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Università della Terza Età Cinisello Balsamo Storia dell’Arte Storia dell’Arte Contemporanea a.a. 2016 – 2017 Dott.ssa Francesca Andrea Mercanti

Università della Terza Età Cinisello Balsamo Storia dell ... · Eugene Delacroix, La Libertà che guida il popolo, 1830, olio su tela, Parigi, Museo del Louvre ... luglio 1830,

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Università della Terza Età

Cinisello Balsamo

Storia dell’Arte Storia dell’Arte

Contemporanea

a.a. 2016 – 2017

Dott.ssa Francesca Andrea Mercanti

3.

Il “modello romantico” in

Francia, Inghilterra e

Germania. Eugene Delacroix Germania. Eugene Delacroix

e Theodore Gericault. Ford

Madox Brown. Caspar David

Friedrich

Romanticismo: esperienza artistica e culturale che, dalla fine del Settecento alla metà dell’Ottocento, contrapponendosi al classicismo,

punta alla riscoperta della fantasia e dell’irrazionalità, del sentimento e dell’ingenuità all’interno di una intima compenetrazione di uomo e

natura. È il filosofo tedesco Hegel a mettere in evidenza la doppia declinazione dell’individuo romantico, da un lato la concezione dell’individuo come soggetto, con l’esaltazione dei valori della singolarità dell’individualità e della solitudine e dall’altro la forza dello spirito collettivo, espressa e della solitudine e dall’altro la forza dello spirito collettivo, espressa

nei valori di “popolo” e “nazione”.

Questa seconda declinazione,in cui convergono ideali propri del romanticismo e istanze patriottiche, fa emergere il tema della patria, in

grado contemporaneamente di sollecitare un forte coinvolgimento emotivo del singolo e di suscitare le idee di collettività nazionale e

tradizione storica.

“[…] Nell’arte è insito un ritrarsi dell’uomo in se stesso,

un discendere nel proprio intimo, attraverso cui l’arte si

sbarazza di ogni limite predeterminato nell’ambito del

contenuto e della concezione e fa dell’umano il suo

nuovo oggetto di culto: gli abissi e le vette del

sentimento umano in quanto tale, la generale umanità sentimento umano in quanto tale, la generale umanità

nelle sue gioie e nelle sue sofferenze, i suoi sforzi, le sue

gesta e i suoi destini. […]”

Georg W.F. Hegel, Lezioni di estetica, 1836 – 1838

Gli artisti e gli intellettuali romantici rivendicano il diritto di seguire la propria strada senza aiuti o ostacoli, al fine di

sviluppare la propria sensibilità individuale ed esprimere i sentimenti senza doversi preoccupare delle convenzioni, e anzi

spesso a loro dispetto.

Secondo l’estetica romantica, l’arte ha il compito di infrangere le regole, di trovare nuovi modi d’espressione e di evolversi senza che nessuna definizione prestabilita possa costituire un limite.

Si insiste in particolare sul carattere oscuro dell’ispirazione, sulla sostanziale irrazionalità e libertà dell’atto creativo.

Le caratteristiche formali e stilistiche dei maggiori artisti romantici si differenziano, almeno a livello generale, secondo due linee di tendenza, che traggono origine nella tradizione

pittorica del passato:1. La disciplina del disegno → Caspar David Friedrich e

Francesco Hayez2. La forza del colore →Theodore Gericault, Eugene Delacroix e 2. La forza del colore →Theodore Gericault, Eugene Delacroix e

William Turner.

Caratteristica imprescindibile per la generazione romantica è il riconoscimento dello spazio interiore e soggettivo di un ambito

privilegiato della ricerca artistica.

1. TRADIZIONE ACCADEMICA E CRONACA

IN FRANCIA

2. RAPPRESENTAZIONE MISTICA DELLA

NATURA IN GERMANIANATURA IN GERMANIA

3. NUOVO RAPPORTO TRA UOMO E

NATURA IN INGHILTERRA

1. ROMANTICISMO IN FRANCIA

La pittura romantica francese è fortemente influenzata dal suo legame con la cronaca e i fatti contemporanei; in particolare, i legame con la cronaca e i fatti contemporanei; in particolare, i

soggetti storici – storia antica, moderna e storia letteraria – sono ricorrenti nell’arte sia di Theodore Gericault sia di Eugene

Delacroix, artisti che erano entrambi partiti dall’adesione giovanile della parabola, ormai decadente, di Napoleone.

Eugene Delacroix, Scene

dei massacri di Scio, 1824,

olio su tela, Parigi, Museo

del Louvre

Il quadro rappresenta la repressione nel 1822 della rivolta del popolo greco contro l’impero ottomano scoppiata nel marzo 1821. Nella tela sono

rappresentati solo una piccolissima parte dei diecimila uomini dell’esercito inviati dal Sultano nell’isola di Scio e un’altrettanta piccolissima parte degli

oltre ventimila greci massacrati e presi prigionieri.

Delacroix, fortemente impressionato dalle atrocità della guerra greco – turca, dopo essersi ampiamente documentato sui fatti, progetta una tela ispirata agli eventi del massacro di Scio, relativamente lontani geograficamente ma agli eventi del massacro di Scio, relativamente lontani geograficamente ma

vicini alla coscienza dell’Europa occidentale.Il grande quadro (422x552 cm) viene esposto al Salon con un titolo molto lungo, Scene dei massacri di Scio: famiglie greche attendono la morte o la

schiavitù etc. (Si vedano le svariate relazioni e i giornali contemporanei), e suscita scalpore soprattutto per l’uso disinvolto del colore, giudicato

“repellente” per la sua stesura apparentemente rozza e per la mancanza di disegno delle figure da molti considerate mal eseguite.

Il dipinto si configura come un’opera senza un eroe, ma anche senza un vero asse centrale, intorno a cui tradizionalmente si organizzava

l’immagine → dove generalmente veniva rappresentato il culmine dell’azione, c’è uno spazio vuoto, determinato dalla disposizione a M della scena, che si apre in lontananza verso una pianura riarsa e un

cielo tenebroso, verso un combattimento distante.In primo piano sono raggruppati per nuclei famigliari i prigionieri, tra cui vecchie, donne e bambini, sorvegliati da un soldato turco con un

fucile in mano.fucile in mano.Tutti i personaggi, rielaborati da precedenti opere di Delacroix e da

illustrazioni, appaiono in uno stato di sconfortata prostrazione e sfinimento (alcuni sono feriti, altri si abbracciano disperati e altri

ancora sono morti e agonizzanti).Il motivo patetico,spesso ricorrente nei soggetti di epidemie, può

essere messo in rapporto con la peste scoppiata a Scio in seguito alla strage→ l’ar@sta avrebbe coscientemente combinato in un’unica scena

due episodi, il massacro e le conseguenze dell’epidemia.

“[…] Quest’opera mi da sempre pensare a un

quadro che originariamente doveva

rappresentare una pestilenza e che poi l’artista

trasformò in un massacro a Scio dopo aver letto trasformò in un massacro a Scio dopo aver letto

degli articoli di giornale.”

Stendhal

Eugene Delacroix, Morte di Sardanapalo, 1827, olio su

tela, Parigi, Museo del Louvre

Questo dipinto è strettamente dipendente dal dramma Sardanapalo, scritto da George Byron nel 1821 – Delacroix

dipinse anche almeno sei soggetti tratti da Il Giaurro, un altro poemetto dello scrittore inglese.

L’opera presentata al Salon del 1828 suscitò enorme scalpore per via della modalità di rappresentazione del soggetto storico.via della modalità di rappresentazione del soggetto storico.

Infatti in un’orgia in cui il colore predominante è il rosso sanguigno, il re assiro, semidisteso sul letto in alto a sinistra,

assiste impassibile prima di togliersi la vita, alla distruzione che lui stesso aveva ordinato, di tutto quanto era servito ai suoi

piaceri.

Eugene Delacroix, La Libertà che guida il popolo, 1830,

olio su tela, Parigi, Museo del Louvre

Dipinto da Delacroix sulla scia emotiva degli eventi delle “tre gloriose giornate” dell’insurrezione di Parigi contro la monarchia borbonica nel

luglio 1830, il grande quadro fu esposto al Salon del 1831 e, nonostante le aspre critiche (rivolte soprattutto alla figura femminile a

seno scoperto), nel 1832 venne acquistato dallo stato francese ed esposto al Musee du Luxembourg.

Ritirato dalle sale e relegato ai depositi del museo, il dipinto venne poco dopo restituito all’artista che, con molte difficoltà, riuscì ad

esporlo insieme ad altre sue opere all’Esposizione Universale del 1855. esporlo insieme ad altre sue opere all’Esposizione Universale del 1855. Tornato al Luxembourg nel 1863 alla morte di Delacroix, venne

definitivamente inserito nelle collezioni del Louvre nel 1874.L’elaborazione del dipinto, nel giro di pochissimi mesi, fu molto rapida e l’ultimo restauro risalente al 1982 ha rivelato una stesura di grande

immediatezza, con pochi aggiustamenti portati alla superficie già dipinta (la maggior parte dei quali riguardano la figura della Libertà,

resa più dinamica e il cui volto, inizialmente di tre quarti e rivolto verso il basso, venne trasformato in un elegante profilo).

La composizione, dal forte slancio ascensionale culminante nella figura femminile, è costruita su una piramide la cui base è formata dai

cadaveri e intorno alla quale si assiepano i numerosi personaggi che animano il dipinto. Elementi come il chiaroscuro potente, i forti

contrasti di luce, il colore acceso e l’atmosfera densa di polvere e fumo conferiscono all’immagine un’eccezionale potenza visiva e una

trascinante forza evocativa.*

Più volte nelle pagine del Journal, Delacroix nomina il suo dipinto come “la barricata” o “il 28 luglio”, ma solo in una lettera del 1836 ci fornisce “la barricata” o “il 28 luglio”, ma solo in una lettera del 1836 ci fornisce il titolo completo dell’opera (Il 28 luglio, la Libertà che guida il popolo) e anche una sintetica definizione di esso (“[…]quadro allegorico sugli

avvenimenti di luglio”).Il dipinto è a tutti gli effetti un’allegoria reale, in quanto in esso si

mescolano ideale e reale, storia e allegoria.Di fatto non viene rappresentato alcun episodio preciso degli

avvenimenti del 28 luglio, poiché i protagonisti dell’opera sono la barricata, la Libertà, il popolo e il tricolore rivoluzionario.

La Libertà, una popolana scalza dalla veste succinta come un peplo classico, incarna valori universali ma personifica anche, come indica il

seno scoperto, la patria – madre (poiché suoi sono i figli che si battono per lei) e replica l’iconografia adottata dalla rivoluzione per le immagini

della repubblica (tricolore e berretto frigio). Il popolo, che legittima ogni potere, è composto di lavoratori, artigiani, operai, manovali,

studenti e ragazzi uniti nell’impeto della lotta e pronti al sacrificio della vita.

Secondo alcuni critici, il borghese con il cappello a cilindro, allegoria della nuova classe sociale della borghesia, sarebbe un autoritratto della nuova classe sociale della borghesia, sarebbe un autoritratto

dell’artista.Il tricolore, fisicamente presente al centro della composizione, è

ripreso e ripresentato negli abiti della figura morente che si trascina ai piedi della Libertà sulla sinistra del dipinto ( blusa blu, camicia bianca e

fascia in vita rossa).*

Profondamente legato all’evento che commemora, il quadro resta un unicuum nella produzione di Delacroix.

Pierre Adrien Sollier, La Libertà che guida il popolo,

2011, acrilico su tela

Banconota da 100 franchi del 1980

Pubblicità del marchio di moda 40WEFT

Pubblicità dei grandi magazzini Khadims Egaro

Pubblicità della compagnia telefonica mobile TIM

Manifesto del

democratico

Walter Mondale

per le elezioni del

1984 contro il

repubblicano

Ronald Reagan Ronald Reagan

Copertina dell’album del 2008 Viva la vida or Death

and all his Friends della band inglese Coldplay

Eugene Delacroix, La

Grecia morente a

Missolungi, 1826,

olio su tela,

Bordeaux, Museee

des Beaux Arts

Missolungi è la località greca in cui morì nel 1824 lord George Byron mentre combatteva per l’indipendenza dei Greci dall’impero ottomano.

Eugene Delacroix, Donne di Algeri nelle loro stanze,

1834, olio su tela, Parigi, Museo del Louvre

L’opera nasce dall’esperienza di Delacroix a seguito del suo viaggio in Marocco nel 1832; nei suoi sei mesi di permanenza, l’artista – che

coglie l’occasione per confrontarsi direttamente con l’arte islamica, sentita come una sopravvivenza dell’antico mondo mediterraneo –riempie ben sette album di schizzi con disegni, acquerelli e appunti.

Il dipinto, esposto al Salon del 1834, raffigura l’interno di un harem, la cui atmosfera indolente è sottolineata dagli atteggiamenti delle donne che, mollemente sedute nella stanza in penombra, oziano fumando il

narghilè. Le figure femminili protagoniste della tela emanano un senso di Le figure femminili protagoniste della tela emanano un senso di

languido erotismo, amplificato dall’intreccio sensuale di tocchi di colore intenso, da velature cromatiche calde e morbidamente

avvolgenti.Di fatto il soggetto del quadro è la visione di un mondo abitato

esclusivamente da donne, dell’incarnazione vivente di un sogno ottocentesco di molti spettatori maschili occidentali, di un ambiente

sensuale e voluttuoso.

Theodore Gericault, La zattera della Medusa, 1818 –

1819, olio su tela, Parigi, Museo del Louvre

“Francia alla deriva”

Jean Michelet

La gigantesca tela (491x716 cm) venne esposta al Salon del 1819 col titolo evasivo Scena di naufragio – volutamente anche se

velatamente censurante, come se il soggetto rappresentato fosse una scena di genere – e venne in questa sede fortemente criticata.Nonostante il grande successo che il dipinto riscosse a Londra, dove Gericault soggiornò tra il 1822 e il 1823, il suo acquisto, offerto dal Gericault soggiornò tra il 1822 e il 1823, il suo acquisto, offerto dal

suo autore allo stato francese, venne prontamente rifiutato, per essere poi, nel 1824, accettato nella vendita post mortem delle

opere di Gericault.L’opera è ispirata a un tragico fatto di cronaca che aveva colpito

l’opinione pubblica e scosso gli ambienti politici francesi: il naufragio il 2 luglio 1816 della fregata Meduse, al largo delle coste

del Senegal.

Nicolas Sebastien Maillot, La zattera della Medusa al

Salon Carre del Louvre, 1831, Parigi, Museo del Louvre

Le testimonianze dei superstiti che denunciarono le responsabilità del comandante, un incompetente protetto dalla monarchia borbonica in

seguito condannato da un tribunale militare, diedero vita a un caso politico che impegnò l’opposizione liberale e coinvolse personalmente

Gericault, spingendolo a farsene interprete partecipe. *

La fase preparatoria del dipinto fu molto intensa poiché l’artista non solo raccolse tutta la documentazione possibile sul fatto, ma interrogò

i testimoni diretti, si fece costruire un modello in scala della zattera, i testimoni diretti, si fece costruire un modello in scala della zattera, osservò dal vero il cielo e i movimenti del mare in tempesta e studiò

dal vivo anche alcuni cadaveri.Numerosi disegni e schizzi testimoniano l’incertezza di Gericault sul

momento da illustrare → vengono scarta@ uno dopo l’altro sia

l’episodio del salvataggio (troppo consolatorio), sia quelli

dell’ammutinamento e del cannibalismo (troppo crudi) e viene invece

scelto il terribile momento tra speranza e disperazione in cui viene

avvistata dopo 13 giorni la nave di salvataggio, Argo.

Per realizzare il quadro, Gericault si trasferì in uno studio più grande

dove era ammesso esclusivamente un gruppo ristretto di amici e allievi

(tra cui il giovanissimo Delacroix) che si prestavano a fargli da modelli.

Dipingeva sulla tela nuda, senza preparazione né abbozzo, sulla base

del solo disegno, con una stesura di colore rapida e sicura, senza

ritocchi e ottenuta anche grazie all’uso di olio grasso di rapida

essicazione.

Doppio impianto piramidale (vertici nella vela della zattera e nel cencio

svolazzante) su cui si ammassano cadaveri e figure ormai sconfitte e

contemporaneamente in un ultimo anelito di speranza, ne svettano contemporaneamente in un ultimo anelito di speranza, ne svettano

altre.

L’estrema drammaticità del momento è accentuato dalla generale

impostazione cupa, dai violenti contrasti di ombra e luce e dai riflessi

lividi del cielo.

Ogni riferimento culturale – tra cui Michelangelo e Caravaggio, studiati

durante il soggiorno romano del 1816 – 1817 – è riassorbito in un

linguaggio di inedita e antesignana potenza realista.

Galata morente, 230 – 220 a.C., marmo, Roma, Musei

Capitolini

Pierre Adrien Sollier, La Libertà zattera della Medusa,

2009, acrilico su tela

Adad Hannah, The Raft of the Medusa (100 Mile

House) 8, 2008, fotografia a colori

Banksy, La zattera della Medusa, 2015, murales

David LaChapelle, Deluge, 2006, Stampa digitale

Theodore Gericault, Alienata con

monomania del gioco, 1821 –

1823, olio su tela, Parigi, Museo

del Louvre

Theodore Gericault, Alienato con monomania del comando militare, 1821 – 1823, olio su tela, Winterthur, Fondazione Reinhart

Theodore Gericault, Alienata

con monomania dell’invidia,

1821 – 1823, olio su tela,

Lione, Musee des Beaux Arts

Theodore Gericault, Alienato

con monomania del furto,

1821 – 1823, olio su tela,

Gand, Musee des Beaux Arts

Questa serie di ritratti di malati mentali vennero realizzati da Gericault

dalla fine del 1821 per Etienne – Jean Georget, primario dell’ospedale

psichiatrico della Salpetriere di Parigi → il giovane medico studioso di psicologia non solo considerava la follia una malattia che potesse

essere alleviata con una terapia basata su tolleranza e comprensione, ma collegava i disturbi mentali alla fisiognomica e classificava la follia

ricorrendo all’osservazione dei lineamenti del viso.Questi quattro ritratti furono usati dal medico come materiale

didattico – dimostrativo nel suo corso di patologia medica.Tutti i ritratti sono efficaci nel restituire i segni del disordine mentale Tutti i ritratti sono efficaci nel restituire i segni del disordine mentale delle persone classificate secondo le diverse monomanie di cui sono affette, ma allo stesso tempo i volti non mostrano tratti esasperati e non presentano una mimica grottesca o attributi insoliti e nemmeno

una minacciosa aggressività.Il turbamento psichico di questi alienati si rivela piuttosto

nell’espressione vigile dei volti, quasi diffidenti, e traspare dalla fissità allucinata degli occhi, rivolti a un interlocutore immaginario o spenti

nel vuoto.

ROMANTICISMO IN GERMANIA

La prima teoria generale dell’arte figurativa romantica in Germania è ad opera

di Schlegel che nel 1803 con Principi generali sull’arte pittorica afferma che la

pittura deve tendere alla poesia, e più specificamente all’universalità in cui si

trovano unite poesia, filosofia e religione.

Una seconda sistemazione teoretica, ancora più precisa è messa in opera da

Schelling nel 1807 con il saggio Le arti figurative e la Natura,in cui egli pone al

centro l’arte figurativa come legame attivo, tra i due poli dell’anima e della centro l’arte figurativa come legame attivo, tra i due poli dell’anima e della

Natura ,e afferma che l’arte deve unire concetto e forma, anima e corpo,

andando al di là di se stessa, da un lato rendendo visibile l’anima nel modo

più pieno e dall’altro cogliendo la Natura come forza creatrice.

L’arte in cui trovano concreta realizzazione tutte queste teorie è quella di

Caspar Friedrich, in cui arte e filosofia si uniscono e in cui ha inizio anche un

nuovo rapporto con la natura, intesa come luogo dell’immersione e

dell’esperienza spirituale di ogni individuo.

Caspar David Friedrich, Monaco in riva al mare, 1810,

olio su tela, Berlino, Nationalgalerie

“Un pittore dovrebbe dipingere non solo ciò che vede innanzi a sé,

ma anche ciò che vede dentro di sé.”

Caspar David Friedrich

il dipinto è occupato per quattro quinti da un cielo ininterrotto e

puro, mentre la parte restante è occupata dalle strisce sottili del

mare e della riva.

Lievemente decentrata rispetto al centro del paesaggio, si staglia la

piccola figura di un monaco, eretto a guardare in lontananza.piccola figura di un monaco, eretto a guardare in lontananza.

La scena, drasticamente ridotta a tre elementi, terra, acqua e cielo,

come se si trattasse di una sorta di scheletro naturale

assolutamente spoglio nella sua tripartizione, trasforma il

paesaggio in un nuovo tipo di immagine, quasi meditativa, grazie

all’introduzione della solitaria e minuscola figura del monaco che,

con la schiena rivolta allo spettatore, sembra essere come sospeso

nel nulla.

Il monaco in meditazione si colloca ai confini del mondo materiale,

confrontandosi prima con la distesa di mare visivamente sottile

ma incommensurabile che, sull’orizzonte basso e continuo,

diventa poi cielo, un vuoto di nebbia e nuvole che si estende

all’infinito ed è accessibile solo alle sensazioni interiori.

Il forte contrasto tra materiale e immateriale passa attraverso una

spazialità anticonvenzionale che trasmette la sensazione di spazialità anticonvenzionale che trasmette la sensazione di

trovarsi di fronte a un mondo privo di limi@ → Friedrich eleva il

paesaggio a un livello di assoluta potenza emozionale e simbolica.

L’artista propone con quest’opera un’arte pervasa di religiosità, ma

al posto delle tradizionali immagini sacre, presenta l’immagine di

un paesaggio nei suoi elementi più essenziali.

Caspar David

Friedrich, Le bianche

scogliere di Rugen,

1818, olio su tela,

Winterthur,

Fondazione Reinhart

Il dipinto – pervenuto alla attuale collocazione intorno al 1930 e

parte fino al 1920 circa della collezione Freund con

un’attribuzione a Blechen, artista contemporaneo di Friedrich e

fortemente influenzato dalla sua produzione – è databile poco

dopo il matrimonio del pittore, poiché vi compare la sua giovane

moglie Caroline.

Va specificato che l’isola di Rugen, un lembo di terra che si

affaccia sul mar Baltico tra il golfo di Lubecca e quello di

Pomerania, fu una delle tappe, insieme al villaggio natale Pomerania, fu una delle tappe, insieme al villaggio natale

dell’ar@sta, del viaggio di nozze di Friedrich → egli era stato

particolarmente impressionato da questo luogo già nell’estate

del 1801, quando vi aveva soggiornato e aveva avuto occasione

di riempire numerosi taccuini di schizzi e disegni.

Non è mai stato identificato il luogo esatto rappresentato, anche

se è probabile che alcuni spunti siano tratti dalla località di

Stubbenkammer, a nord – est dell’isola.

La scena è inquadrata da una quinta di altissime rocce bianche

aguzze inondate di luce a picco sul mare mentre un burrone

vertiginoso è incorniciato da faggi in controluce che coprono con

le loro fronde.

Nella zona in ombra alla base del dipinto compaiono tre figure,

poco più che sagome nel controluce, marginali rispetto alla

vastità dell’orizzonte marino e alla bellezza della natura

incontaminata: una donna vestita di rosso, seduta sul bordo del

precipizio e aggrappata a un arbusto, che guarda e indica precipizio e aggrappata a un arbusto, che guarda e indica

qualcosa; un gentiluomo, carponi sul ciglio dello strapiombo,

fruga tra l’erba come se cercasse qualcosa dopo aver

abbandonato a terra il proprio cappello a cilindro, rotolato poco

oltre; e infine un secondo uomo, in piedi all’estremità destra

della scena, è appoggiato a un tronco spezzato con le braccia

conserte e sembra assorto nei suoi pensieri, con lo sguardo

dritto davanti a sé, oltre l’abisso.

Molti sono gli elementi che hanno un significato simbolico o

allegorico: il mare (simbolo di eternità), le piccole barche in

lontananza (simbolo dell’incerto viaggio dell’anima verso la vita

eterna), le tre figure (rispettivamente allegoria delle virtù

cardinali Carità, Fede e Speranza) e addirittura la pianta d’edera

(probabile allusione all’immortalità dell’anima o emblema

dell’amore che vince la morte, secondo altri).

Le silenziose figure umane del dipinto fungono da parametro di Le silenziose figure umane del dipinto fungono da parametro di

confronto con la vastità del paesaggio ma anche da misura della

fragilità umana → la figura carponi al centro della tela esprime lo sconforto dell’uomo davanti all’infinito mentre il personaggio

che guarda senza paura il vuoto, probabilmente un autoritratto di Friedrich, attesta l’anelito dell’anima all’infinito, raggiungibile

solo attraverso l’amore rappresentato dalla donna in rosso.

ROMANTICISMO IN INGHILTERRA

In Inghilterra, il rapporto con la natura, importante come per la pittura

tedesca, si unisce all’aspetto visionario e ne determina caratteristiche diverse.

Il saggio del 1756 di Burke Ricerca filosofica sull’origine delle idee del sublime

e del bello, aveva posto le basi teoriche dell’evoluzione romantica sia in senso

naturalistico sia visionario.

Alla concezione romantica della natura, e quindi alla pittura di paesaggio che

la esprimeva,contribuisce all’arte romantica inglese la teoria del sublime.la esprimeva,contribuisce all’arte romantica inglese la teoria del sublime.

Completamente diverso dal bello, si basa sugli oggetti e sui fenomeni naturali

che per la loro grandezza, per il senso dell’orrido, dell’infinito o della

solitudine, e per il loro scatenarsi, determinano un sentimento di orrore che

fa unire la paura e il piacere (lo stesso avveniva anche per fatti provocati

dall’uomo, come gli incendi).

Alla teoria sul sublime si affiancava quella del pittoresco elaborata da Gilpin

nel 1792 nel saggio Tre saggi sulla bellezza pittorica, sul viaggio pittoresco e

sul paesaggio abbozzato e da Price nel 1794 con Un saggio sul pittoresco

paragonato al sublime e al bello.

In particolare, nel pittoresco confluisce un concetto di bellezza

non regolare, non ordinata, ma spontanea, varia e quindi

naturale e selvaggia.

Uno degli artisti che sono più fortemente influenzati dalle teorie

del sublime e del pittoresco, che sono quasi due facce della del sublime e del pittoresco, che sono quasi due facce della

medesima medaglia, è William Turner, che crea una specie di

“sublime naturale”, incorporando alla pittura il concetto di

infinito, secondo la teorizzazione tedesca, e lavorando in modo

parallelo ma opposto a quello di Friedrich.

William Turner, Bufera di neve: Annibale e il suo esercito

attraversano le Alpi, 1812, olio su tela, Londra, Tate

Gallery

Caratterizzata dall’irregolarità “pittoresca” della sua struttura,

impostata senza precisi assi geometrici e in rottura con le regole

compositive tradizionali, l’opera di Turner trae spunto da un episodio

da un episodio a cui aveva assistito: nel 1810 egli era stato testimone

di una violenta tormenta di neve in campagna, in occasione della quale

aveva tracciato uno schizzo veloce delle grosse nubi che si

addensavano e delle caratteristiche del fenomeno atmosferico.

Inoltre, le fon@ ar@s@che dell’opera sono molteplici → le an@che

descrizioni della marcia dell’esercito cartaginese su Roma, alcuni oli e descrizioni della marcia dell’esercito cartaginese su Roma, alcuni oli e

acquerelli che l’artista aveva eseguito ispirandosi a paesaggi alpini e

anche il dipinto Bonaparte che valica il Gran San Bernardo di David.

Fondendo esperienze reali e immaginarie, Turner traduce l’episodio

storico in un paesaggio sublime, come una sorta di visione apocalittica

che piacque molto alla critica contemporanea in quanto era

espressione della magnificenza del terribile e della violenza della

natura.

Imponente sul resto della figurazione, compare una sorta di “onda” in

cui si fondono turbini di neve e nuvole in tempesta, mentre nella parte

inferiore del dipinto si svolgono, più evocati che non realmente

rappresentati, episodi di saccheggio e violenza.

I neri, i grigi e i bianchi formano una pesante cortina atmosferica che il

sole, pallido e spento, non riesce a penetrare (solo in lontananza la

luce rivela una valle che si perde nell’orizzonte).

Il soggetto rientra nel genere storico, ma la notevole differenza di scala

tra uomini e natura rompe le convenzioni e gli schemi classici della tra uomini e natura rompe le convenzioni e gli schemi classici della

piNura di storia, il protagonista era generalmente l’uomo → il turbine

degli agenti atmosferici si rivela come una forza onnipotente e

schiacciante che ridimensiona con la sua violenza le imprese degli

uomini e che rende tutto instabile e transitorio.

Questa suggestione di precarietà e transitorietà, restituita attraverso la

polverizzazione delle immagini per mezzo degli effetti luminosi, rende

Turner un precursore, almeno a proposito della tecnica pittorica, degli

impressionisti.

William Turner, Incendio della Camera dei Lords e dei

Comuni il 16 ottobre 1834, 1835, olio su tela, Cleveland,

Cleveland Museum of Arts

Considerato un esempio pittorico del “sublime”, il dipinto venne

realizzato nella piena e compiuta maturità artistica di Turner,

caratterizzata da un modo più libero di rappresentare il

paesaggio e fondata sulla contrapposizione di grandi masse di

colore.

Nuovamente, lo spunto è un avvenimento realmente accaduto, a

cui l’artista aveva potuto assistere di persona: l’incendio che

aveva avvolto il Parlamento inglese nell’ottobre del 1834 era

stato osservato da Turner direttamente da una barca in acqua

nel Tamigi ed era stato fissato in alcuni schizzi a matita e

stato osservato da Turner direttamente da una barca in acqua

nel Tamigi ed era stato fissato in alcuni schizzi a matita e

acquerello da diversi punti di vista.

Il senso di un insieme indistinto si unisce alla restituzione di

alcuni dettagli narrativi (l’edificio incendiato al centro, colto nel

repentino momento in cui una folata di vento fa piegare le

fiamme verso l’acqua, le torri dell’abbazia di Westminster,

bianche nella cortina di fumo, le pompe ad acqua dei pompieri

trasportate sul luogo del disastro da un battello a vapore).

Le coordinate spaziali, più suggerite che disegnate, sono la

diagonale di barche che prosegue al di là delle fiamme, il ponte

di Westminster, la mole delle torri dell’abbazia, lo scorcio di un

edificio arrossato da fuoco e la sponda celata del ponte di

Waterloo.

Forma e spazio sono definiti da macchie di colori puri e la

struttura a vortice al centro della composizione esemplifica struttura a vortice al centro della composizione esemplifica

l’idea, di derivazione illuminista, di dinamismo cosmico, secondo

cui il movimento universale si sottrae al controllo della ragione

tanto che sulla superficie del quadro tutto si confonde e si

compenetra.

La tela sembra trascendere i fatti naturali in favore di una fusione

di elementi in cui tutto appare tremolante e spettrale.

Ford Madox Brown, Il lavoro, 1852 – 1865, olio su tela,

Manchester, City Art Gallery

Il dipinto, elaborato nell’arco di tredici anni, rappresenta una

scena chiusa in alto da un arco ribassato e ambientata nella strada

principale del sobborgo londinese di Hampstead. Al centro della

tela compare una squadra di sterratori dai gesti quasi eroici.

A destra, come osservatori, si trovano il filantropo John Frederick

Denison (fondatore del Queen’s College per l’istruzione

femminile) e l’intellettuale di idee socialiste Thomas Carlyle → questi colti vittoriani rappresentano il ceto intellettuale illuminato, attento alle difficoltà delle classi meno abbienti che si propongono attento alle difficoltà delle classi meno abbienti che si propongono

di migliorare attraverso l’educazione, la religione e l’azione politica.

I personaggi sulla sinistra corrispondono a una precisa gerarchia economica: la classe ricca e agiata è rappresentata dalla signora e dal gentiluomo a cavallo, quella media dalle donne eleganti (una delle quali distribuisce trattati sulla temperanza), quella povera

dalla fioraia vestita di stracci a piedi nudi.

In basso, in primo piano, un gruppo di miseri trovatelli è sorvegliato

dalla sorella maggiore che tiene in braccio un neonato e tira i capelli al

fratello più indisciplinato.

Anche i cani sono connotati socialmente: l’aristocratico cagnolino da

corsa indossa una mantella rossa che lo distingue nettamente dal

cucciolo sonnecchiante degli sterratori e dal malandato bastardo degli

orfani.

La scena si estende in profondità, oltre la balaustra a destra, lasciando

intravedere, un microcosmo di vita moderna → un polizioNo è alle intravedere, un microcosmo di vita moderna → un polizioNo è alle

prese con una ragazza con un canestro di arance, un gruppo di

manifestanti si accanisce contro un politico corrotto, un manifesto

informa i passanti dell’apertura di un orfanotrofio e di una ricompensa

per un furto.

Questa miriade di episodi ruota attorno al tema principale del dipinto,

costituito dall’attività degli sterratori che, nell’Inghilterra di metà

Ottocento, incarnavano una categoria di lavoratori al servizio della

modernità.

Banksy, Le spigolatrici di Millet