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IRENE DI VITTORIO Tutela ambientale e sviluppo agroalimentare nel Mezzogiorno Quaderno ISSM n. 131 Napoli, 2009

Tutela ambientale e sviluppo agroalimentare nel Mezzogiorno · ... economica e sociale mediante fondi strutturali ... per la politica di coesione 2007-2013 » 43 1. La scelta strategica

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IRENE DI VITTORIO

Tutela ambientale e sviluppo agroalimentare nel Mezzogiorno

Quaderno ISSM

n. 131

Napoli, 2009

Quaderno realizzato nell’ambito dell’accordo di programma MUR-CNR relativo al progetto “Sviluppo delle esportazioni di prodotti agroalimentari del Mezzogiorno”

Elaborazione e impaginazione a cura di: Aniello Barone e Paolo Pironti

Copyright © 2009 by CNR-ISSM Tutti i diritti riservati. Parti del lavoro potranno essere riprodotte

previa autorizzazione citando gli autori e il CNR-ISSM

Edizione fuori commercio

Indice Introduzione pag. 5Misure agro-ambientali comunitarie ed integrazione con le norme in materia di tutela della biodiversità ambientale

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ALLEGATO A. Agenda 2000. “Un’opportunità storica” » 18

1. Proseguire le riforme istituzionali e riesaminare » 192. Sviluppare le politiche interne per favorire la crescita, l’occupazione e la

qualità della vita

» 193. Salvaguardare la coesione economica e sociale mediante fondi strutturali

più efficaci

» 204. Proseguire la riforma della politica agricola comune » 215. La sfida dell’ampliamento “Nuovo impulso allo sviluppo e all'integra-

zione dell'economia europea nel suo complesso”

» 22 ALLEGATO B. Regolamento sullo sviluppo rurale (Reg. CE N. 1257/1999). Reg. CE N. 2078/1992. Misure di rilevanza ambientale

» 26

1. Le misure agro-ambientali » 262. Silvicoltura » 273. Indennità compensative per zone svantaggiate e zone soggette a vincoli

ambientali

» 27 ALLEGATO C. Il concetto di condizionalità o cross compliance » 29 ALLEGATO D. Rete Natura 2000 » 30 ALLEGATO E. Agenda di Lisbona » 31 ALLEGATO F. Principali normative in materia di tutela dell’ambiente » 34 ALLEGATO G. Linee guida per l’elaborazione del quadro strategico nazionale per la politica di coesione 2007-2013

» 43

1. La scelta strategica europea » 432. Il Quadro strategico: politiche regionali comunitarie e nazionali » 433. I cinque contenuti della strategia » 444. La componente operativa » 455. Come scrivere il QSN: il processo » 466. Tempistica » 48

Bibliografia » 49

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Introduzione Quali sono gli scenari futuri verso i quali si muoveranno le aziende agroalimentari

del Mezzogiorno italiano, e quali le prospettive e le giuste strategie di sviluppo nel ven-tunesimo secolo? A queste domande si sta cercando di dare concrete risposte, ben con-sci che l’impresa agro-alimentare del Mezzogiorno, se vuole raggiungere un obiettivo di sviluppo a breve, medio e lungo termine ha più che mai bisogno di avere scenari chiari e certezze per poter agire di conseguenza (Velazquez e Pierangeli, 2004).

Quello che risulta evidente è che negli ultimi decenni i programmi di intervento volti ad uno sviluppo del Mezzogiorno, nelle sue più diverse sfaccettature, hanno ricono-sciuto come punto di partenza la valorizzazione dell’immenso patrimonio che queste regioni accolgono. Tuttavia, la scarsità di informazioni a livello regionale, comunale, provinciale, ma anche aziendale sino alla dimensione individuale, in materia di risorse naturali, ambientali e storico-culturali, rallenta l’opera di rinnovo e di apertura del mercato agroalimentare del Mezzogiorno.

Infatti, se da un lato le regioni del Sud Italia si propongono sul mercato nazionale con oltre il 40% della produzione agroalimentare, dall’altro rappresentano appena il 15% circa dell’export dell’industria agroalimentare nazionale.

Un’analisi dei modelli di sviluppo agroalimentare nelle regioni del Sud Italia, con particolare attenzione al momento storico-sociale ed ambientale che il Pianeta Terra, e le società nel loro complesso, vivono in questo secolo, impone considerazioni di natura ecologicamente ed economicamente sostenibile (De Filippis e Fugaro, 2004).

L’acquisire una nuova coscienza e conoscenza delle condizioni del settore agroali-mentare e del suo sviluppo in termini di aumento dell’efficienza della produzione e del-la sua espansione in ambito nazionale ed internazionale, sia nei mercati tradizionali, sia per quanto concerne la possibilità di apertura e/o rafforzamento di nuovi mercati di scambio, porta ad assegnare all’agricoltura un ruolo persino superiore a quello che in prima evidenza si rende manifesto. In altre parole l’attività agricola, che da sempre ha rivestito la funzione di produrre beni di consumo, in particolare beni alimentari, si ve-de attualmente attribuire un nuovo ruolo legato allo svolgimento di servizi connessi al-la salvaguardia delle risorse naturali, alla tutela del paesaggio, alla salute umana, alla fruizione culturale e ricreativa della popolazione (European Commission, 1999).

L’importanza di un’analisi delle tematiche qui appena accennate parte dalla necessità di un rinnovato impegno verso uno sviluppo sostenibile dal punto di vista economico, ambientale e sociale delle aree agricole che rappresentano ben l’80% del territorio eu-ropeo, nonché dal riconoscimento del ruolo multifunzionale dell’attività agricola e dal-la necessità di una maggiore integrazione fra il mondo agricolo e gli altri attori sociali ed economici (Gargano e Sardone, 2004).

Il concetto, e la reale prospettiva di “sviluppo”, si traduce in integrazione tra i diversi comparti della vita quotidiana nel rispetto delle risorse naturali che garantiranno la vita delle generazioni future.

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Misure agro-ambientali comunitarie ed integrazione con le norme in materia di tu-tela della biodiversità ambientale

Il Mezzogiorno italiano si presenta strutturalmente deficitario per quello che con-

cerne il settore degli scambi agroalimentari. Il comparto agroalimentare, infatti, rappre-senta una delle principali poste passive della bilancia commerciale con l’estero, seconda solo a quello dell’energia (Vieri, 2001).

Nonostante questa condizione complessiva, quello a cui si è assistito negli ultimi due decenni è stata una tendenza al miglioramento del saldo agroalimentare, trainato so-prattutto dal così detto “made in Italy”, ovvero da quel settore di esportazioni di pro-dotti agroalimentari esclusivi del nostro Paese e che offrono un’immagine “cartolina” dell’Italia all’estero (Perone Pacifico, 1993) in quanto richiamano nei Paesi esteri la die-ta alimentare italiana, con tutte le sue qualità salutari e rinomate per i pregi culinari. Proprio queste caratteristiche del settore agroalimentare italiano hanno permesso una già visibile crescita delle quote di mercato sia rispetto ai partner tradizionali dell’Italia (Unione Europea, U.S.A.), sia su mercati di più giovane acquisizione (Giappone, Au-stralia, Sud Est Asiatico, Europa dell’Est).

Ciò che risulta ad una prima analisi dei dati di commercio agroalimentare interna-zionale è che l’Italia, nel suo complesso, si conferma col suo “ruolo di trasformatore”. Tale ruolo corrisponde ad una specializzazione territoriale che vede le regioni del Nord maggiormente integrate in un processo di acquisto di materie prime, agricole ed indu-striali, e di esportazione da parte dell’industria alimentare, mentre il contributo delle regioni del Mezzogiorno è legato più direttamente alle esportazioni di prodotti freschi, e comunque strettamente connessi alle caratteristiche fisiche e produttive del territorio. Inoltre, risulta evidente una contrapposizione piuttosto netta tra le regioni del Nord, i cui mercati sono fortemente integrati con quelli esteri, e che vedono l’agricoltura inte-ragire in modo molto dinamico con il resto del sistema economico, e quelle del Sud, dove l’agricoltura è meno inserita in una filiera internazionale, e dove comunque i flussi di esportazione, come prima accennato, sono concentrati soprattutto su prodotti fre-schi e riconducibili al settore primario (Antonelli, 2004).

Una più attenta analisi delle condizioni delle regioni centro-meridionali ci offre un’immagine di queste rivolta ad una specializzazione più eterogenea: alcune regioni, quali Puglia, Basilicata e Calabria, confermano l’importanza del settore primario nella composizione delle proprie esportazioni; Toscana, Umbria e Campania si mostrano sempre più orientate alla esportazione di prodotti locali trasformati, mentre le altre re-gioni del Mezzogiorno faticano a venire alla luce tanto sui mercati tradizionali, quanto sui nuovi (Foglio, 2007).

Con questi presupposti il Mezzogiorno si trova a dover realizzare un piano di svi-luppo che valorizzi innanzitutto le risorse del territorio, al fine di un’auto-valorizzazione delle proprie capacità di produzione e di espansione. I cambiamenti climatici mondiali hanno, dal canto loro, normalizzato il quadro normativo in materia di sviluppo rurale agroalimentare e di conservazione della natura, situazione definita di “condizionalità” dalla CEE, imponendo da un lato costrizioni di ordine ambientale, dall’altro aiutando con incentivi in denaro gli agricoltori disposti a contribuire alla con-

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servazione della biodiversità con modifiche dell’attività agricola primaria o di trasfor-mazione (Povellato et al., 2001).

In quanto l’Italia è Paese Europeo, risente ed è tenuta a rispondere alle ultime e prossime misure agro-ambientali, al fine di delineare un equilibrato piano di sviluppo regionale in materia agro-alimentare-ambientale.

Il primo “step” da parte di alcuni Stati Membri dell’Unione Europea è avvenuto a partire dagli anni Ottanta. In particolare, il primo recepimento a livello comunitario è stato avviato con il Regolamento (CE) 797/851, relativo al miglioramento dell’efficienza delle strutture agrarie che consentiva agli Stati un’applicazione opzionale degli inter-venti (European Commission, 2005).

Il secondo e fondamentale passo avanti fu compiuto nel 1992, quando le misure a-gro-ambientali furono introdotte in tutti gli Stati Membri entro il quadro delle così dette “misure di accompagnamento” della PAC (Politica Agricola Comunitaria) a se-guito della riforma Mac Sherry, il cui scopo era quello di affiancare il cambiamento dei meccanismi di mercato dei prodotti agricoli e di contribuire al raggiungimento degli obiettivi generali della Comunità Europea in tema di protezione dell’ambiente naturale e di salvaguardia dei redditi agricoli (INEA, 2000).

Il Regolamento (CE) 2078/922, relativo alle misure agro-ambientali, è stato applicato in tutti gli Stati Membri dell’Unione Europea, incoraggiando l’adozione di pratiche agri-cole ecocompatibili ed il concetto dell’agro-ecosistema mediante l’adozione di accordi volontari della durata minima di cinque anni da parte degli agricoltori, i quali, a fronte degli impegni connessi all’adesione, erano remunerati con contributo atto a coprire le perdite di reddito o di maggiori costi connessi alle modifiche del sistema produttivo.

Con un terzo fondamentale “step”, la Commissione Europea, in linea con quanto previsto dal Regolamento (CE) 1257/19993, relativo al sostegno allo Sviluppo Rurale da parte del Fondo Europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), ha realiz-zato un documento di lavoro riguardante gli indicatori per la sorveglianza e la successi-va valutazione delle politiche di sviluppo rurale nel periodo di programmazione 2000-2006 (European Commission, 2002). Per sorveglianza si intende la costruzione di un sistema che fornisca indicazioni sull’utilizzo delle risorse, i tassi di realizzazione ed il numero di beneficiari. Gli indicatori per la sorveglianza consentono agli operatori di rendere conto dell’utilizzo delle risorse loro attribuite e delle attività per le quali sono responsabili. I Piani sono stati realizzati in ogni Stato Membro a seconda delle caratte-ristiche territoriali, ambientali, agronomiche, socio-economiche e politico-istituzionali, a livello regionale o nazionale (Merlo et al., 1999). In particolare Stati Membri quali Francia, Paesi Bassi, Danimarca, Svezia, Grecia, Austria, Irlanda e Lussemburgo, han-no prodotto un unico Piano di Sviluppo Rurale a livello nazionale.

Altri Stati, quali Italia, Germania, Belgio e Regno Unito, hanno invece propeso per una implementazione regionale (Baylis, 2004).

Per comprendere sempre più nel dettaglio il quadro delle politiche ambientali nel Mezzogiorno italiano, dobbiamo considerare che in Italia sono stati realizzati 21 Piani

1 Copia disponibile sul sito ARBEA – http://www.arbea.basilicata.it 2 Regolamento (CE) 2078/92 del Consiglio del 30 Giugno 1992, relativo a metodi di produzione agri-

cola compatibili con le esigenze di protezione dell’ambiente e con la cura dello spazio naturale. 3 Gazzetta ufficiale delle Comunità Europee, del 26/06/1999, L160/80.

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di Sviluppo Rurale per ciascuna regione e per le due Province Autonome di Trento e Bolzano. Nelle regioni del Centro-nord questi contengono tutte le misure, mentre la differenza risulta rispetto alle regioni del Sud, per le quali i Piani di Sviluppo compren-dono per lo più misure in materia di indennità compensative per le zone svantaggiate e misure di accompagnamento.

In realtà prima del terzo “step”, un ulteriore passaggio, relativo al periodo di pro-grammazione che va dal 2000 al 2006, si è reso fondamentale: Agenda 20004. Si Tratta di un documento in larga misura delineato nel 1997 ed incentrato su due obiettivi prin-cipali: rafforzare l’unione economica, in vista del’introduzione dell’euro prevista nel Gennaio 2002 e, soprattutto, preparare l’allargamento dell’UE e dei suoi mercati ad Est, verso i Paesi ex comunisti, in programma nel Maggio 2004 (AA.VV., 1999).

Agenda 2000 (ALLEGATO A) si pone come strumento di rilegittimazione della PAC del 1992. Gli obiettivi da raggiungere, in proposito, sono così schematizzati:

- migliorare la competitività dell’agricoltura europea, riducendo i prezzi; - garantire la sicurezza e la qualità dei prodotti alimentari per i consumatori; - assicurare entrate stabili ed un tenore di vita adeguato alle comunità rurali; - rendere i metodi di produzione rispettosi dell’ambiente e del benessere degli animali; - ricercare opportunità di reddito e di occupazione alternative per gli agricoltori e le

loro famiglie; - semplificare e decentrare l’applicazione della politica agricola e di sviluppo rurale. All’interno degli obiettivi cardine della PAC post – Agenda 2000, il cui pilastro è la

crescita della competitività nei mercati internazionali, particolare riguardo andrebbe posto al concetto di condizionalità ecologica (o cross-compliance). Gli Stati membri, e pertanto l’Italia, e nel suo contesto il Mezzogiorno, sono chiamati ad adottare le “mi-sure che essi ritengono appropriate in materia ambientale (Nugent, 2001), tenendo pre-sente la situazione specifica dei terreni agricoli utilizzati o dalla produzione interessata, nonché dei possibili effetti sull’ambiente”. Tali misure possono comprendere:

- l’erogazione di aiuti in cambio di impegni agro-ambientali; - la fissazione di requisiti ambientali obbligatori di carattere generale; - la fissazione di requisiti ambientali specifici la cui soddisfazione è condizione per

poter beneficiare dei pagamenti diretti. Ciò che è importante osservare è che gli Stati membri possono inoltre fissare sanzio-

ni connesse alla gravità delle conseguenze ecologiche determinate dal mancato rispetto dei requisiti ambientali, sino a prevedere una riduzione o addirittura la soppressione dei benefici derivanti dai relativi regimi di sostegno.

I settori produttivi a cui ci riferiamo, e le relative OCM (Organizzazioni Comuni di Mercato), direttamente interessate dalle riforme delineate da Agenda 2000 sono: semi-nativi, carne bovina, latte e prodotti lattiero caseari.

La politica di sviluppo rurale appare pertanto assumere un particolare rilievo per i produttori agricoli in un periodo di transizione che si preannuncia complesso a seguito delle decisioni assunte in materia di competitività interna ed internazionale, di sicurez-za e qualità dei prodotti agro-alimentari e, al tempo stesso, di riduzione dell’impatto sull’ambiente. Avevamo già fatto riferimento al terzo “step” delle politiche di pro-

4 http://www.inea.it.

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grammazione riferendoci al fatto che le azioni strutturali nel settore agricolo, agro-ambientale ed agro-alimentare, al di là di politiche regionali, sono integralmente accolte nel regolamento (CE) 1257/1999. Quello da tenere presente per una pianificazione dell’internazionalizzazione del settore agro-alimentare del Mezzogiorno italiano è che se da una parte tale regolamento costituisce un importante elemento di riordino dell’intervento strutturale in agricoltura, dall’altro però non introduce decisive innova-zioni sul piano dei contenuti, al punto che la politica di sviluppo rurale continua a ri-sentire dell’impostazione settoriale, e a rappresentare non tanto un’organica e autono-ma politica di sviluppo locale, quanto piuttosto una riconversione delle risorse in pre-cedenza destinate al sostegno dei mercati agricoli.

Il quarto “step” in tema di politica di sviluppo rurale è affidato al regolamento (CE) 1750/19995, che delinea le nuove basi su cui muoversi in tre punti:

- potenziamento del settore agricolo-forestale; - miglioramento delle competitività delle zone rurali; - salvaguardia dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio naturale delle zone ru-

rali. Se questi sono i tre assi portanti, gli obiettivi individuati dal nuovo regolamento so-

no invece ben più articolati: - miglioramento delle strutture delle aziende agricole e delle strutture di trasforma-

zione e di commercializzazione dei prodotti agricoli; - riconversione e riorientamento del potenziale produttivo agricolo, introduzione di

nuove tecnologie e miglioramento della qualità dei prodotti; - incentivazione della produzione non alimentare (risvolto importante per le politi-

che di salvaguardia forestale che, ad un primo impatto, sembrerebbe non avere a che fa-re con lo sviluppo del settore agroalimentare, ma che, invece, risponde in pieno alle esi-genze di una agricoltura in espansione nella conservazione e gestione sostenibile delle risorse naturali);

- sviluppo forestale sostenibile; - diversificazione economica e produttiva finalizzata allo sviluppo di attività com-

plementari o alternative; - mantenimento e consolidamento di un tessuto sociale vitale nelle aree rurali; - sviluppo di attività economiche e creazione di nuovi posti di lavoro; - miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro; - mantenimento e promozione di sistemi di coltivazione a bassi consumi intermedi; - tutela della naturalità e promozione di un’agricoltura più sostenibile sul piano

ambientale; - abolizione delle disuguaglianze e promozione della parità di opportunità fra uo-

mini e donne, specie a sostegno di progetti elaborati e realizzati da donne. Ciò che risulta interessante osservare è che le misure agro-ambientali, introdotte ori-

ginariamente dal regolamento (CE) 2078/19926, con il successivo regolamento (CE) di-

5 Gazzetta ufficiale delle Comunità Europee, del 13/08/1999, L214/31. 6 Commissione Europea, Direzione Generale VI, Sviluppo rurale II; codice di riferimento:

VI/7655/98.

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ventano, di fatto, misure esclusivamente ambientali, e la loro attuazione da parte degli Stati membri è l’unico elemento obbligatorio dei nuovi PSR (Piani di sviluppo rurale), mentre l’adesione degli agricoltori rimane facoltativa (ALLEGATO B). Tale attenzione riflette il tentativo di offrire risposte concrete alla domanda di servizi ambientali che la società europea pone in modo crescente agli operatori agricoli (Viesti e Prota, 2005).

Più in dettaglio i pagamenti previsti vengono corrisposti agli agricoltori che si impe-gnano ad adottare forme di conduzione dei terreni agricoli compatibili con la tutela ed il miglioramento dell’ambiente, con particolare riguardo agli habitat ad alto valore na-turale, o ad aree esposte a rischi ambientali di particolare rilievo, a importanti elementi costitutivi del paesaggio quali filari, siepi, fossi o boschi, allo spazio rurale, ai suoli e al-la diversità genetica, anche attraverso forme alternative (biologiche) della produzione agricola e della gestione dei pascoli (Povellato e Velazquez, 2005).

Inoltre, il regolamento (CE) 1257/1999, in merito alle norme comuni per i regimi di sostegno diretto nell’ambito della PAC, prevede per gli Stati membri l’obbligo di defi-nire adeguate misure ambientali, la cui applicazione è affidata alla coscienza e capacità degli agricoltori. Le risorse derivanti dalla modulazione degli aiuti, e dalle eventuali sanzioni connesse al mancato rispetto dei requisiti ambientali, costituiscono un aiuto comunitario supplementare, che rimane a disposizione degli Stati membri per l’attuazione delle misure agro-ambientali e delle indennità compensative.

Ulteriori misure da considerare, in un quadro di pianificazione futuro dello sviluppo agro-alimentare del Mezzogiorno italiano, sono quelle relative all’adeguamento e allo sviluppo delle zone rurali, dette anche “misure dell’articolo 33” perché riferite a tale ar-ticolo del regolamento (CE) 1257/1999. Si tratta, in linea generale, di interventi nel set-tore delle infrastrutture e dei servizi, nonché in favore della diversificazione economica e sociale.

In particolare, sono oggetto di finanziamento le seguenti misure: - opere di miglioramento fondiario e di ricomposizione fondiaria; - avviamento di servizi di assistenza alla gestione di aziende agricole; - commercializzazione di prodotti agricoli di qualità; - miglioramento delle condizioni di vita (in termini di servizi pubblici, ausilio allo

studio, preparazione di figure imprenditoriali aggiornate nel settore agro-alimentare, etc.);

- ammodernamento e sviluppo di villaggi; - promozione e tutela del patrimonio rurale; - diversificazione delle attività agricole e delle attività affini, allo scopo di creare at-

tività plurime o fonti alternative di reddito; - gestione delle risorse idriche destinate all’agricoltura; - miglioramento delle infrastrutture rurali connesse allo sviluppo dell’agricoltura; - incentivazione di attività turistiche ed artigianali; - tutela e gestione dell’ambiente in relazione all’agricoltura, alla silvicoltura, alla

conservazione delle risorse naturali e al benessere degli animali; - ricostruzione del potenziale di produzione agricolo danneggiato da calamità natu-

rali e di introduzione di adeguati strumenti di prevenzione; - sviluppo dell’ingegneria finanziaria.

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Va inoltre ricordato che il regolamento (CE) 1750/1999, sempre in materia di appli-cazione delle misure di sviluppo rurale, in analogia a quanto previsto per i nuovi pro-grammi dei fondi strutturali comunitari, prevede un bilancio annuale della politica di sviluppo rurale connesso ad un sistema di sanzioni ed incentivi finanziari, al fine di stimolare i singoli Stati a formulare previsioni realistiche e ad utilizzare le risorse in modo efficiente (Storti, 2000).

Seguendo le tappe che porteranno ai nostri giorni a fornire spunti di comprensione e pianificazione di un nuovo programma di sviluppo agro-alimentare per le regioni del Sud Italia, il quinto “step” del quadro normativo si raggiunge con la riunione del Con-siglio dei Ministri agricoli del 26 giugno 2003 a Lussemburgo, rappresenta un passo davvero decisivo (Mazzarino e Pagella, 2003). Il Consiglio raggiunge il compromesso finale sulla MTR (Mid-Term Review, ovvero revisione di medio termine della PAC), applicato attraverso il regolamento (CE) 1782/037.

L’elemento della MTR che in questa sede consideriamo è quello della condizionalità (o cross-compliance): l’esercizio della pratica agricola, nonchè l’adesione ai regimi di aiuto previsti dalla PAC, comporta da parte degli agricoltori il rispetto di una serie di obblighi volti a promuovere un’agricoltura più sostenibile, a tutelare il consumatore e a proteggere l’ambiente e la salute degli animali (ALLEGATO C).

La condizionalità non è una novità assoluta: già il regolamento (CE) 1259/19998, nel-lo stabilire le norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto previsto da Agenda 2000, assegnava agli Stati membri la facoltà di assoggettare il pagamento degli aiuti al rispetto di impegni o di requisiti in materia ambientale. Con la MTR la condizionalità, non solo diviene obbligatoria, ma risulta anche più estesa: oltre al rispetto delle norme ambientali, ora essa include anche requisiti riguardanti la sicurezza alimentare, la salute ed il benessere degli animali, il mantenimento dei terreni agricoli in condizioni agro-nomiche ed ambientali soddisfacenti.

Poiché è evidente che gli agricoltori devono in ogni caso rispettare le norme che re-golano l’esercizio della loro attività imprenditoriale, la funzione principale della condi-zionalità è quella di rendere esplicito il legame esistente tra il rispetto di una serie di condizioni e l’ottenimento di qualsiasi forma di sostegno, comprese quelle forme che non fanno parte del RPU (Regime di pagamento unico).

Pertanto, la condizionalità si fonda su due serie di requisiti principali. Gli agricoltori, come già accennato, sono tenuti innanzitutto a mantenere i terreni in

condizioni soddisfacenti, dal punto di vista agronomico ed ambientale, evitandone l’abbandono anche qualora non fossero destinati alla produzione. Le relative disposi-zioni sono definite dagli Stati membri, a livello nazionale o regionale, con riguardo alle caratteristiche delle zone interessate ed, in particolare: alle condizioni climatiche e geo-logiche; all’utilizzazione dei suoli; ai sistemi di coltivazione, alle rotazioni e alle prati-che agricole in uso; alla struttura aziendale. È importante osservare che le condizioni agronomiche ed ambientali soddisfacenti (in termini di sostenibilità economica ed eco-logica), nel loro insieme, costituiscono un requisito minimo che tutti gli agricoltori so-no chiamati a rispettare.

7 Gazzetta ufficiale del 30/04/2004, n.101. 8 Gazzetta ufficiale delle Comunità Europee, del 26/06/1999, L160/113.

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Esse non vanno pertanto confuse con le cosi dette “buone pratiche agricole”, che si presentano come impegni più avanzati e stringenti, previsti nel quadro dei regimi agro-ambientali volontari, per i quali gli agricoltori ricevono un pagamento in ragione dei servizi ambientali offerti al di là del rispetto degli obblighi ambientali di base.

Il mancato rispetto di questa serie di condizioni comporta l’applicazione, oltre che di eventuali ammende previste per l’inadempienza di norme vigenti, anche di una sanzio-ne corrispondente alla riduzione dei pagamenti diretti previsti nell’anno in cui si verifi-ca la non conformità: in caso di negligenza, la percentuale di riduzione non può supera-re il 5%, o il 15% in caso di recidiva; in caso di inosservanza volontaria (dolosa), la percentuale di riduzione non deve essere inferiore al 15%.

Politiche di sviluppo rurale si sono avvicendate attraverso regolamenti (CE) sino a misure più attuali. Il sesto “step” di rilievo è rappresentato dal regolamento (CE) 1698/20059, a cui seguiranno i regolamenti (CE) 1320/200610 (sulla transizione al nuovo sistema), 1944/200611 (contenente disposizioni di applicazione) e 1975/200612 (sulle pro-cedure di controllo e sulla condizionalità per le misure di sostegno allo sviluppo rura-le).

In particolare, gli obiettivi generali della politica di sviluppo rurale, individuati dal sesto “step”, regolamento (CE) 1698/2005, al quale hanno fatto riferimento le successi-ve misure di regolamentazione sino quelle attuali, sono tre:

- accrescere la competitività del settore agricolo e forestale sostenendo la ristrut-turazione, lo sviluppo e l’innovazione;

- valorizzare l’ambiente e lo spazio naturale sostenendo la gestione del territo-rio;

- migliorare la qualità di vita delle zone rurali e promuovere la diversificazione del-le attività economiche.

Il conseguimento di questi obiettivi è demandato a quattro assi, rappresentati da un insieme coerente di misure, ciascuna direttamente rivolta alla realizzazione di obiettivi specifici che contribuiscono al raggiungimento di uno o più tra gli obiettivi generali prima elencati. La denominazione dei primi tre assi riflette, pressoché integralmente, i corrispondenti obiettivi generali, mentre il quarto asse, che ha carattere trasversale (o metodologico), identifica il sostegno del FEASR (Fondo europeo agricolo per lo svi-luppo rurale) alle strategie di sviluppo locale, secondo il così detto approccio Leader. Gli assi a cui facciamo rifermento sono i seguenti:

- asse 1: miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale; - asse 2: miglioramento dell’ambiente e dello spazio rurale; - asse 3: qualità della vita delle zone rurali e diversificazione dell’economia rurale; - asse 4: Leader, che definisce la realizzazione della capacità progettuale e gestionale

locale ed il miglioramento della partecipazione locale alla definizione delle politiche.

9 Gazzetta ufficiale delle Comunità Europee, del 21/10/2005, L277/1. 10 Gazzetta ufficiale delle Comunità Europee, del 06/09/2006, L243/6. 11 Gazzetta ufficiale delle Comunità Europee, del 22/12/2006, L367/23. 12 Gazzetta ufficiale delle Comunità Europee, del 23/12/2006, L368/74.

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Per garantire un certo equilibrio tra gli obiettivi, è previsto che il contributo totale del FEASR sia destinato, almeno per il 10% all’asse 1, il 25% all’asse 2, il 10% all’asse 3, ed il 5% all’asse 4 (Letizia, 2005).

Entrando sempre più nello specifico delle misure in materia agro-ambientale, al fine di delineare le direttive base per un piano di sviluppo agro-alimentare delle regioni del Sud Italia competitivo all’interno di un mercato mondiale sempre più selettivo, è fon-damentale considerare la seconda priorità della politica di sviluppo rurale, che riguarda proprio misure volte al miglioramento dell’ambiente e delle aree di campagna.

L’obiettivo di tutela e di rafforzamento delle risorse naturali dell’UE richiede che le risorse assegnate all’asse 2 convergano verso tre aree comunitarie a livello comunitario: la biodiversità, con l’attuazione della rete agricola e forestale “Natura 2000” (ALLE-GATO D), ed il mantenimento dell’impegno assunto a Göteborg, di invertire il declino della biodiversità entro il 2010 (data ormai raggiunta!); la preservazione e lo sviluppo dell’attività agricola e dei sistemi forestali ad elevata valenza naturale, nonché dei pae-saggi agrari tradizionali; il regime delle acque, con gli obiettivi della direttiva 2000/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000 (che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque), e la riduzione dei gas clima-alteranti, con gli impegni connessi all’attuazione del protocollo di Kyoto per la mitiga-zione del cambiamento climatico.

Azioni chiave in tal senso dovrebbero essere: - promuovere servizi ambientali e pratiche agricole e zootecniche rispettose degli

animali, anche perché i cittadini europei sono largamente disponibili a riconoscere una remunerazione agli agricoltori che forniscono alla collettività servizi non di mercato, sottoscrivendo volontariamente accordi che superano il rispetto di norme obbligatorie;

- conservare il paesaggio agricolo e forestale, plasmato dall’uomo e quindi di forte valenza culturale e storica, nel quale la presenza stessa dell’uomo, con attività quali a-gricoltura, silvicoltura, allevamento, è tra le condizioni necessarie per ridurre i rischi connessi all’abbandono, specie nelle zone svantaggiate o in presenza di habitat partico-lari, come le zone umide, le praterie, i pascoli di montagna;

- combattere il cambiamento climatico attraverso la produzione di energie rinnova-bili e di materie prime per filiere energetiche, ma anche attraverso pratiche agricole e forestali che rafforzino la funzione di deposito di carbonio svolto dalle foreste e dalle sostanze organiche del terreno;

- consolidare il contributo dell’agricoltura biologica; - incoraggiare le iniziative ambientali che procurano benefici economici e viceversa,

come avviene in parte con le misure agro-ambientali che, rafforzando l’identità delle zone rurali e dei relativi prodotti, rappresentano una delle condizioni per la crescita del reddito e dell’occupazione generate dalla diversificazione economica in ambiente rura-le;

- promuovere l’equilibrio territoriale, rendendo cioè attrattive le zone rurali, anche al fine di mantenere un equilibrio sostenibile nella distribuzione geografica delle attivi-tà economiche.

Settimo “step” nel quadro degli “orientamenti strategici comunitari in materia di co-

esione” nel settore agro-alimentare/agro-ambientale viene raggiunto dal Consiglio Eu-

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ropeo con la decisione 2006/702/CE 13 del 6 ottobre 2006. Secondo l’art.1, queste misu-re costituiscono “un contesto indicativo per gli Stati membri per l’elaborazione dei quadri strategici di riferimento nazionali e di programmi operativi per il periodo 2007-2013” e, in conformità con gli orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione dell’Agenda di Lisbona (ALLEGATO E) rinnovata, essi sono strumenti che mirano ad indirizzare le risorse dei programmi sostenuti dalla politica di coesione verso tre priori-tà fondamentali (De Filippis e Sotte, 2006):

“rendere più attraenti gli Stati membri, le regioni e le città migliorando l’accessibilità, garantendo una qualità ed un livello adeguato di servizi, nell’impronta di una politica di tutela ambientale; promuovere l’innovazione, l’imprenditorialità e lo sviluppo dell’economia della coscienza mediante lo sviluppo della ricerca e dell’innovazione, comprese le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione; creare nuovi e migliori posti di lavoro attirando un maggior numero di persone verso il mercato del la-voro o l’attività imprenditoriale, migliorando l’adattabilità dei lavori e delle imprese e aumentando gli investimenti nel capitale umano”.

Secondo gli orientamenti comunitari, integrare la rinnovata strategia di Lisbona nei nuovi programmi della politica di coesione significa porre particolare attenzione ad una serie di principi, così brevemente individuati:

- centralità della conoscenza, della ricerca, dell’innovazione e del capitale umano; - sostenibilità dello sviluppo e sinergia tra economia, società e ambiente; - parità tra uomini e donne e assenza di discriminazioni basate sul sesso, razza o o-

rigine etnica, religione o convinzioni personali, disabilità età e orientamento sessuale. Nella decisione 2006/702/CE vengono prima descritti i tre orientamenti strategici

della programmazione 2007-2013, ognuno articolato a sua volta in diversi profili, e suc-cessivamente viene ad essere considerata la dimensione territoriale della politica di coe-sione.

Le misure agro-ambientali trovano risposte abbastanza esaurienti all’interno del primo orientamento strategico comunitario (“rendere l’Europa e le sue regioni più at-traenti per gli investimenti e l’occupazione”), a sua volta articolato in tre profili.

In particolare, in materia di tutela ambientale e sviluppo agroalimentare del Mezzo-giorno italiano, il profilo 1.2 risulta particolarmente interessante da analizzare. Infat-ti,questo profilo, che mira proprio al rafforzamento delle sinergie tra tutela dell’ambiente e crescita economica, prevede che “gli investimenti ambientali possano contribuire all’economia in tre modi diversi: garantendo la sostenibilità a lungo termine della crescita economica, riducendo i costi ambientali esterni per l’economia (costi sani-tari, costi di disinquinamento o di riparazione dei danni) e stimolando l’innovazione e la creazione di posti di lavoro”. Alla luce di questo principio base vengono, pertanto, suggeriti i seguenti ulteriori orientamenti:

- affrontare il notevole fabbisogno di investimenti nelle infrastrutture, specie nelle regioni dell’obiettivo “convergenza” e, in particolare, nei nuovi Stati membri per con-formarsi alla normativa ambientale in materia di acqua, rifiuti, aria, protezione della na-tura, delle specie faunistiche-botaniche-micologiche, e della biodiversità nel suo com-

13 Gazzetta ufficiale delle Comunità Europee, del 21/10/2006, n. 291.

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plesso (intesa come variabilità genetica a tutti i livelli dello spettro biologico) (ALLE-GATO F).

- garantire condizioni favorevoli alle imprese e al loro personale altamente qualifi-cato. Questo può essere assicurato promuovendo la pianificazione dell’uso del territo-rio, che riduce l’espansione urbana incontrollata, col recupero dell’ambiente fisico, compreso lo sviluppo del patrimonio naturale e culturale. Gli investimenti nel settore dovrebbero essere esplicitamente connessi allo sviluppo di imprese innovative e creatri-ci di posti di lavoro nei siti interessati;

- adottare, oltre agli investimenti per l’energia ed il trasporto sostenibili, investi-menti che contribuiscano al rispetto degli impegni di Kyoto assunti dalla UE;

- prendere misure di prevenzione dei rischi, attraverso una gestione migliore delle ri-sorse naturali, una ricerca più mirata ed un uso migliore delle TIC (Tecnologie infor-matiche e della comunicazione), e politiche pubbliche più innovative, compreso il mo-nitoraggio preventivo.

A questo punto un ultimo passo ci permette di avere gli strumenti per comprendere

il quadro politico-amministrativo col quale le regioni del Sud Italia si trovano a dialo-gare per avere risposte valide allo sviluppo di un piano agroalimentare che, nel rispetto delle normative ambientali, rivaluti il patrimonio del Mezzogiorno, lo orienti verso nuovi mercati e rafforzi la presenza sui mercati tradizionali.

Da un lato, infatti, l’approccio strategico alla politica di coesione 2007-2013 prevede la predisposizione, da parte dei singoli Stati membri, di un QSN (Quadro di riferimen-to strategico nazionale), attuato mediante PO (Programmi operativi) (ALLEGATO G).

Per quanto concerne la situazione italiana, fin dalla pubblicazione della prima pro-posta di regolamento generale sulla politica di coesione comunitaria (il futuro regola-mento 1083/2006/CE14), si sviluppa il dibattito tra l’amministrazione centrale, le regio-ni e i partner nazionali.

La Conferenza unificata Stato-Regioni, del 3 febbraio 2005, con l’intento di consoli-dare ulteriormente l’integrazione dei livelli di programmazione interessati e di rafforza-re il rapporto con le ordinarie politiche nazionali, approva le Linee guida per l’elaborazione del Quadro strategico nazionale per la politica di coesione 2007-2013 (European Commision, 2005), nelle quali è anche stabilito il percorso per la redazione di tale documento, che rappresenta l’ottavo “step” guida, a cui fanno riferimento le at-tuali strategie.

Si tratta di un percorso in tre fasi: valutazione dei risultati del periodo di program-mazione 2000-2006 e acquisizione della visione strategica delle regioni e dell’amministrazione centrale; confronto strategico tra le regioni e con l’amministrazione centrale; stesura del QSN. Ovviamente, tutto ciò deve avere un dia-logo forte con il partenariato economico-sociale e con le rappresentanze degli enti loca-li.

14 Regolamento di esecuzione del regolamento (CE) n. 1083/2006 recante disposizioni generali sul

fondo europeo di sviluppo regionale, sul fondo sociale europeo e sul fondo di coesione, Gazzetta ufficiale del 17/12/2008, n. 294.

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La prima fase si è conclusa nel 2005 con la predisposizione di documenti strategici preliminari da parte di ciascuna regione e provincia autonoma, di un successivo docu-mento strategico preliminare da parte dell’insieme delle amministrazioni centrali, non-ché di un documento strategico, denominato “Linee per un nuovo programma del Mezzogiorno”, predisposto dalle regioni interessate (Abruzzo, Molise, Campania, Ba-silicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna), in collaborazione con il Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione del Ministero dell’economia.

In una seconda fase le misure si sono rivolte allo sviluppo di un confronto tecnico-amministrativo fra i diversi livelli di governo e le parti economiche e sociali, attraverso seminari, tavole tematiche e gruppi di lavoro. Scopo di questa fase è stato il raggiungi-mento della stesura della bozza condivisa nel “Quadro strategico nazionale per la poli-tica regionale di sviluppo 2007-2013”, che altro non è che la denominazione del QSN in Italia.

La terza fase è stata poi quella del confronto politico sulla bozza del QSN che si conclude con la stesura definitiva del QSN, approvato prima dalla Conferenza unifica-ta Stato-Regioni, con intesa del 21 dicembre 2006, e quindi del CIPE (Comitato inter-ministeriale per la programmazione economica), nella seduta del 22 dicembre 2006 (Rhi-Sausi e Vacca, 2007).

Il passo successivo è stato l’avvio del negoziato con la Commissione europea, che porta alla messa a punto della versione finale del QSN, approvato dalla Commissione con decisione del 13 luglio 2007.

In particolare, rispetto a tale documento, si può innanzitutto segnalare l’entità delle risorse in gioco per il periodo 2007-2013. Si tratta (tenendo in considerazione il merca-to e i conseguenti prezzi relativi all’anno 2007) di oltre 124, 7 miliardi di euro, così ri-partiti: 28,7 miliardi di euro di contributo comunitario (l’assegnazione è in realtà pari a 28,812 miliardi circa, ma una parte, relativa ad azioni di cooperazione territoriale, è rea-lizzata al di fuori del QSN) e di 31,6 miliardi di euro di cofinanziamento nazionale (in-dicativo), oltre a 64,4 miliardi di euro di risorse nazionali destinate alla politica regiona-le. Queste ultime fanno riferimento al “Fondo aree sottoutilizzate” (FAS), rifinanziato dall’art.1, comma 863 della legge 299/200615 (finanziaria per il 2007), con oggetto “rea-lizzazione di interventi di politica regionale e nazionale relativi al periodo di program-mazione 2007-2013”.

Risulta altrettanto interessante notare che la forte concentrazione del contributo comunitario nelle regioni obiettivo “convergenza” e la minore, ma non certo trascura-bile, dotazione di risorse comunitarie per le regioni del Mezzogiorno che rientrano nell’obiettivo “competitività regionale ed occupazione”, si affiancano alla decisione di assegnare al Mezzogiorno l’85% del FAS (Fondo aree sottoutilizzate), in virtù dell’obiettivo, assunto anche dalla politica nazionale, di ridurre gli squilibri interni.

Un’analisi più dettagliata delle misure sopra dette si esplicita nei seguenti punti: - alle regioni dell’obiettivo “convergenza” (a cui si attengono le regioni Campania,

Puglia, Calabria e Sicilia) e del phasing-out (in cui rientra in via esclusiva la Basilicata) sono destinate risorse comunitarie per 21,6 miliardi di euro, cui si sommano 21,8 mi-liardi di euro di cofinanziamento nazionale;

15 Gazzetta ufficiale, del 27/12/2006, n. 299.

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- alle regioni obiettivo “competitività regionale e occupazione” (e in questa sede ci riferiamo alle regioni Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, veneto, provincia autonoma di Trento, provincia autonoma di Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Li-guria, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo, Lazio e Molise), e del phasing-in (per la re-gione Sardegna), sono destinate risorse comunitarie per 6,3 miliardi di euro, cui si sommano 9,6 miliardi di euro di cofinanziamento nazionale;

- all’obiettivo “cooperazione territoriale europea” sono destinate risorse comunita-rie per 0,6 miliardi di euro, cui si sommano 0,2 miliardi di euro di cofinanziamento na-zionale.

Su queste basi, escludendo l’obiettivo “cooperazione territoriale europea”, ma al

tempo stesso sommando le risorse del FAS, alle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna) vanno circa 101,6 mi-liardi di euro per il periodo 2007-2013; questo budget è stato ripartito nel modo se-guente: 23 miliardi di euro di finanziamento comunitario (82% del totale); 23,9 miliardi di euro di cofinanziamento nazionale (76% del totale), e 54,7 miliardi di euro del FAS (85% del totale).

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ALLEGATO A

Agenda 2000 “Un’opportunità storica” All'inizio del suo mandato, nel gennaio 1995, il Presidente Jacques Santer ha fissato

per la Commissione europea due obiettivi: il rafforzamento dell'Unione e i preparativi per l'ampliamento. Il 16 luglio 1997, dopo che l'accordo sul Trattato di Amsterdam (esso contiene innovazioni che vanno nella direzione di rafforzare l’unione politica, con nuove disposizioni nelle politiche di libertà, sicurezza e giustizia, compresa la na-scita della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, oltre all'integrazione di Schengen. Altre disposizioni chiarificano l'assetto della Politica estera e di sicurezza comune, con la quasi-integrazione dell'UEO, mentre viene data una rinfrescata, insuf-ficiente, al sistema istituzionale, in vista dell'adesione dei nuovi membri dell'est)16 aveva finalmente spianato la strada, egli ha presentato al Parlamento europeo “Agenda 2000”, la strategia dettagliata della Commissione per il rafforzamento e l'ampliamento dell'U-nione alle soglie del XXI secolo, e in tale occasione ha dichiarato che l'Europa si trova di fronte ad "un'opportunità storica".

Agenda 2000 rappresenta una strategia destinata a rafforzare la crescita, la competiti-vità e l'occupazione, a modernizzare le politiche-chiave e a estendere, mediante l'am-pliamento, i confini orientali dell'Unione fino all'Ucraina, la Bielorussia e la Moldavia. Come il Presidente Santer ha dichiarato di fronte al Parlamento, tali obiettivi sono strettamente interrelati: "Non possiamo pensare di attuare le riforme agricole o la ri-forma delle politiche strutturali senza al tempo stesso prendere in considerazione l'am-pliamento e le limitazioni finanziarie", ha dichiarato. "È l'insieme di queste equazioni che la Commissione ha cercato di risolvere con la sua comunicazione Agenda 2000".

La comunicazione della Commissione, lunga 1300 pagine, fornisce una valutazione scrupolosa sull'idoneità dei dieci paesi candidati dell'Europa centrorientale e racco-manda di avviare i negoziati per l'adesione con Ungheria, Polonia, Estonia, Repubblica ceca e Slovenia, i paesi ritenuti più prossimi a soddisfare i criteri fissati dal Consiglio europeo di Copenaghen del giugno 1993. I negoziati dunque prenderanno il via all'ini-zio del 1998, insieme a quelli con Cipro, alla cui candidatura la Commissione ha dato parere favorevole. Per le prime adesioni si dovrà comunque attendere fino al 2001, an-che se Agenda 2000 fissa come data più probabile il 2003.

Nel frattempo la porta resta aperta per Bulgaria, Romania, Lettonia, Lituania e Slo-vacchia, che verranno invitate a stipulare con l'UE dei partenariati destinati ad accelera-re i loro preparativi all'adesione. "Non è una politica di esclusione, ma al contrario un processo di integrazione, che si continuerà a praticare in modo sistematico", ha detto il Presidente Santer.

16 Gazzetta Ufficiale n. C 340 del 30 novembre 1997

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Da Agenda 2000 emerge chiaramente che l'ampliamento "imporrà ai 15 membri at-tuali costi supplementari rilevanti", anche se distribuiti su un lungo arco di tempo. La Commissione ritiene che tali costi ammonteranno in totale a 75 miliardi di ECU - "un vero Piano Marshall per i paesi dell'Europa centrorientale", ha detto il Presidente San-ter. Nonostante ciò, la Commissione non prevede aumenti del massimale delle entrate dell'Unione ("risorse proprie").

Una tripla sfida Agenda 2000 esamina in particolare tre delle sfide cui deve far fronte l'Unione:

• come rafforzare e riformare le politiche dell'Unione, affinché possano far fronte all'ampliamento e garantire una crescita sostenibile, un aumento dell'occupazione e un miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini europei;

• come negoziare l'ampliamento impegnandosi al tempo stesso con energia perché tutti i paesi candidati siano pronti all'adesione;

• come finanziare l'ampliamento, i preparativi e lo sviluppo delle politiche interne dell'Unione.

Rafforzare l'Unione: "Concentrarsi sull'essenziale e fornire un reale valore aggiunto" Obiettivo della Commissione è orientare molto più decisamente le politiche interne

verso gli obiettivi sociali ed economici dei cittadini europei riformulando al tempo stes-so le politiche chiave nell'ottica dell'ampliamento. Si dovranno affrontare essenzial-mente le questioni seguenti:

1. Proseguire le riforme istituzionali e riesaminare l'organizzazione e i metodi di lavoro della Commissione

La Commissione è del parere che le riforme istituzionali non siano ancora state completate, nonostante i passi avanti compiuti con il Trattato di Amsterdam del giugno 1997 per rafforzare "un'Europa dei cittadini" e rimuovere gli ostacoli all'avvio dei ne-goziati per l'ampliamento.

Essa invoca una decisione politica prima del 2000 sulla ponderazione dei voti degli Stati membri in seno al Consiglio e sulla riduzione del numero di commissari. Chiede anche che, appena possibile dopo il 2000, venga organizzata un'altra conferenza inter-governativa con il compito di preparare l'ampliamento con riforme istituzionali di am-pia portata, fra cui l'uso generalizzato del voto a maggioranza qualificata nel Consiglio.

Nella riforma si dovranno includere anche l'organizzazione interna e i metodi di la-voro della Commissione. Il suo profilo e la sua efficacia dovranno essere ulteriormente migliorati grazie al rafforzamento, previsto dal Trattato di Amsterdam, dello status e dei poteri del Presidente della Commissione; la Commissione, infine, ha deciso che è giunto il momento di avviare una revisione completa della sua organizzazione e dei suoi metodi lavoro.

2. Sviluppare le politiche interne per favorire la crescita, l'occupazione e la qualità della vita

Per conseguire tali obiettivi si stanno mettendo a punto con costanza e regolarità delle adeguate politiche, ma la Commissione ritiene che alcune di esse abbiano ancora

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bisogno di essere completate e rifinite, mentre per altre ci si deve impegnare con mag-gior vigore. Si sono fissate le seguenti priorità:

• creare le condizioni per una crescita sostenibile e per l'occupazione: l'impegno per la creazione dell'Unione economica e monetaria promuove la stabilità, l'efficienza di mercato e gli investimenti e, contemporaneamente, la piena attuazione del piano d'a-zione approvato dal Consiglio europeo di Amsterdam rappresenterebbe un passo avan-ti verso il pieno sfruttamento del Mercato unico per favorire la crescita e la creazione di posti di lavoro. Ulteriori progressi sono necessari per quanto riguarda il miglioramento delle condizioni operative delle PMI e lo sviluppo delle reti trans-europee che, fra l'al-tro, collegheranno più strettamente i paesi dell'Europa centrorientale all'Unione.

• sviluppare politiche "per la conoscenza" dando nuovo impulso alla ricerca e al-lo sviluppo tecnologico della Comunità, nonché ai programmi di istruzione e forma-zione che incentivano sia la mobilità transnazionale dei giovani che la società dell'in-formazione.

• modernizzare i sistemi di occupazione affinché una crescita e una competitività più sostenute contribuiscano quanto più possibile all'occupazione. A tale scopo è ne-cessario, fra l'altro, rendere i sistemi di previdenza sociale più favorevoli all'occupazio-ne e riformare le pensioni e i sistemi di assistenza sanitaria.

• migliorare le condizioni di vita impegnandosi in particolare per garantire che la crescita stimoli il nascere di una società più coesiva e integrata. A tale scopo è necessa-rio dedicare più attenzione alla sanità pubblica, attuare e applicare più rigorosamente i regolamenti in materia di ambiente, migliorare l'integrazione delle considerazioni am-bientali nell'elaborazione e nell'attuazione di tutte le politiche comunitarie e stabilire progressivamente un'area di libertà, sicurezza e giustizia.

3. Salvaguardare la coesione economica e sociale mediante fondi strutturali più effi-caci

La coesione è essenziale, e ancora di più lo sarà dopo l'ampliamento perché il reddito pro capite nei paesi candidati è pari solo a un terzo di quello medio dell'Unione. At-tualmente, nell'Unione, proprio l'importanza attribuita alla coesione ha stimolato l'e-laborazione di programmi globali destinati alle regioni in cui lo sviluppo è più lento (obiettivi 1 e 6), alle zone industriali in crisi (obiettivo 2) e alle aree rurali (obiettivo 5b). Grandi sforzi vengono anche dedicati all'occupazione e alla trasformazione indu-striale (obiettivi 3 - 4).

La Commissione è convinta che l'efficienza e la visibilità dei fondi strutturali miglio-rerebbero se si riducessero a tre i sette obiettivi attuali e se ne semplificasse e decentras-se la gestione - essenzialmente mediante una nuova formula di partenariato fra la Commissione, gli Stati membri e le regioni. Essa propone inoltre di concentrare, entro il 2006, le spese per gli obiettivi 1 e 2 (che dovrebbero essere ridefiniti per coprire le a-ree in cui è in corso una ristrutturazione economica e sociale di grande portata) sul 35-40% della popolazione dell'Unione, anziché sul 51% come avviene oggi.

Poiché il tasso medio di disoccupazione nelle regioni dell'obiettivo 1 è del 60% su-periore alla media complessiva, UE si propone di destinare ad esse circa i due terzi dei fondi strutturali disponibili per i 15 Stati membri. La Commissione ha dichiarato che, in futuro, si dovrà applicare con maggiore rigore il criterio previsto per includere una

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regione nell'obiettivo 1, vale a dire che il suo prodotto interno lordo pro capite sia infe-riore al 75% della media UE.

Si darà dunque la priorità ai programmi destinati a migliorare la competitività nelle aree dell'obiettivo 1 e a promuovere la diversificazione economica in quelle dell'obiet-tivo 2. Verrà infine creato un nuovo obiettivo 3 per le aree che non rientrano né nell'o-biettivo 1 né nell'obiettivo 2 ma che hanno bisogno di sostegno per adeguare e moder-nizzare i propri sistemi di istruzione, formazione e occupazione.

Il Fondo di coesione, di cui beneficiano gli Stati membri il cui PNL pro capite è infe-riore al 90% della media comunitaria e che finanzia le infrastrutture ambientali e dei trasporti, resterà immutato. La Commissione propone di destinare a tale Fondo, per gli Stati membri attuali, 3 miliardi di ECU all'anno all'inizio del periodo 2000-2006.

4. Proseguire la riforma della politica agricola comune

La Commissione intende rendere l'agricoltura comunitaria più competitiva sui mer-cati mondiali, più favorevole ai consumatori e, riconoscendo nuova priorità allo svi-luppo rurale, più rispettosa dell'ambiente. Nel definire le proposte di riforma, essa ha dovuto tenere conto anche del fatto che l'ampliamento verso est comporterebbe un aumento del 50% del terreno arabile e il raddoppio della manodopera agricola. La Commissione teme che, se ai paesi dell'Europa centrorientale si applicassero i prezzi di sostegno e pagamenti diretti della PAC al loro livello attuale, si creerebbe un afflusso disordinato di denaro nelle aree rurali che provocherebbe gravi squilibri di reddito e al-tre distorsioni sociali per detti paesi e un aumento delle eccedenze in zucchero, latte e carne per l'Unione.

Le riforme proposte dalla Commissione si basano sulla riforma del 1992, che ha con-sentito di ridurre le eccedenze di prodotti senza ostacolare una crescita media del 4,5% dei redditi degli agricoltori. I futuri obiettivi della PAC

• migliorare la competitività dell'Unione riducendo i prezzi; • garantire la sicurezza e la qualità dei prodotti alimentari per i consumatori; • garantire entrate stabili e un tenore di vita adeguato alla comunità agricola; • rendere i metodi di produzione favorevoli all'ambiente nel benessere degli ani-

mali; • integrare gli obiettivi ambientali nei suoi strumenti; • cercare di creare opportunità di reddito e di occupazione alternative per gli agri-

coltori e le loro famiglie. I cereali, la carne bovina e il latte sarebbero i prodotti maggiormente interessati alla

riforma. Una riduzione del 20% del prezzo di intervento dei cereali nel 2000, abbinata ad aiuti "superficie", dovrebbe evitare un eventuale aumento consistente delle ecceden-ze di cereali che, secondo le stime della Commissione, nel 2005 potrebbero arrivare a 58 milioni di tonnellate.

Nonostante le ripercussioni della ESB, senza una nuova linea politica le eccedenze di carne bovina potrebbero nel 2005 raggiungere 1,5 milioni di tonnellate. Per far fronte a

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tale situazione, la Commissione propone di tagliare la garanzia dei prezzi di quasi il 30% fra il 2000 e il 2002 e di compensare le perdite di reddito con aiuti diretti.

Un approccio analogo viene proposto per il settore lattiero-caseario. In base ad esso si prevede, da un lato, di conservare l'attuale sistema di quote e, dall'altro, di applicare entro il 2006 tagli del 10% ai prezzi medi di sostegno, che dovranno essere compensati da un pagamento annuale per le vacche da latte. Ulteriori trasformazioni verranno an-nunciate negli accordi relativi al tabacco, all'olio di oliva e al vino.

Politica rurale: la richiesta sempre più pressante di un'agricoltura più sensibile ai

problemi ambientali, con un maggiore uso della campagna a scopi ricreativi, crea nuovi obblighi e opportunità per l'agricoltura. La Commissione è favorevole a riconoscere un ruolo più importante alle misure agro-ambientali, in particolare quelle che richiedono uno sforzo supplementare da parte degli agricoltori, quali l'agricoltura biologica e la salvaguardia di habitat seminaturali. All'incentivazione di altri aspetti dello sviluppo rurale sostenibile contribuirà una riorganizzazione volta a rendere più efficaci e mirate le attuali politiche strutturali.

Gestione della PAC: nuovo impulso verrà dato a una radicale semplificazione delle norme e a un maggiore decentramento nella loro applicazione. Per quanto le ultime ri-forme abbiano reso la PAC più efficace e trasparente, infatti, esse sono all'origine an-che di incoerenze e sovrapposizioni fra le varie politiche e la Commissione ritiene che si debbano riconoscere agli Stati membri e alle regioni maggiori competenze in fatto di attuazione.

La sfida dell’ampliamento “Nuovo impulso allo sviluppo e all'integrazione dell'e-conomia europea nel suo complesso” Applicazione dei criteri

Su richiesta del Consiglio, la Commissione ha preparato un parere su ciascuna ri-chiesta di adesione, basandosi sulle risposte dei singoli paesi al questionario “ad hoc” loro inviato, su valutazioni formulate dagli Stati membri, su relazioni e risoluzioni del Parlamento europeo e sul lavoro di altri organismi. Il compito, in questo caso, era di-verso da quello cui ci si era trovati di fronte nel caso dei tre precedenti ampliamenti perché non si trattava solo di valutare la capacità dei candidati di applicare tutto il cor-po di leggi, regolamenti, norme e standard UE che vanno sotto il nome di acquis co-munitario. Oltre alla considerevole espansione di quest'ultimo, infatti, bisogna tenere presente che si sono aggiunti i cosiddetti i criteri di Copenaghen, che includono valuta-zioni politiche ed economiche di ampia portata. Era pertanto necessario che la Com-missione si proiettasse nel futuro per valutare i progressi che è plausibile attendersi dai canditati e addirittura anticipare i futuri sviluppi delle politiche dell'Unione.

I criteri di Copenaghen

Nel giugno 1993, il Consiglio europeo, riunito a Copenaghen, ha adottato i criteri per l'adesione da applicare ai paesi dell'Europa centrorientale. Per aderire all'Unione sono dunque necessari i seguenti requisiti:

• istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti del-l'uomo e la tutela delle minoranze;

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• l'esistenza di un'economia di mercato funzionante, nonché la capacità di far fronte alla pressione competitiva e alle forze di mercato che agiscono nell'Unione;

• la capacità di assumere gli impegni connessi all'adesione, compresa l'accettazione degli obiettivi dell'unione politica, economica e monetaria.

Le conclusioni della commissione

Democrazia e Stato di diritto: nel complesso, tutti i paesi candidati hanno regimi i-stituzionali, e costituzioni, chiaramente conformi ai principi democratici. Sottoscrivere tali principi, tuttavia, non è sufficiente: essi devono, infatti, essere messi in pratica quo-tidianamente.

Per quanto riguarda la pratica della democrazia, benché siano ancora necessari mi-glioramenti in una serie di paesi candidati, è la Slovacchia l'unico paese che non soddi-sfa le condizioni politiche richieste.

Economia di mercato funzionante, capacità di resistere a pressioni competitive e forze di mercato: tutti i paesi hanno compiuto notevoli progressi nella transizione ver-so un'economia di mercato ma, in linea generale, le riforme strutturali sono ancora al-l'inizio, soprattutto per quanto riguarda il sistema bancario e quello finanziario, non-ché i sistemi di previdenza sociale.

Nessuno dei paesi candidati soddisfa pienamente i criteri economici, ma alcuni do-vrebbero essere in grado di adeguarsi ad essi entro qualche anno. L'Ungheria e la Po-lonia sono le più vicine a tale traguardo, seguite a breve distanza dalla Repubblica ceca e dalla Slovenia. In Estonia esiste un'economia di mercato, ma sono necessari maggiori sforzi per acquisire la capacità di sostenere le pressioni competitive. La Slovacchia soddisfa quest'ultimo criterio, ma non può essere considerata un'economia di mercato funzionante.

Obiettivi dell'unione politica, economica e monetaria: i paesi candidati hanno già dimostrato la loro volontà di contribuire a un'efficace azione di politica estera e di dife-sa comune. Per quanto riguarda l'UEM, tuttavia, è improbabile che siano in grado di entrare nell'area dell'euro subito dopo l'adesione. Essi, tuttavia, dovranno conformarsi alle norme previste per i futuri membri dell'UEM, vale a dire riconoscere l'indipenden-za delle banche centrali, introdurre un coordinamento delle politiche economiche, at-tenersi agli aspetti pertinenti del Patto per la stabilità e la crescita e interrompere com-pletamente il finanziamento diretto del disavanzo del settore pubblico da parte delle banche centrali.

Assumere gli obblighi dell'adesione (l'acquis): in quasi nessuno dei paesi candidati si è avviata l'attuazione della legislazione dell'Unione nella normativa nazionale. Benché in alcuni casi periodi transitori possano essere giustificati, il Consiglio europeo ha e-scluso l'ipotesi che un paese possa aderire senza avere adottato interamente l'acquis. In relazione a tale aspetto, inoltre, si pone il problema dell'eventuale capacità dei sistemi amministrativi e giudiziari dei paesi in oggetto di attuare e applicare l'acquis.

Dalle principali tendenze registrate nei paesi candidati emerge che, con ulteriori sforzi importanti, a medio termine l'Ungheria, la Polonia e la Repubblica ceca do-vrebbero essere in grado di introdurre e applicare la maggior parte dell'acquis, mentre Slovacchia, Estonia, Lettonia, Lituania e Slovenia dovranno ancora potenziare in mi-sura considerevole e per lungo tempo il proprio impegno.

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L’impatto dell’ampliamento sulle politiche UE In Agenda 2000 si conclude che l'ampliamento comporterà notevoli vantaggi eco-

nomici e politici. Le differenze fra gli Stati membri, tuttavia, saranno più profonde e gli adeguamenti nei vari settori economici e nelle varie regioni dovranno essere preparati con cura. I paesi candidati avranno bisogno di investimenti consistenti in settori quali la tutela dell’ambiente, i trasporti, l'energia, la ristrutturazione industriale, le infrastrut-ture agricole e la società rurale. Nelle centrali nucleari, infine, si dovranno applicare standard di sicurezza accettati a livello internazionale.

Preparativi più incisivi per l’ampliamento.

Fondamentalmente, obiettivo delle iniziative destinate a stimolare i preparativi per l'ampliamento è garantire che i paesi candidati introducano l'acquis, per quanto possi-bile, prima dell'adesione. Ciò consentirà di basare i negoziati sul principio che esso ver-rà applicato a partire dal momento stesso dell'adesione: la Commissione è decisamente contraria a lasciare ai paesi in questione scappatoie o deroghe agli obblighi politici sta-biliti.

Nello sforzo di dare maggiore impulso alla fase di preadesione, la Commissione rac-comanda un nuovo quadro, vale a dire un Partenariato di adesione con ciascun paese candidato, e un nuovo sistema di programmazione e valutazione dei risultati ottenuti da ciascun paese.

Partenariati di adesione: per tale tramite, tutte le forme di assistenza ai paesi del-l'Europa centrorientale dovranno confluire in un unico quadro, che dovrà includere i seguenti aspetti:

• precisi impegni da parte dei paesi candidati per quanto riguarda la democrazia, le politiche macroeconomiche stabili e la sicurezza nucleare;

• un programma nazionale per l'adozione dell'acquis entro termini precisi, nel ri-spetto delle priorità definite nel parere della Commissione. L'assistenza finanziaria UE sarà subordinata al conseguimento di tali obiettivi e ai progressi compiuti;

• mobilizzazione di tutte le risorse dell'Unione a sostegno dei preparativi dei paesi candidati. Per il momento lo strumento utilizzato è il programma PHARE, ma si pos-sono prevedere nuove forme di assistenza.

La Commissione raccomanda che, man mano che introducono l'acquis, i paesi can-didati abbiano l'opportunità di partecipare ai programmi dell'Unione.

La Conferenza europea: ribadendo che l'ampliamento è un processo a lungo termi-ne che interessa tutta l'Europa, la Commissione propone una conferenza annuale a li-vello di capi di Stato e di governo, con la partecipazione del Presidente della Commis-sione, che coinvolga gli Stati membri UE e tutti gli aspiranti membri. La Conferenza dovrebbe fornire un'occasione di consultazione su un'ampia serie di questioni attinenti alla politica estera e di sicurezza comune, nonché agli affari interni e alla giustizia.

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Il quadro finanziario per il periodo 2000-2006 “Il nuovo quadro finanziario dovrà fornire una copertura coerente, entro limiti di bilancio ragionevoli, allo sviluppo delle politiche comunitarie e all'impatto dell'in-gresso nell’Unione dei nuovi membri”

La Commissione è convinta che non sarà necessario innalzare il massimale di spesa attuale, pari all’1.27% del prodotto nazionale lordo degli Stati membri. Il nuovo qua-dro finanziario intende soddisfare tre esigenze:

• coprire un periodo di tempo sufficientemente lungo; • essere in grado di finanziare i bisogni fondamentali; • garantire la sana gestione delle finanze pubbliche. Sulla base di una stima del tasso di crescita medio pari al 2,5% nell'UE e al 4% nei

paesi candidati, si prevede che, entro il 2006, saranno disponibili risorse aggiuntive pari a circa 20 miliardi di ECU. Le spese totali previste dovrebbero aumentare del 17%, la-sciando così un margine di riserva perché sarebbero inferiori alla crescita del PNL, pre-vista pari al 24%:

• le spese per la PAC possono essere coperte senza difficoltà prevedibili, rispet-tando il limite annuale per l'aumento delle spese, che è attualmente pari al 74% del-l'aumento del PNL. Le riforme dovrebbero generare risparmi per 3,7 miliardi di ECU entro il 2006, ma il sostegno diretto ai redditi comporterà uscite per 7,7 miliardi di ECU mentre rimboschimenti, prepensionamenti e altre misure saranno responsabili di spese per altri 2,8 miliardi di ECU;

• le spese per le politiche strutturali dovrebbero mantenersi al livello attuale dello 0,46% del PNL raggiungendo, per tutto il periodo, i 275 miliardi di ECU, di cui 210 miliardi dovrebbero essere utilizzati per iniziative da attuare negli Stati membri attuali, compresi 20 miliardi di ECU per il Fondo di coesione. A partire dal momento dell'ade-sione, i nuovi Stati membri riceverebbero in totale 38 miliardi di ECU, compresa la loro quota del Fondo di coesione, mentre l'aiuto di preadesione per le spese dei paesi candi-dati nel campo dei trasporti e dell'ambiente dovrebbe ammontare a 7 miliardi di ECU.

Le altre spese dovrebbero aumentare in linea con la crescita del PNL, anche se la Commissione prevede una crescita più rapida per quanto riguarda le politiche in grado di dare un contributo più consistente alla crescita e all'occupazione.

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ALLEGATO B REGOLAMENTO SULLO SVILUPPO RURALE (REG. CE N. 1257/1999). REG. CE N. 2078/1992: MISURE DI RILEVANZA AMBIENTALE

Il regolamento sullo sviluppo rurale (Reg. Ce n. 1257/1999) riassume tutte le vecchie e nuove politiche di sostegno al settore agricolo e costituisce, insieme alla politica dei mercati ed alla politica delle strutture, un fondamentale pilastro della Politica Agricola Comunitaria (PAC) 2000/2006.

Il regolamento prevede diverse misure, alcune delle quali di diretta rilevanza am-bientale:

• misure agro-ambientali; • silvicoltura; • indennità compensative per zone svantaggiate e zone soggette a vincoli ambientali.

1. Le misure agro-ambientali Le misure agro-ambientali trovano corrispondenza nelle misure contemplate dal

precedente Reg. Ce n. 2078/1992 “relativo ai metodi di produzione agricola compatibili con le esigenze di protezione dell’ambiente e con la cura dello spazio naturale”.

Il Reg. Ce n. 2078/1992 disciplinava l’elargizione di contributi alle imprese agricole che assumessero precisi impegni agro-ambientali, anche in relazione al perseguimento di specifici obiettivi di politica ambientale (“le misure devono incitare gli agricoltori ad assumere impegni che li vincolino all’esercizio di un’agricoltura compatibile con le esi-genze della tutela dell’ambiente e con le cure dello spazio naturale…(ma) devono com-pensare gli agricoltori per le perdite di reddito loro recate dalla riduzione della produ-zione e/o dall’aumento dei costi di produzione, nonché per il ruolo che essi svolgono nel miglioramento dell’ambiente”):

• riduzione dell’intensità di produzione e di allevamento; • riduzione delle superfici poste a coltivazione mediante l’accrescimento delle tare

produttive e la creazione di corridoi ambientali ai fini di protezione della fauna selvatica; • riduzione dell’impiego di concimi e/o fitofarmaci; • realizzazione di interventi di ripristino ambientale e di salvaguardia di biotipi. Le misure agro-ambientali contemplate dal Reg. Ce n. 1257/1999 (art. 22, 23 ed il 24)

attribuiscono rilevanza essenziale al perseguimento e raggiungimento di concreti obiet-tivi ambientali, superando la tradizionale ottica produttiva.

Gli aiuti elargiti sono ordinariamente commisurati alla superficie produttiva dell’azien-da e gli impegni delle imprese agricole devono avere durata almeno quinquennale.

Il sostegno agli impegni agro-ambientali e cioè ai “metodi di produzione agricola fi-nalizzata alla protezione dell’ambiente ed alla conservazione dello spazio naturale” viene concesso annualmente.

L’importo massimo è stabilito in: • 600 euro/ha per le colture annuali; • 900 euro/ha per le colture specializzate; • 450 euro/ha per gli altri utilizzi dei terreni. Le misure sono specificamente mirate a promuovere e sostenere:

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• la riduzione dell’impatto ambientale dell’attività agricola; • la tutela ed il miglioramento dell’ambiente, del paesaggio, del suolo e delle diver-

sità genetiche; • la diffusione di metodi di produzione estensivi; • l’utilizzazione di sistemi di pascolo a bassa intensità. Ciò in funzione della diffusione di sistemi e metodologie di produzione agricola

non inquinanti, mirate a garantirne sostenibilità anche nel medio lungo termine (at-traverso la conservazione e riproduzione delle risorse naturali: stabilità e fertilità natu-rale dei suoli, qualità e regimentazione delle acque, varietà degli ecotipi e dei genotipi, etc.) e funzionali a massimizzare la funzione di benessere sociale connessa e/o conse-guente alla produzione con obiettivi di sviluppo qualitativo quali:

• la salubrità degli alimenti; • la conservazione del paesaggio agrario; • la protezione di specie in via di estinzione.

2. Silvicoltura I contributi al settore forestale (contemplati in precedenza nel Reg. Cee 2082/92 ) ri-

guardano: • l’imboschimento di superfici forestali ed agricole; • investimenti in foreste miranti ad incrementarne il valore economico, sociale od

ecologico; • investimenti per razionalizzare e migliorare la produzione, la trasformazione e la

commercializzazione dei prodotti della silvicoltura; • la promozione di nuovi sbocchi dei prodotti della silvicoltura; • la costituzione di associazioni di imprenditori forestali; • la ricostituzione delle foreste danneggiate da calamità.

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Il sostegno viene concesso solo per le foreste e superfici che siano in proprietà di soggetti privati o di loro associazioni, ovvero di comuni o di loro associazioni, ad ecce-zione per la ricostituzione di foreste danneggiate da incendi o disastri naturali.

Gli aiuti per l’imboschimento di superfici agricole non vengono elargiti per gli agri-

coltori che già beneficiano del sostegno al prepensionamento e per l’impianto di abeti natalizi.

In maniera dettagliata l’aiuto massimo previsto per l’imboschimento di superfici a-gricole è di:

• 725 euro/ha per gli imprenditori agricoli o loro associazioni; • 185 euro/ha per le altre persone di diritto privato. Sono previsti pagamenti compensativi da un minimo di 40 euro/ha ad un massimo di

120 euro/ha per migliorare e mantenere la stabilità ecologica delle foreste.

3. Indennità compensative per zone svantaggiate e zone soggette a vincoli ambientali I contributi previsti per le zone svantaggiate e le zone soggette a vincoli ambientali

mirano al raggiungimento dei seguenti obiettivi: • mantenere vitale una comunità rurale mediante un uso continuo delle superfici

agricole; • conservare lo spazio naturale; • incentivare sistemi produttivi in grado di tutelare l’ambiente. Gli aiuti vengono elargiti agli agricoltori che: • coltivino una superficie minima di terreno da definire; • proseguano per almeno cinque anni un’attività agricola in zone svantaggiate; • utilizzino pratiche colturali non contrastanti la tutela ambientale e la conserva-

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zione dello spazio naturale, applicando sistemi di produzione agricola sostenibile. In caso di infrazione dovuta alla presenza di residui di sostanze vietate ai sensi della

direttiva 96/22/CE o di residui di sostanze autorizzate ma utilizzate illecitamente, il produttore è escluso dal beneficio dell’indennità compensativa per l’anno civile dell’accertamento; fino a cinque anni a decorrere dall’anno di accertamento dell’infrazione in caso di recidiva.

L’indennità compensativa è di: • 25 euro/ha ( valore minimo); • 200 euro/ha ( valore massimo). La superficie totale delle zone svantaggiate e di quelle caratterizzate da vincoli am-

bientali non può superare il 10% della superficie complessiva di uno Stato membro.

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ALLEGATO C IL CONCETTO DI “CONDIZIONALITÀ” o “CROSS-COMPLIANCE”

Si tratta, nello specifico, dell’imposizione di condizioni di rispetto, salvaguardia e/o valorizzazione ambientale come contropartita di una politica di sostegno all’agricoltura. Nel dibattito europeo, i termini cross-compliance, eco-condizionalità o condizionalità ambientale sono utilizzati in modo intercambiabile per indicare la su-bordinazione del sostegno alle imprese agricole a condizionamenti ambientali. Nella ri-forma Fischler del 2003, ogni agricoltore beneficiario di pagamenti diretti, sia di quelli che ricadono nel pagamento unico che di quelli che ne sono al momento esclusi, è tenu-to al rispetto delle norme individuate nell’ambito della condizionalità. Essa riguarda sia criteri di gestione obbligatoria (CGO) che il mantenimento della terra in buone condi-zioni agronomiche e ambientali (BCAA). Il mancato rispetto delle norme imposte dalla condizionalità comporta una riduzione degli aiuti diretti, fino alla loro completa sop-pressione.

L’introduzione di questo strumento ha, pertanto, il duplice obiettivo di incrementa-re la sostenibilità ambientale delle attività agricole e, nel contempo, di favorire una maggiore accettabilità sociale dell’agricoltura, corrispondendo alle esigenze di compa-tibilità ambientale, paesaggistica, nonchè di produzione di elementi sani e di qualità che i cittadini dell’Unione Europea richiedono al settore primario.

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ALLEGATO D RETE NATURA 2000

Natura 2000 è una rete di zone situate sul territorio degli Stati membri in cui si de-

vono proteggere “le specie vegetali e animali, e il loro habitat”. Questa protezione è or-ganizzata dalla direttiva denominata «Uccelli» (1979) e dalla direttiva «Habitat» (1992).

La legislazione comunitaria elenca le specie della fauna e della flora e gli habitat che presentano un interesse particolare perché rari o a rischio, in particolare le specie e gli habitat minacciati d'estinzione. Su proposta degli Stati membri la Commissione desi-gna le zone in cui si organizza la protezione di tali specie e habitat. Queste zone sono classificate in base a sette regioni bio-geografiche dell'UE (alpina, atlantica, boreale, continentale, macaronesiana, mediterranea e pannoniana).

La rete è strutturata in zone di protezione speciali (ZPS) finalizzate alla conserva-zione di più di 180 specie e sottospecie di uccelli, e in zone speciali di conservazione (ZSC) miranti alla conservazione di più di 250 tipi di habitat, di 200 specie animali e di più di 430 specie vegetali. Natura 2000 rappresenta oggi più del 20% del territorio ter-restre dell'Unione europea.

Gli Stati sono responsabili della gestione di queste zone e devono assicurare la con-servazione delle specie e degli habitat designati dalla legislazione comunitaria. Le attivi-tà umane, come ad esempio l'agricoltura, continuano ad essere autorizzate all'interno di tali zone, ma devono essere compatibili con l'obiettivo di conservazione.

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ALLEGATO E AGENDA DI LISBONA

Il Consiglio europeo straordinario di Lisbona, tenutosi nei giorni 23 e 24 marzo

2000, è nato dalla volontà di imprimere un nuovo slancio alle politiche comunitarie, in un momento in cui la congiuntura economica è la più promettente da una generazione per gli Stati membri dell'Unione europea. Occorreva pertanto adottare provvedimenti a lungo termine in questa prospettiva.

Due recenti evoluzioni stanno modificando profondamente l'economia e la società contemporanee: la globalizzazione dell'economia costringe l'Europa ad essere all'avan-guardia di tutti i settori nei quali è forte l'intensificarsi della concorrenza. L'arrivo re-pentino e l'importanza crescente delle tecnologie dell'informazione e delle comunica-zioni (TIC) nella sfera professionale e in quella privata hanno una duplice conseguenza: proporre una revisione completa del sistema d'istruzione europeo e garantire l'accesso alla formazione lungo tutto l'arco della vita.

Il Consiglio europeo di Lisbona dunque ha cercato di formulare orientamenti in grado di cogliere le opportunità offerte dalla nuova economia, allo scopo fra l'altro di sradicare il flagello sociale costituito dalla disoccupazione. Dato che il processo di Car-diff, Colonia e Lussemburgo costituisce complessivamente un arsenale di strumenti sufficienti, in occasione del Consiglio di Lisbona non è stato ritenuto necessario creare nuovi processi. Al contrario, la strategia adottata in tale occasione prevedeva, infatti, l'adattamento e il potenziamento dei processi esistenti per consentire al potenziale di crescita economica, occupazionale e di coesione sociale di svilupparsi pienamente; ad esempio, dotando l'Unione europea di indicatori affidabili e comparabili fra Stati membri, per poter adottare tutti i provvedimenti appropriati.

Grazie ad una situazione economica favorevole, l'obiettivo della piena occupazione sembrava raggiungibile nel 2000. Tuttavia, a causa del rallentamento dell'economia e delle difficoltà strutturali negli Stati membri, l'Unione europea è ora in ritardo su tale obiettivo. Le debolezze del mercato del lavoro in Europa continuano a presentare al-cune difficoltà, segnatamente:

• l'insufficienza della creazione di posti nel settore dei servizi, malgrado tale setto-re sia di gran lunga il più importante in termini occupazionali;

• forti squilibri regionali, in particolare dopo l'allargamento del 2004; • un elevato tasso di disoccupazione di lunga durata; • un'inadeguatezza fra l'offerta e la domanda di manodopera, il che è abbastanza

frequente nei periodi di ripresa economica; • una insufficiente partecipazione femminile al mercato del lavoro; • l'andamento demografico europeo, in particolare l'invecchiamento della popola-

zione. Tutte queste debolezze possono essere rimosse, a condizione che siano varati gli op-

portuni strumenti. Poiché i margini di manovra si ampliano grazie alla ripresa econo-mica, è d'uopo anticipare la duplice sfida tecnologica e sociale che si presenta: tale sfida non soltanto deve essere raccolta, essa deve soprattutto servire da trampolino di lancio per conseguire l'obiettivo della piena occupazione.

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La sfida tecnologica Le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) rappresentano una sfi-

da importante ma, allo stesso tempo, nel settore è insito un potenziale rilevante per l'occupazione. La Commissione prevede di migliorare la qualità e la quantità dei posti di lavoro nell'Unione europea a breve ed a medio termine grazie all'impatto delle TIC. La comunicazione del giugno 2005 dal titolo

«2010 - Una società dell'informazione per la crescita e l'occupazione» definisce gli ampi orientamenti politici. In un contesto più generale, occorre provvedere affinché la società dell'informazione sia alla portata di tutti, senza distinzione di classe sociale, razza, religione o sesso. La stessa economia digitale che consente di migliorare la quali-tà della vita è un fattore di migliore concorrenzialità e di creazione di posti di lavoro.

E' necessario però assicurarsi che la transizione economica e sociale, per quanto ra-pida, non emargini alcuna categoria di cittadini, e che i frutti della crescita che ne con-seguono siano ripartiti equamente. E' proprio questa la finalità di iniziative come «eEurope», varata dalla Commissione. Questa iniziativa sottolinea l'importanza del-l'aumento della produttività economica e del miglioramento della qualità e dell'accessi-bilità dei servizi a vantaggio dell'insieme dei cittadini europei, basato su un'infrastrut-tura rapida (banda larga) e sicura di accessi a Internet e disponibile per il maggior nu-mero di persone.

Una società basata sulla conoscenza

Per consentire alle persone che fanno il proprio ingresso sul mercato del lavoro di diventare soggetti attivi nell'economia della conoscenza, occorre che il loro livello d'i-struzione sia sufficientemente elevato. Il rapporto inversamente proporzionale fra livel-lo di studio e tasso di disoccupazione tende a crescere, per cui è necessario che l'Europa aumenti il livello d'istruzione cui i cittadini arrivano al momento di lasciare gli studi.

L'insegnamento e la ricerca devono essere coordinati meglio su scala europea, il che può realizzarsi mettendo in rete i programmi nazionali e comuni di ricerca.

E' grazie a questi strumenti che l'Europa potrà sviluppare il potenziale di creazione di posti di lavoro dischiuso dalle TIC. Si prevede, infatti, che fra il 2000 e il 2010 la me-tà dei posti di lavoro creati in Europa proverrà più o meno dalle tecnologie dell'infor-mazione, come è accaduto per i posti creati in esito al vantaggio dell'UE nella telefonia mobile.

Il miglioramento della competitività in Europa

Per diventare l'area economica più competitiva del mondo occorre, oltre a migliora-re le condizioni della ricerca, anche instaurare un clima favorevole allo spirito d'impre-sa, in particolare attraverso la riduzione dei costi connessi alle formalità burocratiche.

Al di là di questa necessaria semplificazione amministrativa, la Commissione ha rite-nuto necessario sviluppare una vera e propria cultura d'impresa in Europa.

Anche il completamento del mercato interno figura tra le priorità emerse dal Vertice di Lisbona del 2000 e resta una priorità nel 2005. Nelle sue conclusioni, il Consiglio eu-ropeo chiede fra l'altro agli Stati membri, al Consiglio e alla Commissione di fare tutto ció che è in loro potere affinché sia portata a termine la liberalizzazione di settori mol-to specifici (gas, elettricità, servizi postali, trasporti, ecc.). La Commissione ha inoltre

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definito una strategia per il mercato interno 2003-2006, imperniata su alcuni obiettivi specifici. Quest'ultima fa parte delle linee di orientamento integrate 2005-2008.

Integrazione dei mercati finanziari e coordinamento delle politiche macroeconomi-che

Il potenziale dell'euro deve costituire un'opportunità per integrare i mercati finan-ziari europei. Infatti, come sottolineato dalla comunicazione della Commissione «Il ca-pitale di rischio: una soluzione per la creazione di posti di lavoro nell'Unione europe-a», i mercati dei capitali di rischio sono un fattore di primaria importanza per lo svi-luppo delle PMI. Le conclusioni del Consiglio europeo indicano la necessità di definire un calendario rigoroso, in modo da attuare, entro il 2005, un piano d'azione rivolto ai mercati finanziari.

Per quanto riguarda le politiche economiche, le priorità continuano a concentrarsi sulla stabilità macroeconomica definita nel Patto di stabilità e crescita, pur con l'inse-rimento degli obiettivi di crescita e occupazione. La transizione verso un'economia del-la conoscenza implica che alle politiche strutturali spetta un ruolo più importante che nel passato.

Modernizzare e rafforzare il modello sociale europeo

Nel suo contributo alla preparazione del Consiglio europeo di Lisbona, la Commis-sione sottolinea che il modello sociale europeo è dotato delle risorse necessarie per aiu-tare il passaggio verso la società della conoscenza. L'integrazione sociale sarà promossa favorendo il lavoro, garantendo sistemi pensionistici sostenibili in un periodo di «in-vecchiamento» della popolazione europea, nonché assicurando la stabilità sociale.

La Commissione, nella sua opera di promozione dell'integrazione sociale, ha elevato questi parametri a obiettivi di primaria importanza, come per l'ultimo punto, in cui si è mostrata molto attiva, sia nella lotta contro la xenofobia e il razzismo, sia nella battaglia per promuovere le pari opportunità uomo-donna sia nelle sue azioni a favore dei disa-bili.

A cinque anni dal varo della strategia di Lisbona, la Commissione constata che alcu-ni progressi sono stati compiuti nel quadro di tale strategia. La comunicazione dal tito-lo «Lavoriamo insieme per la crescita e l'occupazione. Un nuovo slancio per la strategia di Lisbona», propone segnatamente un processo di coordinamento semplificato, ac-compagnato da una concentrazione degli sforzi sui piani di azione nazionali (PAN).

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ALLEGATO F PRINCIPALI NORMATIVE IN MATERIA DI TUTELA DELL’AMBIENTE Decreto Presidente Repubblica 08/06/1982 n° 470 Attuazione della direttiva (CEE) n. 76/160 relativa alla qualità delle acque di balnea-zione. Decreto Presidente Repubblica 24/05/1988 n° 236 Attuazione della direttiva CEE numero 80/778 concernente la qualità delle acque de-stinate al consumo umano, ai sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987. Legge 05/01/1994 n° 36 Disposizioni in materia di risorse idriche. Decreto Presidente Repubblica 18/02/1999 n° 238 Regolamento recante norme per l'attuazione di talune disposizioni della legge 5 gen-naio 1994, n. 36, in materia di risorse idriche. D.Lgs. Governo 11/05/1999 n° 152 Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitra-ti provenienti da fonti agricole. D.Lgs. Governo 02/02/2001 n° 31 Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consu-mo umano. Decreto Ministeriale 06/11/2003 n° 367 Regolamento concernente la fissazione di standard di qualità nell'ambiente acquatico per le sostanze pericolose, ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152. D.Lgs. Governo 03/04/2006 n° 152 Norme in materia ambientale. Aree protette Legge 06/12/1991 n° 394 Legge quadro sulle aree protette. Decreto Presidente Repubblica 08/09/1997 n° 357 Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonche' della flora e della fauna selvatiche.

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A r i a Legge 13/07/1966 n° 615 Provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico. Decreto Presidente Repubblica 24/05/1988 n° 203 Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di in-quinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183. Decreto Pres. Cons. Ministri 21/07/1989 Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni, ai sensi dell'art. 9 della legge 8 luglio 1986, n. 349, per l'attuazione e l'interpretazione del decreto del Presidente della Re-pubblica 24 maggio 1988, n. 203, recante norme in materia di qualità dell'aria relativa-mente a specifici agenti inquinanti e di inquinamento prodotto da impianti industriali. Decreto Ministeriale 12/07/1990 Linee guida per il contenimento delle emissioni degli impianti industriali e la fissazione dei valori minimi di emissione. D.Lgs. Governo 04/08/1999 n° 351 Attuazione della direttiva 96/62/CE in materia di valutazione e di gestione della quali-ta' dell'aria ambiente. Decreto Ministeriale 16/01/2004 n° 44 Recepimento della direttiva 1999/13/CE relativa alla limitazione delle emissioni di composti organici volatili di talune attività industriali, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203. D.Lgs. Governo 21/05/2004 n° 171 Attuazione della direttiva 2001/81/CE relativa ai limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici. D.Lgs. Governo 03/08/2007 n° 152 Attuazione della direttiva 2004/107/CE concernente l'arsenico, il cadmio, il mercurio, il nichel e gli idrocarburi policiclici aromatici nell'aria-ambiente. Difesa del suolo Legge 18/05/1989 n° 183 Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo. Legge 05/01/1994 n° 37

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Norme per la tutela ambientale delle aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque pubbliche. Decreto Presidente Repubblica 18/07/1995 Approvazione dell'atto di indirizzo e di coordinamento concernente i criteri per la re-dazione dei piani di bacino. Inquinamento elettromagnetico Legge 22/02/2001 n° 36 Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettro-magnetici. Decreto Pres. Cons. Ministri 08/07/2003 Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed e-lettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz. Decreto Pres. Cons. Ministri 08/07/2003 Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità' per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti. D.Lgs. Governo 01/08/2003 n° 259 Codice delle comunicazioni elettroniche. D.Lgs. Governo 06/11/2007 n° 194 Attuazione della direttiva 2004/108/CE concernente il riavvicinamento delle legisla-zioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica e che abroga la di-rettiva 89/336/CEE. I. P. P. C. D.Lgs. Governo 04/08/1999 n° 372 Attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate del-l'inquinamento. Decreto Ministeriale 23/11/2001 Dati, formato e modalità della comunicazione di cui all'art. 10, comma 1, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372. Decreto Ministeriale 29/05/2003 Approvazione del formulario per la comunicazione relativa all'applicazione del decreto legislativo n. 372/1999, recante attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla preven-zione e riduzione integrate dell'inquinamento.

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D.Lgs. Governo 18/02/2005 n° 59 Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione in-tegrate dell'inquinamento. R i f i u t i D.Lgs. Governo 27/01/1992 n° 95 Attuazione delle direttive 75/439/CEE e 87/101/CEE relative alla eliminazione degli oli usati. D.Lgs. Governo 27/01/1992 n° 99 Attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell'ambiente, in par-ticolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura. D.Lgs. Governo 05/02/1997 n° 22 Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio. Decreto Ministeriale 05/02/1998 Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recu-pero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. Decreto Ministeriale 01/04/1998 n° 145 Regolamento recante la definizione del modello e dei contenuti del formulario di ac-compagnamento dei rifiuti ai sensi degli articoli 15, 18, comma 2, lettera e), e comma 4, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. Decreto Ministeriale 01/04/1998 n° 148 Regolamento recante approvazione del modello dei registri di carico e scarico dei rifiuti ai sensi degli articoli 12, 18, comma 2, lettera m), e 18, comma 4, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. Decreto Ministeriale 25/10/1999 n° 471 Regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislati-vo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni e integrazioni. Decreto Ministeriale 18/09/2001 n° 468 Regolamento recante: 'Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale'. Decreto Ministeriale 12/06/2002 n° 161 Regolamento attuativo degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, relativo all'individuazione dei rifiuti pericolosi che e' possibile ammettere alle pro-cedure semplificate.

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D.Lgs. Governo 13/01/2003 n° 36 Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti. D.Lgs. Governo 24/06/2003 n° 182 Attuazione della direttiva 2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per i ri-fiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico. D.Lgs. Governo 24/06/2003 n° 209 Attuazione della direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso. Decreto Presidente Repubblica 15/07/2003 n° 254 Regolamento recante disciplina della gestione dei rifiuti sanitari a norma dell'articolo 24 della legge 31 luglio 2002, n. 179. Decreto Ministeriale 29/07/2004 n° 248 Regolamento relativo alla determinazione e disciplina delle attivita' di recupero dei prodotti e beni di amianto e contenenti amianto. Decreto Pres. Cons. Ministri 22/12/2004 Approvazione del modello unico di dichiarazione ambientale per l'anno 2005 - cap. 1 sezione veicoli a fine vita o fuori uso. D.Lgs. Governo 21/02/2005 n° 36 Disposizioni sanzionatorie in applicazione del regolamento (CE) n. 1774/2002, e suc-cessive modificazioni, relativo alle norme sanitarie per i sottoprodotti di origine anima-le non destinati al consumo umano. D.Lgs. Governo 11/05/2005 n° 133 Attuazione della direttiva 2000/76/CE, in materia di incenerimento dei rifiuti. D.Lgs. Governo 25/07/2005 n° 151 Attuazione delle direttive 2002/95/CE, 2002/96/CE e 2003/108/CE,relative alla ridu-zione dell'uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché allo smaltimento dei rifiuti. Decreto Ministeriale 03/08/2005 Definizione dei criteri di ammissibilita' dei rifiuti in discarica. D.Lgs. Governo 03/04/2006 n° 152 Norme in materia ambientale. Rischi di incidenti rilevanti Decreto Presidente Repubblica 17/05/1988 n° 175

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Attuazione della direttiva CEE n. 82/501, relativa ai rischi di incidenti rilevanti connes-si con determinate attività industriali, ai sensi della legge 16 aprile 1987, n. 183. D.Lgs. Governo 17/08/1999 n° 334 Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rile-vanti connessi con determinate sostanze pericolose. Decreto Ministeriale 16/05/2001 n° 293 Regolamento di attuazione della direttiva 96/82/CE, relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose. Decreto Pres. Cons. Ministri 16/02/2007 Linee guida per l'informazione alla popolazione sul rischio industriale. R u m o r e Decreto Pres. Cons. Ministri 01/03/1991 Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell'ambiente ester-no. Legge 26/10/1995 n° 447 Legge quadro sull'inquinamento acustico. Decreto Pres. Cons. Ministri 14/11/1997 Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore. Decreto Pres. Cons. Ministri 31/03/1998 Atto di indirizzo e coordinamento recante criteri generali per l'esercizio dell'attivita' del tecnico competente in acustica, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera b), e dell'art. 2, commi 6, 7 e 8, della legge 26 ottobre 1995, n. 447 'Legge quadro sull'inquinamento acustico'. Decreto Ministeriale 29/11/2000 Criteri per la predisposizione, da parte delle societa' e degli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, dei piani degli interventi di conte-nimento e abbattimento del rumore. D.Lgs. Governo 04/09/2002 n° 262 Attuazione della direttiva 2000/14/CE concernente l'emissione acustica ambientale del-le macchine ed attrezzature destinate afunzionare all'aperto. D.Lgs. Governo 19/08/2005 n° 194 Attuazione della direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale.

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Sostanze e merci pericolose Decreto Presidente Repubblica 10/09/1982 n° 904 Attuazione della direttiva (CEE) n. 76/769 relativa alla immissione sul mercato ed al-l'uso di talune sostanze e preparati pericolosi. Decreto Ministeriale 03/12/1985 Classificazione e disciplina dell'imballaggio e dell'etichettatura delle sostanze pericolo-se, in attuazione delle direttive emanate dal Consiglio e dalla Commissione delle Co-munità europee. Decreto Presidente Repubblica 24/05/1988 n° 215 Attuazione delle direttive CEE numeri 83/478/ e 85/610 recanti, rispettivamente, la quinta e la settima modifica (amianto) della direttiva CEE n. 76/769 per il ravvicina-mento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi, ai sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183. Decreto Presidente Repubblica 24/05/1988 n° 216 Attuazione della direttiva CEE n. 85/467 recante sesta modifica (PCB/ PCT) della di-rettiva CEE n. 76/769 concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, re-golamentari ed amministrative degli Stati membri relative alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi, ai sensi del-l'art. 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183. Legge 27/03/1992 n° 257 Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto. Decreto Ministeriale 04/09/1996 Attuazione della direttiva 94/55/CE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su strada. D.Lgs. Governo 03/02/1997 n° 52 Attuazione della direttiva 92/32/CEE concernente classificazione, imballaggio ed eti-chettatura delle sostanze pericolose. Decreto Ministeriale 28/04/1997 Attuazione dell'art. 37, commi 1 e 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, con-cernente classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose. D.Lgs. Governo 13/01/1999 n° 41 Attuazione delle direttive 96/49/CE e 96/87/CE relative al trasporto di merci pericolo-se per ferrovia. Decreto Ministeriale 20/08/1999

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Ampliamento delle normative e delle metodologie tecniche per gli interventi di bonifi-ca, ivi compresi quelli per rendere innocuo l'amianto, previsti dall'art. 5, comma 1, let-tera f), della legge 27 marzo 1992, n. 257, recante norme relative alla cessazione dell'im-piego dell'amianto. D.Lgs. Governo 04/02/2000 n° 40 Attuazione della direttiva 96/35/CE relativa alla designazione e alla qualificazione pro-fessionale dei consulenti per la sicurezza dei trasporti su strada, per ferrovia o per via navigabile di merci pericolose. Decreto Ministeriale 07/09/2002 Recepimento della direttiva 2001/58/CE riguardante le modalita' della informazione su sostanze e preparati pericolosi immessi in commercio. D.Lgs. Governo 14/03/2003 n° 65 Attuazione delle direttive 1999/45/CE e 2001/60/CE relative alla classificazione, al-l'imballaggio e all'etichettatura dei preparati pericolosi. Decreto Ministeriale 18/03/2003 n° 101 Regolamento per la realizzazione di una mappatura delle zone del territorio nazionale interessate dalla presenza di amianto, ai sensi dell'articolo 20 della legge 23 marzo 2001, n. 93. Decreto Ministeriale 20/06/2003 Recepimento della direttiva 2003/28/CE della Commissione del 7 aprile 2003, che adat-ta per la quarta volta al progresso tecnico la direttiva 94/55/CE del Consiglio concer-nente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su strada. Decreto Ministeriale 03/07/2003 n° 194 Regolamento concernente l'attuazione della direttiva 98/101/CE della Commissione del 22 dicembre 1998, che adegua al progresso tecnico la direttiva del Consiglio 91/157/CEE relativa alle pile ed agli accumulatori contenenti sostanze pericolose. Decreto Ministeriale 02/08/2005 Recepimento della direttiva 2004/111/CE della Commissione del 9 dicembre 2004, che adatta per la quinta volta al progresso tecnico la direttiva 94/55/CE del Consiglio, con-cernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su strada. Decreto Ministeriale 23/09/2005 Pubblicazione della traduzione in lingua italiana del testo consolidato della versione 2005 delle disposizioni degli allegati A e B dell'Accordo europeo sul trasporto interna-zionale di merci pericolose su strada (ADR), di cui al decreto del Ministro delle infra-

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strutture e dei trasporti 2 agosto 2005 in materia di trasporto di merci pericolose su strada.

Valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) Decreto Pres. Cons. Ministri 10/08/1988 n° 377 Regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambientale di cui all'art. 6della legge 8 luglio 1986, n. 349, recante istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale. Decreto Pres. Cons. Ministri 27/12/1988 Norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale e la formulazione del giudizio di compatibilità di cui all'art. 6, L. 8 luglio 1986, n. 349, adottate ai sensi dell'art. 3 del D.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377. Decreto Presidente Repubblica 12/04/1996 Atto di indirizzo e coordinamento per l'attuazione dell'art. 40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale. Decreto Presidente Repubblica 02/09/1999 n° 348 Regolamento recante norme tecniche concernenti gli studi di impatto ambientale per talune categorie di opere. Decreto Ministeriale 01/04/2004 Linee guida per l'utilizzo dei sistemi innovativi nelle valutazioni di impatto ambientale. D.Lgs. Governo 03/04/2006 n° 152 Norme in materia ambientale.

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ALLEGATO G LINEE GUIDA PER L’ELABORAZIONE DEL QUADRO STRATEGICO NA-ZIONALE PER LA POLITICA DI COESIONE 2007-2013

1. La scelta strategica europea

Una delle principali novità della riforma della politica di coesione predisposta dalla Commissione europea (e condivisa da tutti i paesi) per il periodo 2007-2013 è il tentati-vo di rafforzare, a livello europeo e nazionale, l’identificazione, la visibilità e la verifi-cabilità degli obiettivi strategici di questa politica, e di meglio legarli agli obiettivi di sviluppo fissati nei vertici di Lisbona e Goteborg.

Questa scelta risponde alle critiche che la politica di coesione ha incontrato e incon-tra nel confronto politico e culturale europeo, mira ad accrescerne l’efficacia e la visibi-lità politica e accoglie la richiesta fatta dall’Italia sin dal I Memorandum sul futuro della politica di coesione: rendere più forte ed esplicito l’indirizzo della politica di coesione come strumento per accrescere la competitività dell’Unione.

Si tratta, dunque, di una scelta appropriata e condivisa. Ma si tratta anche di una scelta da interpretare e riempire di contenuti.

Ne va scongiurata, in tutti i Paesi membri, certamente in Italia, la possibile lettura quasi-gerarchica - una programmazione tutta discendente, dall’Unione, agli Stati, alle Regioni, agli enti locali -con la Commissione europea in un ruolo “esterno” (che fissa obiettivi e ne verifica l’attuazione). Ne va, viceversa, attuata una lettura che valorizzi il ruolo centrale delle Regioni nel processo di programmazione, il concorso decisivo che all’esercizio di tale ruolo deve venire dagli enti locali e l’indispensabile contributo delle rappresentanze degli interessi privati, la responsabilità irrinunciabile dello Stato centra-le nel perseguire l’obiettivo del riequilibrio economico e sociale fra i suoi territori. An-che in questo caso si tratta di una lettura appropriata per tutti gli Stati membri, ma che per l’Italia trova fondamento negli articoli 114, 117 e 119 della Costituzione, e nella e-sperienza positiva realizzata nella programmazione comunitaria 2000-2006.

La svolta strategica proposta dalla Commissione trova il principale punto di forza nella previsione, per ogni paese beneficiario, di un Quadro di riferimento strategico na-zionale - d’ora in poi, Quadro strategico nazionale o QSN -che, per tutti gli obiettivi della politica di coesione1, definisca all’inizio del periodo la strategia che con la politica di coesione si intende perseguire.

L’importanza del Quadro strategico nazionale è rimarcata dal fatto che gli obiettivi in esso enunciati saranno oggetto centrale dei Rapporti strategici sull’attuazione che la Commissione e gli Stati membri saranno chiamati a discutere nel corso dell’attuazione del QSN.

È dunque nel definire il contenuto di tale Quadro e il processo attraverso cui scri-verlo che si manifesta l’interpretazione che l’Italia vuole dare alla “svolta strategica”.

2. Il Quadro strategico: politiche regionali comunitarie e nazionali

L’esistenza in Italia di una politica regionale nazionale, realizzata in base all’articolo 119, comma 5, della Costituzione attraverso il Fondo per le aree sottoutilizzate, le Inte-se istituzionali di programma e gli Accordi di Programma Quadro, e la scelta compiuta

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di rendere questa politica pienamente coerente con quella comunitaria, e viceversa, im-plicano che il QSN debba di necessità riferirsi a entrambe le politiche. Gli obiettivi di coesione economica, sociale e territoriale e di competitività territoriale e le azioni per perseguirli sono, infatti, comuni alle due politiche. Entrambe costituiscono strumenti per attuare gli obiettivi di Lisbona e Goteborg.

Ne discende che nel QSN, come già avviene nelle principali economie europee, do-vrà trovare posto, come per la politica comunitaria, un impegno programmatico set-tennale, anche per la politica regionale nazionale.

Attraverso questa scelta di convergenza programmatica fra politica regionale nazio-nale e comunitaria, si potranno pienamente utilizzare gli strumenti dell’Intesa istitu-zionale di programma e dell’Accordo di programma quadro, che costituiscono la piena attuazione del principio di leale collaborazione del nostro assetto costituzionale. Nello stesso ambito di concertazione istituzionale del QSN, tali strumenti saranno rafforzati e semplificati (cfr. anche art. 3.7, delibera 20/2004), mentre le priorità della componente nazionale della politica regionale potranno essere riviste, con riguardo all’intero ambito delle politiche pubbliche rilevanti per lo sviluppo.

In realtà, la versione attuale del Regolamento prevede solo l’inclusione dell’obiettivo 1 e 2 e non anche dell’obiettivo 3 (cooperazione), che, tuttavia, l’Italia propone di in-cludere nel QSN.

Si realizzerà così un impianto strategico unitario che non vedrà più due programma-zioni – la comunitaria e la nazionale – distinte, anche se con punti di incontro. 3. I cinque contenuti della strategia

Quali siano gli elementi fondanti di una “Strategia per la politica di coesione”, rea-lizzata con risorse comunitarie e nazionali, è bene identificato dalla prassi di program-mazione costruita dall’Italia nel 2000-2006, nel Sud e nel Centro-Nord, dall’impianto della riforma della politica di coesione e dal modo in cui l’Italia l’ha prima richiesta e intende ora interpretarla.

Tali profili strategici sono cinque e andranno articolati distintamente per i tre obiet-tivi:

I. Obiettivi di coesione e competitività per il 2013: date le opportunità relative al complesso delle risorse disponibili, le criticità nel loro utilizzo, e le tendenze economi-che e sociali in atto, quali obiettivi l’Italia e le sue specifiche aree possono prefiggersi di raggiungere alla fine del periodo grazie alla politica regionale, comunitaria e nazionale?

II. Priorità di intervento: quali tipologie di interventi, e segnatamente quali beni pubblici, e servizi collettivi, possono prioritariamente consentire, nelle diverse aree ter-ritoriali, di realizzare gli obiettivi sopra indicati? Nel caso dell’obiettivo 2, questo indi-rizzo strategico, nel prevedere per il Fondo FESR le priorità “innovazione”, “ambien-te” e “accessibilità”, e per il Fondo FSE le priorità relative all’occupazione, allo svilup-po delle risorse umane e all’inclusione sociale, consentirà di motivare la concentrazione tematica e territoriale delle risorse. Per tutti gli obiettivi, l’indirizzo servirà anche a mo-tivare la natura regionale o multiregionale, ove appropriata, dell’intervento e le scelte relative alle aree urbane e rurali e alle aree meno favorite così come definite dal Trattato costituzionale in corso di ratifica all’art. III-220 con particolare attenzione alla monta-gna e alle regioni insulari e transfrontaliere.

III. Integrazione finanziaria e programmatica: anche in relazione alla esplicita previ-

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sione della coesione territoriale nel Trattato, quali scelte vanno effettuate per assicurare l’integrazione fra fondi e, con particolare riferimento alle risorse umane e allo sviluppo rurale, quella fra la politica comunitaria di coesione e le altre politiche comunitarie, nonché una miglior coerenza fra programmazione economico-sociale e pianificazione territoriale?

IV. Integrazione fra politiche regionali e politiche nazionali: quale coerenza esiste fra politiche regionali, comunitaria e nazionale, e politiche nazionali di settore e di rete, os-sia quali politiche nazionali sono necessarie per l’efficacia delle politiche regionali così come rappresentate dagli obiettivi sub I, e in quale modo le principali politiche nazio-nali concorrono allo scenario delle politiche regionali? Attraverso quale uso delle Inte-se istituzionali di programma e degli Accordi di programma quadro Stato-Regioni si intende accrescere tale integrazione?

V. Governance e capacità istituzionali: Quali soluzioni istituzionali devono priori-tariamente essere adottate, nell’assetto amministrativo, nella regolazione dei mercati e nel partenariato istituzionale e con le parti economiche e sociali, e quali iniziative di rafforzamento delle capacità istituzionali devono essere prese, al fine di dare maggiore efficacia alle politiche regionali, comunitaria e nazionale? Quali modalità adottare per il coinvolgimento degli enti locali? 4. La componente operativa

Il QSN dovrà anche contenere una sezione operativa, breve, che dia cogenza ad al-cuni degli indirizzi strategici assunti.

Per tutti gli obiettivi, tale sezione dovrà contenere: • lista dei Programmi operativi; • risorse di massima, annuali, per Programma operativo e per fondo; • composizione, di massima, fra investimenti pubblici (materiali e immateriali) e trasferimenti alle imprese; • indicazione di alcuni (pochi) obiettivi (coerenti con quelli di Lisbona-Goteborg,

con le relative strategie attuative – in particolare con la Strategia europea per l’occu-pazione - e con quelli fissati negli Orientamenti strategici comunitari che la Commis-sione elaborerà per il 2007-2013), e di indicatori corrispondenti, della cui evoluzione si darà conto nell’attuazione dei Programmi;

• criteri per costruzione di meccanismi di premialità; • obiettivi programmatici relativi alle risorse della politica regionale nazionale (Fondo per le aree sottoutilizzate). Per l’obiettivo 1, la sezione dovrà anche contenere: • previsione settennale della spesa in conto capitale distinta per fonti aggiuntive e

ordinarie, al fine di stabilire l’obiettivo verificabile di addizionalità; • ripartizione di massima delle risorse fra priorità di intervento; • impegni operativi in merito ai profili della valutazione e della capacità istituzionale; • i collegamenti e le sinergie con le politiche nazionali di settore.

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5. Come scrivere il QSN: il processo Il percorso muove dalla conferma di una impostazione della programmazione for-

temente orientata dalle e alle Regioni. Ciò sulla base di una valutazione positiva dell’esperienza maturata in questo ciclo di programmazione, che tut tavia evidenzia la necessità di un rafforzamento della integrazione sia all’interno delle Regioni, sia tra le stesse Regioni, sia, infine, fra le scelte regionali e le politiche settoriali di rete nazionali.

L’esperienza positiva di programmazione maturata in questi anni nelle politiche re-gionali, comunitaria e nazionale, il livello di decentramento politico e amministrativo raggiunto dall’Italia, la necessità di un rafforzamento delle diverse forme di integrazio-ne richiamate, consentono e suggeriscono di procedere alla preparazione del Quadro strategico nazionale attraverso un processo che:

• parta da una rilettura del sistema di Intese e di Accordi di programma quadro oggi in essere, dai progetti di investimento pubblico oggi in corso di realizzazione a opera delle politiche regionali e nazionali, e dal loro effettivo stato di attuazione, anche mirando a individuarne modalità di semplificazione degli adempimenti e di velocizza-zione degli interventi;

• affidi alle singole Regioni, da una parte, e al complesso delle Amministrazioni centrali, dall’altra, il compito di elaborare, anche sulla base di tale ricognizione, prime autonome valutazioni in merito ai profili strategici di cui al punto 3;

• si avvalga di autonome valutazioni delle parti economiche e sociali; • assicuri l’integrazione e il coordinamento con il processo di programmazione fi-

nalizzato alla definizione del Quadro strategico per lo sviluppo rurale; • assicuri una effettiva partecipazione a tali valutazioni degli enti locali; • preveda nella fase finale una forte cooperazione dei livelli di governo nazionale,

regionale e locale sulla base delle prime autonome valutazioni, fino a giungere a una opportuna ratifica inter-istituzionale.

Sulla base di questi principi, il processo di elaborazione del QSN potrà articolarsi in tre fasi: Fase 1 – Estrapolazione e visione strategica delle Regioni e del Centro; Fase 2 – Confronto strategico Centro-Regioni Fase 3 – Sintesi: stesura del Quadro strategico nazionale.

Fase 1: Estrapolazione e visione strategica.

Questa prima fase consiste nella preparazione da parte di ogni Regione e del com-plesso delle Amministrazioni centrali coinvolte, di un proprio Documento strategico preliminare nel quale vengono descritte e motivate le priorità strategiche relative ai cin-que profili di cui al punto 3.

Questa fase e il documento che ne risulta è, a un tempo, pragmatica e di visione: pragmatica, perché ogni soggetto istituzionale estrapola e “razionalizza ex post” le scelte programmatiche e progettuali compiute e in corso di attuazione, con particolare riferimento al sistema delle Intese e degli Accordi di programma quadro; di visione, perché viene data adeguata attenzione alla prefigurazione di scenari a lungo termine.

In particolare, ogni Regione, oltre a estrapolare le modifiche di contesto e di oppor-tunità connesse alle scelte progettuali già in atto:

• valuterà gli effetti regionali dei principali grandi interventi nazionali (o internazio-nali) di rete, sulla base di un’informazione coerente avuta dai livelli centrali responsabili;

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• indicherà come mettere a coerenza la programmazione economica con le diverse forme di governo del territorio, anche al fine di contestualizzare priorità, vincoli e strumenti di intervento sul territorio stesso;

• indicherà le priorità relative agli obiettivi, agli strumenti, ai metodi di attuazione, in riferimento alla governance regionale;

• fornirà indicazioni sui metodi prescelti di concertazione istituzionale, con parti-colare attenzione al ruolo delle città e delle autonomie locali;

• suggerirà le aree di intervento dove appare opportuna e auspicabile l’integrazione con interventi di altre Regioni ed eventualmente di altre aree comunitarie.

Nel caso dell’obiettivo 1, le Regioni coinvolte realizzeranno i propri Documenti stra-tegici in modo coordinato e d’intesa con il Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione (DPS), che curerà il coordinamento con le altre Amministrazioni interessate per materia e per fondo. In considerazione del volume di risorse esistente e delle particolari necessità di coordinamento, la stesura dei Documenti regionali sarà in questo caso ac-compagnata dalla predisposizione, a cura delle Regioni e del DPS, di un breve documen-to “Linee per un nuovo Programma Mezzogiorno” dove, partendo da una attenta valu-tazione dello stato di attuazione delle politiche regionali, comunitaria e nazionale, sia e-splicitato e integrato anche il ruolo delle Regioni del Mezzogiorno non in obiettivo 1.

Per quanto riguarda le Amministrazioni centrali, esse produrranno un loro comune Documento strategico preliminare. Esso conterrà fra l’altro: − valutazione ed estrapolazione dei programmi nazionali eventualmente realizzati nel 2000-2006; • identificazioni di alcune fondamentali priorità per il nuovo periodo; • indicazioni per assicurare coerenza fra QSN e Piani nazionali per l’occupazione; • indicazioni in merito alle risorse (FAS) della politica regionale nazionale; • indicazioni in merito alle principali linee di intervento della politica nazionale

nel periodo 2007-2013 e dei presumibili impegni finanziari. Per entrambi i livelli di governo, il relativo Documento verrà predisposto attraverso

una stretta concertazione con le parti economiche e sociali e con le rappresentanze isti-tuzionali degli enti locali.

Al fine di assicurare, già in questa fase, una forte circolazione di informazioni e cono-scenze fra i diversi livelli di governo verrà organizzato con tutte le Regioni (dell’obiettivo 1 e 2) un numero ristretto (3-5) di seminari tematici su aspetti centrali per la coesione e la competitività delle diverse aree territoriali del paese e con funzioni di va-lutazione strategica (ad esempio: PMI e innovazione; risorse naturali e culturali e do-manda turistica; ambiente e governo del territorio; etc.). Il risultato di questi seminari potrà fungere di supporto per la predisposizione dei rispettivi documenti strategici.

Fase 2: Confronto strategico Centro-Regioni

Il confronto fra i due livelli di governo avrà luogo sulla base dei Documenti strategi-ci predisposti.

Le finalità del confronto saranno diverse per obiettivo 2 e 3, da una parte, e obiettivo 1, dall’altra.

Per gli obiettivi 2 e 3 si mirerà a individuare una convergenza fra i due livelli di go-verno attorno a tipologie di intervento che, pure variando da Regione a Regione nel pe-

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so e nelle modalità di attuazione, sia no riconducibili a obiettivi e strumenti strategici chiaramente descrivibili, visibili e verificabili.

Si mirerà inoltre a individuare eventuali obiettivi multiregionali che possano legare fra loro, dare scala adeguata e dovute sinergie a indirizzi strategici comuni proposti da singole Regioni, valutando anche il ricorso a meccanismi premianti. Applicando i prin-cipi di concentrazione e di integrazione delle risorse e degli obiettivi, sarà, in altri ter-mini, possibile la rilettura in chiave interregionale delle aree tematiche che costituisco-no priorità comuni. L’“interregionalizzazione” delle strategie è necessaria soprattutto per la ricomposizione programmatica di alcuni comparti (quali ad esempio gli interven-ti a rete, su cui peraltro puntano le strategie europee collegate agli obiettivi di Lisbona e di Goteborg), sulle quali convergono anche impegni delle Amministrazioni centrali.

Per l’obiettivo 1, dove l’insieme delle risorse comunitarie e nazionali continuerà a costituire oltre metà della spesa in conto capitale dell’area, il confronto fra i due livelli di governo dovrà, a partire dal documento “Linee” elaborato nella fase 1, prevedere l’aggiornamento di un Programma strategico per l’intera area che espliciti obiettivi, priorità, forme di integrazione finanziaria e programmatica e governance per l’insieme del Mezzogiorno.

La fase di confronto dovrebbe avvenire quando sarà già stato predisposto il docu-mento di Orientamenti strategici comunitari per le politiche di coesione, di cui si potrà quindi, a questo stadio, tenere pienamente conto. Peraltro, la realizzazione di un ade-guato partenariato con la Commissione europea e un avvio sufficientemente tempesti-vo della prima fase dovrà consentire all’Italia di interagire con la stessa stesura degli O-rientamenti comunitari.

Fase 3: Stesura del Quadro strategico nazionale

L’attuazione del processo sin qui descritto consentirà di pervenire alla stesura del QSN, secondo lo schema di massima descritto nei paragrafi 3 e 4, in un modo che tenga conto del confronto fra indirizzi strategici maturati in livelli di governo diversi e con una forte partecipazione dei soggetti privati, contemporaneamente definendo uno schema programmatico finanziario integrato tra finanza comunitaria e finanza naziona-le anche alla luce degli esiti del nuovo Quadro comunitario.

Questa modalità di predisposizione del QSN dovrebbe consentire a tale documento, non solo di combinare a un tempo pragmatismo e visione, impostazioni strategiche delle singole Regioni e del Centro, ma anche di assicurare una sostanziale contempora-neità fra la predisposizione della versione finale del QSN e la preparazione dei singoli Programmi operativi che lo attuano.

Il QSN sarà approvato dal CIPE sentita la Conferenza unificata. 6. Tempistica

In via di larghissima massima, i tempi del processo ora descritto potrebbero essere i seguenti (considerando anche le attività di valutazione strategica ed ex ante): -gennaio 2005-settembre 2005: I fase (seminari e stesura Documenti strategici) -ottobre 2005-dicembre 2005: II fase (Confronto strategico Centro-Regioni) -febbraio 2006: III fase e bozza QSN -giugno 2006: invio a Commissione di QSN e, ove possibile, dei singoli Programmi operativi.

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