46

Yeats - Rosa Alchemica

Embed Size (px)

DESCRIPTION

In “Rosa alchemica” trova la sua più alta espressione artistica la ricerca spirituale di William Butler Yeats - (1865-1939), irlandese, Premio Nobel nel 1923 - che, non appagandosi di quanto gli potevano offrire le religioni confessionali, lo portò a scoprire forme di misticismo e di esoterismo, come la teosofia e l'alchimia, di cui si servi per creare una simbologia particolare, conferendo forma e coerenza alle proprie creazioni. In questo modo Yeats intese anche contribuire, soprattutto con “Rosa alchemica”, alla creazione di una letteratura nazionale irlandese che rispecchiasse lo spirito celtico, con il suo alone suggestivo e misterioso e il suo visionarismo per molti aspetti vicino a quello di William Blake. Già apparso in questa collana, esaurito da molti anni, “Rosa alchemica” viene ora ripresentato in un'edizione arricchita da un'estesa appendice iconografica su Yeats e sul suo mondo.

Citation preview

  • Nota introduttiva

    Nella quiete della sua casa innaturalmente silenziosa, segre-gato dietro pesanti arazzi che chiudono fuori il mondo, il cat-tolico narratore di Rosa Alchemica attende Michael Robartes, la tentazione, la sfida all'ortodossia.

    La stanza isolata, chiusa, piena d'opere d'arte, epitome d'un mondo esclusivo e segreto, ed emblema di un'arte che non vuole contaminarsi con la grossolana materia del reale. La casa, da cui sono stati eliminati i ritratti di valore pi storico che artistico, vorrebbe collocarsi fuori del tempo, oltre la sto-ria; come i tre racconti, d'altronde, che, per collocarsi nella sfera atemporale del soprannaturale, cercano quasi di occulta-re la loro contemporaneit: solo qualche particolare, come il treno che porta il narratore di Rosa Alchemica al luogo della sua iniziazione, o le fotografie dei capolavori preferiti di Owen Aherne, ci ricordano che siamo alle soglie del xx secolo, nel-l'epoca della riproducibilit tecnica dell'arte.

    Quest'isolarsi, fuori del tempo, in mistiche stanze denun-cia la matrice simbolista e decadente dei tre racconti ' e appa-renta il narratore a una folta schiera di sognatori e contempla-tori, a Mario l'Epicureo e ai giovani degli Imaginary Portraits di Pater, al Des Esseintes di Huysmans e al Lohengrin di La-

    1 Lo Yeats giovane si muove negli ambienti del decadentismo estetiz-

    zante. A Londra, nel 1891, si associa al Rhymers' Club, tra i cui membri vi sono Ernest Dowson, Richard Le Gallienne, Aubrey Beardsley, Lionel Johnson, Arthur Symons. Dal Rhymers' Club provengono molti dei col-laboratori delle riviste pi tipicamente fin de siede, The Yellow Book e The Savoy (su quest'ultima furono pubblicati Rosa Alchemica e Le tavole della Legge). In particolare Yeats si lega d'amicizia a Johnson e a Symons, il quale gli dedica The Symbolist Movement in Literature (1899). Symons che introduce Yeats alla letteratura francese contem-poranea.

  • VI RENATO OLIVA

    forgue; ma soprattutto al conte Axl di Villiers de l'Isle-Adam, mago e mistico rosacrociano, spregiatore della realt (Quanto a vivere i nostri servi lo faranno per noi) e devoto all'ideale al punto di rifiutare la notte d'amore con Sara, per-ch l'esperienza reale sarebbe troppo inferiore a quella deside-rata e immaginata. Axl, ci dice Yeats nell'autobiografia, era il suo Libro Sacro; e come Mallarm - fattogli conoscere, insie-me a Rimbaud, dall'amico Arthur Symons - aveva influenzato le ultime poesie di The Wind among the Reeds e il dramma poetico The Shadowy Waters, cosi Villiers de l'Isle-Adam - il Villiers adepto della bellezza visionaria, s'intende, il rveur e non il railleur aveva plasmato in Rosa Alchemica tutto ci che non aveva plasmato Pater.

    La stanza, in alto, la torre, simbolo tra i pi pregnanti del-l'opera yeatsiana. Qui essa , soprattutto, la torre del poeta-mago, del poeta-alchimista - il fornello alchimistico si vede spesso rappresentato in forma di torre a indicare che la purifi-cazione della materia implica un processo ascensionale che attende solitario alla sua ricerca d'una sostanza imperitura, al-la trasformazione dell'esistenza in essenza, della vita in arte1. Solitario, perch, ci cantano i versi di Ego Dominus Tuus, co-me possono capire che la verit fiorisce l dove ha brillato la lampada dello studioso coloro che non hanno solitudine?

    Per Yeats, studioso d'alchimia e teosofia, delle religioni orientali e delle dottrine esoteriche, fondatore di un'Associa-zione ermetica, discepolo temporaneo della Loggia londinese di Madame Blavatsky e dell'Ordine dell'Alba d'Oro dei caba-listi di MacGregor Mathers, magia e poesia sono nate insieme. Quella che Yeats ritiene la pi grande di tutte le forze, il sim-bolo, viene usato sia, consciamente, dai maghi, che, meno con-sciamente, dai loro successori, poeti, musicisti e pittori. L'arte simbolica ha lo scopo di quei talismani simbolici che i maghi medievali facevano con forme e colori complessi, e che ordina-

    1 questo un tema ricorrente - si vedano, ad esempio, le poesie su

    Bisanzio - dell'opera yeatsiana. Lo si pu trovare gi nelle prime poesie; in The Lover Tells of the Rose in His Heart (1892), ad esempio, la com-ponente alchimistica evidente: ci che brutto e volgare viene rifiuta-to non soltanto per motivi di gusto, estetici, ma anche perch impuro e dev'essere rifatto, rifuso, e trasformato in oro. Solo lo Yeats maturo sco-pre il valore delle cose rotte e logore , riconoscendo l'origine dei sim-boli nella sudicia bottega di rigattiere del cuore.

    NOTA INTRODUTTIVA VII

    vano ai loro pazienti di custodire santamente in segreto per meditarvi su quotidianamente; perch, nella complessit delle sue forme e dei suoi colori, impigliata una parte dell'Essen-za Divina. La parola poetica, in particolare, deriva, come la musica, dai suoni prodotti dai maghi per gettar incantesimi su se stessi e sugli astanti; e perci il poeta dovr ricordarsi di quest'origine, privilegiando certe sillabe e certe soluzioni rit-miche e metriche, se vorr raggiungere quell'equilibrio tra il sonno e la veglia - cio tra conscio e inconscio - da cui sca-turisce il simbolo e, attraverso di esso, la rivelazione. Il ritmo, poi, ha lo scopo di prolungare l'attimo della contemplazione, e di favorire l'attimo della creazione, quietando l'anima con la sua fascinosa monotonia e tenendola desta con la sua variet. In questo stato, come di trance, la mente libera dal dominio della volont si rivela nei simboli. Anche gli studiatissimi rit-mi della prosa dei tre racconti aspirano a quest'effetto: il ben calcolato uso di certe ripetizioni e cadenze, droga i sensi del lettore, come l'incenso e la cantilena ritmica di Robartes quel-li del narratore.

    Poesia e magia: un connubio che non sorprende se si pensa che gli inizi di Yeats sono all'insegna del simbolismo; e nella teoria simbolista, appunto, poesia e magia si incontrano spes-so, facendo del poeta un sacerdote, un mago intento a decifra-re il mistero dell'universo. Gi Baudelaire in Correspondances (La Nature est un tempie o des vivants piliers | Laissent parfois sortir des confuses paroles; | L'homme y passe tra-vers des forts de symboles) sembrava aderire al misticismo occulto, e accettare le dottrine di Swedenborg altro influsso fondamentale per Yeats - trascritte in chiave estetica. Per Baudelaire, come per Yeats, il poeta suona sull'immensa ta-stiera delle corrispondenze, e decifra l'universo con la fanta-sia: La fantasia la pi scientifica delle facolt: essa sola comprende l'analogia universale, che nelle religioni mistiche viene definita corrispondenza. Il poeta di Baudelaire che sve-la i geroglifici della realt un discendente della Cythna di Shelley - romantico ispiratore, cui Yeats ha dedicato un sag-gio , la quale traccia sulla sabbia delle forme elementari, dei segni che sono un linguaggio pi sottile del linguaggio delle parole; ed un antenato dell'IUe di Yeats, il quale in Ego Do-minus Tuus traccia segni magici sulla riva del fiume che lambi-sce la sua torre: siamo, comunque, sempre nella tradizione mi-

  • Vili RENATO OLIVA

    stica della signatura rerum, o della Cabala, secondo cui l'uni-verso un enigma cifrato.

    Ma il conforto pi. immediato veniva a Yeats da Mallarm che parlava della poesia come d'un incantesimo, del linguag-gio autentico e creativo come d'una magia evocativa, della ne-cessit del mistero, del Libro, che un libro magico, una spie-gazione orfica della Terra.

    Come Yeats, il narratore di Rosa Alchemica scrittore, esteta e apprendista mago; ma spaccato in due: da una par-te brama partecipare del mondo divino da cui si sente escluso, dall'altra teme l'esperienza mistico-magica, sospettandola de-moniaca. Lasciatosi indurre in tentazione da Michael Robar-tes, e quasi convertitosi alle sue dottrine, rischia durante la danza magica' di farsi succhiare dalle vampiresche divinit anima e vita. Scampato, si rifugia nell'ortodossia, si stringe il rosario al cuore e medita di farsi frate domenicano. Lo schema si ripete puntualmente negli altri due racconti. Nelle Tavole della Legge la dottrina di Owen Aherne - altro aspirante all'a-bito talare - che si rifa a Gioacchino da Fiore vien giudicata co-me eretica e pericolosa, se pur affascinante, dal narratore, il quale rischia nuovamente di essere preda delle potenze oltre-mondane, cui sfugge in extremis. Nell'Adorazione dei Magi la verit rivelata dai tre misteriosi vecchi al narratore viene ascol-tata avidamente e fedelmente riferita, ma al contempo temuta come menzogna demoniaca, da esorcizzare con la preghiera.

    Il movimento circolare che conduce il narratore dalla ten-tazione alla vittoria della fede e poi di nuovo alla tentazione un ironico segnale della sua debolezza: troppo poco salda la

    1 La danza, che agli occhi del narratore di Rosa Alchemica appare de-

    moniaca, ha per Yeats valore positivo. Si veda, ad esempio, nella nona sezione di Anima Mundi (Per Amica Silentia Lunae, 1917), la danza dei beati che si muovono ritmicamente intrecciando sempre nuovi disegni, intimamente uniti eppure ancora individualmente distinti. Nella danza di Rosa Alchemica, per usare una citazione di Eraclito cara a Yeats, gli Immortali diventano mortali, e i mortali Immortali; essi vivono gli uni la morte degli altri, e muoiono gli uni la vita degli altri. Allo stesso mo-do la rosa sul soffitto e la croce sul pavimento - ovvi simboli rosacrocia-ni - simboleggiano l'unione di corpo e anima, vita e morte, materia e spi-rito, sonno e veglia. Ma la rosa, immagine tipica del primo Yeats, ha una gamma molto vasta di significati: cfr. WILLIAM YORK TINDALL, The Sym-bolism of W. B. Yeats, in JOHN UNTERECKER (a cura di), Yeats: A Collec-tion of Criticai Essays, Prentice-Hall, Englewood Cliffs (N.J.) 1963.

    NOTA INTRODUTTIVA IX

    sua ortodossia, troppo malioso il richiamo dell'oltremondano. Ed un'abile strategia narrativa questo sfruttare, ma con di-screzione, il brivido della trasgressione alla norma, del pecca-to, della fractura tahularum; questo giocare la religione dell'ar-te contro la fede, la libert dell'artista contro ogni morale e legge umana o divina. Abile e scopertamente decadente. Al-trettanto ovviamente decadente l'uso che vien fatto del cri-stianesimo: basti pensare al narratore di Rosa Alchemica che vorrebbe conciliare l'estasi cristiana e il piacere pagano della bellezza, all'incenso drogato fatto con fiori simili a quelli del Getzemani, alla danza sull'effigie sbiadita del Cristo, alla goti-cheggiante cappella di Aherne, alle umili cappelle della chiusa dell'Adorazione dei Magi; o a un altro racconto del 1897 The Crucifixion of the Outcast, parabola grondante d'umori deca-denti e molto lodata da Oscar Wilde - in cui l'inospitale abate di un convento di carmelitani fa crocifiggere un menestrello pagano.

    noto il fascino che la religione, e in special modo il catto-licesimo con il suo cerimoniale raffinato ed arcano, esercitava sui decadenti; e vengono in mente Pater ragazzo che amava in-dossare la cotta e predicare alla zia, Baron Corvo che si imma-ginava papa, Huysmans che dopo il satanismo di L-bas cede-va alla grazia divina in En Route e nei romanzi seguenti, il Wilde penitente di The Ballad of Reading Gaol e De profun-dis, Beardsley morente che chiedeva di distruggere i suoi dise-gni peccaminosi. Il decadente spesso voleva avere, proprio co-me Michael Robartes, sia del debosciato che del santo '.

    Anche Yeats sfrutta qui il cristianesimo per un gioco di gu-sto estetizzante, celandosi dietro una pia maschera; ma in real-t pi con Robartes che con il narratore dei tre racconti, pi con il giullare di The Crucifixion of the Outcast che con il prio-re, pi con Oisin che con san Patrizio, pi con gli di antichi che con il Dio del monoteismo giudaico-cristiano. Il ponte at-traverso cui i mortali comunicano con le divinit, con gli im-mortai moods, l'arte simbolica; essa stimola pittori e poeti e musicisti a ricavare i loro soggetti dalle vecchie leggende, che le leggende sono i berilli magici in cui vediamo la vita, non

    1 Un possibile modello per il personaggio del santo peccatore fu for-

    se Lionel Johnson, fervente credente e alcolizzato, il quale cadendo spesso meditava sulla santit.

  • X RENATO OLIVA

    com', ma come la parte eroica che in noi, la parte che sem-pre desidera sogni ed emozioni pi grandi di quelli che il mon-do pu darci, e ama la bellezza e non odia il dolore, spera se-gretamente che possa diventare. I miti eroici e magici, e ca-paci di suscitare quelle intense passioni che sole permettono di evocare le realt spirituali, Yeats li trova nella mitologia e nel folclore irlandesi: le divinit rinascenti che nei racconti stanno accanto a quelle classiche, come Eros o Afrodite, sono celtiche '. Ci non significa che Yeats non tenti di ricuperare il cristianesimo sul piano mitico e simbolico, proprio come i con-tadini irlandesi, che, a suo giudizio, tendono a conciliare cri-

    1 La presenza delle divinit celtiche era pi marcata nella prima edi-

    zione dei racconti. Si veda il passo seguente di Rosa Alchemica nell'e-dizione del 1897 (The Secret Rose, Lawrence and Bullen): Tempo ver-r anche per questa gente, e sacrificheranno un cefalo ad Artemide, o qualche altro pesce a qualche nuova divinit, a meno che gli di della lo-ro stessa stirpe, il Dagda, con il suo calderone traboccante, Lu, con la sua lancia intinta nell'essenza di papavero, affinch non si getti infocata in battaglia, Angus con i tre uccelli sulla spalla, Bove e la sua rossa mandria di porci, e tutti gli eroici figli di Dana, non riedifichino di nuovo i loro templi di pietra grigia [...]. Scomparsi i riferimenti a questi di, rima-sto quello ai Sidhe che giocano a hurley, una specie di hockey irlandese. I ricchi e i potenti - spiega Yeats - chiamavano gli di dell'antica Irlan-da i Tuatha de Danaan, cio le Trib della dea Danu, ma i poveri li chia-mavano, e talvolta li chiamano ancora adesso, i Sidhe, da Aes Sidhe o Sluagh Sidhe, il popolo delle Colline Incantate, che cosi vengono di soli-to interpretate queste parole. Sidhe in gaelico significa anche vento, e cer-to i Sidhe hanno molto a che fare con il vento. Essi viaggiano nei muli-nelli di vento [...]. Quando i contadini vedono le foglie vorticare sulla strada si fanno il segno della croce, perch credono che stiano passando i Sidhe [...]. Se ci si interessa troppo a loro, o li si vede troppo, si perde ogni interesse per le cose comuni. Nella prima edizione in volume del-YAdorazione dei Magi, stampata privatamente a Londra nel 1897, la pro-stituta dice ai Magi i nomi segreti degli Immortali di molte terre, e dei colori, e odori, e armi, e strumenti artigianali che avevano pi cari; ma soprattutto parla loro degli Immortali d'Irlanda e del loro amore per il calderone, e la cote, e la spada, e la lancia [...].

    Che Yeats pensasse alla possibilit di ridare vita ai culti celtici te-stimoniato, tra l'altro, da una lettera di George Russell a Fiona Macleod, del 1896 ( Il mio amico, Willie Yeats, [...] ha parlato molto di far rina-scere i misteri druidici [...]); e da una lettera dello stesso anno di Geor-ge Russel a Yeats: [...] Gli di sono tornati in Erin e si sono insediati sulle montagne sacre e soffiano sul fuoco in tutto il paese. Parecchi li han-no visti, hanno avuto delle visioni. Risveglieranno dovunque l'istinto magico, e il cuore universale del popolo torner alle vecchie credenze druidiche [...].

    NOTA INTRODUTTIVA XI

    stianesimo e paganesimo. Secondo Yeats, tutta la storia irlan-dese ha per sfondo un grande arazzo mitico, e anche il cristia-nesimo entrato a far parte delle sue figurazioni, sicch dif-ficile dire dove cominci il cristianesimo e dove finisca il druidi-smo; il Cristo che sbarc in Irlanda portato da san Patrizio, poi, era ancora fratello di Dioniso. Ci spiega perch nell'ope-ra di Yeats la Leda di Leda and the Swan possa quasi confon-dersi con la Madonna di The Mother of God, e la nuova era an-ticristiana che vedr la resurrezione degli antichi di possa ve-nire annunciata da nuovi Magi e cominciare con un Secondo Avvento. Yeats, insomma, con un'operazione sincretistica, fa confluire nella propria mitologia elementi celtici, classici e cri-stiani.

    Yeats, comunque, come Robartes e il pi timido Aherne, va oltre la religione, che ritiene troppo limitata. Aherne, in The Tahles of the Law, si accorge di non poter peccare perch ha scoperto la legge del suo essere e l'arbitrariet della legge divi-na. Dio ha fatto la legge arbitraria perch l'uomo possa pecca-re e pentirsi; ma chi ha scoperto la verit sa che pu solo espri-mere se stesso, e che non pu peccare; gli quindi negato il rapporto con Dio, che passa esclusivamente attraverso il pecca-to e il pentimento dottrina, questa, squisitamente decadente per l'affermazione dell'artificialit di ogni morale, costume e comportamento, e perch privilegia l'esperienza del male e del proibito. Nascosto dietro la maschera tesa di Aherne, spaven-tato delle conseguenze della propria audacia e convinto di es-sere un'anima dannata, il volto di Yeats sereno, che per lui il bene esprimere se stessi, e le forme storiche della morale so-no convenzionali, proprio com'erano convenzionali per Blake - un altro dei suoi maestri e ispiratori - i concetti di bene e di male. Yeats sottoscrive senza esitare alle dottrine che Aherne scopre in Gioacchino da Fiore: chi altri sono i figli dello Spiri-to Santo se non gli artisti decadenti che, senza far distinzione tra lecito e illecito, vogliono ridestare a nuova vita la fantasia e rivelare la sostanza divina che colore e musica e soavit? Qui, nell'allusione all'arte suprema che strappa alla vita ed apre le porte dell'eternit, si presagisce gi l'artificio dell'e-ternit delle poesie dedicate a Bisanzio; e l'affermazione che il mondo esiste solo per diventare racconto - in cui si sente un eco del mallarmeano tout, au monde, existe pour aboutir un livre - fa presagire alcuni versi di Sailing to Byzantium, dove

  • XII RENATO OLIVA

    l'anima fuori della natura destinata ad assumere non pi for-ma naturale ma forma artistica, a trasformarsi in un artificiale uccello d'oro che, posato su un ramo d'oro, canter ai signori e alle dame di Bisanzio di ci che passato, o che , o che sar.

    Yeats, dunque, fonda la struttura narrativa dei tre racconti sul contrasto tra la cauta piet del narratore - e del pentito Aherne - e la demoniaca sicurezza di Robartes, che finge di condannare; mentre in realt sta dalla parte di quest'ultimo -e dell'Aherne nella sua fase eretica. La creazione di personag-gi come l'Aherne eretico, ma soprattutto come Robartes, te-stimonia della piena adesione di Yeats all'occultismo.

    Robartes non compare soltanto nei racconti qui pubblicati, ma gi prima in un gruppo di poesie appartenenti alla raccolta The Wind among the Reeds '; e lo ritroveremo ancora in Ego Dominus Tuus:

    Sulla sabbia grigia presso il fiume poco profondo Sotto la tua vecchia torre battuta dal vento, dove ancora Arde una lampada accanto al libro aperto Che lasci Michael Robartes, cammini al chiar di luna, E, bench non pi nei tuoi anni migliori, ancora insegui, Ammaliato dall'invincibile illusione, Magiche forme.

    Nella torre, sotto il lume, quasi vent'anni dopo, il libro di Ro-bartes sempre aperto. Lo Yeats che elabora la teoria dell'io e dell'anti-io o maschera2 alla maschera si accenna fuggevol-mente gi in Rosa Alchemica, l dove il narratore in trance ve-de se stesso come una maschera che diversi di si provano sul volto - non ha pi bisogno di fingere la timidezza dei tre rac-conti, e si dichiara apertamente discepolo di Robartes.

    La stanza diventata definitivamente la torre. Finito il suo apprendistato il poeta mago diventato padrone dei simboli,

    1 Si tratta di Michael Robartes Bids His Beloved Be at Peace (1895),

    Michael Robartes Remembers Forgotten Beauty (1896), Michael Robar-tes Asks Forgiveness Because of His Many Moods (1895). Nei Collected Poems il nome di Robartes stato sostituito dal pronome He (per le pri-me due) e da The Lover (per la terza). In esse Robartes non ancora un personaggio, ma una figura astrattamente allegorica: cfr. RICHARD ELL-MANN, The Identity of Yeats, Faber, London 1964, p. 301.

    2 La poesia Ego Dominus Tuus premessa a Per Amica Silenta Lu-

    nae (1918) dove viene esposta la teoria della maschera, poi ulteriormente sviluppata e spiegata in A Vision (1925 e 1937).

    NOTA INTRODUTTIVA XIII

    e ha perfezionato la teoria della Grande Memoria o Anima Mundi. In questa memoria universale, grande stagno o giardi-no, i simboli, come piante acquatiche o alberi che allarghino nell'aria i loro rami fragranti, vivono e crescono. In essa, gran serbatoio d'anime e d'immagini e punto d'incontro tra i vivi e i morti, il seme d'ogni cosa; essa plasma l'elaborata con-chiglia del mollusco e il bambino nel ventre, e insegna agli uc-celli a fare il nido; da essa mago e artista attingono i loro sim-boli. A questa Grande Memoria, sede dell'inconscio colletti-vo, possibile accedere perch le nostre menti e memorie in-dividuali non sono che frammenti di quella grande mente, e comunicano con essa, e tra di loro, perch i loro confini sono fluidi. Ogni mente individuale pu dunque sfruttare questo ri-cettacolo di tutta l'evoluzione della Natura e dell'esperienza e della storia umane. Ma pi d'ogni altro il poeta, o il mago, o il medium che s'immerge in questo mare abissale (il pensie-ro dell'uomo non che la spuma delle onde che ne lambiscono la riva), e ci insegna a leggere nel libro del passato e del futu-ro. La Grande Memoria serba il seme dello sviluppo ciclico della storia, e ne registra il movimento a spirale, come quello della scala a chiocciola che porta in cima alla torre. Il poeta la visita e la interroga, proprio come i Magi dell'ultimo racconto visitano e interrogano la prostituta parigina delle cui facolt medianiche gli Immortali si servono per parlare agli uomini; e la lingua che costei parla quella simbolica dell'Anima Mun-di. Sono dunque il poeta e l'artista gli interpreti della storia e della realt. Il mago-poeta, il mago-artista, media all'uomo il messaggio del Mago Supremo, vivendo in precario equilibrio tra sonno e veglia, in bilico tra conscio e inconscio, abbando-nandosi all'inconscio e al sogno per entrare nel regno del sim-bolo e riportarlo alla chiara luce della coscienza. Adempie co-si al suo compito di vate e di guida, che stato scelto, come gli eletti di Gioacchino da Fiore, per rivelare la sostanza nasco-sta di Dio. Le arti, secondo Yeats, stanno per accollarsi gli oneri che erano della religione e ci restituiranno, invece delle cose, la loro essenza: Stiamo per sostituire nuovamente la di-stillazione dell'alchimia alle analisi della chimica. Si arreste-r cosi il processo che conduce la civilt sulla strada dell'astra-zione e dello scientismo, e si torner sulla strada dell'emozio-ne universale e concreta. All'arte - che dovr essere simbolica, perch solo il simbolo pu esprimere l'essenza invisibile e

  • XIV RENATO OLIVA

    sfuggire alla povert di un ordinamento troppo cosciente at-tingendo alla ricchezza e alla profondit della natura de-legata questa missione salvifica.

    La civilt a una svolta e il poeta non pu esimersi dall'in-tervenire. Anche se chiuso nella sua torre d'avorio a sognare l 'eterno, la perfetta fissit dei mosaici bizantini, la sostanza imperitura dell'arte, non pu fare a meno di guardar gi al magma di fango e sangue della storia. Pur disgustato dal co-siddetto progresso e dalla contemporanea volgarit che si armata e moltiplicata ', il poeta non rinuncia alla realt, all'e-sperienza, alla storia, ma spera anzi di poterle modificare, di poter rifare il mondo perch conosce i simboli, i modelli, le spirali, gli eterni ritorni, le leggi del divenire; e crede che sia la parola poetica, l'occulto sogno del solitario, a muover segre-tamente il meccanismo spirituale del mondo, a determinare scienza e amore, morale e guerra:

    Ogni suono, ogni colore, ogni forma, sia in virt delle sue energie precostituite sia in virt di un lungo processo associati-vo, evoca emozioni indefinibili e tuttavia precise, o meglio -che cosi preferisco pensare -, evoca e fa scendere in mezzo a noi certe potenze incorporee, i cui passi sui nostri cuori chiamiamo

    1 Yeats sente la civilt industriale come estranea e nemica, cosa che

    si spiega benissimo se si pensa che egli prende come punto di riferimento la societ irlandese, caratterizzata dalla quasi totale assenza di industrie, di classe imprenditoriale e di ceto medio, dalla scarsa urbanizzazione, e dal gran numero di case contadine isolate. Per Yeats contano quasi esclu-sivamente due mondi: quello rurale - ora vagheggiato arcadicamente, ora incarnato dalla vitalit sanguigna di personaggi come Crazy Jane -con le sue credenze nel regno invisibile delle fate e degli spiriti, e degli eroi delle antiche leggende; e quello delle grandi casate dei proprietari terrieri, sede di nobili virt, ultimo baluardo di una civilt eroica e corte-se i cui uomini d'azione erano anche uomini di cultura. Questa mitica Ir-landa - che nella mitologia yeatsiana si confonde a volte con l'Urbino del Cortegiano e con il Giappone dei samurai - nutre un'aristocrazia che di-fende la ceremony. questa una parola chiave per Yeats, e ha connota-zioni mistico magiche, oltre che un significato sociale: la cerimonia, il ri-to, un modo di comunicare, di vivere insieme; espressione di innocen-za e bellezza, serenit e pace; spiritualizza il materiale e lo trascende. La crisi della tradizione e delle forme cerimoniali per Yeats un segno del-l'imminente distruzione del mondo. Questo vagheggiamento d'una vita eroica e semplice si intrawede gi nelle figure dei Magi, che sono con-tadini, ma con un tocco di un'epoca pi cortese.

    NOTA INTRODUTTIVA XV

    emozioni [...]. Un'emozione non pu esistere, o diventare per-cettibile e attiva in mezzo a noi, finch non abbia trovato un co-lore un suono o una forma, o un insieme di questi elementi, che la esprimano, e poich non vi sono due modulazioni o disposi-zioni di questi elementi che evochino la stessa emozione, i poe-ti e i pittori e i musicisti, e in misura minore poich i loro effet-ti sono momentanei, il giorno e la notte e la nuvola e l'ombra, fanno e disfanno il genere umano in continuazione. E invero soltanto ci che sembra inutile o molto debole potente, e tut-to ci che sembra utile o forte, eserciti, macchine, stili architet-tonici, forme di governo, speculazioni filosofiche, sarebbe stato un po' diverso se qualche mente molto tempo fa non si fosse ab-bandonata a qualche emozione, come una donna si abbandona al suo amante, e non avesse plasmato in un tutto armonico suo-ni o colori o forme, o tutti questi elementi insieme, affinch l'e-mozione da essi suscitata potesse continuare a vivere in altre menti. Una piccola lirica evoca un'emozione, e quest'emozione ne raccoglie altre intorno a s e con esse si fonde andando a for-mare una grande epica; e infine, diventando sempre pi poten-te, e abbisognando di un corpo sempre meno delicato, straripa, con tutto quanto ha raccolto, tra i ciechi istinti della vita quoti-diana, dove esercita una forza dentro altre forze, come gli anelli che si vedono uno dentro l'altro nel ceppo di un vecchio albero. Forse era questo che intendeva Arthur O'Shaughnessy quando faceva dire ai suoi poeti di aver costruito Ninive con i loro so-spiri; e io quando sento parlare di una guerra, di una fiammata religiosa, di un nuovo prodotto, o di qualsiasi altra cosa riem-pa l'orecchio del mondo, mi domando se la sua causa non stia nel suono del flauto di un ragazzo tessalo. Ricordo che una volta dissi a una veggente di domandare a uno degli di che - crede-va - stavano intorno a lei nei loro corpi simbolici quali sareb-bero stati gli effetti di un'opera deliziosa ma apparentemente futile di un amico, e che quella forma rispose: Popoli saran-no distrutti e citt schiacciate '.

    1 Cito da The Symbolism of Poetry (1900). Per le emozioni o umori

    (moods) cfr. ELLMANN, The Identity of Yeats cit., pp. 56-61. Questa fidu-cia nel valore attivo dell'arte corrisponde a un'uguale fiducia nella forza occulta che scaturisce dall'inconscio o dal mondo degli spiriti. Si legga questo passo di Magic (1901): A meno che tutti coloro che hanno de-scritto fatti del genere [cio eventi magici o paranormali] non abbiano so-gnato, dovremmo riscrivere la storia, perch ogni uomo, certamente ogni uomo dotato di fantasia, trasmette continuamente incantesimi, malie, il-lusioni; e ogni uomo, soprattutto ogni uomo tranquillo e privo di forte

  • XVI RENATO OLIVA

    Una poesia apparentemente innocua potrebbe esser la causa della rovina di una citt. La bellezza pericolosa. Per causa di Elena bruciano le torri di Troia. Questa fascinosa se pur chi-merica concezione dell'efficacia attiva dell'arte si ritrova gi nei racconti: si veda in particolare l'ultimo paragrafo della ter-za sezione di Rosa Alchemica e Le tavole della Legge l dove Aherne, presentato come uomo duplice per natura passivo e attivo, monaco e soldato di ventura -, vien detto incline a volgere l'azione in sogno, e il sogno in azione. Qui in Yeats la componente simbolista-decadente cede alla forte matrice ro-mantica, all'influsso dell'idealismo almeno intenzionalmente attivo di Blake e Shelley, che appunto vorrebbero trasformare il sogno in realt. Yeats, cio, non s'appaga d'esplorare soltan-to i mondi della fantasia e del pensiero, non vuol essere sol-tanto un supersognatore ripiegato su se stesso e intento a deli-bare i deliziosi veleni distillati dalla civilt morente; ma, pur rifiutando l'eresia dell'arte didattica e difendendo gelosa-mente la propria torre d'avorio, non ritiene - a differenza de-gli amici del Rhymers' Club - di dover separare nettamente ar-te e vita, e crede nell'impulso creativo che fa e disf il gene-re umano e il mondo , e annuncia una nuova civilt che sta per nascere. (Sono contraddizioni che non sorprendono in uno scrittore il quale teorizza il reale come struttura dialettica di opposti) '.

    individualit, soggiace continuamente al loro potere. I nostri pensieri pi elaborati, le nostre decisioni pM complesse, le nostre emozioni pi precise spesso, secondo me, non sono veramente nostre, ma sono all'im-provviso, scese, per cos dire, dal Cielo o salite dall'Inferno. Lo storico dovrebbe, perch no?, ricordare angeli e diavoli non meno di re e solda-ti, cospiratori e prosatori. Cosa importa che angeli o diavoli, come invero credevano certi vecchi scrittori, assumano in primo luogo una forma or-ganica nella fantasia di qualche uomo? Cosa importa che Dio stesso agi-sca o sia solamente negli esseri esistenti o negli uomini, come credeva Blake? Dobbiamo nondimeno ammettere che esseri invisibili, influenze a largo raggio, forme che avrebbero potuto esser trasmesse attraverso l'aria da un eremita del deserto, aleggiano su camere del consiglio, su studi e su campi di battaglia .

    1 Contraddittoria anche la concezione che Yeats ha dell'arte. Da

    una parte vorrebbe un'arte destinata a pochi eletti, come quella auspica-ta in Speaking to the Psaltery e in Certain Noble Plays of Japan, dall'al-tra un'arte popolare, come quella dei poeti legati a The Nation , che non erano individualisti, non si isolavano, cercavano di parlare al popo-

    NOTA INTRODUTTIVA XVII

    Yeats, insomma, esalta il valore attivo e la funzione profe-tica della sua arte. Ma che cosa profetizza quest'arte? I tu-multi che sono forse le fiamme del Giudizio Universale, per dirla con Aherne. Ed essa stessa, come l'arte teorizzata da Aherne, stata mandata nel mondo a seminare desideri illimi-tati e ad accelerare la fine della vecchia civilt, ormai agoniz-zante. Il velo del Tempio sta tremando. Yeats riprende da Mallarm l'immagine apocalittica dello squarciarsi del velo del Tempio (Matteo XXVII 51) per applicarla alla fin de siede; ma, a differenza di Mallarm e dei decadenti, guarda con inten-so desiderio al futuro, e alla palingenesi che seguir agli even-ti violenti che distruggeranno la pace e la prosperit illusorie di un mondo in crisi, in cui ai migliori manca ogni convin-zione, mentre i peggiori | sono pieni di appassionata inten-sit.

    La nuova era, secondo l'annuncio dei Magi del terzo raccon-to e della poesia The Magi, vedr il ritorno degli Immortali cacciati dal cristianesimo, e sar segnata da una Nativit in-quietante, bestiale. La mitologia usata da Yeats per illustrare il nuovo ciclo storico , in parte, ancora quella cristiana, ma ca-povolta: la Vergine diventata un'antivergine, l'Incarnazione trova riscontro nella violenta sensualit del mito di Leda e il cigno, il Secondo Avvento non quello di un Dio d'amore ma quello d'un informe animale che attraversa lentamente il de-serto e si avvicina a Betlemme per nascere. Il frutto della nuo-

    lo con la voce del popolo . I tre racconti qui pubblicati sono natural-mente un esempio.d'arte elitaria; e dopo il successo di The Secret Rose Yeats scriveva a O'Leary, il 30 maggio 1897: ad ogni buon conto un onesto tentativo nella direzione di un'arte irlandese aristocratica ed eso-terica. Questa stata la mia massima ambizione. Abbiamo una letteratu-ra per il popolo ma ancora nulla per i pochi . Per i Magi dell'Adorazio-ne, contadini che leggono i classici latini e raccolgono intorno a s bardi e menestrelli, rappresentano il desiderio di sanare tale contraddizione. Contraddizione storicamente insanabile. Ma Yeats mitizza, e si crea l'im-magine di un ideale popolo irlandese senza classi e tutto raccolto attorno al patrimonio delle leggende e degli antichi miti: La nostra mitologia e le nostre leggende sono molto diverse da quelli degli altri paesi europei perch sino alla fine del xvn secolo furono conosciute, e forse ciecamen-te credute, sia dai contadini che dai nobili; Omero appartiene ai sedenta-ri, mentre ancor oggi le nostre antiche regine, i nostri soldati e amanti medievali possono far venire i brividi a un venditore ambulante .

    2

  • XVIII RENATO OLIVA

    va Betlemme - immagine emergente dalla Grande Memoria -appare come una rough beast, una specie di sfinge dal corpo di leone e dalla testa d'uomo, lo sguardo vuoto e spietato come il sole. Questa apocalittica bestia il punto d'arrivo dell'evolu-zione di un simbolo ': quello dell'unicorno dell'Adorazione dei Magi generato dalla Vergine-Prostituta. Il significato dell'uni-corno, piuttosto sibillino nel racconto, viene chiarito dal dram-ma Where There Is Nothing (1902), poi riscritto e pubblicato con il titolo di The Unicorn front the Stars. Il protagonista, un visionario irlandese di nobile famiglia che vuol sovvertire l'or-dine costituito (Voglio abbattere tutto questo, come lo chia-mate?, questa cosa, l'edificio del mondo, infilare un palanchino sotto la porta e agganciare le torri con un raffio e sradicare tut-to), si associa prima a un gruppo di zingari; poi, entrato in convento, predica una nuova religione, esortando a eliminare le leggi, la societ civile, la Chiesa. Come Aherne, non ricono-sce alcuna validit alle forme storiche della morale e della leg-ge; e, come sembra accada a Robartes, verr ucciso da una fol-la superstiziosa. In Where There Is Nothing, appunto, il pro-tagonista parla dell'animale mitico che distrugger il mondo ( Oh!, una bestia selvaggia e spaventevolissima, con denti di ferro e artigli di bronzo che possono sradicare guglie e torri), associandolo al riso inteso come forza disgregatrice: La mia bestia selvaggia il Riso, il pi potente dei nemici di Dio. Il concetto di gioia tragica - chiaramente di derivazione nietz-schiana - verr poi spesso ripreso da Yeats: basti pensare a poesie come Lapis Lazuli e The Gyres.

    La bestia selvaggia dalle ali di bronzo ha occhi duri freddi e azzurri, e corrisponde all'unicorno dell'Adorazione dei Magi, descritto come freddo duro e virginale. Nel quar-to atto di Where There Is Nothing, d'altronde, la bestia alata diventa - i simboli in Yeats sono spesso instabili - proprio un unicorno. Paul Ruttledge, fattosi monaco, sogna:

    [...] e vidi molti angeli cavalcare su degli unicorni, angeli bian-chi su unicorni bianchi. Stavano tutt'intorno a me, e gridavano,

    1 Per un'analisi approfondita di questo e altri simboli yeatsiani si ve-

    da GIORGIO MELCHIORI, The Whole Mystery of Art, Routledge and Ke-gan Paul, London i960. Per l'origine visuale e le associazioni magiche dell'immagine dell'unicorno si vedano in particolare le pp. 44-55.

    NOTA INTRODUTTIVA XIX

    Fratello Paul, va' e predica; alzati e predica, Fratello Paul. E poi risero forte, e gli zoccoli degli unicorni calpestarono il suolo e fu come se il mondo stesse gi cadendo a pezzi.

    L'uso dell'immagine dell'unicorno viene cosi chiarito da Gior-gio Melchiori:

    [Yeats] voleva rappresentare la nuova forza distruttiva e li-beratrice in forma animale per sottolineare il fatto che un cam-biamento universale di tale portata poteva essere prodotto sol-tanto dall'unione della forza d'urto della Divinit e della mera animalit, del sovrumano e del bestiale allo stesso tempo. Un animale irreale tratto dal favoloso bestiario medievale sarebbe quindi servito al suo scopo: l'unicorno, inoltre, aveva il vantag-gio di essere familiare al suo pubblico, che avrebbe afferrato la qualit soprannaturale e selvaggia del simbolo. L'unicorno ha anche una certa nobilt e spiritualit, che gli deriva dall'essere tradizionalmente associato all'idea della castit; e per mettere in evidenza l'elemento spirituale Yeats fece parlare il suo eroe di angeli che cavalcavano unicorni.

    L'unione di divinit e animalit trova la sua espressione pi compiuta nel mito di Leda. Il cigno che le fa violenza insie-me manifestazione della forza bruta dell'istinto animale e del-la numinosa potenza di Zeus. Il rapporto di Leda con Zeus -come quello della regina con l'unicorno in The Player Queen - il punto d'incontro del tempo con l'eternit: in quell'atti-mo lo stallone dell'Eternit monta la cavalla del tempo .

    Come Leda, anche la prostituta dell'Adorazione dei Magi stata sottratta al tempo e ha giaciuto sul seno dell'Eterni-t; come Leda ha ricevuto una Annunciazione che segna l'ini-zio di un nuovo ciclo di civilt.

    Da un uovo di Leda, secondo una versione del mito, nacque Elena, causa della distruzione di Troia, rievocata nel sonetto Leda and the Swan: Un brivido nei lombi vi genera | Il muro infranto, il tetto e la torre incendiati | E Agamennone morto. Anche nei.'Adorazione dei Magi il nome di Leda richiama im-mediatamente la caduta di Troia. Troia, consumata dal fuoco, l'emblema della morte d'una vecchia civilt; e la prostituta dell'Adorazione dei Magi anche un'Elena di Troia, un'incar-nazione dell'arte decadente che vorrebbe essere eversiva e in-cendiaria, minare la civilt borghese e veder crollare il vecchio

  • XX RENATO OLIVA

    mondo '. L'Elena-prostituta2 certamente nella tradizione del-le belles dames sans merci e delle femmes fatales, come l'Ele-na Ennoia della Tentation de Saint Antoine, o l'Elena dell'o-monimo dipinto di Gustave Moreau esposto al Salon del 1880, o la prostituta di The New Helen di Oscar Wilde, o la miste-riosa Gioconda di Pater, o le Erodiadi, le Salom, le Cleopatre, o le lussuriose di Swinburne, e via elencando; ma la variazio-ne sul tema che Yeats ci presenta una tessera ben collocata nel mosaico del suo sistema: la sua Elena diventa simbolo di amore e guerra, amore e morte, distruzione e creazione, e del-la tensione dei contrari da cui scaturisce l'energia che muove il mondo.

    Soprattutto neh"'Adorazione dei Magi il sistema yeatsiano gi visibile in certe sue linee essenziali, grazie alle aggiunte in-terpolate dall'autore a distanza di quasi trent'anni dalla prima edizione. Originariamente il racconto era stato scritto per The Savoy, dove nell'aprile e nel novembre del 1896 erano stati pubblicati rispettivamente Rosa Alchemica e Le tavole della Legge; ma la rivista di Arthur Symons cess le pubblica-zioni prima che anche l'ultimo racconto potesse essere pubbli-cato. Comparve insieme alle Tavole della Legge nel 1897 in edizione privata di no copie stampata da Bullen (Rosa Alche-mica and invece in The Secret Rose, 1897), e poi di nuovo, con lievi ritocchi, nel 1902, 1904, 1908 e 1914. Ma le varian-ti significative, come l'introduzione del simbolo dell'unicorno e l'accenno a Leda, sono del 1925 3.

    1 Nel'Adorazione dei Magi uno dei vecchi s'addormenta leggendo la

    quinta egloga di Virgilio. La quarta egloga, spesso considerata profetica per l'annuncio d'una nascita che segner l'inizio di una nuova era, fa spe-cifico riferimento a Troia: Alter erit tum Tiphys, et altera quae vehat Argo | Delectos heroas: erunt etiam altera bella: ] Atque iterum ad Tro-jam magnus mittetur Achilles. Nella prima edizione in volume de L'a-dorazione dei Magi c'era una frase che traduceva quasi esattamente que-sti versi: Dopo che vi sarete inchinati le cose antiche saranno nuova-mente, e un'altra Argo porter altri eroi oltre il mare, e un altro Achille cinger d'assedio un'altra Troia-.

    2 Quello della prostituta uno dei diversi topoi decadenti che Yeats

    rielabora. Sulla prostituta e il decadentismo si veda ARNOLD MAUSER, Sto-ria sociale dell'arte, Einaudi, Torino 1956, p. 414. Per le belles dames sans merci, MARIO PRAZ, La carne, la morte e il diavolo, Einaudi, Torino 1942; e MANCARLO MARMORI, Le vergini funeste, Sugar, Milano 1966.

    3 Nelle intenzioni di Yeats i racconti avrebbero dovuto essere riscrit-

    NOTAINTRODUTTIVA XXI

    Il 1925 anche l'anno della prima edizione di A Vision. Gli insegnamenti di Robartes - comparso precedentemente un'al-tra volta in The Doubl Vision of Michael Robartes ( 1919) ' e in Michael Robartes and the Dancer, poesia che d il titolo al-l'omonima raccolta del 1919, e in cui un ironico Robartes-Yeats contesta l'educazione impartita alle fanciulle, e valoriz-za con l'elogio di Giorgione e della pittura veneta cinquecen-tesca corporeit e sensualit: non son pi i tempi delle spiri-tuali madonne, delle vergini preraffaellite, dei visi angelici che adornano la casa del narratore di Rosa Alchemica e quella di Aherne - sono ormai stati sistematizzati, e costituiscono un'or-ganica e complessa dottrina. Ma l'ultima grande arte yeatsiana spesso colorata d'autoironia, necessario correttivo dell'enig-matica dogmaticit del sistema: cosi Robartes nelle Storie di Michael Robartes e dei suoi amici2 ancora una volta maestro d'arcana sapienza, scopritore di un immaginario libro di Giral-dus, lo Speculum Angelorum et Hominum, e depositario delle dottrine della trib araba degli Judwali; ma nella prospettiva parodica delle Storie diventato un finto arabo amico di Law-rence d'Arabia, una specie d'avventuriero. Le Storie sono in parte un rifacimento in chiave comica o grottesca - e Yeats ne approfitta per rifare il verso alla volgarit di certo realismo e di certo fumettismo romanzesco - dei racconti di circa tren-t'anni prima. Molte situazioni si ripetono. La fuga del narrato-re di Rosa Alchemica trova riscontro in quella di O'Leary che, dopo aver scagliato le scarpe contro due attori colpevoli di na-turalismo da bottegai, scappa scalzo da teatro. Aherne, mandato da Robartes che ha visto tutto in sogno - Aherne un cattolico molto devoto, tutto questo gli sembra pagano o qualcosa del genere e lo ha in odio, ma deve fare tutto quello che gli dice Robartes, ha sempre dovuto farlo, sin da bambi-

    ti e resi ancor pili aderenti al sistema. Cfr. w. B. YEATS. Memoirs, a cura di Denis Donoghue, Macmillan, London 1972, pp. 138 e 147.

    1 II lettore italiano potr leggere questa ed altre tra le pili significati-

    ve poesie yeatsiane in n>., Quaranta Poesie, a cura di Giorgio Melchior!, Einaudi, Torino 1965; oppure in ID., Poesie, a cura di Roberto Sanesi, Mondadori, Milano 1974.

    2 Le storie di Michael Robartes e dei suoi amici: estratto di una docu-

    mentazione preparata dai suoi allievi sono premesse ad A Vision. Le ci-tazioni nel testo sono tratte dalla traduzione italiana di Adriana Motti (ID., Una Visione, Adelphi, Milano 1973).

  • XXII RENATO OLIVA

    no , aspetta O'Leary all'uscita con scarpe e calze pulite, lo fa salire in automobile e lo porta a casa del veggente. E si con-fronti il drammatico e tenebroso ingresso in scena di Robartes - rossi capelli scomposti, occhi fieri e labbra frementi - in Ro-sa Alchemica con quello dello stesso Robartes magro, bruno, muscoloso, perfettamente sbarbato, con lo sguardo vivo e iro-nico - nelle Storie:

    Questo Michael Robartes, disse Alterne, e tir fuori da un armadio un piatto di sandwiches, i bicchieri e una bottiglia di champagne, mise tutto su un tavolinetto e prese le sedie per s e per Robartes.

    Ritroviamo nelle Storie un altro libro sacro e occulto, ma non pi custodito nel prezioso cofanetto bronzeo del Cellini: si tratta di un vecchio libro con molte pagine strappate, usato per puntellare un letto traballante. Dell'idealismo alla Villiers ri-masta un'eco dissacrante nel nome di Denise de l'Isle Adam, modella e professionista dell'amore, che ha letto Axl e lo commenta ironicamente:

    Ero a letto e leggevo Axl [...]. Voltavo le pagine dell'atto in cui gli amanti sono nel sotterraneo del castello. Axel e Sara de-cidono di morire, piuttosto che possedersi [...]. Mi stavo doman-dando perch avessero fatto una cosi assurda [...].

    Si potrebbe continuare nell'illustrazione di simili parallelismi; ma qui interessa soprattutto, per il suo valore di prospettiva autocritica, la conclusione delle Storie, in forma d'una lettera di John Aherne, fratello di Owen, indirizzata a Yeats:

    Lei mi domanda se Robartes e mio fratello sono ancora sec-cati per quella vecchia lite, e in che cosa consiste, esattamente, la ragione di tale lite. Ecco quanto sono venuto a sapere dopo aver interrogato varie persone. Una trentina di anni fa lei ha scritto Rosa Alchemica, Le tavole della Legge e L'adorazione dei Magi prendendo lo spunto da un piccolo incidente. Ro-bartes, allora giovanotto, aveva fondato una societ, con l'aiuto riluttante di mio fratello Owen, per lo studio della Kabbala De-nudata e altri libri del genere, aveva inventato non so che ritua-le e preso in affitto una vecchia rimessa sullo Howth Pier per le loro riunioni. Tra i grossisti di aringhe o di sgombri si sparse una sciocca diceria, e alcune ragazze (di Glasgow, dice mio fra-tello, perch provengono da tutte le parti) ruppero la finestra.

    NOTA INTRODUTTIVA XXIII

    Da quest'episodio lei tir fuori l'assassinio di Robartes e dei suoi amici e descrisse una specie di orgia in onore degli di pa-gani, bench mio fratello includesse Cristo nel suo rituale. Mio fratello molto risentito per questo particolare degli di paga-ni, ma secondo Robartes lo perch vuole dimostrare di essere ortodosso. Robartes non si lamenta che lei abbia descritto in quel modo la sua morte, e sostiene che se Owen non avesse fat-to tanto scalpore, nessuno avrebbe pensato che l'Aherne e il Ro-bartes di quelle storie fantastiche fossero persone reali. Per (e questo lo confermo per cognizione personale) risentito per lo stile di quei racconti e sostiene che lei ha sostituito il suono al significato e l'ornamento al pensiero. Quanto accadde subito prima che lui si separasse dall'Europa non pu non spiccare con innaturale chiarezza. Scrissi una volta per fare le mie rimostran-ze. Dissi che quei racconti lei li aveva scritti con lo stile comu-ne a quel tempo a molti buoni scrittori di mezza Europa, che quella prosa equivaleva a ci che alcuni avevano definito poe-sia assoluta e altri poesia pura; che, sebbene essa mancasse di speditezza e variet, le avrebbe acquistate entrambe, come la prosa elisabettiana dopo l'Arcadia, non fosse per la generale ac-quiescenza al sensazionale e all'attualit; che il romanzesco, ri-cacciato sull'ultima sua trincea, aveva un certo diritto alla spa-valderia. Lui rispose che quando la candela consumata, un uo-mo onesto non finge che la cera sia fiamma.

    Ma noi, oggi, come giudicheremo questi racconti? Certo, il fil-tro di un ironico distacco critico, che lo stesso Yeats ci sugge-risce di usare, indispensabile. Ma se ci parranno eccessive le lodi di un George Russel - Ogni cosa in Rosa Alchemica, e parole e pensieri, sono di tale ricchezza da sembrare un'assem-blea nel tempio della mente di migliaia di raggi pellegrini che tornano a deporvi le loro molte esperienze. Un libro sostenuto tutto a quel livello sarebbe una delle cose pi grandi della let-teratura - dovremo pur convenire con lui sulla qualit lette-raria di questo wonderful piece of prose; e condividere l'am-mirazione del giovane Joyce per Le tavole della Legge e L'ado-razione dei Magi.

    I racconti, come si visto, si nutrono d'umori simbolisti e decadenti, e sono un tipico prodotto della fin de siede, per quel loro giocare con estasi cristiane e peccaminose devozioni alla bellezza pagana, con arte e magia, con vaghe penombre e fumi d'incenso, cappelle goticheggianti e stanze nascoste da

  • XXIV RENATO OLIVA

    arazzi pieni del blu e del bronzo dei pavoni '; e per lo stile sug-gestivo ed evasivo che preferisce i simboli ai personaggi, le al-legorie ai fatti, i segreti sussurrati alle cose dette a voce chia-ra. E per quelle linfe estetizzanti Yeats le distilla sapiente-mente, ricavandone una raffinata quintessenza; e le passa attra-verso il filtro della seriet pateriana - Pater compone, per dir-la con il Praz, la tendenza decadente nelle linee d'un classici-smo ascetico , e del gusto preraffaellita, pi schivo e pudico, d'una sensualit pi esangue e repressa. Cosi quelle ombre scarlatte danzanti e guizzanti come fiamme tra aromatici fumi sono si espressione d'un satanismo decadente, ma corretto e schiarito con la pallida spiritualit preraffaellita. Cosi la stan-za del narratore di Rosa Alchemica pu ricordare la casa di Des Esseintes, ma quanto pi sobria; e i piaceri che egli prova non lo rendono schiavo: specchio di levigato acciaio - l'idea-le yeatsiano della coldness, del freddo e lucido distacco, rias-sunto in forma epigrafica negli ultimi tre versi di Under Ben Bulben egli vuole conoscere le passioni umane senza gustar-ne l'amarezza e senza nausearsene, senza eccessi alla Lionel Johnson o alla Oscar Wilde. Yeats segue l'insegnamento di Pa-ter che affermava si l'opposizione tra la morale dell'artista e quella dell'uomo comune, ma raccomandava una vita tempera-ta. Nulla di compiacentemente corrotto, dunque, n volutt a lungo assaporate, n male e dolore succhiati come assenzio per stimolare il senso estetico, n piaceri e supplizi, n ferite come rose rosse, n drglement de tous les sens; gemme e profumi si, ma con parsimonia, qualche tremito d'anime e fremito di corpi, ma in complesso una gran cautela nel trattare dell'amo-re e del sesso: si veda la danza di Rosa Alchemica, cui parteci-pa Eros, ma un Eros dal volto velato, come velato il significa-to erotico della danza stessa. (Non cosi nell'opera dello Yeats maturo dove l'unione carnale sar spesso simbolo dell'Unit dell'Essere).

    1 II pavone ricorre spesso nell'iconografia dell'arte estetizzante. Pro-

    babilmente Yeats pensava alla Camera del Pavone che James McNeill Whistler realizz nel 1876-77 per F. R. Leyland. La sala, smantellata nel 1904, si trova ora a Washington (Freer Gallery of Art). U Armonia in Blu e Oro di Whistler per solo uno dei possibili esempi dell'ampio uso del motivo ornamentale del pavone, derivato dall'arte orientale, mol-to conosciuta e diffusa in Inghilterra soprattutto a partire dagli anni set-tanta del secolo scorso.

    NOTA INTRODUTTIVA XXV

    Allo stesso modo lo stile dei racconti cerca di evitare gli ec-cessi: la prosa, pur seguendo cadenze lunghe e modulate per coordinate, pur costruita secondo una sintassi bilanciata e com-plessa che guarda, attraverso Pater, al Rinascimento e ai clas-sici latini, cerca il nitore e rifugge le sbavature, e si studia di non cadere, per quanto possibile in quell'artificioso contesto, nell'eccessivo gonfiore retorico '. Yeats padroneggia il suo sti-le con un sicuro senso della misura espressiva e formale che d ai tre racconti una qualit di prezioso cammeo, di miniatura simbolista; e se lo riconosce congeniale, tanto da rimpiangere, nel passo delle Storie di Michael Rohartes e dei suoi amici ci-tato sopra, che l'avversa congiuntura storico-letteraria gli ab-bia impedito di svilupparsi e perfezionarsi come avrebbe po-tuto.

    Quanto alla profezia, non si sarebbe mai avverata. Il nuovo millennio di artefici, nobili, e santi non sarebbe mai giunto. L'apocalisse si, e la violenza e la guerra quasi invocate; ma la violenza e la barbarie nazifasciste, e gli orrori della seconda guerra mondiale, da cui non sarebbe scaturita nessuna rigene-razione.

    C', in A General Introduction for My Work (1937), un'immagine lancinante. Yeats, ormai pi che settantenne e vi-cino alla morte, polemizza con i giovani poeti inglesi che rifiu-tano sogno ed emozioni personali, si legano ai partiti politici, vogliono esprimere fabbrica e metropoli, usano una psicologia complicata e difendono il loro tipo di metafora dicendo che quello che viene pi naturale all'uomo che va a lavorare in me-tropolitana. Yeats riconosce loro il diritto di scegliere l'uo-mo che usa la metropolitana perch oggettivamente impor-tante; ma lui sempre legato alle sue visioni oniriche, vuole esprimere ci che le Upanishad chiamano il S antico, e at-tende ancora:

    Io rimango attaccato alla tradizione irlandese e aspetto un Antirinascimento [...]. A Vision mi ha abituato a vedere gli schemi geometrici secondo cui si muove la storia. Le mie con-vinzioni hanno radici profonde e non si adeguano alle consue-

    1 Si legga questo significativo giudizio di Yeats su Oscar Wilde, trat-

    to dall''Autobiography: Egli, come tutti noi, aveva imparato da Pater, ma in lui la cadenza era diventata troppo elaborata e rigonfia, e lo stile mancava un po' d'esattezza.

  • XXVI RENATO OLIVA

    tudini. Quando mi fermo al crepuscolo sul ponte O'Connell e osservo quell'architettura senz'armonia e tutte quelle insegne luminose che danno forma fisica all'eterogeneit contempora-nea, un odio indefinito sale su dal buio che ho dentro, e sono si-curo che dovunque in Europa vi siano delle menti abbastanza forti da guidare le altre sta nascendo lo stesso odio indefinito; tra quattro o cinque generazioni, o fors'anche prima, quest'odio esploder violentemente, e imporr, per mezzo di quegli spiriti fratelli, il suo dominio. Non so che natura avr quel dominio perch oggi siamo sotto quello opposto; tutto quello che posso fare per affrettarne l'avvento odiare con pi forza.

    Il vecchio poeta al crepuscolo rifiuta la realt contemporanea, spera nelle strong minds - l'ideologia della mente forte confi-na per pericolosamente con quella dell'uomo forte ' - che im-porranno il suo Antirinascimento, di cui ha semplicemente ri-tardato l'avvento di qualche generazione; e non sa che di li a

    1 La fiducia nella distruzione che vivifica, nel terrore che deve

    sopraggiungere, nella funzione positiva della guerra (Amate la guerra per il suo orrore, cosi che la fede possa mutarsi, la civilt possa rinnovar-si, scrive un personaggio delle Storie di Michael Robartes) pericolosa e politicamente ambigua. nota d'altronde l'ambiguit della posizione politica di Yeats, la sua vicinanza agli elementi pi conservatori del Se-nato irlandese, e la sua, seppur solo temporanea, simpatia per il fascismo e le Camicie Blu irlandesi. Molti hanno evitato di dare un giudizio preci-so sulla politica yeatsiana, suggerendo che le sue simpatie per il totalita-rismo erano frutto di scarsa informazione, fantasie di un idealista. L'an-no della morte di Yeats, Auden (il saggio di Auden, come quelli di Or-well e O'Brien, sta in W. B. Yeats, a cura di William H. Pritchard, Pen-guin, Hardmondsworth 1972) gli intenta, senza pronunciarsi, una specie di processo sulla Partisan Review , in forma di saggio diviso in due parti: argomenti della pubblica accusa, e argomenti della difesa. Orwell, nel 1943, si pronuncia in complesso a favore di Yeats. Per Orwell, Yeats tendenzialmente fascista, e tuttavia a) vede la vera natura del fascismo che ingiustizia b) distrugge le illusioni del liberalismo e) si inganna per-ch non ha capito come sarebbe in realt una societ retta dal totalitari-smo e dall'autoritarismo. Pi recentemente Connor Cruise O'Brien ha contestato ogni atteggiamento assolutorio, che presupporrebbe un'ecces-siva ingenuit e innocenza da parte di Yeats. O'Brien sostiene che Yeats condivideva le opinioni del ceto medio protestante cui apparteneva, opi-nioni espresse dall'Irish Times che nel 1933 aveva salutato Hitler co-me vessillifero dell'Europa contro il terrorismo moscovita; e cita un passo tratto da On the Boiler per dimostrare errata l'opinione di chi ri-tiene che nulla fosse pi alieno alla mentalit di Yeats della violenza fa-scista.

    NOTA INTRODUTTIVA XXVII

    poco la Bestia infuner e divamper il fuoco, ma senza che da macerie e ceneri rinasca poi una nuova et dell'oro.

    Le mezze luci che si muovono fioche di simbolo in simbo-lo e portano ai confini del mondo possono condurre fuori strada. I simboli possono tradire. Nel 1918 Yeats fece esegui-re a Sturge Moore un exlibris rappresentante un unicorno che balza fuori da una torre che, colpita dal fulmine, sta crollan-do. Dalla vecchia civilt, distrutta in un lampo, scaturisce, vio-lenta e gioiosa, la forza che fonder la nuova. Questa l'inter-pretazione da dare all'emblema, almeno secondo Yeats. Ma forse, involontariamente, l'emblema sta ora a significare ben altro: la morte dell'arte, il crollo della torre del mago-artista, le macerie di cui disseminata la strada della storia. L'unicor-no non ha obbedito ai nomi magici. L'unicorno in fuga.

    E Yeats lo sa. Nella complessa ambiguit della sua arte, so-prattutto matura - e questo contribuisce a farla grande - c' posto tanto per l'ostinata fede millenaristica quanto per la co-scienza che i simboli non sono strumenti profetici ma forme, e il sistema di A Vision non la chiave della storia universale ma soltanto una sistemazione stilistica dell'esperienza. Quelle immagini dominatrici in quanto complete | crebbero in puro spirito, ma donde trassero origine? , si domanda Yeats in The Circus Animals' Desertion, dove i simboli che hanno alimenta-to la sua fantasia sono significativamente paragonati ad anima-li da circo ormai fuggiti. La risposta che provengono da un mucchio di rifiuti o dalla spazzatura di una strada, dalla sudi-cia bottega di rigattiere del cuore. E se anche la Grande Me-moria fosse una bottega di rigattiere, con i cui rottami e cian-frusaglie l'artista si costruisce un macchinoso giocattolo, un ca-stello di carte, un incompleto mazzo di tarocchi, un meraviglio-so quanto ingannevole palazzo degli specchi? In ogni caso quel bric--brac fantastico non avrebbe soltanto valore d'antiquaria-to, perch con esso Yeats gioca una partita che tutti ci coinvol-ge cercando di creare schemi, modelli, strutture che diano for-ma all'esperienza e senso alla storia.

    Se, poi, la partita perduta, essa brilla, almeno, della tra-gica e istruttiva luce del fallimento che illumina il vagare del-l'artista nell'elaborato labirinto di simboli e miti che si co-struito nell'illusione di uscire fuori, e di collocarsi al di sopra, della storia.

    RENATO OLIVA

  • Nota bio-bibliografica

    William Butler Yeats nacque il 13 giugno 1865 a Dublino, da John Butler Yeats, pittore, e Susan Pollexfen Yeats. La famiglia si trasferi a Londra due anni dopo, ma Yeats trascorreva regolarmente lunghi pe-riodi di vacanza in Irlanda, a Sligo, press i nonni materni. Avviato alla lettura e alla letteratura dal padre, studi prima a Londra, poi a Dublino. Nel 1883 opt per gli studi artistici entrando alla School of Art di Du-blino. Qui conobbe AE (George William Russel) e insieme a lui inco-minci a interessarsi di misticismo e occultismo. Nel 1885 fond la Dublin Hermetic Society; nel 1887 ader alla Theosophical Society di Madame Blavatsky; nel 1890 fu ammesso all'Order of the Golden Dawn. L'interesse per l'occulto rester sempre una componente fondamentale dell'opera yeatsiana, dando luogo non soltanto a scritti specifici - da Magic a Swedenborg, Mediums, and the Desolate Places, da Per Amica Silentia Lunae ad A Vision -, ma soprattutto aprendo a Yeats un inesau-sto serbatoio di immagini e simboli.

    Nel 1889 conobbe a Londra, tra gli altri, William Morris e Oscar Wilde. Nello stesso anno apparve la sua prima raccolta poetica, The Wanderings of Oisin. Due anni dopo fu tra i fondatori del Rhymers' Club. In questo periodo Yeats sensibilissimo all'influsso estetizzante e decadente: la sua poesia crepuscolare, piena d'echi, vagamente sugge-stiva. Frequenta Lionel Johnson ed Ernest Dowson; visita Parigi nel 1894 e nel 1896; conosce la poesia e l'estetica simbolista grazie alla me-diazione di Arthur Symons, che abita con lui a Londra nel 1896.

    Sono stati intanto pubblicati il romanzo John Sherman, The Count-ess Cathleen and Various Legends and Lyrics - The Countess Cathleen un dramma in versi scritto per Maud Gonne, attrice e patriota naziona-lista irlandese, conosciuta nel 1889 da Yeats, che la am senza essere corrisposto -, The Celtic Twilight. evidente in questi testi lo studio e il ricupero della tradizione irlandese - miti, leggende, racconti popola-ri -, anch'essa fonte continua di ispirazione poetica.

    Stimolato da amici quali il feniano John O'Leary e Maud Gonne, Yeats ebbe anche contatti con i gruppi nazionalisti e rivoluzionari; ma la sua attivit fu sempre pi culturale che politica. Nel 1902 divent pre-sidente dell'Irish National Theatre Society, e nel 1906 direttore del-l'Abbey Theatre (nello stesso anno furono pubblicati i Poems 1895-1905). Il dramma di Yeats che ebbe maggior successo, Cathleen ni Hou-lihan, di questo periodo, e venne rappresentato all'bbey Theatre nel 1902. Yeats continuer a scrivere teatro fino alla fine dei suoi anni, muo-vendosi verso un tipo di dramma simbolico e stilizzato, in cui spesso visibile l'influsso dei Noh giapponesi.

  • XXX NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA

    In campo poetico le raccolte Responsabilities (1914) e The Wild Swans at Coole (1919) segnano una svolta: la poesia yeatsiana si fa pili nitida, essenziale, personale. Alla sua maturazione d un importante con-tributo Ezra Pound, conosciuto da Yeats nel 1908. Comincia la grande stagione che dar tra i suoi frutti pili significativi Michael Robartes and the Dancer (1921), The Tower (1928), The Winding Stair (1933), e i Last Poems, usciti postumi nel 1939.

    Nel 1916 - l'anno dell'insurrezione di Pasqua, celebrata nella poesia Easter 1916 - Yeats propose nuovamente a Maud Gonne - ora vedova del maggiore John MacBride, giustiziato dagli inglesi - di sposarlo. La proposta fu accolta con un rifiuto; Yeats ripet l'offerta a Iseult, figlia adottiva di Maud; anche in questo caso la risposta fu negativa, e Yeats, nel 1917, spos Gergie Hyde-Lees, che scopri subito esser dotata di facolt medianiche. Nel 1920 tenne una serie di conferenze negli Stati Uniti, che aveva gi visitato due volte. Nel 1922 fu eletto membro del Senato irlandese. Nel 1923 gli venne conferito il premio Nobel. Nel 1925 apparve la prima edizione di A Vision. Nonostante la salute cagionevole - nel 1928 pass un periodo di convalescenza a Rapallo: e in Italia sog-giorn pi volte - continu a lavorare intensamente. Oltre alla gi citata attivit poetica sono da ricordare i testi teatrali (A Full Moon in March, I935> The Herne's Egg, 1939; Purgatory, 1939), un'antologia {Oxford Book of Modem Verse, 1936), la traduzione delle Upanisad, le prose di On the Boiler ( 1939).

    Mori a Roquebrune, nella Francia meridionale, il 28 gennaio 1939. R. O.

  • I.

    Son passati pi di dieci anni dal giorno in cui vidi, per l'ultima volta, Michael Robartes, e per la prima volta i suoi amici e condiscepoli; e fui testimone della sua e della loro tragica fine, e passai attraverso strane esperienze che mi hanno cambiato a tal punto che i miei scritti si sono fatti pi oscuri e piacciono di me-no; e forse sar costretto a indossare la tonaca e a cer-car rifugio nell'ordine di San Domenico. Avevd appe-na pubblicato Rosa Alchemica, un'opericciuola sugli Alchimisti, alla maniera di Sir Thomas Browne, e ave-vo ricevuto molte lettere di fedeli delle scienze occul-te, che mi rimproveravano - cosi la definivano la mia timidezza, non riuscendo a credere che una simpatia tanto palese fosse solo la simpatia dell'artista, che fatta per met di piet, per tutto ci che in ogni epoca ha fatto battere il cuore dell'uomo. Poco dopo aver iniziato le mie ricerche avevo scoperto che la loro dot-trina non era solo una chimerica fantasia chimica, ma una filosofia che applicavano al mondo, agli elementi e all'uomo stesso; e che il loro tentativo di ricavare l'oro dai metalli vili non era che parte della trasformazione universale di tutte le cose in una sostanza divina e im-peritura; e ci mi aveva consentito di fare del mio li-briccino una sognante fantasticheria sulla trasmuta-zione della vita in arte, e un grido di immenso deside-rio per un mondo fatto interamente d'essenze.

    i

  • 4 ROSA ALCHEMICA

    Me ne stavo seduto a fantasticare su quanto avevo scritto, a casa mia, in uno dei vecchi quartieri di Du-blino; una casa che i miei antenati avevano reso quasi celebre grazie alla loro partecipazione alla vita politi-ca della citt e all'amicizia che li legava alle celebrit della loro generazione; e mi sentivo insolitamente fe-lice per aver finalmente realizzato un progetto a lungo accarezzato, e trasformato le mie stanze in un'espres-sione della dottrina da me prediletta. I ritratti, che avevano piti valore storico che artistico, erano scom-parsi; e arazzi, pieni del blu e del bronzo dei pavoni, ricadevano a coprire le porte, e chiudevano fuori tut-to quanto, nella storia come nell'agire umano, non avesse il segno della bellezza e della serenit; ed ora, guardando il mio Crivelli e soffermandomi sulla rosa in mano alla Vergine, la cui forma era cosi delicata e precisa da sembrar pi un pensiero che non un fiore, o il mio Piero della Francesca, cosi pieno di spirituale stupore, provavo un'estasi cristiana ma senz'essere schiavo, come il cristiano, di legge e consuetudine. Soffermandomi sulle antiche divinit bronzee, di e dee, che avevo acquistato ipotecando la mia casa, pro-vavo tutto il godimento d'un pagano per ogni variet di bellezza, ma senza le paure del pagano, terrorizzato da un destino insonne e affaccendato in gravosi sacrifi-ci; e mi bastava accostarmi alla mia libreria, con i suoi libri tutti rilegati in pelle, ornati da fregi complicati, e dai colori accuratamente scelti: Shakespeare rilegato nell'arancione della magnificenza mondana, Dante nel rosso cupo della sua ira, Milton nel grigiazzurro della sua compostezza formale; per conoscere delle passioni umane quanto desideravo conoscere senza gustarne l'amarezza e senza nausearmene. Mi ero circondato di di perch non credevo in alcun dio, e sperimentavo

    ROSA ALCHEMICA 5 ogni piacere perch non mi davo a piacere alcuno, ma mi tenevo in disparte, individuo, indissolubile, spec-chio di levigato acciaio. Guardavo nel trionfo di tali fantasie gli uccelli di Era, scintillanti nella luce del fuo-co come mosaici bizantini; e il mio pensiero, per cui il simbolismo era una necessit, ne faceva i guardiani messi a custodia delle porte del mio mondo, che impe-divano l'ingresso a tutto ci che non fosse, come loro, fiorente di bellezza; e per un attimo pensai, come ave-vo gi pensato tante altre volte, che fosse possibile spogliare la vita di ogni amarezza all'infuori dell'ama-rezza della morte; e allora un pensiero che sempre e ogni volta succedeva a quell'altro pensiero mi riempi d'un dolore appassionato. Tutte quelle forme: quella Madonna con la sua meditabonda purezza, quegli spi-rituali volti felici nella luce del mattino, quelle divi-nit di bronzo colla loro impassibile dignit, quelle figure selvagge che precipitavano di disperazione in di-sperazione, appartenevano a un mondo divino da cui ero escluso; ed ogni esperienza, per profonda che fos-se, ogni percezione, per squisita che fosse, m'avrebbe recato l'amaro sogno di un'energia infinita che non avrei mai potuto conoscere, e anche nel mio momento pi perfetto sarei stato diviso, e uno dei miei due Io avrebbe guardato con occhio grave il momento di gioia dell'altro. Avevo ammucchiato intorno a me l'oro na-to nei crogiuoli altrui; ma la realizzazione del sogno supremo dell'alchimista, la trasmutazione del cuore stanco in spirito instancabile, era ancora lontana per me, come lo era stata, certamente, per lui. Mi misi al lavoro col mio acquisto pi recente, un insieme di ap-parecchiature alchimistiche che, come mi aveva assi-curato il commerciante di Rue Le Peletier, erano ap-partenute un tempo a Raimondo Lullo, e mentre col-

  • 6 ROSA ALCHEMICA

    legavo l'alambicco all'athanor e collocavo accanto ad essi il lavacrum mars capii la teoria alchimistica, se-condo cui tutti gli esseri, separati dal grande abisso ove vagano gli spiriti, in gran moltitudine pur essen-do un unico spirito, sono stanchi; e, nell'orgoglio del mio sapere iniziatico, mi sentii in comunione con gli alchimisti, consumati da una sete di distruzione che li induceva a celare sotto il velame dei simboli del leone e del drago, dell'aquila e del corvo, della rugiada e del nitro, la ricerca di un'essenza che avrebbe dissolto ogni cosa mortale. Mi ripetei la nona chiave di Basilio Valentino, l dove paragona il fuoco del giorno del Giudizio al fuoco dell'alchimista, e il mondo al fornel-lo dell'alchimista, e vorrebbe farci capire che tutto de-ve dissolversi prima che la sostanza divina, oro mate-riale o estasi immateriale che sia, si risvegli. Io invero avevo dissolto il mondo mortale e vivevo in mezzo ad essenze immortali, ma non avevo raggiunto nessun'e-stasi miracolosa. Mentre ero immerso in questi pensie-ri, scostai le tende e guardai fuori nel buio, e alla mia fantasia turbata tutti quei puntini di luce che riempi-vano il cielo parvero i fornelli di innumerevoli alchi-misti divini, che lavorassero continuamente a trasfor-mare il piombo in oro, la stanchezza in estasi, i corpi in anime, la tenebra in Dio; e di fronte alla loro opera perfetta avvertii il peso della mia condizione di morta-le, e invocai a gran voce, come tanti altri sognatori e letterati di questa nostra et hanno invocato, la nasci-ta di quella raffinata bellezza spirituale che sola po-trebbe sollevare e rapire anime gravate di tanti sogni.

    ROSA ALCHEMICA 7

    I I .

    Il mio fantasticare venne interrotto da qualcuno che bussava forte alla porta, la qual cosa mi stup as-sai perch non aspettavo visite, e avevo ingiunto ai miei domestici di far ogni cosa silenziosamente, per non infrangere il sogno di una vita quasi segreta. Ero alquanto curioso, ed avendo deciso di andare io stesso ad aprire, presi un candeliere d'argento dalla mensola del caminetto e cominciai a scendere le scale. Sembra-va che i domestici fossero usciti perch, sebbene il ru-more dei colpi sgorgasse attraverso ogni angolo e fes-sura della casa, nessuno si muoveva nelle stanze di sot-to. Mi ricordai che, essendo le mie esigenze tanto po-che, la mia partecipazione alla vita tanto scarsa, essi avevan preso l'abitudine di andare e venire a loro co-modo, lasciandomi spesso solo per ore. Fui sopraffat-to all'improvviso dal vuoto e dal silenzio di un mondo da cui avevo scacciato tutto tranne i sogni, e mentre tiravo il catenaccio tremavo. Mi trovai dinanzi Mi-chael Robartes, che non vedevo pi da anni: i capelli rossi arruffati, l'occhio fiero, le labbra frementi e sen-sitive e gli abiti grossolani lo facevano somigliare, pro-prio come quindici anni addietro, un incrocio tra un debosciato, un santo, e un contadino. Era in Irlanda da poco, disse,e voleva vedermi per una faccenda im-portante: in verit, l'unica faccenda importante per lui e per me. La sua voce mi rievocava gli anni in cui eravamo stati studenti a Parigi, e, ricordando la forza magnetica con cui mi dominava allora, ebbi un po' di paura. Ma ero soprattutto seccato per quella visita in-desiderata e inopportuna, e per gli feci strada prece-dendolo su per lo scalone, dov'era passato Swif t scher-

  • 8 ROSA ALCHEMICA

    zando e motteggiando, e Curran raccontando storie e citando in greco, in giorni piti semplici, prima che la mente umana, resa pi sottile e pi complicata dall'ar-te e dalla letteratura romantiche, cominciasse a freme-re sui confini di qualche rivelazione inaspettata. Sentii che mi tremava la mano, e vidi che la luce della cande-la vacillava pi del dovuto sugli di e sulle ninfe di cui uno stuccatore italiano del Settecento aveva ornato il muro, facendoli sembrare esseri primordiali che stes-sero lentamente prendendo forma nel buio vuoto e in-forme. Quando la porta della stanza si fu chiusa, e la tenda coi pavoni ricadde tra noi e il mondo, ebbi, ma senza capire come, la sensazione che stava per succede-re qualcosa di inatteso e di singolare. Andai verso il ca-minetto, ed essendomi accorto che un piccolo turibolo di bronzo senza catenelle, su cui erano state montate, all'esterno, delle porcellane dipinte di Orazio Fonta-na, e che io avevo riempito d'antichi amuleti, si era ro-vesciato spargendo intorno il suo contenuto, comin-ciai a raccogliere gli amuleti e a rimetterli a posto, sia per riordinare i miei pensieri sia per l'abituale riveren-za con cui ritenevo doveroso trattare degli oggetti da tanto tempo collegati a segrete speranze e timori. Ve-do, - disse Michael Robartes, - che l'incenso ti piace ancora, e posso mostrarti un incenso pi prezioso di qualsiasi altro tu abbia mai visto, e cos dicendo mi prese il turibolo di mano e ammucchi gli amuleti tra l'athanor e l'alambicco. Mi sedetti, ed egli si sedette accanto al fuoco, e rimase seduto per un po' a guarda-re dentro il fuoco, col turibolo in mano. Sono venu-to per domandarti una cosa, - disse, - e quest'incenso impregner la stanza, e i nostri pensieri, del suo dolce profumo mentre parliamo. Viene dalla Siria, e me lo ha dato un vecchio, il quale mi ha detto che fatto con

    ROSA ALCHEMICA 9

    dei fiori che appartengono alla stessa famiglia dei fiori che nel Giardino del Getzemani coprirono con i loro pesanti petali purpurei le mani i capelli e i piedi di Cri-sto, e Lo avvolsero nel loro alito pesante, finch non diede un grido, lamentando la croce e il Suo destino. Da un sacchettino di seta vuot un po' di polvere nel turibolo, mise il turibolo sul pavimento e accese la pol-vere, da cui si lev un fiotto di fumo azzurrognolo, che si allarg sul soffitto e ridiscese in basso, come il fico del Bengala di cui parla Milton. L'incenso mi fece l'ef-fetto consueto, e mi sentii invadere da una leggera son-nolenza, tanto da sobbalzare quando Robartes disse, Sono venuto a farti quella domanda che ti ho gi fat-to a Parigi. Preferisti lasciare Parigi piuttosto di ri-spondere.

    Aveva volto gli occhi verso di me, e li vedevo scin-tillare alla luce del fuoco, attraverso la nuvola d'incen-so, mentre rispondevo: Vuoi sapere, cio, se intendo diventare un adepto del tuo Ordine della Rosa Alchi-mistica? Mi sono rifiutato a Parigi, quand'ero pieno di desideri insoddisfatti, e dovrei acconsentire adesso che finalmente ho plasmato la mia vita secondo i miei desideri?

    Da allora sei molto cambiato, - rispose. Ho let-to i tuoi libri, e adesso ti vedo in mezzo a tutte queste immagini, e ti capisco meglio di quanto non ti capisca tu stesso, perch sono stato a fianco di tanti e tanti so-gnatori che si sono trovati davanti allo stesso bivio. Hai chiuso il mondo fuori della porta e hai radunato gli di intorno a te, e, se non ti getterai ai loro piedi, sarai sempre apatico, e di vacillante proposito, perch l'uomo deve dimenticare la propria infelicit tra la confusione e il rumore della moltitudine nel mondo e nel tempo; oppure cercare di unirsi misticamente alla

  • I O ROSA ALCHEMICA

    moltitudine che governa il mondo e il tempo. Poi mormor qualcosa che non riuscii a sentire, come se si rivolgesse a qualcuno invisibile ai miei occhi.

    Per un attimo mi parve che la stanza diventasse buia, come accadeva in passato quando stava per pro-dursi in qualche curioso esperimento, e nel buio i pa-voni sulla porta sembravano ardere d'un colore pi in-tenso e luminescente. Mi sottrassi a quell'illusione che era, credevo, solo un effetto della memoria e della fo-schia prodotta dall'incenso. Non volevo ammettere che fosse in grado di soggiogare il mio intelletto ormai maturo, e dissi, Anche ammettendo che io abbia bi-sogno di una fede spirituale e di qualche forma di cul-to, perch mai dovrei recarmi ad Eleusi invece che ai piedi del Calvario? Egli si pieg verso di me e co-minci a recitare una specie di cantilena ritmica; e mentre parlava dovetti nuovamente lottare con l'om-bra, come d'una notte pi antica della notte del sole, che cominciava a velare la luce delle candele e a in-ghiottire i minuti riflessi luccicanti sugli angoli delle cornici e sulle divinit di bronzo, e a volgere l'azzurro dell'incenso in un violetto carico; mentre non spegne-va lo scintillio e la luminescenza dei pavoni, come se ogni singolo colore fosse uno spirito vivente. Ero ca-duto in un profondo sogno ad occhi aperti in cui sen-tivo la sua voce venire come di lontano. E tuttavia non c' nessuno che sia in comunione esclusivamente con un solo dio, - diceva, - e pi l'uomo vive nella fantasia, e pi affina l'intelletto, pi sono gli di con cui s'incontra e parla, e pi soggiace all'influsso di Or-lando che a Roncisvalle die fiato per l'ultima volta al-la tromba dei voleri e dei piaceri del corpo; e di Amle-to che li vide corrompersi e svanire, e ruppe in sin-ghiozzi; e di Faust, che li cerc in lungo e in largo per

    ROSA ALCHEMICA I I

    il mondo e non riusci a trovarli; e all'influsso delle in-numerevoli divinit che si sono incarnate in corpi spi-rituali nella mente dei poeti e dei narratori moderni, e all'influsso delle antiche divinit, che dal Rinascimen-to in poi hanno riavuto tutto dei loro antichi culti, tranne il sacrificio d'uccelli e pesci, la fragranza delle ghirlande e il fumo dell'incenso. I pi credono che sian stati gli uomini a fare queste divinit, e che possano di nuovo disfarle; ma noi che le abbiamo viste passare in sferraglianti armature, e in lunghe morbide tuniche, e le abbiamo sentite parlare con voce chiara mentre gia-cevamo, come morti, in trance, sappiamo che sono lo-ro a fare e disfare l'umanit, la quale in verit altro non se non il fremito delle loro labbra.

    Si era alzato e aveva preso a camminare avanti e in-dietro, e nel mio sogno ad occhi aperti era diventato una spola che tesseva un'immensa trama purpurea le cui pieghe andavano riempiendo la stanza. Sembrava che la stanza fosse diventata inspiegabilmente silen-ziosa, come se al mondo fosse cessata ogni cosa tranne quel tessere e il crescere di quella tela. Essi ci hanno visitati; essi ci hanno visitati, - riprese la voce, - e c'e-rano tutti: tutti coloro in cui ti sei imbattuto nei libri, tutti coloro che hanno popolato le tue fantasie. Ecco Lear, il capo ancora bagnato dalla bufera, e ride, per-ch tu ti credevi esistente e lui solo un'ombra, mentre l'ombra sei tu, e lui un dio immortale; ecco Beatrice, con le labbra appena schiuse in un sorriso, come se tut-te le stelle stessero per spegnersi in un sospiro d'amo-re; ecco la madre del Dio dell'umilt, di Colui che ha ammaliato gli uomini a tal punto che essi hanno cerca-to di spopolare il loro cuore perch Egli potesse re-gnarvi da solo: ma la madre Sua ha in mano una rosa ogni cui petalo un dio; ed ecco, oh, rapida giunge!,

  • 1 2 ROSA ALCHEMICA

    Afrodite in un crepuscolo che cade dalle ali di innume-revoli passeri, e intorno ai suoi piedi stan le colombe bianche e cinerine. Sempre in preda al sogno lo vidi allungare il braccio sinistro e passarvi sopra la mano destra come se accarezzasse le ali di una colomba. Feci uno sforzo tremendo, e mi parve quasi di spezzarmi in due, e dissi con decisione sforzata, Tu vorresti tra-volgermi e trascinarmi in un mondo indefinito che mi riempie di terrore; invece la grandezza di un uomo sta nella capacit di crearsi una mente che rifletta ogni co-sa con l'indifferente precisione di uno specchio. Mi pareva d'essere rientrato in pieno possesso delle mie facolt, e continuai, ma pi in fretta, Ti ordino di la-sciarmi immediatamente, perch le tue idee e le tue fantasie altro non sono se non illusioni che si insinua-no come vermi nelle civilt in declino, e nelle menti in decadenza. Mi era nata dentro una rabbia improvvi-sa e, afferrato l'alambicco dal tavolo, stavo per alzar-mi e colpirlo, quando mi parve che i pavoni sulla por-ta alle sue spalle crescessero a dismisura, immensi; e poi l'alambicco mi cadde di mano e fui sommerso da una marea di penne verdi e blu e bronzee, e mentre lottavo disperatamente udii in lontananza una voce che diceva, Il nostro maestro Avicenna ha scritto che ogni forma di vita procede dalla corruzione. Ormai le penne scintillanti m'avevano coperto completamente, e capii d'aver lottato per centinaia d'anni, e finalmen-te fui vinto. Mentre sprofondavo nell'abisso il grigio e il blu e il bronzo che sembravano riempire il mondo diventarono un mare di fiamme e mi travolsero, e nel turbine che mi trascinava udii sul mio capo una voce gridare, Lo specchio si rotto in due pezzi, e un'al-tra voce rispondere, Lo specchio si rotto in quat-tro pezzi, e una voce pi lontana gridare con grido

    ROSA ALCHEMICA 1 3

    esultante, Lo specchio si rotto in innumerevoli pez-zettini; e poi una moltitudine di pallide mani si pro-tese verso di me, e visi dolci e strani si chinarono su di me, e voci tra il lamentoso e il carezzevole mi dicevano parole che dimenticavo nell'attimo stesso in cui veni-vano pronunciate. Venivo tratto fuori da quella ma-rea di fiamma, e sentivo liquefarsi i miei ricordi, le mie speranze, i miei pensieri, la mia volont, ogni cosa ch'io ritenevo essere me stesso; poi mi parve di salire passando attraverso innumerevoli congreghe di esseri che erano, m'era dato di capire, in un modo pi certo del pensiero, ciascuno avviluppato nel proprio attimo eterno, nel perfetto sollevar d'un braccio, in un cer-chio di parole ritmiche, in un sogno a palpebre soc-chiuse e ad occhi appannati. E poi passai oltre queste forme, che erano tanto belle da aver quasi cessato di essere, e, dopo aver sofferto strani stati d'animo, ma-linconici, cosi pareva, per esser gravati del peso di molti mondi, entrai in quella Morte che la Bellezza stessa, e nella Solitudine che tutte quelle moltitudini incessantemente desiderano. Mi parve che tutte le co-se che avessero mai avuto vita entrassero a stabilirsi nel mio cuore, e io nel loro; e non avrei pi conosciu-to n morte n lacrime, se non fossi improvvisamente precipitato dalla certezza della visione nell'incertezza del sogno, e diventato una goccia d'oro fuso che cade-va a velocit smisurata attraverso una notte trapunta-ta di stelle, e tutt'intorno a me un gemito malinconico ed esultante. Caddi e caddi e caddi, e poi il gemito fu solo pi il gemito del vento nel camino, e mi svegliai per ritrovarmi appoggiato al tavolo, la testa tra le ma-ni. Vidi l'alambicco che oscillava da una parte all'al-tra nel lontano angolo in cui era rotolato, e Michael Robartes che mi guardava, in attesa. Verr con te do-

  • 1 4 ROSA ALCHEMICA

    vunque tu voglia, - dissi, - e far qualsiasi cosa tu mi chieda, perch sono stato tra cose eterne. Ho capi-to, - replic, - che dovevi necessariamente rispondere come hai risposto, quando ho udito lo scoppio della tempesta. Devi venire molto lontano, perch ci stato ordinato di costruire il nostro tempio tra la pura mol-titudine presso le onde e l'impura moltitudine degli uomini.

    in.

    Mentre attraversavamo in carrozza le strade deserte non pronunciai parola. La mia mente si era stranamen-te svuotata delle impressioni e dei pensieri consueti, quasi che fosse stata strappata al mondo definito e get-tata nuda su un mare sconfinato. A tratti mi sembrava che la visione stesse per ricominciare, e ricordavo va-gamente, in un'estasi di gaudio o di dolore, delitti ed atti eroici, fortune e sfortune; o cominciavo a contem-plare, col cuore che mi balzava improvvisamente in petto, speranze e terrori, desideri e ambizioni, estranei alla mia vita meticolosa e ordinata; e poi mi svegliavo tremante al pensiero che un essere grande e imponde-rabile aveva attraversato come un turbine la mia men-te. Ci vollero, invero, giorni prima che questa sensa-zione scomparisse del tutto, e anche ora, che ho cerca-to rifugio nell'unica fede certa, sono molto tollerante nei confronti di quelle personalit incoerenti che si ra-dunano nei templi e nei ritrovi di certe oscure sette, poich anch'io ho sperimentato il dissolversi di ferme abitudini e principi di fronte a una forza che, forse, era hysterica passio o pura follia, ma comunque tanto po-tente nella sua malinconica esultanza da farmi tremare

    ROSA ALCHEMICA 1 5

    al pensiero che potrebbe risvegliarsi di nuovo e strap-parmi a quella pace che ho da poco ritrovata.

    Quando, nel diffuso grigiore, arrivammo alla gran-de stazione semivuota, mi parve di aver subito un tale cambiamento da non esser pi, com' l'uomo, un atti-mo che rabbrividisce al cospetto dell'eternit, ma l'e-ternit che piange e ride sulla sorte di un attimo; e quando fummo partiti e Michael Robartes si fu addor-mentato, cosa che fece quasi subito, il suo viso dor-miente, su cui non v'era traccia di ci che mi aveva sconvolto e mi teneva desto, parve alla mia mente ec-citata pi una maschera che un volto. Mi ossessionava l'idea che l'uomo dietro quella maschera si fosse sciol-to come sale nell'acqua, e che le sue risate e i suoi so-spiri, le sue preghiere e le sue accuse, fossero l'esecu-zione di ordini impartiti da esseri superiori o inferio-ri all'uomo. Costui non affatto Michael Robartes: Michael Robartes morto; morto da dieci, forse da vent'anni, continuavo a ripetermi. Alla fine caddi in preda a un sonno febbrile, da cui mi risvegliavo di tan-to in tanto mentre sfrecciavamo attraverso qualche cit-tadina dai tetti d'ardesia lucidi di pioggia, o lungo qualche lago tranquillo e scintillante nella fredda luce del mattino. Per la troppa preoccupazione non avevo domandato dov'eravamo diretti, n avevo badato ai biglietti acquistati da Robartes, ma capivo dalla dire-zione del sole che stavamo andando verso occidente; e in breve m'accorsi anche, dalla fuga degli alberi che sempre pi simili a mendicanti stracciati correvano verso oriente a capo chino, che ci stavamo avvicinan-do alla costa occidentale. Poi, d'improvviso, vidi alla mia sinistra, tra le colline basse, il mare, d'un grigio monotono rotto da macchie e strisce bianche.

    Quando scendemmo dal treno seppi che ci restava

  • i 6 ROSA ALCHEMICA

    ancora un tratto di strada da fare, e ci mettemmo in cammino, stringendoci nel cappotto, perch il vento era forte e tagliente. Michael Robartes taceva, come se fosse ansioso di lasciarmi ai miei pensieri; e, mentre camminavamo tra il mare e il fianco roccioso d'un gran promontorio, mi resi conto con nuova e perfetta luci-dit del trauma subito da ogni mio modo di pensare e di sentire, sempre che non fosse addirittura intervenu-ta qualche misteriosa modificazione della sostanza del-la mia mente, che quelle onde grige, con i loro pennac-chi di spruzzi e di spume, erano entrate a far parte d'u-na mia brulicante e fantastica vita interiore; e quando Michael Robartes mi addit una casa squadrata dall'a-ria antica, al riparo della quale sorgeva un altro edifi-cio molto piti piccolo e pi recente, proprio in fondo a un molo in rovina e quasi deserto, e disse che era il Tempio della Rosa Alchimistica, mi sorpresi a fanta-sticare che il mare, che lo copriva di continuo con una pioggia di spume bianche, lo reclamasse come parte di una vita indefinita e appassionata, che aveva iniziato a muover guerra ai nostri giorni meticolosi e ordinati, e stava per piombare il mondo in una notte oscura come quella che segui alla caduta del mondo classico. Una parte della mia mente si faceva beffe di questo terro-re fantastico, ma l'altra, la parte che era ancora semi-sommersa nella visione, ascoltava il fragore di eserciti sconosciuti che si scontravano, e rabbrividiva di fron-te a inimmaginabili fanatismi, minacciosamente im-pendenti in quelle onde grige che balzavano sul molo.

    Ci eravamo appena incamminati lungo di esso che ci imbattemmo in un vecchio, il quale era evidente-mente un guardiano, poich se ne stava seduto in un barile capovolto, vicino a una breccia del molo che era stata da poco riparata dai muratori, davanti a un fuo-

    ROSA ALCHEMICA 17

    co come quelli che si vedono appesi sotto i carri dei calderai ambulanti. Vidi che era anche molto devoto, perch da un chiodo sull'orlo della botte pendeva un rosario, e a quella vista rabbrividii, e non capii perch rabbrividivo. Gli passammo accanto, ma non facem-mo in tempo a percorrere pochi metri che lo udii gri-dare in gaelico, Idolatri, idolatri, andate all'Inferno, voi, le vostre streghe e i vostri diav