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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PARMA
DIPARTIMENTO DI MEDICINA E CHIRURGIA Master Universitario di I° livello
Infermieristica in Area Critica
Project Work
Competenze mediche e infermieristiche in relazione all’utilizzo di
presidi medico-avanzati in area critica:
il cateterismo dell'arteria radiale
Tutor di Ricerca: Dr. ssa Roberta Carbone
Beatrice Donini
Gessica Rosica
Giulia Benedetti
Mati Sall
Raffaele Guatta
Rosaria Delli Priscoli
Veronica Petti
ANNO ACCADEMICO 2016-2017
INDICE
ABSTRACT 1
INTRODUZIONE 2
PRIMA PARTE: BACKGROUND
CAPITOLO 1
1.1 Il concetto di competenza 3
1.2 Le competenze nel contesto sanitario 3
1.2.1 Le competenze dell’infermiere 4
1.2.2 L'evoluzione delle competenze: l’infermiere specialista 6
1.3 Infermiere specialista: due esempi di evoluzione delle competenze all’estero 15
CAPITOLO 2
2.1 La terapia intensiva e il paziente critico 17
2.2 L’unità di degenza 18
2.3 Il monitoraggio 20
2.3.1 Il monitoraggio emodinamico 21
2.3.2 Il monitoraggio respiratorio 23
2.3.3 Il monitoraggio neurologico 25
2.4 Le figure professionali in terapia intensiva 25
2.5 L’infermiere di terapia intensiva 26
2.6 Ambiguità di ruolo e aspettative 29
CAPITOLO 3
3.1 Il cateterismo arterioso 31
3.2 Il cateterismo arterioso radiale 32
3.2.1 La procedura 33
3.2.2 Indicazioni e controindicazioni 37
3.2.3 Complicanze 38
SECONDA PARTE: METODOLOGIA DELLA RICERCA
CAPITOLO 4
4.1 Fasi della ricerca 40
4.2 Obiettivi 40
4.3 Domande di ricerca 41
4.4 Strategie di ricerca 41
4.5 Metodo 45
4.5.1 Disegno della ricerca 45
4.5.2 Setting 45
4.5.3 Campione 46
4.5.4 Strumento 46
4.6 Risultati attesi 52
BIBLIOGRAFIA 53
SITOGRAFIA 58
ALLEGATI
ABSTRACT
Introduzione
La figura professionale dell’infermiere nel corso degli anni ha subito notevoli cambiamenti sul
piano legislativo, i bisogni socio-sanitari dei cittadini sono cambiati e all’infermiere contemporaneo
si richiede di essere capace di rispondere a problemi di salute sempre più complessi. Le professioni
sanitarie svolgono un ruolo cruciale per il funzionamento delle sistema sanitario: è per loro
necessario mantenersi responsabilmente a buoni livelli di competenza.
Le competenze acquistano rilevanza strategica attraverso l’azione che lega l’attività del singolo a un
più ampio processo di azioni coordinate, che attuano e sviluppano le finalità organizzative definite
dall’organizzazione stessa. La tendenza attuale delle organizzazioni chiede di adeguare lo sviluppo
di competenze al contesto clinico, dove l’assistenza infermieristica, sempre più complessa, deve
rimodulare i processi e i modelli organizzativi. Per questi motivi è nata l’esigenza di istituire la
figura professionale dell’infermiere specialista: il professionista che ha acquisito, attraverso
l’esperienza clinica e percorsi formativi posta base (come il master in Area Critica), conoscenze
specialistiche superiori e capacità di ragionamento e di gestione dei problemi di assistenza ad
elevata complessità, ma anche un’estensione delle competenze cliniche.
Obiettivo
L’obiettivo del nostro lavoro è di andare a rilevare le competenze e le aspettative di ruolo di medici
e infermieri rispetto al cateterismo dell'arteria radiale da parte degli infermieri.
Metodologia
La ricerca sarà un’indagine di tipo esplorativo, per indagare le opinioni di infermieri e medici
riguardo alla procedura di posizionamento del catetere arterioso radiale da parte dell’infermiere. Lo
studio si baserà su una metodologia di tipo quantitativo e qualitativo con somministrazione di un
questionario di autovalutazione (Nurse Competence Scale) e un’intervista semistrutturata. I criteri di
inclusione dello studio sono: infermieri e medici che lavorano in area intensiva per adulti degli
ospedali dell’Emilia Romagna.
Risultati attesi
Ci aspettiamo che gli infermieri di terapia intensiva siano favorevoli all’inserimento del cateterismo
arterioso radiale tra le loro competenze, e che i medici siano propensi ad accettare che gli infermieri
gestiscano in autonomia questo tipo di cateterismo.
!1
INTRODUZIONE
La sanità in Italia è stata oggetto di numerose innovazioni negli ultimi decenni. Grazie alle riforme
sanitarie si è assistito all’aumento di competenze e responsabilità delle diverse figure professionali,
mentre dal punto di vista culturale, invece, si è notata un’evoluzione dell’approccio al paziente,
portandolo sempre più al centro dei percorsi di cura e di assistenza. La professione infermieristica è
stata protagonista di questi cambiamenti, assumendo un ruolo all’interno del processo di diagnosi e
cura del paziente sempre più importante. Il decreto ministeriale n° 739 del 14 settembre 1994 ha
definito il Profilo Professionale dell’infermiere, rappresentando un passaggio fondamentale nel
processo di professionalizzazione dell’attività infermieristica. Esso riconosce l’infermiere come
responsabile dell’assistenza generale infermieristica, precisa la natura dei suoi interventi, gli ambiti
operativi, la metodologia del lavoro e le interrelazioni con gli altri operatori. Definisce anche gli
ambiti professionali di approfondimento culturale, operativo e le cinque aree di formazione
specialistica (sanità pubblica, area pediatrica, salute mentale/psichiatria, geriatria, area critica). Il
profilo disegnato dal decreto è quello di un professionista intellettuale, competente, autonomo e
responsabile (Federazione Nazionale Collegi IPASVI). In base all’ambito di specializzazione,
all’esperienza maturata e alla formazione continua, l’infermiere acquisisce tecniche e conoscenze
che arricchiscono il bagaglio iniziale acquisito con il percorso base: si avranno quindi professionisti
sempre più specializzati, aggiornati e consapevoli del loro ruolo all’interno della sanità.
Attraverso la ricerca e la successiva analisi della letteratura, abbiamo definito con maggiore
precisione quali sono gli ambiti di attività infermieristica nel contesto di terapia intensiva. Ci siamo
focalizzati su una tecnica in particolare, oggetto di dibattito per quanto riguarda la sua esecuzione: il
cateterismo dell’arteria radiale. Mentre per molte delle procedure analizzate esistono indicazioni su
chi dovrebbe condurla, per il posizionamento del catetere arterioso, e in generale, per la puntuta
arteriosa (per eseguire un’emogasanalisi), ciò appare confuso poiché per quanto essa sia una
procedura medica, è appurato (se non ufficialmente) che nei reparti di area critica (terapie intensive,
blocchi operatori e pronto soccorso) viene eseguita anche da infermieri.
Partendo da questo presupposto, ci siamo chiesti quali siano i criteri che un infermiere debba
possedere per eseguire questo tipo di manovra, dalle conoscenze teoriche alla tecnica,
dall’esperienza alla capacità di gestirne le complicanze.
!2
PRIMA PARTE: BACKGROUND
CAPITOLO 1
1.1 IL CONCETTO DI COMPETENZA
La competenza (intesa in termini di conoscenza, capacità e comportamento) è il valore aggiunto del
professionista, che decide di metterla in atto in un determinato contesto e in un determinato
momento. Competente è chi agisce in maniera responsabile, basandosi su criteri e variabili, in
termini di una prestazione tecnicamente valida, eticamente corretta e coerente con i valori di un
gruppo di professionisti. In letteratura sono presenti diverse definizioni di competenza. In ambito
formativo Pellerey nel 1983 (Pellerey, 2004) definisce la competenza professionale come "l'insieme
strutturato di conoscenze, capacità e atteggiamenti necessari per svolgere un compito". Più
recentemente Quaglino nel 1990 (Pellerey, 2004) definisce la competenza "la qualità professionale
di un individuo in termini di conoscenze, capacità e abilità, doti professionali e personali". In
entrambe queste definizioni la competenza è definita come un insieme di elementi e dimensioni che
concorrono all'efficacia di un comportamento professionale. È da notare che, seppur in modo
diverso nelle definizioni, la competenza non è descritta solo in termini di sapere e saper fare ma fa
riferimento anche a caratteristiche personali e individuali, coinvolgendo anche l'aspetto del saper
essere. La definizione che attualmente sembra godere di maggiore considerazione, anche in ambito
sanitario, è quella di Klemp (1980) ripresa da Boyatzis (1982) come citati da Spencer (1993):
“competenza è una caratteristica intrinseca individuale causalmente collegata ad una performance
efficace o superiore in una mansione o in una situazione, e che è misurata sulla base di un criterio
predefinito” (Spencer & Spencer, 1993).
1.2 LE COMPETENZE NEL CONTESTO SANITARIO
Recente è stata la richiesta da parte dello Stato Italiano all’Istituto per lo Sviluppo della Formazione
professionale dei Lavoratori (ISFOL) di formulare un modello concettuale che organizzasse le 1
competenze dei professionisti. Il modello proposto dall’Istituto nel 1998 è stato utilizzato nel 2012
per la realizzazione dei primi allegati della bozza di accordo tra il Governo, le Regioni e la Pubblica
Amministrazione sulla ridefinizione, implementazione e approfondimento delle competenze e
L’istituto, dal 1 dicembre 2016, è stato sostituito dall’Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche INAPP.1
!3
responsabilità dell’infermiere e dell’infermiere pediatrico. Il modello si articola in tre macro
categorie (Massai, Amerini, Borgellini, & Bugnoli, 2007):
• competenze di base: sono le capacità che tutti i professionisti devono possedere all’ingresso nel
mondo del lavoro e possono essere sviluppate su diversi livelli. Fanno parte di queste competenze
la conoscenza della lingua inglese, i concetti di base dell’informatica, il diritto del lavoro e
l’organizzazione aziendale.
• Competenze trasversali: sono le capacità comunicative e relazionali che ogni professionista
dovrebbe possedere in qualunque settore e vengono acquisite nel corso della vita, come ad
esempio le capacità nella relazione, nella comunicazione e nell’area gestionale.
• Competenze tecnico-professionali specifiche: sono le capacità distintive, i saperi specifici
necessari per lo svolgimento delle attività proprie della figura professionale. Devono essere
acquisite durante il percorso di studio professionale e mediante l’esperienza sul campo, ad
esempio l’assistenza al paziente in fase post-operatoria oppure l’utilizzo di un elettromedicale.
• Competenze tecnico professionali trasversali: descrivono le competenze comuni a tutti i
professionisti dell’ambito sanitario. Sono esempi la formazione, la ricerca e la consulenza.
Sulla base delle esigenze specifiche degli infermieri, la Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI
ha ritenuto questo modello non del tutto appropriato nella classificazione delle competenze perché
non considera le peculiarità dell’attività infermieristica. Le competenze trasversali, in particolare,
tendono ad attestarsi su un livello molto generale, eludendo la dimensione specialistica e le sue
differenti declinazioni nei vari ambiti di assistenza, le competenze tecnico-professionali specifiche,
invece, evidenziano solo la componente tecnica e richiamano significati appartenenti al
mansionario.
1.2.1. LE COMPETENZE DELL’INFERMIERE
“L’infermieristica ha natura tecnica, relazionale ed educativa” (decreto ministeriale n°739 del 14
settembre 1994 "Regolamento concernente l'individuazione della figura e del relativo profilo
professionale dell'infermiere"): possiamo quindi dedurre che le competenze posso essere tecniche,
relazionali ed educative. Dallo stesso decreto, è possibile anche intendere che le competenze proprie
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dell'infermiere si esplicano attraverso cinque aree funzionali: l'accertamento, la diagnosi, la
pianificazione degli obiettivi, l'attuazione degli interventi e la valutazione degli esiti, in altre parole,
il processo di assistenza e la presa in carico della persona.
Un'alternativa al modello ISFOL, di cui si è parlato precedentemente, è doveroso citare (in quanto
riguarda nello specifico l'infermieristica) il modello elaborato da Dreyfus e proposto da Benner
(2003). Il modello si divide in cinque stadi di professionalità e competenza: descrive le prestazioni
attese e identifica i relativi bisogni di insegnamento e apprendimento teorico. Gli stadi di
competenza sono (Benner, 2003):
• novizio che non ha esperienza delle situazioni e ha bisogno di guida;
• principiante avanzato è colui che ha affrontato situazioni reali usando la conoscenza e la poca
esperienza;
• competente è l'infermiere che opera nella stessa situazione o in situazioni simili da due o tre anni,
ed è in grado di dare priorità alle proprie azioni;
• abile è l'infermiere che apprende dall'esperienza, ha la percezione della situazione nel suo insieme
ed è capace di riconoscere e reagire anche a fenomeni insoliti e a situazioni non conosciute;
• esperto è l'infermiere che non si affida solo a principi analitici (come regole e linee guida) per
collegare la propria interpretazione della situazione ad azioni appropriate, ma si riferisce anche al
grande bagaglio di esperienza personale ed arriva alla risoluzione dei problemi usando l'intuito.
Inoltre tende ad esaminare gli aspetti morali ed etici dell'assistenza e gestisce ciascuna situazione
attraverso il pensiero critico.
Nel 1994 lo stesso Profilo Professionale afferma: “La formazione infermieristica post base per la
pratica specialistica è intesa a fornire agli infermieri di assistenza generale delle conoscenze
cliniche avanzate e delle capacità che permettano loro di fornire specifiche prestazione
infermieristiche nelle seguenti aree:
• sanità pubblica;
• pediatria;
• salute mentale-psichiatria;
!5
• geriatria;
• area critica”.
Comuni a qualsiasi percorso post-base sono le competenze di:
• analisi del contesto;
• pianificazione (assistenziale e del lavoro)
• gestione;
• promozione della cultura della qualità;
• formazione;
• ricerca.
L’autonomia e la responsabilità dell’infermiere dipendono quindi dalla sua formazione e si
estendono con la formazione post-base: le competenze tecniche, relazionali ed educative, vengono
ampliate e specializzate nel contesto in cui l'infermiere sceglie di perfezionarsi.
1.2.2 L’EVOLUZIONE DELLE COMPETENZE: L’INFERMIERE SPECIALISTA
Le competenze avanzate rappresentano lo sviluppo di una professione, sono richieste per lo
svolgimento di una specifica attività e hanno lo scopo di soddisfare le caratteristiche di uno
specifico profilo formativo (Lakanmaa, Suominen, Perttilä, Puukka & Leino-Kilpi, 2012). I
professionisti esperti dimostrano buona capacità di inquadramento e affrontano le situazioni, non
solo utilizzando le proprie esperienze, ma anche identificando, progettando, negoziando,
realizzando, nuove strategie operative, quando quelle disponibili non sono sufficienti o convincenti,
anche in termini multi-professionali. La competenza avanzata si acquisisce attraverso un
arricchimento del sapere, attraverso percorsi formativi universitari, e andando oltre l’esperienza
maturata.
L'infermiere specialistica ha completato la formazione base con un corso successivo in un campo
clinico specifico, applica quindi un livello di maggiore giudizio, discrezione e decisione nei servizi
!6
clinici per migliorare la qualità della cura del paziente (World Health Organization, 2003)
(Delamaire & Lafortune, 2010). Il Consiglio Internazionale degli Infermieri definisce: “l’infermiere
che esercita una pratica avanzata è un infermiere diplomato che acquisisce conoscenze teoriche, il
saper fare necessario alla presa in carico di decisioni complesse e competenze cliniche
indispensabili; la caratteristica fondamentale di questa pratica avanzata è determinata dal contesto
per la quale l’infermiere è autorizzato a esercitare. Il master è un requisito raccomandato" (ICN
2008).
La European Federation of Nurses associations (EFN) e La European Network of Nurses
Organizations (ENNO) nelle loro raccomandazioni per il quadro europeo per l'educazione
specialistica degli infermieri, sottolineano che un infermiere specialistica è formalmente e
praticamente addestrato oltre il livello di infermiere generalista ed è autorizzato a lavorare come
specialistica con esperienza avanzata in una branca dell’infermieristica. La durata minima della
formazione post-base deve essere di un anno (Hadjibalassi, 2012).
Risulta evidente che a livello internazionale esistono documenti che identificano la figura
dell’infermiere con competenze avanzate, il requisito che è richiesto è una formazione specifica
post base, almeno di un anno.
Le ragioni per cui si sente la necessità di formare infermieri altamente specializzati, soprattutto in
un contesto di cure intensive, possono essere riassunte principalmente in 4 motivazioni (Lakanmaa,
Suominen, Ritmala-Castrén, Vahlberg & Leino-Kilpi, 2015):
• migliorare la presa in carico della persona ad alta complessità assistenziale;
• garantire appropriatezza di trattamento nei percorsi assistenziali in regime di emergenza-urgenza;
• mantenere un'elevata qualità della risposta assistenziale nei sistemi di emergenza territoriale;
• favorire la riduzione dei tempi per il completamento del percorso clinico assistenziale.
Il processo di evoluzione che ha interessato e che sta ancora coinvolgendo gli infermieri e il mondo
delle professioni sanitarie in generale ha una storia lunga ed articolata. Per meglio comprendere il
quadro normativo italiano attuale riguardo il ruolo dell’infermiere specialista, è necessario
riprendere i passaggi principali della legislazione infermieristica, alcuni di questi sono stati
essenziali e hanno contribuito sostanzialmente ad una definizione di competenze avanzate.
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L’evoluzione della professione infermieristica e delle relative competenze comincia con
l’individuazione del Profilo Professionale dell’infermiere (decreto ministeriale n° 739/1994). Il
Profilo identifica e definisce l’ambito proprio di competenza e responsabilità del professionista. I
punti fondamentali della norma sono:
• riconoscimento dell'assistenza infermieristica, come ambito specifico d'intervento nell'ambito
dell’assistenza sanitaria;
• riconoscimento e attribuzione della responsabilità dell’assistenza infermieristica generale, le aree
di competenza sono: ambito preventivo, curativo, palliativo e riabilitativo; l’assistenza
infermieristica ha natura tecnica, relazionale ed educativa;
• l'infermiere ha una competenza diagnostica, in quanto partecipa attivamente all’identificazione
dei bisogni di salute e riconosce i bisogni di assistenza infermieristica;
• gli infermieri utilizzano un metodo (il processo di assistenza infermieristica), per la formulazione
di diagnosi infermieristiche e l’individuazione di obiettivi realistici e specifici;
• le aree di formazione post-base si articolano in sanità pubblica, pediatria, salute mentale-
psichiatria, geriatria, area critica.
Attraverso questa regolamentazione l’infermieristica è passata da una connotazione di tipo
strumentale ad una professione intellettuale riconosciuta.
Il passaggio successivo, e fondamentale, è stato l’abolizione del mansionario (decreto del
Presidente della Repubblica n° 225 del 14 marzo 1974) con la legge n° 42 del 26 febbraio 1999
“Disposizioni in materia di professioni sanitarie”. All'articolo 1 comma 1 cita: La denominazione
"professione sanitaria ausiliaria" (...) è sostituita dalla denominazione "professione sanitaria". La
legge sancisce che il campo proprio di attività e di responsabilità della professione infermieristica è
determinato dai contenuti del decreto istitutivo del profilo professionale, dagli ordinamenti didattici
dei rispettivi corsi di laurea e di formazione post-base, nonché dal Codice Deontologico.
Con il Profilo Professionale e l’abolizione del mansionario, il legislatore riconosce pienamente
l'autonomia professionale dell'infermiere.
!8
Per arrivare alla figura dell'infermiere odierno, è stata necessaria anche la revisione della
formazione, con i seguenti passaggi normativi:
• legge n° 341 del 19 novembre 1990 "Riforma degli ordinamenti didattici universitari", introduce
la formazione infermieristica in ambito universitario;
• decreto legislativo n° 502 del 30 dicembre 1992 "Riordino della disciplina in materia sanitaria, a
norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n° 421", che sancisce la titolarità dell’università
nel rilascio di titoli accademici come l’attuale laurea in Infermieristica;
• decreto n° 509 del 3 novembre 1999 "Regolamento recante norme concernenti l'autonomia
didattica degli atenei", il quale istituisce la possibilità per tutti i professionisti laureati in
infermieristica di iscriversi ai master di primo livello, ai corsi di perfezionamento e alla laurea
specialistica, ma anche ai dottorati di ricerca o ai master di secondo livello.
La legge n° 251 del 10 agosto 2000 ("Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche,
tecniche, della riabilitazione nonché della professione ostetrica") sottolinea che l’infermiere svolge
con autonomia professionale attività dirette alla prevenzione, cura e salvaguardia della salute delle
persone, espletando le funzioni previste dal profilo professionale e dal Codice Deontologico e
utilizzando metodologie di pianificazione per obiettivi dell’assistenza. Introduce, inoltre, la figura
del dirigente infermieristico.
La legge n° 43 del 1 febbraio 2006 ("Disposizioni in materia di professioni sanitarie
infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al governo
per l’istituzione dei relativi ordini professionali") riconosce ufficialmente la figura dell'infermiere
specialista, definendone la formazione necessaria e prevede, all’articolo 6, che gli infermieri siano
suddivisi in base alla loro formazione come segue:
• professionisti in possesso del diploma di laurea o del titolo universitario;
• professionisti coordinatori in possesso del master di primo livello in management o per le
funzioni di coordinamento rilasciato dall’università, con esperienza almeno triennale nel profilo
di appartenenza;
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• professionisti specialisti in possesso del master di primo livello per le funzioni specialistiche
rilasciato dall’università;
• professionisti dirigenti in possesso della laurea specialistica che abbiano esercitato l’attività
professionale con rapporto di lavoro dipendente per almeno cinque anni, oppure ai quali siano
stati conferiti incarichi dirigenziali;
Dopo questi cambiamenti normativi, si è reso necessario revisionare il codice deontologico del
1977. Con l’edizione del 2009 la FNC IPASVI (Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI) si
allinea alle nuove normative. Ecco alcuni articoli fondamentali che riguardano le competenze:
• art. 11: "L'infermiere fonda il proprio operato su conoscenze validate e aggiorna saperi e
competenze attraverso la formazione permanente, la riflessione critica sull'esperienza e la
ricerca. Progetta, svolge e partecipa ad attività di formazione. Promuove, attiva e partecipa alla
ricerca e cura la diffusione dei risultati";
• art. 13 "L'infermiere assume responsabilità in base al proprio livello di competenza e ricorre, se
necessario, all'intervento o alla consulenza di infermieri esperti o specialisti. Presta consulenza
ponendo le proprie conoscenze ed abilità a disposizione della comunità professionale";
• art. 14 "L’infermiere riconosce che l’interazione fra professionisti e l'integrazione inter-
professionale sono modalità fondamentali per far fronte ai bisogni dell’assistito";
• art. 15 "L’infermiere chiede formazione e/o supervisione per pratiche nuove o sulle quali non ha
esperienza".
A seguito di queste norme, si sono ottenuti tutti i presupposti per nominare per la prima volta le
competenze specialistiche in una fonte normativa. Il Patto per la Salute per gli anni 2014-2016 2
(Conferenza Stato Regioni del 10 luglio 2014), all’articolo 22 cita: “al fine di garantire la nuova
organizzazione dei Servizi Sanitari Regionali, con particolare riferimento alla riorganizzazione
della rete ospedaliera, ai servizi territoriali e le relative forme di integrazione, alla promozione
Il Patto per la Salute è un accordo finanziario e programmatico tra il Governo e le Regioni, di valenza triennale, in 2
merito alla spesa e alla programmazione del Servizio Sanitario Nazionale, finalizzato a migliorare la qualità dei servizi, a promuovere l’appropriatezza delle prestazioni e a garantire l’unitarietà del sistema.
!10
della salute e alla presa in carico della cronicità e delle non autosufficienze (...) si conviene (...) di
procedere ad innovare l’accesso delle professioni sanitarie al Servizio Sanitario Nazionale, nonché
a ri-disciplinare la formazione di base e specialistica, lo sviluppo professionale di carriera con
l’introduzione di misure volte ad assicurare una maggiore flessibilità nei processi di gestione delle
attività professionali (...). Il Governo e le Regioni istituiscono apposito Tavolo politico (...) per
definire principi e criteri per la disciplina della formazione di base e specialistica per il personale
dipendente e convenzionato della formazione di base specialistica (...)”.
Nella seduta del 13 novembre 2014 de La Conferenza Stato Regioni, viene istituita la Cabina di
regia per il coordinamento nazionale sulla regolazione della vita professionale ed organizzativa
degli operatori del sistema sanitario. In particolare, nel documento, l’articolo 2 cita: “l’attività della
cabina di regia dovrà basarsi sui seguenti presupposti (...) gli infermieri e le altre professioni
sanitarie, nell’ambito delle responsabilità già delineate dagli specifici profili professionali di
riferimento, sono garanti del processo assistenziale, ed è per questo che è necessaria e non più
rinviabile l’evoluzione professionale verso le competenze avanzate e di tipo specialistico”.
La normativa più recente sulle competenze specialistiche risale alla legge n° 190 del 23 dicembre
2014, al comma comma 566 si legge: “ferme restando le competenze dei laureati in medicina e
chirurgia in materia di atti complessi e specialistici di prevenzione, diagnosi, cura e terapia, con
accordo tra Governo e Regioni, previa concertazione con le rappresentanze scientifiche,
professionali e sindacali dei profili sanitari interessati, sono definiti i ruoli, le competenze, le
relazioni professionali e le responsabilità individuali e di equipe su compiti, funzioni e obiettivi
delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, tecniche della riabilitazione e della
prevenzione, anche attraverso percorsi formativi complementari (...)”.
La Bozza di accordo tra il Governo e le Regioni e la Relazione sull’Evoluzione della professione
infermieristica (la cui bozza è stata approvata dalla Commissione salute delle Regioni fin dall’inizio
del 2013, ma ancora in attesa di essere approvato dalla Conferenza Stato Regioni) sono rimasti in
attesa della norma che li rendesse attuabili (il comma 566 della legge di Stabilità 2015) prevedono
l’individuazione delle seguenti aree di intervento per lo sviluppo delle competenze:
• area cure primarie;
• servizi territoriali/distrettuali;
!11
• area intensiva e dell’emergenza urgenza;
• area medica;
• area chirurgica;
• area neonatologica e pediatrica;
• area salute mentale e dipendenze.
L’accordo prevede inoltre che vengano rivisitati i piani di studio delle lauree, delle lauree magistrali
e dei master universitari di I° e II° livello, al fine di rispondere alle necessità di sviluppo della
professione infermieristica percorrendo in tal modo positive esperienze già mature in ambito
internazionale.
Nel comunicato stampa n° 69 del Ministero della Salute del 27 maggio 2016 il Sottosegretario alla
Salute Vito De Filippo (2016) dichiara, in relazione all'istituzione del "Tavolo tecnico-scientifico
per la professione infermieristica: nuovi modelli organizzativi e assistenziali”, che “l’istituzione del
tavolo rappresenta un’iniziativa che ha l’obiettivo di promuovere la partecipazione ed il consenso
alle scelte di riorganizzazione del sistema sanitario previsto dal Patto per la Salute della
professione infermieristica nel quadro delle scelte più complesse di riorganizzazione in corso nelle
aziende sanitarie. È una riorganizzazione in corso che richiede alla professione infermieristica un
ruolo da protagonista molto più impegnativo, effetto anche della sua evoluzione ordinamentale e
formativa: dall’ospedale per intensità di cure, agli ospedali di comunità ed ai reparti a gestione
infermieristica per cure a bassa intensità, al nuovo assetto delle cure primarie sul territorio ad
iniziare dall’infermiere di famiglia, all’implementazione delle competenze avanzate e specialistiche
degli infermieri ad iniziare dai Dipartimenti di emergenza ed al sistema del 118, ma non solo”.
La Federazione Nazionale Collegi IPASVI in coerenza con i contenuti normativi del decreto
ministeriale 739/1994, della legge 43/2006 e della Legge 190/2014 (in particolare il comma 566 in
cui si promuove l’evoluzione delle competenze dei professionisti sanitari attraverso percorsi di
formazione complementare), ha elaborato un nuovo modello di evoluzione delle competenze
infermieristiche, approvato dal Comitato Centrale della Federazione Nazionale Collegi IPASVI con
delibera n. 79 del 25 aprile 2015. Il modello, creato da un gruppo di infermieri esperti, richiama il
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Patto per la Salute e i contenuti della bozza di accordo tra Governo e Regioni sulle competenze
specialistiche dell’infermiere. Il modello proposto si articola su due assi su cui disegnare la
professionalità (della clinica, della gestione) e 4 livelli di approfondimenti (in seguito elencati con
le lettere a, b, c, d).
• l’asse della clinica (l’approfondimento delle competenze): rappresenta la linea del governo dei
processi assistenziali su cui si posizionano le competenze e le responsabilità agite dagli infermieri
nei confronti dell’utenza.
a) Infermiere generalista, in possesso della laurea triennale;
b) Infermiere con perfezionamento clinico, se possiede un corso di perfezionamento
universitario applicato ad una tecnica specifica (ad es. gestione accessi venosi);
c) Infermiere esperto clinico con master, se si è formato con un master universitario di primo
livello, è in grado di gestire ed approfondire le competenze nell’ambito di un settore specifico di
assistenza (ad es. anestesia/analgesia, strumentazione e tecniche chirurgica, dialisi, endoscopia,
wound care ecc.);
d) Infermiere specialista clinico con laurea magistrale, quando possiede la laurea magistrale
orientata verso uno specifico ambito (area cure primarie, area intensiva e dell’emergenza/
urgenza, area medica, area chirurgica, area neonatologica/pediatrica, area salute mentale e
dipendenze). Questo livello descrive lo specialista in grado di orientare, governare i processi
gestibili tipici di una certa area clinica e presenti in qualsiasi struttura.
• l’asse della gestione (l’espansione delle competenze): fa riferimento al governo dei processi
organizzativi e delle risorse su cui si posizionano le competenze agite dagli infermieri in rapporto
alla gestione delle risorse.
a) Infermiere generalista, in possesso della laurea triennale;
b) Infermiere con perfezionamento clinico, se possiede un corso di perfezionamento
universitario applicato a competenze gestionali (ad es. bed management);
c) Infermiere coordinatore con master, se si è formato con un master universitario di primo
livello che lo ha messo in grado di acquisire conoscenze e capacità di governo dei processi
organizzativi e di risorse in unità organizzate;
!13
d) Infermiere dirigente con laurea magistrale, si riferisce a un infermiere che si è formato con
lauree magistrale in scienze infermieristiche e ostetriche a indirizzo gestionale/formativo, che lo
ha messo in grado di assumere responsabilità di governo di processi organizzativi e di risorse
presso strutture e servizi sanitari di vario livello (dipartimento, area, piattaforma, presidio,
distretto) nonché presso corsi di laurea e settori formativi aziendali.
I livelli d) di entrambi gli assi prevedono la riorganizzazione dei percorsi di laurea magistrale.
Nella figura a seguire (Fig. 1) viene rappresentato graficamente il modello proposto da FNC
IPASVI.
!14
Fig. 1: il modello proposto dalla FNC IPASVI
Dopo anni di discussione sul tema delle competenze infermieristiche non è ancora chiaro come
verranno ampliate, quali saranno le conseguenze sull’esercizio professionale, sul rapporto tra i
professionisti e nell’organizzazione del lavoro. Il Servizio sanitario nazionale Italiano stenta a
introdurre in via definitiva le competenze avanzate, nonostante la letteratura internazionale
documenti quanto la figura è determinante per il miglioramento degli esiti dei pazienti assistiti.
La carenza normativa ha generato negli ultimi anni terreno fertile per alcuni conflitti tra
professionisti, riguardanti soprattutto ambiti in cui un netto confine tra competenze mediche e
infermieristiche non esiste. In queste situazioni di dibattito, come espressione della volontà degli
infermieri di evolvere professionalmente verso le competenze avanzate e di tipo specialistico,
l'associazionismo infermieristico ha sostenuto e sostiene questa evoluzione di competenze e non ha
mancato di documentarlo . 3
1.3 INFERMIERE SPECIALISTA: DUE ESEMPI DI SVILUPPO DELLE COMPETENZE
ALL’ESTERO
Il riconoscimento dell’infermiere di pratica avanzata è presente (Morin & Eicher, 2012):
• dagli '60 negli Stati Uniti e Canada;
• dagli anni '70 nel Regno Unito;
• in Australia e Irlanda l’introduzione di questa figura è più recente e ancora in via di definizione;
• dagli anni 2000 Belgio, Francia, Giappone, Polonia e Repubblica Ceca.
Uno degli esempi esteri di come si è sviluppata un'area specialistica dell'infermieristica è
l'infermiere di anestesia in America (USA): la figura professionale che agisce in collaborazione con
il medico anestesista nelle fasi intra-operatorie e nell'assistenza diretta al paziente. Negli USA
questa figura esista da tempo (150 anni) con il nome di Certified Registered Nurse Anesthetist
(CRNA), gli infermieri americani ottengono questo titolo in seguito alla frequenza e
all’acquisizione del corso formativo in anestesia. I requisiti per accedere al percorso formativo post
base sono: la formazione infermieristica di base e lavorare da almeno un anno in area critica, la
certificazione viene rinnovata ogni due anni (Ray & Desal, 2016). La American Association of
Nurse Anesthetist è responsabile della formazione post base, della certificazione e mantenimento
Policy statement sul trattamento farmacologico da parte degli infermieri nell’emergenza territoriale (SIMEU 3
novembre 2015) Documento congiunto ANIARTI e FNC Ipasvi circa la sospensione dell'algoritmo sul trattamento del dolore da parte degli infermieri dei 118 dell'Emilia Romagna maggio 2017.
!15
della stessa, configurandosi come una vera e propria garanzia di professionalità nei confronti del
paziente ma anche del professionista. Il contesto americano si presenta aperto e dinamico
all’evoluzione della figura infermieristica: ciò e dettato in primo luogo dalla vicinanza storica e
culturale all’universo inglese, in cui nasce l’infermieristica, ma anche dall'atteggiamento di questa
cultura, che valorizza la figura dell’infermiere.
Un altro esempio che si riporta è quello Belga: l'infermiere anestesista è realtà da oltre 20 anni.
Inizialmente si otteneva il titolo con una formazione non universitaria, successivamente è stato
istituito un corso universitario post base di un anno (Herpelinck, Laloux & Lecocq, 2016).
Il Belgio e la realtà degli Stati Uniti d'America sono esempi di quanto potrebbe essere realizzato
anche in Italia, dove ancora si discute di competenze avanzate, quasi sentendo la necessità di
legittimarne l'esistenza. Probabilmente, il motivo per cui il riconoscimento tarda ad essere
ufficialmente riconosciuto è che l’infermiere non è visto e sentito come punto cardine del sistema
sanitario, a causa di diversi fattori:
• assenza di normativa;
• mancanza di piena autonomia;
• labili confini fra professionalità medica e professionalità infermieristica.
!16
CAPITOLO 2
2.1 LA TERAPIA INTENSIVA E IL PAZIENTE CRITICO
La terapia intensiva è stata definita come: “l’insieme delle strutture ad alta intensità assistenziale e
delle situazioni caratterizzate dalla criticità/instabilità vitale del malato e delle complessità
dell’approccio e dell’intervento assistenziale medico/infermieristico” (Gianfrancesco, 2016). I
punti nevralgici attorno a cui nasce e si caratterizza un’unità di terapia intensiva sono
sostanzialmente tre:
• requisiti strutturali;
• criticità delle condizioni fisiche del paziente;
• alta complessità medico-assistenziale.
Nel contesto attuale, con terapia intensiva si identifica un reparto ospedaliero in cui vengono
collocate persone ad elevata criticità vitale che necessitano di cure intensive, finalizzate al sostegno
delle funzionalità vitali e con l’obiettivo finale di riportare il paziente alle condizioni di salute
iniziali (prima dell’evento acuto). All’interno di un ospedale rappresenta l’anello più avanzato di
assistenza clinica per quanto riguarda l’intensità di cura, la disponibilità tecnologica, l’invasività del
monitoraggio e del trattamento. La peculiarità di questo ambito di cura consiste nel supporto
intensivo del paziente in toto, comprendendo il controllo delle funzioni respiratorie, neurologiche,
cardiovascolari, nefrologiche e dell'omeostasi metabolica, con il fine di raggiungere il ripristino
delle funzioni fisiologiche spontanee del paziente. La sua pratica è strettamente dipendente dal
concetto di monitoraggio intensivo delle funzioni vitali, dagli effetti dei farmaci in infusione
continua e dai presidi invasivi ed extracorporei. Per questi motivi l’infermiere di area critica
garantisce un’assistenza infermieristica tempestiva, intensiva e continua a qualunque paziente si
trovi in situazione di instabilità e/o criticità vitale.
Un paziente si definisce critico quando presenta una o più alterazioni d’organo che necessitano di
una correzione in tempi più o meno brevi, per evitare un peggioramento clinico che potrebbe
degenerare fino all’arresto cardio-respiratorio. In particolare è critico il paziente che presenza le
seguenti caratteristiche (Williams, Fulbrook, Kleinsell, Schmoligruber & Alberto, 2015):
• instabilità emodinamica;
• insufficienza respiratoria con o senza necessità di ventilazione meccanica;
• danno neurologico acuto e ipertensione endocranica;
!17
• insufficienza renale acuta;
• disordini endocrini e/o metabolici minacciosi per la vita;
• overdose, reazione avversa ai farmaci e intossicazioni;
• disordini della coagulazione;
• infezioni gravi (sepsi e shock settico);
• gravi disturbi nutrizionali.
Questa tipologia di paziente, quindi, si trova in una situazione di costante lotta per la sopravvivenza:
con un equilibrio fisico e psichico precario, soggetto a continui mutamenti, alle volte difficilmente
prevedibili e controllabili e che per tanto necessita di elevata intensità assistenziale (Williams et al.,
2015).
2.2 L'UNITÀ DI DEGENZA
Entrando in una terapia intensiva stupisce la quantità di apparecchiature ad alta tecnologia che
circondano i pazienti. Spazi ed attrezzature sono progettati in modo da permettere al personale
medico e infermieristico di operare a 360° intorno alla persona. Lo spazio è adatto a interventi
medici immediati e improvvisi, in caso di emergenza. Un classico reparto di terapia intensiva
dispone, per ogni unità del paziente di (Giusti & Benetton, 2015):
• Letto altamente tecnologico con possibilità di regolarne l’altezza, la posizione delle gambe e del
busto, di pesare e portare il paziente in posizione prona. È dotato di spondine rimovibili, viene
posizionato lontano dalle pareti, in modo che sia accessibile sui quattro lati. Al letto si
accompagna un materasso ad aria con un compressore che ne controlla costantemente la
pressione, in modo di prevenire la formazione di lesioni da pressione.
• Travi testa-letto a soffitto con colonne e ripiani, attrezzate con barra di alimentazione che
garantisce la funzionalità costante degli strumenti salvavita, prese per gas medicali (ossigeno e
aria compressa) e vuoto. A queste travi si inseriscono altri componenti indispensabili dell’unità
del paziente (come ad es. monitor, aspiratore e pompe infusionali).
• Monitor multiparametrico sul quale vengono visualizzati in continuo i parametri vitali del
paziente e i loro tracciati. Il monitor emette diversi tipi di allarme, udibili in qualsiasi punto del
reparto. Ciascun monitor è inoltre collegato ad uno schermo centrale che consente l'osservazione
contemporanea di tutti i pazienti ricoverati.
• Pompe infusionali per garantire una somministrazione di liquidi o farmaci costante nel tempo.
Ne esistono di diversi tipi: se è necessario essere molto precisi si utilizzano pompe siringa, negli
!18
altri casi e per maggiori volumi si utilizzano pompe peristaltiche.
• Pompe nutrizionali per somministrare la nutrizione enterale tramite SNG (sondino naso gastrico)
o PEG (gastrostomia endoscopica percutanea).
• Sistema di aspirazione e relativi presidi (sondini e aspiratore).
• Ventilatore automatico per la ventilazione meccanica invasiva e non, utilizzato per supportare o
sostituire la ventilazione spontanea del paziente.
• Defibrillatore manuale, consente di ristabilire nel paziente un ritmo cardiaco efficace,
applicando una scarica elettrica in caso di aritmie maligne.
• Carrello servitore, con medicinali e materiali specifici per il paziente in base alla patologia per
cui è ricoverato. Permette di avere a disposizione immediatamente tutto ciò che è necessario.
• Macchina per dialisi, per rimuovere i cataboliti, i liquidi in eccesso, correggere gli squilibri
elettrolitici e il pH dell’organismo.
• Sistemi di trasduzione di pressione che, convertono in un’onda elettrica l’onda meccanica
generata dal flusso ematico e trasmessa al catetere Vengono collegati, oltre che al paziente, a una
sacca di lavaggio e al monitor.
Non tutti questi strumenti tecnologici sono sempre presenti al letto del paziente, alcuni di essi
vengono utilizzati solo quando necessario (Giusti et al., 2015).
Nella figura a seguire (Fig. 2) è possibile vedere come è organizzata l’unità di degenza.
!19
2.3 IL MONITORAGGIO
Per monitoraggio si intende la visualizzazione e registrazione in modo continuativo e in tempo reale
dei dati relativi ai parametri vitali del paziente. Il monitoraggio può essere di tre tipi (Giusti et al.,
2015; Rinnone, n.d.):
• clinico attraverso l’osservazione del paziente si rilevano modificazioni, come ad es. lo stato
d’idratazione, la presenza di diaforesi, il colorito cutaneo, la presenza e le caratteristiche dei polsi
periferici e la qualità del respiro.
• Ematochimico si può definire come il rilievo periodico di parametri ematologici: emogasanalisi,
ematocrito, elettroliti ecc.
• Strumentale rappresenta l’insieme dei dati rilevati in modo continuo, forniti da particolari
!20
Fig. 2: Unità di degenza in terapia intensiva.
apparecchiature sulle diverse funzioni vitali, ed è quello che caratterizza la terapia intensiva.
L’infermiere impegnato nell’assistenza al paziente in area intensiva utilizza il monitoraggio per
osservare lo stato clinico del paziente. La stessa attività del monitoraggio giustifica la nascita e
l’esistenza della terapia intensiva: non esiste area critica senza monitoraggio intensivo. Gli scopi del
monitoraggio sono (Giusti et al., 2015; Rinnone, n.d) :
• comprendere immediatamente lo stato di salute del paziente, e descriverne l'andamento nel
tempo;
• segnalare tempestivamente l'insorgenza di eventi patologici;
• ottenere informazioni per la migliore scelta assistenziale, terapeutica e verificarne la corretta
applicazione.
Dato che il monitoraggio ha tra le sue funzioni quella di guidare scelte terapeutiche e diagnostiche,
è di fondamentale importanza che i sistemi utilizzati abbiano le seguenti caratteristiche: affidabilità,
accuratezza e precisione.
Il monitoraggio si configura, quindi, come un’attività “salvavita”, perché permette di riconoscere
precocemente l’evento avverso e di intervenire in tempo, migliorando gli esiti. Risulta quindi chiaro
quanto sia fondamentale e determinante la figura dell’infermiere, da una parte sia per quanto
riguarda la precisione, l’accuratezza nell’uso della strumentazione, ma soprattutto nel riconoscere e
interpretare i parametri vitali e una variazione di questi.
2.3.1 IL MONITORAGGIO EMODINAMICO
Il monitoraggio emodinamico è costituito dall’insieme di sistemi utilizzati nel paziente critico per la
rilevazione della funzione cardiovascolare del paziente e comprende (Giusti et al., 2015; Rinnone,
n.d.)
• il monitoraggio elettrocardiografico (ECG);
• il monitoraggio della pressione arteriosa (PA) con metodica invasiva e non invasiva;
• il monitoraggio della pressione venosa centrale (PVC);
• il monitoraggio emodinamico con catetere di Swan-Ganz.
Il monitoraggio elettrocardiografico in continuo (ECG)
Il monitoraggio elettrocardiografico permette la visualizzazione costante dell’attività elettrica del
cuore. Si effettua mediante l’uso di monitor collegati alla persona attraverso cavi elettrici ed
!21
elettrodi posti sul torace, che permettono la costante visualizzazione della frequenza cardiaca (FC) e
del ritmo cardiaco.
Il monitoraggio della pressione arteriosa (PA)
Il monitoraggio della pressione arteriosa può essere eseguito con metodica invasiva e non invasiva.
I metodi non invasivi prevedono l’uso di un bracciale pneumatico che, a intervalli pre-impostati
dall’operatore, rileva la pressione arteriosa, visualizzandola poi sul monitor. Quando la salute del
paziente è particolarmente compromessa, può essere necessario ricorrere a una metodica invasiva:
viene incannulata un’arteria mediante un catetere arterioso, che viene connesso a un sistema di
trasduzione collegato al monitor, ottenendo un valore numerico e l’onda pressoria.
La metodica invasiva permette una misurazione diretta e continua della pressione arteriosa e un
campionamento seriato di sangue arterioso, è inoltre più attendibile rispetto al metodo non invasivo.
Il monitoraggio della pressione venosa centrale (PVC)
La PVC identifica la pressione del sangue rilevata nel tratto terminale della vena cava superiore, che
corrisponde alla pressione presente in atrio destro e ventricolo destro alla fine della diastole.
Dal punto di visto fisiologico, la PVC riflette la pressione di riempimento telediastolico del
ventricolo destro, poiché al termine della diastole le pressioni presenti in atrio destro e ventricolo
destro si equivalgono ed è quindi anche indicatore del riempimento del ventricolo destro
(precarico). La PVC permette, inoltre, di valutare la volemia, il ritorno venoso e la funzionalità
cardiaca. Si effettua mediante due principali sistemi: il monitoraggio elettronico, che avviene
mediante l'utilizzo di un circuito di trasduzione e quello che utilizza una colonna d’acqua. E'
necessaria, per entrambe le metodiche la presenza di un catetere venoso centrale (CVC): un catetere
posizionato in vene centrali, quali succlavia, giugulare e femorale.
Il monitoraggio emodinamico con catetere di Swan-Ganz (PAP)
Il monitoraggio con catetere di Swan-Ganz permette la misurazione della pressione nell'arteria
polmonare. Si inserisce attraverso la vena giugulare interna, fino ad arrivare all' arteria polmonare.
Grazie a questo tipo di catetere, si ottiene la PVC e altri indicatori che permettono una stima del
precarico cardiaco (Giusti et al., 2015; Rinnone, n.d).
Il posizionamento del catetere è esemplificato nella figura 3 (Fig. 3)
!22
2.3.2 MONITORAGGIO RESPIRATORIO
Il monitoraggio respiratorio consiste nel valutare tutti i parametri e valori che riguardano la
funzione respiratoria, ossia: ventilazione, ossigenazione e equilibrio acido-base. Esso comprende
(Giusti et al., 2015; Rinnone, n.d):
• monitoraggio emogasanalitico;
• saturimetria;
• capnometria.
Monitoraggio emogasanalitico
L’emogasanalisi (EGA) arteriosa consiste in un prelievo di sangue mediante puntura diretta
dell’arteria o dal sistema di rilevazione della pressione arteriosa invasiva. L’EGA permette di
rilevare dati per il monitoraggio relativo all’ossigenazione, alla ventilazione e allo stato metabolico
(equibilibrio acido-base).
Saturimetria
La saturimetria consiste nella misurazione della saturazione di ossigeno nel sangue arterioso
(SpO2). Consente di conoscere in tempi brevi in quale percentuale l’ossigeno è legato
all’emoglobina, monitorando il grado di ossigenazione del corpo. La saturimetria è una tecnica
semplice, non dolorosa e non invasiva, si esegue con l’ausilio di un saturimetro (ossimetro o
pulsiossimetro) a sensori ad infrarossi, che possono essere posizionati in varie regioni del corpo: le
dita delle mani (Fig. 4), lobo dell’orecchio e regione frontale. Parametri compresi tra 90-100% di
SPO2 indicano una saturazione normale, valori inferiori al 90% indicano ipossia permettendo di
!23
Fig. 3: Catetere di Swan-Ganz.
impostare quindi un’eventuale ossigenoterapia.
Capnometria
La Capnometria rappresenta la misurazione della quantità di CO2 espirata, meglio conosciuta come
end-tidal CO2. Questo valore corrisponde indicativamente alla CO2 dei gas alveolari (PaCO2) e
rispecchia i livelli di CO2 arteriosi. Questi valori, uniti alla corretta osservazione della frequenza
respiratoria e del tipo di respiro, consentono un migliore approfondimento del quadro clinico.
Si utilizzano vari tipi di strumenti per la rilevazione di questo dato: tra i più comuni ci sono quelli
portatili ad infrarosso, oppure il mainstream, utilizzato soprattutto nei pazienti intubati. Con questi
sistemi si ottengono valori numerici, e/o l’onda grafica della CO2 espirata. La capnometria è molto
utile e fornisce una sicurezza quando si va a verificare il corretto posizionamento del tubo tracheale
(raccomandazione classe IIA secondo le linee guida di American Heart Association).
La figura successiva mostra un esempio di onda capnografica e un capnometro portatile (Fig. 5).
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Fig. 4: Saturimetro, applicazione al dito della mano.
Fig. 5: Onda capnografica e capnometro portatile.
2.3.3 MONITORAGGIO NEUROLOGICO
I pazienti critici sono spesso a rischio di disfunzione neurologica come conseguenza di condizioni
neurologiche primarie o di danni secondari. Gli obiettivi del neuro-monitoraggio sono (Giusti et al.,
2015; Rinnone, n.d):
• individuare il deterioramento della funzione neurologica e l’insorgenza di insulti cerebrali
secondari;
• migliorare la comprensione fisiopatologica delle affezioni cerebrali;
• fornire informazioni per guidare e individualizzare la terapia e gli interventi assistenziali;
• fornire informazioni prognostiche.
Il monitoraggio neurologico è una parte fondamentale dell’attività infermieristica in area intensiva:
esso è finalizzato alla prevenzione di complicanze secondarie, che potrebbero peggiorare il danno
già presente. A tal proposito è utile riportare la teoria di Monroe-Kellie (come citato da Rinnone,
n.d) che vede il cranio come un sistema chiuso, al cui interno coesistono tre elementi in equilibrio
tra loro (sangue, liquor, tessuto cerebrale). L’aumento di volume o di quantità di uno di questi tre
elementi provoca una riduzione dello spazio a disposizione degli altri due. Questo comporta, quindi,
una compressione dell’intero sistema con conseguente aumento della pressione intracranica (PIC) e
una riduzione sia della pressione di perfusione cerebrale (PPC) e dell’apporto di ossigeno
all’encefalo. Oltre a questi due parametri (PIC e PPC), il monitoraggio neurologico comprende la
valutazione dello stato di coscienza con la Glasgow Coma Scale (o GCS, che prende in
considerazione l’apertura degli occhi, la risposta verbale e la risposta motoria) e la valutazione del
diametro pupillare e della sua reattività alla luce (Giusti et al., 2015; Rinnone, n.d).
2.4 LE FIGURE PROFESSIONALI IN TERAPIA INTENSIVA
Nei reparti di terapia intensiva la presa in carico del paziente è multidisciplinare. All’interno
dell’équipe si possono trovare le seguenti figure (Liberati, Gorli & Caratti, 2015):
• Direttore di Unità Operativa: è un medico esperto, specializzato in Anestesia e Rianimazione,
assume la responsabilità finale delle scelte cliniche ed organizzative. Dirige l'operato dei medici e
lo coordina con quello degli infermieri.
• Responsabile di terapia intensiva: è un medico esperto, specializzato in Anestesia e
Rianimazione, che segue giorno per giorno l'andamento clinico dei pazienti ricoverati. Guida
!25
l'operato dei medici e lo coordina nel tempo garantendo la continuità e l'adeguatezza delle scelte
terapeutiche.
• Coordinatore infermieristico: è un infermiere esperto, responsabile dell'organizzazione delle
risorse e dei materiali, coordina tutte le figure infermieristiche e di supporto. Contribuisce a
raggiungere gli obiettivi organizzativi e clinici attraverso una funzione di guida e di stimolo degli
infermieri. La figura professionale richiede doti di coordinamento e competenze infermieristiche.
• Infermiere: è un professionista sanitario che svolge con autonomia professionale le attività
dirette alla prevenzione, alla cura e alla salvaguardia della salute. In terapia intensiva l'infermiere
svolge vari compiti sostanziali, come l'osservazione continua del paziente attraverso il
monitoraggio, la somministrazione della terapia, le cure igieniche e la prevenzione delle
complicanze.
• Operatori di supporto: l'Operatore Tecnico-Assistenziale (OTA), l'Operatore Socio-
Assistenziale (OSA) e l'Operatore Socio-Sanitario (OSS) svolgono compiti di supporto
all'assistenza infermieristica, quali ad esempio la consegna materiali biologici per esami di
laboratorio e disinfezione e sterilizzazione della strumentazione clinica.
2.5 L'INFERMIERE DI TERAPIA INTENSIVA
L’infermiere specialista in terapia intensiva è il professionista sanitario responsabile della gestione
dei processi infermieristici in area critica ed è capace di garantire alla persona in uno stato di
criticità vitale, reale o potenziale, la presa in carico e un’assistenza globale, anche con l’utilizzo di
strumenti e presidi a rilevante componente tecnologica e informatica. Analizza i bisogni di
assistenza della persona in trattamento intensivo e semi-intensivo, pianifica e coordina l’attuazione
dei percorsi assistenziali mantenendo la continuità delle cure e l’integrazione multi-professionale
(Karra, Papathanassoglou, Lemonidou, Sourtzi & Giannakopoulou, 2014). Secondo Riitta-Liisa,
Suominem & Leino-Kuilpi (2007) l’assistenza specialistica si realizza anche attraverso la
progettazione di percorsi educativi rivolti alla persona e ai familiari nelle fasi di ospedalizzazione e
di riabilitazione e attraverso l’erogazione di consulenze specialistiche ad altri operatori sanitari.
La responsabilità dell’infermiere specialista in quest’area consiste inoltre, nella partecipazione e
progettazione attiva nella formazione del personale infermieristico e di supporto e nella
realizzazione di programmi di ricerca finalizzati allo sviluppo delle buone pratiche di assistenza in
area intensiva.
!26
La British Association of Critical-Care Nurses nel 2010 stabilisce che ogni paziente ricoverato in
un reparto di terapia intensive deve essere immediatamente valutato da un infermiere specialista con
una qualificazione specifica in quell’ambito (Matlakal & Botha, 2015).
Secondo Acebedo-Urdiales, Medina-Noya & Ferré-Grau (2014) il contesto della terapia intensiva si
configura come un luogo dove permangono persone ad elevata criticità vitale, con conseguente
necessità di cure intensive. L’esperienza necessaria per poter accedere all’utilizzo delle competenze
avanzate può essere acquisita attraverso una qualificazione post-base, come un Master oppure con
almeno cinque anni di esperienza lavorativa consecutiva in reparti di cura intensiva. L’importanza
di questo ultimo criterio è stata descritta da Benner già nel 1982, che considera cinque anni come
tempo minimo necessario di lavoro nella stessa unità per acquisire le competenze che caratterizzano
la pratica esperta. Allo stato attuale, la normativa Italiana riconosce l'infermiere specialista/esperto
se è in possesso del master in area critica (L. 43/2006), non viene considerato, quindi, l’aspetto
esperienziale.
Diverse associazioni infermieristiche come: International Council of Nurses (ICN), European
Federation of Nurses associations (EFN), American Association of Critical Care Nurses (AACN),
Australian College of Critical Care Nurses (ACCCN), World Federation of Critical Care Nurses
(WFCCN) e European Federation of Critical Care Nurses’ associations (EfCCNa), hanno
affrontato le esigenze di istruzione e formazione per gli infermieri specialisti in terapia intensiva,
progettando un programma formativo sul quale basarsi nell’organizzazione didattica di un master in
area critica. L'obiettivo di questo piano formativo è quello di aumentare il bagaglio di competenze
dell’infermiere, integrandolo con le capacità di: condurre una valutazione avanzata clinica e saper
prendere decisioni cliniche, documentare i risultati, erogare una prescrizione non medica
indipendente e di condurre procedure avanzate invasive, come il posizionamento della linea
arteriosa e venosa centrale (Nieminen, Mannevaara & Fagerström, 2011; Jackson & Carberry,
2014).
Secondo Avadhani (2016) il ruolo di un infermiere specialista in terapia intensiva include il
monitoraggio, un'attività che consente di gestire la prevenzione e la gestione di eventi acuti e le loro
sequele. Sono necessarie, quindi, competenze nell'esecuzione di procedure di sostegno vitale e di
assistenza nelle condizioni di cura acuta e critica. La sola possibilità che un infermiere assista il
paziente instabile dal punto di vista respiratorio ed emodinamico giustifica la necessità di
permettergli di gestire in autonomia alcune manovre avanzate, come ad esempio l’intubazione
orotracheale e il posizionamento di un catetere arterioso o un catetere venoso centrale (CVC), con
l'obiettivo di permettere al paziente di ricevere quanto prima ciò di cui ha bisogno. Diventa quindi !27
necessario inserire queste pratiche nei percorsi di formazione post-base, attraverso la pratica e anche
la simulazione, la quale si è dimostrata molto vantaggiosa perché permette di mettere in pratica le
conoscenze con la possibilità di imparare dall'errore senza commetterlo su persone (Avadhani,
2016).
È possibile andare a definire quali sono le competenze professionali specialistiche dell’infermiere
specialista in area intensiva, classificandole in alcune aree:
• Area assistenziale: effettua la diagnosi clinico-assistenziale, pianifica le attività infermieristiche
complessive della terapia intensiva in integrazione con gli altri professionisti, gestisce la
continuità assistenziale.
• Area educativa e relazionale: si relaziona con efficacia alla persona in terapia intensiva, instaura
e gestisce la relazione d’aiuto con l’utente e la famiglia, educa i caregiver, supporta la persona e la
famiglia nell’elaborazione del lutto, educa all’auto-cura la persona con problemi respiratori.
• Area tecnica: gestisce gli strumenti per la somministrazione di farmaci, per la ventilazione
meccanica, per l’ultrafiltrazione e per l’emodinamica, misura i parametri vitali con modalità
invasive, garantisce la pervietà delle vie aeree in pazienti con protesi respiratorie, valuta e
monitora i parametri ventilatori ed emodinamici, gestisce il dolore nella persona con alterazione
della coscienza, gestisce il rischio infettivo, interpreta le manifestazioni cliniche intervenendo
tempestivamente, gestisce l’emergenza urgenza in ambiente non protetto, somministra
criticamente i farmaci in device multilume, esegue valutazioni cliniche complesse.
• Area della gestione di sé: elabora il proprio lutto, riconosce le manifestazioni corporee del proprio
stato emotivo, riconosce comportamenti a rischio di burn-out.
Oltre all’area tecnica, quindi, l’infermiere in terapia intensiva prende in considerazione altri aspetti,
non puramente clinici, come la dimensione culturale della famiglia, le credenze, le dinamiche
interpersonali e lo status socio-economico della persona.
Per tutte le competenze elencate e per tutti i presupposti definiti dalla normativa e dalle associazioni
infermieristiche, è evidente come sia basilare l’aspetto formativo di questa figura. L’infermiere
specialista in generale e soprattutto in terapia intensiva, deve necessariamente accedere ad un
complesso repertorio di conoscenze, al di là dell’esperienza maturata, e mantenersi aggiornato
attraverso la formazione continua, per poter garantire al cittadino assistenza di qualità (Morin &
Eicher, 2012; Lavoie, Pilon, Sant Denist & Chartrand, 2013; Ambrosino, Fishman & Decormeille,
2015; Herpelinck, Laloux & Lecocq, 2016; Massai et al., 2007).
!28
2.6 AMBIGUITÀ DI RUOLO E ASPETTATIVE
I medici e gli infermieri rappresentano il nucleo fondamentale della terapia intensiva, possiedono
ruoli diversi, condividono gli stessi spazi di lavoro, la stessa organizzazione e gli stessi utenti.
Quando si parla di responsabilità, ruoli e competenze di tipo medico e infermieristico, il confine
sembra davvero sottile. I continui cambiamenti dei percorsi di cura, delle organizzazioni sanitarie e
le evoluzioni tecnologiche e scientifiche, evidenziano la necessità di avere professionisti che siano
in grado di rispondere a problemi di salute sempre più complessi e a processi assistenziali sempre
più articolati (AllahBakhshian, Alimohammadi, Taleghani, Nik, Abbasi & Gholizadeh, 2016).
Ottenere la collaborazione e l'integrazione di queste figure professionali risulta tuttavia essere
particolarmente impegnativo. Anzitutto perché il focus è diverso, il medico concentra l'attività
professionale sulla diagnosi e terapia di uno stato patologico, mentre l'infermiere concentra la sua
attività nel trattare le risposte del paziente alla patologia, oltre a eseguire una serie di trattamenti in
autonomia o prescritti; ma anche perché l'espansione delle attività infermieristiche in un'ottica
specialistica ed avanzata richiede il superamento dei confini propri delle competenze storicamente
appartenenti al gruppo medico, generando anche conflitti interni e tra categorie professionali. I
dettagli di una particolare condizione di salute non sempre risultano chiari, ma anche quando non vi
è l'adeguata informazione o chiarezza riguardo agli ambiti di attività e relative responsabilità o delle
aspettative rispetto al ruolo e compiti affidati si può incorrere nell'ambiguità di ruolo (McCaughrin
& Mattammal, 2003).
Gli infermieri, specialmente se di area critica, attribuiscono grande importanza all'autonomia, vista
come un modo per fornire la migliore assistenza possibile all'utenza (Georgiou, Papathanassoglou
& Pavlakis, 2015). Una delle aspettative dell'infermiere è stata la conquista dell'autonomia
professionale, ed ora è l'ampliamento del proprio ruolo, anche in considerazione dei diversi
perfezionamenti e master universitari che sono stati istituiti (ad es. case/care manager, gestione
accessi venosi, ecografia infermieristica).
È stato scelto il cateterismo arterioso come competenza avanzata da prendere in esame, perché
durante la revisione della bibliografia abbiamo riscontrato che all’estero viene normalmente
eseguita dagli infermieri. Il cateterismo arterioso non è esente da rischi come tutte le altre procedura
invasive, tuttavia, visti i nuovi programmi di formazione sempre più accurati e specialistici, e la
normativa vigente, questa competenza potrebbe essere affidata in sicurezza agli infermieri
specializzati in terapia intensiva, che già sono responsabili del monitoraggio in toto del paziente.
Questo elaborato di tesi vuole estrapolare e capire se il ruolo e le competenze degli infermieri di
area critica, con un'adeguata formazione ed esperienza, si sentirebbero o si sentono in grado !29
d'utilizzare tecniche invasive, nello specifico il cateterismo dell'arteria radiale, partendo dal
presupposto che in alcune realtà estere questa tecnica viene già eseguita dall'infermiere ed è già
stata dimostrata l'efficacia, l'efficienza e la sicurezza (Chee et al, 2011).
!30
CAPITOLO 3
3.1 IL CATETERISMO ARTERIOSO
Per cateterismo arterioso si intende l’introduzione di una cannula o di un catetere all’interno di
un’arteria palpabile, a eccezione dell’arteria carotide. Il cateterismo arterioso permette di misurare
in modo continuo la pressione arteriosa (sistolica, media e diastolica) e di prelevare rapidamente
campioni di sangue per eseguire un’emogasanalisi (EGA). Questa procedura viene eseguita nei
pazienti ricoverati di terapia intensiva, semi-intensiva e in quelli che accedono alla sala operatoria.
Le principali indicazioni sono (Cousins & O’Donnell, 2004) :
• il controllo dei gas nei pazienti con insufficienza respiratoria sottoposti a ventilazione artificiale;
• il monitoraggio emodinamico nei pazienti sottoposti a terapia farmacologica cardiovascolare, per
poter valutare nell’immediato gli effetti;
• il controllo emodinamico invasivo durante e/o dopo l’esecuzione di interventi chirurgici
complessi, lunghi e con rischio di emorragia o in soggetti emodinamicamente instabili;
• determinazione della gittata cardiaca.
In genere i cateteri arteriosi sono inseriti in arteria radiale, anche se è possibile inserirli in arteria
femorale, ulnare, pedidea dorsale, brachiale, ascellare e tibiale posteriore e arteria temporale. Nella
scelta della sede di posizionamento bisogna considerare l’abilità dell’operatore nella tecnica e le
esigenze cliniche del paziente, ma anche variabili specifiche per ogni sede: la facilità di
posizionamento, la presenza di un circolo collaterale, il rischio potenziale di danneggiare le strutture
adiacenti al vaso arterioso, il rischio trombogenico, l’accuratezza dell'onda ottenibile e l'accuratezza
dell’onda pressoria che si visualizza.
Nella tabella successiva (Tab. 1) sono elencati i vantaggi e gli svantaggi legati alle principali sedi di
cateterismo (Cousins & O’Donnell, 2004).
!31
Il catetere è composto da materiale biocompatibile, in genere in teflon o poliuretano. Il diametro
interno è espresso in Gauge (G), per l’arteria radiale si utilizza un catetere di 20-22 G. La misura
varia in funzione all’età del paziente e del sito di inserimento scelto.
I metodi per l’inserimento del catetere:
• tecnica diretta: cannula su ago-guida (catetere corto);
• tecnica seldinger: cannula su guida (catetere lungo da 6 a 10 cm).
Non sono state rilevate differenze significative nell’utilizzo delle due tecniche, in termini di
successo e tempi di incannulamento. Fra gli operatori sanitari meno esperti, il tempo di
incannulamento era più breve utilizzando la tecnica seldinger (Vacchelli & Penso, 2008)
3.2 IL CATETERISMO ARTERIOSO RADIALE
Nelle unità di terapia intensiva, il cateterismo arterioso viene di norma eseguito da personale
medico. Se questa procedura venisse implementata nelle attività degli infermieri di terapia
intensiva, come accade all'estero, aumenterebbero le persone dell'equipe in grado di eseguirla,
!32
Tab. 1: vantaggi e gli svantaggi legati alle principali sedi di cateterismo.
evitando al paziente il rinvio del posizionamento e il conseguente ritardo nell'inizio del trattamento.
Per questo, possiamo affermare che il paziente debba beneficiare direttamente di infermieri in grado
di posizionare un cateterismo arterioso, senza attendere il medico. Calando questa riflessione nel
contesto italiano, nel quale l'infermiere esegue la puntura arteriosa per l'ottenimento di campioni di
sangue arterioso in estemporanea, è possibile ipotizzare che sia legittimato anche nel
posizionamento del catetere arterioso radiale (Cole & Johnson, 2013).
3.2.1 LA PROCEDURA
L’arteria radiale è identificata superficialmente all'estremità distale del radio tra i tendini del
brachio-radiale e del flessore carpo-radiale. È il sito più frequentemente utilizzato per il
monitoraggio emodinamico. La circolazione collaterale estesa viene fornita tramite l'arteria ulnare e
l'arco palmare.
Prima di procedere al cateterismo in arteria radiale è raccomandato eseguire il test di Allen
(Leblanc, Godbout & Nolet, 2015). Il test di Allen è un test clinico che viene utilizzato per valutare
l'afflusso di sangue alla mano e alle dita, in particolare la pervietà delle arterie radiale ed ulnare.
Viene utilizzato prima di eseguire una puntura arteriosa per emogasanalisi o il cateterismo arterioso.
Lo scopo del test è di valutare la capacità dell'arteria ulnare di garantire un adeguato flusso di
sangue alla mano in caso di occlusione della radiale conseguente alle suddette manovre. Il test si
compone di alcune tappe sequenziali. Al paziente viene richiesto di stringere con forza il pugno al
fine di eliminare la maggior quantità possibile di sangue dalla mano. Tale sforzo deve essere
mantenuto per circa 30 secondi. Solo a questo punto l'esaminatore comprime simultaneamente le
arterie radiale e ulnare, occludendole. Mentre la compressione è mantenuta il paziente riapre la
mano, che appare pallida. A questo punto si rilascia la compressione della arteria ulnare. Se il tempo
di ritorno di una colorazione rosea della mano è di 5-7 secondi, l'apporto di sangue da parte della
arteria ulnare è sufficiente ed è pertanto possibile e sicuro procedure con il l’incannulamento o
pungere la radiale. Se il colore della mano non ritorna alla norma nel giro di 7-10 secondi, l'apporto
di sangue alla mano da parte dell'arteria ulnare non è sufficiente: quindi non è raccomandabile
procedere. L'uso del test di Allen come predittore delle complicazioni ischemiche è una questione
controversa: alcuni studi rifiutano il suo valore predittivo. Eseguire il test di Allen prima del
tentativo di inserzione della cannula rimane comunque una raccomandazione.
!33
Nella figura successiva è possibile vedere le sequenze del test di Allen (Fig. 6).
La dimensione del catetere utilizzato è proporzionale al diametro dell'arteria da cannulare.
L'inserimento del catetere è di solito percutaneo, anche se la tecnica varia con la dimensione del
vaso (Cousins et al., 2004; Urden, Stacy & Lough, 2014, p. 240; Dougherty & Lister, 2011, p.527).
La preparazione del materiale (Fig. 7) è uguale per entrambe le tecniche: un antisettico, un campo
sterile, una tavola ed un nastro adesivo per fissare e posizionare il polso, della Lidocaina 1% ed un
ago di piccolo calibro, garze e medicazione per fissare il catetere, il sistema di trasduzione del
segnale arterioso ed infine il catetere che si è scelto di utilizzare.
!34
Fig. 7: Materiale necessario e circuito di monitoraggio.
Fig. 6: Il testi di Allen.
Come esemplificato dalla figura successiva (Fig. 8), la mano deve essere posta in dorsiflessione
moderata, in modo che l'arteria si elevi più vicino alla pelle, un piccolo rullo o un cuscino posto al
di sotto del polso possono facilitare il mantenimento della posizione.
L'arteria radiale viene palpata a 1-2 cm dal polso, tra la testa ossea del radio distale e il flessore
radiale del carpo. In un paziente cosciente, è meglio iniettare della Lidocaina 1% per ridurre al
minimo il dolore all'inserimento della linea.
Si procede con la preparazione della cute: l’antisettico idoneo è Clorexidina al 2%.
Tecnica di Seldinger: l'arteria dovrebbe essere palpata delicatamente con la mano non dominante in
sede prossimale al sito d’inserimento; l’ago deve entrare con un angolo di 30-45° alla pelle
direttamente sopra il punto in cui l'onda sfigmica viene percepita. Il catetere deve essere fatto
avanzare lentamente attraverso l'arteria fino a quando fuoriesce il sangue, a questo punto l'ago deve
essere avanzato solo di qualche millimetro attraverso il vaso. Il filo guida viene inserito fino a metà
del suo percorso e l'ago viene lentamente ritirato. Il filo dovrebbe infilarsi facilmente e senza
resistenza. Il catetere vascolare viene quindi fatto avanzare sul filo. A questo punto si può rimuovere
il filo guida e il catetere può essere collegato ad un sistema di trasduzione, si procede quindi con la
medicazione del sistema.
Tecnica diretta: come visibile nella figura successiva (Fig. 9), l’ago deve penetrare la pelle con un
angolo di 30-45° direttamente sopra il polso per poi essere lentamente avanzato.
!35
Fig. 8: Posizione ideale della mano.
Una presente il ritorno di sangue arterioso, il catetere deve essere leggermente più avanzato per
garantire che sia all'interno del vaso. L'angolo catetere deve poi essere abbassato a 10-15° ed il
catetere avanzato sopra l'ago, sfilando il mandrino.
Si procede con il fissaggio e la medicazione del sistema.
In entrambi i metodi, dopo il posizionamento del device occorre valutare la perfusione della mano e
ad intervalli frequenti mentre la linea è in uso: qualsiasi traccia di compromissione vascolare in
qualsiasi momento deve portare alla rimozione della linea. La linea arteriosa deve essere rimossa al
più presto possibile dopo che non è più necessaria.
Nel 2011, il CDC (center contro disease) hanno rilasciato le linee guida aggiornate per la
prevenzione delle infezioni per gli accessi arteriosi, raccomandando che durante l'inserzione
periferica di un catetere arterioso siano utilizzati: maschera chirurgica, un guanto sterile e un
tampone sterile (Cohen et al., 2015).
Come riportato da uno studio condotto nel 2016 da White, Halpin, Turner e Wallace l'uso di una
guida ecografica per l'inserimento di un catetere arterioso radiale richiede meno tempo rispetto al
metodo palpazione ed ha un alto tasso di successo, diminuendo la necessità di dover eseguire più
tentativi, con relativa diminuzione del dolore del paziente. Non ci sono controindicazioni all'uso
della guida ecografica, anche se una buona padronanza della tecnica è richiesta per poter eseguire
adeguatamente la manovra. La figura successiva mostra come appare l’arteria in guida ecografia
(Fig. 10).
!36
Fig. 9: Angolazione per l’inserimento dell’ago.
3.2.2 INDICAZIONI E CONTROINDICAZIONI
La prima indicazione è la necessità di monitoraggio della pressione cruenta, un tipo di monitoraggio
indicato per qualsiasi condizione medica o chirurgica che comprometta la portata cardiaca, la
perfusione tissutale o lo stato volemico dell'utente. Il sistema è progettato per la misurazione
continua di pressione sistolica, diastolica e pressione arteriosa media. L'accesso arterioso diretto è
utile anche nel monitoraggio respiratorio, nei pazienti con insufficienza respiratoria acuta che
richiedono frequenti analisi dell'equilibrio acido base e dell'emogasanalisi del sangue arterioso, con
l'obiettivo di verificare la risposta alla ventilazione meccanica. Il cateterismo arterioso è indicato
non solo nei disturbi respiratori e di circolo, ma anche in problemi metabolici e acido/base misti,
con o senza compensazione fisiologica . Le controindicazioni assolute per la cateterismo arterioso
includono (Urden, Stacy & Lough, 2014, p. 240; Dougherty & Lister, 2011,p.527):
• un test anomalo modificato Allen;
• infezione locale o anatomia distorta;
• la presenza di fistole artero-venose o innesti vascolari;
• sconosciuta o sospetta grave malattia vascolare periferica dell'arto coinvolto;
• gravi coagulopatie;
• terapia anticoagulante e/o trombolitica. !37
Fig. 10: Ecografia per il reperimento dell’arteria
3.2.3 COMPLICANZE
Le complicanze più frequenti sono la mancata puntura per difficoltà di percezione dell’arteria e il
vasospasmo, oppure la formazione di un ematoma che può portare a compromissione delle strutture
adiacenti. Possono presentarsi anche complicanze più severe (El-Hamamsy et al., 2003; Guarracino,
2009):
• ischemia tissutale e necrosi: si possono verificare embolizzazioni dovute a fibrina, coaguli,
materiale tissutale, trombi o aria. Se il circolo collaterale non è adeguato, si vengono a creare
ischemie periferiche e, nei casi peggiori, vere e proprie necrosi tissutali.
• Embolismo cerebrale: il lavaggio manuale vigoroso con una siringa può provocare ischemia
cerebrale dovuta a un flusso retrogrado da parte di materiale tissutale o aria nel circolo cerebrale.
La complicanza è ancora più frequente se il paziente è in posizione seduta.
• Insufficienza vascolare: si può manifestare con l'occlusione vera e propria del vaso. Il rischio
sembra essere correlato con il diametro del vaso: maggiore in vasi di piccolo calibro, minore in
quelli con maggiore calibro, è quindi più esposta a questa complicanza la radiale e meno la
femorale. Esistono anche fattori predisponenti: la bassa portata cardiaca, l'uso di vasocostrittori, i
cateteri di grosso calibro, la sindrome di Raynaud, il diabete e il prolungamento della permanenza
del catetere.
• Infezioni: il rischio di infezioni è maggiore nei pazienti ricoverati presso le unità di terapia
intensiva e aumenta con il prolungarsi del tempo di permanenza del catetere. In questi casi è
necessario rimuovere il catetere.
• Emorragie: il sanguinamento può essere dovuto a una rottura della parete posteriore dell’arteria,
al dislocamento del catetere o alla rimozione del catetere senza aver effettuato un’adeguata
emostasi. Il sanguinamento a livello radiale e brachiale non è mai molto abbondante, ma la
compressione dei tessuti circostanti in caso di ematoma può provocare un danno neurologico al
nervo mediano.
• Infusione arteriosa di farmaci: per le caratteristiche dei farmaci stessi, l’iniezione accidentale di
farmaci in arteria può dare origine a ischemie e a necrosi dell’estremità.
• Pseudoaneurisma: è una raccolta di sangue che si forma tra i due strati esterni di una arteria, la
tonaca muscolare e la tonaca avventizia, è una complicanza del cateterismo e di tutte le altre !38
procedure che richiedono la puntura dell’arteria. La figura successiva mostra come appare uno
pseudoaneurisma della radiale (Fig. 11).
!39
Fig. 11: Pseudoaneurisma della radiale.
SECONDA PARTE: METODOLOGIA DELLA RICERCA
CAPITOLO 4
4.1 FASI DELLA RICERCA
Il progetto di ricerca è stato suddiviso in 6 fasi.
• Fase 1: formulazione del quesito PICO (allegato n° 2). In questa fase sono state eseguite delle
ricerche libere sul tema e successivamente individuate le parole chiave e i termini di ricerca
MeSH per indagare le evidenze disponibili sul tema.
• Fase 2: revisione, analisi della letteratura e successiva definizione degli obiettivi e ipotesi di
ricerca.
• Fase 3: individuazione del tipo di disegno. La ricerca starà un'indagine esplorativa, con metodo
qualitativo e quantitativo. Il setting: le terapie intensive per adulti degli ospedali dell’Emilia
Romagna, il campione verrà individuato con criteri di inclusione ed esclusione.
• Fase 4: scelta dello strumento. È stata scelta la Nurse Competence Scale (NCS) e l’intervista
semi-strutturata come strumenti di raccolta dei dati.
• Fase 5: raccolta dati. Verrà eseguita consegnando, spiegando il materiale e conducendo le
interviste semi-strutturate.
• Fase 6: analisi dei dati e successiva discussione.
Il cronogramma (allegato n° 1) mostra come si sono svolte e si svolgeranno le fasi di ricerca in
termini temporali.
4.2 OBIETTIVI
Dall’analisi della letteratura, è emerso che i ruoli di medici e infermieri hanno subito radicali
cambiamenti, sono divenuti più complessi creando, a volte, sovrapposizioni di competenze con
conseguenti ricadute negative in termini di collaborazione interprofessionale, inefficienze e
benessere stesso dei professionisti. L’obiettivo principale di questo studio è rilevare le
competenze e le aspettative di ruolo di medici e infermieri rispetto al cateterismo dell'arteria
radiale da parte degli infermieri. Dall’analisi della letteratura si evince che all’estero il
cateterismo arterioso è una competenza inserita nella formazione post-base ed eseguita
normalmente dall’infermiere di area intensiva.
!40
Sulla base di queste ultime affermazioni, il nostro lavoro si propone di analizzare nello specifico il
ruolo dell’infermiere in relazione ad una tecnica invasiva e cruenta storicamente appartenente
all’attività del medico.
Obiettivi specifici:
• valutare le competenze degli infermieri in area intensiva;
• valutare le aspettative degli infermieri nel contesto dell’area intensiva riguardo al loro ruolo
professionale, in relazione alla procedura dell’incanalamento dell’arteria radiale;
• valutare l’opinione dei medici riguardo l’inserimento della procedura di cateterismo arterioso
radiale nell’attività dell’infermiere di area intensiva;
• contribuire alla stesura di un protocollo in merito al posizionamento del cateterismo arterioso
radiale;
• valutare la necessità di un percorso formativo per infermieri di area intensiva riguardo alla
procedura del cateterismo arterioso radiale.
4.3 DOMANDE DI RICERCA
• Il cateterismo arterioso radiale è una procedura che potrebbe essere introdotta come competenza
dell’infermiere in area intensiva?
• Considerando che l’infermiere gestisce il monitoraggio emodinamico del paziente, perché non
rientra nelle competenze avanzate il posizionamento del cateterismo arterioso radiale?
4.4 STRATEGIE DI RICERCA
In questa revisione, la ricerca sistematica degli articoli inerenti al tema scelto, è stata effettuata
consultando diverse banche dati di rilevanza scientifica (Cinahl, Pubmed, e Medline), il motore di
ricerca Google Scholar e grazie alla consultazione di libri di testo.
La ricerca è stata effettuata nel periodo marzo/aprile 2017, sono stati presi in considerazione
soprattutto testi pubblicati negli ultimi 15 anni, in modo da tenere solo in considerazione fonti
informative con un concetto di competenza più attuale e consono alle definizioni e alle normative
vigenti. La lingua utilizza nelle ricerche nelle banche dati è stata principalmente l’inglese, mentre
per quelle eseguite su Google Scholar è stato utilizzato l’italiano e il francese.
!41
Nelle banche dati Pubmed, Medline e Cinahl, il percorso di ricerca è stato realizzato utilizzando le
seguenti parole chiavi e termini MeSH:
• competence AND intensive care nurse;
• ultrasound AND intensive care nurse;
• medical-nursing boundary AND intensive unit;
• clinical decision AND nurse AND intensive unit NOT pediatric;
• nursing AND arterial catheter;
• critical care AND competence of nurse;
• arterial catheter AND insertion;
• clinical competence [mesh term] AND nurse practioner [mesh term] AND advanced pratice;
• clinical competence [mesh term] AND critical care nursing [mesh term] AND practical
knowledge;
• decision making, organizational [majr] AND leadership [majr] AND hospitals [mesh term].
Nella ricerca tramite Google Scholar, in lingua italiana e francese si sono cercati i termini:
• role de l'infermier en rianimation;
• nurse competence scale versione italiana.
Durante la fase di ricerca degli articoli, sono stati utilizzati i seguenti filtri:
• ultimi 15 anni;
• lingua inglese, francese e italiano;
• specie umana;
• pazienti adulti;
• esclusi brevetti e citazioni.
Dopo l’applicazione di questi filtri abbiamo ottenuto un totale di 82 articoli inclusi dalle banche dati
(Pubmend, Medline e Cinhal) e un totale di 566 dal motore di ricerca Google Scholar.
!42
Dopo lettura del titolo, dell’abstract e utilizzando come criterio d’inclusione tutti gli studi che
riguardavano le competenze infermieristiche, inizialmente in modo generico e poi in area critica, la
mappatura delle competenze delle professioni sanitarie, studi che trattavano aspetti educativi e/o
formativi in ambito critico ed i fattori capaci di influenzare le competenze, e per ultimo, la
cateterismo arteriosa e le competenze necessarie per poterle eseguire in autonomia infermieristica,
sono stati esclusi 43 articoli dalle banche dati e 554 dal motore di ricerca.
Sono stati esclusi gli studi che trattavano le competenze infermieristiche in situazioni di maxi-
emergenza e/o catastrofiche, competenze in aree specialistiche come la pediatria e l‘oncologia e
studi che raccoglievano abstract di altri studi e/o linee guida.
Dopo una lettura approfondita degli articoli, sono stati recuperati 30 full text ed analizzati
criticamente. Il processo è stato documentato attraverso una flow chart (Fig. 12). È possibile
visionare gli articoli reperiti nella tabella sinottica, in allegato 3.
!43
!44
Fig. 12: Flow chart.
4.5 METODO
4.5.1 DISEGNO DELLA RICERCA
Verrà utilizzata un’indagine di tipo esplorativo, che si propone di andare ad indagare in particolare
le opinioni di medici e infermieri riguardo alla procedura. Lo studio si baserà su una metodologia di
tipo quantitativo e qualitativo.
4.5.2 SETTING
Si è scelto di studiare il territorio dell’Emilia Romagna, dotati di terapia intensiva, nei seguenti
ospedali:
• Ospedale Guglielmo da Saliceto Piacenza
• Ospedale Borgonovo Val Tidone
• Ospedale Maggiore Parma
• Ospedale di Fidenza
• Arcispedale “Santa Maria Nuova” IRCCS
• Ospedale di Guastalla
• Ospedale Franchini di Montecchio Emilia
• Ospedale “Ramazzini” Carpi
• Ospedale “Santa Maria Bianca” Mirandola
• Ospedale di Sassuolo
• Ospedale Policlinico Sant’Orsola-Malpighi Bologna
• Ospedale Maggiore Bologna
• Ospedale Bellaria Bologna
• Istituto ortopedico Rizzoli IRCCS
• Ospedale “Santa Maria della Scaletta” Imola
• Ospedale di Castel S. Pietro Terme
• Arcispedale Sant’Anna Ferrara
• Ospedale “SS. Annunziata” Cento
• Ospedale “del Delta” Lagosanto
• Ospedale Santa Maria delle Croci Ravenna
• Ospedale di Lugo
• Ospedale degli Infermi Faenza
• Ospedale Morgagni-Pierantoni” Forlì !45
• Ospedale “Bufalini” Cesenza
• Ospedale “Infermi” Rimini
• Ospedale “G. Ceccarini” Riccione
4.5.3 CAMPIONE
Il campione sarà di convenienza e di tipo non probabilistico, individuando prendendo in
considerazione i seguenti criteri:
Criterio di inclusione
• Infermieri e medici che lavorano in aree intensive per adulti
Criteri di esclusione
• studenti medici e infermieri;
• tirocinanti infermieri;
• aree intensive pediatriche.
4.5.4 STRUMENTO
In considerazione dell'obiettivo posto, è stato decido di utilizzare due strumenti: la Nurse
competente scale (NCS) per l’autovalutazione delle competenze, e un’intervista semi-strutturata per
andare ad indagare le aspettative.
Nurse competence scale è uno strumento di autovalutazione delle competenze infermieristiche
sviluppato in Finlandia tra il 1997 e il 2003, sperimentato in altri paesi e in diverse realtà
assistenziali (emergenza, terapia intensiva, sala operatoria, medicina, chirurgia, neurologia, e
psichiatria). È stata utilizzata su infermieri con diversi livelli di esperienza dimostrando di essere
uno strumento valido e affidabile. In Italia la NCS è stata tradotta e testata per la prima volta nel
2009, dopo adattamento linguistico e culturale allo scopo di assicurare l’equivalenza semantica con
la versione originale. In seguito sono stati condotti altri studi italiani per verificare l’applicabilità
della NCS a tutti gli ambiti di competenza infermieristica. I risultati degli studi effettuati dal 2009
ad oggi hanno evidenziato che la NCS versione italiana è facile da utilizzare, le affermazioni sono
chiare e comprensibili e che può essere considerata uno strumento utile per fornire indicazioni sul
livello e sugli ambiti di competenza degli infermieri italiani. La NCS è stata impiegata in numerosi
studi ed ha mostrato una buona capacità di descrivere il profilo di competenza degli infermieri in
diversi contesti professionali e culturali: permette di identificare i deficit di conoscenza e, di
!46
conseguenza, i bisogni formativi con l’obiettivo di valorizzare e sviluppare le capacità per un
miglioramento della pratica infermieristica. La scala è composta da sette sezioni di competenza,
riferite al quadro concettuale sviluppato da Benner (Benner, 1982, 1984, 1996, 2003), ciascuna di
queste classi prevede una serie di competenze più specifiche, per un totale di 73 affermazioni
complessive (Scavone et al., 2014; Dellai et al.,2009):
• Competenze di presa in carico (7 item)
• Competenze di educazione (16 item)
• Competenze diagnostiche (7 item)
• Competenze di gestione della situazione (8 item)
• Interventi terapeutici (10 item)
• Assicurare la qualità (6 item)
• Ruolo ricoperto (19 item).
Il livello di competenza per ciascun item viene misurato con una scala VAS (Visual Analogue Scale)
da 0 che corrisponde a competenza assente a 10 per il massimo grado di competenza, suddivisibile
in tre livelli di competenza:
• da 0 a 5 “livello basso”;
• da 6 a 8 “livello intermedio”;
• maggiore di 8 “livello alto”.
Segue elenco dettagliato delle sezioni di competenza e delle affermazioni che contengono.
Sezione 1 competenze di presa in carico:
• pianificare l’assistenza infermieristica in riferimento ai bisogni del singolo paziente;
• modificare il piano assistenziale in riferimento ai bisogni del singolo paziente;
!47
• supportare le strategie di adattamento alla malattia del paziente;
• valutare criticamente la propria filosofia del nursing, la sua congruenza con i bisogni degli utenti
e la sua applicazione nella pratica quotidiana;
• utilizzare i risultati della ricerca nella presa in carico dei pazienti;
• migliorare la cultura della presa in carico nell’unità operativa;
• fondare la presa di decisioni su valori etici.
Sezione 2 competenze di educazione:
• riconoscere i bisogni di educazione del paziente;
• individuare il momento ottimale per attuare interventi educativi rivolti al paziente;
• padroneggiare i contenuti degli interventi educativi rivolti al paziente;
• fornire un’educazione personalizzata per ogni paziente gestire il processo educativo del paziente;
• riconoscere i bisogni educativi dei familiari;
• agire autonomamente nell’educare i familiari;
• tenere conto del livello di abilità posseduto dagli studenti infermieri durante il tirocinio clinico;
• supportare gli studenti infermieri nel raggiungimento degli obiettivi;
• valutare i risultati dell’educazione al paziente con il paziente stesso;
• valutare i risultati dell’educazione al paziente con i familiari;
• valutare i risultati dell’educazione al paziente con l’equipe assistenziale;
• attivarsi per mantenere e migliorare le proprie abilità professionali;
• sviluppare il processo educativo nei confronti del paziente all’interno dell’unità operativa;
• incoraggiare gli altri ad assumersi le proprie responsabilità;
!48
• contribuire a sviluppare percorsi di inserimento nell’unità operativa per gli infermieri neo-assunti.
Sezione 3 competenze diagnostiche:
• analizzare lo stato di salute del paziente utilizzando diversi modelli teorici;
• accertare i bisogni psicologici del paziente;
• accertare i bisogni psicologici dei familiari;
• organizzare per il paziente la consulenza di un esperto (infermieristico e non);
• concorrere a sviluppare con gli altri membri dell’equipe l’osservazione del paziente;
• concorrere a sviluppare con gli altri membri dell’equipe l’uso di strumenti diagnostici (ad es. le
scale di valutazione);
• gestire e migliorare la documentazione del paziente assistito.
Sezione 4 competenze di gestione delle situazioni:
• riconoscere precocemente situazioni critiche per la vita del paziente;
• ridefinire le priorità delle attività in funzione del modificarsi delle situazioni;
• agire appropriatamente in situazioni di pericolo di vita del paziente (emergenze);
• concorrere ad individuare momenti di confronto con l’equipe su casi assistenziali quando
necessario;
• sostenere i membri dell’equipe a gestire le situazioni di cambiamento;
• pianificare l’assistenza tenendo conto delle risorse disponibili;
• mantenere le attrezzature in buone condizioni;
• cooperare, mostrando flessibilità, in situazioni che cambiano rapidamente.
!49
Sezione 5 interventi terapeutici:
• pianificare le proprie attività in relazione alla situazione clinica del paziente;
• prendere decisioni riguardo all’assistenza personalizzandola per ogni paziente;
• coordinare le proprie attività assistenziali con quelle degli altri membri dell’equipe
multidisciplinare;
• coordinare le proprie attività assistenziali con quelle dell’equipe infermieristica;
• aggiornare protocolli/linee guida;
• esprimere il proprio punto di vista, all’interno dell’equipe, su problemi assistenziali;
• utilizzare i risultati della ricerca per attuare interventi appropriati;
• valutare sistematicamente i risultati dell’assistenza al paziente;
• possedere conoscenze approfondite per erogare assistenza di qualità;
• contribuire a sviluppare percorsi diagnostico-terapeutici multidisciplinari.
Sezione 6 assicurare la qualità
• ispirarsi, durante la pratica, al modello assistenziale scelto dall’equipe infermieristica;
• identificare aree di approfondimento e di ricerca nell’assistenza la paziente;
• contribuire all’identificazione di criticità nel modello assistenziale scelto dall’equipe
infermieristica;
• valutare sistematicamente il grado di soddisfazione del paziente per l’assistenza erogata;
• utilizzare i risultati della ricerca per ulteriori sviluppi dell’assistenza infermieristica;
• proporre problemi da approfondire con la ricerca.
!50
Sezione 7 ruolo ricoperto:
• riconoscere i bisogni di supporto e di aiuto dei colleghi;
• essere consapevole dei propri limiti;
• riconoscere l’identità professionale come una risorsa per la professione infermieristica;
• dimostrare responsabilità nell’utilizzo (evitando lo spreco) delle risorse;
• coordinarsi con i membri dell’equipe in merito alla distribuzione delle attività;
• svolgere il ruolo di tutor nei confronti degli studenti presenti nell’unità operativa;
• svolgere l’affiancamento per i neo-assunti;
• arricchire l’equipe assistenziale con le proprie competenze;
• agire autonomamente;
• attribuire attività al personale di supporto;
• migliorare l’assistenza attraverso l’apporto di nuove conoscenze;
• assicurare il procedere di un’assistenza priva di pericoli attraverso la delega di compiti;
• mettere in atto strategie per evitare lo stress eccessivo (controllare le proprie emozioni);
• utilizzare le tecnologie informatiche nel lavoro;
• coordinare l’assistenza la paziente nella sua globalità;
• gestire completamente le situazioni che gli si presentano innanzi;
• dare feedback costruttivi relativamente all’attività dei colleghi;
• sviluppare l’assistenza al paziente all’interno di un’equipe multidisciplinare ;
• contribuire a sviluppare un buon clima di lavoro.
!51
Intervista semi-strutturata è un colloquio che ha lo scopo di conoscere opinioni, atteggiamenti,
percezioni, aspettative, esperienze e caratteristiche della persona, proponendo al soggetto domande
stabilite sin dall’inizio e disposte in un ordine ben determinato. L’elenco di domande a disposizione
dell’intervistatore servono ad orientarlo affinché il colloquio rimanga centrato sul tema. Le
domande sono aperte e l’ordine delle stesse non è rigido come nel caso dell’intervista strutturata,
ma segue il flusso della discussione, aggiustandosi alla situazione e all’andamento stesso di questo
tipo di colloquio, che mostra quindi caratteristiche di alta flessibilità e adattabilità. L’intervista viene
condotta sulla base di una traccia ed è essenziale che il conduttore si impegni ad ascoltare
l’intervistato ed interagire se necessari chiarimenti.
4.6 RISULTATI ATTESI
Da questa ricerca ci si aspetta che gli infermieri siano favorevoli all’inserimento del cateterismo
dell’arteria radiale tra le pratiche di competenza infermieristica, e che siano disposti a partecipare a
corsi di formazione e abilitazione all’esecuzione della procedura. Inoltre si auspica che il personale
medico sia favorevole alla gestione infermieristica del cateterismo arterioso radiale, permettendogli
di avere più tempo per occuparsi di altre attività.
!52
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!58
Cronogram
ma P
roject Work
Anno
20162017
Mese
aprilem
aggiogiugno
luglioagosto
settembre
ottobrenovem
bredicem
bregennaio
fabbraiom
arzo
Formulazione del quesito
PICO
Revisione e analisi della
letteraturaD
efinizione obiettivi e ipotesi
Individuazione tipo di disegno, setting e cam
pioneIdentificazione dello
strumento di raccolta dati
Stesura introduzionePresentazione del progettoR
ichiesta di collaborazione con le strutture sanitarie
identificateR
accolta datiA
nalisi datiC
onclusioniD
iscussione progetto
�1
Quesito PICO
•PATIENT GROUS: Infermieri e medici in area
intensiva
•INTERVENTION: Valutazione competenze,
valutazione opinioni riguardo la procedura di
cateterismo arterioso radiale.
•COMPARISON
•OUTCOME: Le competenze dei professionisti, le
loro opinioni riguardo la procedura, in
particolare quando eseguita da infermieri.
Tabella Sinottica
Fonte / Banca Dati Titolo Autori Abstract Rivista N°, (Fascicolo)
N° Pag, Anno Parole chiave
Pubmed
Evaluation of a radial artery cannulation training program for intensive care nurses: a descriptive, explorative study.
B e e B C , B a l d w i n I C , Shahwan-Akl L, Fealy NG, Heland MJ, Rogan JJ
Radial arterial line is required for critically ill patients to provide continuous blood pressure monitoring and arterial blood sampling. A program training experienced ICU nurses to perform radial artery cannulation was introduced in a Melbourne metropolitan ICU to allow early treatment and intervention to be delivered to patients while medical staff attend to more urgent diagnostic care.
Australian critical care : o f f i c ia l j ou rna l o f t he Confederation of Australian Critical Care Nurses
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Arterial AND catheterization AND nurse
MedlineIntensive care unit nurse managers' views regarding nurse staffing in their units in South Africa.
Matlakala MC, Botha AD
This article contributes to the literature about nurse staffing in intensive care units, as it explains the challenges with regard to the provision of nursing workforce and the type of nurses currently employed in the intensive care units. Little has been explored regarding these in the South African context.
Intensive and Critical Care Nursing
32, 49-57, 2016 Competence AND intensive care nurse
MedlineT h e a d v a n c e n u r s e practitioner in critical care: a workload evaluation.
Jackson A, Carberry M
The Advanced Nurse Practitioner in Critical Care role was developed to support the critical care team by undertaking specific roles traditionally associated with medical staff in the intensive care unit and high dependency unit. The rationale for the evaluation was to establish the specific tasks undertaken and scope of workload of these newly created posts.
Nursing in Critical Care 20, (2), 71-77, 2014 Competence AND intensive care nurse
Medline
Competence requirements in intensive and critical care nurs ing-s t i l l in need o f definition? A Delphi study.
Lakanmaa RL, Suominen T, Perttilä J, Puukka P, Leino-Kilpi H.
Empirical studies in competence are lacking in the field of intensive and critical care nursing.
Intensive and Critical Care Nursing
28, (6), 329-336, 2012
Ultrasound AND intensive care nurse
Medline
I n v i s i b l e w a l l s w i t h i n mu l t id isc ip l inary teams: Disciplinary boundaries and their effects on integrated care.
Liberati EG, Gorli M, Scaratti G
Delivery of interdisciplinary integrated care is central to contemporary health policy. Hospitals worldwide are therefore attempting to move away from a functional organisation of care, built around discipline-based specialisation, towards an approach of delivering care through multidisciplinary teams. However, the mere existence of such teams may not guarantee integrated and co l l abo ra t i ve work ac ross med ica l disciplines, which can be hindered by boundaries between and within professions.
Social Science & Medicine 150, 31-39, 2015 Ultrasound AND intensive care nurse
Medline
Prac t i ca l know ledge o f experienced nurses in critical care: a qualitative study of their narratives.
A c e b e d o - U r d i a l e s M S , Medina-Noya JL, Ferré-Grau C.
Scholars of nursing practices have claimed practical knowledge is source of knowledge in its own right, nevertheless we know little about this knowledge associated with day-to-day practice.
BMC Medical Education 14, 0-15, 2014
Clinical competence [MesH Terms] AND critical care nursing [MesH Terms] AND practical knowledge
PubmedBarriers to intensive care unit nurses' autonomy in Iran: A qualitative study.
A l l a h B a k h s h i a n M , Alimohammadi N, Taleghani F, Nik AY, Abbasi S, Gholizadeh L
The acute nature of the intensive care unit (ICU) environment necessitates that urgent clinical decisions are frequently made by the health care team. Therefore, it is important that critical care nurses have the authority to make decisions about their patient care.
Nursing Outlook
2016, Ar t ic le in press (link: http://dx.doi.org/10.1016/j . o u t l o o k .2016.12.004 )
Medical-nursing boundary AND intensive unit
MedlineExploration and classification of intensive care nurses' clinical decisions: a Greek perspective.
Karra V, Papathanassoglou ED, Lemonidou C, Sourtzi P, Giannakopoulou M.
Clinical decision-making is an essential dimension of nursing practice as through this process nurses make choices to meet the goals of patient care. Intensive care nurses' decision-making has received attention because of the complexity and urgency associated with it, however, the types of nurses' clinical decisions have not been described systematically.
Nursing in Critical Care 19, (2), 87-97, 2014 Medical-nursing boundary AND intensive unit
Pubmed
Nurse-physician collaboration a n d a s s o c i a t i o n s w i t h pe rce ived au tonomy in Cypriot critical care nurses.
G e o r g i o u E , Papathanassoglou E, Pavlakis A
Increased nurse-physician collaboration is a factor in improved patient outcomes. Limited autonomy of nurses has been proposed as a barrier to collaboration.
Nursing in Critical Care 22, (1), 29-39, 2017Clinical decision AND nurse AND in tens i ve un i t NOT pediatric
Medline
D e v e l o p m e n t o f a n instrument to determine c o m p e t e n c i e s o f postgraduate ICU nurses in Cyprus.
Hadjibalassi M, Papastavrou E, Lambrinou E, Tsangari H, Athini E, Georgiou E, Nicolaou E, Merkouris A.
Despite existing competency frameworks that emerged from research in the area of critical care, globally and within countries there is diversity and an ongoing debate regarding level of critical care education, outcomes and competencies acquired.
Nursing in Critical Care 17, (5), 255-264, 2012
Clinical decision AND nurse AND in tens i ve un i t NOT pediatric
Pubmed
Arterial Catheter Use in the ICU: A National Survey of Antiseptic Technique and Perceived Infectious Risk.
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Radial artery infections secondary to catheterization for blood pressure monitoring a r e r a r e b u t p o t e n t i a l l y s e r i o u s complications. The objective of the study was to evaluate the incidence, the risk factors and the evolution of radial artery infections following cardiac surgery.
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L’infirmière de pratique avancée (IPA) travaille en collaboration avec l’équipe pluriprofessionnelle. Le leadership qui caractérise l’IPA l’amène à adopter une approche systémique et à promouvoir l’innovation dans les milieux de soins. La contribution possible d’une IPA dans un service de réanimation sera envisagée, afin de mieux comprendre la nature et l’intérêt de ce nouveau métier infirmier.
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�1
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La pratique infirmière avancée doit être considérée comme une expression parepluie qui décrit un niveau avancé de la pratique des soins infirmiers. On parle ici d'avanceée car les soins maximisent l’utilisation d’un savoir infirmier approfondi et d’une compétence confirmée au service des besoins de santé des personnes, des familles, des groupes, des communautés et des populations.
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La technicité médicale allant croissant et les situa- tions de soins se complexifiant, la nécessité d’organiser des formations spécialisées à l’attention des infirmiers travaillant dans les services d’urgence et de soins intensifs s’est d’abord imposée dans les milieux cliniques. Les cadres d’exercice et de formation ont ensuite été adaptés pour répondre aux besoins spécifiques du terrain. Depuis plus de 20 ans, les infirmiers belges disposent donc d’une année de spécialisa- tion post-baccalauréat en vue de répondre aux besoins des patients en situation critique. Cet article retrace l’histoire des infirmiers spécialisés en soins intensifs et soins d’urgence en Belgique francophone et s ’ i n t e r r oge su r l e deven i r de ces professionnels.
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Beaucoup de pays cherchent à améliorer la prestation des soins de santé en examinant les rôles des différents corps professionnels, y compris les infirmières. Le développement de nouveaux rôles infirmiers plus avancés peut contribuer à améliorer l’accès aux soins dans un contexte d’offre de médecins limitée voire en diminution. Cela pourrait aussi permettre de contenir les coûts en délégants certaines tâches d’une main-d’œuvre médicale onéreuse aux infirmières. Cette étude analyse le développement des pratiques infirmières avancées dans 12 pays (Australie, Belgique, Canada, Chypre, États-Unis, Finlande, France, Irlande, Japon, Pologne, République Tchèque, Royaume-Uni), en se concentrant notamment sur leurs rôles dans les soins primaires. Elle analyse aussi les évaluations des impacts sur les soins des patients et les coûts.
Documents de travail de l'OCDE sur la santé
54, 1-119, 2010 R o l e d e i n f e r m i è r e n reanimation
Pubmed The history of the nurse anesthesia profession Ray WT, Desal SP
We trace the origins of the nurse anesthetist profession and provide biographical information about its pioneers, including Catherine Lawrence, Sister Mary Bernard Sheridan, Alice Magaw, Agatha Cobourg Hodgins, and Helen Lamb. We comment on the role of the nuns and the effect of the support and encouragement of senior surgeons on the development of the specialty. We note the major effect of World Wars I and II on the training and recruitment of nurse anesthetists. We provide information on difficulties faced by nurse anesthetists and how these were overcome. Next, we examine how members of the profession organized, developed training programs, and formalized credentialing and licensing procedures. We conclude by examining the current state of nurse anesthesia practice in the United States.
Journal of clinical anesthesia 30, 51-58, 2016 Arterial catheter AND insertion
PubmedShould procedural Skills be à part of the acute care nurse practitionner curriculum?
Avadhani A
Invasive procedures are an integral c o m p o n e n t o f t h e t i m e s e n s i t i v e management of the acute and critically ill patients. Acute Care Nurse Practitioner (ACNP) students aspiring to be employed in their roles in the acute care settings cannot be autonomous in their practices unless they have a minimum level of proficiency to perform life sustaining invasive procedures. Offering additional level of benefits of safety and quality in healthcare, simulation as a teaching method has grown in popularity among various levels of education among variety of disci- plines. Therefore, offering this opportunity to ACNP students in a controlled environment of simulation laboratory can be a win-win for the practitioner, the consumer as well as the health care industry at large.
Nurse Education Today 50, 115-118, 2016 Arterial catheter AND insertion
PubmedCompetence in intensive and c r i t i ca l care nurs ing : A literature review
Riitta-Liisa Ä, Suominem T, Leino-Kuilpi H
This literature review defines and describes the concept of competence in adult intensive care nursing, with special reference to clinical and professional competence. The aim was to see whether and how the studies reviewed defined or described the concept of competence, and which domains of competence have been investigated in intensive and critical care nursing research
Intensive and Critical Care Nursing 24, 79-89, 2007 Critical care AND competence
of nurse
Pubmed
B a s i c C o m p e t e n c e o f Intensive Care Unit Nurses: Cross -Sec t iona l Survey Study.
Lakanmaa RL, Suominen T, Ritmala-Castrén M, Vahlberg T, Leino-Kilpi H
Critical care patients benefit from the attention of nursing personnel with a high competence level. The aim of the study was to describe and evaluate the self-assessed basic competence of intensive care unit nurses and related factors.
B i o M e d R e s e a r c h International 25, 1-12, 2015 Critical care AND competence
of nurse
Fonte / Banca Dati Titolo Autori Abstract Rivista N°, (Fascicolo)
N° Pag, Anno Parole chiave
�2
Pubmed
Ultrasound-guided radial artery cannulation in adult and paediatric populations: a systematic review and meta-analysis
White L, Halpin A, Turner M, Wallace L
Ultrasound is a well-validated adjunct to central venous cannulation; however, previous reviews of ultrasound-guided radial artery cannulation have been inconclusive. The aim of this study was to assess the use of ultrasound in radial artery cannulation in adult and paediatric populations.
British Journal of Anestesia 116, 610-617, 2016 Arterial catheter AND insertion
PubmedC r i t i c a l c a r e n u r s i n g organizations and activities: a fourth worldwide review
Williams G, Fulbrook AP, Kleinsel R, Schmoligruber S, Alberto L
To examine the activities and concerns of critical care nurses and professional critical care nursing organizations around the world and to identify expectations held of nursing leaders and policy makers to help address their concerns.
I n t e r n a t i o n a l N u r s i n g Review
62, (4), 453-461, 2015
Critical care AND competence of nurse
Pubmed Arterial cannulation: A critical review. Cousins TR, O’Donnell JM
Arterial catheterization for hemodynamic monitoring is used widely in clinical management. Complications of cannulation have been recognized since introduction of the technique. This review examines radial, brachial, axillary, and femoral cannulation sites. Waveform distortion, adjacent structure injury, and the incidence of thrombus are described.
AANA Journal 72, (4), 267-271, 2004 Arterial catheter AND insertion
CINHAL Impact- improving patient acces: Arterial Cannulation Cole KE, Johnson LM
The overall aim of the project was for an advanced critical care practitioner (ACCP) to develop the clinical competency of arterial catheterisation. The study examined the impact of the intervention being performed by a different staff group member.
Intensive and critical care nursing 30, 167-174, 2014 Competence AND intensive
care nurse
Pubmed
Advanced practice nurses’ s c o p e o f p r a c t i c e : a qualitative study of advanced clinical competencies
Anna-Lena Nieminen Bodil Mannevaara Lisbeth Fagerstro
Describe and explore Advanced Practice Nurses’ clinical competencies and how these are expressed in clinical practice.
Scandinavian Journals of Caring Sciences 25, 661-670, 2011
Clinical competence [MesH Terms] AND nurse practitioner [MesH Terms] AND advanced practice
Google Scholar
L a v a l u t a z i o n e d e l l e competenze infermieristiche: uno studio di validazione della Nurse Competence Scale
Scavone R, Ausili D, Di Mauro S
La de f in iz ione e va lu taz ione de l le competenze infermieristiche rappresenta una sfida cruciale per definire gli standard professionali, per garantire la qualità dell’assistenza e per la futura sostenibilità dei sistemi sanitari. La Nurse Competence Scale (NCS) è stata tradotta e adattata al contesto culturale italiano ma la validità e l’affidabilità dello strumento sono state valutate su campioni molto ristretti di infermieri. La definizione e valutazione delle competenze infermieristiche rappresenta una sfida c r u c i a l e p e r d e f i n i r e g l i s t a n d a r d professionali, per garantire la qualità dell’assistenza e per la futura sostenibilità dei sistemi sanitari. La Nurse Competence Scale (NCS) è stata tradotta e adattata al contesto culturale italiano ma la validità e l’affidabilità dello strumento sono state valutate su campioni molto ristretti di infermieri. Lo scopo di questo studio è quello di integrare i dati disponibili sulla validità e affidabilità della versione italiana della NCS attraverso uno studio multicentrico.
L’Infermiere (IPASVI) 6, e69-e79, 2014 Nurse competence sca le versione italiana
Pubmed
Perfect storm: Organizational management of patient care u n d e r n a t u r a l d i s a s t e r c o n d i t i o n s , J o u r n a l o f Healthcare Management
McCaughrin WC, Mattammal M
Managing uncertainty is an essential attribute o f o r g a n i z a t i o n a l l e a d e r s h i p a n d effectiveness. Uncertainty threatens optimal decision making by managers and, by extension, reduces the quality of patient care. Variation in the work flows of everyday patient caregiving reflects management's steps to control uncertainty, which include strategies for contending with potential disaster scenarios. Little exists in the literature that reveals how management's strategic response to controlling uncertainty in a real disaster event differs from strategies practiced in disaster simulations, with the goal of protecting patient care. Using organization theory, this article presents the application of uncertainty management to the catastrophic flooding of a major teaching hosp i ta l . A de ta i led desc r ip t ion o f management's strategies for patient rescue and evacuation is provided. Unique aspects of managing uncertainty stemming from a n a t u r a l d i s a s t e r a r e h i g h l i g h t e d . Recommenda t i ons on o rgan i za t i on responses to disasters that optimize patient care, safety, and continuity are offered to managers.
Jou rna l o f Hea l t hca re Management
48 (5), 295-308, 2003
Decion making, organizational [Majr] AND leadership [Majr] AND hospitals [MesH Terms]
Google Scholar
Self-assessment of nursing competencies--validation of the Finnish NCS instrument with Italian nurses.
Dellai M, Mortari L, Meretoja R.
This study reports cultural validation of the Italian version of the Nurse Competence Scale (NCS, English version) by exploring nurses' perceptions of the use of the NCS instrument. Content validity of the Italian version of the NCS was assessed during the translation and back-translation process. Thereafter, cultural validity was further explored by conducting self-assessments and semi-structured interviews with 10 nurses, who practise medicine, cardiology and intensive care wards. First, the Italian version of the 73-item NCS was used to assess nurses' competence levels and the frequency of using competencies in practice settings. Second, semi-structured interviews were conducted to evaluate nurses' perceptions of the use of the instrument. The results support previous research findings of the use of the NCS instrument and show that it could be very useful in competence assessment for Italian nurses.
Scand J Caring Sci 23 (4 ) , 783-79 , 2009
Nurse competence sca le versione italiana
Fonte / Banca Dati Titolo Autori Abstract Rivista N°, (Fascicolo)
N° Pag, Anno Parole chiave
�3