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2018 Nisan Alcar Fiyat Listesi

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UMBERTO ECO E LA SEMIOTICA INTERPRETATIVA

continua

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Pragmatica del testo: Lector in fabula •  Il lettore non è passivo ma coopera attivamente alla costruzione del senso

•  Il testo è una macchina pigra: è intessuto di non detto

•  Il testo postula il destinatario come condizione della sua capacità comunicativa.

•  «Un testo è un prodotto la cui sorte interpretativa deve far parte del proprio meccanismo generativo» (Lector in fabula, p. 54)

•  Il lettore modello, come pure l’autore modello, sono strategie testuali.

•  La cooperazione testuale si svolge tra due strategie discorsive non tra soggetti empirici.

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Autore modello e lettore modello

Testo

Lettore modello

Autore modello

Ricevente empirico Emittente

Empirico

Cfr. Eco, Lector in fabula, Bompiani 1979.

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«Considera, ad esempio, i processi che chiamiamo “giochi”. Intendo giochi da scacchiera, giochi di carte, giochi di palla, gare sportive e via discorrendo. Che cosa è comune a tutti questi giochi? – non dire: “Deve esserci qualcosa di comune a tutti, altrimenti non si chiamerebbero ‘giochi’” – ma guarda se ci sia qualcosa che sia comune a tutti, vedrai somiglianze, parentele, e anzi ne vedrai tutta una serie…» (Wittgenstein, Ricerche filosofiche (1958), par. 66)

• Qui l’Autore modello è uno stile filosofico e il Lettore modello è la capacità intellettuale di condividere questo stile.

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Strumenti per la costruzione di un lettore modello

•  Lingua e varietà di lingua (specialistica, settoriale, gergale, giovanile ecc.)

• Tipo di enciclopedia •  genere •  stile

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Il lavoro della interpretazione cooperativa •  Il lettore deve partire dalla manifestazione lineare del testo (superficie espressiva): applica codici

per correlare espressioni e contenuti.

•  Circostanze di enunciazione: informazioni sull’emittente, sul contesto comunicativo e sulla natura dell’atto linguistico.

•  Assunzione di una identità tra il mondo evocato dal testo e il mondo della propria esperienza (dimensione estensionale messa tra parentesi finché tracce testuali non la mettono in questione).

•  Sceneggiature (frames): un frame è una struttura d’esperienza che rappresenta una situazione standard (cena al ristorante, festa di compleanno, lezione universitaria ecc.); una sceneggiatura è un testo virtuale o una scena condensata.

•  Esplicitazione semantica (strutture discorsive): operazioni di magnificazione e di narcotizzazione sulla base della individuazione del topic e della coerenza interpretativa (isotopie)

•  Strutture narrative: fabula (ordine cronologico) e intreccio (ordine del racconto)

•  Passeggiate inferenziali del lettore di fronte a snodi narrativi.

•  Mondi possibili e patto finzionale (sospensione della incredulità da parte del lettore).

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Frame •  La nozione di frame o schema ha cominciato a diffondersi a partire dagli anni Settanta in due diversi

orizzonti di discussione:

•  quello sociologico e antropologico, dove il termine, introdotto da Gregory Bateson -– e poi adottato da Dell Hymes e Erving Goffman e dall’etnografia del linguaggio – serve a individuare un livello metapragmatico, e cioè l’insieme dei segnali metacomunicativi che indicano in quale chiave vada interpretato un certo messaggio (dunque in un’accezione interazionale);

•  quello della psicologia cognitiva e dell’intelligenza artificiale (Marvin Minsky), che invece adottano la nozione di frame in riferimento alle modalità di organizzazione della conoscenza, per indicare una varietà di dimensioni come il contesto di riferimento, l’organizzazione concettuale, la struttura di particolari facoltà mentali e sensomotorie.

•  Con Charles Fillmore (Frame Semantics, in Linguistics in the Morning Calm, Seoul, Hanshin, pp. 111-138) il concetto viene adottato nella riflessione linguistica e sviluppato in una teoria semantica. Su questa base poi Lakoff ha sviluppato la riflessione sui frame in una direzione che va al di là della pura teoria cognitiva del linguaggio, mostrandone le possibili applicazioni a contesti politico-sociali e mediatici: Non pensare all’elefante, Roma, Fusi orari 2006 (ed. or. 2004) e Pensiero politico e scienza della mente, Milano, Mondadori, 2009 (ed. or. 2008).

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Frame in semiotica •  L’opposizione tra parola e testo viene meno nella più recente semantica dei

frame, che restituisce alle parole una nuova rilevanza in quanto punti di condensazione di schemi narrativi profondi.

•  In una prospettiva cognitiva complessa, infatti, ciascun lessema può essere considerato come la manifestazione in superficie di sottostanti schemi concettuali e narrativi, scene prototipiche, che costituiscono il suo contesto standard di riferimento, cioè lo sfondo che permette di comprenderne il significato e regolarne l’uso.

•  La più tradizionale analisi del lessico viene così riformulata nel quadro di una prospettiva cognitiva complessa, che salda la singola forma linguistica ad un determinato frame, che a sua volta apre l’accesso ad un sottostante livello di natura non linguistica (scena), relativo a forme di organizzazione e strutturazione dell’esperienza con tratti di regolarità che possono essere descritti e in qualche modo previsti (cfr. P. Violi, Esperienza e significato, Milano, Bompiani, 1997, pp. 281-286).

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I limiti dell’interpretazione •  Contro il decostruzionismo e l’idea di una libertà incondizionata nella

lettura di un testo.

•  Il testo non ammette qualsiasi interpretazione: occorre distinguere tra uso di un testo (libero) e sua interpretazione (vincolata).

•  Intentio operis vs intentio auctoris e intentio lectoris.

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PER UNA SEMIOTICA DELLA CULTURA

JURIJ M. LOTMAN (1922-1993)

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Alcuni testi •  Tesi per un’analisi semiotica delle culture, 1973 •  Tipologia della cultura, 1973 (contiene: Lotman- Uspenskij, Sul

meccanismo semiotico della cultura), Bompiani 1975 •  La semiosfera, 1985 •  La cultura e l’esplosione, 1993 Influenza del modello saussuriano (opposizione tra dimensione sincronica e diacronica e tra statico e dinamico) e dei formalisti russi.

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Cultura come strutturazione del mondo •  «Il “lavoro” fondamentale della cultura sta nell’organizzare

strutturalmente il mondo che circonda l’uomo. La cultura è un generatore di strutturalità; è così che essa crea intorno all’uomo una sociosfera che, allo stesso modo della biosfera, rende possibile la vita, non organica, ovviamente, ma di relazione» (1971:42)

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Cultura

«Della cultura esistono numerose definizioni. […]: ogni cultura data storicamente genera un determinato modello culturale suo proprio.[…] In primo luogo, alla base di tutte le definizioni c’è la convinzione che la cultura possieda dei tratti distintivi […] ne deriva l’asserto che la cultura non rappresenta mai un insieme universale, ma solo un sottoinsieme con una determinata organizzazione […]. La cultura è pensata solo come una porzione, come un’area chiusa sullo sfondo della non cultura. Il carattere della contrapposizione varierà: la non cultura può apparire come estraneità a una determinata religione, a un determinato sapere, a un determinato tipo di vita e di comportamento. Sempre però la cultura avrà bisogno di una tale contrapposizione. Sarà proprio la cultura, inoltre, a intervenire come membro marcato dell’opposizione […] sullo sfondo della non cultura, la cultura interviene come sistema di segni» (Sul meccanismo semiotico della cultura (1971), in Tipologia della cultura, Bompiani 1975: 39-40)

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Cultura come insieme di sistemi semiotici correlati

La cultura è pensata come uno spazio in cui coesistono diversi sistemi di significazione (lingua, scrittura, moda, arte, religione, architettura, musica ecc.); condizione minima della cultura è l’esistenza di almeno due sistemi correlati:

«Per il funzionamento della cultura e, corrispondentemente, per giustificare la necessità di una applicazione nello studio della cultura di metodi complessi, ha un’importanza fondamentale il fatto che un singolo sistema semiotico isolato, per quanto perfettamente organizzato, non può costituire una cultura: a questo scopo il meccanismo minimo richiesto è costituito da una coppia di sistemi semiotici correlati. Un testo in lingua naturale e un disegno rappresentano il sistema più comune formato da due lingue, costituente il meccanismo della cultura. La tendenza alla eterogeneità delle lingue è un tratto tipico della cultura» (Lotman, Tesi per una semiotica delle culture, Meltemi, 2006: 133).

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Sistemi modellizzanti •  Modello: ciò che riproduce in qualche misura l’oggetto e lo rende conoscibile •  Il sistema modellizzante primario è la lingua naturale (mezzo e modello degli

altri linguaggi). •  La lingua naturale è il dispositivo stereotipante che permette di svolgere il

lavoro di strutturazione del mondo, è una sorgente di strutturalità.

•  «Per “sistemi modellizzanti secondari” si intendono quei sistemi semiotici con cui si costruiscono i modelli del mondo o di frammenti di esso. Questi sistemi sono secondari in rapporto alla lingua naturale primaria, e sono costruiti al di sopra di essa direttamente (come nel caso del sistema sovralinguistico della letteratura artistica), o come forme a essa parallele (musica e pittura).

•  La cultura (l’insieme cioè di forme culturali testualizzate come testi artistici,

folklorici, religiosi, mitici ecc.) è un sistema modellizzante secondario.

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Cultura e testi •  La cultura in generale può essere rappresentata come un insieme di testi; ma

dal punto di vista del ricercatore, è più esatto parlare della cultura in quanto meccanismo che crea un insieme di testi e parlare dei testi in quanto realizzazione della cultura» (1971: 50).

•  «Da un punto di vista semiotico, la cultura può essere considerata come una

gerarchia di sistemi semiotici particolari, come una somma di testi cui è collegato un insieme di funzioni, ovvero come un congegno che genera questi testi. Considerando una collettività come un individuo costruito in modo più complesso, la cultura può essere interpretata, in analogia con il meccanismo individuale della memoria, come un congegno collettivo per conservare e elaborare informazione. La struttura semiotica della cultura e la struttura semiotica della memoria rappresentano fenomeni funzionalmente omogenei, situati a diversi livelli» (Lotman 2006: 130)

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Cultura e memoria •  «Noi intendiamo la cultura come memoria non ereditaria della collettività,

espressa in un determinato sistema di divieti e prescrizioni» (Lotman 1971:43).

•  «La definizione della cultura come memoria della collettività pone, in termini generali, il problema del sistema di regole semiotiche, secondo le quali l’esperienza di vita del genere umano si fa cultura. L’esistenza stessa della cultura sottintende la costruzione di un sistema di regole per la traduzione dell’esperienza immediata in testo» (ivi: 44).

•  «L’esigenza di un costante autorinnovamento, di diventare altro pur rimanendo se stesso, costituisce uno dei fondamentali meccanismi di lavoro della cultura» (ivi: 64).

•  La memoria non è un serbatoio di conoscenze ma un ‘lavorio’ costante di ridefinizione del passato e traduzione del passato nel presente, una forza attiva nella società.

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Dinamica della cultura •  Ruolo della traduzione nel processo di costante rigenerazione della cultura

per assimilazione di testi appartenenti ad altri sistemi semiotici. Ogni testo genera dentro di sé zone di traducibilità e intraducibilità, senso e non senso, sistematicità e caos. L’imperfezione della traduzione garantisce la vitalità della cultura.

•  Trasformazione semiotica di ciò che appare non organizzato semioticamente (il “barbaro” per i greci e per i romani)

•  Tesi del 1973: la cultura «non si limita a lottare con il ‘caos’ esterno, ma allo stesso tempo ne ha bisogno, non solo lo annienta, ma costantemente lo crea».

•  > antinomia statico/dinamico, sincronico/diacronico: la cultura deve dialogare con la non-cultura.

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«La cultura è un congegno [system] che trasforma la sfera esterna in quella interna: la disorganizzazione in organizzazione, i profani in iniziati, i peccatori in giusti, l’entropia in informazione. In forza del fatto che la cultura non vive soltanto grazie all’opposizione tra sfera interna ed esterna, ma anche grazie al passaggio da un ambito all’altro, essa non si limita a lottare con il caos esterno, ma allo stesso tempo ne ha bisogno, non solo lo annienta, ma costantemente lo crea. Uno dei legami della cultura con la civiltà (e il “caos”) sta nel fatto che la cultura si priva ininterrottamente, a favore del suo antipodo, di taluni particolari elementi da essa esauriti che si trasformano in cliché e funzionano nella non cultura. Si realizza così nella stessa cultura un aumento di entropia a spese del massimo di organizzazione. […] A ciascun tipo di cultura storicamente dato corrisponde un certo tipo di non cultura che appartiene solo a esso» (Lotman 2006: 109).

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«l’ampliamento della sfera dell’organizzazione porta all’ampliamento della sfera della non organizzazione. Al mondo ristretto della civiltà ellenica corrispondeva il mondo ristretto dei “barbari” che la circondavano […]. È significativo che il secolo XX, esaurite le riserve per un ampliamento della cultura nello spazio (tutto lo spazio geografico è diventato “culturale” e l’”anticampo” è scomparso), si sia rivolto al problema del subcosciente, costruendo così un nuovo tipo di spazio contrapposto alla cultura.[…] Come fatto di cultura, il problema del subcosciente non è tanto una scoperta quanto una creazione del secolo XX» (ivi 110-11).

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Semiotica della cultura = Scienza della correlazione funzionale dei differenti sistemi segnici

«I singoli sistemi segnici, pur presupponendo strutture con una organizzazione immanente, funzionano soltanto in unione, appoggiandosi l’uno all’altro. Nessun sistema segnico possiede un meccanismo che gli consenta di funzionare isolatamente. Ne consegue che, accanto a una impostazione che permetta di costruire una serie di scienze relativamente autonome del ciclo semiotico, anche un’altra è lecita, dal punto di vista della quale tutte queste scienze considerino aspetti particolari della semiotica della cultura, intesa come scienza della correlazione funzionale dei diversi sistemi segnici» (Tesi per un’analisi semiotica delle culture, 1973). La semiotica studia la correlazione tra diversi sistemi segnici. Così l’analisi di testi letterari ci consente di studiare il comportamento dei decabristi come semioticamente significativo: semiotizzazione del comportamento quotidiano.

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Il decabrista nella vita. Il gesto, l’azione, il comportamento (1975)

•  Decabristi: da dekabr = dicembre: rivoluzionari nobili, membri delle società segrete che prepararono il moto di rivolta del dicembre 1825 in Russia (San Pietroburgo) contro l’assolutismo e a sostegno di una economia liberale.

•  Caratterizzati da un «comportamento speciale, un modo particolare di parlare, agire e reagire, proprio appunto di un membro di una società segreta» (p. 188). «È difficile indicare un’altra epoca della vita russa nella quale il discorso orale – conversazioni, discorsi amichevoli, colloqui, orazioni, sdegnate filippiche – abbia svolto una parte così importante. […] i decabristi stupiscono per la loro “loquacità”» (191-2). Perciò spesso erano anche accusati di vuota retorica e di incapacità a passare dalle parole ai fatti.

•  Tale comportamento non può essere compreso se non in contrasto con il comportamento del nobile russo tra il 1810 e il 1825.

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Tipologia della cultura •  Ricerca di costanti nella diversità delle culture. •  Le culture hanno bisogno di sintesi unificanti, di crearsi una immagine di sé

unitaria, un’autodescrizione coerente. •  «Un connotato essenziale della caratterizzazione tipologica della cultura può

considerarsi il modo in cui essa si definisce da sé» (1971:50), cioè il modo in cui essa si autodefinisce e si autovaluta, attraverso testi automodellizzanti.

•  L’automodello (autocoscienza ideale) è un fondamentale strumento di unificazione della cultura. Esso può essere molto prossimo alla cultura reale, porsi come modello ideale cui la cultura cerca di approssimarsi, o come modello separato dalla cultura e che tale resta e viene percepito.

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Varietà nell’unità Gli elementi dominanti che rendono omogeneo il sistema, coesistono accanto a isole, strutture diversamente organizzate: •  «Accanto all’opposizione di “vecchio” e “nuovo”, “fisso” e “mobile”, nel sistema della

cultura si dà un’altra opposizione radicale: quella di unità e pluralità. […] La presenza di strutture organizzate diversamente e di gradi diversi d’organizzazione è condizione indispensabile perché il meccanismo della cultura sia operante. Non sapremmo nominare una sola cultura storica reale i cui livelli e sottolivelli siano tutti organizzati su una base strutturale rigorosamente identica e sincronizzati nella loro dinamica storica. All’esigenza di varietà strutturate è connesso, evidentemente, il fatto che ogni cultura, oltre allo sfondo extraculturale posto al di sotto del suo livello, distingue sfere particolari organizzate diversamente, che dal punto di vista assiologico godono di un altissimo apprezzamento, benché si situino fuori del sistema generale di organizzazione. Tali sono il monastero del mondo medievale, la poesia nella concezione del Romanticismo, il mondo degli zingari o delle quinte teatrali nella cultura pietroburghese dell’Ottocento […] isole inserite nel comune massiccio di una cultura ma dotate di una organizzazione “altra”, e aventi come fine quello di accrescere la varietà strutturale, di vincere l’entropia dell’automatismo strutturale» (Tesi per una semiotica delle culture).

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Autovalutazione della cultura

•  Attraverso quali criteri?

•  1. Testualizzazione / grammaticalizzazione •  2. Modi di intendere il segno (culture mitologiche / culture non mitologiche) •  3. Comunicazione io-egli / io-io •  4. Topologia: metalinguaggio spaziale

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1. Culture testualizzate e culture grammaticalizzate

«Se è proprio di certe culture il rappresentarsi come un insieme di testi regolati (può servire ad esempio il Domostroj*), altre culture modellizzano se stesse come un sistema di regole che determinano la creazione dei testi. (Si potrebbe dire, con altre parole, che nel primo caso le regole si definiscono come una somma di precedenti, mentre nel secondo il precedente esiste soltanto qualora venga descritto come una regola corrispondente). Risulta evidente che è proprio delle culture caratterizzate appunto da un prevalente orientamento sull’espressione il rappresentarsi come un insieme di testi, mentre è proprio delle culture dirette prevalentemente sul contenuto il rappresentarsi come un sistema di regole. Questo o quell’orientamento di una cultura genera l’ideale del Libro o del Manuale, compresa anche l’organizzazione esterna di simili testi. […] È quanto accade con l’insegnamento di una lingua in quanto sistema di regole grammaticali oppure in quanto assortimento di modi d’uso» (1971: 50-2)

*Domostroj: Opera anonima della metà del Cinquecento, “organizzazione, governo della casa”; disciplinava il comportamento etico-religioso e sociale della famiglia.

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Opposizione tra Consuetudine e Legge: alcune culture sono rette da sistemi di regole e altre governate da repertori di esempi o modelli di comportamento Esempio di cultura grammaticalizzata: il diritto romano, dove si prescrivono regole per ogni caso escludendo ogni tipo di devianza; Esempio di cultura testualizzata la Common Law anglosassone, in cui le sentenze già prodotte costituiscono i modelli per risolvere nuovi casi analoghi (Eco 1975: 194) Testo esemplare della cultura grammaticalizzata (basata sul contenuto) è il manuale: Testo esemplare della cultura testualizzata (basata sull’espressione per contenuti più nebulosi) è il Libro (Sacro). L’apprendimento della lingua nei bambini si basa sul modello testuale (atti di ipocodifica per poi sviluppare atti di ipercodifica); l’apprendimento di una lingua da parte di un adulto si basa al contrario su modelli grammaticalizzati (processi di ipercodifica).

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Cultura /non cultura / anticultura «Conformemente alla distinzione formulata sopra, la cultura può contrapporsi sia alla non cultura che all’anticultura. Se nelle condizioni di una cultura che si caratterizzi per il prevalere dell’orientamento sul contenuto e che si rappresenti se stessa sotto forma di un sistema di regole, l ’antitesi fondamentale è quella “ordinato vs non ordinato” (antitesi che in casi particolari può realizzarsi come opposizione “cosmo vs caos”, ecc.), nelle condizioni di una cultura diretta prevalentemente sull’espressione e rappresentata come un insieme di testi regolati, l’antitesi fondamentale sarà quella “corretto vs erroneo” […]: un’antitesi che può avvicinarsi – fino a coincidere – alla contrapposizione “vero” e “falso”. In quest’ultimo caso la cultura non si contrappone al caos (all’entropia), ma a un sistema di segno opposto» (1971: 52-3).

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Espansione /difesa •  «una cultura diretta prevalentemente sul contenuto, antitetica all’entropia (al

caos), e la cui opposizione fondamentale è quella tra “ordinato” e “non ordinato”, concepisce sempre se stessa come un principio attivo che deve propagarsi, mentre vede nella non cultura la sfera di una propria potenziale diffusione. Nelle condizioni invece di una cultura orientata prevalentemente sull’espressione, e in cui interviene come opposizione fondamentale quella tra “corretto” ed “erroneo”, può non aversi in generale la tendenza all’espansione (in simili condizioni può risultare più caratteristica la tendenza della cultura a non uscire dal proprio ambito, a barricarsi contro tutto ciò che le si contrappone, a chiudersi in se stessa senza estendere il proprio raggio di diffusione). La non cultura si identifica allora con l’anticultura e, in questo modo, già per la sua stessa essenza, non può venir percepita come potenziale area di espansione della cultura. […]

•  Si può dire che, se in un certo tipo di cultura la diffusione della conoscenza avviene tramite la sua espansione nell’area della non conoscenza, nelle condizioni di una cultura di tipo opposto la diffusione della conoscenza è possibile solo in quanto vittoria sulla menzogna» (1971:57-8)

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2. Modelli di segno (culture mitologiche/culture non mitologiche)

•  Modo in cui una cultura rappresenta la propria origine e la propria natura semiotica; come si rapporta ai segni: «il rapporto con il segno e la segnicità rappresenta una delle caratteristiche fondamentali della cultura».

•  Anzitutto è essenziale stabilire se il rapporto fra espressione e contenuto va

considerato come necessario o come arbitrario e convenzionale.

•  Nel primo caso acquista un’importanza di principio il problema: come si chiama un dato fenomeno; identificazione tra parola e cosa nominata, propria delle culture mitologiche in cui il nome comune diviene nome proprio [esempio: ricerca medievale del nome, rituale massonico, tabù linguistici; la Russia di Pietro I (1682-1724): la rigenerazione politica e sociale passa attraverso una rinominazione generale dello Stato, delle istituzioni ecc.]

•  Nel secondo caso il problema della denominazione e, in generale, dell’espressione non ha valore di principio; si può dire che l’espressione si presenta in questo caso come un fattore aggiuntivo e, nel complesso, più o meno fortuito rispetto al contenuto» (Tesi, 48-49).

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3. Comunicazione Io-Io vs Comunicazione Io-Egli (Io-Altro)

•  Comunicazione Io-Egli: trasmissione di una informazione (già compiuta) da un mittente a un destinatario, tramite un codice stabile; atto informativo come scambio (es. la cultura europea nell’età moderna). Questo modello appartiene a culture dinamiche, caratterizzate da rapido aumento delle conoscenze, ma più frammentate; la verità è concepita come qualcosa che viene trasmesso in modo compiuto da una parte a un’altra.

•  Comunicazione Io-Io: comunicazione riflessiva (diaristica), mittente e destinatario coincidono; determina una trasformazione qualitativa dell’informazione per intervento di nuovi codici che ristrutturano il contenuto e produce una riorganizzazione dell’io. Questo modello appartiene a culture più orientate in senso spirituale ma poco dinamiche.

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4. Spazialità delle culture

•  Nella elaborazione delle autodescrizioni un ruolo centrale è svolto dalle categorie topologiche: metalinguaggio descrittivo della cultura basato su modelli spaziali.

•  L’autodefinizione implica da un lato definire il proprio spazio, separandolo da quello degli altri: stabilire delle frontiere, dall’altro immaginarsi l’al di là della frontiera e le direzioni di influenza (dall’interno verso l’esterno o viceversa):

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Frontiera

interno

Noi

Esterno altri

Spazio organizzato

Spazio non-organizzato

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Orientamento Orientamento ancorato a uno spazio interno (diretto) Orientamento ancorato a uno spazio esterno (inverso); L’esterno in certi casi può essere marcato in modo positivo (l’aldilà del cristianesimo) e riflettersi sull’interno (vita terrena) (es. Medioevo). L’esterno può essere uno spazio altro, distinto, con cui non si stabilisce un rapporto polemico ma solo dialogico, a volte marcato positivamente (es. delle fiabe rispetto alla vita reale). Ciò che è costante è la necessità di una frontiera: le identità sociali per autodescriversi e modellizzare sé e le altre culture devono situarsi e collocare il resto del mondo. Le categorie topologiche sono fondamentali per ogni cultura, al punto che Lotman arriverà a concepire anche il linguaggio topologico come sistema modellizzante primario.

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Mondo come luogo di incrocio di una pluralità di prospettive

«La scienza del XIX secolo identificava il punto di vista consueto dello scienziato con la verità e quindi presupponeva possibile la descrizione soltanto dal “mio” (dello scienziato, della scienza) punto di vista, il che si esprimeva, ad esempio, nell’assolutizzazione del punto di vista europeo nell’antropologia e nella linguistica indoeuropea o della grammatica latina nella linguistica. Ogni altra descrizione – cioè la descrizione fatta in altri termini – era considerata sbagliata (non civilizzata, barbara) e in ultima analisi inesistente per la scienza. La scienza del XX secolo, al contrario, parte dall’esistenza di vari sistemi di descrizione e s’interessa quindi molto di più del punto di vista dell’”altro” (l’”io dall’angolo visuale dell’”altro”, l’”altro” dal suo proprio punto di vista)».

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Fissità/mobilità •  Alcuni testi caratterizzano la struttura del mondo chiedendosi “Come

è organizzato?” (fissità) •  Rappresentazioni discrete dello spazio: categorie topologiche di continuità,

vicinanza, frontiera

•  Altri testi caratterizzano l’attività dell’uomo nel mondo circostante, chiedendosi “Che cosa e come avvenne?”, “Che fece lui?” (mobilità) •  Rappresentazioni del movimento all’interno di uno spazio continuo, traiettorie,

spostamento: categoria della narratività

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Movimento attraverso la frontiera Dinamismo narrativo: percorso dell’eroe attraverso una frontiera, spostamento come lotta contro la costruzione del mondo. Dinamismo anarrativo: irruzione dello spazio esterno nello spazio interno; modifiche degli spazi culturali come invasioni di confini, erosione di territori.

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Semiosfera •  Insieme dei segni che insistono all’interno di un determinato spazio culturale

e comunicativo (<Biosfera (Vernadskij): insieme degli organismi vivi) •  Spazio culturale stabile e dinamico, simmetrico e asimmetrico •  Forma che filtra e regola la traduzione dell’esterno non-semiotico in qualcosa

di significativo e segnico. •  La semiosfera ha sempre necessità di un fuori, di una non-cultura –

l’impensato, il non conosciuto, ciò che semplicemente, in un dato momento, ci è estraneo, rispetto a cui definirsi.

•  È a sua volta formata da altre semiosfere. •  Il sovrapporsi delle culture, la loro interna eterogeneità e contraddittorietà, il

muoversi delle persone, il viaggiare di idee e di oggetti culturali, il mescolarsi delle cose del mondo, il passare del tempo, fanno sì che la tenuta di questi nessi sia precaria, che si realizzi in alcune parti e si dissolva in altre, che appaia solida e poi improvvisamente ceda.

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Confine •  «Il confine dello spazio semiotico non è un concetto astratto, ma un’

importante posizione funzionale e strutturale, che determina la natura del suo meccanismo semiotico. Il confine è un meccanismo bilinguistico, che traduce le comunicazioni esterne nel linguaggio interno della semiosfera e viceversa. Solo col suo aiuto la semiosfera può così realizzare contatti con lo spazio extrasistematico e non semiotico» (La semiosfera, p. 60)

•  Dispositivo che unisce e separa •  C’è confine ovunque si dia il tentativo o la necessità di una traduzione •  Zona di passaggio, di creolizzazioni (Russia francesizzata tra Settecento e

Ottocento) •  Spazio dove emerge il nuovo, dove si forma una terza cultura, ibrida, a partire

dall’incontro-scontro tra due culture •  Generatore di riflessività, di necessaria autodefinizione e autocoscienza.

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Centro / Periferia

•  Centro: sistemi più stabili e dominanti •  Periferia: elementi più mobili, instabili, flessibili caratterizzato dalla

destrutturazione del senso dato •  Condizione di intersecazione di corpi singoli e collettivi, di memorie

differenti •  Prefigurazione di un senso a venire.

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•  Il dialogo tra le culture si sviluppa sulla base di modelli virtuali, immagini astratte, simulacri enantiomorfi, che influenzano realmente i rapporti tra i sistemi culturali.

•  I testi della cultura esterna devono risultare in una certa misura omogenei ai testi della cultura di accoglienza.

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Implosione/esplosione La cultura e l’esplosione (1993): per impostare bene la questione della cultura è necessario riflettere sui seguenti nodi problematici: •  Rapporto del sistema con il mondo che si estende al di fuori del

sistema •  Rapporto tra statica e dinamica •  In che modo un sistema può svilupparsi rimanendo se stesso.

•  Movimenti in avanti: basati sulla continuità (gradualità, prevedibilità) o sulla discontinuità (imprevedibilità, esplosione > innovazione)

•  Collasso del vecchio e insorgenza del nuovo: esplosione e sviluppo

graduale convivono in uno spazio sincrono: sistemi più lenti con sviluppo continuo (lingua) convivono con sistemi più dinamici e veloci (tecnologie).

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Emozioni collettive «Le onde della cultura si muovono nel mare della umanità. E questo fa sì che i processi che si verificano siano inseparabili dalla esplosione delle emozioni collettive. […] Lo studio della semiotica della cultura ci conduce alla semiotica delle ‘emozioni culturali’ (La semiosfera, pp. 144-5) L’oggetto della paura è una costruzione sociale, la rappresentazione di un soggetto che, con i suoi tratti negativi, è funzionale alla stabilizzazione della propria immagine (La caccia alle streghe. Semiotica della paura (1988-89?), in «E/C»2008) Le emozioni collettive ci parlano profondamente dei soggetti che le esprimono e della loro cultura. Sono potenti mezzi di regolazione della eterogeneità interna: esse stereotipizzano e uniformano il soggetto medio e chiamano a raccolta, tengono uniti tutti coloro che si riconoscono in quel soggetto medio (Lorusso, 2010: 90)

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Il Novecento secolo delle esplosioni

•  Per Lotman il secolo XX si distingue da tutte le epoche precedenti per la “globalità” del processo storico, delle “esplosioni sociali”: “guerre e rivoluzioni mondiali, mutamento del concetto stesso di testo per effetto [..] dei mass media ecc.”. Una costante novecentesca in particolare è “la tendenza al rimpiazzo delle autodescrizioni della cultura con descrizioni di descrizioni”, e cioè con metatesti che hanno per oggetto non la cultura, ma il meccanismo stesso della descrizione”.