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Università degli Studi La Sapienza di Roma Facoltà di Architettura “Valle Giulia”  Corso di Laurea Architettura U.E. Storia dell’architettura e dell’urbanistica moderna, a.a. 2005/2006 Prof. Marcello Fagiolo Sant’Ivo alla Sapienza di Francesco Borromini Studentessa: Loredana Aru matricola 364843

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Università degli Studi La Sapienza di Roma

Facoltà di Architettura “Valle Giulia”  

Corso di Laurea Architettura U.E.

Storia dell’architettura e dell’urbanistica moderna, a.a. 2005/2006 

Prof. Marcello Fagiolo

Sant’Ivo alla Sapienza di Francesco Borromini 

Studentessa: Loredana Aru matricola 364843

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La vita di Borromini e opere principali

Francesco Castelli nasce il 1599 a Bissone, figlio di

Giovanni Domenico, scalpellino, e di Anastasia

Garovo. Iniziata la carriera di intagliatore di pietre, si

trasferì ancora giovane a Milano per studiare

architettura e ricevere un apprendimento tecnico-

artigianale nel cantiere del Duomo. Quando arrivò a

Roma, nel 1619, cambiò il proprio nome da Castelli a

Borromini e iniziò a lavorare per Carlo Maderno,

suo parente alla lontana, alla Basilica di San Pietro. Quando Maderno morì, si unì al

gruppo di Gian Lorenzo Bernini, col quale completò il lavoro di Palazzo Barberini, del

quale ideò lo scalone elicoidale. Nel 1634 ottenne il suo primo lavoro personale, la

costruzione della chiesa di San Carlino alle Quattro Fontane e dell'annesso convento. Tra

il 1637 e il 1640 lavorò alla Casa professa e all' Oratorio dei Filippini, nella cui facciata

alla convessità della campata centrale dell'ordine inferiore corrisponde nell'ordine

superiore la concavità della nicchia, di derivazione bramantesca. Nel 1642 inizia i lavori a

Sant'Ivo alla Sapienza, la chiesa annessa all'antico studio romano diventato poi

università. Papa Innocenzo X affidò all'artista l'incarico di rinnovare l'interno della basilica

di San Giovanni in Laterano, nel 1646. Dal 1646 il Borromini realizzò la facciata del

Collegio di Propaganda Fide, con finestre inquadrate da modanature plastiche e colonne

di ordine gigante. Si occupò di Sant'Agnese in Agone nel 1653. Nell'estate del 1667,

Borromini, che soffriva di disturbi nervosi e di depressioni, si suicidò prima di portare a

termine la cappella Falconieri (la cappella principale) nella chiesa di San Giovanni dei

Fiorentini, dove è stato sepolto.

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La nascita del complesso

Bonifacio VIII Castani istituisce nel 1303 la prima Università di Roma, alloggiata in locali

in affitto, presumibilmente a Trastevere. Viene ordinato l’acquisto di alcune case nel

rione Eustachio. Nel 1497 Papa Alessandro VI promosse la costruzione del Palazzo della

Sapienza, prospiciente l’attuale via Sediari. 

Nel 1565 papa Pio IV ne commissionò un

ampliamento a Pirro Logorio, che progetto

una sorta di ginnasio all’antica con cortile

centrale a doppia esedra con portici su due

piani, con annessa chiesa. Nel 1579 i lavori

passano sotto la direzione di Giacomo della

Porta, che modificò l’ingresso alla chiesa e 

colonnato Nel 1628-1631 Papa Urbano VIII promuove un ulteriore rifacimento del

palazzo, nominando nel 1932 Francesco Borromini architetto del complesso de La

Sapienza.

La pianta 

Sant' Ivo alla Sapienza fu tema difficilissimo per Borromini, condizionato dalla

preesistenza del palazzo e del cortile, ma nonostante questi vincoli sarà in grado di

progettare con grande libertà. La pianta è costituita da due triangoli equilateri

soprapposti e invertiti, ma gli angoli sono tagliate da linee curve alternativamente

concave e convesse, dando luogo ad una pianta esagonale.

La pianta nasce sicuramente da significati simbolici, per prima la Trinità che è

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simboleggiata dal triangolo, la figura di partenza. Questa figura, combinata con parti di 

cerchio, formerà la figura stilizzata di

un'ape, simbolo a sua volta di carità e

prudenza, ma nello stesso tempo elemento

araldico nello stemma dei Barberini.

Sicuramente fondamentale per il Borromini

era il significato simbolico: l’esagono

rappresenta proprio la Divina Sapienza.

Innovativa è la figura geometrica che si

viene a creare: l’esagono a stella. 

Questa non ha quasi precedenti nella tradizione, l’esagono era considerata una figura

ambigua, e come se non bastasse è ottenuta da forme geometriche pure e non dalla

composizione modulare come voleva la tradizione rinascimentale o classica.

Ogni recesso è articolato in tre settori, due piccoli

identici di fianco a uno grande. L’articolazione

contiene tre temi intrecciati con gli intervalli

messi in uno qualsiasi dei punti possibili: i grandi

vani ad arco “C”, i vani convessi “B”, o gli angoli

fra i piccoli vani “A A’ ”. 

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L’interno della chiesa 

Innovativa è la concezione del Borromini da un punto di vista architettonico-spaziale:

l’elemento che reagisce in senso negativo, rispetto al movimento della massa muraria.

Tutta la pianta, ma anche l’intero edificio è basata sui contrasti: linee rette e linee curve,

spazi concavi e convessi, positivo e negativo, dilatazione e contrazione.

Borromini non si accontenta di creare una forma rivoluzionaria ma capovolge pure il

concetto di pianta centrale: ci si sarebbe aspettato uno spazio maggiore contornato

da altri minori. Invece lo spazio centrale è delimitato da pilastri corinzi di ordine gigante,

rendendo l’interazione tra i vari ambienti molto omogenea. 

La chiesa è completamente bianca, le decorazioni rappresentano motivi floreali,

cherubini, serafini, stelle (simbolo dei Chigi).

All’interno è presente una sequenza

di pilastri corinzi di ordine gigante

che segnano il perimetro interno

della chiesa e mediante il

cornicione, l’attacco della cupola.

La forma della cupola riprende in

pieno la forma a stella della pianta,

e in ogni segmento convesso è

presente una finestra che aumenta

lo slancio verticale della struttura e

conferisce all’opera grande

luminosità.

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La cupola non é più sorretta da arconi

strutturali che creano delle unità

secondarie confluenti a crearne una sola

primaria, ma va a poggiare direttamente

sul contorno mistilineo della Cappella,

trasformando in modo lento e graduale la

complessa forma di partenza in un cerchio

perfetto. Borromini crea perciò un nuovo

tipo di cupola, senza precedenti e senza

seguiti a Roma, nessuno aveva mai

osato creare una volta spezzata in unità di forma diversa.

A differenza della Chiesa di San Carlo non abbiamo un elemento di trasizione alla cupola,

nonostante ciò lo slancio verticale è molto accentuato.

Il tutto è ottenuto con estrema

purezza e semplicità: una serie di

lesene scanalate, delle

sottilissime cornici orizzontali,

una cornice più profonda anche

se non eccessivamente

aggettante, con funzioni di

trabeazione, in cui ritroviamo il

motivo del soffitto leggermente concavo, già visto nel S.Carlino, ed infine nella cupola

sottili costolature che convergono all'ultimo anello della lanterna.

Lo spazio interno é racchiuso in un involucro unitario in cui c'é un riferimento classico al

Pantheon. Del resto la partenza geometrica, creata dalla contaminazione di forme dure e

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forme concave, fa pensare al concorrente

di una serie di movimenti centrifughi e

centripeti, intrecciati tra loro. La

conclusione più profonda é verso l'alto,

dove decorazioni di stelle, che

rimpiccioliscono, e l'immagine dello

Spirito Santo sul soffitto della

lanterna,suggeriscono altezze smisurate

ed intoccabili. La luminosità in crescendo

diventa cielo luminoso, mentre la

costolatura, inondata di luce, crea un

effetto di trasparenza totale, come nella

copertura di un chiostro nel giardino, di

una uccelliera di enormi dimensioni

permeabile allo spazio.

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Il rapporto con il cortile e il prospetto

La facciata della chiesa è costituita dalla

muratura dell’esedra, è costituita da due

piani e una balconata, che ha la

funzione di raccordo visivo con la

cupola.

La superficie della facciata è scandita da

lesene doriche e da finestre centinate

entro arcate cieche, con portone

centrale. L’intenzione del Borromini era

quella di far apparire la facciata della

chiesa come un proseguimento del

doppio loggiato.

La balconata è scandita da brevi lesene, quattro oculi ovali adornati da stelle.

Borromini decide innanzitutto di

incassare la cupola anziché

metterne in mostra la curva

sopraelevata, com’era in uso

dopo la cupola di Brunelleschi.

Creerà una delle cupole più

interessanti mai inventate. La

prima parte è composta da un

tamburo, che avvolge la cupola assorbendone le spinte laterali. Il tamburo è alto e

massiccio, a forma esagonale, contrapposto alla rientranza concava della facciata. Nei

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punti dove i due settori si incontrano l’ordine è rafforzato, aumentando la sensazione di

stabilità. Sopra il tamburo è

presente una copertura a

leggero spiovente, gradinata.

I sei contrafforti, culminanti in

piccole edicole, ricordano la

decorazione di Porta Pia opera

di Michelangelo. La lanterna

che all'interno é

completamente circolare,

all'esterno é composta da sei parti concave con colonnine binate con capitelli corinzi, che

terminano in pinnacoli altissimi, a forma di faci accese. Le lesene che inquadrano le

finestre sono collegate da ghirlande, mentre l’archtrave è decorato da rosette e gigli. 

Da qui parte il cupolino elicoidale,

che termina con una corona di

fiamme metalliche dalla quale si

diparte una gabbia, sormontata da

un globo e da una croce. La

struttura è monolitica e scultorea,

non ha alcun riferimento spaziale

interno.La struttura elicoidale è

praticabile ed è decorata da cartigli

contententi “gemme”, ed è bordata

da un motivo decoratico di volute e

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gocce. Il suo significato è tuttora

controverso. Da un punto di vista

morfologico il Borromini si sarebbe

ispirato alle strutture elicoidali delle

conchiglie. Da un punto di vista

storico egli si potrebbe essere ispirato

alla colonne romane o a qualche

edificio mediorientale. Un’altra

interpretazione è quella secondo cui il

Borromini concepì la torre come una

corona ingemmata, a completamento

e ornamento dell’edificio, anche se la

corona non era un elemento

prettamente cattolico. Uno dei

significati attribuitegli era una

celebrazione del potere papale,

sacerdotale, reale e imperiale.

Il significato di Sant’Ivo alla Sapienza 

Sant’Ivo alla Sapienza è considerato unanimemente il capolavoro di Borromini. Il

processo inventivo è pressoché geniale, inoltre il rapporto con le preesistenze non fa che

rafforzare il carattere dell’opera. L’architetto contrappone alla ricca e quasi misteriosa

simbologia e numerologia (il doppio triangolo, gli elementi a forma di stella, festoni, ecc.)

a una matura consapevolezza dello spazio.

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Articola l’opera sulla base di una

concezione non più statica dell’architettura.

Tutta l’opera è in tensione e in dinamismo:

da un punto di vista orizzontale con il gioco

di forme concave e convesse, che si

contraggono ed espandono. Da un punto di

vista verticale l’opera è in tensione verso

l’alto, internamente gli spicchi di volta,

esternamente il prospetto è basato su un

crescendo piramidale e ascensionale, fino

quasi a smaterializzarsi. Borromini si ispira ad una serie di elementi romani e

rinascimentali ma più che altro goticie e manieristi. È estremamente interessante l’uso di

decorazioni fantastiche (come la decorazione a forma di stella o i putti), o il suo rapporto

con la simbologia cristiana, ad esempio il coronamento della lanterna allude in qualche

modo alla Torre di Babele. Sant’Ivo appare come la summa di tutte le creazioni del

Borromini, l’apice stilistico che sconcertò i contemporanei e che lo resero uno dei più

grandi architetti del suo tempo.

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Altre foto

Particolare interno La facciata e il colonnato di Della Porta

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Bibliografia

AA. VV., Storia dell’arte italiana, Milano 1991

P. ADORNO e A. MASTRANGELO, Arte, Correnti e Artisti , Firenze 1994

S. BORSI, Borromini , Firenze 2000

F. RANGONI, S’Ivo alla Sapienza e lo “Studium Urbis” , Roma 1989

R. WITTKOWER, Arte e architettura in Italia 1600-1750, Torino 1972

Siti internet consultati

http://it.Wikipedia.org