Walter Privitera - Dispensa Habermas

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Walter Privitera

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Walter Privitera

Dispensa sul pensiero di Jrgen Habermas

Jrgen Habermas (Dsseldorf 1929) uno dei maggiori teorici della societ. La sua teoria si colloca a cavallo tra filosofia e sociologia e si dispiega in una complessa parabola di pensiero sviluppata per pi di mezzo secolo.

Sfera pubblica

Il punto di partenza della riflessione di Habermas il concetto di sfera pubblica, cui dedicato il suo primo studio sistematico: Storia e critica dellopinione pubblica (1962). In questopera sono presenti numerosi motivi teorici ripresi dalla Kulturkritik di Horkheimer e Adorno, primo fra tutti la sottolineatura del potenziale di manipolazione delle coscienze insito nei mass media. Habermas tuttavia sviluppa fin dallinizio una concezione della sfera pubblica che lo avvicina pi a Kant che ai teorici francofortesi di prima generazione. Lascendenza kantiana, che lo accompagner per tutta la sua parabola di pensiero, riconoscibile nellidea illuministica secondo cui la sfera pubblica in primo luogo lambito in cui si sviluppa la critica, e nel quale ci si pu liberare da pregiudizi e chiusure mentali. Per Habermas parlare di sfera pubblica significa indicare le possibili distorsioni della comunicazione che in essa si possono verificare, ma soprattutto esplicitare il potenziale di apprendimento critico e di emancipazione che le insito.

La sfera pubblica (ffentlichkeit) cosa diversa dallopinione pubblica. Non la semplice espressione di orientamenti di un pubblico, come quelli che si rilevano con le indagini demoscopiche; indica piuttosto linsieme dei processi comunicativi tramite cui le opinioni dei singoli giungono a maturazione. Ogni seria discussione presuppone laccettazione, da parte dei parlanti, della peculiare forza di convincimento degli argomenti. Tale forza il fenomeno che sta alla base di ogni sfera pubblica ben funzionante. Ci tuttavia non basta a costituire una sfera pubblica; essa infatti da comprendere anche storicamente, come il risultato di forme di vita molto particolari (e ancora molto rare nel mondo) in cui malgrado le diseguaglianze di potere, ricchezza, forza fisica che si producono spontaneamente in misura pi o meno squilibrata in tutte le societ, si riesce ad affermare un principio discorsivo di riconoscimento dei buoni argomenti che vale indipendentemente dallo status di chi li presenta: Veritas, non auctoritas facit legem, afferma Habermas scrivendo della sfera pubblica, e indica cos ci che a suo parere segna la linea di demarcazione tra le societ stratificate e autoritarie del passato e le democrazie moderne. La sfera pubblica il risultato di un nuovo assetto della societ, affermatosi con lilluminismo, che trasforma il principio di legittimit dellesercizio del potere. Non pi la tradizione o linvestitura divina a legittimare chi governa, ma il consenso di liberi cittadini portatori di diritti di partecipazione politica democratica.

Come si detto, Habermas studia la sfera pubblica perch essa lambito privilegiato in cui nelle societ moderne si produce la critica. Da questo punto di vista, quindi, la sfera pubblica non ha un significato circoscritto soltanto ad un aspetto della vita sociale; rappresenta piuttosto il punto di partenza per una riflessione pi ampia che investe la teoria della societ nel suo complesso e porta in un certo senso a compimento il progetto della teoria critica di Horkheimer e Adorno. Comune a tali teorici lo sforzo di formulare una diagnosi della societ che metta in risalto le patologie sociali prodotte dalla societ moderna nonch di individuare i potenziali di critica in essa presenti. Con tale compito si misura anche la teoria di Habermas.

Weber, per esprimere la sua diagnosi dei nostri tempi (Zeitdiagnose), aveva usato la metafora della gabbia dacciaio. Con questa immagine si esprime lidea che luomo moderno soggetto ad una serie di costrizioni tipiche del nostro tempo, e non pu sottrarsi al tipo di vita che gli viene imposta dalle due grandi novit prodotte dalla societ moderna: leconomia capitalistica e la burocrazia. La condotta che la sfera economica e quella amministrativa ci obbligano a osservare ci viene presentata da Weber come una sorta di prigione mentale. Anche Adorno aveva ripreso questo motivo weberiano quando aveva definito la realt sociale dei nostri giorni come un mondo totalmente amministrato. Al pari di Horkheimer, Adorno leggeva la realt sociale a partire dallesperienza tragica dellavvento del nazifascismo in Europa, della guerra e dellolocausto, fenomeni che apparivano ai loro occhi come il culmine di un processo storico di razionalizzazione che priva luomo dellautonomia individuale e di una prospettiva di emancipazione.

Habermas, che pure prende molto sul serio lallarme weberiano e dei maestri francofortesi per un mondo sociale autonomizzato, che invece di essere finalizzato alle esigenze delluomo impone ad esso di adattarsi alla societ cos com, ritiene per che la societ disponga anche delle risorse necessarie per correggere le proprie patologie. Egli vede nella sfera pubblica quel luogo della critica sociale che dopo il fallimento delle speranze riposte dal marxismo nella classe operaia sembrava essere scomparso dalle mappe mentali del pensiero sociologico. In ci Habermas sorretto dallesperienza dellEuropa democratica del dopoguerra, in cui si fa strada lentamente una nuova effervescenza della vita pubblica. Movimenti di protesta giovanile, pacifismo, trasformazioni che impongono un profondo ripensamento delle tradizionali identit di ruolo e di genere, costituiscono lo sfondo su cui egli avvia una complessa riflessione che parte dalla sfera pubblica e si concentra poi sul tentativo di costruire una teoria capace di definire la natura dei potenziali di critica presenti nella societ moderna.

Lo studio di Habermas sulla sfera pubblica rappresenta la prima approssimazione alla sua futura teoria della societ, e come tale illustra anche alcuni tra i problemi che tale teoria chiamata a risolvere. La domanda principale che sin dallinizio muove la sua riflessione pu essere espressa nei termini seguenti: perch si pu ritenere che la discussione in pubblico, nonostante tutte le possibili e frequenti manipolazioni, contenga un potenziale di critica? Lintera parabola intellettuale habermasiana pu essere ricondotta a questo problema di fondo. Habermas tenta di rispondere a questa domanda studiando la dimensione intersoggettiva dellagire sociale. E infatti nellinterazione sociale che si possono analizzare nella maniera pi precisa le modalit comunicative che trovano applicazione nella sfera pubblica.

Agire

Lelaborazione della proposta teorica habermasiana parte da una distinzione tra agire comunicativo, che designa la prassi degli attori sociali nelle interazioni regolate normativamente, e agire strategico, che indica la prassi degli attori sociali quando tentano di influenzarsi reciprocamente. Linteresse di Habermas va allo studio dellagire comunicativo, indubbiamente il fenomeno pi complesso e pi utile per studiare le regole che presiedono alle relazioni interpersonali: regole morali, giuridiche, abitudinarie, di etichetta che costituiscono insieme il tessuto simbolico del mondo della vita sociale.

Pu essere utile soffermarsi su questo modo di intendere le regole. Habermas sviluppa un concetto di ragione comunicativa che va molto oltre i ristretti criteri della teoria weberiana. Egli critica, ad esempio, il cosiddetto decisionismo weberiano, ossia lidea secondo la quale in campo morale si pu parlare di razionalit solo in relazione a criteri di coerenza interna. Nel confronto fra concezioni morali, invece, non possibile applicare criteri razionali; In ultima istanza ci che rimane una mera decisione, che non pu essere giustificata razionalmente. Habermas, che come altri studiosi della sua generazione profondamente segnato dallesperienza traumatica del nazismo, rifiuta tutte le concezioni che sfociano in forme pi o meno esplicite di relativismo morale. Il suo un approccio di cognitivismo morale (simile a quello di L. Kohlberg) la cui tesi di fondo che, accanto alle questioni relative al vero, anche le questioni relative al giusto possono essere discusse in modo tale da poter distinguere gli argomenti buoni da quelli cattivi.

Ci significa che alla razionalit tecnico-scientifica si affianca, kantianamente, una razionalit pratica che possiamo ricostruire a partire dallanalisi della comunicazione linguistica nel fitto intreccio di regole di cui consiste il mondo della vita sociale. Quindi la razionalit pratica non ha bisogno di sorreggersi, come pensava Weber, sulla razionalit conforme allo scopo, ma deve piuttosto essere pensata come dotata di criteri propri, riconducibili al fatto che la vita sociale non determinata soltanto dal modo in cui luomo trasforma la natura esterna, ma risulta in modo altrettanto importante dai rapporti intersoggettivi che innervano lagire sociale. Questa idea di agire ispira anche il modo in cui Habermas rielabora leredit di Marx. Egli apprezza della teoria di Marx lorientamento critico che lo induce a cercare i potenziali di emancipazione sociale insiti nella prassi sociale. Ma per salvare questa ispirazione egli ritiene che occorra rivedere dalle fondamenta limpianto di questa teoria (Habermas, 1976), a partire dalla centralit che Marx attribuisce al lavoro sociale.

La sua critica simile a quella mossa a Weber. Poich secondo Habermas la riproduzione della vita sociale non avviene soltanto attraverso la trasformazione della natura esterna tramite il lavoro, ma dipende anche dai rapporti intersoggettivi che legano i singoli gli uni agli altri, egli aggiunge accanto alla categoria marxiana del lavoro anche quella di interazione. Una delle principali conseguenze di questa distinzione che lemancipazione delluomo, che Marx affida al lavoro sociale, non pu essere veramente tale se pensata come un progetto che si gioca soltanto sul versante del crescente controllo tecnico della natura e sul riscatto dei lavoratori dalla miseria; oggi, in una societ tendenzialmente opulenta, un progetto di emancipazione non pu basarsi solo sulla prospettiva di una crescita infinita della produzione di ricchezza; deve invece comprende anche la critica di altre forme di oppressione legate alla dimensione dellinterazione: la liberazione dalla fame e dalla fatica non coincide necessariamente con la liberazione dalla servit e dalla degradazione (Habermas, 1975, p. 47).

Sia che si parli della coppia di lavoro e interazione che del rapporto tra agire strategico e agire comunicativo, alla base della elaborazione di Habermas rimane un impianto duale che distingue analiticamente tra una razionalit tecnico-scientifica limitata al calcolo e a stretti criteri di efficacia, corrispondente a ci che nella tradizione della filosofia tedesca si chiama intelletto, e una pi ampia razionalit comunicativa, corrispondente a ci che nella tradizione filosofica tedesca si chiama ragione. Da qui il centro sistematico della teoria di Habermas, che consiste nello sforzo di ridefinire lidea di ragione in termini di agire comunicativo. Questa operazione molto ambiziosa di traduzione dei principali motivi teorici della grande tradizione filosofica tedesca nei termini di una teoria dazione incentrata sul ruolo centrale della comunicazione linguistica loggetto di ci che Habermas chiama svolta linguistica.

Svolta linguistica e agire comunicativo

Riformulare grazie alla svolta linguistica il concetto di ragione e riproporlo in termini di agire comunicativo significa affrontare uno sforzo imponente di trasformazione concettuale, tanto della filosofia sociale quanto della teoria della societ. Habermas per non il solo a seguire questa strategia. Il XX secolo profondamente influenzato da questo mutamento di prospettiva, che porta dalla coscienza solipsistica di un soggetto conoscente e agente ad un nuovo paradigma che prima ancora di occuparsi della coscienza riconosce nel linguaggio il meccanismo originario che ci consente di pensare e fare. Da Wittgenstein a Saussure, da Heidegger a Mead il linguaggio diventa il principale oggetto della riflessione teorica del nostro tempo. Habermas introduce la svolta linguistica nellambito della teoria della societ tramite il concetto di agire comunicativo, che risponde ad una sorta di trasformazione materialistica dellimpostazione teorica kantiana. Come Marx aveva messo coi piedi per terra la dialettica idealistica di Hegel, trasferendola dallo spirito alle dinamiche della vita sociale, cos si potrebbe affermare che Habermas mette con i piedi per terra lidealismo kantiano trasformandolo in una teoria empirica della societ che mette al posto del soggetto trascendentale il linguaggio e il suo contesto di mondo della vita sociale. Il linguaggio infatti per Habermas il meccanismo costitutivo di qualsiasi attivit sociale, e lo strumento principale di coordinamento dellagire. Ci significa che la comunicazione linguistica non va pensata come mero strumento di trasporto di informazioni tra soggetti preesistenti. Sono piuttosto le identit individuali a costituirsi grazie al linguaggio nei processi di socializzazione. In una parola: prima viene linterazione linguistica e poi la soggettivit.

Questa importante intuizione, che risale alla teoria di G. H. Mead, ulteriormente sviluppata da Habermas con laiuto della teoria degli atti linguistici di J.L. Austin. Secondo questo approccio teorico, nella comunicazione della vita di tutti i giorni non possibile distinguere nettamente il dire dal fare. Quando, ad esempio, si promette qualcosa, lenunciazione della promessa gi un fare: coincide con la promessa. Secondo Habermas, nelle espressioni linguistiche considerate da un punto di vista pragmatico (da non confondere con laspetto semantico o sintattico del linguaggio), si possono distinguere due parti principali: la parte performativa e quella proposizionale. Prendiamo ad esempio la frase ti comunico che viene Patrizia. Viene Patrizia la parte proposizionale, che fornisce informazioni su ci che accade nel mondo. La parte performativa a volte rimane implicita, ma logicamente necessaria, perch fornisce informazioni irrinunciabili sul tipo di relazione che il parlante instaura con chi ascolta. Ce differenza tra dire: ti comunico che viene Patrizia, o invece: ti assicuro (ti ricordo, ti prometto, ti avverto, ti confesso) che viene Patrizia. Habermas sviluppa lanalisi della comunicazione linguistica (che sta al centro della teoria dellagire comunicativo) prima nei termini di una teoria della competenza comunicativa che indica alcune capacit di espressione linguistica di cui dispongono tutti i parlanti, poi nei termini di una pragmatica universale che mostra come la comunicazione, sebbene possa essere impiegata anche per finalit strategiche, miri per sua natura allintesa intersoggettiva. La tesi centrale della teoria habermasiana che in tutti i linguaggi naturali insita una particolare struttura che fa si che in ogni serio atto linguistico il parlante metta in gioco se stesso, con tutta la propria credibilit. In estrema sintesi, si sostiene che ogni parlante che voglia essere preso sul serio, pretende implicitamente che ci che esso dice sia considerato valido dai propri interlocutori. Ci significa che tutte le volte che noi comunichiamo tramite il linguaggio, avanziamo implicitamente delle pretese di validit. Habermas ne distingue tre: pretese di verit, pretese di giustezza (o adeguatezza) e pretese di veridicit. Tali pretese di validit hanno due caratteristiche principali: sono universali, perch sono riscontrabili empiricamente in tutti i linguaggi naturali, e sono inoltre criticabili, perch nella loro esecuzione richiedono sempre (esplicitamente o implicitamente) una risposta, ossia una presa di posizione da parte di chi ascolta. Lascoltatore, infatti, quando risponde al parlante con un S o con un No, prende posizione su una (o pi) pretese di validit. Se, per esempio, in treno chiedo al bigliettaio di portarmi un cocktail, egli con tutta probabilit si rifiuter di farlo, e il motivo del rifiuto non potr che essere la tematizzazione dellinfondatezza della pretesa di validit insita nella mia richiesta. Probabilmente il bigliettaio argomenterebbe che non suo compito portare le bevande, mostrando come la mia pretesa di validit, ossia la mia implicita pretesa di essere preso sul serio con la mia richiesta di avere un cocktail, non sia adeguata alla situazione. Egli potrebbe poi estendere i motivi della sua critica problematizzando la mia implicita pretesa di verit, visto che tutti sanno che non vero che in treno si vendono superalcoolici. E potrebbe infine mettere in dubbio persino la mia sincerit (ossia la pretesa implicita di veridicit insita nella mia richiesta), sostenendo che la mia vera intenzione non comunicativa ma strategica; non si tratterebbe in realt di avere una bevanda, ma di umiliarlo davanti agli altri viaggiatori, attribuendogli un ruolo meno prestigioso di quello che effettivamente ricopre.

Lanalisi delle pretese criticabili di validit che noi inevitabilmente avanziamo nellagire comunicativo mette in luce un altro aspetto importante del linguaggio, ossia che la comunicazione finalizzata allintesa. Naturalmente molto spesso nei fatti non si raggiunge unintesa, e si discute, o si polemizza per lungo tempo senza risultato. Tuttavia ogni controversia ha senso soltanto in relazione allidea di convincere laltro, ossia di giungere ad unintesa grazie alla forza dellargomento migliore. Si raggiunge unintesa quando lascoltatore accetta come vere, giuste o sincere le pretese di validit avanzate dal parlante. In caso di mancata intesa, si mettono in moto processi discorsivi di problematizzazione delle pretese validit. Ci pu avvenire nella dimensione ristretta di un piccolo gruppo, ma anche in gruppi pi estesi, che mettono in discussione vedute o standard di una intera societ. Quando ad esempio una giovane generazione critica i modelli di comportamento dei padri, vecchie pretese di validit vengono sottoposte a vaglio discorsivo, e se gli argomenti critici risultano convincenti, si affermano nuovi modi di vedere e nuove concezioni della vita sociale.

Lo studio dellagire comunicativo serve ad Habermas per analizzare le modalit con cui si coordina lagire nei contesti intersoggettivi della vita quotidiana. Lesempio del bigliettaio mostra che il nostro agire comunicativo fa riferimento ad un consenso normativo di fondo condiviso. In questo caso il consenso riguarda i compiti dei bigliettai, diversi da quelli dei camerieri. Si danno per casi in cui lo stesso consenso normativo di fondo ad essere chiamato in causa. In questi casi non si discute delle pretese di validit che un parlante avanza in maniera pi o meno appropriata in un contesto della vita quotidiana, ma della validit delle norme su cui le pretese di validit poggiano, ad esempio regole di tipo tecnico o nome morali. Si tratta di un livello di problematizzazione pi astratto, potremmo dire di secondo grado, che Habermas chiama discorso (Diskurs). Qui i partecipanti al discorso (scienziati o filosofi), sgravati dalle urgenze della vita pratica, discutono della fondatezza di norme che la vita sociale ha problematizzato. Con i suoi studi sullEtica del discorso (1983) Habermas sviluppa sistematicamente loriginaria tesi cognitivista secondo la quale le controversie di natura pratica (etica o morale) possono essere discusse razionalmente allo stesso modo in cui gli scienziati naturali discutono i loro differenti approcci teorici.

Torniamo ora alla sfera pubblica e alla domanda iniziale circa la sua capacit di mettere in atto processi di emancipazione, o, per usare unespressione habermasiana, forme di comunicazione libera dal dominio. In Teoria dellagire comunicativo si sviluppa un complesso modello analitico per comprendere come si produce la critica sociale, ossia come funzionano quei processi di apprendimento che vediamo in atto nella sfera pubblica quando essa funziona liberamente (quando non svilita da processi di manipolazione dellopinione). In questo libro, troppo complesso per poter essere ricordato in tutti i suoi aspetti, largomentazione di Habermas procede su molti livelli tra loro interconnessi. Nel primo volume lanalisi dellidea di agire comunicativo si incentra sul problema di dimostrare come la comunicazione linguistica, per quanto utilizzabile anche per fini strategici o manipolativi, nella sua struttura intrinseca non possa che essere orientata alla ricerca di unintesa senza secondi fini. La tesi principale di Habermas che ciascuno di noi non pu fare a meno di utilizzare il linguaggio orientandolo anche allintesa. Una prassi sociale con attori che agissero solo strategicamente sarebbe secondo Habermas incapace di coordinare lagire. Inoltre, se comunicare fosse davvero nella sua essenza soltanto uno dei tanti modi di esercitare potere o ascendente sugli altri, non potremmo prenderci veramente sul serio quando ci scambiamo opinioni diverse su questioni che ci stanno a cuore, la stessa idea di menzogna non avrebbe pi senso e processi di fondamentale importanza come la socializzazione infantile diventerebbero per noi incomprensibili.

Per riassumere: la teoria dellagire comunicativo dimostra che la comunicazione del linguaggio di ogni giorno il meccanismo principale di coordinamento dellagire, e nella sua struttura pi profonda orientato allintesa reciproca che si instaura grazie alluso delle pretese di validit. Naturalmente ci non esclude che di fatto non si possa comunicare anche per fini strategici. Le comunicazioni di tipo strategico sono anzi molto frequenti nella vita quotidiana. Habermas per parla di intesa in termini normativi. Ci significa che l'idea che si comunichi per raggiungere lintesa una premessa inevitabile, senza la quale la stessa idea di comunicazione non avrebbe senso. Anche quando si usa il linguaggio a fini strategici, la condizione perch lintento strategico riesca che si tenga in vita la finzione che si tratta di una comunicazione rivolta allintesa. Per usare unespressione di Habermas possiamo dire che con le pretese di validit che usiamo nellagire comunicativo irrompe un momento di idealit nella vita quotidiana, unidealit costitutiva della prassi sociale, su cui riposa lumanit dei rapporti tra gli uomini. Quindi potremmo dire che questi momenti di idealit sono parte della realt fattuale, aspetti ineliminabili dellagire sociale, come ineliminabile luso del linguaggio in cui essi si producono. Ignorarli significa per Habermas precludersi la possibilit di comprendere adeguatamente la realt sociale.

Sistema e mondo della vita

Nonostante limportanza attribuita allagire comunicativo, Habermas consapevole che la societ non pu essere compresa adeguatamente usando soltanto categorie di teoria dellazione. Egli riconosce che in molti casi la vita sociale si svolge anche grazie a meccanismi anonimi del tutto indipendenti dalliniziativa degli attori sociali e quindi estranei alla logica dellagire comunicativo. Un esempio il mercato, che impone le sue leggi indipendentemente da ci che noi possiamo dire o pensare. Sarebbe quindi riduttivo costruire un modello di societ la cui riproduzione affidata soltanto allagire comunicativo. Per questo motivo Habermas propone un modello teorico in cui allapproccio di teoria dellazione se ne affianca uno sistemico. Lanalisi degli ambiti sistemici risulta da una ripresa di aspetti del funzionalismo di N. Luhmann. Lo studio dellambito analitico in cui si applica la teoria dellazione avviene invece utilizzando il concetto di mondo della vita (Lebenswelt), ripreso dalla sociologia fenomenologica di A. Schtz. Lambito sistemico comprende sfere funzionali come leconomia o la sfera politico-amministrativa (la burocrazia statale) integrate funzionalmente grazie a specifici mezzi di regolazione (per esempio, per la sfera economica, il danaro); invece nellambito del mondo della vita la societ integrata socialmente, ossia attraverso la continua riproposizione (o trasformazione) intersoggettiva, tramite lagire comunicativo, di norme condivise. Quello di mondo della vita un concetto molto importante nella riflessione habermasiana. Con esso possibile comprendere meglio il significato di quella trasformazione del pensiero di Kant in termini materialistici cui si gi accennato sopra. La comunicazione linguistica rappresenta solo una parte del complesso di competenze e abilit implicite presenti nel mondo della vita che nella concezione di Habermas assumono un ruolo di equivalente alla soggettivit trascendentale nella costituzione della la realt sociale. Lelenco di questi saperi impliciti pressoch inesauribile. Si tratta di esperienze ma anche di proposizioni grammaticali, oggetti geometrici, gesti, atti linguistici, testi, calcolo, asserzioni logicamente concatenate, azioni, rapporti o interazioni sociali (Habermas 1999, p. 15) e molte altre abilit pratiche condivise che fanno da sfondo alla prassi sociale. In ogni caso si tratta in genere di forme di comportamento guidato da regole, il che spiega la peculiare normativit del mondo della vita. E importante a questo proposito sottolineare che il mondo della vita non pu essere conosciuto per intero. Si tratta piuttosto di un continente sconosciuto che pu essere reso esplicito solo un po alla volta, a mano a mano che un problema o un conflitto ci induce a problematizzare qualche aspetto della nostra vita sociale. Nel quadro teorico di Habermas, la distinzione tra sistema e mondo della vita certamente molto importante, ma non va reificata. Non si riferisce a due entit sociali effettivamente esistenti. Risulta piuttosto da una distinzione analitica, creata dal teorico per poter disporre di uno strumento che consenta di orientarsi meglio nella complessit della realt sociale. La realt stessa, tuttavia, non conosce mai delle distinzioni cos nette. E anzi un campo in cui ben difficile separare chiaramente di volta in volta ambiti funzionali/sistemici da ambiti comunicativi.

La coppia sistema/mondo della vita loggetto principale del secondo volume di Teoria dellagire comunicativo. Qui Habermas illustra la distinzione tra ambiti sistemici e ambiti di agire comunicativo, e mostra come essa sia il risultato di un lungo processo di razionalizzazione, che egli illustra in forma stilizzata. Da una parte la teoria della razionalizzazione ricostruisce retrospettivamente come si sia sviluppato il potenziale di razionalit insito nelle strutture comunicative del linguaggio. Dallaltra mostra come si siano lentamente costituiti, per differenziazione, gli ambiti sistemici.

Anche lidea di razionalizzazione ha una matrice kantiana: parte dallassunto che luomo un essere razionale che vive in un mondo pieno di contingenze irrazionali. Da ci segue che esso cerca di intervenire nel mondo per renderlo pi razionale. Gi la teoria weberiana della razionalizzazione si rifaceva a questa figura di pensiero, per esempio quando riconosceva alle grandi religioni del passato, con le loro immagini del mondo, un contributo di razionalizzazione di fondamentale importanza. Weber tuttavia nella sua Sociologia della religione si faceva guidare da una concezione sostanzialmente culturalistica del processo di razionalizzazione, mentre secondo Habermas parlare di razionalizzazione significa soprattutto studiare differenti principi di organizzazione della societ legati alla graduale differenziazione delle pretese di validit insite nel linguaggio. Grazie a tale approccio possibile ricostruire la storia della societ in tre grandi fasi: quella delle societ arcaiche, basate su strutture parentali e contraddistinte da una scarsa differenziazione tra nessi di validit dellagire e nessi pratici di efficacia dellagire; la fase delle societ tradizionali, basate su unautorit politica di tipo statale e contraddistinte da una chiara differenziazione tra nessi di validit dellagire comunicativo e nessi pratici di efficacia dellagire; e infine la fase delle societ moderne, basate sulla presenza determinante di ambiti funzionali come i mercati e le burocrazie, e contraddistinte da un agire comunicativo in cui le differenti pretese di validit sono completamente dispiegate e oltre a ci si sono istituzionalizzate modalit sistematiche di problematizzazione della validit delle pretese stesse che Habermas chiama discorsi (Habermas, 1986, p. 697 sgg.).

Tale concezione habermasiana della razionalizzazione implica un impianto debolmente evoluzionistico. Qui evoluzionismo significa che si studia la storia sociale sotto il profilo delle soluzioni che rispetto ad altre si sono rivelate pi adatte ad affrontare e risolvere alcuni problemi e per tale motivo si sono imposte. Ad esempio societ organizzate con un sovrano politico si sono rivelate pi adatte delle societ parentali ad affrontare i problemi legati alla crescita demografica, e per questo motivo si sono diffuse come la risposta evolutiva pi efficace per lo sviluppo sociale. Ci tuttavia non significa che ci sia in Habermas una nozione di progresso storico nel senso di una filosofia della storia, che indica la direzione di marcia della storia. Lidea di progresso evolutivo sempre il frutto di una concezione provvisoria e rivedibile che costruiamo noi, a partire dalle domande e dalla prospettiva dei nostri tempi. In base a questa concezione noi possiamo cercare di ricostruire la storia passata mettendo in luce tendenze che hanno favorito le trasformazioni che hanno portato fino ai nostri giorni, ma non possiamo in alcun modo predire alcunch rispetto al futuro, che rimane per noi del tutto oscuro (Habermas, 1976).

Sviluppi della teoria dellagire comunicativo

A partire dalla teoria dellagire comunicativo Habermas sviluppa due filoni di ricerca: uno riguarda la diagnosi delle patologie sociali del nostro tempo; laltro la teoria della modernit.

Per quanto riguarda lo studio delle patologie sociali, la sua analisi si riallaccia alla tradizione dei classici della teoria della societ, a partire da Marx e Weber. Com noto, per Marx le patologie sociali discendono dalla struttura stessa del sistema capitalistico, e si traducono in condizioni di miseria della classe sfruttata e in lavoro alienato. Weber, che pure sviluppa una teoria per molti versi ben distanta da quella di Marx, nella diagnosi delle patologie sociali ne segue il solco, anche se individua le cause delle patologie sociali non nel dominio di classe capitalistico ma in un fenomeno pi generale: laffermazione incontrastata e unilaterale di una razionalit conforme allo scopo che permea di s sia il capitalismo che altre sfere sociali, come la burocrazia. Capitalismo e burocrazia sono legate per Weber ad un assetto sociale disincantato in cui la principale patologia sociale data dal tendenziale prosciugamento della risorsa sociale del senso.

Habermas riprende queste due ispirazioni teoriche e ricava, nel quadro della sua teoria dellagire comunicativo, una propria idea delle patologie sociali del nostro tempo, riconducibile alla tendenza ad una colonizzazione del mondo della vita. Si pu parlare di colonizzazione del mondo della vita quando ambiti integrati secondo una logica sistemica si espandono al di l dei contesti economici o politico-amministrartivi di provenienza e impongono i propri imperativi al mondo della vita sociale. Quando sfere integrate normativamente come quella della cultura, della vita affettiva o dei valori vengono piegate alla logica del mercato; o ancora quando lapparato burocratico-amministrativo dello Stato organizza la vita sociale prevalentemente in funzione degli imperativi di accrescimento del controllo del territorio, si ha ci che Habermas chiama colonizzazione del mondo della vita. La societ con un mondo della vita colonizzato quindi una societ in cui lo sviluppo economico, di scienza e tecnica non si traduce in migliori condizioni di vita per tutti, ma produce invece fenomeni di mercificazione o di burocratizzazione delle relazioni umane che contrastano con le forme di integrazione sociale del mondo della vita e quindi con le concezioni normativa degli attori sociali. Questo approccio critico espresso dalla teoria della colonizzazione completato da una teoria della modernit che rielabora la stessa intuizione circa lo squilibrio tra ambiti sistemici e ambiti del mondo della vita sociale come criterio di interpretazione storica. Habermas ricorda come il vero atto di nascita della modernit culturale lilluminismo - contenesse in s originariamente due aspetti: lentusiasmo per i progressi della razionalit tecnico-scientifica (che sar poi ripreso e portato avanti dal positivismo) e la promessa di felicit insita nellidea di una organizzazione della vita sociale a misura duomo ispirata a principi di libert e uguaglianza. La storia degli ultimi 250 anni una storia di straordinari progressi della razionalit tecnico-scientifica ma di ben pi lente e tormentate conquiste sul versante della razionalit comunicativa e dei suoi principi di libert e uguaglianza. Per questo motivo Habermas parla di una modernit dimezzata: sul versante tecnico-scientifico essa ha prodotto una razionalizzazione ormai del tutto dispiegata ed efficiente; su quello della razionalizzazione del mondo della vita sociale non si ancora data una soddisfacente realizzazione pratica delle originarie promesse dellilluminismo. Come diagnosi, quella della modernit dimezzata offre un quadro non molto diverso da quelli che la critica sociale di Horkheimer e Adorno avevano elaborato nella prima fase della Scuola di Francoforte. Ci che in Habermas muta la prognosi: mentre i primi francofortesi non riuscivano a ricavare dal proprio strumentario teorico alcun elemento che potesse dare adito ad una speranza di trasformazione verso uno sviluppo pi equilibrato della modernit, Habermas sostiene che lilluminismo non debba essere considerato, alla maniera dei postmoderni, un fenomeno che ha tradito le proprie promesse originarie e che in quanto tale si storicamente concluso con un fallimento. Lilluminismo va piuttosto inteso come un progetto storico incompiuto, che attende ancora di vedere, accanto ai progressi tecnico-scientifici, anche la realizzazione di una societ libera ed egualitaria. I potenziali di critica che spingono in questa direzione sono secondo Habermas quelli insiti nella struttura dellagire comunicativo, che de-tradizionalizza il mondo della vita sociale.

La teoria della democrazia deliberativa

La tesi della modernit come progetto incompiuto mostra che la teoria dellagire comunicativo non si limita a rendere visibili i rischi di colonizzazione del mondo della vita; essa fornisce anche gli strumenti analitici per individuare processi opposti, che spingono verso forme di vita emancipate. Detto nei termini di Habermas, nel mondo della vita sociale, accanto alle tendenze alla colonizzazione, si manifestano tendenze ad una razionalizzazione del mondo della vita sociale, che contengono i potenziali per controbilanciare le tendenze alla colonizzazione. A partire dagli anni 90 Habermas concentra la propria attenzione sullanalisi di tali tendenze allinterno di un progetto di ricerca di ampio respiro che pone al centro della propria analisi il rapporto tra diritto, politica e morale.

Per affrontare questo tema occorre ritornare brevemente alla teoria dellagire comunicativo e approfondire il funzionamento della coppia sistema/mondo della vita. Qui Habermas distingue analiticamente, come si in parte gi visto, tre ambiti della vita sociale: leconomia di mercato, le amministrazioni burocratiche e il mondo della vita sociale. I primi due sono integrati in termini sistemici, il terzo integrato socialmente grazie allagire comunicativo. Nel caso dellintegrazione tramite i mercati lo strumento di regolazione il denaro. Nel caso dellintegrazione tramite il sistema politico-amministrativo lo strumento di regolazione il potere. Nel caso dellintegrazione del mondo della vita sociale lo strumento di integrazione la solidariet. Limperativo funzionale cui sottost lambito economico laccrescimento del denaro; limperativo funzionale cui sottost lambito politico-amministrativo laccrescimento del potere.

Gi questo modo di analizzare la realt sociale indica il problema di fondo che Habermas deve affrontare: mentre i sistemi economico e politico-amministrativo dispongono di strumenti di regolazione sufficientemente stabili ed efficaci, la risorsa della solidariet non altrettanto efficace nellassicurare forme durature allintegrazione sociale nel mondo della vita sociale. Considerata da questo punto di vista, la tesi della colonizzazione pu essere riformulata nei seguenti termini: lintegrazione sistemica resa possibile dal denaro e dal potere pi efficace rispetto al tipo di integrazione che la solidariet pu garantire nel mondo della vita sociale. Il pregio di uno schema tanto astratto che riesce a comprendere al proprio interno il nocciolo di verit delle precedenti maggiori teorie sociali. Cos la problematica marxiana della mercificazione e dellalienazione viene riformulata nei termini di una invadenza del denaro nelle forme solidali di integrazione sociale del mondo della vita sociale, mentre la problematica weberiana della crescente burocratizzazione espressa nella metafora della gabbia dacciaio trova una traduzione nei rischi di invadenza colonizzatrice del potere nei confronti del mondo della vita sociale.

Si detto per che anche il mondo della vita sociale portatore di una propria razionalizzazione. Nelle societ moderne la razionalizzazione assume le forme di una modernizzazione, ossia di una generale fluidificazione discorsiva che rende accessibili alla critica tutti gli aspetti della vita sociale, e si riflette anche in stili di vita post-tradizionali orientati ai contenuti umanistici, letterari, artistici della modernit. Tuttavia tali conquiste, affidate soltanto alla risorsa della solidariet sarebbero fin troppo fragili e facilmente revocabili di fronte allefficacia e alla capacit di penetrazione del denaro e del potere. Se la razionalizzazione del mondo della vita sociale nonostante tutto ha potuto finora contrastare, almeno in parte, linvadenza di denaro e potere, ed riuscita ad assicurare una relativa stabilizzazione delle proprie conquiste civiche, politiche e sociali (si pensi, ad esempio, alle conquiste sociali del movimento operaio europeo), ci dovuto al fatto che gli attori del moderno mondo della vita sociale possono contare su un importante strumento: il diritto.

Il rilievo del diritto come strumento della solidariet nel moderno mondo della vita sociale risalta bene quando lo si confronta con le societ premoderne, in cui, pur in presenza di forme di giuridificazione, lintegrazione sociale in ultima istanza era garantita non dalle leggi, bens dallautorit incontrastata di una eticit tradizionale. Lethos premoderno aveva la peculiare caratteristica di prescrivere a ciascun singolo in maniera molto dettagliata tutti gli aspetti della propria vita. In queste societ tutto era proibito tranne ci che era esplicitamente previsto dalla tradizione. Condotte di vita anticonformiste non erano tollerate (come dimostra lesempio di Socrate). Quando invece il diritto si impone, e nelle societ moderne diventa il principale strumento di istituzionalizzazione delle nostre intuizioni di solidariet, il principio base dellintegrazione si capovolge: tutto consentito tranne ci che espressamente vietato dalla legge,. In tal modo si apre la strada al moderno pluralismo e anticonformismo culturale (Habermas, 1992).

Habermas mette in luce in numerosi scritti il potenziale di emancipazione insito nel diritto. In quanto strumento della solidariet, il diritto la risorsa che consente al mondo della vita sociale di generare norme legittime, ossia norme che non vanno rispettate solo per il timore di possibili sanzioni, ma anche perch esse istituzionalizzano anche qualcosa dei nostri orientamenti etico-morali. La morale per Habermas una cosa da tenere ben distinta dal diritto. Tuttavia le norme giuridiche legittime esprimono sempre qualcosa della sensibilit morale diffusa, traducendola nel proprio specifico linguaggio. I diritti civili e politici, ma anche le conquiste sociali del movimento dei lavoratori dai suoi albori fino ad oggi non sarebbero pensabili se non avessero potuto tradursi nella forma di leggi, che garantiscono che le intuizioni di solidariet su cui si basa lintegrazione sociale non si disperdano o si dimentichino nel tempo, ma ottengano invece grazie alla loro forma giuridica caratteristiche di obbligatoriet e di persistenza temporale. Insomma, se non siamo costretti a ridiscutere sempre di nuovo il nostro diritto a votare alle elezioni, ad essere curati in ospedale o a mandare i figli a scuola, lo dobbiamo allesistenza di leggi.

Habermas tuttavia non sottovaluta laltra faccia del diritto, che lo rende idoneo ad essere uno strumento di oppressione con cui si esercitano in maniera particolarmente efficace forme di potere sociale. Tradotto nel linguaggio della sua teoria questa tensione pone un problema centrale: il modello classico delle teorie democratiche ancora utilizzabile in societ complesse, o i sistemi economico e politico-amministrativo si sono a tal punto autonomizzati da rendere impossibile una loro regolazione da parte degli attori del mondo della vita sociale?

Nelle concezioni democratiche basate sullidea della sovranit popolare il processo politico pensato nei termini di un legislatore sovrano che tramite la legge produce effetti su se stesso. Il popolo sovrano con i suoi rappresentanti emana le leggi, e queste predispongono le modalit della loro applicazione tramite gli apparati amministrativi dello Stato. Habermas ritiene che questo modello che immagina la societ come una sorta di associazione democratica in formato allargato sia inadeguato a riflettere la complessit delle societ moderne.

Il problema di fondo che in societ complesse gli orientamenti espressi dal popolo sovrano si devono tradurre in disposizioni vincolanti messe in atto da una amministrazione burocratica, e nel corso di questa traduzione si producono strutturalmente effetti diversi da quelli voluti. Il motivo di ci che quando il diritto da strumento della solidariet si trasforma in potere politico-amministrativo, esso deve obbedire alla logica sistemica che regola gli apparati politico-amministrativi. Si tratta in fondo di una analisi in termini sistematici di un problema ben presente a tutti coloro che conoscono la storia moderna: quello della riforma (o rivoluzione) che sfugge di mano e sortisce effetti diversi da quelli voluti. Proposto nei termini pi astratti della teoria di Habermas, il problema il seguente: come pu il potere che proviene dallagire comunicativo (potere comunicativo) tradursi nel linguaggio sistemico degli apparati (potere politico-amministrativo) senza tradire se stesso?

In Fatti e norme (1992) la risposta a questo interrogativo sta nella sua teoria della democrazia deliberativa. Per il lettore italiano questa formula pu ingenerare qualche confusione, perch nella nostra lingua deliberare sinonimo di decidere (si pensi ad es. alle delibere comunali). Ci che Habermas intende invece lopposto. In inglese Deliberation significa consultazione, o discussione approfondita di tutti gli aspetti di un problema. Nella concezione deliberativa habermasiana la democrazia quindi non una modalit di negoziazione tra gruppi con interessi contrastanti, n la semplice interpretazione da parte degli eletti di una volont del popolo sovrano che si esprime solo una volta ogni cinque anni e poi tace. Non basta il voto a maggioranza in parlamento. I parlamentari possono varare leggi pienamente legali, ma perch esse siano anche democraticamente legittime occorre che la loro genesi democratica (ossia il processo di discussione che ne ha preceduto il varo) sia quanto pi ampio e trasparente possibile. Cos il vero segreto della legittimit, ci che impedisce nel modo pi efficace che il potere comunicativo proveniente dallagire comunicativo venga tradito quando assume le forme del potere politico-amministrativo, la qualit partecipativa delle procedure di maturazione delle leggi. Ci significa che quando tra espressioni spontanee della vita quotidiana, articolazioni della societ civile, istanze consultive di vario genere, sfere pubbliche mediatizzate e rappresentanze politiche istituzionali si instaura un processo di comunicazione che le rende porose le une rispetto alle altre, ci si avvicina ad un modello capace di autocorreggersi e di rimanere quanto pi vicino possibile allobiettivo di una implementazione efficace del potere comunicativo. Va detto che in questo modo Habermas trasforma la stessa nozione di sovranit popolare, che cessa di essere pensata come la concreta fotografia della somma delle volont dei singoli cittadini elettori, e diventa invece il risultato della trasformazione processuale della volont popolare attraverso i filtri della deliberazione democratica. Per questo motivo Habermas parla di sovranit popolare come procedura.

Nonostante la complessit dellanalisi habermasiana, in ultima analisi il senso della sua concezione di democrazia deliberativa chiaro: il consenso che si genera discorsivamente nella genesi democratica delle leggi non possiede alcuna garanzia di infallibilit, ma produce una aspettativa di qualit ragionevole dei suoi risultati (Habermas, 1992, p. 360).

Cos in un certo senso il cerchio si chiude: dopo i primi studi sulla sfera pubblica in cui si esprime lintuizione secondo cui nelle societ democratiche veritas, non auctoritas facit legem; e dopo la teoria dellagire comunicativo che dimostra come la propensione a imparare gli uni dagli altri (tramite le pretese di validit) sia laspetto pi importante del nostro profilo di attori sociali, Habermas ritorna, con Fatti e norme, a occuparsi della qualit dei processi politici, e presenta, con la teoria della democrazia deliberativa, un modello in cui in ultima analisi la stessa sovranit popolare coincide con gli incessanti processi collettivi di apprendimento di cui fatta lelaborazione discorsiva pubblica dei problemi di una societ. Quindi di nuovo, anche se in un senso pi processuale, Veritas, non auctoritas facit legem.

Il progetto cosmopolitico

Con Fatti e norme Habermas mostra il potenziale di emancipazione, ancora lungi dallessere esaurito, insito in quella costruzione prettamente moderna che lo Stato di diritto democratico. Tuttavia proprio negli stessi anni in cui egli completa questa imponente opera, si manifestano con grande rapidit nuove tendenze che pongono alla sua teoria problemi inediti. Il fenomeno della globalizzazione, con la nascita di una sfera economica interconnessa a livello planetario e con la parallela costituzione di una societ civile globale, determina una situazione di vero e proprio capovolgimento dellassetto socio-politico degli ultimi due secoli, con la conseguenza del ridimensionamento del ruolo dello Stato di diritto democratico nella forma in cui storicamente si affermato: la forma dello Stato nazionale.

La costellazione postnazionale (1999) il primo testo con cui Habermas analizza la situazione venutesi a creare nel mutato quadro della globalizzazione. Nella sua analisi il problema principale che la globalizzazione mette in crisi il tradizionale primato della politica esercitato allinterno delle garanzie dello Stato di diritto democratico. Mentre fino a pochi decenni or sono la politica degli Stati nazionali rappresentava senza eccezione il quadro di riferimento incontrastato entro le cui compatibilit leconomia doveva muoversi, oggi la situazione appare capovolta: sono i mercati e i grossi attori economici transnazionali che dettano agli Stati nazionali il quadro delle compatibilit. Ci avviene grazie ad un potere di ricatto che risiede nella possibilit, da parte dei grandi soggetti economici transnazionali, di sottrarre agli Stati nazionali capitali, posti di lavoro, introiti fiscali, know how spostandosi in altri paesi. Ci comporta conseguenze importanti per la vita democratica: le scelte del popolo sovrano si trovano ad essere condizionate, permanentemente, dal potere dei grandi attori economici e finanziari che operano a livello transnazionale. Tale situazione, ormai evidente anche per ampi settori delle opinioni pubbliche nazionali non specializzate, incrina la credibilit dellidea che sia il popolo ad esprimere davvero, democraticamente, i propri orientamenti sovrani come era accaduto nella vita democratica degli stati nazionali del ventesimo secolo, e pone alla teoria normativa della societ il problema di come riaffermare il primato della politica democraticamente legittimata nei confronti delleconomia sfuggita al suo controllo.

Secondo Habermas lunica via percorribile per restituire alla politica il ruolo che le compete la giuridificazione degli spazi sovranazionali. Anche in questo caso lispirazione teorica principale viene da Kant, che gi nel suo scritto sulla pace perpetua aveva sostenuto la necessit della nascita di un organismo giuridico sovranazionale. Come il diritto allinterno degli stati nazionali ha emancipato luomo dallo stato di natura e sostituito allarbitrio dei potenti limperio imparziale della legge, cos anche nelle relazioni tra gli Stati e nel contesto anarchico della societ globale dominata da grandi soggetti economici transnazionali un processo di giuridificazione dovrebbe istituire un quadro di regole valido anche al di l dei confini degli Stati. Tuttavia tale progetto secondo Habermas non deve assumere la forma di un megastato planetario. Questa prospettiva infatti suscita molte fondate riserve rispetto allenorme concentrazione di potere che essa implicherebbe. La proposta di Habermas va invece nella direzione di una costituzionalizzazione del diritto internazionale (Habermas, 2005), che dovrebbe tradursi in costituzioni sopranazionali senza Stato, come la Carta delle nazioni Unite o i documenti fondanti di altri organismi internazionali. La novit di tali organismi rispetto alle costituzioni degli Stati nazionali che essi sono chiamati a disciplinare e limitare gli abusi non soltanto del potere politico, ma anche dei grandi attori economici transnazionali. Nel prefigurare ci Habermas non immagina un modello puramente astratto, ma cerca di interpretare i possibili sviluppi di tendenze gi emergenti, come quella alla moltiplicazione degli organismi sopranazionali, che si andata affermando con crescente rapidit negli ultimi anni. Tuttavia secondo Habermas questa nuova architettura internazionale che sembra profilarsi potr funzionare solo se si riuscir a portare a compimento altre tendenze attualmente osservabili, soprattutto quella alla costituzione di grandi soggetti politici regionali (come lUnione europea) capaci di sostenere assieme ad altri grandi attori politici globali lautorevolezza delle costituzioni sopranazionali. Ci, a sua volta, faciliterebbe la creazione di una sfera pubblica mondiale, a rafforzamento di tendenze gi oggi osservabili, ad es. quando si tratta di affrontare problemi comuni allintera umanit, come quelli ecologici o quelli relativi alla gestione delle risorse energetiche o idriche. Una tale sfera pubblica gi oggi in alcune occasioni una importante istanza critica, e lo sarebbe ancor di pi in presenza di un pi fitto tessuto costituzionale cosmopolitico.

Sviluppi pi recenti

Accanto ai lavori sulla costituzionalizzazione del diritto internazionale, Habermas ha prodotto in anni recenti anche altri contributi teorici. Tra essi vanno ricordati gli scritti sul postsecolarismo e gli studi sui dilemmi posti dalla genetica quali Il futuro della natura umana. I rischi di una genetica liberale (2002) e Loccidente diviso (2005).

A differenza di molti osservatori che si interrogano sul significato dellattuale risveglio delle religioni nella vita pubblica, Habermas si astiene dal valutare il fenomeno empirico. Il suo interesse va alla dimensione normativa del problema, ossia al modo in cui ci si debba porre, in una societ moderna, nei confronti del fenomeno religioso. Egli non considera il processo di secolarizzazione come un semplice allontanamento della vita sociale dalla religione. La secolarizzazione va piuttosto intesa come un processo di graduale traduzione nel linguaggio laico moderno delle intuizioni morali presenti nelle tradizioni religiose. Per esempio la nozione religiosa di colpa si tradotta in quella secolare di responsabilit, lidea di fratellanza in quella di solidariet ecc. Pi in generale egli sostiene che alla base del pensiero moderno, sia esso scientifico che filosofico, non c soltanto la metafisica greca, ma anche la tradizione religiosa giudaico-cristiana. Da questa prospettiva la secolarizzazione appare come un processo in gran parte avviato ma non ancora concluso. Habermas argomenta da non credente, ma ci non gli impedisce di vedere che le tradizioni religiose rappresentano anche per i laici un grande serbatoio di intuizioni morali che possono fornire a tutti, credenti e non credenti, ispirazioni importanti, soprattutto quando le concezioni morali laiche non hanno ancora trovato sufficienti argomenti per dare di tali intuizioni morali una fondazione extra-religiosa. Un esempio di ci rappresentato dalle nuove possibilit di pianificazione genetica della vita delle generazioni a venire che la scienza ci mette e sempre pi ci metter a disposizione. Di fronte a prospettive inquietanti come quella di poter progettare a tavolino il corredo genetico di un bambino, il problema non tanto quello di tracciare una rigida linea di demarcazione tra laici e credenti, quanto di cercare di approfondire il dialogo tra tutti coloro che rifiutano il cinismo imperante della cultura di impronta neoliberale.

Per Habermas portare avanti tale dialogo significa anche riconoscere il valore e la specificit del contributo che i credenti possono dare alle discussioni nella sfera pubblica.

A differenza dei non credenti, coloro i quali professano una fede religiosa conservano alla base delle loro convinzioni un nocciolo non dimostrabile argomentativamente. Per questo motivo le istituzioni non possono far proprie le posizioni n il linguaggio di chi argomenta da un punto di vista strettamente religioso. Ci non vale tuttavia per i contesti delle sfere pubbliche informali in cui non pu darsi preclusione di sorta nei confronti dei contributi alle discussioni pubbliche. Quindi la societ postsecolare non per Habermas una societ che revoca o considera un errore il processo di secolarizzazione che ha accompagnato la storia delloccidente moderno. Postsecolarismo significa piuttosto che nel contesto secolarizzato della societ contemporanea occorre abbandonare la posizione un tempo molto diffusa che considerava le credenze religiose come un fenomeno destinato a esaurirsi. Accettare in questi termini i punti di vista religiosi nella discussione pubblica non significa quindi per Habermas sminuire la natura laica dello Stato, ma aprirsi a contributi discorsivi a partire dai quali tutti, credenti e non credenti, possono avere qualcosa da imparare.

Bibliografia

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