensi. Impoverendo i valori nutrizionali dei nostri cibi. Una grande varietà di piante diverse consente invece una estrema diversificazione di colori, sapori, resistenze e contenuti nutrizionali, con immenso vantaggio per la comunità e per ogni singolo individuo.Ecco perchè pensando di realizzare un impianto di frutteto tra i ter-razzamenti, è iniziata una ricerca finalizzata a conoscere le varietà di piante antiche adatte alla zona presa in esame. Considerando, com’è stato già accennato nelle premesse, di coltivarle in maniera biologica visto l’attuale aumento d’interesse non solo da parte del consumatore, ma anche da cultori della materia che negli ultimi anni s’impegnano a far conoscere e diffondere tecniche colturali bio su piante da frutto riscoperte. Va ricordata a tal proposito una grande opera: La “Pomona Italiana” di Giorgio Gallesio, è la più importante raccolta di descrizioni e immagini sulla “frutta antica” realizzata in Italia. La Pomona è un monumento della cultura scientifica e natu-ralistica dell’Ottocento italiano (pubblicata in fascicoli tra il 1817 e il 1839) unico nel proprio genere, e ha un eccezionale valore artistico.

Insieme all’orto del quale si parlerà più avanti, l’impiego delle antiche varietà fruttifere può avere come finalità diretta la conservazione dela varietà, la produzione di frutta, l’arredo paesaggistico dell’azienda agricola, di uno spazio pubblico o di un ambito territoriale più o meno ampio e, infine, lo sviluppo di servizi didattici agro-ambientali.Tra le molteplici prospettive d’impiego delle antiche varietà di fruttif-eri quelle per l’ottenimento di prodotti alimentari freschi e trasformati può essere particolarmente attinente alle aziende agricole in gener-ale e a quelle agrituristiche in particolare. Queste ultime potrebbe-ro trarre benefici proponendo ai propri ospiti prodotti di nicchia dai sapori antichi. A questa azione potrebbero collegarsi anche inizia-tive di promozione di eventi e manifestazioni finalizzati a diffondere la conoscenza di queste risorse. Dal punto di vista paesaggisticola scelta di coltivare piante antiche presenta una particolare indi-cazione per le aziende agrituristiche, che generalmente presentano maggiori necessità di cura e mantenimento degli spazi aperti, che in questo modo assumerebbero un valore culturale forte e radicato.

Page 101: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

101

VARIETA LOCALI DI FRUTTA ANTICA

CiliEGio (Prunus avium)

Varietà: MaggengaOrigine: Sconosciuta.Eccellente varietà di ciliegia tenerina un tempo diffusa in quasi tutte le province pedemontane delle Alpi lombarde centro-orientali.È molto apprezzata per la sua estrema precocità (è infatti una delle più preco-ci che si conosca) ed è ancora sporadicamente presente nel territorio in vecchi e maestosi esemplari.Sinonimi: Primaticcia.Frutto: Medio, generalmente tondo. Buccia di un bel color rosso vivo prima, via via più scuro, quasi nero, verso la completa maturazione. Polpa rosso-scura, tenera, dolce, sugosa, eccellente.Albero: Maestoso, molto vigoroso e produttivo. La sua estrema pre-cocità permette di evitare l’attacco della mosca delle ciliegie.Commenti: Di questa eccellente varietà, un tempo molto conosciuta, se ne è quasi persa la memoria, rimangono solo i vecchi esemplari che, mano a mano che muoiono non vengono più sostituiti.

CiliEGio aMaRo (Prunus cerasus)

Varietà: MarenumOrigine: Sconosciuta, probabilmente della Brianza. Probabile ibrido tra ciliegio dolce e ciliegio acido. Un tempo piuttosto comune in tutta la zona pedemontana, dal comasco fino alla bergamasca e oltre.Sinonimi: AmarenoneFrutto: Abbastanza grosso, tondo, leggermente appiattito. Buccia rosso-scura, quasi nera, di media consistenza. Polpa dello stesso colore della buccia, mediamente carnosa, succosa, gustosa, con un gradevolissimo equilibrio tra dolce e acidulo.Albero: Molto vigoroso, abbastanza rustico, con portamento simile al ciliegio dolce.Commenti: Fa parte di quel particolare tipo di amarene che sono con-sumabili anche fresche, poiché, contrariamente alla maggior parte delle ciliegie acide adatte solo per sciroppati o sotto spirito, hanno un rapporto tra dolce e acidulo che le rende piacevoli e gustose anche fresche. Come scriveva il Gallesio, ne esistono diverse varianti, a volte molto simili fra loro.

Page 102: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

102

FiCo (Ficus carica L)

Varietà: BrianzoloOrigine: Brianza.La prima citazione di questa varietà si deve a Giorgio Gallesio, che la descrive e la rappresenta su tavola nel I volume della Pomona Italiana (1817): “Il Fico Brianzolo è il fico privilegiato del Milanese, ed è uno dei migliori fra i fichi Lombardi. È piccolo, cucurbiforme, ha buccia verde e polpa del color del vino: matura nel mese di settembre e appassisce sulla pianta”.Sinonimi: Passet, Passin, Passo, Sciatel, Verdin, Verdolino.Frutto: Piccolo, di forma simile ad una cipolla, un poco compresso.Buccia verde-scuro, sottile ma tenace, consistente, già semi-secca alla maturazione perfetta. Polpa rossa, consistente, delicata, color del vino a piena maturazione, dolce, mielosa, molto gustosa, eccel-lente. Albero: Di media vigoria, a portamento aperto. Le foglie sono gener-almente trilobate, a volte pentalobate.Commenti: La tendenza ad appassire sulla pianta, caratteris-tica rara nei fichi del nord Italia, lo rende particolarmente adatto all’essiccazione. Da memorie orali raccolte, un tempo si usava infil-zare i frutti in un giovane ramo di salice che, chiuso ad anello, veniva poi appeso ad essiccare ad una trave.

FiCo (Ficus carica L)

Varietà: LunghetOrigine: Antica varietà lombarda diffusa soprattutto nel comasco, nella Brianza lecchese e nella bergamasca. Gallesio che rappresenta una preziosa fonte, lo cita in un articolo che parlava di un suo viaggio: “Bellagio 28 settembre 1821 - Fichi Longhetti, detti a Como fichi della Gotta: frutto sottile, a buccia verde, a polpa rosiccio-chiara; sono co-muni in Brianza”Sinonimi: Della gotta, Longhet, Longhetto, Lunghin, San Peder, San Pietro.Fiorone: Di piccola pezzatura, allungato, terminante in un collo lungo e sottile. Buccia verde; polpa rosso-rosata, delicata, dolce, piacevol-mente aromatica, eccellente.Fornito: Simile al fiorone ma più piccolo. Polpa rossastra, molto dolce, più mielosa del fornito, altrettanto gustosa, aromatica ed eccellente.Albero: Mediamente vigoroso.Commenti: Nonostante le sue piccole dimensioni, questo fico era, un tempo, molto apprezzato e coltivato anche per il commercio, poi-ché relativamente precoce, ma soprattutto produce anche fioroni. Nel clima del nord Italia, infatti, la produzione di fioroni (luglio) era quella privilegiata, perché quella di forniti (settembre), a causa di eventuali piogge, era più a rischio. Altro pregio è che si presta all’essiccazione.

FIORONE FORNITO

Page 103: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

103

FiCo (Ficus carica L)

Varietà: MadönaOrigine: Antica varietà lombarda, un tempo comune soprattutto nella fascia pedemontana, comprendente le province di Como, Lecco e Bergamo, ma presente anche nella zona di pianura sottostante, fino al milanese.Sinonimi: Della resta, Fig dla Madöna, Madonna.Fornito: Grosso, leggermente allungato, un pò panciuto. Buccia verde-chiaro, tendente al giallo a maturità. Polpa rossa, dolce, deli-cata, mielosa, aromatica, eccellente. Talvolta produce anche fioroni.Albero: Poco vigoroso, a portamento cespuglioso.Foglie in genere pentalobate, con lobi molto pronunciati.Commenti: Questa eccellente varietà, fortunatamente ancora pre-sente sul territorio, è senz’altro consigliabile per la coltivazione nei piccoli giardini o orti, ma anche per la produzione commerciale. Ha infatti due caratteristiche che rendono agevole la sua coltivazione anche in zone scomode come i terrazzamenti: produce frutti di qual-ità e di taglia apprezzabile e la pianta ha una vigoria molto bassa, tanto che più che a un fico, assomiglia ad un grosso cespuglio.

FiCo (Ficus carica L)

Varietà: RimesOrigine: Vecchia varietà locale tipica della Brianza lecchese e un tem-po anche del milanese. È forse il più grosso tra i fichi-forniti lombardi e, ancora oggi, è una delle varietà più diffuse nel territorio. Gallesio passando da Milano nel 1824 scrive: “Il fico Rimes è un fico nero che si confonde facilmente col fico propriamente detto Nero. La prima differenza che lo distingue è il fiorone: quello del Nero è di grossezza mediocre ma sempre buono, … quello del Rimes, invece, è molto più grosso, più compresso alla corona, ma sempre annebbiato, con una buccia rossiccia, livida, rigata e sensa polpa”Frutto: Di pezzatura grossa (soprattutto nelle estati più calde), schiac-ciato, panciuto. Buccia di colore nero-violaceo, con aree rosso-brune e lievi screpolature chiare longitudinali. Polpa rosso-rosea, dolce, carnosa, abbondante, eccellente (se non piove).Produce anche qualche fiorone che però fatica a maturare ed è quasi sempre immangiabile.Albero: Molto vigoroso e produttivo.Commenti: Varietà di primo merito sia per pezzatura che per qualità organolettiche (se non prende la pioggia). Ancora oggi, qualche orti-cultore della collina di Montevecchia che possiede qualche pianta ne fa oggetto di commercio all’ortomercato di Milano.

Page 104: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

104

FiCo (Ficus carica L)

Varietà: Rosso LombardoOrigine: Vecchia varietà lombarda, bifera, diffusa un tempo nella fas-cia pedemontana che va da Como a Brescia.Sinonimi: Fico rosso.Fiorone: Leggermente più grande del fornito ma molto simile.Fornito: Frutto di media pezzatura, un poco compresso, a forma di cipolla. Buccia liscia, un poco lucida, di color rossastro-marrone.Polpa rossa, dolce, mielosa, saporita, lievemente caustica.Albero: Di buona vigoria, a portamento aperto.Commenti: Con il Rimes è probabilmente, ancora oggi, una delle vec-chie varietà più diffuse sul territorio

MElo (Malus domestica Borkh)

Varietà: San Giovanni (Melo nano)Origine: Antica e curiosa varietà di melo nano. Un tempo abbastanza comune in Lombardia, dove veniva piantata nelle siepi sulle quali può appoggiare i rami piegati dal peso dei frutti.Sinonimi: Heckapfel, Joannisapfel, Paradisapfel, Pomme de Saint Jean, Pumei d’San Peder, Splitapfel, Süssapfel, Yorkapfel.Frutto: Piccolo (4-6 cm di diametro), tondeggiante, spesso più lar-go che alto, leggermente costoluto e irregolare. Buccia interamente verde-chiaro, tendente al giallastro verso la maturazione. Polpa bi-anca, compatta, mediamente dolce, lievemente acidula, abbastanza succosa. Albero: Di vigoria molto debole, raggiunge l’altezza di 2 m circa; non forma mai un vero e proprio tronco principale, bensì tante branche che si originano dal piede e che non evolvono mai a tronco, facen-dolo somigliare più ad un cespuglio basso che ad un albero.Commenti: Oltre al citato nanismo dà continue gettate dalle radici, dalle quali è possibile moltiplicare la pianta senza innestarla. Le branche vecchie, inoltre, allungandosi e piegandosi per il carico dei frutti, nel tempo tendono a toccare il terreno e a emettere radici nel punto d’appoggio, andando così a formare nuove piante.

Page 105: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

105

MElo (Malus domestica Borkh)

Varietà: Renetta ChampagneOrigine: Probabilmente originaria della regione francese di Cham-pagne. Già conosciuta nella seconda metà del 1700 col nome di Loskrieger, fu descritta per la prima volta nel 1799 dal pomologo te-desco August Friedrich Diel. Per la sua rusticità e adattabilità dalla fine del ‘800 si è diffusa in tutta Europa, nord Italia compreso. In al-cune zone, per esempio nella provincia di Trento e nel Piemonte, fu coltivata come mela da commercio.Sinonimi: Champagner Renette, Glasrenette, GlattapfelKapuziner, Käsapfel, Reinette de Versailles, Reinette blanche de Champagne.Frutto: Di pezzatura media, appiattito, con cinque lievi coste. Buccia liscia, leggermente cerosa, un pò coriacea, ma abbastanza sottile, giallo-chiaro, con rugginosità più o meno evidente nell’incavo del pic-ciolo, a volte leggermente macchiata di rosa dal lato del sole. Polpa biancastra, molto succosa e croccante alla raccolta, morbida e fond-ente in seguito, non molto dolce, piuttosto acidula, quasi frizzante se raccolta in anticipo, lievemente profumata. Albero: Di media vigoria, a portamento aperto ma raccolto, poco esi-gente per clima e terreno, di produttività elevata e costante.Commenti: Essendo poco resistente alle manipolazioni, questa bella mela veniva raccolta con i guanti e trasportata in cesti foderati.

PERo (Pyrus communis L.)

Varietà: BüterOrigine: Vecchia varietà estiva originaria della Brianza lecchese.Appartiene a quel gruppo di varietà estive che nel nord Italia vengono genericamente chiamate Büter (burro). Gli anziani raccontano che fino a 50 anni fa era ancora molto comune e se ne produceva “a car-rettate”. È ancora presente in vecchi esemplari sparsi nella Brianza orientale e nella bergamasca occidentale.Sinonimi: Per Büter.Frutto: Di pezzatura medio piccola, spesso piccola, piriforme, di for-ma non costante, a volte allungato, altre più corto e panciuto, con picciolo generalmente inserito obliquamente. Buccia giallo-verdastra, fittamente punteggiata da numerose lenticelle scure. Polpa burrosa, sugosa, dolce. Albero: Vigoroso, rustico e produttivo.Commenti: È una delle varietà estive un tempo più diffuse e popolari del lecchese; il suo nome è ancora ben presente nella memoria popo-lare, anche nelle persone meno anziane.

Page 106: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

106

PERo (Pyrus communis L.)

Varietà: CuratoOrigine: Francia. Conosciuta nel lecchese col nome di Pera d’inverno, è ancor oggi piuttosto comune su tutto il territorio.Sinonimi: Andreine, Campana, Coscia di Donna, Pera d’inverno, Pera Spada, Spada, Spadona d’Inverno.Frutto: Da medio-grosso a grosso, talvolta molto grosso, allungato, fatto a campana, quasi sempre un poco irregolare, mammellonato o pieghettato all’attaccatura del picciolo, che in genere è inserito obli-quamente. Buccia verde-giallastra o giallo-verdastra chiara, cosparsa da piccole lenticelle, spesso attraversata da una caratteristica linea rugginosa dal calice al peduncolo. Polpa bianco-giallastra, semifond-ente, leggermente croccante, zuccherina, poco profumata, moscata, più o meno saporita.Albero: Rustico, molto vigoroso, produttivo, con portamento confuso e disordinato.Resistente alla ticchiolatura.Commenti: Oggi, tra le vecchie varietà abbandonate, è forse quella ancora più diffusa in tutto il Nord-Italia. Come riportano molte fonti del passato, le sue qualità gustative dipendono molto dall’ambiente di coltivazione; in alcune zone è una buona pera da coltello, ma più spesso non è altro che una pera da cuocere.

SUSino (Prunus domestica)

Varietà: Prugnino giallo della BrianzaOrigine: Sconosciuta.Eccellente varietà, probabilmente un tempo comune nella Brianza Lecchese e in altre zone della Lombardia.Frutto: Di piccola pezzatura, ovale, grosso più o meno come una noce. Buccia molto pruinosa, di un bellissimo color giallo oro. Polpa altret-tanto gialla, carnosa, consistente, non molto succosa, dolce, spicca, di ottimo e particolare sapore, diverso da quello delle altre susine. Se lasciata appena appassire sulla pianta acquisisce un gradevolissimo gusto che ricorda i canditi.Albero: Rustico, di media vigoria, a portamento aperto, molto produt-tivo. Molto adatto alla coltivazione nelle siepi e nei giardini.Commenti: Fa parte di quel tipo di susini, molto comuni un tempo, chiamati Damaschini o Siriaci, riproducibili non per innesto bensì da pollone radicale. Oltre che al frutto con ottime qualità organolettiche, la pianta è molto rustica e in genere non richiede molte cure.

Page 107: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

107

Page 108: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

108

Page 109: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

109

Page 110: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

110

Page 111: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

111

L’ORTO

CENNI STORICI

In tutte le civiltà gli ortaggi hanno sempre avuto una rilevante impor-tanza alimentare e, di conseguenza, la loro coltivazione avveniva ac-canto ad ogni tipo di abitazione, ricca o povera, in cortili o in parchi, entro le mura cittadine o appena fuori. Anche l’incolto, prossimo agli insediamenti abitativi, solitamente considerato come un terreno usu-fruibile da chiunque, veniva occupato con orti, come avviene ancora oggi nelle periferie urbane. Dove era possibile, si preferiva realizzare l’orto vicino alla casa ed allora coincideva con la curtis, il cortile, in quanto, essendoci il pozzo, era più comodo irrigarlo ed anche conci-marlo con le deiezioni degli animali della stalla. La differenza dell’orto rispetto all’agricoltura nei campi, è che quest’ultima è stata interes-sata da miglioramenti nelle tecniche di coltivazione, per cui le rese produttive, in un millennio, sono passate dai quantitativi irrisori del passato, a quelli attuali, impensabili anche fino a pochi decenni fa. L’unica eccezione è rappresentata dall’orto che, nelle epoche pas-sate, quando i lavori agricoli erano esclusivamente manuali e la con-cimazione poco usata, era l’ambiente agrario dove la terra si sfruttava di più, con gran lavoro di preparazione del terreno e fertilizzazione. In pratica, aveva la stessa resa quantitativa di oggi. In più, nessuna legge poteva intervenire con l’imposizione di decime o altro genere di tasse riconoscendovi, dunque, l’indispensabile ruolo di alimentazione della famiglia contadina. Per questo motivo pare che la sua superficie fosse molto più grande di quella normalmente considerata oggi per un orto. Poteva superare i 1000 metri quadrati e ciò spiegherebbe perchè in molti casi era dislocato alla periferia dei nuclei abitati. Gli ortaggi, considerati tali per eccellenza, erano cavolo, porro, cipolla, aglio, rapa e fave, mentre patata, pomodoro, peperone e fagioli ar-rivano dopo il ‘500 dalle Americhe e, la loro coltivazione ha inizio solo verso la fine del ‘700. In alcuni statuti si legge che il capo famiglia era

obbligato a coltivare nel proprio orto porro, cipolla e aglio, essenziali nella dieta e nella farmacologia.L’uomo si è sempre impegnato, dai tempi più remoti, nella misurazione del tempo e dello spazio, in particolare il tempo ha richiesto maggiore attenzione per conoscerne la scansione, la ciclicità, l’avvicendarsi delle stagioni. Tenendo conto che l’attività umana è stata per molti secoli quella agricola, risulta ovvio comprendere l’evolversi del tem-po, non solo astronomico ma anche metereologico.La civiltà rurale ha tramandato fino alle soglie del terzo millennio, pratiche e saperi legati all’osservazione del cielo, sia per avere una suddivisione temporale, sia per un’eventuale previsione metereo-logica. Le conoscenze astronomiche del contadino, si sono basate sull’osservazione della Luna, sulla sua forma, per capirne le fasi cicli-che, e l’altezza del Sole, osservandone soprattutto l’orario del sorgere e del tramontare. I mutamenti ciclici dell’ambiente circostante servi-vano per seguire il moto delle stagioni. Questi antichi saperi erano scrupolosamente seguiti e non veniva svolta nessuna pratica agraria senza osservare il cielo, in particolare la Luna. Oggi, nelle aziende agrarie, i ritmi sono diversi e non c’è più il tempo di aspettare la luna giusta per compiere molti lavori e poco alla volta ci si è lasciati alle spalle una saggezza vecchia di millenni. E’ rimasto l’orto il più deposi-tario di queste regole e anche chi non è agricoltore, ma vuole prodursi gli ortaggi, si informa dagli anziani per aspere se la luna è buona per seminare o trapiantare, proprio perchè sono gli unici a conoscere quel che rimane di questa civiltà rurale. La cultura empirica e i modi d’uso, strettamente legati alla religione, in quanto riteneva che tutto quanto avviene in natura è il frutto di un disegno superiore e il rispetto di divinità e santi è un motivo in più per sperare in una buona annata.

Page 112: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

112

GLI SPAZI DELL’ORTO

Anticamente, per orientare case e coltivazioni, si osservava durante gli equinozi, il sorgere e il tramontare del Sole, in modo da individuare l’est e l’ovest. Anche per gli orti, si osservava scrupolosamente che fossero disposti a sud, in modo da favoire, con il calore del sole, la crescita degli ortaggi. Una volta deciso il posto ottimale per la sua realizzazione, raramente veniva spostato, a meno che, venduta od ereditata la casa, si doveva ampliarla o dividerla tra più famiglie.La sua posizione, se non c’erano grossi cambiamenti nell’edificio, è rimasta sempre quella originaria, per decenni e anche per secoli.Si è sempre cercato di evitare di avere piante arboree, attorno o den-tro all’orto, che facessero ombra. La scarsa esposzione al sole, in-fatti, non consente alla pianta di crescere, fiorire e fruttificare bene. Dove era possibile, l’orto si addossava ad un muro perimetrale della casa, quello a sud, in modo da avere una protezione dai freddi venti, che arrivavano soprattutto da nord. Un riparo, se possibile, si metteva anche sul lato ad est, poichè nei mesi freddi, quando l’anticiclone siberiano arriva ad espandere la sua influenza verso le nostre zone, l’aria che arriva da quella regione è ancora più gelida. Spesso si alza-va un semplice muretto in pietra, di quelli che ancora oggi nel ter-ritorio di Bicogno delimitano strade e appezzamenti. Le pietre, oltre a fornire una barriera per le correnti fredde, di giorno accumulano il calore del sole e, di notte, lo cedono lentamente alle piante sistemate immediatamente a ridosso del muro, quelle che si sapeva essere più sensibili al freddo. Diversamente, l’orto poteva essere circondato da una siepe bassa che, oltre a recintare, era anche un riparo. In molti casi, comunque, lo spazio per l’orto risultava essere quello disponi-bile, purtoppo non sempre ottimale o sufficiente. Allora veniva real-izzato lontano dall’abitazione, in un prato o in un piccolo appezza-mento di proprietà.

Page 113: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

113

L’ORTO SINERGICO

Gli attuali metodi di coltivazione isolano le piante artificialmente in zone monoqualitative ed in filari massimizzati sul terreno, e le in-coraggiano artifcialmente nello sviluppo, scavando e modificando il terreno naturale, usando fertilizzanti sulle piante desiderate, usando diserbanti sulle piante ritenute dannose, usando pesticidi contro più piccole forme di vita animale ritenute potenzialmente dannose per le piante desiderate; il risultato e’ quello di avere nei supermercati frutta e verdure visivamente perfette, ma inconsistenti dal punto di vista del gusto (con minori quantità di elementi nutritivi utili contenuti), oltre che parzialmente tossiche per la salute umana (veleni occasional-mente non rilevati, non ancora proibiti, o tollerati in basse dosi dalla legge). Aggiornati studi microbiologici evidenziano il fatto che le pi-ante crescendo e vivendo sul suolo creano spontaneamente un suolo più fertile di prima, grazie a residui organici ed attività chimica.La terra, oltre che dalle piante, e’ resa fertile anche da vari microrgan-ismi, batteri, lombrichi, funghi. L’agricoltrice spagnola, Emilia Hazelip, ha strutturato un metodo di coltivazione che promuove meccanismi di autofertilità del terreno, senza bisogno di arare oppure di conci-mare, ne di separare le piante (pur facendo attenzione a collegarle in modo compatibile e collaborativo tra loro).

Page 114: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

114

RILIEVO EDIFICI ABBANDONATI

Da questa planimetria si deduce che ci sono numerosi edifici in disuso. Questi una volta ricoprivano la funzione di stalle, fienili, depositi degli strumenti per l’agricoltura e talvolta erano anche le abitazioni di chi lavorava nei campi. L’edificato quindi rappresenta i motivi per i quali questi paesi sono nati e cioè la coltivazione del terreno e l’allevamento del bestiame. I caratteri architettonici con loro semplicità affermano ancora una volta la tradizione e i metodi costruttivi tramandati per conoscenza diretta. Le murature quindi sono totalmente in pietra e i tetti sono costituiti da elementi lignei, ovviamente tutto materiale reperito nelle vicinanze.

Page 115: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

115

82 m2

Page 116: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

116

30 m2

48 m2

Page 117: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

117

22 m2

83 m2

Page 118: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

118

50 m2

44 m2

Page 119: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

119

75 m2

Page 120: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

120

85 m2

46 m2

Page 121: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

121

24 m2

54 m2

Page 122: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

122

APERTURE

I pochi elementi di decoro, la sapienza ingegneristica tramandata nel tempo, le soluzioni minime che si mostrano in questa breve cata-logazione di porte e finestre, comunica la costante attenzione verso gli elementi del passato che subiscono un totale stravolgimento. Gli infissi, di fatto, quando sono interessati da interventi di recupero sono spesso sostituiti con tipi totalmente differenti dai precedenti. L’ introduzione di altri materiali rispetto a quelli tradizionali mostra degli esempi di porte e finestre totalmente discordanti con la mura-tura in pietra. Le esigenze della vita moderna richiedono ai serramenti maggiore sicurezza e maggior isolamento termico. Il valore percettivo di questi elementi del passato, rapportati con i sistemi moderni, ci comunica inconsciamente che le soluzioni di chiusura verso lo spazio esterno, sono cambiate perchè è stata la società stessa a cambiare.

Page 123: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

123

Page 124: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

124

Lo studio fin qui conseguito ha affrontato gli argomenti senza entrare nello specifico merito di quelle che sono le azioni da intraprendere per il recupero dell’edificato. E’ importante però contribuire con le proprie esperienze passate anche verso gli aspetti non prettamente paesaggistici ma che ugualmente entrano a far parte dell’insieme del paesaggio. Ho voluto citare la metodologia per il recupero dei manufatti architettonici che segue poichè la ritengo valida per il caso analizzato. L’intervento è il risultato di una raffinata sintesi proget-tuale dove si analizza il rapporto tra vecchio e nuovo, ha come fine il mantenimento dell’involucro murario esistente e la possibilità di rispondere alle complessità richieste dalle esigenze abitative con-temporanee, considerando che gli edifici sui quali verrà sviluppata questa metodologia saranno destinati alla creazione di una struttura ricettiva. Bisogna tenere presente la difficoltà di accesso all’eventuale cantiere, e quindi la messa a punto di questo sistema strutturale au-toportante riduce al minimo l’azione manutentiva sull’involucro esist-ente. Dal volume del rustico è stata rimossa la copertura originaria e inserito il modulo scatolare, fedele alla geometria della presistenza, composto da pannelli autoportanti di legno uniti da giunzioni ad in-castro. I pannelli, calcolati e dimensionati sulla base dell’analisi dei carichi sopportati e sulla resistenza al trasporto in elicottero, sono stati tagliati perfettamente in officina e assemblati prima della messa in opera. Le aperture consentono di fissare i serramenti direttamente sulla struttura prefabbricata in modo da non intervenire sulla mura-tura ma è possibile raccordarsi con essa mediante soglie di pietra naturale. I pannelli di legno vengono montati all’interno della struttura muraria mantenendo una distanza da questa che permette di com-pletare le stratificazioni tecniche.Questa strategia illustra solo un tipo d’intervento che ovviamente puo essere sviluppato e rielaborato ottenendo soluzioni tecniche di det-taglio differenti.

La copertura in quest’esempio è formata da un singolo pannello bi-partito che forma le falde, ricoperto poi in superficie da uno strato di materiale che lo protegga dagli agenti atmosferici. Ovviamente è pos-sibile risolvere la copertura senza distaccarsi dai metodi tradizionali in modo che l’intervento risulti congruo con il resto dell’edificato.

IL METODO DELLA SCATOLA NELLA SCATOLA COME STRATEGIA DI RECUPERO

Page 125: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

125

Progetto del 2005 di FNP Architekten di Stoccarda, denominato Unser S(ch)aus-tall (Showroom porcile) proprio perchè grazie a questo intervento è stato ricon-vertito una stalla per maiali del 18° secolo in un piccolo spazio espositivo

Page 126: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

126

Page 127: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

127

Page 128: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

128

Page 129: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

129

Page 130: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

130

BIBLIOGRAFIA

- Darko Pandakovic, Angelo Dal Sasso (2009) , Saper vedere il paesaggio - Grugliasco - Città Studi

- Gaetano Gatti (1986) , Faggeto Lario ieri. Palanzo, Lemna, Molina. Storia, fede, tradizione - Bregnano - Edizioni Graphics

- Comunità Montana Triangolo Lariano (2009) , Piano di Indirizzo Forestale

- Bruno Caizzi (1955) , Il Comasco sotto dominio Spagnolo. Saggio di storia economica e sociale - Como - Centro Lariano per gli Studi Economici

- (a cura dell’) Amministrazione Provinciale di Como (1995) , Il territorio Lariano e il suo ambiente naturale: un’iniziativa culturale - Como - Nodo Libri

- (a cura del) Grande Progetto integrato di montagna (2006) , Quaderno delle opere tipo - Triangolo Lariano - Stefano D’ Adda (2009) , Luoghi e castagni nel Triangolo Lariano - Bergamo - Corponove Editrice

- Stefano D’ Adda (2009) , Castagni e castagneti delle terre Lariane - Bergamo - Corponove Editrice

- Touring Club Italiano (2003) , Le Provincie di Como e Lecco il Lario, le ville, i parchi, Bellagio, Menaggio, Varenna - Milano - TCI

- (a cura di) Giancarlo Bounous (2002) , Il Castagno. Coltura, ambiente ed utilizzazioni in Italia e nel mondo - Bologna - Edagricole

- Massimo Becchi (1996) , Discorso sul Castagno - 2° ed - Reggio Emilia - I.T.A.S. “A. Zanelli”

- (a cura di) Enrico Fontanari e Domenico Patassini (2008) , Paesaggi terrazzati dell’arco alpino: esperienze di progetto - Venezia - Marsilio

- (a cura di) Guglielmo Scaramellini e Mauro Varotto (2008) , Paesaggi terrazzati dell’arco alpino: atlante - Venezia - Marsilio - (a cura di) Francesco Mazzeo (2007) , Antiche varietà frutticole lecchesi. Conoscere e valorizzare l’agro-biodiversità - Lecco - Provincia di Lecco

- Ugo Fiorini (1997) , Frutti Antichi coltivabili biologicamente - Signa (FI) - Edizioni Masso delle Fate

- Aldo Molinengo (2000) , Orto di casa, antico segno alpino della famiglia contadina - Ivrea (TO) - Priuli & Verlucca Editori

Page 131: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

131

- (a cura dell’) Azienda Regionale delle foreste (1989) , Gli alberi e il bosco - Segrate - Regione Lombardia

- (a cura del) Circolo di Budrio e dei comuni di Terre di pianura (2008) , L’orto sinergico. Coltivare in armonia con la natura - Ferrara - Prov. di Ferrara

- Giovanni Bernetti (2005) , Atlante di selvicoltura. Dizionario illustrato di alberi e foreste - Edagricole

- Herbert Reisigl , Richard Keller (1995) , Guida al bosco di montagna. Alberi, arbusti e vegetazione del sottobosco - Zanichelli

- Albano Marcarini (2007) , La Strada Regia - Como - Lyasis Edizioni

- Werner Bätzing (1987) , L’ambiente alpino - Milano - Melograno Edizioni

Page 132: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

132

SITOGRAFIA

www.triangololariano.it

www.comune.faggetolario.co.it

www.comune.albavilla.co.it

www.apat.gov.it

www.agricoltura.regione.lombardia.it

www.cartografia.regione.lombardia.it

www.ersaf.lombardia.it

www.provincia.lecco.it www.tedoc.polimi.it

www.pcn.minambiente.it

www.fnp-architekten.de

www.forumdiagraria.org

www.fruttiantichi.biz

www.pomonaitaliana.it

www.galbuserabianca.it

www.agricolturasinergica.it

www.selvatici.wordpress.com

www.trekkingasino.it

www.camminaconlasino.it

www.paesaggiolarioemonti.it

Page 133: Tesi di Laurea in Architettura Ambientale di TOLOMEO Renzo

133

FONTI DELLE IMMAGINI

pag. 4 - maps.google.itpag. - maps.google.itpag.10 - www.panoramio.compag.11 - Fig. 1 -faggeto_lario_co.paginevacanza.it ; Fig.2 www.bandierearancioni.it pag.16 - (G.Gatti) Faggeto Lario ieri. - Ed. Graphicsda pag. 18 a pag. 23 - www.pcn.minambiente.itpag. 31 - maps.google.it pag. 55 - Paesaggi terrazzati dell’arco alpino: esperienze di progetto - Marsiliopag. 58 - www.rebellino.itpag. 59 - www.nociroll.itpag. 60 - gazebocastagnopag. 61 - Quaderno delle opere tipo - Triangolo Larianopag. 62 - www.panoramio.compag. 64 - (G.Gatti) Faggeto Lario ieri. - Ed. Graphicsda pag. 65 a pag. 68 - (Stefano D’ Adda) Castagni e castagneti delle terre Lariane - Bergamo - Corponove Editriceda pag. 69 a pag. 70 - www.regione.campania.itpag. 73 - it.wikipedia.orgpag. 74 - www.walking-holidays-france.compag. 78-79 www.monrail.compag.101 - www.galbuserabianca.compag. 102 - www.pomonaitaliana.itda pag. 103 pag. 106 - www.galbuserabianca.compag. 112 - (Aldo Molinengo) Orto di casa, antico segno alpino della famiglia contadina - Priuli & Verlucca Editoripag.124-125 - www.fnp-architekten.de