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I buoni arrivano primi Come la biologia evolutiva spiega moralit` a e altruismo Matteo Abis – III E [email protected] 19 giugno 2007

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I buoni arrivano primiCome la biologia evolutiva spiega moralit`a e altruismo

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  • I buoni arrivano primi

    Come la biologia evolutiva spiega moralita` e altruismo

    Matteo Abis III [email protected]

    19 giugno 2007

  • Indice

    1 La selezione naturale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22 I nostri programmatori . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 Gli animali altruisti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44 Combattere o collaborare? . . . . . . . . . . . . . . . 6

    4.1 Strategie collettivamente stabili . . . . . . . . 74.2 Il dilemma del prigioniero . . . . . . . . . . . 84.3 La tragedia dei beni comuni . . . . . . . . . . 104.4 Laltruismo reciproco . . . . . . . . . . . . . . 114.5 Il dilemma del prigioniero ripetuto:

    i tornei di Axelrod . . . . . . . . . . . . . . . 135 Tit for Tat . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

    5.1 Un esempio tra animali:il pesce pulitore . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

    5.2 Un esempio umano:la prima guerra mondiale . . . . . . . . . . . . 17

    6 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

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  • Sommario

    Perche siamo buoni? Da dove viene il nostro senso morale? Ilnostro stato di natura e` davvero la lotta di tutti contro tutti?

    Negli ultimi quarantanni, grazie a un nuovo modo di vedere lateoria dellevoluzione, allo sviluppo della teoria dei giochi e dellin-formatica, la biologia ha sviluppato una spiegazione scientifica delcomportamento morale e sociale delluomo e di altri animali.

    I nostri cervelli sono selezionati, programmati per collaborare,punire rapidamente i torti subiti e altrettanto rapidamente perdo-nare. Come vedremo infatti, i geni che favoriscano un comporta-mento con queste caratteristiche vengono enormemente favoriti nellaselezione naturale. E sono quelli che sono arrivati fino a noi.

    Prefazione

    Sono varie le ragioni per cui ho deciso di trattare questo tema. Primadi tutto fornisce una risposta scientifica, frutto di recenti ricerche, auno dei grandi interrogativi della filosofia. Inoltre, nelle sue conclu-sioni e nella ricerca stessa, rappresenta un nuovo punto di contattofra discipline umanistiche e scientifiche dimportanza cruciale,in un secolo in cui la super-specializzazione e una netta quanto dan-nosa divisione tra le due aree la fa da padrone. Un risultato insommadella convergenza di biologia, matematica, psicologia, sociologia, fi-losofia e storia, che risulta non artificialmente, ma intrinsecamentemultidisciplinare.

    Un ringraziamento particolare va a Richard Dawkins, professoredi zoologia alluniversita` di Oxford, che con la sua intensa attivita`di divulgazione e` riuscito a coinvolgermi in questa materia. Il titoloe` un tributo a un suo programma andato in onda sulla BBC : NiceGuys Finish First (1986), principale ispiratore di questo lavoro.

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  • 1 La selezione naturale

    Levoluzione delle specie, originariamente introdotta da Charles Dar-win nel 1859, e` un fenomeno molto complesso e spesso erroneamen-te interpretato dal grande pubblico. E` facile pensare infatti che laselezione agisca su gruppi di individui, spiegando alcuni fenomenialtruistici con lidea del bene della specie. Nel 1966, George Wil-liams, biologo dellUniversita` di New York, pubblico` un libro11 incui criticava fortemente la selezione di gruppo, e spingeva allo stessotempo lidea di Darwin della selezione individuale verso una nuovafrontiera, proponendo una nuova teoria, ora ritenuta ortodossa: ilgene egoista.

    La selezione naturale agisce sui geni, sopravvivono solo quelli cheriescono a migliorare la probabilita` di trasmettere se stessi alla ge-nerazione seguente attraverso il successo riproduttivo dellindividuo.

    Questa teoria, divulgata al grande pubblico da Richard Dawkinsdieci anni piu` tardi ne Il Gene Egoista 5. Alcuni, pero`, forse aven-do letto solo il titolo, ipotizzarono, sbagliando, che un gene egoistaavrebbe sempre spinto lorganismo che lo ospita ad essere anches-so egoista. Una prospettiva evolutiva ci spinge, e` vero, a partire daipotesi pessimistiche: profondo egoismo, indifferenza senza pieta` ver-so la sofferenza, spietata cura del proprio successo. Eppure, anche inqueste condizioni puo` nascere qualcosa di paragonabile a unamiciziafraterna.

    Vedremo infatti come ci siano circostanze non particolarmenterare in cui i geni che hanno successo sono quelli che favoriscono par-ticolari forme di collaborazione e altruismo. Questinfluenza evoluti-va risultera` poi uno dei pilastri fondanti del nostro senso di morale.Ricordiamo pero` che non siamo obbligati ad obbedire ai nostri geni,anche quando questi ci spingono ad essere egoisti. Luomo e` lunicoanimale che, attraverso istruzione e influenze esterne puo` impararead essere altruista. Gia` Darwin aveva capito, e le sue osservazio-ni scandalizzarono tutto limpero vittoriano, che levoluzione agisce

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  • anche sugli istinti e sulle abitudini degli animalia. Vediamo in chesenso e in che misura i geni controllano il nostro comportamento.

    2 I nostri programmatori

    Una delle incredibili conquiste della selezione naturale e` senza dubbioil cervello. Il contributo piu` importante di questorgano alla sopravvi-venza e` il controllo e il coordinamento dei muscoli. Ma tale contributorisulta efficiente solo se i muscoli si contraggono in corrispondenza distimoli del mondo esterno. E` importante correre quando ce` qualcosada cui scappare o qualcosa che valga la pena dinseguire, altrimentie` solo uno spreco di preziose energie. Per questo motivo la selezioneha favorito gli animali dotati di organi di senso che permettono alcervello di ricevere gli eventi del mondo esterno e agire di conseguen-za. Un altro passo avanti e` stato linvenzione della memoria, chepermette di regolare le contrazioni muscolari non solo in base allesensazioni di un presente o passato immediato, ma anche in base alleesperienze piu` lontane.

    Per illustrare un terzo gradino evolutivo e` utile ricorrere a una-nalogia. E` un errore comune credere che un computer che gioca ascacchi non giochi veramente da solo, perche puo` fare solo quello cheun uomo gli ha detto. Innanzitutto, e` ovvio che il programmatoreumano non manovra il computer a ogni mossa come un burattinaioche manovra i fili: egli scrive il programma e poi il computer fa da

    aE scrive infatti: It will be universally admitted that instincts are as importantas corporeal structure for the welfare of each species. [...] It is at least possiblethat slight modifications of instinct might be profitable to a species; and if it canbe shown that instincts do vary ever so little, then I can see no difficulty innatural selection preserving and continually accumulating variations of instinctto any extent that may be profitable. It is thus, as I believe, that all the mostcomplex and wonderful instincts have originated. [...] Nothing at first can appearmore difficult to believe than that the more complex organs and instincts shouldhave been perfected, not by means superior to, though analogous with, humanreason, but by the accumulation of innumerable slight variations, each good forthe individual possessor.4

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  • solo. Inoltre, le posizioni possibili nel gioco degli scacchi sono incre-dibilmente numerose e non e` possibile istruire il computer a provaretutte le partite immaginabili per scegliere la strategia vincente: cimetterebbe qualche milione di anni. Il programmatore e` piu` similea un padre che insegna al figlio a giocare a scacchi, nel linguaggiodel computer, e questi, al momento della partita, non puo` riceverenessun aiuto dal suo istruttore. Deve prendere le sue decisioni mossaper mossa, in base a principi generali che gli sono stati insegnatiprima. Il programma potrebbe allora essere qualcosa come:

    Qui ce` una lista di cose definite come buone: sapore dol-ce in bocca, orgasmo, temperatura mite, bambino chesorride. E qui ce` una lista di cose cattive: vari tipi didolore, nausea, stomaco vuoto, bambino che piange. Sevi capitasse di fare qualcosa a cui fa seguito una del-le cose cattive, non fatela piu`, ma daltra parte ripetetequalunque cosa sia seguita da una delle cose buone.5

    I geni non ci manovrano come marionette, ma stabiliscono delle lineedi condotta generali di cui il cervello e` poi esecutore immediato. Cidanno delle linee di condotta in senso altruistico o egoistico, ma ledecisioni effettive vengono prese dal sistema nervoso di volta in volta.E cervelli piu` sofisticati, con strumenti quali memoria, apprendimen-to e simulazione, assumono un numero sempre maggiore di decisioni.Dawkins ipotizza: la conclusione logica di questa tendenza, non an-cora raggiunta da tutte le specie, e` che i geni diano alla macchinada sopravvivenza una singola istruzione generale: fa qualunque cosapensi vada meglio per mantenerci in vita.5

    3 Gli animali altruisti

    Prima di riprendere il discorso sullaltruismo, ne diamo una defini-zione: unentita`, come il babbuino, e` detta altruista se si comportain modo da aumentare il benessere di unaltra entita` simile a spesedel proprio. [...] Benessere e` definito come probabilita` di sopravvi-venza.5 Un primo tipo di atteggiamento altruistico spiegabile con

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  • la teoria del gene egoista viene dallosservazione degli insetti sociali,come formiche e api. Lesempio delle api e` particolarmente efficace.Quando un aggressore minaccia il favo, le api si spingono fino allat-to estremo di altruismo: un attacco suicida. Come` noto, infatti, alpungiglione rimangono attaccati alcuni organi vitali dellinsetto. Laspiegazione sta nel fatto che le api operaie sono sterili, tutte stretta-mente imparentate con lape regina, e condividono quindi con essauna grande percentuale del patrimonio genetico (sono praticamentesorelle). Ora, solo la sopravvivenza della regina puo` assicurare lasopravvivenza dei suoi geni, che sono praticamente gli stessi dellealtre api della colonia. Lattacco kamikaze dellape non e` per il benedella specie, e` per il bene dei suoi stessi geni che saranno cos` conpiu` successo trasmessi nelle generazioni future.

    Lesempio e` comune a tantissime specie nel regno animale, ed e`laltruismo nei confronti dei parenti, in primis dei genitori nei con-fronti dei figli. La probabilita` che un genitore condivida con il figliouna grande quantita` di geni e` estremamente alta. Spendendo tempo,energie (o in casi estremi addirittura la vita) per la prole, il genitorepermette ai propri geni di sopravvivere. O, detto altrimenti, i genisi procurano la propria immortalita` nelle generazioni influenzando ilcomportamento dei genitori in senso altruistico.

    Ma trasferiamoci per un attimo nella barriera corallina. I colo-ratissimi pesci pagliaccio si proteggono dai predatori nascondendositra i tentacoli urticanti di una particolare specie di anemone di mare,al cui veleno solo loro sono immuni. In cambio, lanemone ottiene deiresti di cibo. Qui, ovviamente, laffinita` genetica non puo` spiegarenulla: i due animali non sono nemmeno della stessa specie! Si trattadi altruismo reciproco. Ma non e` sufficiente osservare che ce` qualco-sa per entrambi per giustificare tali rapporti permanenti. I geni ditutti e due gli individui devono beneficiare dallaccordo.

    Per sopravvivere, i geni devono programmare lindividuo per-che, nella competizione con altri individui, porti avanti una strategiavincente. Dagli anni 40, con la nascita della Teoria dei Giochi 9, ab-biamo gli strumenti matematici per valutare quale delle possibilistrategie sia la migliore.

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  • 4 Combattere o collaborare?

    La teoria dei giochi e` la scienza matematica che analizza situazionidi conflitto e ne ricerca soluzioni competitive e cooperative tramitelo studio delle decisioni individuali in situazioni in cui vi sono intera-zioni tra i diversi soggetti tali che le decisioni di un soggetto possonoinfluire sui risultati conseguibili da parte di un rivale.

    Per esempio, gli scacchi sono un gioco molto complesso. Pro-babilmente tanto complesso che non riusciremo mai a trovare unastrategia sempre vincente. Ogni giocatore ha un bagaglio di mosseoffensive e difensive da sfruttare in qualsiasi momento della partita.E` anche un gioco estremamente competitivo: se il bianco vince, ilnero perde. La vita, anche se apparentemente si direbbe il contrario,non e` competitiva in questo senso (il motivo sara` chiaro piu` avanti).

    Prendiamo un altro esempio di gioco molto competitivo: il cal-cio. Il gioco e` appositamente strutturato per essere competitivo, unasquadra viene premiata per aver mandato la palla nella rete avversa-ria, con tre punti per una vittoria, uno per il pareggio, e niente per lasconfitta. Ma la decisione di competere e` comunque presa da mentiumane. Per non richiamare alla memoria dolorosi ricordi calcisticipiu` recenti, torniamo alla serie A inglese, 1977, quando successe unacosa curiosa. La situazione in fondo alla classifica allultima giornatae` illustrata nella tabella seguente.

    Giocate PuntiSunderland 41 34Bristol 41 34Coventry 41 34Stoke 42 34Tottenham 42 33

    Tabella 4.1 Campionato inglese, 1977

    Stoke e Tottenham erano ormai condannate alla retrocessione, e una

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  • tra le altre tre squadre le avrebbe raggiunte. Bristol doveva giocarelultima gara proprio contro Coventry, mentre Sunderland si sarebbesalvata per differenza reti anche in caso di sconfitta, se Coventry eBristol non avessero pareggiato. La gara fu accesissima e Coventryera gia` sopra di due reti allintervallo. Ma poi, nella seconda meta`Bristol si fece sotto, pareggiando a dieci minuti dalla fine. Giunseallora la notizia della sconfitta del Sunderland, che aveva iniziato lapartita alcuni minuti prima, e i dirigenti del Coventry fecero appa-rire il risultato sul tabellone elettronico dello stadio. Sia Coventryche Bristol si sarebbero salvati, bastava mantenere il risultato sul22. La partita, come potete immaginare, si trasformo` in una far-sa: la squadra in possesso di palla non faceva nessun tentativo disegnare. Farlo avrebbe provocato una reazione. Laltra squadra, incambio, non metteva nessuna pressione da parte sua. Entrambe leparti avevano consciamente deciso di collaborare, non di competere.

    4.1 Strategie collettivamente stabili

    La decisione viene dunque presa da menti umane, valutando costi ebenefici delle strategie. La selezione naturale ottiene lo stesso risul-tato, anche se in modo diverso: ovviamente non ce` niente che abbiain mente uno scopo verso cui evolvere. Piuttosto, tutto cio` chedevia da una situazione, capacita` o strategia ottimale viene pena-lizzato, si propaga meno e in ultima analisi si estingue. Le altissimevette raggiunte da questo procedimento possono dare lillusione diuna progettazione, che pero` rimane unillusione6.

    In questo senso, le strategie ottimali che si evolveranno (ancheinconsciamente) in una popolazione sono definite nella teoria dei gio-chi come strategie collettivamente stabili, o CSS (Collectively StableStrategy). Questo approccio immagina lesistenza di una popolazionedi individui che sfruttano una certa strategia e un singolo individuomutante che ne sfrutta unaltra. Si dice che la strategia mutanteinvade la popolazione se il mutante ottiene un punteggio piu` altodel normale nativo. Una strategia e` detta collettivamente stabile se

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  • nessuna strategia puo` invaderlab.Nel calcio e` facile riconoscere che la strategia ottimale e` la com-

    petizione: una squadra che collabora tentando ripetutamente dipareggiare non ha nessuna possibilita` nel lungo periodo. Poniamoaddirittura il caso di uno strano campionato in cui tutte le squadresono convinte che il pareggio sia la migliore strategia. Un club mu-tante che provi la strategia della competizione risulterebbe in brevetempo vincente e le altre squadre si dovrebbero convertire ad essa oessere soppiantate.

    Ma, come abbiamo visto, anche in un gioco estremamente com-petitivo ci sono circostanze particolari in cui la collaborazione puo`risultare vincente. Daremo piu` avanti una definizione piu` precisa dicompetitivita` di un gioco. In quella circostanza, comunque, eramolto semplice capire quando passare dalla competizione alla colla-borazione. Ma ce` un gioco, che ora vedremo, in cui la possibilita` dicollaborare presenta un vero dilemma.

    4.2 Il dilemma del prigioniero

    Questo gioco e` un dilemma tra fiducia nella collaborazione ed egoi-smo individuale. E` diventato famoso dal momento che rappresentatantissime situazioni di vita reale.

    Un banchiere invita due giocatori a contendersi una somma didenaro. I due non si conoscono, non possono comunicare e ognunoha due scelte: collaborare o tradire. Viene inoltre spiegato loro che:

    1. Se entrambi collaborano ricevono trecento euro ciascuno.

    2. Se uno dei due tradisce, chi ha tradito vince cinquecento euro,mentre laltro non vince niente.

    3. Se entrambi tradiscono vincono solo cento euro ciascuno.

    Ricapitoliamo le condizioni in una tabella:Per ognuno dei due giocatori lobiettivo e` guadagnare il piu` possibile.

    bNel linguaggio della teoria dei giochi una strategia collettivamente stabile e`una strategia in equilibrio di Nash con se stessa.

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  • C TC r = 3 t = 5

    r = 3 s = 0T t = 5 d = 1

    s = 0 d = 1

    Tabella 4.2 Punteggi nel dilemma del prigioniero

    Non e` essenziale il valore particolare dei punteggi, purche per ognigiocatore si verifichi:

    t > r > d > s e 2r > s+ t

    Se questa seconda relazione non fosse soddisfatta, i giocatori potreb-bero sfuggire al dilemma lasciandosi sfruttare a turni alterni.

    In un singolo incontro e` facile mostrare che la strategia vincen-te e` il tradimento. Per guadagnare il piu` possibile ogni giocatorevaluta le sue due possibilita`. Se il suo avversario tradisce, la cosamigliore da fare e` tradire; e se laltro collabora, il tradimento e` unamossa ancora migliore. In termini piu` rigorosi, ogni giocatore cer-chera` di mass imizzare il minimo possibile guadagno (metodo dettomaximin), indipendentemente dalla scelta dellavversario. Io penso:

    se collaboro, posso ottenere s (= 0 o, in generale, comunques < d) oppure r (= 3, o anche qui sempre r < t)

    se tradisco, invece posso vincere di piu`, qualunque sia la sceltadellavversario: 1, che e` meglio di 0, per un tradimento, e 5invece di 3 per la collaborazione.

    E concludo cos` che il tradimento e` la mossa logicamente migliore. Ilmio avversario fara` lo stesso ragionamento e cos` entrambi finiremoper tradire, vincendo poco. Eppure entrambi sappiamo perfettamen-te che cooperando avremmo potuto vincere molto di piu`. Da qui ildilemma.

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  • 4.3 La tragedia dei beni comuni

    Sembra che agire egoisticamente sia lunica strategia possibile pergiocatori razionali, senza considerazioni di altruismo disinteressa-to. Se vado al ristorante da solo mangio esattamente quello chevoglio e pago esattamente quanto dovuto. Ma, come certo avete tut-ti sperimentato, se si va al ristorante per esempio in dieci, ci sara`qualcuno che, sapendo che il conto sara` diviso tra i dieci commensali,prendera` il piatto piu` caro sul menu` o magari una bottiglia di bir-ra extra. Lui ottiene un vantaggio mentre tutti pagano un (piccolo)costo aggiuntivo.

    Non sembra un esempio molto serio, ma vediamo cosa ci raccontaGarret Hardin nel suo saggio (1968) La Tragedia dei Beni Comuni 8,di cui ho qui ripreso il titolo. Pensate a un campo condiviso da al-cuni pastori di una stessa zona. Ogni pastore, razionalmente, vorra`aumentare il suo ricavato aumentando il numero di animali nel suogregge, ma cos` facendo degradera` il campo comune, che dovra` soste-nere un maggior costo per ogni animale aggiuntivo. La distribuzionedi vantaggi e svantaggi e` pero` iniqua: aggiungere un animale portaun grosso vantaggio al singolo pastore, mentre lo svantaggio vienesuddiviso tra tutti. La decisione razionale e` quindi di aggiungere unaltro animale, e poi un altro, e un altro ancora. Indipendentemen-te dalle decisioni degli altri, ogni individuo guadagna di piu` con uncomportamento egoistico: se tutti gli altri continuano a sfruttare ilcampo comune, che senso ha che io riduca il mio gregge? E se tuttiriducono i loro consumi, il mio comportamento egoistico non man-dera` certo il campo in malora. Ora, poiche tutti i pastori fanno lostesso ragionamento, agiscono egoisticamente, e ognuno si trova coin-volto in un circolo vizioso che lo spinge ad aumentare senza limiti ilnumero di animali. Il campo comune ha cos` un destino segnato.

    Su scala piu` ampia questo spiega la nostra tendenza a sfruttareeccessivamente la nostra piu` grande risorsa: il pianeta Terra. Comegia` diceva Aristotele:

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  • kista gr pimeleac tunqnei t plestwn koinn

    cio` che e` comune al maggior numerodi persone riceve la minor cura1

    Gli appelli alle coscienze per diminuire i consumi, regolare lenascite, ridurre linquinamento sono fallimentari per un motivo pre-ciso: con questi soli sistemi di responsabilita` personale (ma la stessacosa si puo` dire dei rapporti tra singoli stati), inevitabilmente, cisara` chi vorra` consumare meno ma anche chi tradira`. Quelli cheavranno piu` successo saranno proprio i traditori, matematicamen-te, e quelli che hanno piu` successo possono diffondere maggiormentela loro strategia che torna ben presto a dominare. La strategia co-scienziosa si auto-estingue.8 Lunico sistema possibile e` rendere iltradimento effettivamente svantaggioso con limposizione di unau-torita` a livello mondiale che possa riportare la bilancia dalla partedella collaborazione; con le parole di Garrett Hardin:mutual coercionmutually agreed upon.

    4.4 Laltruismo reciproco

    Si direbbe allora che Hobbes aveva ragione: in che condizioni la colla-borazione emerge in un mondo di egoisti senza unautorita` centrale?Per trovare una risposta, al di la` della selezione per affinita` genetica(parentela), riassumiamo in tre domande fondamentali i requisiti dalpunto di vista evolutivo:

    Capacita` di sopravvivenza: come puo` una strategia collaborati-va prendere piede in un ambiente che, come abbiamo visto, e`prevalentemente non-collaborativo?

    Solidita`: che tipo di strategia puo` fiorire in un ambiente variegato,con altri individui che usano un grande numero di strategiediverse, piu` o meno sofisticate?

    Stabilita`: in che condizioni questa strategia, una volta pienamentestabilita, puo` resistere allinvasione di strategie meno collabo-rative?

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  • Cerchiamo dunque delle strategie possibili con un altro esempio. Ce`una specie di uccelli che vengono infettati da zecche. Questi parassititrasmettono una malattia pericolosa, ed e` quindi molto importanteper gli uccelli riuscire a liberarsene. Con il becco si possono pulirein ogni parte del corpo, tranne che in cima alla testa. Per rimuoverele zecche dalla testa devono necessariamente cooperare. Rimuoverei parassiti dalla testa di un altro uccello costa tempo ed energia,quindi collaborare e` vantaggioso, ma venire spazzolati senza resti-tuire il favore e` ancora meglio. Al contrario, se entrambi si rifiutanodi collaborare non hanno nessun vantaggio. Ecco un tipico dilemmadel prigioniero.

    Supponiamo allora che ci siano due categorie di uccelli: gli inge-nui, che vanno in giro a pulire le teste di tutti quelli che incontrano,e gli imbroglioni che rifiutano sempre di restituire il favore. In questasituazione, gli imbroglioni se la cavano certamente meglio, giacche e`meglio essere puliti senza spese aggiuntive. E` quindi fuori di dubbioche gli imbroglioni estinguerebbero gli ingenui, ma il loro successopotrebbe avere vita breve: a loro volta, e` probabile che pure loro siestinguerebbero a causa della malattia trasmessa dai parassiti. Que-sta configurazione, con due sole categorie, provocherebbe lestinzionedella specie in breve tempo.

    Proviamo a introdurre un terzo tipo di animale che renda la coo-perazione una soluzione stabile: chiamiamolo permaloso. Si com-porta come un ingenuo e pulisce dai parassiti tutti gli uccelli che in-contra. Ma ogni volta che incontra un individuo che in passato non gliha restituito il favore, ricorda, si vendica, e si rifiuta di collaborare.

    Ma a questo punto abbiamo cambiato leggermente le regole delgioco: i prigionieri non si incontrano una volta sola nella vita, mahanno la possibilita` di giocare ripetutamente. In un gioco lungo, e`importante che entrambi vincano a spese del banchiere, non a speseluno dellaltro. Nella teoria dei giochi, questa differenza permettedi classificare i giochi in due categorie di competitivita`: i giochicome scacchi e calcio, dove la vittoria delluno implica la sconfit-ta dellaltro, che si dicono a somma zero; i giochi come il dilemmadel prigioniero ripetuto, dove entrambi possono vincere a spese del

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  • banchiere, detti a somma non-zero. E questi ultimi sono frequen-ti in natura, dove ogni individuo e` inserito in un ambiente socialegeograficamente ristretto.

    E` facile mostrare che in un mondo di ingenui, imbroglioni e per-malosi, questi ultimi estinguerebbero in breve tempo sia gli imbro-glioni che gli ingenui, diventando stabili, poiche un imbroglione inuna societa` di permalosi avrebbe vita molto breve. Come prova, pos-siamo notare che una societa` di ingenui non e` stabile perche uneventuale mutante imbroglione avrebbe piu` successo degli ingenui, equindi tenderebbe a diffondere maggiormente i suoi geni, soppiantan-do la strategia ingenua. Ma queste sono solo tre possibili strategie,non potrebbe esserci qualcosa di meglio?

    4.5 Il dilemma del prigioniero ripetuto:i tornei di Axelrod

    Nel 1980, un professore di Scienze Politiche dellUniversita` del Mi-chigan, Robert Axelrod, volle sfruttare le nuove possibilita` offertedallinvenzione dei computer per rispondere alla nostra domanda:quando una persona dovrebbe collaborare, e quando dovrebbe agireegoisticamente, in uninterazione duratura con unaltra persona?2.Organizzo` allora una sorta di torneo mondiale di prigionieri: pro-grammatori e matematici furono invitati a inviare i loro programmi(strategie) per vedere quale avrebbe potuto vincere un torneo di di-lemma del prigioniero ripetuto, prorpio come in uno dei tornei discacchi per computer che ci sono piu` familiari. Axelrod ricevette 14strategie, ne aggiunse una casuale e le fece giocare ognuna controlaltra e contro se stessa per 200 mosse. Tra le strategie vale la penaricordare:

    Friedman: molto simile alluccello permaloso di cui parlavamo pri-ma. Inizia sempre con una C, ma si vendica permanentementese tradito.

    Downing: si fida della sua intelligenza, aggiornando costantementele probabilita` statistiche che il suo avversario collabori o tra-

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  • disca. Parte pessimisticamente, giocando T per le prime duemosse.

    Joss: apparentemente cooperativo, ma con costanti tentativi di tra-dimento qua e la`.

    Tit for Tat: semplicissimo. Inizia con una C, poi copia lultimamossa dellavversario.

    Sorprendentemente, a vincere il torneo fu proprio il programma piu`semplice: Tit for Tat (espressione inglese che potremmo tradurrepan per focaccia). Cera una caratteristica che accomunava le pri-me otto classificate: erano tutte strategie buone. Un programmasi definisce buono se non tradisce mai per primo. Unaltro puntovincente sembrava essere il perdono: la tendenza a dimentica-re i tradimenti subiti e tornare alla mutua collaborazione. Axelrodpubblico` risultati, analisi e osservazioni sul primo torneo e organizzo`un secondo round. Furono inviati molti altri programmi (63 parte-cipanti in tutto): circa meta` dei programmatori penso` che, se Titfor Tat aveva vinto perche era buono, avrebbero potuto vincere constrategie ancora piu` buone. Unaltra meta`, aspettandosi un maggiornumero di strategie buone, scrisse programmi imbroglioni che lesfruttassero.

    Ma anche in questo secondo torneo, Tit for Tat ottenne il pri-mo posto. Inoltre, tra le prime quindici classificate ci fu solo unastrategia cattiva (Harrington, ottavo classificato), e tra le ultimequindici ci fu solo un buono. Axelrod simulo` altri sei tornei condifferenti ambienti di strategie: TFT ne vinse cinque, ottenendo unvicino secondo posto nel rimanente.

    Ancora oggi, Tit for Tat (con qualche piccolissimo miglioramen-to) resta imbattuto in cima alle classifiche di tornei come quello diAxelrod. Ma perche? Che cosa rende questa strategia vincente? Ecome si applica al mondo naturale?

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  • 5 Tit for Tat

    Abbiamo visto che questa e` la strategia vincente in un dilemma delprigioniero ripetuto, situazione che si presenta molte volte nella vitadi tanti animali. Ricapitoliamo le caratteristiche: inizia collaborando,poi restituisce allavversario la sua ultima mossa. Questo significache Tit for Tat :

    e` estremamente semplice;

    non e` mai il primo a tradire (e` buono);

    non e` invidioso. Non misura il suo successo rispetto al suoimmediato avversario ma in base alle vincite totali nel torneo;Infatti non puo` vincere: puo` fare al massimo gli stessi punti delsuo avversario, e fa tanti punti solo se anche il suo avversariofa tanti punti;

    si vendica rapidamente, ma perdona altrettanto rapidamente,tornando a collaborare se il suo avversario fa altrettanto.

    Prendiamo allora una popolazione di imbroglioni e animali Tit forTat. Se questi ultimi hanno una sufficiente probabilita` di incontrarsitra di loro, ovvero se nella popolazione ce` una certa massa criticadi animali di quel tipo, non ce` dubbio che sarebbero proprio loro avincere la sfida dei geni e trasmettersi alla generazione successiva,decollando cos` in senso evoluzionistico e diventando il comporta-mento dominante. Infatti, quando un imbroglione incontra un altroimbroglione, sappiamo che non ci sono possibilita`; quando un imbro-glione incontra un Tit for Tat, il secondo se la cavera` marginalmentepeggio (sara` imbrogliato solo alla prima occasione). Ma quando dueTit for Tat si incontrano collaborano e moltiplicano i loro punteggi.

    Ma se sia tradisci sempre che Tit for Tat sono stabili, perchequestultima dovrebbe risultare naturalmente piu` frequente? In teo-ria, di due strategie stabili, quella che viene selezionata e` quella cheviene raggiunta per prima, magari per motivi casuali. La strategiastabile tende a ripristinare il suo stato se attaccata ma, come abbia-mo visto, ce` una soglia critica oltre la quale laltra strategia prendeil sopravvento e gradualmente si diffonde in tutta la popolazione.

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  • Prendiamo allora la situazione peggiore: una societa` di traditoriincorreggibili. Nessun buono puo` fare meglio di un traditore in questecondizioni: sarebbe sfruttato senza pieta`. Notiamo per inciso che, no-nostante una popolazione di imbroglioni possa portare rapidamenteallestinzione, questo non modifica la stabilita` della strategia: se unapopolazione raggiunge una CSS che la porta allestinzione, allora siestinguera`.

    Poniamo il caso che ci sia una mutazione rara, sotto il livellocritico, che porti una strategia Tit for Tat. Ora, il gene mutante e`rarissimo rispetto alla popolazione totale, e apparentemente non cisi puo` aspettare che i Tit for Tat si incontrino tra loro un numerosufficiente di volte da poter collaborare con successo. Ma questo genesara` condiviso in particolare da molti parenti del mutante che (esclusii mezzi di trasporto disponibili alluomo moderno) vivranno tutti inunarea che non supera pochi chilometri quadrati. In questarea piu`piccola e` allora piu` alta la probabilita` che un Tit for Tat possagiocare ripetutamente nellarco della sua vita con una strategiasimile, ottenendo un vantaggio su una famiglia confinante di puritraditori.c

    Il vantaggio locale tendera` allora ad estendersi gradualmente finoa quando i Tit for Tat collaboratori non saranno in numero sufficien-te a far pendere la bilancia della stabilita` dalla loro parte, soppian-tando nellintera popolazione la strategia tradisci sempre. Con ivalori della tabella 4.2, si puo` calcolare che questo avviene se i TFTinvasori sono anche solo il 5% della popolazione totale.

    Val la pena notare che laffinita` genetica locale non potrebbefavorire allo stesso modo la strategia dei traditori, a parti invertite:i traditori infatti giocano particolarmente male proprio tra di loro.Per questo Tit for Tat ha come una stabilita` superiore, e si e` diffusaal punto di sembrare onnipresente.

    cE` nel giusto Cicerone, sebbene non possa giustificare correttamente la suaintuizione, quando scrive: Sic enim mihi perspicere videor, ita natos esse nosut inter omnes esset societas quaedam, maior autem ut quisque proxime accede-ret. Itaque cives potiores quam peregrini, propinqui quam alieni; cum his enimamicitiam natura ipsa peperit.3

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  • 5.1 Un esempio tra animali:il pesce pulitore

    La teoria dunque, prevede che i geni che egoisticamente sopravvivonosono quelli che favoriscono una morale basata sul pan per focaccia,ovvero su una buona combinazione di collaborazione, punizione eperdono.

    Figura 5.1 Pesce pulitore allopera.

    Vediamo ora quali prove so-no emerse dallosservazione delregno animale. Torniamo allabarriera corallina.

    Il pesce pulitore nuota findentro le fauci di pesci piu`grandi, ripulendoli da parassi-ti e resti di cibo. Il pesce piu`grande ha la tentazione di rin-graziare del servizio e finire conun saporito spuntino aggiunti-vo. I pesci imbroglioni, visto ilpasto gratuito, sembrerebberofavoriti dalla selezione natura-

    le. Ma la natura si puo` vendicare: quando si e` provato a rimuoverei pesci pulitori da una vasca, simulandone lestinzione, i pesci rima-sti si sono in breve tempo coperti di infezioni. Nel ristetto ambientedella barriera corallina levoluzione ha favorito la nascita di un com-portamento altruistico e collaborativo. Negli oceani, questo tipo direlazione non funzionerebbe perche e` molto improbabile incontrarepiu` di una volta lo stesso individuo.

    5.2 Un esempio umano:la prima guerra mondiale

    La prima guerra mondiale e` lultimo posto in cui andremmo a cercarecomportamenti collaborativi tra eserciti nemici. Eppure patti infor-mali di pace e collaborazione si diffusero come malattie (almeno dal

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  • punto di vista dei generali) su tutti i fronti. La guerra di trinceaaveva reso la collaborazione possibile proprio perche era di trincea.Lesempio piu` eclatante fu quello delle fraternizzazioni natalizie. Loraccontiamo con le parole di due testimoni:

    Credo di aver visto una cosa tra le piu` straordinarie chenessuno abbia mai visto. Intorno alle dieci di stamattinastavo sbirciando oltre il parapetto quando ho visto untedesco che agitava le braccia, di l` a poco due di lorosono usciti dalla loro trincea e sono venuti verso la no-stra. Stavamo per sparare quando abbiamo visto che nonavevano fucili, uno dei nostri uomini e` uscito per andar-gli incontro e nel giro di due minuti il terreno tra le duetrincee pullulava di uomini e ufficiali di entrambe le par-ti, che si stringevano le mani e si auguravano lun laltroun buon Natale.

    Tenente Dougan Chater, lettera a sua madre25 Dicembre 1914

    Ho emanato ordini immediati per prevenire qualsiasi ri-petizione di tale condotta, e ho chiamato i comandantilocali a un severo rapporto, cosa che ha portato una granquantita` di problemi.

    Sir John French,Comandante della Forza di Spedizione Britannica

    Ma tali comportamenti erano troppo evidenti e facilmente repressi.Un cannone come quello in figura 5.2 ci sembra sempre terribilmenteminaccioso. Ma poteva anche essere puntato largamente fuori misurao in una specifica sezione della trincea nemica, dove non poteva faredanni. Anche cecchini e mitragliatori spesso tiravano per sbagliare.Segnalavano pace, nella soddisfazione dei generali che vedevano iproiettili partire. E questi segnali erano capiti e restituiti dallaltraparte. I tiratori scelti dimostravano la loro abilita` con sessioni di tiroa segno sopra le teste dei loro dirimpettai, che era poi anche labilita`

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  • Figura 5.2 Artiglieria inglese della Grande Guerra.

    di punire severamente e immediatamente uninfrazione del patto. Unufficiale britannico racconta:

    I tedeschi erano cos` regolari nella loro scelta degli obiet-tivi, degli orari di bombardamento e del numero di col-pi da sparare che, dopo essere stato in prima linea peruno o duo giorni, il Colonnello Jones aveva scoperto illoro sistema, e sapeva al minuto dove sarebbe cadutala prossima bomba. I suoi calcoli erano molto precisi, epoteva prendere quelli che agli ignari ufficiali sembrava-no dei grossi rischi, poiche sapeva che il bombardamen-to sarebbe terminato prima che lui giungesse nel puntobombardato.

    E laltra parte faceva lo stesso, come nota un soldato tedesco aproposito del colpo delle sette:

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  • Arrivava alle sette cos` regolarmente che ci potevi si-stemare lorologio. [...] Aveva sempre lo stesso obietti-vo, la gittata era precisa, non variava mai lateralmentene andava oltre o troppo indietro sul bersaglio. [...] Ce-rano anche dei compagni curiosi che sgattaiolavano alloscoperto, un po prima delle sette, per vederlo scoppiare.

    Non ci sono dubbi sulla nazionalita` di questo soldato, che scrive:

    Stavo bevendo il te` con la Compagnia A, quando sen-timmo delle urla e uscimmo per controllare. Trovammo inostri uomini e i tedeschi in piedi sui rispettivi parapetti.Allimprovviso arrivo` una salva, che non provoco` danni.Naturalmente, entrambe le parti scesero nelle trincee e inostri cominciarono a imprecare contro i tedeschi, quan-do tutta un tratto un coraggioso tedesco sal` sul suoparapetto e urlo`: Siamo spiacenti per laccaduto, spe-riamo che nessuno si sia fatto male. Non e` colpa nostra,e` quella maledetta artiglieria prussiana.10

    Un incidente del genere richiedeva delle rapide scuse e un rapidoperdono. Ecco quindi tutti gli elementi di una strategia Tit for Tat :

    le prime mosse erano di collaborazione;

    la vendetta era efficace;

    il perdono di malintese aggressioni era altrettanto rapido;

    entrambe le parti sapevano che si sarebbero a lungo fronteg-giate sulla terra di nessuno.

    Vivi e lascia vivere era una strategia vincente rispetto a prendiliprima che prendano te. La malattia della pace nei primi due annidi guerra era tanto onnipresente che i generali furono costretti adagire. Cambiarono le tattiche di combattimento ordinando ondatedi attacco casuali e sporadiche, distruggendo la fiducia che le lineeopposte avevano costruito tra loro.

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  • 6 Conclusioni

    Il comportamento umano e` molto complesso ed e` influenzato da in-numerevoli fattori, ma alla base della nostra generosita`, del nostroaltruismo, della nostra moralita` possiamo riconoscere gli stessi prin-cipi che si sono sviluppati nel corso di milioni di anni in tante specieanimali. Sia legoismo che laltruismo individuale sono spiegati dallalegge dellegoismo del gene. Il nostro cervello e` stato programmatodallevoluzione alla naturale collaborazione col prossimo, a provareamore per i figli, rabbia quando si e` imbrogliati e senso di colpaquando siamo noi gli imbroglioni.

    Garrett Hardin, lautore di La tragedia dei beni comuni avevausato anche un altro modo di dire: i buoni arrivano ultimi. Orapossiamo finalmente correggere questultima frase, perche in realta`i buoni arrivano primi.

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  • 22

  • Bibliografia

    [1] Aristotele. Politica. 1261b34.

    [2] Robert Axelrod. The Evolution of Cooperation. PrincetonUniversity Press, 1984.

    [3] Cicerone. Laelius de Amicitia. 19.

    [4] Charles Darwin. The Origin of Species. John Murray, London,1859.

    [5] Richard Dawkins. The Selfish Gene. Oxford University Press,Oxford, 1976.

    [6] Richard Dawkins. The Blind Watchmaker. W. W. Norton &Co, New York, 1986.

    [7] Richard Dawkins. The God Delusion. Houghton Miin, 2006.

    [8] Garrett Hardin. The tragedy of the commons. Science, 162:p. 12431248, Dicembre 1968.

    [9] Oskar Morgenstern e John von Neumann. Games and EconomicBehavior. Princeton University Press, Princeton, 1947.

    [10] Owen Rutter. The History of the Seventh (Service) Battalionthe Royal Sussex Regiment 19141919. 1934.

    [11] George C. Williams. Adaptation and Natural Selection.Princeton University Press, Princeton, 1966.

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    La selezione naturaleI nostri programmatoriGli animali altruistiCombattere o collaborare?Strategie collettivamente stabiliIl dilemma del prigionieroLa tragedia dei beni comuniL'altruismo reciprocoIl dilemma del prigioniero ripetuto: i tornei di Axelrod

    Tit for TatUn esempio tra animali: il pesce pulitoreUn esempio umano: la prima guerra mondiale

    Conclusioni