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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PERUGIA DOTTORATO DI RICERCA IN “INCREMENTO DELLE PRODUZIONI ZOOTECNICHE E PATOLOGIA DEGLI ANIMALI DA REDDITO” “XXII” CICLO “Vet. 10” "STRATEGIE RIPRODUTTIVE PER L’INCREMENTO DELLE PRODUZIONI ZOOTECNICHE NEL CAVALLO E NEL BOVINO" Dott. MARCO PAOLUCCI RELATORE: Chiar. mo Prof. MAURIZIO MONACI COORDINATORE: Chiar. mo Prof. GIOVANNI VITELLOZZI A. A. 2008/09

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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PERUGIA

DOTTORATO DI RICERCA IN “INCREMENTO DELLE PRODUZIONI

ZOOTECNICHE E PATOLOGIA DEGLI ANIMALI

DA REDDITO” “XXII” CICLO “Vet. 10”

"STRATEGIE RIPRODUTTIVE PER L’INCREMENTO DELLE PRODUZIONI

ZOOTECNICHE NEL CAVALLO E NEL BOVINO" Dott. MARCO PAOLUCCI RELATORE: Chiar. mo Prof. MAURIZIO MONACI COORDINATORE: Chiar. mo Prof. GIOVANNI VITELLOZZI

A. A. 2008/09

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INDICE

Introduzione generale........................................pag. 1

Valutazione ultrasonografica del conceptus di mulo e dell’unità

feto-placentare in cavalle trottatrici nell’accoppiamento

interspecifico con l’asino amiatino........................... .pag. 4

Abstract..............................................................pag. 6

Introduzione.......................................................pag. 8

Allevamento del mulo: cenni storici.....................pag. 12

Cinetica fetale: reperti ultrasonografici...............pag. 15

Valutazione della vescicola embrionale e sviluppo

degli annessi placentari......................................pag. 16

Profilo biofisico fetale.........................................pag. 20

Valutazione ultrasonografica dell’unità feto-placentare

della cavalla.........................................................pag. 27

Valutazione ecografica della crescita fetale.........pag. 29

Determinismo del sesso del feto...........................pag. 31

Iso-eritrolisi neonatale.........................................pag. 34

PARTE SPERIMENTALE

Materiali e metodi.................................................pag. 40

Risultati................................................................pag. 54

Discussione e conclusioni......................................pag. 61

Iconografia...........................................................pag. 66

Bibliografia...........................................................pag. 80

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Ottimizzazione della gestione del parto per il miglioramento

delle performance riproduttive nella bovina da latte......pag. 92

Abstract................................................................pag. 96

Introduzione.........................................................pag. 101

Il parto eutocico....................................................pag. 105

Fasi del parto........................................................pag. 106

Il parto distocico...................................................pag. 112

Esame clinico ostetrico..........................................pag. 114

Valutazione degli annessi e dei liquidi fetali..........pag. 116

Valutazione del benessere del feto........................pag. 117

Esame post-partum...............................................pag. 120

Distocie da causa materna.....................................pag. 120

Distocie da causa fetale.........................................pag. 125

Igiene del parto ....................................................pag. 127

Le conseguenze del parto sulle performance

riproduttive............................................................pag. 129

PARTE SPERIMENTALE

Materiale e metodi.................................................pag. 130

Risultati.................................................................pag. 133

Discussione e conclusioni.......................................pag. 135

Iconografia............................................................pag. 137

Bibliografia............................................................pag. 145

Conclusione...........................................................pag. 148

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INTRODUZIONE GENERALE

Nella specie umana, la valutazione del Profilo Biofisico Fetale e le

indagini emato-chimiche e genetiche, rivestono un ruolo

fondamentale nella prevenzione, nel follow-up e nella valutazione

prognostica, sia per il mantenimento della gravidanza che per le

possibili alterazioni del feto e del suo grado d’incompatibilità alla vita

extrauterina. Nei soggetti, dove siano diagnosticate condizioni

patologiche reali o potenziali per il feto è strettamente necessario che

vengano apportate tutte le possibili terapie atte, a compensare la

gestante e che il parto sia assistito in una struttura Clinica Ostetrica

adeguatamente dotata di un reparto di terapia intensiva neonatale. In

Medicina Veterinaria, come nell’ostetricia umana, la valutazione

ultrasonografica durante la gestazione, necessita di osservazioni

ripetute a intervalli definiti nonché di strumenti specifici e mirati; la

laboriosità e l’aspetto economico, nell’attività riproduttiva equina e in

particolare nell’industria bovina, delimitano prevalentemente ad oggi

questo mezzo di indagine in un numero esiguo di gestazioni. Le

moderne tecnologie riproduttive e in particolare l’ultrasonografia

hanno rivoluzionato la diagnosi e il monitoraggio degli eventi

riproduttivi della cavalla (Ginther, 2005). Le valutazioni del profilo

biofisico fetale e degli annessi placentari si sono dimostrate un valido

strumento di diagnosi nella specie equina (Ginther, 1995; Reef et al.,

1995; Renaudin et al., 2000; Bucca et al., 2005). L’aspetto cruciale

che riveste il momento del parto, nella riproduzione equina, per le

condizioni patologiche, che possono compromettere il benessere, le

performance riproduttive e la vita della gestante o del feto,

giustificano l’applicazione di tecniche di riproduzione adeguate

all’impresa allevatoriale del cavallo sportivo e per la salvaguardia di

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linee genetiche in contrazione numerica o a rischio di estinzione. In

ippiatria l’elevato valore economico dei puledri ha giustificato negli

ultimi decenni un articolato studio delle caratteristiche del neonato

normale e patologico, finalizzato al riconoscimento e alla corretta

gestione delle principali cause di mortalità neonatale. Sono state

ampiamente dimostrate le principali caratteristiche fisiologiche del

puledro neonato e definiti i ranges di riferimento di parametri

ematologici, ematochimici, emogasanalitici, ormonali, nonché

comportamentali e di sviluppo (Vaala et al., 2002). Tuttavia, nuove

conoscenze riguardo l’eziopatogenesi delle principali patologie

neonatali continuano a giustificare l’interesse scientifico per lo studio

di nuovi parametri.

Situazione analoga, può essere osservata nella realtà dell’allevamento

bovino, dove gli obiettivi della qualità e quantità delle produzioni,

obbligano gli allevatori a onerosi investimenti imprenditoriali. Laddove

il valore economico del vitello e/o della bovina risultino

particolarmente elevati come nell’incremento genetico, madri e figli di

tori, figli e donatrici di embrioni è strettamente necessaria la

valutazione della gestazione e l’assistenza al momento del parto. Al

fine di aumentare la produttività della bovina, come dimostrato dal

rapporto dell’Osservatorio del latte ISMEA e dai Bollettini AIA del

2004, gli allevatori hanno adottato nuove strategie manageriali e

tecniche riproduttive. Diverse Associazioni di Razza hanno proposto

l’inserimento, negli indici genetici da selezionare, della “facilità al

parto”, come effetto delle sostanziali ripercussioni economiche, che

tale momento ricopre nella vita riproduttiva della bovina. La distocia è

uno degli aspetti economicamente più rilevanti che influiscono sulle

produzioni (Lombard et al. 2007). Un controllo insufficiente potrebbe

determinare un prolungamento nello svolgimento del parto,

aumentando così i rischi di perimortalità neonatale e di patologie

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riproduttive (Gundelach et al. 2009). Molti studi condotti su bovine di

razza Frisona hanno dimostrato che, le difficoltà al parto,

pregiudicano le performance riproduttive con conseguente

allungamento del periodo d’interparto, del parto-concepimento e con

l’aumento degli interventi fecondativi per concepimento (Mangurkar

et al. 1984; Dematawewa and Berger 1997). Djemali et al. (1987)

hanno dimostrato che l’allungamento del periodo d’interparto è

correlato alla gravità della distocia.

L’obiettivo del presente studio è stato quello di validare le correnti

tecniche, applicate per la riproduzione equina dal concepimento al

post-partum, in un modello sperimentale di gestazioni a “rischio”

quali le gravidanze interspecifiche ottenute da cavalle trottatrici e

asino Amiatino. Inoltre, l’ottimizzazione del management nelle bovine

da latte, nella fase di transizione, al parto e nel post-partum,

mediante un adeguato intervento ostetrico, all’ottimizzazione delle

immunità e dell’igiene del parto, è stato oggetto di questo studio con

l’obbiettivo di ridurre le patologie del post-partum e per incrementare

le performance riproduttive in questa specie.

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VALUTAZIONE ULTRASONOGRAFICA DEL CONCEPTUS DI MULO

E DELL’UNITA’ FETO-PLACENTARE IN CAVALLE TROTTATRICI

NELL’ACCOPPIAMENTO INTERSPECIFICO CON L’ASINO

AMIATINO

L’obiettivo del presente studio è stato quello di descrivere la metodica

ultrasonografica per la valutazione dello sviluppo del conceptus di

mulo, nel corso della gravidanza. Otto cavalle trottatrici multipare

sono state inseminate artificialmente con seme refrigerato di asino

Amiatino. Gli esami ultrasonografici trans-rettali sono stati condotti

giornalmente dall’ovulazione al parto, utilizzando una sonda lineare (5

MHz). Sono stati registrati: il diametro uterino, la localizzazione della

vescicola embrionale (VE), il diametro della VE, il giorno della

fissazione, i cambiamenti della forma della VE, il giorno della

regressione del sacco vitellino e la misura dell’asse longitudinale

dell’embrione. Nelle cavalle risultate gravide sono state osservate 27

VE; è stata descritta due gravidanze gemellari; al 23° giorno, è stata

registrata la riduzione spontanea della VE di diametro minore. In due

fattrici si è verificata una riduzione spontanea della VE al 23° e al 26°

giorno di gestazione. La diagnosi di gravidanza è risultata più precoce

(37% all’8° giorno) rispetto a quanto riportato da Ginther (1995)

nella specie equina (5% al 9° giorno). Il diametro della VE, nel giorno

della diagnosi, è risultato pari a 4.6±1.1 mm. Il 75% delle VE sono

state osservate al 10° giorno (Ginther 68%). Il diametro della VE era

significativamente più elevato rispetto alla specie equina. Le VE, nella

fissazione a sinistra, erano localizzate principalmente nei segmenti

2sx e 3 dell’utero (37.69±23.25 e 30.70±9.61%, rispettivamente),

mentre nella fissazione a destra, erano localizzate nei segmenti 3 e

2dx (39.48±20.43 e 34.33±26.14%, rispettivamente). La fissazione

della VE (63% nella giunzione corpo-cornuale di sinistra) si è

verificata in media al 17.1±1.1 giorno, con un diametro di 2.5±0.2 cm.

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La VE è apparsa di forma sferica fino al 16.2±1.3 giorno, triangolare

al giorno 17.8±0.8, per poi prendere una forma irregolare dopo il

20.2±1.1 giorno di gestazione. L’accrescimento medio giornaliero

della VE è stato di 4.04 mm/die, dall’11° al 16° giorno, di 0.4 mm/die

dal 16° al 28° giorno post ovulazione (fase di plateau) e di 1.78

mm/die fino al 45° giorno di gestazione. Il nodo embrionale è stato

osservato in media al 19.9±1.9 giorno con un diametro medio di

2.4±1.4 mm. L’accrescimento medio embrionale, dal 20° al 45°

giorno, è stato di 0.5 mm/die. La presenza del battito cardiaco è stata

osservata in media al 24±2.4 giorno post-ovulazione. L’accrescimento

dell’asse longitudinale del feto è risultato pari a 0.5 mm/die dal 20° al

45° giorno di gestazione. L’emergenza del sacco allantoideo è stata

registrata in media al 23.3±1.9 giorno ed il suo sviluppo si è

completato al 34±3.4 giorno. La regressione del sacco vitellino è

risultata completa al 39.8±1.5 giorno ed il feto è stato osservato al

polo ventrale della VE al 46.4±2.7 giorno di gravidanza L’embrione

era presente nel polo dorsale della VE al giorno medio 28.3±1.4. La

discesa dell’embrione verso il polo ventrale è stata osservata dal

giorno 34±3.4, insieme alla formazione del cordone ombelicale. Il

feto era visibile nel polo ventrale al giorno 46.4±2.7 di gestazione. I

parametri considerati per valutare lo sviluppo fetale comprendevano:

spessore dell’Unità Feto Placentare (UFP), volume e diametri cardiaci,

diametri del cranio e dell’orbita fetale, misurazioni dello stomaco e

della sezione dell’addome. Il profilo biofisico dell’embrione

comprendeva: determinazione del sesso fetale, attività fetale e

presentazione, ecogenicità dei fluidi fetali. La crescita della VE, la

mobilità, i cambiamenti della forma, la formazione e lo sviluppo del

sacco allantoideo, la regressione del sacco vitellino, non differivano

significativamente tra i concepta di asino, cavallo e mulo.

L’osservazione delle VE di mulo è risultata più precoce rispetto alle

altre due specie.

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ULTRASONOGRAPHIC ASSESSMENT OF THE CONCEPTUS AND

FETO-PLACENTAL UNIT IN THE TROTTER MARE INTERBRED

WITH THE AMIATINO JACK DONKEY

The objective of this study was to establish baseline ultrasound

informations for mule conceptus during the gestation. Eight

multiparous Trotter mares were artificially inseminated with chilled

semen from an Amiatino Jack donkey. Daily transrectal

ultrasonography was carried out from ovulation until delivery using a

5-MHz linear array transducer. Uterine diameter, location of the

embryonic vesicle (EV), EV diameter, day of EV fixation, changes in

EV shape, date of yolk sac regression and embryo crown-rump length

were recorded. All the mares conceived and 27 EV were detected;

early embryonic death of one EV occurred in a mare carrying twins at

day 23 of pregnancy, although the co-twin survived. Embryonic death

also occurred in two mare carrying a singleton EV at day 23 and 26 of

pregnancy. Mule EV first detection was earlier (37% at day 8) than

mare EV, as also reported by Ginther (5% at day 9) (1995). EV

diameter at first detection was 4.6±1.1 mm. At day 10, 75% of EVs

were detected, whereas Ginther (1995) reported 68%. Mule EV

diameter were fairly higher than the equine ones. EVs were located

mainly in the 2sx and 3 segments (37.69±23.25 and 30.70±9.61%,

respectively), in left fixation, whereas in right fixation, in the 3 and

2dx segments (39.48±20.43 and 34.33±26.14%, respectively). EV

fixation (63% left corpus-cornual junction) occurred on day 17.3±1.3,

with mean EV diameter of 2.5±0.2 cm. EV shape appeared spherical

from first day of detection to day 16.2±1.3, triangular at day

17.8±0.8, and irregular at day 20.2±1.1 of gestation. EV growth rate

was 4.04mm/day from day 11 to 16, 0.4mm/day from day 16 to 28

(plateau), 1.78mm/day from day 28 to 45 of pregnancy. The embryo

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proper was first detected on day 19.9 ± 1.9 (average length 2.4 ±

1.4 mm) and the embryonic heartbeat was first detected on day 24 ±

2.4. Embryonic crown-rump length increased at an average rate of

0.5mm/day from day 20 to day 45 of gestation. Allantoic sac was first

detected on day 23.3±1.9 and was completed on day 34±3.4.Yolk sac

regression was completed at day 39.8±1.5 and the fetus was

observed at the EV ventral pole, at day 46.4±2.7 of pregnancy. The

parameters consistently examined for assessment of well-being and

fetal-growth were as follows : combined thickness of the uterine-

placental unit, fetal heart-rate and heart diameter, fetal orbit and

cranium diameters, abdomen and stomach measurements.

Biophysical profile included: fetal gender, fetal activity and

presentation, and the echogeniticy of fetal fluid, was assessed as

outlined by (Adams-Brendemuehl and Pipers, 1987; Renaudin et al.,

1997). EV growth, mobility, change in shape, formation and

development of allantoic sac, yolk sac regression, patterns do not

differ significantly between donkey, horse and mule concepta.

However mule EVs are detected earlier in gestation than in the other

two types of equine pregnancy.

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INTRODUZIONE

Le moderne tecnologie riproduttive e in particolare l’ultrasonografia

hanno rivoluzionato la diagnosi e il monitoraggio degli eventi

riproduttivi della cavalla (Ginther, 2005). Le valutazioni del profilo

biofisico fetale e degli annessi placentari si sono dimostrate un valido

strumento di diagnosi nella specie equina (Ginther, 1995; Reef et al.,

1995; Renaudin et al., 2000; Bucca et al., 2005). Le valutazioni

ecografiche dell’embrione e dello sviluppo degli annessi sono state

condotte anche nella specie asinina (Bessent et al., 1988; Gastal et

al., 1993; Meira et al. 1998). L’accoppiamento interspecifico tra le

differenti specie appartenenti al genere Equus porta alla nascita

d’ibridi non fertili (Allen, 1986).

Wodsedalek J.E. (1916) ha osservato che nei maschi di mulo la

spermatogenesi viene a bloccata durante la meiosi, per

l’incompatibilità cromosomica dei donatori. Taylor e Short (1973)

hanno osservato istologicamente la presenza di ovocellule in femmine

di mulo e bardotto alla nascita, dimostrando che il blocco

dell’oogenesi può essere solo parziale. Sono stati documentati casi

eccezionali di mule che hanno partorito prole vitale (McKinnon,

1988). Le recenti bio-tecnologie, hanno permesso il trasferimento di

embrioni provenienti da gestazioni equine e asinine su mule riceventi

cicliche ottenendo prole viva e vitale (Camillo et al., 2003).

Successive ricerche hanno portato al conseguimento della prima

clonazione con ibridi (Woods, 2003). Le gravidanze interspecifiche

frequentemente non vengono portate a termine. È stato osservato

che nella gravidanza interspecifica, nell’intervallo tra il 40° e il 120°

giorno, l’incidenza di aborto è di 36.8%, rispetto alla gravidanza

equina (21.4%) (Boeta e Zarco, 2005).

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Le gestazioni interspecifiche tra le differenti specie appartenenti al

genere Equus per la produzione del mulo, hanno profonde radici nelle

attività umane del passato e trovano nelle odierne applicazioni nuovi

e importanti segnali per la tutela e l’incremento dell’allevamento del

mulo. Gli animali da reddito hanno svolto, nei secoli, un ruolo

fondamentale nell’economia di diversi settori, fornendo energia sotto

forma di lavoro, alimenti, materiale per la tessitura e l’artigianato,

fertilizzante; con l’industrializzazione dell’agricoltura, dalla seconda

metà del secolo scorso, la zootecnia ha privilegiato le specie e le

razze più redditizie avviando lentamente le altre, prive di questa

caratteristica all’estinzione (Gandini et al., 2003). Pertanto, il

patrimonio genetico di specie ritenute minori, ma ognuna con

particolari caratteristiche di fertilità, robustezza e resistenza alle

malattie, dovrebbe essere preservato. La conservazione del mulo è

importante sia da un punto di vista socio-economico, se si

considerano come gli allevamenti supportino le economie locali di

aree marginali, sia ecologico (Maijala et al., 1984) poiché contribuisce

a una gestione più rispettosa degli habitat seminaturali (Ostermann,

1998), che culturale, per il mantenimento di attività e tradizioni del

passato e come attività sportive e palii tradizionali. Il protocollo di

Kyoto (1997) promuove per la tutela dell’ambiente, nell’ambito della

produzione delle biomasse, la sostituzione dei mezzi meccanici

inquinanti con l’alternativa della trazione animale.

Questo progetto s’inserisce in una linea di ricerca volta a

valorizzare/recuperare il patrimonio genetico di soggetti d'interesse

economico e/o appartenenti a popolazioni a rischio d'estinzione, con

l'implementazione di tecniche innovative di riproduzione assistita, con

il monitoraggio della gestazione e con la valutazione dei puledri. Negli

ultimi anni, per una maggiore attenzione sulle biodiversità, si è

assistito a un progressivo interesse per la specie asinina, destinata,

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nel nostro paese, al declino per il passaggio da un'economia di tipo

agro-pastorale a un’industriale. La popolazione asinina di razza

Martina Franca ha subito, nel secolo scorso, un progressivo

ridimensionamento numerico a causa del rapido processo

d’industrializzazione e, attualmente, la sua consistenza, censita nel

Registro Anagrafico delle razze equine e asinine a limitata diffusione,

è di 347 soggetti. Negli ultimi anni, tuttavia, si sta assistendo a un

ritorno d’interesse per l’allevamento dell’asino, che per le sue

peculiari doti di docilità, rendono questa specie particolarmente

indicata per il recupero di persone diversamente abili.

L'obiettivo che questo progetto si propone, tuttavia, non è solamente

quello di preservare le gestazioni interspecifiche dal rischio di

estinzione, ma anche quella di rispondere alle nuove esigenze

dell'allevamento equino e asinino. L'onoterapia impiega alcune

caratteristiche proprie della specie asinina (indole mansueta,

pazienza, morbidezza al tatto, lentezza di movimento e tendenza ad

andature monotone) per le attività assistite con animali, per

comunicare/interagire con il paziente diversamente abile, attraverso

il sistema asino-utente-operatore. Le attività assistite con animali

hanno lo scopo di superare le difficoltà di comunicazione che molto

spesso persone con tali problemi possono avere nella comunicazione

con altri individui. Un ulteriore impiego dell'asino, in particolare per

quelle razze caratterizzate da grande mole, è rappresentato dalla

produzione di muli, da adibire ai lavori pesanti in aree protette.

Infatti, in alcune realtà rurali localizzate all'interno di Parchi

Nazionali o aree protette e marginali, dove non è consentito l'impiego

di mezzi meccanici, stanno nascendo realtà imprenditoriali basate

sull'utilizzo della forza lavoro animale. Per questo motivo, in alcune

aree del Paese è elevata la richiesta d’ibridi dell'asino, i muli,

particolarmente adatti per tali finalità. L’obiettivo del presente studio

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è stato quello di contribuire a salvaguardare il patrimonio genetico del

mulo, ottimizzando gestione e allevamento in vista di possibili e

auspicabili utilizzazioni future, introducendo e convalidando le correnti

tecniche applicate per la riproduzione equina, dal concepimento al

post-parto, in cavalle trottatrici inseminate con seme di asino

Amiatino.

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ALLEVAMENTO DEL MULO: CENNI STORICI

Il Mulo è un ibrido interspecifico fra stallone asinino e la cavalla. Al

contrario, il prodotto del concepimento dello stallone equino con

l’asina è chiamato Bardotto, quest’ultimo meno apprezzato. Già

nell'antichità il mulo era prodotto nell'Illiria e il bardotto in

Mesopotamia. Fino a pochi decenni fa il mulo era molto diffuso nel

Bacino del Mediterraneo, in Africa, in Asia e nelle Americhe. Le ragioni

della sua diffusione sono la robusta costituzione, la rusticità, la

resistenza alle malattie, l'adattabilità alle zone meno favorevoli e

meno agevoli. Se il mulo non esistesse, scrisse Jacques Baujault,

bisognerebbe inventarlo (Demarchi, 1883). “Nessun lavoro stanca i

suoi muscoli nervosi, nessuna strada è troppo lunga per le sue

membra leggere, e il suo piede solido non ha mai incontrato

montagne troppo erte e scoscese da non salire senza inciampare. Se

preferisce i climi caldi, si conserva però vispo e vigoroso nei paesi

settentrionali. Paziente e tenace, il mulo era all’aratro altrettanto

solido quanto il bue. Nei lunghi percorsi sopporta facilmente la fame e

la sete. Il mulo, analogamente al bardotto, assomma, in misura

diversa e con una certa variabilità anche individuale, le

caratteristiche, morfologiche e funzionali delle specie progenitrici.

Formato da due differenti specie, tolse una parte della grazia e

dell’ampiezza di forme della madre, con l’energia e la sobrietà del

padre” (Demarchi, 1883). Nel suo sviluppo il mulo non raggiunge le

dimensioni materne, queste sono comparabili maggiormente a quelle

paterne, come osservabile anche nell’indole e nelle abitudini. La sua

voce non è né il raglio dell’asino, né il nitrire del cavallo, ma un misto

ben conosciuto da tutti (Brehm, 1881). E’ stata osservata una

longevità superiore. Comincia l’attività lavorativa a due anni e questa

si estende fino a 25 o 30 anni di vita. “Il suo piede piccolo e la

solidità dell’unghia lo rendono immune dalla maggioranza dei traumi

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di questa; la sua ferratura è più leggera e quindi meno dispendiosa;

la pelle resistente è meno frequentemente ferita dallo sfregamento

degli arnesi” (Demarchi, 1883). Malgrado queste caratteristiche,

sorprende ancora che il suo impiego, anche nel passato, non sia stato

pienamente approvato. Ciò ha radici nell’ambizione storica, di

presentare in mostra cavalli di mole e attitudine considerevole e

inoltre alla controversa reputazione di testardaggine e di cattiveria

conferita al mulo. Nel passato è stata sottolineata la loro caparbietà,

la poca obbedienza al morso, la sensibilità della bocca, un’istintiva

prudenza; verosimilmente, oggi, sono addestrati con estrema

semplicità evidenziando la necessità di un addestramento differente e

peculiare rispetto al cavallo. Il mulo, ancora puledro, era applicato

nell’agricoltura per piccoli trasporti nell’interesse del podere, mentre

all’età di tre, quattro anni era applicato all’aratura dei campi. Il mulo

impara ben presto a sottomettersi ai comandi, adatta il passo alle

esigenze del lavoro e all’impervietà del terreno; non ha nelle attività

telluriche altro rivale che il bovino, che tuttavia supera nei terreni

leggeri in celerità e spigliatezza. Nel suo utilizzo come animale da

tiro, il mulo, percorreva lunghe distanze, mantenendo un passo sia

più costante sia celere. La ragione di questa celerità risiede nella

peculiarità dell’andatura; mentre il cavallo pone il piede posteriore

sull’impronta dell’anteriore, il mulo invece lo pone sempre almeno un

decimetro più in avanti del piede anteriore, ottenendo così un

guadagno di tanti decimetri quanti sono i passi dell’animale (Longo,

1882). Utilizzato come animale da sella per la sicurezza del loro passo

anche in sentieri impervi soprattutto nelle regioni montuose d’Italia, il

mulo ha prestato prezioso servizio nelle campagne militari in sito

poco praticabile. Portare il basto era considerato il servizio per

eccellenza. La brevità del dorso e dei lombi, l’altezza dell’apofisi

spinose, la disposizione orizzontale di queste regioni dà loro una

particolare resistenza. Le differenze fenotipiche nei muli sono

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riconducibili alle razze di animali scelti per l’accoppiamento

interspecifico.

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CINETICA FETALE:

REPERTI ULTRASONOGRAFICI UTERO-FETALI

Dal 60° giorno di gestazione e per pochi mesi successivi, il corpo e le

corna dell’utero sono dilatati dai fluidi fetali. Il feto sviluppa e inizia a

esercitare la coordinazione neuromuscolare; i movimenti degli arti e

della testa allontanano frequentemente il feto dal pavimento della

placenta. Dal 2° al 5° mese di gravidanza, il feto è con la stessa

frequenza in presentazione anteriore e posteriore, per l’elevata

motilità che presenta in tale periodo. La massima motilità fetale,

durante il 3° e il 4° mese, è correlata alla distensione delle corna

uterine ripiene di fluido e al basso rapporto tra dimensione fetale e

profondità dei liquidi fetali (Figura 2).

La motilità intrauterina del feto subisce una graduale riduzione tra il

4° e il 9° mese: tale condizione é correlata alla diminuzione del

volume dei fluidi placentari e all’aumento delle dimensioni del feto. In

tale periodo, è invece elevata l’attività fetale intrinseca. Dopo il 5°

mese, il feto assume prevalentemente la presentazione anteriore. A

metà gravidanza, entrambe le corna uterine, dopo essere state

dilatate dal conceptus, si restringono nuovamente fino a chiudersi per

tutta la loro lunghezza e i fluidi fetali confluiscono nel corpo

dell’utero. Gli arti posteriori del feto iniziano a occupare il corno

uterino ipsilaterale all’inserzione del cordone ombelicale, mentre

l’altro corno si mantiene chiuso. La loro progressione nel corno

uterino avviene in modo graduale e gli zoccoli raggiungono l’apice

intorno al 9° mese. La parete del corno si addossa agli arti e ne è

talvolta scostata da scarsi fluidi. Dopo una parziale contrazione degli

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arti, i garretti scorrono lungo la parete del corpo uterino, in

prossimità della base corno.

Il decubito dorsale e il contenimento degli arti posteriori nel corno

uterino, sottraggono il cordone ombelicale dalle trazioni esercitate dal

feto.

L’orientamento delle corna rispetto al corpo dell’utero, si modifica dal

6° - 11° mese di gestazione. Durante il 6° e il 7° mese, le corna sono

perpendicolari alla porzione craniale superiore del corpo dell’utero.

Con la crescita fetale, il corpo dell’utero si sposta cranialmente e la

porzione dorsale delle corna ripiega sulla parte dorsale del corpo; le

corna sono così adagiate sulla superficie del corpo con gli apici in

direzione della cervice (Ginther, 1995).

VALUTAZIONE DELLA VESCICOLA EMBRIONALE E

SVILUPPO DEGLI ANNESSI PLACENTARI

Al 5° giorno post ovulazione, l’ovocellula fertilizzata abbandona

l’ovidotto ed è presente in utero come morula. La visualizzazione

ecografica della vescicola embrionale (VE) non risulta tuttavia

possibile prima dell’8° giorno di gestazione. La variazione delle

dimensioni della VE allo stadio della formazione del sacco vitellino può

essere apprezzata mediante ultrasonografica dal 10° fino al 21°

giorno (Ginther, 1992).

Formazione dell’endoderma. La blastocele viene rivestita

internamente da uno strato di cellule dell’endoderma, iniziando così la

formazione del sacco vitellino. Il sacco vitellino è in comunicazione

diretta con il lume dell’intestino primitivo (precursore dell’apparato

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digerente dell’embrione), quindi le sostanze che vengono assorbite

dall’utero, attraverso il sacco vitellino, divengono disponibili per

l’embrione. Le cellule dell’endoderma sono cubiche, mentre quelle del

trofoblasto sono cilindriche con le caratteristiche delle cellule che

presentano un’attività assorbente (Ginther, 1992).

Formazione del mesoderma. Un terzo strato cellulare, il mesoderma,

dal 14° giorno inizia ad invadere lo spazio tra l’ectoderma e il sacco

vitellino. Il mesoderma forma delle isole ematiche che emergono e si

compattano a costituire una rete continua all’interno della parete del

sacco vitellino. Questa rete afferisce in canali simili presenti

nell’embrione. Si stabilisce così la formazione della circolazione

embrionario–vitellina. Il sacco vitellino, in seguito alla

vascolarizzazione, diviene un efficiente organo che fornisce nutrienti

all’embrione in accrescimento. Il margine principale del mesoderma

vascolarizzato è demarcato da una vena che prende il nome di sinus

terminalis. Il confine tra il sinus terminalis e l’embrione è delimitato

dai tre strati cellulari (ectoderma, mesoderma ed endoderma) che

costituiscono l’onfalopleura trilaminare. La restante parte, delimitata

da uno strato bicellulare (ectoderma ed endoderma) è detta

onfalopleura bilaminare. L’onfalopleura bilaminare con il sinus

terminalis rappresenta un’importante struttura anatomica, poiché è

riconoscibile nel corso dell’intera gestazione. Essa contraddistingue il

polo opposto all’embrione e successivamente delimita il sito di attacco

del cordone ombelicale del feto. Relativamente all’aspetto istologico

del sacco vitellino, le cellule trofoblastiche da cilindriche divengono

progressivamente più alte. L’incremento nella funzione assorbente

dell’onfalopleura trilaminare è testimoniato dai cambiamenti delle

cellule trofoblastiche, che sono in contatto con il latte uterino, e dallo

sviluppo del sistema vascolare del sacco vitellino (Ginther, 1992).

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Cambiamenti della forma. La VE equina mantiene una forma sferica

distinta fino alla fine della fase di motilità (16° giorno). Prima della

fissazione la VE è turgida, come testimoniato dalla sua capacità di

mantenere una forma sferica anche quando rimossa dal lume uterino;

dopo la fissazione diviene irregolare. I cambiamenti di forma possono

essere considerati un adattamento della VE al corno uterino. La VE,

tra il 16° e il 26° giorno, non incrementa nel suo diametro

orizzontale, poiché continua ad allungarsi lievemente, in risposta alla

resistenza uterina all’espansione trasversale. I cambiamenti nella

forma della VE sono associati alla sua rotazione; l’orientamento della

VE avviene durante le ultime fasi della mobilità all’interno dell’utero e

consegue, come la fissazione, al risultato di un accrescimento

sostanziale della VE in diametro e dell’aumento del tono uterino. Le

forze esercitate dalle contrazioni del miometrio giustificano la perdita

di sfericità della VE, concorrono all’arresto della sua mobilità e

permettono la rotazione del nodo embrionale all’interno della VE.

L’embrione si localizza così ventralmente rispetto al sacco vitellino, al

lato opposto rispetto all’attacco mesometriale (Ginther, 1986).

Membrane placentari. L’allantoide, l’annesso embrionario che

principalmente provvede agli scambi fisiologici, emerge dall’intestino

posteriore circa al 21° giorno (Figura 1,5,6,7). L’allantoide si sviluppa

all’interno di una cavità piena di liquido, l’esoceloma. L’esoceloma è

localizzato tra la somatopleura esterna e la splancnopleura superiore.

Le pareti sono costituite dal mesoderma e da uno strato di cellule del

trofoblasto (somatopleura) oppure dal mesoderma e da uno strato di

endoderma (splancnopleura). Dal 24°-25° giorno il sacco allantoideo

è già vascolarizzato e abbastanza largo in confronto all’embrione.

L’unione dell’allantoide al corion (somatopleura) costituisce la

placenta allantocorionica. A questo stadio, attorno al conceptus, si

forma il circolo corionico, costituito da un importante gruppo cellulare

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di circa 1 mm di spessore. L’area del corion tra il sacco allantoideo e il

sacco vitellino rappresenta il sito di sviluppo del circolo corionico; il

mesoderma in quest’ area rimane avascolarizzato. Dal 40° giorno

(fine della fase embrionale), l’embrione e l’amnios vengono sospinti al

lato opposto dal crescente allantoide ed è quasi completa la

regressione del sacco vitellino. In seguito allo sviluppo del sacco

allantoideo, le membrane che separano il sacco vitellino e allantoideo

si uniscono in corrispondenza del polo dorsale della VE, formando il

cordone ombelicale; per questo motivo il cordone ombelicale si

attacca dorsalmente rispetto all’utero (Figura 1,6,7). Le cellule del

circolo corionico invadono l’endometrio, formando così le coppe

endometriali (Ginther, 1992).

Anatomia dell’embrione. La flessura pontina è un’area translucida che

forma un triangolo equilatero nella regione cefalica. La flessura

pontina rappresenta un utile punto di riferimento per stimare l’età

dell’embrione, poiché è apprezzabile dal 25° giorno al 36° giorno.

L’età dell’embione può, infatti, essere stimata misurando l’angolo di

chiusura e la larghezza alla base del triangolo. L’embrione equino, a

un mese di età (12,5 mm lunghezza), presenta una forma a spirale,

con la testa rivolta a sinistra e la coda a destra. La regione caudale

dell’ombelico è corta e fortemente curvata in direzione ventrale. Gli

abbozzi degli arti toracici e pelvici presentano una lunghezza di circa

2,8 mm e 3,2 mm, rispettivamente. Risultano distinguibili orecchi,

occhi, naso e bocca rudimentali. L’area della cloaca dà origine alle

strutture urogenitali e anali. Sono visibili alcune delle caratteristiche

del sistema riproduttivo quali il tubercolo genitale, il dotto di Wolff e

le gonadi (Ginther, 1992).

Organi riproduttivi embrionali. La descrizione più precoce degli organi

riproduttivi equini è riportata attorno al 30° giorno di età

dell’embrione. Il sesso non è determinabile sulla base dell’esame dei

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genitali esterni fino allo stadio fetale (>40 giorni). La struttura

esterna rilevabile nella regione genitale al 30° giorno è rappresentata

da un tubercolo genitale di circa 1 mm di lunghezza, localizzato tra gli

arti posteriori. Il tubercolo genitale, che si differenzia nel pene nel

maschio e nel clitoride nella femmina, risulta molto prominente a

partire dal 36° giorno di gestazione. Approssimativamente fino al 50°

giorno post-ovulazione, il tubercolo genitale è in posizione centrale

tra gli arti posteriori; ha quindi inizio la differenziazione con l’aumento

della distanza ano-genitale nel maschio. Infatti, nel maschio il

tubercolo genitale si sposta in prossimità del cordone ombelicale

mentre nella femmina è vicino alla coda per raggiungere la sua

localizzazione finale relativa, circa al 70° giorno di gestazione

(Ginther, 1992).

PROFILO BIOFISICO FETALE

Sono denominate a rischio quelle gravidanze nelle quali esistono

condizioni patologiche reali o potenziali (fattori di rischio) che

possono compromettere la salute o la vita della gestante, del feto o di

entrambi. Queste condizioni patologiche sono alla base della morbilità

e della mortalità materna, fetale e neonatale (Manning et al., 1991).

Per mortalità perinatale si intende il decesso del feto o del neonato

dall’ultimo terzo di gestazione a sette giorni di vita extrauterina. I

fattori di rischio sono distinti in primari e secondari. I primari sono

quelli che sussistono prima ancora della fecondazione, e vengono

suddivisi a loro volta in locali, correlati all’apparato genitale e alle

gravidanze pregresse, e generali, ovvero dell’organismo nel suo

complesso (Sindrome anticorpi antifosfolipidi, Lupus eritematoso e

pat. autoimmuni, Ipertiroidismo, Emoglobinopatie, Cardiopatie

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cianogene, Nefropatie croniche, Diabete). I fattori secondari o

condizioni indotte dalla gravidanza sono: ipertensione gestazionale,

preeclampsia, oligoamnios, polidramnios, iposviluppo fetale. Nella

specie umana, la valutazione del Profilo Biofisico Fetale (PBF) e le

indagini ematochimiche e genetiche, rivestono un ruolo fondamentale

nella prevenzione, nel follow-up e nella valutazione prognostica sia

per il mantenimento della gravidanza che per le possibili alterazioni

del feto e del suo grado di incompatibilità alla vita extrauterina. Il PBF

valuta la tonicità, l’attività, i movimenti respiratori, la reattività della

frequenza cardiaca e l’ecogenicità del liquido amniotico. In condizioni

d’ipossia acuta diminuisce o scompare la reattività della frequenza

cardiaca, seguita dai movimenti respiratori, dall’attività e dalla

tonicità del feto (Manning et al., 1991; Vintzileos et al., 1991). Tali

parametri dipendono da un differente livello di funzione del sistema

nervoso centrale in relazione all’insufficiente apporto metabolico; la

sequenza della loro riduzione o scomparsa è direttamente correlata al

grado dell’ipossia e dell’acidosi metabolica fetale. E’ stato dimostrato

che il feto ha la capacità di centralizzare il circolo ematico,

apportando maggiori flussi di sangue ossigenato destinati al sistema

nervoso centrale e al cuore, con la finalità di compensare ,solo

temporaneamente, la condizione di ipossia. Recentemente quindi

sono state proposte ulteriori indagini atte all’individuare stati

subclinici di ipossia e di stress fetale:

-Dopplerflussometria (DF) dell’arteria ombelicale: riduzioni, assenza

o inversione del flusso diastolico dell’arteria ombelicale sono correlati

significatamente con un aumento della mortalità perinatale o della

comparsa di danni feto-neonatali permanenti.

-PBF modificato: prevede l’esecuzione di un PBF associato alla

valutazione ecografica della quantità di liquido amniotico attraverso la

determinazione dell’AFI (Amniotic Fluid Index).la valutazione nei

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quadranti placentari, della quantità di liquido amniotico presente

unitamente al PBF conferisce informazioni più attendibili rispetto al

solo PBF.

-monitoraggio cardiotocografico fetale (CTG) o (CST): inducendo

farmacologicamente delle contrazioni del miometrio, >3 ogni 10 min.

e registrando simultaneamente la frequenza cardiaca fetale e

l’intensità delle contrazioni, possono essere svelate condizioni di

ridotta ossigenazione fetale attraverso decelerazioni tardive associate

ad una ridotta variabilità della frequenza cardiaca fetale.

Il PBF,AFI,DF,CST attribuiscono un valore in accordo ad una

scala variabile da 0 a 2 (Schifrin et al., 1979; Manning et al., 1980;

Manning et al., 1981; Vintzileos et al., 1983; Manning et al., 1985), Il

punteggio ottenuti dalle valutazioni degli indici osservati sono

strettamente correlati con la mortalità e la morbilità perinatale. Il

profilo biofisico del feto equino proposto da Adams-Brendemuehl e

Pipers (1987) valuta lo spessore della placenta, l’ecogenicità e il

volume del liquido allantoideo, le dimensioni, la frequenza cardiaca e

l’attività del feto. Reef et al. (1996) hanno stabilito un PBF nel quale

ad ogni parametro valutato è assegnato un punteggio variabile da 0 a

2 e la loro somma esprime un giudizio prognostico sulla gravidanza.

Nei soggetti, ove vengano diagnosticate condizioni patologiche reali o

potenziali per il feto è strettamente necessario che vengano apportate

tutte le possibili terapie atte, a compensare la fattrice e che il parto

venga assistito in una struttura Clinica Ostetrica adeguatamente

dotata di un reparto di terapia intensiva neonatale.

L’ecografia trans-addominale è utilizzata per valutare il feto

dopo il 90° giorno di gestazione, quando il corno uterino gravido è a

contatto con la parete ventrale addominale (Vaala e Sertich, 1994).

Dal 60° al 120° giorno, il feto è visualizzato posizionando la sonda

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nella regione inguinale ed anteriormente al marginale craniale della

ghiandola mammaria (Pipers e Adams-Brendemuehl, 1984);

gradualmente esso si sposta in direzione craniale e nelle ultime fasi

della gravidanza raggiunge il processo xifoideo dello sterno (Vaala e

Sertich, 1994). Per tale indagine s’impiegano sonde lineari e settoriali

a bassa frequenza (2,5 – 5 MHz). Il periodo della gestazione, il

volume addominale della fattrice e la posizione del feto determinano

la scelta della sonda (Troedsson e Sage, 2001).

Le scansioni della parete ventrale dell’addome sono condotte sia sul

piano sagittale che su quello trasversale, ad una profondità di 27.5 -

30 cm, e quindi ridotte in base alle strutture da esaminare,

determinando il numero e la presentazione dei feti (Reef et al.,

1996). Dopo l’8° mese, il feto equino è sul piano sagittale in

presentazione anteriore, con la testa prossimale al margine della

pelvi, generalmente in decubito dorsale e con le vertebre apposte alla

parete ventrale addominale (Pipers e Adams- Brendemuehl, 1984;

Adams-Brendemeuhl e Pipers, 1987; Reef et al., 1995).

Frequenza cardiaca

La frequenza cardiaca fetale può essere rilevata mediante

elettrocardiografia, doppler trans-addominale o visualizzazione

ecografica diretta trans-rettale o trans-addominale. La frequenza

cardiaca è rilevabile mediante cronometro durante la visualizzazione

bidimensionale o impiegando M-mode. I movimenti del feto e della

fattrice, che raramente consentono di mantenere per oltre 10 secondi

la stessa immagine, e l’elevata frequenza cardiaca fetale rendono

l’analisi M-mode più accurata rispetto al metodo che prevede l’utilizzo

del cronometro (Curran e Ginther, 1995). L’attività cardiaca

dell’embrione è apprezzata dal 21° giorno di gravidanza. Al 1° mese

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la frequenza cardiaca è di 123 – 133 bpm, raggiunge il massimo al 3°

mese, quando è mediamente di 196 bpm; dopo una significativa

riduzione tra il 3° e il 4° mese, la frequenza rilevabile al 6°mese di

gestazione ha una media di 130 bpm (Colles et al., 1978; Curran e

Ginther, 1995). Dal 10° mese la frequenza cardiaca media in riposo è

75 ± 7 bpm, con un range di 60 - 90 bpm (Reef et al., 1995). La

riduzione della frequenza cardiaca è riconducibile al progressivo

aumento dell’attività parasimpaticomimetica fetale (McGladdery,

1999).

La reattività cardiaca è l’aumento della frequenza media (HRB) in

risposta ai movimenti del feto; incrementi nell’HRB sono osservati in

seguito all’attività fetale, mediante elettrocardiografia o ecodoppler

(Adams-Brendemuehl e Pipers, 1987; Reef et al., 1995). All’attività

fetale corrisponde l’aumento della frequenza di 25 – 40 bpm per circa

23 – 36 secondi; durante un periodo d’osservazione di 10 minuti sono

mediamente rilevabili circa 10 aumenti della frequenza (Adams-

Brendemuehl e Pipers, 1987).

Le accelerazioni della frequenza cardiaca in associazione all’attività

fetale, ricorrono maggiormente in prossimità del parto, soprattutto

nei tre giorni che lo precedono; la frequenza cardiaca è 160 - 192

bpm e si mantiene tale per 1 – 6 minuti (Adams-Brendemuehl e

Pipers, 1987; Reef et al., 1995). Tuttavia sono anche osservati

movimenti fetali in assenza d’accelerazioni della frequenza cardiaca,

mentre raramente si riscontrano aumenti della frequenza che non

conseguono ad attività fetale (Adams-Brendemuehl e Pipers, 1987).

L’HRB è un indice sensibile di stress fetale. Tuttavia, la mancata

risposta della frequenza ai movimenti, potrebbe essere un indice di

sofferenza del feto ancor più attendibile delle variazioni della

frequenza cardiaca media (Adams-Brendemuehl e Pipers, 1987). Un

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feto inattivo che manifesta una ridotta reattività cardiaca può indicare

una condizione d’ipossia o uno stato di quiete. Nell’asfissia si riduce e

scompare la reattività della frequenza cardiaca; successivamente non

sono quindi apprezzabili i movimenti complessi, quelli respiratori,

quelli semplici e la tonicità del feto (Vaala e Sertich, 1994).

Generalmente il feto presenta una leggera bradicardia o minime

variazioni della frequenza durante il primo stadio del travaglio

(Yamamoto et al., 1991). Una condizione di persistente bradicardia

nel corso della gestazione è associata a sofferenza fetale riconducibile

anche al distacco placentare; l’evento è mediato dalla risposta vagale

all’ipossiemia. Episodi di bradicardia terminale sono associati alla

morte del feto. Inoltre, gravi forme di tachicardia e aritmia sono

osservate nell’aborto o durante un parto distocico o indotto.

L’asistolia conferma la morte fetale (Colles et al., 1978).

L’attività cardiaca del feto in condizioni di stress è stata valutata sia

somministrando ossitocina alla fattrice, sia posizionando un

apparecchio vibroacustico nel retto, in prossimità della testa del feto;

tuttavia, sono necessarie ulteriori indagini per definire l’attendibilità

del test (Bucca, 2001). Mediante scansioni ultrasonografiche del

torace e del diaframma, dal 300° giorno di gestazione si osservano i

movimenti respiratori fetali, rilevabili quando si visualizza l’escursione

del diaframma tra il torace e l’addome con l’espansione della gabbia

toracica in assenza sia d’attività fetale, che di movimenti della

fattrice; non sono stati osservati movimenti respiratori in un neonato

con Sindrome da Asfissia Perinatale (Reef et al., 1995). L’ampiezza

massima media del torace, misurata dalla colonna vertebrale allo

sterno, attraverso il diaframma, è di 183 mm (Reef et al., 1995).

Bucca et al. (2007) hanno proposto la misurazione della frequenza

del polso periferico a livello della carotide esterna.

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Ecogenicità dei liquidi fetali

Nella specie umana, è stato osservato che poliidroamnios e

oligoidroamnios esprimono condizioni di sofferenza fetale (Manning,

1987). L’aumento del liquido amniotico è generalmente associato ad

atresia esofagea, mentre la diminuzione si osserva nell’agenesia

renale, nell’ipossia, nella dismaturità fetale ed inoltre nell’insufficienza

placentare (Manning et al., 1981).

L’oligoidroamnios può indurre episodi d’ipossia acuta, per

compressioni anomale sul cordone ombelicale durante i movimenti

fetali e le contrazioni uterine (Vaala e Sertich, 1994).

L’ecogenicità dei liquidi fetali è valutata per mediante approccio

trans-rettale, impiegando una sonda lineare da 5 MHz (Adams-

Brendemuehl e Pipers, 1987; Renaudin et al., 1997). L’ecogenicità dei

fluidi fetali è espressa da una scala variabile da I a IV (McKinnon et

al., 1988). L’ecogenicità del liquido amniotico è di Grado II o III dal

4° al 10° mese. L’ecogenicità del liquido allantoideo è di Grado III dal

4° mese di gestazione (Renaudin et al., 2000). Fino a metà

gestazione, il liquido amniotico è prodotto dall’epitelio del sacco

amniotico e dall’urina fetale, e ciò ne determina l’aspetto acquoso.

Con il progredire della gravidanza diminuisce la concentrazione

dell’urina, aumentano le secrezioni rino-faringee e la consistenza

dell’amnios diventa mucoide (Roberts, 1986). Nell’ ultimo terzo di

gestazione, le cellule provenienti dalla desquamazione cutanea del

feto concorrono ad aumentare il contenuto cellulare del liquido

amniotico (FFPs) conferendo un grado II di ecogenicità nel 10° e 11°

mese di gestazione (Verpoest et al., 1976; Vaala e Sertich, 1994).

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Il liquido amniotico contiene una concentrazione maggiore di FFPs

rispetto all’allantoideo, inoltre (Renaudin et al., 2000). Nel liquido

allantoideo, è possibile osservare la presenza di masse centralmente

iperecogene, Ippomani, derivanti dalla coalescenza delle particelle di

tale fluido attorno ad un nucleo di detriti epiteliali (Roberts, 1986;

Troedsson e Sage, 2001).

Le particelle del liquido allantoideo sono l’espressione dell’attività

renale e l’ecogenicità di tale fluido è riconducibile all’elevata

concentrazione di sali di calcio. La densità delle particelle dei fluidi

fetali aumenta con i movimenti del feto. L’aumento repentino della

torbidità dei liquidi fetali può essere associato all’escrezione del

meconio, a placentite o ad emorragie conseguenti a distacchi parziali

delle membrane fetali (Sertich, 1993; Vaala e Sertich, 1994).

L’aumento dell’ecogenicità dei fluidi fetali, in assenza di altre

anomalie, non rappresenta un segno sfavorevole per l’esito della

gravidanza (Reef et al., 1996). Renaudin et al. (1997), tramite esame

ecografico trensrettale, non hanno riscontrato anomalie dei fluidi

fetali in cavalle affette da placentite.

VALUTAZIONE ULTRASONOGRAFICA DELL’UNITA’

FETO - PLACENTARE NELLA CAVALLA

L’applicazione della metodica ultrasonografica per la diagnosi di

gravidanza ha migliorato le performance riproduttive nella specie

equina (Ginther, 1986; Troedsson e Sage, 2001). La valutazione delle

condizioni dell’ambiente intrauterino e del feto durante la gestazione

è una pratica di recente acquisizione che ha per obiettivo quello di

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identificare gravidanze patologiche causa d’aborto, di parto distocico

o della nascita di puledri dismaturi o disvitali, consentendo pertanto la

diagnosi precoce e la prevenzione terapeutica di tali condizioni (Vaala

e Sertich, 1994; Reef et al., 1996). L’interruzione della gestazione è

la conseguenza di malattie o anomalie maternofetali e di disfunzione

placentare, causa più frequente d’aborto e di mortalità neonatale.

Quest’ultime, sia per placentite, sia per anomalie del cordone

ombelicale, sono alla base dell’insufficiente sviluppo del feto e

dell’interruzione della gestazione. Giles et al. (1993), hanno

diagnosticato l’infezione dell’UFP in circa 1/3 di oltre tremila cavalle

che avevano abortito o partorito un puledro dismaturo. Il tasso di

concepimento delle fattrici che abortiscono è generalmente ridotto

nella successiva stagione riproduttiva (Renaudin, et al., 2000).

L’aborto può avvenire in assenza di segni premonitori, ma spesso la

fattrice mostra secrezioni vaginali e sviluppo precoce della mammella,

associato a lattazione (Hyland e Jeffcott, 1987). La terapia delle

cavalle con segni premonitori di disfunzione placentare è spesso

inefficace perché la diagnosi è tardiva (Prickett, 1970; Giles et al.,

1993; Sertich, 1993). La valutazione della crescita e del benessere

fetale e l’esame della placenta mediante ultrasonografia

transaddominale e transrettale trova applicazione nelle fattrici con

secrezioni cervico-uterine, sviluppo mammario e lattazione

prematura, affezioni sistemiche, abnorme aumento dell’addome e

anamnesi remota di gestazione patologica o parto distocico (Pipers e

Adams-Brendemuehl, 1984; McGladdery, 1999). Recentemente,

l’approccio transaddominale e transrettale è stato anche applicato per

la determinazione del sesso a metà gestazione (Renaudin, 2000).

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VALUTAZIONE ECOGRAFICA DELLA CRESCITA FETALE

Nella specie umana la valutazione ultrasonografica stabilisce la durata

della gestazione e lo sviluppo fetale mediante misurazioni

morfometriche. L’individuare all’interno di un range ridotto la data del

concepimento e quindi la data di espletamento del parto ha

rappresentato nella medicina il primo passo nella diagnosi preventiva,

precoce e prognostica nelle alterazioni dello sviluppo fetale. Strutture

anatomiche come: l’asse maggiore del femore, omero e radio, il

diametro e la circonferenza dell’addome, il diametro biparietale e la

circonferenza craniale, la valutazione di organi interni come: volumi

dell’aia cardiaca, diametri aortici durante la sistole cardiaca, i volumi

dell’ampolla gastrica, del rene, delle gonadi, sono stati proposti come

indici per il corretto sviluppo fetale per la loro positiva correlazione

con questo (Hellman et al., 1969; Deter et al., 1981; O’Brien et al.,

1981; Leopold, 1986; Tarantal e Hendrickx, 1988). Le biometrie

esprimono non solo un giudizio prognostico sul grado di preparazione

alla vita extrauterina, evidenziando ritardi nello sviluppo, ma possono

inoltre anticipare affezioni del periodo post-natale. Dove vengano

diagnosticate condizioni patologiche reali o potenziali per il feto, è

strettamente necessario che siano apportate tutte le possibili terapie

atte a raggiungere il completo sviluppo fetale, a compensare la

gestante e il parto deve essere previsto in una struttura Clinica

Ostetrica adeguatamente dotata di un reparto di terapia intensiva

neonatale.

Nella specie equina come nell’ostetricia umana, la diagnosi

ultrasonografica durante la gestazione richiede valutazioni ripetute

con intervalli definiti; la laboriosità e l’aspetto economico, nell’attività

riproduttiva equina, delimitano prevalentemente a oggi questo mezzo

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d’indagine in un numero esiguo di gestazioni. Le Biometrie del feto

equino sono determinate mediante le misurazioni dell’orbita (Kahn e

Leidl, 1987; McKinnon et al., 1988), del diametro del cranio (Kahn e

Leidl, 1987), dello spazio intercostale (Kahn e Leidl, 1987), del

diametro addominale (Kahn e Leidl, 1987) e del diametro aortico

(Adams-Brendemuehl e Pipers, 1987; Reef et al., 1995) (Figura 8).

Renaudin et al. (2000) mediante approccio ultrasonografico trans-

rettale e trans-addominale, hanno valutato la crescita fetale dal 100°

giorno di gestazione fino al parto, rilevando indici morfometrici del

cranio, dell’occhio, dell’aorta, dell’addome, delle gonadi, del rene e

del femore, in scansione longitudinale e trasversale; tali indici

biometrici sono positivamente correlati con il periodo della

gestazione; inoltre il volume approssimativo dell’occhio, la lunghezza

del femore, l’area della sezione trasversale del rene, il diametro

aortico e del cranio hanno una relazione lineare con il periodo della

gestazione.

Diametro Aortico Fetale

Adams-Brendemuehl e Pipers (1987) hanno riportato per il diametro

aortico fetale, nel Purosangue Inglese e nel Trotter, un valore di 2,1

cm a 300 giorni di gestazione e di 2,7 cm al termine. Tale parametro

registrato in studi successivi dal 298° giorno di gestazione, nelle

stesse razze equine, è di 2,28 ± 0,22 mm. Ciò sarebbe riconducibile a

misurazioni effettuate in un punto diverso della radice aortica o alla

variabilità legata all’operatore (Reef et al., 1995). Il diametro

dell’aorta è positivamente correlato con il peso della fattrice e con il

peso del puledro alla nascita (Adams-Brendemuehl e Pipers, 1987;

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Adams-Brendemuehl, 1990). Le misurazioni effettuate nella

settimana che precede il parto, hanno dimostrato la correlazione al

peso del neonato, con un’accuratezza di ± 3,49 Kg. Esiste inoltre una

relazione di tale parametro con la profondità del torace e all’altezza

all’anca del puledro (Adams-Brendemuehl e Pipers, 1987). E’ stato

dimostrato che il diametro aortico (Figura 9) è correlato

significativamente anche alle gravidanze a rischio, e pertanto tale

misurazione è un indice di condizioni intrauterine sfavorevoli alla

crescita fetale (Reef et al., 1996).

DETERMINAZIONE DEL SESSO DEL FETO

Per la determinazione del sesso del feto sono impiegate due

metodiche ecografiche: l’approccio trans-rettale durante la

gravidanza precoce (Curran e Ginther, 1989; Curran, 1992) e la

combinazione di quelli trans-rettale e trans-addominale durante la

metà della gravidanza (Renaudin et al., 1997; Renaudin et al., 1999).

Principio anatomico

La diagnosi precoce del sesso del feto si basa sull’identificazione e

sulla localizzazione del tubercolo genitale, struttura embrionale che si

differenzia nel pene nel maschio e nel clitoride nella femmina.

Approssimativamente fino al 50° giorno post-ovulazione, il tubercolo

genitale è in posizione centrale tra gli arti posteriori; ha quindi inizio

la differenziazione con l’aumento della distanza ano-genitale nel

maschio. Infatti, nel maschio il tubercolo genitale si sposta in

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prossimità del cordone ombelicale mentre nella femmina è vicino alla

coda per raggiungere la sua localizzazione finale relativa, circa al 70°

giorno di gestazione.

Diagnosi precoce del sesso del feto

L’esame è eseguito mediante ecografia trans rettale con sonda lineare

da 5MHz dal 53° al 68° giorno di gravidanza. Sono eseguite scansioni

sequenziali: trasversali, frontali e sagittali. Le scansioni trasversali

sono perpendicolari al piano mediano e il punto di repere del feto è la

testa o il cuore. La sonda è spostata caudalmente attraverso l’area

dell’inserzione addominale del cordone ombelicale. Nel maschio, il

tubercolo genitale è una struttura iperecogena bilobata, caudale e

prossimale all’inserzione addominale del cordone ombelicale. Nella

femmina, tale struttura è localizzata nell’area compresa tra gli arti

posteriori e la coda. Le scansioni frontali sono perpendicolari al piano

trasversale e mediano. Gli arti posteriori, il cordone ombelicale, la

coda e il tubercolo genitale, sono in sezione trasversale e devono

essere visualizzati contemporaneamente. Il tubercolo genitale,

struttura iperecogena, nel maschio è caudale e prossimale

all’inserzione addominale del cordone ombelicale, mentre nella

femmina è al disotto della coda. Le scansioni sagittali sono parallele

al piano mediano e il feto è visualizzato in sezione longitudinale. Tale

metodica è attendibile al 97% (138/143) per il sessaggio del

maschio, e nel 100% (92/92) per quello della femmina. La

determinazione è accurata tra il 59° e il 68° di gestazione. Il

tubercolo genitale non può essere identificato prima del 53° giorno, a

causa delle dimensioni, e dopo il 68° giorno, per la progressiva

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localizzazione addominale ventrale del feto (Curran e Ginther, 1989;

Curran, 1992).

Diagnosi del sesso del feto a metà gravidanza

L’esame è eseguito mediante ecografia trans-rettale e trans-

addominale con sonde lineari o settoriali da 5MHz e da 3,5 MHz. La

sonda da 5 MHz è usata nella gravidanza di 100 - 160 giorni mentre

oltre 160 giorni è impiegata quella da 3,5 MHz. La sonda è posta

cranialmente alla ghiandola mammaria, nella linea mediana ventrale,

e quindi spostata abassialmente rispetto a tale linea. Localizzato il

feto, si identifica la sua parte posteriore. Per determinare il sesso del

feto sono soprattutto impiegate le scansioni trasversali. Nel maschio

sono identificati il prepuzio o il pene, caudali e prossimali

all’inserzione addominale del cordone ombelicale, mentre nella

femmina sono visualizzati le ghiandole mammarie, i capezzoli e le

gonadi fetali che presentano un’eco circolare fino al 133° giorno di

gestazione. Nel maschio, il pene e il prepuzio sono identificabili dal

100° al 220° giorno di gestazione; in scansioni trasversali hanno

forma rotondeggiante con fuochi lineari paralleli approssimativamente

fino al 140° giorno e in seguito appaiono triangolari. Il pene ha

spesso movimenti oscillatori, in particolare durante l’attività del feto.

Il pene e il prepuzio, sono spesso indistinguibili tra loro nell’immagine

ecografia, tranne che durante l’erezione. Le gonadi maschili sono di

forma ovoidale e misurano da 2 a 7 cm di lunghezza, in relazione al

periodo di gestazione; in scansioni frontali sono situate nella porzione

caudo-ventrale dell’addome lungo la regione della coscia. La loro

ecogenicità è simile a quella del fegato; appaiono omogenee con una

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sottile linea ecogena centrale e longitudinale che non è

costantemente osservata dopo il 125° giorno.

Nella femmina si apprezzano le ghiandole mammarie e i capezzoli dal

118° al 227° giorno di gestazione; le gonadi sono ovoidali e simili a

quelle maschili, sia per la localizzazione sia per le dimensioni.

Tuttavia, la presenza dell’eco circolare nell’ovaio permette di

diagnosticare il sesso femminile dal 100° al 133° giorno di

gestazione. La metodica è attendibile al 100% e il periodo ottimale

per la sua applicazione è compreso dal 100° al 220° giorno di

gestazione. Fino al 183° giorno, l’approccio trans-rettale è necessario

quando il feto è localizzato nella porzione dorsale dell’addome o è in

presentazione posteriore (Renaudin, 2000).

ISO–ERITROLISI NEONATALE

L’iso-eritrolisi neonatale (IN) è una patologia caratterizzata dalla

distruzione immunomediata degli eritrociti nel neonato in seguito

all’assunzione di anticorpi colostrali. Otto principali gruppi sanguinei

sono presenti nel cavallo, A, C, D, K, P, Q, T e U. All’interno di ogni

gruppo sono presenti alleli responsabili dell’ereditabilità ed

espressione degli antigeni eritrocitari, questi fattori vengono espressi

con una lettera minuscola (Aa, Ab, Ac). E’ stato osservato nei casi

riportati di IN che gli antigeni Qa e Aa sono la causa principale di

malattia (Whiting J. et al., 2000). Pa, Ab, Qrs, Dc, Ua, Qb, Qc, Da,

Ka, e Db sono state raramente individuate come responsabili della lisi

eritrocita ria (Bailey et al., 1987)(McLeay J.M. et al., 2001). I più

comuni anticorpi diretti verso antigeni eritrocitari evidenziati duranti

gli studi nel cavallo sono anticorpi anti-Ca. L’IN non è stata mai

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osservata associata al fattore Ca. E’ stato osservato che nelle cavalle

negative per I fattori Aa e Ca è possibile la spontanea produzione di

anticorpi-Ca e che questi siano responsabili della soppressione o

inibizione della produzione degli anticorpi anti-Aa, eliminando

precocemente dal circolo degli eritrociti (Bailey et al., 1988). La

sensibilizzazione nella fattrice interviene esponendola ad antigeni

eritrocitari che non possiede come nelle trasfusioni di sangue da

incompatibili donatori. Infiltrazione di eritrociti fetali può intervenire

in casi di anomalie e alterazioni patologiche della placenta, infatti

possono verificarsi microemorragie durante l’ultimo terzo di

gestazione e durante le fasi del parto. Le fattrici che ottengono la

prima sensibilizzazione al momento del parto devono essere

considerate a rischio per le successive gestazioni. Una fattrice è

considerata a rischio se risulta negativa per i gruppi Aa, Qa e Aa+Qa.

L’assenza di uno o entrambi i fattori non prevede con certezza il

verificarsi dell’emolisi eritrocitaria nel puledro, la concomitanza di

alcune condizioni deve esserci per produrre la patologia. La fattrice

deve essere stata esposta al fattore dello stallone, il feto deve aver

ereditato il fattore paterno, gli anticorpi devono esser presenti in una

sufficiente quantità e il puledro deve ingerire e assorbire il colostro

materno entro le 24 ore dalla nascita. Bowling et al., (1985) hanno

determinato l’incidenza dell’IN per alcune razze; la percentuale

d’incidenza nelle cavalle a rischio, per il fattore Aa negativo,

osservata è stata: il 2% per i Thoroughbreds (TBs), il 3% per l’Arabo

(Ar), il 3% per gli Standarbred trotters (SBt), il 22% per gli

Standarbred pacers (SBp) e il 25% per i Quarter horses (Qh); la

percentuale d’incidenza per il fattore Qa negativo è: il 16% per TBs, il

72% per Ar, il 68% per Qh e il 100% per gli SB.

Gli asini espongono sui propri eritrociti il fattore ”D” (donkey factor)

(McClure et al., 1994). Tutte le cavalle fecondate con seme asinino

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devono essere considerate a rischio di sviluppare IN per assenza del

fattore “D”. I puledri di mulo dovrebbero essere osservati

strettamente per la presenza di segni di IN poiché è stata osservata

un’incidenza dell’IN nei puledri di mulo del 10%; inoltre è stata

osservata una minor sensibilità all’anemia moderata indotta

dall’emolisi e i segni clinici osservabili possono apparire di minor

severità rispetto ai puledri intraspecifici (McClure et al., 1994).

Potenzialmente nella necessità di dover trasferire sangue a un

puledro di mulo, ogni cavalla non possedendo il fattore “D” e non

essendo mai stata sensibilizzata da questo, è un ideale donatrice

(Traub-Dargatz, 1992). Anticorpi diretti verso gli eritrociti che

espongono fattori Aa e Qa, sono dotati d’azione litica nel 90% dei casi

di IN, l’agglutinazione assume ruolo meno importante nella

patogenesi dell’IN. Gli anticorpi anti-eritrociti raggiungono un’alta

concentrazione nel colostro prima del parto. Sintomatologie iper-

acute di IN sono spesso associate ad alta presenza di anticorpi per il

fattore Aa, mentre sintomatologie sub-acute sono spesso associate al

fattore Qa (Durham A.E., 1997). L’emolisi extravasale e l’attivazione

del sistema reticoloendoteliale sono la principale causa dell’anemia

nei puledri affetti, l’emolisi intra-vasale può essere osservata (Vaala

W.E., 1990). I segni clinici osservati possono essere da iper-acuti a

sub-clinici. Il puledro nasce sano e può dar inizio ai sintomi dopo 5

ore dalla prima assunzione colostrale, sino a 5 giorni dal parto

(McClure et al., 1997). Nelle forme iper-acute e acute, è possibile

osservare la morte del puledro nelle prime 24 ore. I sintomi sono

dipendenti dalla quantità di anticorpi assunti, nonché del grado

d’insufficiente trasferimento immunitario che ne consegue. I segni

possono essere: letargia, debolezza, ittero, pallore delle mucose,

emoglobinuria, febbre, tachicardia, tachipnea, alterazioni

cardiocircolatorie, sindromi neurologiche (David B.J., 1998). L’analisi

ematochimica indica un’anemia con diminuzione del volume

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corpuscolare (>25% della PVC), alti livelli d’emoglobina libera,

ipoglicemia, bilirubina diretta e indiretta aumentate, acidosi

metabolica e aumentata azotemia in risposta all’emolisi. Nei muli può

essere osservata trombocitopenia; allantoanticorpi, associati a

trombocitopenia e neutropenia, leucocitosi, leucopenia e incremento

del fibrinogeno, sono stati riportati in puledri di gravidanze

interspecifiche con fallimento del passaggio immunitario

(Ig<400mg/dl) e della concomitante sepsi (Traub-Dargatz, 1992). La

diagnosi differenziale include le copiose perdite ematiche fetali che

possono verificarsi durante parti difficili, dove in assenza di lesioni

esterne sono possibili traumatismi costali complicati dall’eventuale

emotorace ed emoperitoneo. Ritardi durante l’espletamento della fase

espulsiva, con impegno del feto nel canale parto, possono conferire

un insufficiente apporto ematico placentare ombelicale con

alterazione dei parametri ematochimici alla nascita. L’osservazione

della pigmentazione itterica delle mucose può essere secondaria nei

puledri nati infetti da Herpesvirus o setticemici. Dove siano osservati

segni di letargia, tachipnea e atassia, deve essere sempre considerata

l’IN e il Jaundiced Foal Agglutination (JFA) test deve essere

immediatamente condotto. L’isoeritrolisi-neonatale è una patologia

altamente prevenibile. Le strategie per la prevenzione possono essere

impiegate prima dell’accoppiamento, nell’ultimo terzo di gestazione e

al momento della nascita. È possibile identificare gli accoppiamenti a

rischio, attraverso la tipizzazione dei gruppi sanguinei dei riproduttori

prima della monta. Le indagini ematiche possono essere condotte in

laboratori specializzati tramite “markers” dei gruppi ematici e

“markers” biochimici ed elettroforetici. Un’attenta anamnesi

riproduttiva deve essere condotta su ogni fattrice; dove siano stati

osservati segni riconducibili a IN, dovrebbero, nella stagione

successiva, esser evitati gli stessi accoppiamenti e comunque le

gestazioni considerate come a “rischio” per la produzione di puledri

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affetti da IN (David B.J., 1998). Nell’ultimo terzo di gestazione è

possibile valutare il plasma della fattrice per la presenza di anticorpi

anti-eritrociti; un’alta concentrazione specialmente verso i fattori Aa e

Qa sono indicativi di una potenziale IN. Il titolo dovrebbe essere

controllato particolarmente ai 330 giorni di gestazione poiché le

immunoglobuline aumentano drasticamente prima del parto. Le

analisi sono condotte in laboratori specializzati, dove il siero della

fattrice è messo a contatto con sangue dello stallone o con eritrociti

di cavalli con fattori ematici noti. La presenza di Ig antieritrociti può

essere svelata nel colostro materno, prima che questo sia ingerito dal

puledro. Il JFA test (Bailey et al., 1987) (Tabella 1) dimostrando

tramite la reazione di agglutinazione tra il colostro e gli eritrociti del

puledro, conferma la potenziale IN pur non specificando il fattore

ematico coinvolto. Un titolo di 1:16 o maggiore conferma

l’impossibilità di somministrare il colostro al puledro; le

concentrazioni delle Ig colostrali devono essere valutate ogni 24 ore,

il puledro può quindi essere assumere latte materno quando il

risultato del titolo è <1:16. Nei puledri di gestazioni interspecifiche il

colostro deve essere eliminato se il titolo è di ≥1:64 o maggiore

(McClure et al., 1997). I puledri considerati a rischio non devono

assumere il colostro materno, devono necessariamente portare una

musetta che ne impedisca la suzione; inoltre devono essere

alimentati con colostro artificiale e deve essere considerata una

terapia atta a compensare il fallimento del passaggio immunitario. In

medicina umana valutazioni del titolo anticorpale nei confronti del

fattore “Rh” vengono effettuate con cadenza mensile durante tutta la

gestazione. Le caratteristiche placentari in questa specie conferiscono

la possibilità di passaggio di eritrociti fetali anche prima del parto,

sensibilizzando la gestante e conferendole memoria immunitaria,

principale complicazione nelle future gestazioni. Per la profilassi di

questa patologia è stata proposta la rimozione accelerata delle Ig

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anti-Rh tramite l’impiego di anticorpi monoclonali (Thomson et al.,

1990). Situazione analoga, è stata osservata nella specie equina; in

fattrici con assenza sia del fattore Aa che del fattore Ca, può

verificarsi la normale produzione di Ig-Ca anche in assenza di

sensibilizzazione durante la gravidanza o in seguito a trasfusione.

Nelle gestazioni incompatibili, dove il feto abbia ereditato entrambi i

fattori Ca e Aa, è stato dimostrato che Ig dirette verso il fattore Ca

sopprimono la produzione di Ig anti-Aa presumibilmente accelerando

la rimozione degli eritrociti fetali dal circolo materno (Bailey and

Albright, 1988). Gli studi condotti indicano la possibilità di applicare

questa strategia nelle gestazioni ad alto rischio e quindi per le

gravidanze interspecifiche dove l’incompatibilità dei fattori ematici è

sempre presente.

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PARTE SPERIMENTALE

MATERIALI E METODI

Lo studio sperimentale ha preso inizio nella stagione

riproduttiva 2005/2006 e si è concluso con i parti della stagione

2008/2009, presso l'Azienda Didattica della facoltà di Medicina

Vetrinaria dell’Università degli Studi di Perugia in Sant’Angelo di Celle

- Deruta (Pg). Durante lo studio sono state impiegate n=10 fattrici

multipare di razza Trotter, enucleate dal libro genealogico, con un

peso medio di 500±50 kg. Tutti gli animali sono stati mantenuti liberi

in paddock e alimentati con fieno ad libitum e con concentrato

pellettato per tutta la gestazione. L'anamnesi remota delle fattrici non

riferiva gravidanze patologiche e distocie al parto nelle precedenti

stagioni riproduttive. Le cavalle sono state sottoposte a visita clinica

per escludere affezioni o anomalie del tratto genitale. Le

caratteristiche estrali di ogni singolo soggetto sono state esaminate

attraverso la valutazione delle manifestazioni esterne dei calori, il

teasing, la palpazione rettale e i mezzi d’indagine ecografici. Le visite

ginecologiche sono state condotte tramite l’esame vaginale

strumentale e la palpazione trans-rettale per valutare,

rispettivamente, l’aspetto della cervice, la tonicità uterina e le

strutture ovariche. L’utilizzo del mezzo ecografico ha permesso inoltre

di eseguire la misurazione dei follicoli preovulatori (35 - 45 mm) e di

valutare l'ecogenicità uterina. Gli animali sono stati inseminati

artificialmente, a giorni alterni, fino alla conferma ultrasonografica

dell'ovulazione (giorno=0).

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Il seme, prelevato da un asino di razza Amiatina, in attività nel

Centro di Inseminazione dell’Associazione Allevatori del Friuli Venezia

Giulia - Codroipo, Udine è stato sottoposto ad analisi quali-

quantitativa. Sono state prese in considerazione la motilità totale e

progressiva, la concentrazione e la percentuale delle anomalie

morfologiche degli spermatozoi.

La motilità totale e progressiva sono state valutate sul seme tal-quale

e dopo 24, 48 e 72 ore di refrigerazione. Per analizzare la morfologia

spermatica è stata utilizzata la colorazione eosina-nigrosina. I

campioni sono stati osservati al microscopio ottico, a 1000x

ingrandimenti, contando almeno 200 spermatozoi per vetrino.

Durante l’inseminazione artificiale è stato utilizzato materiale sterile e

non tossico come siringhe non spermicide con stantuffo di plastica

(Vineland, Airtite, NJ®), cateteri da inseminazione (Minitube®) e gel

sterile.

Le fattrici sono state contenute in travaglio, la coda fasciata e

allontanata dalla regione perineale. L’area è stata sottoposta a

lavaggio chirurgico per eliminare le fonti di contaminazione. Il seme è

stato utilizzato entro le 24 ore dal prelievo. Per l'inseminazione sono

stati usati 30 ml di seme diluito in estender (Kenney) a una

concentrazione di 40 x 109 spermatozoi/ml con 600-700 x 106

spermatozoi progressivamente mobili.

Sulle fattrici è stato applicato un programma di profilassi

vaccinale con prodotti inattivati contenenti EHV-1 ed EHV-4. Il

vaccino è stato somministrato al 5°, 7° e 9° mese di gestazione. I

soggetti sono stati inoltre sottoposti a vaccinazione, nei confronti del

Clostridium tetani e dei virus dell’influenza equina A1 e A2 al 10°

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mese di gestazione, previa profilassi antelmintica con Ivermectina e

Praziquantel.

Metodica ultrasonografica durante la gestazione

L’esame trans-rettale è stato eseguito utilizzando un

apparecchio ultrasonografico (Mindray® 3300) munito di sonda

lineare (5 MHz).

L’esame trans-addominale è stato eseguito utilizzando sonda

settoriale variabile (3,5-5-6,5MHz), previa tricotomia della parete

ventrale dell’addome, dal margine craniale della ghiandola mammaria

al processo xifoideo e lateralmente fino alle grasselle. Inoltre, prima

di ogni esame l’intera area è stata attentamente lavata con acqua

calda e alcool.

Aspetto ultrasonografico dal giorno dell’ovulazione al 50° giorno di

gestazione

Valutazioni ecografiche trans-rettali sono state eseguite

giornalmente in tutti i soggetti, dal momento dell’ovulazione. Le

scansioni uterine, trasversali e longitudinali, sono state effettuate

procedendo sistematicamente dalla porzione cervicale dell’utero verso

le corna uterine e le ovaie, secondo lo schema introdotto da Ghinter

(1995). Il corpo e le corna uterine sono stati suddivisi in 6 porzioni:

craniale (1dx) e caudale (2dx) del corno di destra, craniale (1sx) e

caudale (2sx) del corno di sinistra, giunzione utero cornuale (3) e

corpo uterino (4). La mappatura dei segmenti uterini è stata eseguita

con l’obiettivo di determinare la presenza e le dimensioni delle cisti

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endometriali, al fine della precoce individuazione della VE durante la

diagnosi di gravidanza. La localizzazione della VE all’interno dell’utero

e i diametri massimi, verticali e orizzontali sono stati registrati dal

giorno della diagnosi di gravidanza. Per ogni esame ecografico sono

state previste 3 misurazioni; il dato finale è stato espresso in media e

deviazione standard. La posizione della VE all’interno dell’utero è

stata registrata ogni 15 minuti per 2 ore, durante la fase di mobilità;

il dato finale è stato espresso come percentuale delle VE osservate

per porzione uterina. Sono stati osservati: la perdita della sfericità e il

cambiamento dell’aspetto ecografico della VE rispetto all’incremento

del tono uterino. Il giorno della fissazione è stato definito il primo

giorno in cui la VE era stata assegnata nella stessa porzione uterina

dei giorni seguenti come proposto da Ghinter (1995). È stato

registrato il giorno in cui l’embrione si rendeva visibile sul fondo

dell’emisfero ventrale del sacco vitellino, così come il giorno in cui era

possibile apprezzare l’attività cardiaca. È stata osservata l’emergenza

e lo sviluppo del sacco allantoideo dal pavimento della VE, la

concomitante regressione del sacco vitellino e la migrazione

dell’embrione dal polo ventrale a quello dorsale della VE. I diametri

orizzontali e verticali delle sezioni trasversali e longitudinali

dell’embrione sono stati determinati durante tutta la fase embrionale.

Sono state registrate, inoltre l’origine e formazione del sacco

amniotico (allantoamnios), la regressione del vitellino e la formazione

del cordone ombelicale.

Nel corso di ogni esame ecografico, sono state eseguite un minimo di

tre misurazioni, e sono state espresse quindi in media e deviazione

standard.

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Aspetto ecografico della gestazione dal 50° giorno al termine

Nel presente studio i parametri sistematicamente esaminati per

determinare il benessere fetale o Profilo Biofisico Fetale (PBF) come

proposto da ”Adams-Brendemuehl e Pipers, 1987” sono stati: la

frequenza cardiaca, attività fetale, ecogenicità dei fluidi. Attenzione

particolare è stata riposta nella valutazione dello spessore e

dell’aspetto dell’UFP.

Le Morfometrie per la valutazione del corretto sviluppo e

accrescimento fetale sono state ricercate come: diametro aortico

durante l’attività cardiaca, diametri e volume dell’orbita fetale come

introdotto da “McKinnon et al., 1988 e Renaudin et al., 2001”.

Frequenza Cardiaca Fetale

La frequenza cardiaca è stata determinata tramite

visualizzazione ecografica diretta del cuore sia attraverso l’esame

trans-rettale sia trans-addominale, utilizzando contemporaneamente

alla visualizzazione bi-dimensionale (B-mode), l’analisi

monodimensionale (M-mode). La frequenza cardiaca è stata calcolata

e visualizzata automaticamente sullo schermo secondo la formula:

120 sec / tempo di due contrazioni =b.p.m (battiti per minuto). Nel

corso di ciascun esame la frequenza cardiaca è stata calcolata come

media di un minimo di 3 misurazioni, in condizioni d’inattività del feto

(fase di quiete) e durante l’aumento di attività.

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Frequenza del polso carotideo fetale

Esami ecografici trans-rettali sono stati eseguiti con l’obiettivo di

visualizzare le carotidi esterne e le giugulari del feto tramite scansioni

longitudinali e trasversali dalla regione faringea e del collo.

Visualizzate con sezioni trasversali, le aree anecogene delle tasche

gutturali, si procede verso la base di queste sino a visualizzare la

carotide esterna e la giugulare ipsilaterale. La sistole cardiaca e le

pressioni all’interno dell’arco aortico, generano uno spostamento delle

carotidi sulla giugulare ipsilaterale che può essere valutato alla base

delle tasche gutturali con il sistema M-mode (Bucca et al., 2007).

Attività fetale

La tonicità è stata valutata: presente, se il feto estendeva o

fletteva gli arti, il dorso e il collo o assente, se il feto appariva

flaccido. L’attività è stata espressa in base ad una scala variabile da 0

a 3 in relazione al tempo d’osservazione: grado 0: assenza di

movimento; grado 1: scarso movimento (≤33%); grado 2: evidente

movimento (>33% e <66%); grado 3: elevato movimento (> 66%)

(Reef et al., 1995).

Ecogenicità dei fluidi

L’ecogenicità dei fluidi fetali è espressa da una scala variabile da 1

a 4 (McKinnon et al., 1988; Verpoets et al., 1976): grado 1: bianco

(iperecogeno); grado 2: grigio chiaro (semiecogeno; numerose

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particelle iperecogene in ambiente anecogeno); grado 3: grigio scuro

(ipoecogeno; rare particelle iperecogene in ambiente anecogeno);

grado 4: nero (anecogeno).

Presentazione e Posizione

A ogni osservazione ecografica del feto, sono stati registrati: il

rapporto tra l’asse longitudinale del feto e l’asse del canale del parto

o del rachide materno (presentazione) e grazie all’osservazione della

struttura anecogena dello stomaco (punto di repere) il rapporto tra la

posizione dorsale o lombare del feto ed i quadranti del bacino

materno (posizione).

Diametro Aortico Fetale

Il diametro aortico è stato ottenuto visualizzando ecograficamente

l’aia cardiaca e l’aorta discendente alla base del cuore come proposto

da Adams-Brendemuehl e Pipers, 1987. I diametri sistolici sono stati

registrati per mese di gestazione.

Orbita Fetale

Visualizzata la struttura anecogena dell’orbita fetale, l’immagine è

stata fermata per permettere le misurazioni. I diametri oculari sono

stati considerati come lunghezza e profondità. Come punti di repere

sono stati considerati i margini iperecogeni delle strutture ossee della

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fossa orbitale. I diametri, l’area e la circonferenza sono stati

determinati dalla media di 3 misurazioni consecutive; il volume medio

dell’orbita fetale è stato determinato come la somma del diametro

verticale e orizzontale ottenuti, come proposto da McKinnon et al.,

1988.

Valutazione dello Spessore dell’UFP trans-rettale nel punto della stella

cervicale

L’UFP è stata valutata con esami ecografici trans-rettali dal 50°giorno

e durante tutta la gestazione con intervalli settimanali. Le immagini

trans-rettali sono state ottenute ponendo la sonda all’altezza della

stella cervicale fino alla visualizzazione di una ramificazione

dell’arteria uterina media come proposto da ”Renaudin, 1997”. Sono

state quindi eseguite le determinazioni dello spessore dell’UFP dorsale

e ventrale. Per ogni esame la procedura è stata ripetuta 3 volte ed

espressa in medie e deviazione standard. Il dato finale è stato

espresso per mese di gestazione.

Valutazione dello spessore dell’UFP trans-addominale

La profondità dei liquidi fetali e lo spessore utero-placentare sono

stati valutati dal 150° giorno di gestazione con approccio trans-

addominale. L’addome della fattrice è stato diviso in 9 quadranti:

sinistro, medio e destro caudali- sinistro, medio e destro centrali o

medi- sinistro, medio e destro anteriori. La profondità del liquido

allantoideo è stata ottenuta misurando perpendicolarmente all’UFP

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ventrale la distanza del feto. Le aree dove il feto era osservato in

contatto con l’unità feto placentare non sono state valutate per

fenomeni di compressione su questa che possono interferire con la

raccolta dati. Per ogni esame la procedura è stata ripetuta 3 volte ed

espressa in medie e deviazione standard. Il dato finale è stato

espresso per mese di gestazione.

Determinazione del sesso nel feto

Le fattrici sono state sottoposte a esame ultrasonografico trans-

rettale con sonda lineare da 5 MHz tra il 58° e il 70° giorno di

gestazione. La porzione caudale del feto è stata individuata

impiegando le coste quale punto di repere; sono stati quindi

identificati il cuore e i polmoni. Muovendo caudalmente il trasduttore,

sono stati osservati il diaframma, il fegato e lo stomaco ripieno di

fluido anecogeno, nella porzione craniale dell’addome. Sono stati

quindi visualizzati dorsalmente la milza e i reni, ventralmente

l’inserzione addominale del cordone ombelicale e le gonadi fetali,

tubercolo genitale come proposto da Bucca, 2005. Tra il 120° e il

150° giorno di gestazione è stato condotto un esame ultrasonografico

trans-addominale con sonda settoriale da 3,5 MHz per convalidare la

diagnosi precoce trans-rettale effettuata nel terzo mese di

gestazione.

Al 330° giorno di gravidanza, sulla base del grado di sviluppo

dei segni premonitori del parto, raccolti durante l’esame clinico

ostetrico manuale e strumentale, è stato applicato sulle rime vulvari

delle fattrici, un “foaling alarm” in grado di segnalare l’esatto

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momento di impegno, nel canale del parto, del feto. L’inizio della

seconda fase del travaglio, la fine della fase espulsiva e il

secondamento sono stati registrati dal rilevamento del segnale.

L’ispezione delle strutture placentari è stata eseguita nei minuti

seguenti il distacco spontaneo (secondamento); gli annessi placentari

sono stati separati, pesati e disposti, al fine di determinare la

presenza di possibili alterazioni o lesioni durante una sistematica

valutazione macroscopica come proposta da “Schlafer DH. 1996”.

Entrambe le superfici, allantoidea e corionica, sono state osservate

distendendole a forma a “F ”e individuando le porzioni anatomiche del

corno gravidico, del corno non gravidico, del corpo e della “stella

cervicale" (Figura 3). La porzione verticale della “F” corrisponde al

corpo uterino, con la stella cervicale in direzione dell’osservatore e le

braccia, superiori e inferiori, rispettivamente al corno gravidico e al

corno non gravidico. E’ stato determinato il peso e il volume,

mediante immersione in un cilindro graduato dell’allantocorion. La

lunghezza del cordone ombelicale, sia della porzione amniotica sia

allantoidea, il peso dell’amnios sono stati registrati.

Esame clinico peri-natale del puledro

L’Esame Clinico è stato condotto entro il primo minuto dalla nascita e

ripetuto dopo cinque minuti; per la valutazione della compatibilità alla

vita extra-uterina, è stato applicato il sistema a punteggio A.P.G.A.R.

opportunamente modificato per la specie equina da “Knottenbelt D.C.

2004”. Un prelievo ematico è stato eseguito durante il primo esame

clinico neonatale per la valutazione dell’ematocrito e dei principali

valori biochimici. Un’aliquota di sangue è stata utilizzata, come nella

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metodica descritta da “Bailey et al., 1988” (Jaundiced Foal

Agglutination Test) per evidenziare la possibile insorgenza della iso-

eritrolisi neonatale, dopo l’assunzione delle immunoglobuline di

origine colostrale nel puledro. I puledri sono stati inoltre sottoposti al

test rapido commerciale per la determinazione delle IgG seriche, con

un secondo prelievo ematico effettuato trascorse 8 ore dalla prima

assunzione del colostro (Midland Quick Test Kit®).

Esami clinici neonatali sono stati condotti ogni 6 ore durante le 48 ore

successive al momento del parto, con l’obbiettivo di osservare

l’adattamento all’ambiente extrauterino e il normale attivarsi e

svolgersi delle funzioni organiche nel puledro; temperatura rettale,

minzione, defecazione e assunzione del colostro sono state registrate.

APGAR Score System (Knottenbelt D.C. 2004) (Tabella 8).

Un punteggio totale = 8-10 è normale, un punteggio = 5-7 è

indicativo di una lieve asfissia e un punteggio = 0-4 di un’asfissia

grave. Il parametro usato in medicina umana per evidenziare la

presenza di cianosi (Appearance) è stato sostituito con l’esame delle

mucose, assegnando 0 punti in presenza di mucose grigiastre-blu, 1

punto a mucose rosa pallido e 2 punti a mucose rosa scuro (Vaala,

2002). Dopo avere eseguito la valutazione APGAR, entro i primi 10-

15 minuti, è stato eseguito l’esame clinico dei vari apparati.

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Esame neurologico

È stato eseguito l’esame dello stato del sensorio osservando il

comportamento dell’animale: le reazioni nei confronti degli stimoli

provocati, l’abilità ad alzarsi, coordinazione e forza. Lo stimolo nasale

può essere accompagnato dallo stimolo del padiglione auricolare o da

quello toracolombare, facendo scorrere il pollice e l’indice lungo la

colonna vertebrale dalla nuca alla base della coda. Il puledro normale,

come risposta a questa manualità, muove gli arti e la testa e cerca di

mettersi in stazione quadrupedale (Vaala e Sertich, 1994).

Valutazione apparato cardio-vascolare

Sono state esaminate le mucose ed è stato osservato il colore,

l’umidità e il tempo di riempimento capillare. Le estremità distali sono

state palpate.

È stata valutata la frequenza cardiaca, il ritmo e la presenza di

alterazioni patologiche. Il polso è stato valutato a livello di arteria

facciale, dall’arteria brachiale sulla faccia mediale del gomito (arteria

grande metatarsale).

Valutazione apparato respiratorio

È stata eseguita l’ispezione delle prime vie aeree per verificarne la

pervietà.

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La frequenza respiratoria è stata calcolata osservando gli atti

respiratori dell’animale per un minuto da una certa distanza. L’esame

obiettivo particolare dell’apparato respiratorio è stato eseguito per

escludere la presenza di alterazioni patologiche e di fratture costali

che possono verificarsi durante parti difficili.

Valutazione apparato gastroenterico

Alterazioni del palato e della faringe sono state ricercate per prevenire

l’errato passaggio del latte verso i polmoni. L’esame ispettivo

dell’addome è stato eseguito osservando posteriormente l’animale,

ciascuna regione è stata esaminata da un angolo leggermente

obliquo. È stata verificata la totale espulsione del meconio. La

percussione è stata eseguita per rilevare la possibile presenza di anse

meteoriche a sonorità timpanica. L’auscultazione è stata eseguita con

un tempo minimo di 2 min. procedendo dalla fossa paralombare verso

la parte ventrale dell’addome.

Valutazione apparato uro-genitale

La lacerazione del cordone ombelicale è stata osservata. È stata

accertata la fisiologica retrazione dell’arteria ombelicale; l’ombelico è

stato disinfettato con iodio e la cicatrizzazione è stata oggetto di

osservazioni giornaliere. La regione ombelicale è stata palpata per

escludere la presenza di ernie ombelicali. È stata eseguita l’ispezione

dei genitali esterni, la palpazione dello scroto, del prepuzio, del pene

e della vulva. L’esame obiettivo particolare dell’apparato urinario e

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l’esame fisico delle urine hanno permesso di escludere affezioni quali

l’uraco pervio e la stranguria, e alterazioni quali-quantitative

dell’urina.

Esame oftalmologico

Per la valutazione particolare dell'occhio sono state osservate la forma

e volume dell’occhio in toto, le palpebre esterne e la nittitante.

L’esame strumentale con oftalmoscopio è stato condotto per la

valutazione della cornea e delle strutture interne iride, cristallino e

retina.

Valutazione apparato muscolo-scheletrico

Il puledro è stato attentamente esaminato per rilevare la presenza di

traumi da parto, come frattura delle coste, danni al plesso brachiale,

rottura del gastrocnemio, frattura delle ossa lunghe o della

mandibola.

Tutti gli arti sono stati esaminati per l’eventuale presenza di

contratture, lassità dei legamenti, deformità angolari e altre

malformazioni, come la lussazione congenita della rotula.

Dopo le 48 ore dal parto, la fattrice e il puledro sono stati condotti

insieme nel paddock esterno e i successivi controlli sono stati

effettuati con cadenza giornaliera. Al 5° mese di vita a ogni puledro,

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in previsione dello svezzamento, è stata effettuata una terapia

antielmintica a base d’ivermectina e praziquantel (Equimax®) e prima

profilassi vaccinale per Influenza Equina e Tetano (Duvaxin IE+T®).

RISULTATI

Le 10 fattrici sono state esaminate giornalmente dal 5° giorno dopo

l’ovulazione. Nelle periodo oggetto di studio, la media degli interventi

fecondativi è stata 1.53±0.4 di F.A. per concepimento per fattrice.

Nella Tabella 2 sono state riportate le medie ± ds delle caratteristiche

quali-quantitative del seme. Nella tabella 3 è stata riportata la

percentuale di spermatozoi mobili e progressivi a 24, 48 e 72h dal

prelievo (media ± ds).

Nelle cavalle sono state diagnosticate ecograficamente 25

gravidanze; sono state osservate 27 VE. I diametri trasversali delle

VE sono stati registrati dal momento della diagnosi di gravidanza fino

al giorno in cui eccedevano le capacità bidimensionali dell’ecografo.

La VE è stata osservata da 9.5±1.5 giorno, con un diametro medio di

4.6±1.1 mm. Il 37.5% delle VE sono state osservate all’8° giorno

dall’ovulazione.

Sono state osservate due gravidanze gemellari, entrambe nella stessa

fattrice, in diverse stagioni riproduttive. Durante le indagini compiute

nella prima gravidanza gemellarle, le due VE differivano in diametro

di 4 mm. Al 26° giorno, si è verificata la riduzione spontanea della VE

di diametro minore. La riduzione è stata associata alla fissazione

unilaterale delle VE all’interno dello stesso corno con conseguente

competizione per il sito d’impianto. Nella VE di diametro maggiore è

stato possibile registrare, durante l’osservazione dello sviluppo degli

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annessi fetali, un’irregolarità nell’orientamento della VE e del nodo

embrionale. Nel corso delle osservazioni, all’interno della VE, il sacco

vitellino era visibile al di sotto dell’embrione, mentre il sacco

allantoideo emergeva dal polo dorsale. L’interruzione spontanea della

gravidanza è stata registrata al 115° giorno, con assenza di attività

cardiaca fetale, non preceduta da apparenti segni ecografici di

sofferenza fetale. Nella seconda gravidanza gemellare osservata, è

stato eseguito lo schiacciamento manuale trans-rettale della vescicola

con minor diametro al 14° giorno di gestazione;la seconda VE non ha

mostrato differenze ultrasonografiche durante il periodo embrionale.

L’assenza dell’attività cardiaca è stata registrata al 45° giorno in

questa gestazione. I dati delle gestazioni gemellari sono stati esclusi

dalle analisi statistiche.

E’ stata osservata la riduzione spontanea della VE in due fattrici,

rispettivamente al 23° e al 26° giorno di gestazione; i dati registrati:

prima osservazione della VE, fase di mobilità, diametri medi, giorno di

fissazione e tono uterino, prima osservazione e diametri

dell’embrione, sono stati studiati separatamente, quindi confrontati

con i dati medi ottenuti nel gruppo sperimentale; nessuna differenza

significativa è stata osservata. L’attività cardiaca embrionale non è

stata osservata in entrambe le VE.

In due gestazioni al 65° e al 120° giorno di gestazione è stata

osservata l’assenza dell’attività cardiaca fetale; nessuna differenza

significativa è stata osservata nello sviluppo di queste gestazioni dalla

comparazione dei dati registrati.

In una fattrice del gruppo è stato osservato un aborto nell’ultimo

terzo di gestazione, durante la stagione riproduttiva 2005/2006.

L’espulsione del feto è stata registrata al 265° giorno di gestazione

senza alcun segno premonitore. Sul feto abortito e sugli annessi

fetali, sono state condotte indagini necroscopiche e test di

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laboratorio. Nessuna lesione specifica è stata evidenziata. In questa

fattrice, nelle seguenti stagioni riproduttive, l’aborto tardivo è stato

sempre osservato. Durante la seconda gravidanza interspecifica, dal

4° al 7° mese di gestazione, è stato osservato un aumento di volume

dell’ovaio sinistro unitamente ad un aspetto ecografico policistico

(Figura 4). L’UFP media registrata dal 8° mese di gestazione fino

all’aborto è stata di 18,8 ± 7,9 mm., con una apprezzabile perdita

della normale ecogenicità. Distacchi placentari progressivi sono stati

osservati dal 300° giorno di gestazione sia con approccio trans-rettale

sia con quello trans-addominale; la mancata attività fetale è stata

registrata al 302° giorno di gestazione, l’espulsione del feto

completamente rivestito dagli invogli è stata osservata dopo 24 ore

da questa. Sul feto abortito e sugli annessi fetali, sono state eseguiti

indagini necroscopiche e test di laboratorio. Nessuna lesione ad

eziologia infettiva è stata evidenziata. L’aumento dello spessore e del

peso del corion-allantoide è stato confermato all’esame necroscopico.

Nella gestazione seguente l’aumento dell’UFP è stato registrato dal 7°

mese con uno spessore medio di 15,6 ± 4,7. Le frequenze cardiache

in stato di quiete osservate in questa gestazione non hanno mostrato

differenze significative; differentemente scarsi movimenti fetali e una

bassa reattività cardiaca sono stati osservati dal confronto con le altra

gestazioni.

Nelle gravidanze osservate (n=20/27VE), il giorno medio di fissazione

della VE è stato registrato al 17.1±1.1 giorno di gestazione con un

diametro medio di 25±0,2 mm. Il 63.5% delle VE (12/20) si sono

fissate in corrispondenza della giunzione corpo-cornuale di sinistra.

La fase di mobilità della VE è stata seguita, in 9 gestazioni; l’analisi

dei dati ha permesso di esprimere la localizzazione delle VE,

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all’interno dei segmenti uterini, nei diversi giorni sino alla fissazione; i

dati sono riportati nel Grafico 1.

Ecograficamente la VE è apparsa di forma sferica fino al 16.2±1.3

giorno, di forma plettiforme dal giorno 17.8±0.8, per poi assumere

una forma prevalentemente irregolare dopo il 20.2±1.1 giorno di

gestazione (Figura 6). L’accrescimento medio della VE è stato di 4.04

mm/die, dal 11° al 16° giorno; di 0.4 mm dal 16° fino al 28° giorno

post ovulazione (fase di plateau) e di 1.78 mm/die fino al 45° giorno

di gestazione (Grafico 2). La crescita media non è stata determinata

oltre il 50° giorno di gestazione, in quanto le dimensioni della VE

precludevano accurate misurazioni.

Il nodo embrionale è stato osservato in media al 19.9±1.9 giorno con

un diametro medio di 2.4±1.4 mm. L’accrescimento medio

embrionale registrato dal giorno 20° al 45° giorno è stato di 0.5

mm/die (Grafico 3).

La presenza del battito cardiaco è stata osservata in media al 24±2.4

giorno post-ovulazione.

L’emergenza del sacco allantoideo è stata registrata al 23.3±1.9

giorno medio, ed è stata seguita durante il suo sviluppo insieme alla

concomitante migrazione dell’embrione e alla regressione del sacco

vitellino. L’embrione era presente nel polo dorsale della VE in media

al 28.3±1.4 giorno. La discesa dell’embrione verso il polo ventrale è

stata osservata dal giorno 34±3.4, insieme alla formazione del

cordone ombelicale. Il feto era visibile nel polo ventrale al giorno

46.4±2.7 di gestazione (Figura 7,8).

Tra l’80° ed il 100° giorno di gestazione, la profondità assunta

dall’utero gravido all’interno dell’addome e il volume dei liquidi fetali,

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58

hanno permesso spesso l’osservazione solo parziale dei feti sia con

approccio trans-rettale sia con quello trans-addominale.

Nei 19 feti monitorati, un totale di 369 e di 151 le valutazioni

ecografiche trans-rettali e trans-addominali che sono state eseguite

per la valutazione dell’UFP (Grafico 4), del PBF e dell’accrescimento

fetale ; 1107 le misurazioni complessive registrate dell’unità feto

placentare dorsale e ventrale. I dati sono stati riportati nel Grafico 3.

Le osservazioni dirette alla misurazione dell’aia cardiaca e alle

registrazioni delle frequenze cardiache nei feti sono state possibili con

il singolo approccio trans-rettale sino al 5° mese, l’approccio trans-

addominale è stato utilizzato dal 5° mese al termine e sono espresse

nella Tabella 4; la frequenza cardiaca a livello delle carotidi è stata

osservata in 10/18 feti dal 6° mese di gestazione e sono espressi

nella Tabella 7. L’incremento delle dimensioni fetali non ha reso

possibile, con l’approccio trans-rettale, ottenere misurazioni relative

ai diametri e circonferenze addominali fetali oltre il 113° giorno ed

oltre il 141° giorno per la lunghezza e profondità dello stomaco. Le

misurazioni biparietali, dei diametri e delle aree della scatola cranica,

si sono dimostrate di difficile raccolta e analisi. Risultati attendibili

sono stati ottenuti solo nel primo terzo di gestazione. L’intensa

attività fetale, la variabilità in presentazione e posizione del feto

durante il 5° e 6° mese, nonchè le dimensioni fetali raggiunte

nell’ultimo terzo di gestazione conferiscono incostanza nelle

osservazioni dei predefiniti punti di repere. Le misurazione delle

orbite oculari fetali sono state raccolte sistematicamente dal 3° mese

e durante tutta la gestazione, mediante l’esame ecografico trans-

rettale;un totale di 163 e 978 osservazioni e misurazioni sono state

eseguite,i risultati ottenuti sono stati riportati nella Tabella 5.

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59

La valutazione del diametro aortico è possibile con il solo approccio

trans-rettale sino al 6° mese e talvolta è difficilmente visualizzabile

per l’intensa attività fetale rispetto l’approccio trans-addominale nello

stesso periodo (48/120). I risultati ottenuti sono espressi nella tabella

per mese di gestazione. Particelle ecogene libere sono state

normalmente osservate nei liquidi amniotico e allantoideo.

L’ecogenicità dei fluidi non ha avuto consistenti variazioni durante il

2° e 3° periodo di gestazione; un leggero aumento della torbidità del

liquido amniotico al 4° mese si è manifestato in tutte le gravidanze

del gruppo. Durante gli esami ecografici non sono stati visualizzate

strutture ascrivibili ad ippomani, diversamente al parto, ne sono stati

osservati in quattro gestazioni.

Nel presente studio i feti hanno assunto la presentazione anteriore dal

180° giorno di gestazione. Temporanei cambiamenti sono stati

osservati durante il 5° mese di gestazione.

Il parto si è verificato in media a 349.2±2.6 giorni; il segnalatore

posto sulla rima vulvare ha permesso di individuare l’inizio della fase

espulsiva. A momento della ricezione del segnale di allarme, il 92%

delle fattrici erano in decubito laterale ed il sacco amniotico integro

era visibile al di fuori della rima vulvare. Le successive fasi del parto

si sono svolte regolarmente e senza alcuna assistenza; la completa

espulsione è stata registrata 15,26 ± 5,16 min. dopo la ricezione del

segnale di allarme.

Le membrane fetali sono state espulse entro 2 ore (119,9 ± 23 min.)

dalla nascita ed esaminate immediatamente; non sono state rilevate

anomalie macroscopiche. Il peso medio degli annessi fetali, è stato:

allantocorion 2 Kg ± 400 g, amnios 300 g ± 40 g. Il peso medio del

cordone ombelicale è stato di 50 ± 30 g, la lunghezza complessiva

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del cordone ombelicale registrata, è stata in media di 110 ± 30 cm.

La porzione amniotica era di 50 cm ± 20 cm.

Assistenza al neonato

La temperatura corporea dei puledri registrata ad un minuto dalla

nascita è stata di 37.2 ± 0.4 °C. La temperatura media registrata ad

1h di distanza dal parto è stata di 38.2 ± 0.4°C. Il punteggio

totalizzato in media dai puledri con l' ausilio dell’ APGAR Score

System è stato di 8,4 ± 0,7; solo in un soggetto, a termine a 312

giorni di gestazione, sono stati osservati lievi segni di letargia,

dispnea, lassità legamentosa dei posteriori e entropion bilaterale delle

palpebre inferiori.

Gli animali hanno assunto la posizione sternale in un tempo medio di

18,1± 5,1 minuti dopo la nascita. La stazione quadrupedale è stata

assunta in un tempo medio di 58.2 ± 23.4 minuti. I puledri hanno

presentato, alla stimolazione, un buon riflesso di suzione ed hanno

assunto il colostro in media dopo 114.8±26.4 minuti dal parto. La

prima minzione è stata registrata tra le 4 e le 6 ore dal parto; la

prima espulsione spontanea del meconio è stata osservata tra le 9 e

11 ore dal parto; in tre soggetti è stato eseguito lo svuotamento

manuale dell’ampolla rettale.

Il JFA test non ha evidenziato reazioni di emoagglutinazione con il

colostro materno. Solo in un soggetto è stata osservata reazione al

titolo di ≤1:64; nessun segno clinico di IN è stato osservato in questo

puledro. L’assunzione colostrale è stata osservata ripetendo il JFA test

e le indagini ematochimiche ogni 12 ore; il risultato del JFA test

eseguito a 24 dalla prima suzione è stato di ≤1:16. Nessuna

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alterazione dei parametri emato-chimici è stato osservato in questo

puledro.

La valutazione dei livelli plasmatici di immunoglobuline ha dimostrato,

già dopo le 8 ore dalla suzione, una adeguata competenza

immunitaria (Ig>800 mg/dL) in tutti i soggetti nati.

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

I risultati ottenuti dalla valutazione della concentrazione spermatica

(114.40±52.22 x 106) sono stati molto inferiori a quelli osservati nelle

altre razze asinine (182-400 x 106 spermatozoi/ml) (Carluccio et al.,

2004; Miró et al., 2005). Il valore medio della motilità progressiva

annuale riscontrato (69%) rientra nell’intervallo osservato dagli altri

autori (65-88%) per il seme asinino (Mann et al., 1963; Mello et al.,

2000; Serres et al., 2002; Carluccio et al., 2004). Tra questi autori,

solo Carluccio et al. (2004) ha riportato un valore medio molto

superiore a quello ottenuto nel presente studio (84.2 ± 5.5% vs

68.88 ± 4.63%). Questa differenza potrebbe essere imputabile ai

soggetti inclusi nello studio o a un differente “set-up” dei software

utilizzati.

La motilità totale e progressiva, relative al seme refrigerato

conservato con diluente addizionato con tuorlo d’uovo, non sono

risultate significativamente differenti dopo 24, 48 e 72 ore

rispettivamente. Questo dato assume una particolare importanza alla

luce dell’utilizzo del seme di asino amiatino in protocolli

d’inseminazione artificiale, che prevedano anche la spedizione di dosi

e il loro utilizzo nei giorni successivi al prelievo. L’incidenza delle

anomalie morfologiche degli spermatozoi asinini è, in genere,

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nettamente inferiore rispetto a quella osservata negli spermatozoi di

stallone equino (Nishikawa et al., 1951; Morais, 1990; Cherchi et al.,

2001; Carluccio et al., 2004; Dowsett et al 1982; 1996; Jasko et al.,

1991; Long et al., 1993; Pickett et al., 1993; Parlevliet et al., 1994;

Juhasz et al., 2000). La percentuale di gameti normali di Demetrio Di

Figno si attestava sui livelli più alti dell’intervallo registrato per la

specie asinina, essendo mediamente dell’85% rispetto all’86-61%

riportato per altre razze (Nishikawa et al., 1951; Morais, 1990; Gastal

et al., 1997; Cherchi et al., 2001; Carluccio et al., 2004). I difetti più

frequentemente osservati sono stati: acrosoma danneggiato (6.5%),

anomalie del tratto intermedio (4.2%), anomalie della testa (3.2%),

teste staccate normali (2.3%) e code piegate (2.9%). Nello studio di

Miró et al. (2005) sugli asini Catalani è stato osservato il 10,2% di

code immature e il 2.9% di teste staccate, valore, quest’ultimo, simile

a quello da noi registrato. Negli asini di Martina Franca predominano i

difetti del tratto intermedio (Carluccio et al., 2004).

L’osservazione ecografica della VE all’8° giorno di gestazione è

riportata da studi precedenti (Ginther, 1995). La possibilità di

eseguire un precoce diagnosi di gravidanza è condizionata dalla

manualità dell’operatore e dal tipo di sonda impiegata. In base a

quanto riportato da Ginther (1995) infatti, utilizzando sonda da 5

MHz, la VE è evidenziabile al 9° giorno nel 5% dei casi e al 10° giorno

nel 68% dei casi. Nel presente studio, all’8° e al 10° giorno di

gestazione, sono state osservate rispettivamente il 37.75% ed il 75%

delle VE. I valori medi registrati dei diametri della VE nelle gestazioni

interspecifiche, non hanno presentato differenze significative rispetto

ai dati pubblicati da altri autori per le gravidanze equina ed asinine

(Ginther 1995; McKinnon et al.,1988; Allen 1986) (Bessent et al.,

1988; Gastal et al., 1993; Meira et al. 1998). Relativamente alla fase

di mobilità, non sono state riscontrate significative differenze, rispetto

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a quanto riportato nella cavalla e nell’asina. Il giorno medio di

fissazione si esprime più tardivamente (17.3±1.3 giorno) rispetto al

pony (14.7±0.2) e all’asino (15.6±0.3) (Bessent e Ghinter, 1988).

Nessuna differenza significativa è stata osservata per l’indice di

crescita giornaliera e per il cambiamento della forma della VE.

I dati relativi al nodo embrionale sono sovrapponibili a quelli riportati

da Bessent e Ginther (1988) per la specie equina e da Meira (1998)

per quella asinina. Le misurazioni della lunghezza cranio-caudale

dell’embrione di mulo e il suo indice di crescita giornaliera sono

risultati sovrapponibili ai dati degli embrioni di cavallo e asino, pur

presentandosi, tra il 40° ed il 50° giorno di gestazione, una leggera

inflessione dell’indice di accrescimento. Non è stato infatti possibile

determinare con precisione la lunghezza longitudinale dell’embrione,

per la mancanza di iperecogenicità delle strutture rachidiane

primordiali e per l’ampia mobilità embrionale, soprattutto nell’ultimo

periodo della fase embrionale. Nessuna significativa differenza è stata

registrata nella formazione e sviluppo dei sacchi allantoideo e

amniotico, nella regressione del sacco vitellino e nella formazione del

cordone ombelicale.

La valutazione del profilo biofisico e il sessaggio del feto sono stati

eseguiti contenendo le cavalle nel travaglio, senza sottoporle a

sedazione; la metodica non è invasiva, e generalmente non arreca

disagio agli animali. E’ stato riportato che la somministrazione di

xilazina e detomidina può indurre nel feto bradicardia e riduzione dei

movimenti (Vaala e Sertich, 1994). Le osservazioni relative all’attività

cardiaca embrionale e fetale sono risultate sovrapponibili ai

precedenti studi condotti sul feto equino (Renaudin et al., 2000;

Bucca et al., 2005, Bucca et al., 2007). La risposta della frequenza

cardiaca ai movimenti, è un indice di stress fetale più sensibile

rispetto al rilevamento della frequenza nei periodi d’inattività, che

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generalmente non superano i 15–20 minuti (Vaala e Sertich, 1994);

come nella valutazione del PBF in medicina umana, anomalie nella

reattività cardiaca rispecchiano fenomeni di compensazione dello

stato di parziale ipossia e acidosi metabolica che si instaurano

durante le disfunzioni patologiche placentari.

La presentazione anteriore, il decubito fetale prevalentemente dorso-

laterale e la facilità di reperire i margini della fossa orbitale, hanno

permesso di determinare ecograficamente le dimensioni dell’orbita

fetale, durante tutta la gestazione. L’analisi ultrasonografica dei

parametri oculari risulta un valido mezzo per la valutazione

dell’accrescimento fetale dal 3° mese e trova particolare applicazione

nell’ultimo terzo della gravidanza, per le notevoli dimensioni del feto e

la sua presentazione; si dimostra, inoltre, utile per stimare l’età del

feto dove la data del concepimento non sia nota (Kahn e Leidl, 1987;

McKinnon et al., 1998; Renaudin et al., 2000; Bucca et al., 2005).

La profondità e l’ecogenicità dei fluidi, si modificano in relazione ai

movimenti fetali; l’abnorme accumulo di tali liquidi è stato osservato

nell’idrope degli invogli fetali (Vaala e Sertich, 1994). Nel presente

studio non sono state apprezzate anomalie dell’ecogenicità dei fluidi

placentari; l’ecogenicità del liquido amniotico era costantemente

maggiore rispetto a quella allantoidea. Le particelle libere dei fluidi

fetali sono state valutate utilizzando l’approccio trans-rettale, in

quanto questa tecnica permette di ottenere immagini più definite

rispetto all’esame transadominale (Renaudin et al., 1997).

L’esame ultrasonografico trans-rettale fornisce ulteriori informazioni

cliniche per la valutazione dello spessore complessivo utero-

placentare dal 2° mese di gestazione. Essendo l’infezione ascendente

la causa più frequente della placentite (Giles et al., 1993; Ousey et

al., 2000), i segni clinici, quali l’aumento dello spessore complessivo

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utero-placentare e il distacco placentare, possono essere

precocemente diagnosticati mediante ecografia.

La diagnosi precoce della disfunzione placentare o dello stato di

sofferenza fetale consente di migliorare il management della

gravidanza, del parto e del neonato. In conclusione, l’esame

ultrasonografico applicato alla valutazione del PBF, dell’UFP e

dell’accrescimento fetale, rappresenta un’accurata metodica per la

diagnosi della gravidanza a rischio e per la determinazione prenatale

del sesso, nelle gestazioni interspecifiche.

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ICONOGRAFIA

Figura 1. Crescita del sacco allantoideo e regressione del sacco

vitellino dell’embrione di cavallo.

Figura 2. Accrecimento fetale nel cavallo.

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Figura 3. Placenta distesa ad “F”: la parte verticale rappresentata

dalla parte di placenta corrispondente al corpo uterino, con la stella

cervicale in direzione dell'osservatore e le braccia , superiore e

inferiore, rispettivamente dal corno gravidico e dal corno non

gravidico.

Figura 4. Reperti ultrasonografici: aumento del volume ovarico e

ispessimento dell’UFP osservata in una gravidanza interspecifica.

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Grafico 1. Mobilità della vescicola embrionale: fissazione nella

giunzione utero-cornuale destra (n=8 VE) e sinistra (n=12 VE).

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Grafico 2. Diametri medi della vescicola embrionaria di mulo, cavallo

e pony (8°-50° giorno di gestazione).

Grafico 3. Diametri medi dell’embrione di mulo.

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Grafico 4. Unità Feto-Placentare dorsale e ventrale (2°-12° mese di

gestazione).

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Tabella 1: JAUNDICED FOAL AGGLUTINATION TEST (JFA)

Materials:

1. Centrifuge capable of centrifuging blood types at moderate speeds

(300 x 600 x g)

2. Test tubes, either 13- x 100 mm disposable tubes or blood

collection tubes.

3. Test tube rack.

4. Pasteur pipettes and rubber bulbs or other pipette system to

deliver 1.0-ml volumes.

5. Room temperature 0.9% NaCl

6. Colostrum from mare.

7. Presuckle blood from the foal, preferably in EDTA anticoagulant.

8. Blood from the mare, preferably in EDTA anticoagulant, can be

used for a control.

Methods:

1. Add approximately 1 ml of 0.9% NaCl to each of 8 tubes.

2. Label the first tube SALINE CONTROL.

3. In the remaining 7 tubes, prepare serial dilutions (1:2, 1:4, 1:8,

1:16, 1:32, 1:64, 1:128) of the colostrum by adding 1 ml of

colostrum to the tube labeled 1:2, then transferring 1 ml of the

mixture to the second tube labeled 1:4, and so on until reaching the

tube labeled 1:128. Discard 1 ml from the tube labeled 1:128 so that

the total volume in each tube is approximately 1 ml.

4. Add one drop of the foal's whole blood to each tube and mix the

samples.

5. Centrifuge the tubes for 2 to 3 minutes at medium speed (300-500

x g).

6. Invert each tube, one at a time, pouring out the liquid contents;

observe the status of the button of the red cells at the bottom of the

tube.

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Tabella 2. Medie ± ds delle caratteristiche quali-quantitative del

seme (C, concentrazione spermatica media annuale; MT, motilità

totale media annuale; MP, Motilità progressiva media annuale).

C (x 106 spz/ml) 114.40±52.22

MT (%) 94.34±4.10

MP (%) 68.88±4.63

Spermatozoi normali 85.04±10.26

Goccia prossimale 0.10±0.26

Goccia distale 0.17±0.38

Anomalie Tratto Intermedio 4.16±3.84

Teste staccate normali 2.33±1.22

Anomalie testa 3.2±0.62

Coda piegata 2.92±2.16

Forme D.A.G. 0.23±0.44

Acromosoma danneggiato 6.47±5.29

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Tabella 3. Percentuale di spermatozoi mobili e progressivi all’ora 24,

48 e 72 (media ± ds) (MT,motilità totale; MP motilità progressiva).

Ore MT MP

24 92.75±7.05 94.4±10.84

48 89.34±10.34 84.52±16.95

72 87.01±11.5 78.21±16.02

Tabella 4. Osservazioni della frequenza cariaca fetale (FC) durante le

fasi di attività e riposo del feto.

FC range FC range Mese di gestazione Attività max min Riposo max min

2° 208 ± 19,4 238 186 189,8 ± 13,7 208 196

3° 186 ± 13,3 191 172 169,9 ± 11 186 169

4° 153,2 ± 9,2 165 149 148 ± 15,4 148 127

5° 140 ± 8,8 153 132 124,4 ± 7,3 133 113

6° 128 ± 13,7 142 112 112,8 ± 11,3 118 103

7° 143,2 ± 19,3 178 118 116 ± 12,1 112 95

8° 127,3 ± 9,7 149 113 104,7 ± 8,9 115 89

9° 104 ± 11,2 138 104 92,1 ± 13,3 104 79

10° 109 ± 14,7 133 98 84,4 ± 8,6 98 82

11° 92,3 ± 7,4 127 87 72,6 ± 7 85 66

12° 85,9 ± 11,8 105 70 66,1 ± 4,6 72 58

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Tabella 5. Misurazioni dell’orbita oculare del feto (3°-11° mese di

gestazione).

Mese 3° 4° 5° 6° 7° 8° 9° 10° 11°

Volume medio (cm)

1.35

±0.3

2.99

±0.4

4.16

±0.6

4.18

±0.3

4.82

±0.5

5.01

±0.2

5.57

±0.2

5.86

±0.3

6.24

±0.5

Area (cm²)

0.66

±0.3

2.25

±0.5

3.18

±0.8

3.44

±0.4

4.83

±0.7

5.61

±0.4

6.19

±0.4

7.84

±0.5

9.62

±0.6

Circonferenza (cm)

2.82

±0.6

4.89

±0.8

6.14

±0.8

6.64

±0.4

7.5±

0.7

8.42

±0.8

8.94

±0.7

9.13

±0.5

10.9

±0.4

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Tabella 6. Media e deviazione standard delle osservazioni del

diametro aortico fetale dal 5° mese di gestazione al termine.

Mese di gestazione Media ds

5° 4,23 1,69

6° 8,66 2,53

7° 10,11 1,93

8° 13,23 1,44

9° 14,56 2,01

10° 17,19 1,89

11° 21,78 1,17

12° 25,92 0,98

Tabella 7. Media e deviazione standard della frequenza del polso periferico a livello delle carotideo durante i mesi di gestazione al termine.

Mese di gestazione

6 7 8 9 10 11 12

Media 112,8 106,4 103,1 91,3 82,6 72,8 66,9

ds 7,3 6,5 8,7 8,1 6,7 7,9 6,3

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Tabella 8. L’APGAR Score System (Knottenbelt D.C. 2004).

Parametro 0 1 2

Mucose e TRC Cianotiche Pallide Rosee

Frequenza cardiaca Assente <60 >60

Frequenza

respiratoria Assente

Lenta

Irregolare

40-

60bpm

Regolare

Tono muscolare Decubito

laterale

Tono

muscolare

Decubito

sternale

Risposta a

stimolo nasale Nessuna

Debole

reazione

starnuto

Tosse

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OTTIMIZZAZIONE DELLA GESTIONE DEL PARTO PER IL

MIGLIORAMENTO DELLE PERFORMANCE RIPRODUTTIVE

NELLA BOVINA DA LATTE

Mentre esistono norme gestionali, chiare e dettagliate, relative alla

gestione sia alimentare che sanitaria del periodo di transizione nella

bovina da latte, limitate sono le possibilità pratiche di assistenza al

momento del travaglio. Nell’organizzazione aziendale della gestione

dei parti, le distocie sono affrontate spesso in maniera passiva, in

condizioni d’emergenza e con attrezzatura non adeguata durante le

ore notturne, nelle quali è scarsa la presenza del personale addetto al

controllo della mandria. Una tempestiva e adeguata assistenza al

parto è essenziale per assicurare la sopravvivenza del vitello,

prevenire la maggior parte delle patologie riproduttive del puerperio,

mantenendo quindi elevata la produttività della lattifera, sia da un

punto di vista qualitativo che quantitativo. Diversi studi hanno

proposto dei protocolli per determinare l‘esatto momento del parto

sulla base dell’osservazione: di reperti ecografici (Wright et al., 1988;

Aoki et al., 2005), dei cambiamenti nella temperatura corporea

(Fujomoto et al., 1988), dell’analisi dei livelli ematici di estrone

solfato e del 17-β-estradiolo (Shah et al., 2007), del progesterone

(Matsas et al., 1992), del progressivo rilassamento delle strutture

legamentose della pelvi (Shah et al., 2006), delle concentrazioni degli

elettroliti nelle secrezioni mammarie (Bleul et al., 2006). E’ stato

condotto uno studio riguardante l’applicazione di un sistema

elettronico applicato alle labbra vulvari che, attivato dalla distenzione

vaginale conseguente all’impegno nel canale del parto degli invogli e

del feto, genera una frequenza radio trasmessa ad un commutatore

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GSM (Paolucci et al. 2008). Le nostre osservazioni preliminari

sull’applicazione di questa tecnologia nelle bovine da latte hanno

evidenziato che la mortalità neonatale può essere ridotta attraverso

la tempestiva e appropriata assistenza ostetrica, con conseguente

miglioramento delle performance riproduttive (Paolucci et al., 2009).

Il presente studio è stato condotto da Maggio 2007 a Dicembre 2009

in un allevamento di bovine da latte di razza Frisona Italiana. Per il

protocollo di assistenza al parto con l’impiego della tecnologia GSM è

stato selezionato un gruppo di 120 bovine, 60 primipare e 60

pluripare.

I gruppi sperimentali sono stati assegnati alla sala parto, il gruppo

controllo, rappresentato dal resto della mandria, in assenza di

assistenza GSM e ostetrica, è stato mantenuto nel reparto

dell’asciutta con lettiera permanente. Dal 280° giorno di gestazione è

stata eseguita una visita ostetrica per valutare la presenza e la

progressione dei segni premonitori del parto e un esame ecografico

con approccio trans-rettale per determinare il benessere fetale.

Applicata la trasmittente dell’allarme parto, ogni soggetto è stato

condotto nella zona parto che ha previsto 3 box singoli coperti,

lettiera in paglia rimossa ad ogni parto. Al momento della ricezione

del segnale è stata condotta una visita ostetrica per determinare lo

stadio del parto, la presentazione, posizione e atteggiamento del feto,

l’integrità delle membrane fetali, il grado di dilatazione cervicale e la

dimensione del feto rispetto al diametro della pelvi materna. La

progressione del feto durante la fase espulsiva del parto è stata

osservata. L’esame clinico e le cure perinatali sono stati condotti nei

neonati. Per la valutazione clinica dei vitelli è stato utilizzato il

sistema a punteggio APGAR (Knottenbelt et al., 2004). Il parto è

stato osservato più frequentemente nelle ore notturne: il 63% e

l’80% rispettivamente per le pluripare e per le primipare hanno

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partorito tra le 18:00 e le 6:00. Tutti i feti si presentavano in

posizione dorso-sacrale; 117 feti in presentazione anteriore (2

gravidanze gemellari) e 5 feti in presentazione longitudinale

posteriore. Alla ricezione dell’allarme, il 62,5% dei vitelli si

presentava impegnato nel canale parto con le estremità degli arti

anteriori visibili oltre la rima vulvare. Il parto è stato suddiviso in 5

gruppi in base alle cause di distocia. Tra le primipare, il 33.3%

presentava distocia (il 18.3% per disposizione fetale anomala, l’8.3%

per macrosomia fetale e il 6.7% per prolungamento della seconda

fase del parto), mentre nelle pluripare si registrava un 23.4% di

distocie, tutte di origine fetale, tranne 1.7% di torsioni uterine. E’

stata evidenziata una significativa riduzione delle patologie puerperali

e neonatali; il punteggio A.P.G.A.R. medio registrato era di 8.5 e non

sono stati rilevati casi di mortalità neonatale. Il 17.8% e il 21.3% di

perimortalità è stato registrato nel gruppo controllo, rispettivamente

per le pluripare e le primipare. L’incidenza delle patologie puerperali è

risultata maggiore nel gruppo controllo: il 24.52% delle pluripare e il

40% delle primipare sono risultate affette; nel gruppo sperimentale, il

4.17% ha manifestato sintomi ascrivibili a patologia puerperale,

indipendentemente dalla classe di parto. L’incidenza di ritenzione

delle membrane fetali nell’intero gruppo controllo è stata del 18.97%,

mentre, in tutte le bovine sottoposte a monitoraggio con tecnologia

GSM, la fase del secondamento è avvenuta spontaneamente.

L’intervallo parto-concepimento è risultato significativamente ridotto

sia nelle pluripare (110.4 vs 181.3 gg) che nelle primipare monitorate

(108.5 vs 169.51 gg). Gli interventi fecondativi necessari ad ottenere

il concepimento sono stati osservati sia nelle pluripare (1.94 vs 3.08)

che nelle primipare (2.07 vs 3.1).

L’applicazione della tecnologia GSM, unitamente alla buona gestione

della sala parto, risultano essere un affidabile strumento nel

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management e nell’assistenza al parto. L’adeguato e tempestivo

intervento ostetrico ha consentito la prevenzione delle patologie

correlate alle distocie. Ne sono risultate significative riduzioni sia delle

infezioni uterine post partum che delle perdite perinatali, nonché un

netto miglioramento delle performance riproduttive. Gli autori del

presente studio stanno attualmente sperimentando dei sistemi

alternativi a quelli impiegati che abbiano costi di acquisto, gestione

ed applicazione compatibili con l’industria della produzione del latte.

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CALVING MANAGEMENT IN ORDER TO IMPROVE

REPRODUCTIVE PERFORMANCES IN DAIRY CATTLE

Proper reproductive management of dairy herds is a crucial aspect of

the bovine life cycle. In the dairy industry, where the primary revenue

source is milk production, calving and newborn management are

undervalued as areas of concern. Meyer et al (2001) reported a

stillbirth rate of 7.1% in a retrospective study on 666341 calvings,

and 50% of this rate was due to both dystocia and unassisted birth

(Meyer et al 2001). Dystocia, a prolonged or difficult parturition, is

one of the most economically significant secondary yield traits that

directly or indirectly affect production (Lombard et al 2007). Many

studies on Holsteins have shown that calving difficulty impaired

reproductive performance, resulting in more open days, more services

per pregnancy, and increase of calving to first breeding interval

(Mangurkar et 1984; Dematawewa and Berger 1997 ). Using the

National Association of Animal Breeders dystocia data, Djemali et al.

(1987) attempted to estimate the effect of dystocia on open days of

Holsteins based on a fixed effect model and demonstrated an

increased of open days as dystocia became more severe.

The calving management has traditionally been approached in a

passive manner. Very few dairy producers incorporate breeding

strategies in order to decrease dystocia occurrence, or have calving

and newborn management protocols that specifically address the

problem. Observation of the cows close to calving and early

intervention can help prevent some of the more difficult dystocia and

calf deaths. The course of the calving process, especially the duration

of the second stage of labor seems to be crucial and monitoring of

the birth process is necessary in order to notice the beginning of this

stage. Insufficient monitoring around parturition might unnecessarily

prolong the birth process, thereby increasing the risk of stillbirth

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(Gundelach et al 2009). This first line of defense is important because

if the onset of parturition could be predicted early on an individual

basis, obstetrics assistance not only prevents calf losses but also

protects subsequent fertility dysfunctions such as uterine prolapse,

retained fetal membranes and metritis, which occur early in post

partum. All these disturbances are linked together and may interfere

with future production, reproductive efficiency and thereby affecting

the economy of the dairy farm.

To improve herd fertility the solution on large dairy farms is to

develop calving management strategies. Various protocols have been

proposed to determine the exact moment in which calving process

begins, and these include ultrasound monitoring (Wright et al.,

1988), body temperature changes (Dufty, 1971; Fujomoto et al.,

1988; Birgel et al., 1994; Aoki et al., 2005), analyzing blood levels of

progesterone (Matsas et al., 1992; Birgel et al., 1994), estrone

sulfate and 17-ß-estradiol (Shah et., 2006), controlling the level of

relaxation of pelvic ligaments (Shah et., 2006) and determining the

concentration of sodium and inorganic phosphorus present in

mammary gland secretions (Bleul et al., 2006). Recently, a proposal

was made regarding the use of an electronic system that once

attached to the labia vulvaris, gets activated by the fetal fluid break,

thus, generating a radio-wave frequency that is transmitted to the

global system for mobile communications (GSM) (Paolucci et al,

2008). Our preliminary observations on the use of this system in

dairy cows showed that calf loss could be reduced through emergency

obstetric assistance, thus resulting in an improvement in their

reproductive performance (Paolucci et al, 2009).

To our knowledge calving monitoring system by GSM

technologies has not been validated in dairy farming industry,

therefore, our main objectives were to: i) validate calving monitoring

system through the use of the GSM system, ii) confirm the fact that

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this system is able to reduce stillbirth rate, and iii) verify whether a

large number of post partum reproductive pathologies could be

prevented through emergency obstetric intervention, thus leading to

an improvement of herd fertility.

This study was conducted from May 2007 until December 2009 and

was carried out in a Holstein Friesian dairy farm located in central

Italy. A total of 120 cows were selected for the protocol of calving

assistance using GSM technology, 60 primipara cows and 60

pluripara. Both groups were placed in the calving barn, while the

control group was void of GSM assistance and was maintained in the

dry zone with permanent litter. On day 280 of gestation, premonitory

signs of eminent calving were evaluated. A clinical examination, along

with a trans-rectal ultrasound (5 MHz), was performed to determine

fetal wellness, condition of fetal membranes, as well as fetal

presentation and position. After confirming loosen cervical mucus

plug, the transmitter was sutured to the cow vulva. The calving barn

consisted of 3 covered lots (4 m x 4 m) and a separate place for the

GSM receptor and transmitter emplacement. After setting the alarm,

the following parameters were examined: fetal presentation, position,

postures, dimension, as well as cervical dilation. Neonatal clinical

examination was then carried out using the A.P.G.A.R score system.

The reproductive parameters were extrapolated by the dairy

management software program, and were expressed in mean ± sd

units and the difference among the various groups was evaluated

using student's t test (P<0,01). Calving was observed 36 ± 8 h after

the application of GSM device, mainly in the night time.

Delivery occurred mainly at night and in particular, from 18:00 to

6:00, in cow 63% and in heifers 80%. All calving occurred with

dorsum-sacral position, 117 foetuses in anterior presentation (2

cases of twins) and 5 foetus in caudal presentation.

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After setting the alarm, 62.5% of the fetuses presented with their

front limbs already out of the vulvar outlet. A calving score was based

on the reason of dystocia. Among the primipara cows, 33.3%

presented dystocia (18.3% for abnormal postures, 8.3% for fetal

macrosomy and 6.7% for delay of 2nd stage of labour), whereas in

the pluripara group 23.4% presented dystocia, all of fetal origin but

1.7% of uterine torsion. The mean A.P.G.A.R score was 8.5.

Furthermore, there was a significant reduction in both puerperal and

neonatal pathologies, both in the primipara and pluripara groups. In

the control group, both pluripara and primipara cows presented

17.8% and 21.3% of stillbirth, respectively, while the experimental

group did not present any occurrence of stillbirth. Rate of puerperal

abnormalities were higher in the control group, with 24.52% of

pluripara and 40% of primipara cows being affected by post-partum

pathologies, compared to the monitored group with only a 4.17% of

the cows affected. Incidence of fetal membranes retention in the

control group was 18.97%; conversely, in the monitored group, fetal

membranes expulsion occurred spontaneously. Calving to conception

interval reduced significantly in the monitored group both for

pluripara and primipara cows compared to control group, 110.4

versus 181.3 days and 108.5 versus 169.51 days respectively. The

same trend was observed for the mean number of insemination per

conception in the two groups both for the primipara (2.07 versus 3.1)

and the pluripara cows (1.94 versus 3.08). The application of GSM

technology, along with good management of the calving barn, proved

to be a reliable tool in dairy cows calving management and

assistance. The results demonstrated that adequate and ready

obstetric intervention allows the prevention of various pathologies

connected to stillbirth, such as post partum uterine infections and

reduced perinatal deaths, as well as a clear improvement in

reproductive performance. In spite of the less number of clinical

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observations, we can affirm that such results are definitely

encouraging. However, the main disadvantage of this procedure is

related to its high cost rates in term of purchase, maintenance and

installation. The authors of this article are testing alternative systems

that require lower cost rates in terms of purchase, installation, and

maintenance for the milk industry.

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INTRODUZIONE

L’allevamento della bovina da latte, per contrastare le attuali difficoltà

economiche, sta subendo, in tutto il mondo, un’evoluzione continua

che vede una riduzione del numero d’imprese e un aumento dei capi

allevati. Al fine di aumentare la produttività dell’azienda, come

dimostrato dal rapporto dell’Osservatorio del latte ISMEA e dai

Bollettini AIA del 2004, gli allevatori hanno adottato nuove strategie

manageriali quali la stabulazione libera con poste non fisse e nuove

tecniche di riproduzione, di mungitura robotizzata e di raccolta delle

messi destinate agli animali. Un allevamento di oltre 200 capi in

lattazione si trova a gestire delle problematiche quantitativamente e

qualitativamente spesso diverse da unità produttive di dimensioni

inferiori. Il concetto di soggetto ”ammalato” diviene così relativo in un

allevamento moderno. “Ammalato”, e quindi bisognoso di attenzioni

sanitarie, è quel soggetto che mal si adatta alle prestazioni richieste

dall’allevatore per giustificare, con la sua redditività, la presenza in

allevamento. Le bovine allevate per la produzione lattifera sono

animali a cui è richiesta una prestazione metabolica spesso

“sconcertante” ed ineludibile. Mentre esistono norme gestionali chiare

e dettagliate relative alla gestione alimentare e sanitaria del periodo

di transizione della bovina da latte, scarse sono le possibilità pratiche

di assistenza al parto vero e proprio. Nell’allevamento della bovina da

latte, dove la principale risorsa economica è rappresentata dalla

produzione lattea, il management del momento del parto e del vitello

neonato sono tuttora elementi sottovalutati. Raramente

l’organizzazione aziendale della gestione dei parti prevede strategie

per l’assistenza ostetrica, specialmente durante le ore notturne (±12

ore), nelle quali è scarsa la presenza del personale addetto al

controllo della mandria. Nell’allevamento della bovina da latte, le

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anomalie nell’espletamento del parto (distocie) sono comunemente

osservabili, soprattutto nelle primipare, e il momento del parto è

affrontato spesso in maniera passiva; tuttavia il suo monitoraggio si

rivela essere una fase cruciale, specialmente se ci si riferisce alla

durata del secondo stadio del parto. Un controllo insufficiente

potrebbe causare un prolungamento nello svolgimento del parto,

aumentando così il rischio di perimortalità neonatale (Gundelach et

al. 2009).

Una tempestiva e adeguata assistenza al parto è essenziale per

prevenire la maggior parte delle patologie riproduttive del puerperio,

per mantenere elevata la produttività della lattifera sia da un punto di

vista qualitativo che quantitativo, nonché per incrementare le

probabilità di sopravvivenza del vitello. A corroborare questo concetto

è l’inserimento, da parte di molte Associazioni di Razza, della “facilità

al parto” tra gli indici genetici da selezionare, viste le sostanziali

ripercussioni economiche che hanno tali momenti della vita

riproduttiva della bovina. Sulla base dell’incidenza media della

perimortalità neonatale nelle bovine da latte, è stato dimostrato che

su 666.341 parti, la mortalità entro le 48 ore post-partum

ammontava al 7,1%, di cui il 50% era direttamente correlato a

fenomeni di distocia e a parti non assistiti (Meyer et al. 2001). La

distocia è uno degli aspetti economicamente più rilevanti che

influiscono sulle produzioni (Lombard et al. 2007). Molti studi condotti

su bovine di razza Frisona hanno dimostrato che le difficoltà al parto

pregiudicano le performance riproduttive con conseguente

allungamento del periodo d’interparto, del parto-concepimento e con

l’aumento degli interventi fecondativi per concepimento (Mangurkar

et al. 1984; Dematawewa and Berger 1997). Djemali (1987) ha

dimostrato che l’allungamento del periodo d’interparto è correlato alla

gravità della distocia. Grandi aziende hanno investito nello sviluppare

programmi di management dei parti per implementare la fertilità

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delle loro stalle, tuttavia senza raggiungere livelli di efficacia. Diversi

studi hanno proposto dei protocolli per determinare l’esatto momento

del parto sulla base dell’osservazione di reperti ecografici (Wright et

al., 1988), dei cambiamenti nella temperatura corporea (Fujomoto et

al., 1988; Aoki et al., 2005), dell’analisi dei livelli ematici dell’estrone

solfato e del 17-β-estradiolo (Shah et al., 2007), del progesterone

(Matsas et al., 1992), del progressivo rilassamento delle strutture

legamentose della pelvi (Dufty et al. 1971), nonché delle

concentrazioni degli elettroliti nelle secrezioni mammarie (Bleul et al.,

2006). I suddetti studi presentano alcuni inconvenienti che ne

ostacolano la diffusione nella pratica, richiedendo l’intervento di

personale altamente specializzato, l’impiego di attrezzature onerose,

monitoraggi frequenti con prelievi di fluidi biologici e successive

determinazioni analitiche che assoggettano l’allevatore a costi di

gestione sproporzionati alle esigenze pratiche. Sin dalla fine degli

anni ‘70, per l’importanza e le problematiche osservate nel

management riproduttivo della specie equina, sono stati studiati e

introdotti diversi sistemi di allarme in grado di segnalare

l’appropinquarsi del parto. Questi si basano, essenzialmente, su due

sistemi di rilevazione dell’evento: uno prevede dei sensori di

posizione, posti sul dorso o fra le branche mandibolari, che rilevano il

momento in cui la cavalla si pone in decubito per partorire; l’altro

prevede la sutura di due contatti magnetici a livello delle labbra

vulvari che, in seguito alla distensione vaginale conseguente

all’impegno nel canale del parto del feto e degli invogli fetali, si

separano, attivando il sistema sonoro di allarme durante la fase

espulsiva del parto. I suddetti allarmi sono stati successivamente

implementati con la tecnologia Global System for Mobile

Communications (GSM) permettendo il ricevimento del segnale

tramite telefonia mobile all’addetto della sorveglianza. È stato

recentemente impiegato un sistema di allarme parto combinato alla

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tecnologia GSM nella bovina da latte, con l’obiettivo di ridurre

l’incidenza delle più comuni patologie del post-partum, quali

l’endometrite subclinica e la ritenzione di membrane fetali, e della

natimortalità, il cui fattore predisponente comune è rappresentato

dalle distocie e dalla scarsa igiene dei ricoveri destinati al parto e del

materiale ostetrico (Risco et al. 2005). Fornire assistenza ostetrica

tempestivamente alla fattrice si è rivelato necessario al fine di

mantenerne l’efficienza riproduttiva e per ridurre le perdite perinatali.

L’ottimizzazione del management della fase di transizione, del parto e

del post-partum mediante l’intervento ostetrico adeguato, l’igiene del

parto, nonché l’ottimizzazione delle immunità delle bovine nel periodo

di transizione, riduce le patologie riproduttive e consente il

miglioramento delle performance produttive. Le nostre osservazioni

preliminari sull’uso di questo sistema nelle bovine da latte hanno

evidenziato che la mortalità neonatale può essere ridotta attraverso

la tempestiva e appropriata assistenza ostetrica, con conseguente

miglioramento delle performance riproduttive (Paolucci et al., 2009).

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IL PARTO EUTOCICO

Un parto si definisce eutocico, quando nella madre l’apertura del

canale del parto e l’espulsione del feto avvengono senza pericolo per

la vita di entrambi, senza lacerazioni e con dolori sopportabili. Nei

primi studi sulla dinamica del parto eutocico vennero basate le

osservazioni sui rapporti anatomici tra il canale del parto e il feto,

derivandone le basi diagnostiche per la prevenzione delle distocie. La

scoperta degli ormoni, che regolano la riproduzione, introdusse in

Ostetricia il concetto della regolazione endocrina. Tale concetto,

dimostrata l’importanza del sistema nervoso per la sintesi e la

liberazione ormonale, fu esteso alla teoria sulla regolazione

neuroendocrina del parto.

Segni premonitori del parto

Negli animali da reddito il momento del parto normalmente è

stimabile sulla base della data del concepimento e della durata media

della gestazione. Nella bovina nelle settimane antecedenti il parto

sono osservabili il rilassamento dei legamenti sacro-ischiatici e sacro-

iliaci della pelvi materna. Modificazioni progressive intervengono

anche a carico della cervice e del tappo mucoso che ne riveste la

superficie. Con l’aumentare dell’edema della mucosa vaginale e della

secrezione mucosa, che va intensificandosi qualche giorno prima del

parto, può fuoriuscire dalla vulva un cordone di muco denso e

viscoso. Mentre nelle bovine primipare l’edema e l’aumento plastico

della mammella è rilevabile dal quarto mese di gravidanza, nelle

bovine pluripare il turgore della mammella si evidenzia da quattro a

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due settimane prima del parto. L’edema può estendersi alla regione

addominale inferiore fino all’appendice xifoidea dello sterno e in

direzione caudale tra gli arti posteriori fino alla vulva.

Tali segni premonitori, tuttavia, non permettono l’esatta

determinazione dell’inizio del parto. 24-48 ore prima dell’insorgenza

del parto è possibile osservare l’imponente edema vulvare, la

diminuzione di 0,5-l°C della temperatura corporea e le modificazioni

del secreto mammario.

FASI DEL PARTO

Nella bovina fin dall’inizio dell’8° mese di gravidanza il feto assume la

presentazione anteriore, fisiologica per il parto; gli arti posteriori del

feto scivolano nell’apice del corno, diretto caudalmente, e la

presentazione anteriore viene mantenuta fino al parto. Se all’inizio

dell’8° mese, trovandosi il feto in presentazione posteriore, non

avviene alcuna rotazione, gli arti anteriori raggiungono l’apice del

corno gravidico e il feto viene espulso in presentazione posteriore,

che deve essere, in ogni caso, considerata patologica. La forma

rotonda o ellissoidale del viscere, fissato al centro e in direzione

caudale, rende impossibile la rotazione assiale del feto senza

contemporanea torsione dell’utero. La posizione del feto nella bovina,

perciò, dipende dal tono della muscolatura uterina. La posizione

dorsale, necessaria per l’espulsione del vitello attraverso il canale del

parto, può essere assunta prima del parto per aumento del tono

muscolare, che si deve verificare durante le doglie. L’assunzione della

posizione dorsale durante l’espletamento del parto è, invece, dovuta

all’azione delle contrazioni uterine. Per la corretta espulsione, prima

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del parto, il feto estende gli arti anteriori e il collo nell’incavo

sopravaginale dell’utero, modificando così l’atteggiamento incurvato,

proprio dell’ultima fase della gestazione. Le contrazioni uterine,

durante il parto, stabilizzano la posizione in estensione e l’impegno

della testa del canale del parto. Il travaglio è sostenuto in primo

luogo dalla muscolatura uterina. Le prime doglie sono di breve durata

ed insorgono ad intervalli irregolari e con moderata intensità; in

seguito si instaura una coordinazione delle contrazioni del miometrio

che diventano regolari e vigorose.

Negli animali unipari le contrazioni di regola cominciano agli apici

delle corna e si propagano sotto forma di onde peristaltiche lungo le

corna uterine in senso caudale. Raramente si osservano contrazioni

antiperistaltiche. Le contrazioni provocano un aumento di pressione

nel lume uterino che spinge i liquidi fetali verso la cervice rilassata,

che costituisce il punto di minor resistenza. In seguito alla lacerazione

del corion in corrispondenza dell’orificio uterino interno ed al

conseguente spostamento del sacco fetale, si trasmette una

pressione idrostatica sui tessuti cervicali che si distendono senza

lacerarsi.

Nelle pluripare, la completa dilatazione della cervice necessita in

media di 80 contrazioni (200 minuti), mentre nelle primipare di un

tempo medio complessivo di 290 minuti per un totale di 125

contrazioni.

La durata di una singola contrazione, all’inizio dell’attività contrattile,

si aggira tra i 25 e i 50 secondi; in seguito alla coordinazione

contrattile, la durata di ogni contrazione varia dai 50 ai 90 secondi.

Nelle ultime fasi del parto, le singole contrazioni possono durare fino

a 120 secondi. Nel parto eutocico la frequenza è di circa 6 contrazioni

ogni 15 minuti. Un numero di contrazioni inferiore a 4 ogni 15 minuti

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è indice di doglie languide, mentre un numero superiore a 7 ogni 15

minuti è segno di doglie tumultuose. Anche la concentrazione ematica

dell’ossitocina subisce variazioni considerevoli, passando da 1 x 10-10

UI/ml alla fine della gravidanza, all’inizio delle doglie e durante

l’attività contrattile nella fase dilatante, a 1 x 10-4 UI/ml raggiunta la

dilatazione completa della cervice, quando il feto è impegnato nel

canale del parto. La concentrazione di ossitocina aumenta per via

riflessa quando la testa del feto viene a contatto diretto con l’orifizio

uterino interno, e ciò crea uno stimolo pressorio più intenso sulle

formazioni terminali nervose locali (riflesso di Ferguson).

L’intero processo del parto può essere suddiviso in una fase passiva e

una attiva. Nella fase passiva, le variazioni endocrinologiche

permettono le modificazioni delle strutture molli del canale del parto,

preparandole all’inizio della fase attiva, caratterizzato dall’insorgenza

delle contrazioni (doglie), a cui conseguono la dilatazione completa

della cervice e, con l’ausilio del torchio addominale, l’espulsione del

feto. Da un punto di vista clinico, in base alle modificazioni rilevabili

nell’apparato genitale della madre, è, tuttavia, più appropriato

distinguere il parto in una fase dilatante, una fase espulsiva ed uno

stadio post-partum.

Fase dilatante

In seguito al rilassamento della muscolatura liscia uterina, nella fase

latente del parto si evidenzia la dilatazione del canale cervicale in

corrispondenza dell’orificio uterino interno. La cervice si presenta in

questo stadio inclinata davanti al margine anteriore del pube e ben

chiusa a livello dell’orifizio interno. La riduzione del tono, che si

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instaura all’inizio del parto in tutta la struttura muscolare dell’utero,

della cervice, e della vagina, da una parte provoca la discesa

dell’utero nel distretto cranio-ventrale dell’addome, e dall’altra

innalza la cervice a livello del piano pelvico del canale del parto. Il

rilassamento della muscolatura circolare della cervice, allo stesso

tempo, causa l’apertura dell’orifizio uterino interno, per cui il lume del

canale cervicale raggiunge un diametro di 5-7 cm. Le contrazioni, in

un primo tempo ancora deboli e irregolari, provocano un transitorio

aumento di pressione in cavità uterina. Questa forza pressoria spinge

i liquidi fetali racchiusi nel corion e nelle membrane fetali contro

l’orifizio uterino interno già dilatato, permettendo così la rottura del

sacco amniotico che accoglie il feto. Nel parto eutocico,la fase

dilatante ha la durata di 6-12 ore. Alla fine dello stadio dilatante, il

sacco fetale che procide dalla rima vulvare è l’allantoide, se non ne è

stata provocata la rottura precoce in seguito alle forze di trazione.

Fase espulsiva

Con la rottura del sacco amniotico da parte del feto e la fuoriuscita

della maggior parte del liquido amniotico ha inizio la fase espulsiva.

Quando il feto viene spinto in corrispondenza della cervice, esercita

per contatto diretto uno stimolo pressorio crescente sui corpuscoli

nervosi terminali locali, che inducono per via riflessa la liberazione di

ossitocina dal lobo ipofisario posteriore, con conseguente

intensificazione delle contrazioni. In questo modo aumenta la

pressione per distensione esercitata dal feto sul canale del parto,

stimolando i pressocettori localizzati nella parete del fornice vaginale

dorsale. Lo stimolo nervoso raggiunge il midollo spinale tramite il

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nervo pudendo e provoca, in via riflessa, la contrazione della

muscolatura addominale (riflesso di svuotamento).

Per torchio addominale si intendono le contrazioni della muscolatura

del tronco e del diaframma che, insorgendo nel corso di una

contrazione uterina per la durata di soli pochi secondi, portano ad un

breve ed intenso aumento della pressione intraddominale.

Il torchio addominale rinforza la pressione delle doglie da tre a cinque

volte, aumentando conseguentemente la forza di espulsione

esercitata sul feto. Poiché l’aumento di pressione addominale è di

breve durata, l’azione distensiva sul canale del parto esercitata dal

feto aumenta in maniera graduale, minimizzando il pericolo di

iperdistensione o di lacerazione.

Lo sviluppo delle massima forza del torchio addominale sia in cavità

addominale che in cavità uterina, si verifica quando la gestante è

coricata. Durante la fase espulsiva la bovina rimane per la maggior

parte del tempo coricata, preferendo il decubito laterale, con gli arti

in. Le prime contrazioni, accompagnate dall’attività del torchio

addominale portano alla rottura del sacco amniotico con conseguente

cessazione della trasmissione della moderata pressione idrostatica. Il

feto agisce direttamente trasmettendo le forze delle spinte

intermittenti alle parte non ancora dilatata del canale del parto. La

trasmissione “rigida” della pressione richiede più tempo, in particolare

misura nella bovina che ha un canale del parto particolarmente lungo.

Nella bovina, l’ostacolo alla progressione del feto è rappresentato

dalla particolare resistenza dei tessuti dell’anello imenale e della

vulva, perciò, durante l’espulsione, per il passaggio della testa è

necessario un maggior numero di contrazioni. Una trazione esercitata

dall’esterno o l’insorgenza di contrazioni particolarmente violente, se

superano la capacita di rilassamento del tessuto, possono esitare in

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lacerazioni. Negli animali unipari, le forze espulsive si arrestano

quando la fronte del feto oltrepassa la rima vulvare. La completa

espulsione del feto viene portata a termine da una successione

ravvicinata di doglie unitamente a spinte del torchio addominale.

Poiché il torchio addominale viene attivato contemporaneamente alle

contrazioni uterine, il numero delle contrazioni uterine nello stadio

espulsivo può essere determinato dal numero delle serie di premiti

addominali. Il numero di spinte del torchio addominale, che

accompagna una contrazione uterina, sale lentamente da 4-5 all’inizio

fino a 6-8 con l’avanzare della fase espulsiva.

Fase del secondamento

Il secondamento avviene spontaneamente tra le 2 e le 12 ore dopo il

parto. Se la parte fetale della placenta non viene eliminata entro le

12 ore dopo il parto, si parla di ritenzione di membrane fetali.

Nell’epitelio della parte fetale della placenta, prima del parto, si

assiste ad un aumento dei diplocariociti, la cui attività riassorbente e

fagocitaria si manifesta poco prima del distacco, con la formazione di

cellule giganti polinucleate. Le caruncole non sono dotate di cellule

contrattili, quindi il distacco delle membrane fetali in questa sede non

può avvenire in seguito a contrazioni. La forza di spinta delle

contrazioni post-partum comporta un’azione di trazione sulla parte

fetale della placenta e favorisce come forza meccanica l’espulsione

degli invogli fetali.

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IL PARTO DISTOCICO

Durante la visita ostetrica in corso di assistenza al parto sono

fondamentali l’esame obiettivo generale e l’esame obiettivo

particolare dell’apparato genitale. L’intervento ostetrico richiede una

scelta univoca ed efficace; stimolare le contrazioni o praticare una

trazione, effettuare una fetotomia oppure intervenire

chirurgicamente.

L’esigenza fondamentale di un rilevamento accurato dei segni clinici

non esclude tuttavia che in particolari circostanze si debba procedere

con maggiore urgenza, come nel caso di prolassi o travagli con forti

premiti.

Anamnesi

L’anamnesi deve fornire informazioni sul numero e sul decorso dei

parti precedenti, compresa la fase del secondamento, sulla durata

della gravidanza in corso, sullo stato di salute, sul comportamento

della madre durante la gravidanza, su eventuali osservazioni di

carattere generale, sui sintomi eventualmente già rilevati

nell’imminenza del parto, quali il momento della fuoriuscita dei sacchi

fetali e il loro aspetto, sui trattamenti e ausili ostetrici già effettuati.

Devono essere segnalati con particolare attenzione comportamenti

insoliti, quali manifestazioni di dolore piuttosto violente, perdite

ematiche dalle vie genitali o dall’ano, alterazioni vistose dei liquidi

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fetali (colore ematico, presenza di flocculi, intorbidamento,

emanazione di odore anomalo).

Esame obiettivo generale della gestante

Il numero di parti e quindi le lattazioni rivestono particolare

importanza per il decorso del parto. Doglie inadeguate per frequenza

ed intensità sono riscontrate frequentemente nelle pluripare con

elevato parity range, mentre nelle primipare è alta la probabilità di

distocia. Nelle femmine troppo giovani, anche se maggiore è la

mobilità articolare e la distensibilità del cingolo pelvico, possono

insorgere talora considerevoli difficoltà al parto per macrosomia fetale

relativa o assoluta.

Si deve tener presente che il parto può presentare complicazioni in

animali defedati o obesi, che si trovano in stato di spossatezza o in

decubito permanente.

Prima del parto la temperatura scende di 1-2°C rispetto alla norma in

connessione con la luteolisi, mentre nel puerperio, specialmente nelle

bovine, si deve considerare non preoccupante un transitorio aumento

fino a 40°C. Anche la frequenza del polso subisce modificazioni,

innalzandosi oltre le 120 pulsazioni al minuto, soprattutto nel parto

prolungato, per poi rientrare nel range fisiologico un volta espletato il

parto.

La circolazione sanguigna deve essere monitorata in tutti gli animali,

con particolare attenzione negli animali già debilitati o sofferenti: a

tal fine è utile auscultare il cuore, controllare i vasi arteriosi e quelli

venosi, ispezionare le mucose (oculari, nasali e orali). Non di rado da

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questi rilievi emerge già un’indicazione ad intervenire

immediatamente per rimuovere i fattori causali del disturbo.

Sudorazione, sguardo fisso, pupille dilatate e addome teso possono

indicare la presenza di peritoniti o lesioni delle vie del parto. Nella

bovina, mucose pallide, occhi infossati, stramazzamenti o il decubito

permanente sono indicative di probabili emorragie interne.

ESAME CLINICO OSTETRICO

Alla palpazione, negli animali di grossa taglia sono spesso avvertibili

movimenti fetali. In base a tale rilievo non si possono, tuttavia, trarre

conclusioni certe sulla vitalità del feto, poiché in caso di ipossia

possono insorgere movimenti fetali violenti, mentre d’altra parte feti

vivi possono non muoversi. La percezione di toni cardiaci fetali

conferma la presenza di feti vivi, per quanto le condizioni di campo

renda spesso difficile la trasmissione delle onde sonore. Conferme

diagnostiche si ottengono impiegando gli ultrasuoni secondo il

principio Doppler.

L’ispezione dell’addome può orientare la diagnosi; aumenti

considerevoli di volume e tensione possono indicare una gravidanza

plurifetale, oppure idrope degli invogli fetali.

La valutazione dei genitali esterni e delle strutture circostanti può

fornire indicazioni sulla fase del parto; ad esempio, il grado di

rilassamento delle strutture legamentose pelviche e l’edema vulvare

rappresentano segni premonitori scarsamente visualizzabili nei parti

prematuri.

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La quantità e l’aspetto del liquido allantoideo e del liquido amniotico,

la presenza di sangue, l’aspirazione di aria, l’odore fetido sono reperti

che permettono di diagnosticare con una certa sicurezza se il parto è

eutocico o patologico e di trarre conclusioni per i provvedimenti da

adottare. Allo stesso modo, il rilievo di contrazioni, senza fuoriuscita

di invogli fetali, pone in diagnosi differenziale i restringimenti del

canale del parto, le torsioni o dislocazioni dell’utero, i difetti di

atteggiamento e le malformazioni fetali.

È possibile evidenziare la procidenza di anse intestinali dalla rima

vulvare, per la lacerazione retto-vaginale.

L’esame ostetrico strumentale richiede pulizia e disinfezione accurate.

Nella bovina l’esame ostetrico deve essere effettuato possibilmente

sull’animale in stazione quadrupedale; nell’animale in decubito

laterale permanente, è da preferire il lato sinistro (per l’aspetto

topografico ventrale del rumine). Inoltre, può risultare vantaggioso

posizionare il treno posteriore dell’animale a 50-60 cm di altezza,

permettendo una valutazione ostetrica adeguata e rispettando la

necessaria igiene del parto.

L’esame ostetrico vaginale manuale è volto all’esplorazione delle parti

molli, per accertare la presenza o meno di lacerazioni, emorragie,

restringimenti, stato di lubrificazione del canale del parto, grado di

dilatazione cervicale.

Il grado di stenosi influenza il trattamento e la prognosi, quindi deve

essere accertato con la maggiore precisione possibile. Si parla di

dilatazione insufficiente o stenosi di I grado nel caso in cui, attraverso

il canale cervicale in forma di anello, riescono a passare la testa, il

collo e almeno un arto anteriore o, nella presentazione posteriore,

entrambe le cosce, ma non la pelvi del feto. La dilatazione

insufficiente o stenosi di II grado permette il passaggio solo delle

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estremità distali degli arti; nella stenosi di III grado, il lume vaginale

è per la maggior parte occluso, tanto da permettere il passaggio di

poche dita dell’operatore.

In caso di restringimenti del canale del parto a causa di pregeresse

fratture della pelvi, tumori, briglie, ematomi, cisti, turgori

infiammatori ed ascessi, se ne devono accertare il volume e la sede;

nelle dislocazioni e nelle torsioni uterine sono da definire il grado, la

localizzazione e la direzione. Per determinare con maggiore precisione

queste complicazioni può essere necessario effettuare l’esame rettale

od anche l’esame combinato retto-vaginale (bimanuale).

Del canale osseo del parto si deve calcolare l’ampiezza e la profondità

libera in rapporto alla grandezza del feto (rapporto feto – pelvi) e del

suo cingolo scapolare e pelvico, per formulare una prognosi riguardo

la possibilità di passaggio del feto o per poter valutare

tempestivamente l’esistenza di sproporzioni. Talora, pur essendo i

rapporti spaziali favorevoli, possono rappresentare un ostacolo le

eminenze ossee (promontorio, rilievo pettineo dell’osso pubico, spina

ischiatica) eccessivamente sviluppate. Nella crescente casistica delle

sproporzioni per macrosomia fetale assoluta e bacino giovanile

acquista importanza dal punto di vista prognostico la pelvimetria,

soprattutto nelle primipare.

VALUTAZIONE DEGLI ANNESSI E DEI LIQUIDI FETALI

L’ispezione e la palpazione delle membrane fetali permettono di

accertare se ne è avvenuta la rottura, con conseguente perdita di

liquidi. Se le membrane fetali risultano integre, occorre procedere con

la lacerazione manuale dopo avere valutato che non si vadano ad

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interrompere i naturali processi di dilatazione o che appaia indicato

accelerare il parto, come nel caso di ipossia fetale da schiacciamento

del cordone ombelicale.

In caso di parti protratti o condizioni patologiche, le membrane fetali

evidenziano alterazioni macroscopiche: esse possono apparire

turgide, infiammate, di colore alterato, fetide e lacerate. Il sospetto di

patologie infettive deve porre il veterinario nella condizione di

mettere in atto misure protettive nei confronti di se stesso,

dell’animale gravido e della mandria potenzialmente contagiabile.

Nella rottura precoce degli invogli fetali, il grado di lubrificazione del

canale del parto viene a ridursi notevolmente, i feti appaiono asciutti,

ed il parto si arresta. In questo caso la lubrificazione artificiale del

canale del parto deve precedere qualsiasi altro trattamento. La

quantità di liquidi fetali, fisiologicamente intorno ai 20-25 litri, può

risultare considerevolmente aumentata in seguito a fenomeni di

idrope degli invogli. Infine, il cordone ombelicale fornisce spesso

l’unica preliminare possibilità di orientamento nelle disposizioni

trasversali addominali; inoltre torsioni ed attorcigliamenti ostacolano

non di rado l’estensione massima degli arti e le conseguenti

compressioni dei vasi ombelicali provocano anossia fetale.

VALUTAZIONE DEL BENESSERE DEL FETO

L’esame completo e sistematico del feto rappresenta una parte

fondamentale dell’esame ostetrico pre-parto, per giungere ad una

rapida e corretta diagnosi. La palpazione trans-vaginale delle porzioni

fetali procidenti la rima vulvare ne deve permettere il riconoscimento

e la distinzione; nella presentazione longitudinale anteriore, durante

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la palpazione, partendo dagli unghielli e passando sull’articolazione

metacarpale, si apprezza l’articolazione del carpo e successivamente

quella del gomito, con il processo olecranico. Nella presentazione

posteriore, invece, la mano dell’ostetrico oltrepassa l’articolazione

metatarsale prima della tuberosità calcaneale.

La corretta distinzione delle porzioni fetali risulta di fondamentale

importanza soprattutto in caso di presentazioni simultanee di gemelli

o mostruosità fetali quali lo Schistosoma reflexum che possono

indurre in confusione.

L’atteggiamento della testa è facilmente riconoscibile dalla posizione

degli occhi, degli orecchi, del naso, della fessura buccale; il

rovesciamento della testa all’indietro permette la palpazione degli

anelli cartilaginei della trachea incurvata. Il riconoscimento della pelvi

e del treno posteriore è reso agevole dalla presenza della coda, dalla

palpazionee dell’ano, delle tuberosità ischiatiche, dello scroto e

dall’articolazione del ginocchio.

Valutazione delle dimensioni del feto

La valutazione del rapporto feto-pelvico deve essere sempre eseguita

prima di effettuare una trazione manuale o per indirizzare il

trattamento verso il taglio cesareo. La palpazione della testa, delle

scapole e della pelvi fetale e materna fornisce indicazioni sulla

capacità del feto di attraversare il canale del parto. Indicazioni

anamnestiche riguardanti la frequenza di distocie per macrosomie

fetali assolute o relative dovrebbero suggerire la necessità di eseguire

un esame particolarmente coscienzioso prima di mettere in atto

misure ostetriche e costituire motivo per modificare i programmi di

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accoppiamento o per escludere dalla riproduzione gli animali portatori

di determinati caratteri ereditari.

Vitalità del feto

La vitalità del feto grava sul tipo di intervento ostetrico da adottare

(taglio cesareo, fetotomia, trazione manuale). In caso di morte del

feto tutti i provvedimenti devono essere diretti alla salvaguardia della

salute della gestante.

Per valutare la vitalità del feto si ricorre all’evocazione di riflessi quali

la retrazione degli arti in seguito a divaricazione o pizzicamento degli

unghielli, la suzione e la deglutizione introducendo un dito nella cavità

buccale, l’ammiccamento con la pressione sui bulbi oculari; in caso di

presentazione posteriore, si ricorre al riflesso perineale che provoca la

contrazione dello sfintere anale. La palpazione del cordone ombelicale

permette di apprezzare la pulsazione dei vasi ombelicali, e una sua

compressione protratta evoca movimenti fetali. È da sottolineare,

comunque, che, in alcuni feti e per ragioni non note, tali riflessi

possono essere innescati in modo non rimarcabile; per tale motivo,

l’ariflessia non esclude la presenza di un feto vitale, mentre la

risposte riflesse depongono per la vitalità del feto. Se il feto non è

raggiungibile attraverso il canale del parto, i rilievi palpatori devono

essere ottenuti, per quanto possibile, per via transrettale.

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ESAME POST-PARTUM

Espletato il parto, tramite l’esplorazione deve essere accertata la

presenza di altri feti o parti fetali, di lesioni uterine, della cervice e

della vagina. Il secondamento deve avvenire spontaneamente.

In seguito a parti distocici, fetotomie e taglio cesareo, il distacco delle

membrane fetali può avvenire con ritardo a causa dell’atonia uterina

conseguente alla narcosi e all’esaurimento funzionale dell’organo.

Lacerazioni della parete uterina sono facilmente riconoscibili durante

l’esame transvaginale mediante la palpazione della sierosa (che al

tatto appare liscia) o, nei casi più gravi, dei visceri addominali. Le

lesioni uterine sono più frequenti dorsalmente e cranialmente

all’orifizio uterino interno.

L’esame ostetrico post-partum si conclude con la palpazione

dell’orifizio uterino esterno, della porzione craniale della vagina,

dell’anello imenale, del vestibolo vaginale, e della vulva al fine di

valutare la presenza di ferite, contusioni, lacerazioni del perineo,

fistole retto-vaginali, emorragie arteriose, prolassi, estroflessione

della vescica.

DISTOCIE DA CAUSA MATERNA

Malattie sistemiche

Errori alimentari e manageriali, parti prematuri, inadeguata

preparazione al parto, insufficienti dilatazioni, debolezza delle doglie,

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disturbi dell’eccitabilità neuromuscolare con decubito permanente,

fratture, debolezza, astenia, stati setticemici e pioemici,

rappresentano fattori di rischio per l’instaurarsi di una distocia. Il

trattamento, in questi casi, deve mirare alla risoluzione della causa

primaria, come nell’ipocalcemia/ipomagnesiemia, ottenendo in tal

modo anche un effetto benefico diretto sull’espletamento del parto.

Singole patologie d’organo possono compromettere il normale

svolgimento del parto. Ad esempio una peritonite, una

reticoloperitonite o pericardite traumatica pregiudicano l’attivazione

del torchio addominale. Ernie, rotture della parete addominale,

eccessiva distensione della muscolatura addominale (idrope degli

invogli), inibiscono la forza delle contrazioni addominali. Arresto

improvviso della fase espulsiva del parto con cessazione delle

contrazioni si può riscontrare in caso di lacerazioni organiche, quali le

rotture dell’utero e dell’intestino nella fase espulsiva.

Disturbi delle doglie uterine

Per il normale andamento del parto le doglie devono essere

sufficientemente forti e regolari. É importante che le contrazioni siano

attive a partire dall’inizio dello stadio dilatante fino al secondamento,

anche se con intensità e frequenza differenti. Disturbi dell’attività

contrattile dell’utero possono verificarsi in qualsiasi fase del parto.

Disturbi del canale del parto

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Negli animali domestici le difficoltà di parto a causa del canale osseo

sono tanto meno frequenti quanto più alla riproduzione vengono

destinati solo quegli animali che a maturità completa ed in perfetto

stato di salute presentino un buon sviluppo corporeo.

Bacino giovanile

Nel bovino non è possibile effettuare in vivo un’esatta pelvimetria e la

proporzione feto-pelvica non è oggettivabile intra-partum, i dati sulla

conformazione della pelvi giovanile come causa di distocia vanno

interpretati con molta prudenza. Spesso come causa di parti distocici

si adduce una troppo precoce utilizzazione degli animali a scopo

riproduttivo. Le cause più frequenti dell’insufficiente ampiezza della

pelvi ossea nelle primipare sono da ricondurre a errori alimentari nel

periodo di accrescimento e a malattie croniche (parassitosi). In caso

di distocia per bacino giovanile, nonostante la completa dilatazione

delle vie molli del parto, il parto si arresta; all’esame ostetrico viene

rilevata la sproporzione tra il feto e il canale osseo del parto, da cui

possono derivare complicazioni dovute a difetti di posizione e

atteggiamento, a morte fetale, doglie languide.

Osteopatie del canale osseo del parto

Restringimenti del canale osseo del parto possono essere provocati

da malformazioni del bacino, come nel caso di eccessiva prominenza

del promontorio e della sinfisi con riduzione dell’altezza della pelvi o

di eccedente sporgenza della cresta ileo-pettinea con riduzione del

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diametro trasverso. Evenienza relativamente rara è rappresentata da

esostosi e calli ossei in seguito a fratture pelviche. Diastasi

dell’articolazione sacroiliaca, conseguenti a distocie pregresse,

occasionalmente possono apportare gravi complicazioni nel parto.

Alla dilatazione del canale del parto, che ha inizio nella fase

prodromica, prendono parte l’intero apparato legamentoso, la cervice,

la vagina e la vulva. Nella dilatazione delle vie molli del parto sono

chiamate in causa le variazioni peripartali della concentrazione sierica

delle prostaglandine, degli estrogeni, degli gestageni e del cortisolo.

Le cause ed i sintomi della stenosi vulvare e vaginale durante il parto

sono riconducibili a: stenosi giovanile, nel caso in cui l’animale sia

stato fecondato prima di aver raggiunto uno sviluppo sufficiente;

cicatrici, associate a lacerazioni occorse in parti distocici pregressi, a

interventi ostetrici, e a lesioni da monta naturale; disturbi di circolo,

provocati da compressioni in corso di parti languidi, sono causa di

edemi vulvari e vaginali.

Il trattamento prevede soluzioni mediche o chirurgiche: se nei

tentativi di trazione si generano tensioni eccessive, si può ricorrere

all’uso di sostanze in grado di favorire il rilassamento delle porzioni

stenotiche interessate. Il vantaggio dell’impiego di medicamenti in

presenza di stenosi vulvare e vaginale sta nel fatto che dopo la

somministrazione è necessario attendere un lasso di tempo variabile

tra i 30 e i 50 minuti prima che si manifesti l’effetto farmacodinamico.

Se la posizione del feto è corretta e l’attività contrattile nella norma,

si favorisce in questo modo una dilatazione sufficiente all’estrazione

del feto con moderata trazione. Nei casi più gravi, bisogna, invece,

prendere in considerazione la dilatazione cruenta, preceduta sempre

dalla valutazione che l’ostacolo all’espletamento del parto risiede

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unicamente nelle vie molli. L’episiotomia si esegue nella parte

superiore delle labbra vulvari in direzione laterodorsale. La dilatazione

cruenta permette la prevenzione di lacerazioni in punti sfavorevoli,

provocando la lesione nel punto più esterno del canale del parto. In

presenza di una stenosi vaginale e vulvare di grado elevato e nel caso

in cui il trattamento medicamentoso non ha prodotto un’evidente

dilatazione, si deve prendere in considerazione il trattamento

chirurgico; il taglio cesareo rappresenta il trattamento d’elezione,

anche se, in presenza di sufficiente spazio per lo strumento, si può

ricorrere alla fetotomia, intervenendo con un numero limitato di tagli.

Se il parto si prolunga oltre le 12 ore si parla di parto protratto. In

questi casi, le condizioni generali della partoriente sono più o meno

compromesse in conseguenza dell’instaurarsi di uno stato di tossicosi.

In questa fase sono in corso processi involutivi, quali la regressione

dei vasi e della muscolatura liscia. Il canale del parto, dall’utero alla

vulva, perde la sua elasticità e, in conseguenza dei processi regressivi

in atto, diviene fragile e facilmente lacerabile. Le membrane e i

liquidi fetali residui appaiono alterati nel colore e nell’odore. Il feto è

morto, spesso enfisematoso, e presenta i primi segni di putrefazione

(caduta dei peli, distacco degli unghioni, odore).

Anche per l’insufficiente ampiezza del canale cervicale si distinguono

tre gradi di stenosi. Un’insufficiente ampiezza del canale cervicale nel

parto protratto rappresenta un ostacolo all’espletamento del parto più

grave della dilatazione insufficiente della cervice, in primo luogo

perche l’utero e il canale del parto perdono la loro elasticità, e in

secondo luogo perche l`utero ed il suo contenuto, di norma, sono

infetti. Tentativi di dilatazione con distensione meccanica o con docce

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vaginali, e il trattamento con estrogeni o utero-rilassanti non danno

risultati.

DISTOCIE DA CAUSE FETALI

Anomalie di atteggiamento

I difetti di atteggiamento sono tra le cause più frequenti di distocia di

origine fetale. Negli animali unipari, prevalendo la presentazione

anteriore, si osservano più frequentemente gli atteggiamenti anomali

della testa e degli arti anteriori.

- Atteggiamenti anomali della testa: nell’espletamento del parto,

dall’atteggiamento fisiologico in estensione, la testa può essere

deviata verso i lati, verso il petto e verso il dorso del feto, per cui si è

soliti distinguere un atteggiamento laterale, un atteggiamento

toracico e un atteggiamento dorsale della testa. Una trazione

praticata soltanto sugli arti in estensione con cervice non

completamente dilatata può causare un arresto della progressione

della testa con ripiegatura del collo.

- Atteggiamenti anomali degli arti anteriori: fisiologicamente, i due

arti anteriori del feto durante il parto si trovano in estensione nel

canale del parto. Le deviazioni sono rappresentate da atteggiamenti

in flessione delle articolazioni di uno o di entrambi gli arti. Se sono

interessati entrambi gli arti, solitamente vengono rilevate in flessione

le medesime articolazioni. Importanza pratica hanno l’atteggiamento

di flessione del carpo, quello di spalla flessa, quello di spalla e gomito

flessi e l’atteggiamento di arti sopra la nuca.

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- Atteggiamenti anomali degli arti posteriori: anche nella

presentazione posteriore, gli arti si trovano in estensione nel canale

del parto, e, come per gli arti anteriori, si possono osservare

atteggiamenti anomali nelle flessioni di alcune articolazioni. Rivestono

importanza pratica in ostetricia l’atteggiamento in flessione

dell’articolazione tarsica (garretto) e la flessione dell’anca, che

possono essere mono o bilaterali. L’atteggiamento in flessione

dell’anca e del ginocchio non si osservano mai singolarmente, in

quanto alla flessione dell’articolazione del ginocchio solitamente si

accompagna anche la flessione dell’articolazione tarsica, dovuta alla

tensione del muscolo fibularis tertius (peroneo terzo).

In genere, la correzione degli atteggiamenti anomali degli arti

posteriori presenta maggiori difficoltà di quella degli arti anteriori;

inoltre, nelle presentazioni posteriori il cordone ombelicale viene

compresso prima ed è quindi più facile che sopravvenga l’asfissia. In

definitiva, la presentazione posteriore comporta una maggiore

predisposizione all’instaurarsi di atteggiamenti anomali degli arti.

Anomalie di posizione

Si possono verificare deviazioni di vario grado dalla normale posizione

dorsale (dorso-sacrale) del feto nel parto. L’orientamento del dorso

del feto verso un lato o verso l’addome materno permette la

distinzione della posizione laterale e della posizione ventrale, quali, a

loro volta, possono essere in presentazione di arti anteriore

(rispettivamente posizione dorso-iliaca destra o sinistra e posizione

dorso - pubica), o in presentazione posteriore (rispettivamente

lombo-iliaca destra o sinistra e posizione lombo - pubica).

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Statisticamente, i difetti di posizione risultano meno frequenti rispetto

alle anomalie di atteggiamento.

IGIENE DEL PARTO

Con l’introduzione dell’asepsi da parte di Ignazio P.Semmelweis

(1847) si crearono le condizioni preliminari per lo sviluppo

dell’ostetricia sia conservativa che operatoria. Con la scoperta dei

chemioterapici, erroneamente, si ritenne che con il loro impiego su

vasta scala non fosse più necessario attenersi rigidamente alle regole

dell’asepsi, favorendo così l’insorgenza di gravi infezioni causate da

specie batteriche resistenti. È ben noto che risultano essere

necessarie entrambe le misure: pulizia, disinfezione e sterilizzazione

preventiva da una parte e chemioterapia dall’altra. Durante il parto,

l’esposizione ad agenti patogeni è un’evenienza da tenere in seria

considerazione. Anche in corso di parto eutocico, l’eliminazione di

materiale fecale crea presupposto per la penetrazione di germi nelle

vie posteriori del parto e la loro propagazione in utero. Durante

l’espletamento di un parto distocico, gli operatori e gli strumenti

impiegati per il trattamento divengono mezzo di diffusione dei

patogeni. La trasmissione avviene per contatto diretto con animali

portatori d’infezione o per contatto indiretto con portatori intermedi

(polvere o altri vettori).

Sterilizzazione e disinfezione

Per sterilizzazione si intende l’eliminazione dei patogeni, mentre con

la disinfezione viene abbassata al minimo la carica infettante, senza

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riuscire però ad ottenere l’allontanamento degli agenti non patogeni.

Tra i metodi fisici di eliminazione dei germi (sterilizzazione) si

annoverano: la filtrazione, l’irradiazione (ultravioletti, gamma,

ultrasuoni), l’essiccamento, il calore (arroventazione, fiammazione,

riscaldamento, bollitura a fondo, vapore, autoclavaggio). Ai

procedimenti chimici appartengono numerose sostanze, che

soddisfano i seguenti requisiti: azione battericida, virulicida,

fungicida, solubilità in acqua, intensa umettabilità, tossicità minima,

assenza di odore, innocuità per il materiale da disinfettare.

Preparazione della zona parto

Per limitare i rischi di contagio è preferibile prevedere

nell’allevamento un ambiente specifico per il parto. L’igiene di tale

zona deve essere ottenuta mediante l’impiego di soluzioni

disinfettanti, preferibilmente nebulizzando soluzioni battericide

mediante apparecchi a superpressione, e di abbondante strame

(paglia, trucioli di legno, segatura) (A.Corrias – I. Martini 1989).

Preparazione del personale

Mani e braccia degli operatori svolgono un ruolo centrale nella

trasmissione delle infezioni genitali, poiché i germi annidati sotto la

rima ungueale e sulla cute trovano all’interno dei canale del parto le

più favorevoli condizioni di vita. Inoltre, il potere di difesa locale delle

mucose genitali viene indebolito dalle manipolazioni ostetriche e

contrappone, quindi, minore resistenza alla diffusione e alla

moltiplicazione degli agenti patogeni. Per contro anche germi presenti

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in utero (streptococchi, E. coli, clostridi) possono rappresentare un

pericolo per la salute dell’ostetrico (Severidt et al. 2002). Il

veterinario, quindi, prima del trattamento ostetrico deve provvedere

a lavaggio e disinfezione di mani e braccia in acqua calda corrente

con sapone e con spazzolino per le unghie, e preparare lo

strumentario sterile (corde, guanti zootecnici).

LE CONSEGUENZE DEL PARTO SULLE

PERFORMANCE RIPRODUTTIVE

L’ipofertilità nelle bovine è stata osservata come conseguenza di

complicanze stabilitesi al momento del parto, in seguito, soprattutto,

ad una non appropriata assistenza durante il travaglio.

Alterazioni dell’ultimo tratto dell’apparato genitale, quali le lacerazioni

vulvari, le stenosi del canale vaginale e le lacerazioni della cervice

possono essere conseguenze di errate manovre ostetriche, in

particolare, durante parti difficoltosi, come ad esempio nel caso di

soggetti macrosomici, o in corso di distocie, con difetti di

atteggiamento del feto incorsi durante le ore notturne e affrontati con

ritardo (Dematawewa et al., 1995).

Insufficienti condizioni igieniche, spesso osservate in strutture nelle

quali non sia stata prevista una zona assegnata esclusivamente al

parto, risultano essere fattori predisponenti ai processi infiammatori,

sia acuti che cronici, a carico dell’utero anche in bovine con anamnesi

di parto eutocico. Fenomeni infiammatori di carattere subclinico e a

decorso cronico possono inoltre essere conseguenza della lenta e

difficoltosa eliminazione delle secrezioni lochiali e della ritenzione

degli invogli fetali, e rendersi responsabili di continui ritorni in calore,

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con conseguenti ripetute inseminazioni, mancati concepimenti e

riassorbimenti embrionali. In ultima analisi, episodi di salpingite e di

ovarite possono essere riconosciuti come conseguenza diretta dello

sviluppo di endometriti e pregiudicare, quindi, l’intera carriera

riproduttiva della bovina (Lombard et al 2007).

L’ottimizzazione del management nelle bovine da latte, nella fase di

transizione, al parto e nel post-partum, mediante un adeguato

intervento ostetrico, all’ottimizzazione delle immunità e dell’igiene del

parto, è stato oggetto di questo studio con l’obiettivo di ridurre le

patologie del post-partum e per incrementare le performance

riproduttive in questa specie.

PARTE SPERIMENTALE

MATERIALI E METODI

Lo studio è stato condotto nel periodo maggio 2007- dicembre 2009,

presso l’Azienda Agricola di Casalina, Deruta (PG). Sono state

assegnate per l’esperimento un totale di 60 primipare e di 60

pluripare di razza Frisona Italiana; gli animali presentavano Body

Condition Score medio di 3,75±0,50 e 3,50±0,25, rispettivamente.

L’organizzazione aziendale dell’allevamento prevede una zona

destinata alle pluripare in asciutta e una per le bovine in produzione

lattea suddivise per periodo di lattazione (freschissime, fresche e in

piena produzione); ulteriore zona è destinata alle primipare nei

diversi stadi di sviluppo. Ogni zona presenta lettiera permanente

rinnovata ogni 6 mesi circa, corsia di alimentazione e un paddock

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esterno senza copertura. Box singoli, prefabbricati, sopraelevati,

coperti, isolati dal resto della stalla sono destinati ai vitelli sino allo

svezzamento; inoltre è destinata una zone per la sala mungitura e

due zone separate destinate ai box parto e all’infermeria.

Protocollo per l’applicazione della trasmittente GSM

Dal 280°±5 giorno di gestazione, a ogni soggetto è stata eseguita una

visita ostetrica con l’obiettivo di valutare la presenza e la

progressione dei segni premonitori del parto. Ogni esame ha previsto

la valutazione dello sviluppo e la preparazione della mammella, la

valutazione dello stato di rilassamento delle strutture legamentose

del bacino, l’apprezzamento dell’edema vulvare, nonché, tramite

esame vaginoscopico, la fluidificazione del tappo mucoso cervicale.

L’esame ecografico con approccio trans-rettale con sonda lineare da 5

MHz è stato condotto per determinare il benessere fetale, l’aspetto

degli annessi fetali, nonché, la presentazione del feto rispetto l’asse

longitudinale materno. Alla rilevazione dei segni di preparazione al

parto e della fluidificazione del tappo mucoso, a ogni soggetto è stata

applicata la trasmittente dell’allarme parto (5x2x1 cm/15gr.),

costituita da un rivestimento in materiale plastico e da una spina

magnetica di contatto progettata per distaccarsi con una trazione di

300 gr.; al suo interno è collocato il componente elettronico

generante una radio-frequenza. La ricevente della frequenza radio,

posizionata entro un raggio di 30 m., è stata studiata per

comunicare, una volta attivata, con un commutatore/compositore

GSM in grado di segnalare tramite telefonia mobile all’addetto alla

sorveglianza degli animali, il verificarsi dell’evento. L’installazione ha

previsto la fasciatura e contenimento della coda, il lavaggio della

regione perineale con soluzione di iodopovidone al 10%, il fissaggio

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della trasmittente tramite tre punti di sutura non assorbibile in nylon

sulla porzione media delle rime vulvari, previa infiltrazione con

anestetico locale (Lidocaina 2%, 3 - 5 ml). Dopo l’installazione ogni

soggetto è stato condotto nella zona parto (Figura 1) costituita da tre

zone singole coperte, un locale per l’alloggiamento della ricevente e

trasmittente GSM e del materiale ostetrico necessario per l’assistenza

al parto e le cure neonatali. A ogni parto, ogni box è stato

disinfettato con soluzioni battericide e sostituita la lettiera con

abbondante strame di paglia.

Assistenza ostetrica e neonatale

Al momento della ricezione del segnale allarme parto è stata condotta

una visita ostetrica per determinare lo stadio del parto, la

presentazione, la posizione e l’atteggiamento del feto, l’integrità delle

membrane fetali, il grado di dilatazione cervicale e la dimensione del

feto rispetto al diametro della pelvi materna. Dopo aver costatato lo

stadio del parto e averne valutata la possibilità di espletamento

eutocico, è stata classificata la progressione del feto durante la fase

espulsiva sulla base delle porzioni fetali osservabili al di fuori della

rima vulvare: 1) arti anteriori, 2) testa, 3) torace e 4) completa

espulsione. Diversamente, in caso di valutazione di un evento

distocico, sono state attuate le normali manovre ostetriche atte a

risolvere nel minor tempo possibile la distocia stessa. In ogni caso

viene sottolineato l’uso da parte dell’operatore di materiale ostetrico,

accuratamente sterilizzato. L’esame clinico e le cure perinatali sono

stati condotti nei neonati; per la valutazione clinica dei vitelli è stato

utilizzato il sistema a punteggio A.P.G.A.R. (Knottenbelt, 2004).

Per l’analisi statistica sono stati estrapolati i dati riproduttivi degli

animali oggetto dello studio dal software aziendale di gestione dati e

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sono stati comparati con il gruppo controllo composto da primipare

n=195 e pluripare n=169, selezionate dal totale della mandria per

data prevista del parto e per numero di gestazioni (parity range), per

un totale di 120 parti sperimentali e 354 parti controllo. I dati

riproduttivi ottenuti dai soggetti pluripari, inoltre, sono stati

comparati con i dati della gestazione precedente.

RISULTATI

Il tempo medio per l’installazione della trasmittente nelle primipare e

nelle pluripare è stato di 5,4±0,1 e di 4,5±0,1 minuti, rispettivamente;

non sono state osservate reazioni locali conseguenti all’applicazione

della trasmittente. Il parto, avvenuto mediamente dopo 36±8 ore

dall’applicazione del dispositivo GSM, si è verificato prevalentemente

nelle ore notturne e in particolare: il 40% delle pluripare ha partorito

tra le 18:00 e le 24:00, il 15% tra le 12:00 e le 18:00, il 22% tra le

6:00 e le 12:00, e il 23% tra le 0:00 e le 6:00; mentre, tra le

primipare, il 53% tra le 18:00 e le 24:00, l’8% tra le 12:00 e le

18:00, il 12% tra le 6:00 e le 12:00, e il 27% tra le 0:00 e le 6:00

(Grafico 1). Il tempo medio trascorso dal ricevimento dell’allarme

GSM alla visita delle bovine in sala parto è stato di 20±5 minuti. La

durata media della fase espulsiva del parto è stata rispettivamente di

70±21 minuti nelle primipare e di 59±26 minuti nelle pluripare

(P<0,01). La durata media delle fasi 1, 2 e 3, è stata rispettivamente

di 29±11, 45±16 e 61±19 minuti nelle primipare e di 28±10, 36±14 e

45±18 minuti nelle pluripare. Tutti i feti si presentavano in posizione

dorso-sacrale; 117 feti in presentazione anteriore (tra questi, 2 casi

di gemellarità) e 5 feti in presentazione longitudinale posteriore.

Approssimativamente 15 ± 5 min dopo la ricezione dell’allarme, il

62,5% dei vitelli si presentava impegnato nel canale parto con le

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estremità degli arti anteriori visibili oltre la rima vulvare. Il parto è

stato suddiviso in 5 gruppi in base alle cause di distocia (Tabella 1). Il

grado 0 era assegnato al parto eutocico che non richiedeva assistenza

ostetrica; il grado 1 veniva attribuito in caso di prolungamento della

seconda fase del parto; il grado 2 prevedeva disposizioni fetali

anomale; il grado 3 le sproporzioni feto-pelviche; infine, il grado 4

era assegnato in caso di torsione uterina o stenosi cervicale o

vaginale.

Tra le primipare, il 33.3% ha fatto registrare difficoltà al parto (il

18.3% per disposizione fetale anomala, l’8.3% per macrosomia fetale

e il 6.7% per prolungamento della seconda fase del parto), mentre il

23.4% delle pluripare ha mostrato segni di distocia, tutti di origine

fetale, escluso un caso di torsione uterina. Lo score A.P.G.A.R. medio

registrato era di 8.5. Si è evidenziata una significativa riduzione delle

patologie puerperali e neonatali, sia nel gruppo delle primipare sia in

quello delle pluripare. Nel gruppo controllo, le pluripare e le primipare

registravano rispettivamente il 11,2% e il 13.3% (19/26) di vitelli

morti nell’arco delle prime 48 ore dopo il parto (Tabella 2), mentre

nel gruppo sperimentale non sono stati rilevati casi di mortalità

neonatale. L’incidenza delle patologie puerperali è stata maggiore nel

gruppo controllo; infatti, il 13.61% delle pluripare e il 21.03% delle

primipare sono risultate affette da endometriti. Delle bovine assistite

con GSM, solo il 6.67% ha manifestato sintomi ascrivibili a patologia

puerperale, indipendentemente dalla classe di parto. L’incidenza di

ritenzione delle membrane fetali nel gruppo controllo è stata del

3.55% nelle pluripare e del 8.20% nelle primipare, mentre, in tutte le

bovine sottoposte a monitoraggio con tecnologia GSM la fase del

secondamento è avvenuta spontaneamente. I dati riguardanti le

patologie puerperali del gruppo controllo e di quello sperimentale

sono riportati in Tabella 3 e Grafici 4 e 5.

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Anche l’intervallo parto-concepimento (Grafico 2) è risultato, inoltre,

significativamente ridotto sia nelle pluripare (110.4 ± 49,88 vs 181.3

± 97.30 gg.) (P<0,001) che nelle primipare monitorate (108.5 ±

45,01 vs 169.51 ± 91,23 gg.) (P<0,001), per i gruppi sperimentale e

controllo, rispettivamente. Un andamento analogo si è registrato

anche per il numero degli interventi fecondativi necessari a ottenere il

concepimento (Grafico 3) sia nelle pluripare (1.94 ± 1,22 vs 3.08 ±

1,52) (P<0,001) che nelle primipare (2.07 ± 1.11 vs 3.1 ± 1.83)

(P<0,001).

La comparazione dei dati riproduttivi delle bovine pluripare oggetto

della prova con quelli della loro precedente gestazione ha evidenziato

una significativa riduzione dell’intervallo parto-concepimento (138.94

± 79.45 versus 110.40 ± 49,88) (P<0,001) e del numero d’interventi

fecondativi per concepimento (2,73 ± 1,82 versus 1,94 ± 1,22)

(P<0,001).

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

L’applicazione della tecnologia GSM risulta essere un affidabile

strumento nel management e nell’assistenza della bovina al parto,

così come riportato per la specie equina, permettendo di conoscere

con attendibilità l’inizio della fase espulsiva. Durante la prova non è

stata rilevata la deiscenza della sutura che fissa il dispositivo alla rima

vulvare. Sono stati osservati tre falsi allarmi dovuti al distacco del

contatto per l’azione di frizione da parte delle bovine. In confronto ai

diversi protocolli elencati nell’introduzione - monitoraggio ecografico

della gravidanza, modificazioni della temperatura corporea, dosaggi di

ormoni e degli elettroliti - che consentono la previsione della data del

parto con l’approssimazione di circa 24 ore, il sistema applicato in

questo studio, permette una precisa determinazione dell’inizio del

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travaglio. Come evidenziato nel grafico 4, il pronto intervento

ostetrico e l’adeguata igiene del parto hanno consentito la

prevenzione delle patologie correlate al parto distocico. In particolare,

nel presente studio è stata centrata l’attenzione sull’igiene delle zone

adibite al parto; la completa sostituzione della lettiera a ogni parto,

preceduta da un’accurata disinfezione, ha consentito la significativa

riduzione delle infezioni uterine post-partum, delle ritenzioni delle

membrane fetali, con conseguente miglioramento delle performance

riproduttive e del benessere animale. Inoltre la significativa riduzione

della natimortalità denota l’importanza dell’assistenza perinatale dei

vitelli, nel particolare della pronta assunzione del colostro e quindi del

successo nel trasferimento dell’immunità. Riteniamo che, anche se la

numerosità delle osservazioni è relativamente modesta, tali risultati

siano decisamente incoraggianti. Purtroppo a tutt’oggi sia i costi di

acquisto che di mantenimento del sistema d’allarme, nonché la

laboriosità della modalità di applicazione, rendono la procedura

economicamente onerosa per la realtà buiatrica. Ciononostante,

laddove il valore economico del vitello e/o della madre risultino

particolarmente elevati, madri e figli di tori, figli di trapianti

embrionali, l’applicazione della tecnologia GSM può trovare già da ora

un interesse sostanziale, auspicando l’introduzione di sistemi

alternativi a quelli impiegati che abbiano costi di acquisto, gestione

ed applicazione compatibili con l’industria della produzione del latte.

Gli autori del presente studio sono attualmente sperimentando dei

sistemi alternativi a quelli impiegati che abbiano costi di acquisto,

gestione e applicazione compatibili con l’industria della produzione del

latte.

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ICONOGRAFIA

Figura 1 - Area destinata al parto e all’alloggiamento della ricevente

e trasmittente GSM

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Grafico 1: Distribuzione del numero dei parti nelle 24 ore; primipare

e pluripare sottoposte a monitoraggio con tecnoclogia GSM.

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Grafico 2: Medie e Deviazione Standard dell’Intervallo Parto-

Concepimento durante lo studio.

Grafico 3: media e Deviazione Standard degli Interventi Fecondativi

per Concepimento durante lo studio.

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Grafico 4: Patologie post-partum

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Grafico 5: Osservazioni delle patologie post-partum nel gruppo

sperimentale e nel gruppo controllo

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Tabella 1: Osservazioni e Classificazione delle cause di distocia in

questo studio.

Classe

Pluripare con assistenza

n=60

Primipare con assistenza

n=60

n° % n° %

Nessuna assistenza ostetrica 0 46 76,6 40 66,7

Prolungamento seconda fase del parto 1 3 5 4 6,7

Disposizioni fetali anomale 2 9 15 11 18,3

Sproporzioni feto –pelviche 3 1 1,7 5 8,3

Torsione utero e stenosi cervicale 4 1 1,7 0 0

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Tabella 2: Natimortalità e difficoltà al parto nelle bovine controllo

(ottenuti dal softwear gestione dati stalla).

Bovine controllo

vitelli

morto vivo Parti

gemellari Parti singoli

Facile 0 12 244 - 256

Parti gemellari 10 16 13 -

Parto difficoltà 1 7 69 - 76

Parti gemellari 2 10 6 -

Parto difficoltà 2 8 8 - 16

Parti gemellari 4 - 2 -

Taglio cesareo 3 2 - - 2

Parti gemellari - - - -

Totali 45 347 21 350

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Tabella 3: Patologie post-partum.

bovine monitorate bovine controllo

pluripare

n=60 primipare

n=60 pluripare n=169

primipare n=195

Natimortalità 1 19 26

Endometrite 1 2 23 41

Ritenzione

membrane fetali >12h

6 16

Prolasso uterino 1 3 1

Collasso puerperale

1 1 5

Chetosi 1 2

Lacerazioni del canale-parto

2

Aborto 4 4

Riassorbimento embrionale

1 5 2

Nessuna patologia 56 57 103 101

Bovine eliminate 4 4 10 21

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- Wright I.A. et al. (1988). Prediction of calving date in beef cows

by real-time ultrasonic scanning. Vet Rec. 123(9):228-9.

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CONCLUSIONE

I valori medi registrati dei diametri della VE nelle gestazioni

interspecifiche, non hanno presentato differenze significative rispetto

ai dati pubblicati da altri autori per le gravidanze equine e asinine

(Ginther 1995; McKinnon et al.,1988; Allen 1986; Bessent et al.,

1988; Gastal et al., 1993; Meira et al. 1998). I dati relativi allo

sviluppo embrionale sono sovrapponibili a quelli riportati da Bessent e

Ginther (1988) per la specie equina e da Meira (1998) per quella

asinina. Le valutazioni del profilo biofisico, del benessere fetale,

dell’UFP e del sessaggio del feto sono risultate sovrapponibili ai

precedenti studi condotti sul feto equino (Renaudin et al., 2000;

Bucca et al., 2005;). La risposta della frequenza cardiaca all’attività

fetale è un indice di stress più sensibile rispetto al suo rilevamento

nei periodi di riposo (Vaala e Sertich, 1994); come nella valutazione

del PBF in medicina umana, anomalie nella reattività cardiaca

rispecchiano fenomeni di compensazione dello stato di parziale

ipossia e acidosi metabolica che s’instaurano durante le disfunzioni

patologiche placentari (Manning et al., 1987). Essendo l’infezione

ascendente la causa più frequente della placentite (Giles et al., 1993;

Ousey et al., 2000), i segni clinici, quali l’aumento dello spessore

complessivo utero-placentare e il distacco placentare, possono essere

precocemente diagnosticati. La diagnosi precoce della disfunzione

placentare e dello stato di sofferenza fetale consente di migliorare il

management della gravidanza, del parto e del neonato, permettendo

ove siano diagnosticate condizioni patologiche reali o potenziali per il

feto l’apporto preventivo delle terapie atte a compensare la fattrice e

il mantenimento della gravidanza. Inoltre, con l’obiettivo di tutelare la

sopravvivenza dei neonati è possibile ottenere preventivamente

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informazioni sullo stadio di sviluppo del feto e quindi

dell’incompatibilità alla vita extrauterina, permettendo di

programmare l’assistenza al parto in una struttura Clinica dotata di

un reparto di terapia intensiva neonatale. In conclusione, l’esame

ultrasonografico applicato alla valutazione del PBF, dell’UFP e

dell’accrescimento fetale, rappresenta un’accurata metodica per la

diagnosi di una gravidanza a rischio.

L’applicazione della tecnologia GSM è un affidabile strumento nel

management e nell’assistenza della bovina al momento del parto, così

come riportato per la specie equina, permettendo di conoscere con

attendibilità l’inizio della fase espulsiva. In confronto ai diversi

protocolli elencati nell’introduzione - monitoraggio ecografico della

gravidanza, modificazioni della temperatura corporea, dosaggi di

ormoni e degli elettroliti - che consentono la previsione della data del

parto con l’approssimazione di circa 24 ore, il sistema applicato in

questo studio, permette una precisa determinazione dell’inizio del

travaglio. Il pronto intervento ostetrico e l’adeguata igiene del parto

hanno consentito la prevenzione delle patologie correlate al parto

distocico con conseguente miglioramento delle performance

riproduttive e del benessere animale. La significativa riduzione della

natimortalità denota l’importanza dell’assistenza perinatale ai vitelli,

in particolare della pronta assunzione del colostro e quindi del

successo nel trasferimento dell’immunità anticorpale. Dove il valore

economico del vitello e/o della madre sia particolarmente elevato,

quali figli e madri di tori, figli di trapianti embrionali, l’applicazione

della tecnologia GSM può trovare già da ora un notevole interesse

zootecnico. I risultati ottenuti hanno dimostrato la possibilità negli

allevamenti di ridurre i costi di gestione sanitaria correlati alle

patologie del post-partum, di ottimizzare il management

dell’applicazione delle tecnologie riproduttive e di rimonta interne e di

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incrementare gli indici qualitativi e produttivi dell’azienda. Gli autori

del presente studio stanno attualmente sperimentando dei sistemi

alternativi a quelli impiegati che abbiano costi di acquisto, gestione e

applicazione compatibili con l’industria della produzione del latte.