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Nogaredo

Numeri ed indirizzi utiliAmbulatorio Medico: tel. 0464 412449Carabinieri Pronto Intervento: 112Carabinieri - Stazione Villa Lagarina: tel. 0464 412062Cassa Rurale di Isera: tel. 0464 410304Distretto Ambulatoriale C.10: tel. 0464 461644Famiglia Cooperativa Nogaredo: tel. 0464 410235Farmacia (Villa Lagarina): tel. 0464 412061Guardia Medica: tel. 0464 433347Municipio - Piazza Centrale, 7Centralino: tel. 0464 410257Ospedale di Rovereto: C.so Verona, 4Centralino: tel. 0464 453111Ambulanze: tel. 0464 433273 tel. 0464 453289Pronto Soccorso: tel. 0464 453205Parrocchia: Via Colli, 10 tel. 0464 410274

Parrocchia di Brancolino: tel. 0464 410378 Parrocchia di Nogaredo: tel. 0464 410274Parrocchia di Noarna: tel. 0464 410335 Polizia Pronto Intervento: 113Polizia Municipale Nomi: tel. 0464 830408Poste Italiane Nogaredo: tel. 0464 410288Pronto Soccorso Rovereto: tel. 0464 453205Scuola Elementare: tel. 0464 461425Scuola Materna: tel. 0464 411244Soccorso Stradale ACI: 116Telefono Azzurro: (gratuito ai minori) 1 96 96Trentino Emergenze: 118Vigili del Fuoco Nogaredo: tel. 0464 419188 Vigili del Fuoco Rovereto: tel. 0464 432333Vigili del Fuoco - Pronto Intervento: 115 Vigili Urbani Nogaredo: tel. 0464 410257

La schedaAbitanti: 1911Superficie territoriale: 3,64 km2

Distanza Capoluogo Trento: Km 24Uscita A22: Rovereto NordAltitudine: 550 m s.l.m.

Cap: 38050Patrono: Nogaredo: S. Leonardo (7 settembre) - Noarna: S. Valentino (14 febbraio); Sasso: S. Matteo (21 settembre); Brancolino: B.V.Maria (1° domenica di settembre)Frazioni: Nogaredo capoluogo: ab. 917 - Noarna e Belvede-re: 250 - Sasso: 180

Prefisso Postale: 38060

Prefisso Telefonico: 0464

Sito web: www.comune.nogaredo.tn.ite-mail: [email protected]

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Nogaredo

Posizione geograficaSituata a sud di Trento, in Vallagarina, Nogaredo confina con Villa Lagarina, Rovereto e isera. Gode di una buona posizione nell’ambito del sistema pro-vinciale delle comunicazioni: dista 2 chilometri dalla strada statale n. 12 dell’Abetone e del Brennero, arteria di grande comunicazione che correndo parallelamente al fiume Adige, colle-ga Verona, in Veneto, Trento e Bolza-no per poi proseguire fino in Austria. Solo 2 Km. la separano inoltre dal ca-sello di Rovereto Nord dell’autostrada Brennero-Modena (A22) e 4 km dallo scalo ferroviario di riferimento sulla linea Verona-Brennero. L’aeroporto internazionale più vicino è quello di Verona a 70 km. L’aeroporto intercon-tinentale di Milano/Malpensa si trova a 240 km di distanza, e Milano Linate a 201 km, mentre il porto di Venezia dista 191 Km.

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Il territorioil maestoso corso dell’Adige delimita a valle il vasto territorio dei Comuni di Nogaredo e Villa Lagarina, sui pendii del Monte Cornetto le cui creste ne segnano i confini a nord-ovest. L’area è caratteriz-zata da dolci declivi, da balze coltivate a vite e, nella parte montana, da imponen-ti boschi di faggio e conifere.La superficie del Comune di Nogaredo si estende per 3.64 kmq, dalla sponda destra dell’Adige fino a circa 600 metri di altitudine, verso l’altopiano di Bordala e i contrafforti di Castellano.Nogaredo è Comune di montagna di ori-gine medievale, la cui economia si basa principalmente su, agricoltura, terziario e imprese industriali. La comunità dei nogaredani è principalmente concen-trata nel capoluogo comunale nonché nelle località di Brancolino, Noarna, Sas-so e in case sparse sui fondi. il territorio comunale, che fa registrare

significative oscillazioni altimetriche, si distende in parte nell’ampia pianura di fondovalle percorsa dal fiume Adige, in parte si arrampica sulle pendici, rivesti-te di faggete, di alcuni rilievi montuosi che la fiancheggiano. L’abitato, divenu-to contiguo al limitrofo comune di Villa Lagarina in seguito alla significativa espansione edilizia che lo interessa da alcuni decenni, sorge sul conoide ge-nerato dai depositi alluvionali del rio Molini. Alle quote inferiori il paesaggio è caratterizzato dalla presenza di rego-lari filari di vite, indice della mitezza del clima.

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Le originiil territorio compreso tra i pendii orien-tali del monte Cornetto e la riva destra dell’Adige fu abitato fin dalla lontana preistoria. Numerosi sono i ritrovamenti archeologici sparsi nel circondario: -la sepoltura del periodo neolitico tro-vata a «pal-Alt» (Cesoino) con scheletro e due asce sulle spalle, una in eclogite, l’altra in cloromelanite; -la grotta delle «ortoline», appe-na sotto il paese di pedersano, seppur parzialmente studiata, con le sue numerose «slacche» o «loppe» (residui di una remota lavorazione di metalli); -uno spillone in bronzo ed alcuni raschiatoi in selce, e altri reperti dell’epoca del bronzo ai «pizzini» di Castellano e sul dossi di S. Martino.

Nel territorio di Nogaredo, in località Molini (Bertagnoli) nei pressi della cascata, fu rinvenuta una grotta con-tenente uno scheletro, due urne ed altri reperti di epoca neolitica. Sul Dos pagan, al prà de la Cà e nel cir-condario di Brancolino si trovarono in momenti successivi vari oggetti dell’età del Bronzo e numerosi sche-letri dentro casse di pietra. Via Salita del Dosso, 23

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Il nome

il nome Nogaredo ha origine dal latino nux, “noce”, attraverso il derivato nucari-us, nucaria, “il noce” e con il suffisso ge-neralizzante -etum, “noceto”. in dialetto i noci (plurale) sono detti nogare.È interessante notare come i toponimi di Nogaredo e Noarna abbiamo forse una unica origine etimologica, infatti Noga-redo deriverebbe da nogare, nucaria, noce e Noarna da nocarna, nogarna, nogareto, nucereto, luogo a noce. Quan-to a Sassi trarrebbe la propria origine dal toponimo romano Sasius o Sassius che si trova nelle iscrizioni latine anche come nome personale. il prediale con-fermerebbe l’origine del nucleo quale possedimento terriero di epoca romana.

Lo stemma

Lo stemma comunale, adottato il 30 novembre 1983, ha chiari riferimenti all’etimologia del nome del paese.Lo scudo a punte, sagomato, raffigura un frondoso albero di noce in campo azzurro su prato verde, accostato nel terzo inferiore, ai lati del tronco, dalle lettere maiuscole C N ed è sormonta-to da corona con Murale di Comune;ornamenti: a destra una fronda d’alloro fogliata al naturale fruttifera di rosso; a sini-stra una fronda di quercia fogliata e ghiandifera al naturale legate da un nastro annodato, a strisce color ar-gento e rosso bordeaux.

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La nascita delcomune di Nogaredo

Nel 1800 l’impero austroungarico av-viò l’istituzione dei Comuni quali centri amministrativi indipendenti soggetti a disposizioni di legge.All’epoca Nogaredo e Brancolino for-mavano un unico comune confinante con quello di Sasso e Noarna. Nel 1915 - con legge austriaca - questi ultimi divennero due comuni indipendenti e tali rimasero sino al 1929. Un successi-vo accorpamento ebbe luogo durante il

regime fascista. Col Regio Decreto del 10 gennaio 1929, i Comuni di Nogaredo, Sasso e Noarna, Castellano e pedersa-no furono riuniti al Comune di Villa La-garina, unione che durò oltre 25 anni. per gli abitanti di Nogaredo, Sasso, No-arna e Brancolino, la distanza dal cen-tro amministrativo, Villa Lagarina, era notevole e all’epoca creava non pochi disagi. La forte tradizione di autonomia nella gestione e amministrazione comune ispirata sin dalla medievale Carta di regola erano motivo di orgoglio e in-dipendenza per le comunità alpine e sin da allora la responsabilità ammi-nistrativa diretta si concretizzava in in-terventi che meglio rispondevano alle necessità del territorio e dei cittadini. pertanto, accogliendo le istanze della popolazione, il Comune di Nogaredo, configurato con le attuali frazioni, di-venne comune autonomo con Legge Regionale n. 13 dd. 14.02.1955.

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Nogaredo

NogaredoNogaredo è un centro che fonda la sua economia sull’industria e sull’artigia-nato, oltre che sull’agricoltura. inseri-to nell’area roveretana, il territorio si è espanso parallelamente alla strada principale, la Sp n. 90, sia in direzione di Villa Lagarina, sia verso Brancoli-no, per il consistente trasferimento di roveretani che qui hanno costruito le loro residenze, pur tuttavia conser-vando la sua fisionomia lagarina.

Dalla parte nuova del paese si giunge alla piazza centrale di Nogaredo con-tornata dalle case del vecchio nucleo con portali, portici, cortili interni, ampi volti, profonde cantine. La piazza era un tempo pavimentata a ciottoli con una grande fontana con lavatoio ora sita sul retro del Municipio. Domina la piazza, l’elegante e armonioso palazzo dei Candelpergher, ricca famiglia di Rovereto, ora sede del Municipio.Le prime notizie del palazzo Candel-pergher risalgono al XVii secolo, pre-cisamente al 1661 quando la casa fu acquistata dal nobile Guglielmo pe-droni, dottore in legge e insigne giure-consulto, che fece costruire anche la vicina chiesa di S. Leonardo. Successi-vamente l’edificio passò ai Candelper-gher, famiglia di origine tedesca tra-sferitasi a Rovereto alla fine del 1600, e infine al Comune che lo ristrutturò totalmente. All’interno ci sono un inte-ressante soffitto ligneo a cassettoni e

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una sala di rappresentanza con pavi-mento in battuto veneziano e marmi policromi.A fianco del palazzo si erge la parte originaria della chiesa parrocchiale di San Leonardo: è una caratteristica cappella ottagonale (1728), con am-pliamento a pianta rettangolare. Nelle feste di primavera e di autunno la piazza si anima di gente. Nei portici e nei cortili si organizzano mostre di pittura, e lavori dell’artigianato tipi-co, si attivano ottime cucine e mesci-te di vino locali. Rallegrano le feste musiche, cori, spettacoli, specie in occasione del Calendimaggio, tipica manifestazione primaverile.Tipici villaggi agricoli delle pendici lagarine del Monte Stivo e dediti so-prattutto alla viticoltura pregiata di collina sono, più in alto sulla mon-tagna, le frazioni di Sasso e Noarna, dove si può vedere il notevole Castel-lo di Castelnuovo.

Chiesa parrocchiale di San Leonardo

Anticamente a Nogaredo esisteva una chiesetta dedicata a S. Biagio, a metà strada fra Villa Lagarina e Nogaredo, in località che ne conserva tuttora il nome. Di questa chiesa non si hanno molte notizie: S. Biagio fu demolita attorno al 1640 su istanza della popo-lazione che chiedeva una chiesa più grande.. Da questa chiesa proviene il

dipinto ECCE HoMo, poi collocato nella chiesa di S. Leonardo, sul lato sinistro della parte più antica, dopo un delicato intervento di restauro a Trento.La chiesa di S. Leonardo si erge nella parte più alta del paese, all’inizio della strada per Sasso, ad un’altitudine di m. 225 s.l.m.. È formata da due corpi, quello più antico fu fatto costruire dai conti pedroni nel 1728 e , pur essendo

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privata, gli abitanti di Nogaredo la fre-quentavano già dal 1750. pertanto ver-so il 1800 i conti pedroni la donarono alla comunità di Nogaredo, e venne poi restaurata nel 1911.il primitivo corpo a forma ottagonale fu ampliato nel 1948 su richiesta della popolazione di Nogaredo. il progetto fu affidato all’architetto pietro Marzani, conte di Villa Lagarina, che ne estese la superficie costruendo

una sezione rettangolare a monte del corpo ottagonale. All’interno, sull’altare maggiore, si trova la pala di S. Leonardo, un’opera di Gasparantonio Baroni Cavalcabò di Borgo Sacco, vissuto tra il 1682 e il 1759. Altri due altari furono donati dagli abitanti di Nogaredo nel 1957 e posti ai due lati dell’entrata, quello a destra dedicato alla Madonna e l’altro a sinistra, dedicato al Bambin Gesù.

Sulla facciata esterna della chiesa, suddivisa in lesene re-golari, sono collocate in armo-niose nicchie le statue in pietra bianca di S. Carlo Borromeo e S. Ferdinando. Le due statue ri-salgono al 1700 ma fino al 1950 abbellivano un capitello situato all’ingresso di Nogaredo, all’in-crocio fra via delle Zuccate e via S. Biagio, che fu demolito a se-guito dei lavori di allargamento della strada.

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Santa Lucia

Santa Lucia è una piccola e suggestiva località sulla strada che porta ai Molini, posta al confine tra il comune di Noga-redo e quello di Villa Lagarina. È rag-giungibile sia dal viale degli ippocastani dal palazzo Lodron, sia da Villa Lagarina lungo viale dei Tigli.il bel viale che dal territorio comunale di Villa Lagarina porta alla Chiesa cin-quecentesca di S. Lucia, sul territorio di Nogaredo, è caratterizzato da 13 antiche edicole della Via Crucis che giungono

alla scalinata della chiesa. Sull’altro lato del viale una bella fontana ed un impo-nente edificio in pietra.A sud della chiesa si estende il nucleo abitativo di S. Lucia formato da poche case, alcune risalgono alla fine del 1800 altre sono più recenti, mentre il Cimitero recentemente ristrutturato è del 1600.

La Contrada dei Moliniproseguendo, oltre l’abitato di S. Lucia, e salendo lungo viale dei Tigli, costeg-giando la Chiesa ed il muro del Cimi-tero, si raggiungono le prime case di Molini, lungo la Strada provinciale 20 del Lago di Cei.La Valle dei Molini costituisce la parte inferiore della Valle di Cavazzino, per-corsa dal piccolo torrente omonimo. il Rio Cavazzino forma una profonda gola che separa le campagne di Noarna e di pedersano e anticamente alimenta-va un piccolo distretto industriale: un-dici mulini abbarbicati sul fondo valle, rimasti operativi fino a poco dopo la seconda guerra mondiale. Gli abitanti di Molini vantano giusta-mente una loro peculiarità: quella di appartenere ad una contrada, ricono-sciuta come tale anche in documenti storici, che ha saputo mantenere vivo lo spirito di comunità rendendola ope-

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rante sul piano delle iniziative con-crete. Essi vanno inoltre orgogliosi di essere i depositari e gli eredi degli undici «molineri», che lavoravano nel tratto di Rio che scende lungo la valle.Gli anziani ricordano ancora che l’ultimo mulino che macinò granella di frumento e di granoturco è stato quello della famiglia Zambanini che ha funzionato fino al 1949. Questi mulini, in appena 500 metri di rio, rappresentavano un concentrato di «zona industriale» del tempo, dotata di macchine idrauliche a energia gra-tuita e pulita.Va anche rammentato che fino agli anni ‘50 Molini possedeva un’altra im-portante attività produttiva: la cosid-detta «preéra» : una grande cava per l’estrazione dei sassi da costruzione. Quasi tutte le case di Nogaredo sono state costruite con il materiale della «preéra» dei Molini. purtroppo un in-fortunio mortale, nei primi anni del

1950. determinò la chiusura definitiva della cava.Attualmente i molini hanno perso le loro caratteristiche originarie e gli edi-fici sono stati trasformati in abitazioni. Resta nella piazza il Capitello dedicato a S. Giovanni, la strada che costeggia il rio Cavazzino, l’acqua che gorgoglia e scintilla nel lavatoio della fontana.

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NoarnaDalla Valle dei Molini, salendo verso pedersano, si giunge ad un bivio con una fontana da dove parte la strada che porta a Noarna.procedendo, sul ripido pendio sulla Valle dei Molini si intravede sulla de-stra Castel Noarna, posto su un rilievo collinare che domina le campagne di Noarna.Le case del paese risalgono al 1500-1600 e molte sono state sapiente-

mente ristrutturate. Sono tipiche co-struzioni rurali, con balconi in legno e scale esterne, ingentilite da finestre fiorite. il nucleo è attraversato da vi-coli, tra gli edifici portali imponenti si aprono su cortili, o sul verde di piccoli orti interni che si aprono al pubbli-co in occasione di sagre ed eventi e che immergono il contesto abitativo in un’atmosfera che richiama la vita agreste e contadina di un tempo.

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Nella piazza centrale sorge un’incante-vole chiesetta dedicata al patrono, San Valentino.prima di lasciare la frazione, si consiglia di salire lungo Via Belvedere per ammi-rare lo stupendo panorama sulla Valla-garinaCon l’adozione della Carta di Regola, nel 1750, anche la popolazione di Noarna

ottenne la gestione autonoma dei beni comuni che includevano prati e boschi. La Carta di Regola di Novarna - così era chiamata Noarna - fu confermata dal Conte Nicola Sebastiano Lodron ma con il dominio austriaco la Carta fu proibita.A Noarna ogni anno si organizzano gran-di feste in occasione di sagre e ricorren-ze, si allestiscono mostre di utensili e at-trezzi agricoli antichi, si programmano manifestazioni musicali.Nei cortili e dentro i portici si offrono piatti locali e vini tipici.

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Chiesa Parrocchialedi San Valentino

Al crocevia all’ingresso del paese, prove-nendo da Molini si trova la chiesa di S. Valentino. Edificata nel 1636 e ricostrui-ta nel 1708 fu rimaneggiata a metà otto-cento e restaurata un secolo dopo.L’ingresso è posto su un lato della piazza omonima intitolata a S. Valentino. L’edi-ficio presenta un’architettura classica con finestre semicircolari a vetri poli-cromi ed ha annessa l’artistica Cappella dell’Addolorata, di forma ottagonale, co-struita come ex voto dopo l’epidemia di

colera del 1800, come ricorda l’iscrizione nella Cappella. La costruzione è lineare, sobria, in armonia con l’ambiente in cui è stata collocata.Sopra gli stipiti dell’ingresso si nota uno stemma vescovile racchiuso in un trian-golo di marmo con la scritta: « A Deo gra-tia ed pax» (Da Dio la grazia e la pace).L’altare maggiore del XVii sec. in marmi policromi è affiancato dalle statue di S. Antonio da padova e di S: Valentino, il tutto è opera dei maestri castionesi, mentre la pala sull’altare maggiore, di autore ignoto, rappresenta la Madonna col Bambino e gli stessi Santi.

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Sasso

Dai vicoli di Noarna si esce per rag-giungere Sasso. Lungo la via, dopo il campo di tamburello, il Maso Sasso (già Maso Alberti), oggi ristorante, si staglia su una collinetta con querceto secolare. Sulla strada a lato del porta-le del viale di ingresso del Maso, un ta-bernacolo della Madonna, con portico.Sasso, edificato su un ripiano moreni-co, è un caratteristico paese agricolo circondato tutt’ora da vasti e rigogliosi vigneti.

Si arriva subito in piazza della Fontana, dove troviamo una grande fontana del 1868 circondata da verdi ippocastani. Troviamo poi la chiesa in onore di San Matteo, del XVii secolo. Sulla strada che porta a Reviano (Comune di isera) un poggio sostenuto da ampi archi, il “belvedere”, dove fino a poco fa vi era una maestosa quercia sotto la qua-le, secondo la tradizione popolare, le “strie”, le streghe, si riunivano per i loro sabba.

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Chiesa curaziale di San Matteo

La chiesa dedicata all’Apostolo S. Mat-teo, con annesso cimitero, è posta ai margini della piazza, circondata in par-te da case e da orti, da cui partono a raggiera le strade che conducono nelle vie del paese e in altri centri della zona.La struttura dell’edificio è caratteristi-

ca dello stile della seconda metà del ‘800, periodo in cui fu edificata: è for-mata da un corpo centrale, da due sa-grestie e dal campanile alto e abbellito dalle bifore della cella campanaria. La facciata nell’insieme armoniosa e monumentale, si presenta slanciata con quattro lesene, due al centro e due ai lati, con motivi a triangolo che ricorrono per tre volte: sopra il porta-le, sopra la trifora e nel timpano. Nella facciata: la porta centrale munita di sti-piti in marmo; al centro, la trifora deli-mitata da quattro colonnine; in alto, in mezzo al timpano, una piccola finestra circolare.L’interno della chiesa è ad una navata che dal presbiterio conduce alle due sagrestie laterali. Le pareti della chie-sa sono abbellite da lesene che suddivi-dono il tempio in spazi regolari. Anche la volta è suddivisa in spazi geometrici ben delineati e tutto l’insieme dà alla chiesa un senso di elegante austerità.

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Brancolinoproseguendo lungo la Strada provin-ciale 90 Destra Adige da Villa Lagarina verso il Comune di isera, arriviamo nelle verdi campagne coltivate a vite e ciliegi della frazione Brancolino.Le case a ridosso del parcheggio ap-partengono ad uno dei tre antichi abi-tati del paese. La vecchia strada della Destra dell’Adige (oggi S.p. n. 90), un tempo denominata “strada romana” o “strada maestra”, passava ai piedi del- le case prima che fosse costruita

la variante negli anni settanta. Appoggiata al muro della pri-ma casa c’è una stele con la la scritta “Qui si depongon l’armi o si levan le cartelle. F.C.L.” (Feudo Conti Lodron), ammonimento che si trova anche in altri luoghi della valle.prima di lasciare Brancolino è bene fermarsi a visitare la chiesa parroc-chiale dedicata a Santa Maria.

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Chiesa di Santa Maria a Brancolino

Questa imponente chiesa barocca si tro-va a Brancolino, una frazione di Nogare-do, poco distante dall’uscita autostrada-le Rovereto Nord.Le prime testimonianze di un luogo di culto in questo abitato risalgono al 1200. Nel XV secolo la potente famiglia Lodron ampliò e donò la chiesa e l’attigua abita-zione ai Frati Conventuali di San Antonio. Ricordata in documenti del 1240, la chiesa fu riedificata e ampliata quattro secoli dopo: è un piccolo gioiello della storia e dell’arte barocca nel cui interno si trovano affreschi, decorazioni e stuc-chi in scagliola a imitazione di tarsie marmoree. L’impressione è di trovarsi a Roma nella Chiesa del Gesù davanti al trionfo di S. ignazio di A. pozzo.La chiesa ad una navata, delimitata da precisi e nitidi motivi architettonici, si sviluppa con grande equilibrio, in un gioco di volumi regolari: il corpo centra-

le, le sporgenze laterali, il presbiterio, l’annesso convento con il chiostro ad arcate. La navata ha un pavimento in cotto precedente agli ampliamenti se-centeschi ed è interamente affrescata con ardite vedute prospettiche. Le pare-ti si presentano vivaci, animate da varie aperture eleganti: archi, lunette, nic-chie, porte, finestre rettangolari e ovali. La navata termina in un presbiterio e nell’abside, sulla destra, è posta la cap-pella dedicata a S. Antonio da padova.il presbiterio nasconde una cripta usata un tempo come cimitero attiguo al con-vento e ospita un magnifico altare mag-

giore, barocco, con brillanti incastri di marmo, eretto nel 1743, abbellito da un bassorilievo marmoreo della Madonna con Bambino incastonato nel sontuoso altare maggiore, e da cinque tele ad olio, di notevoli dimensioni, che raffigu-rano la nascita di Maria, la sua entrata al tempio, l’annunciazione, la presenta-zione di Gesù e l’incontro di Maria con Elisabetta.

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Nogaredo

La sorprendente prospettiva architetto-nica dello slanciato loggiato a colonne corinzie sulla volta della chiesa è così perfetto da dare l’illusione che non si tratti di pittura ma di architettura, co-lonne reali di marmo che sorreggono il cielo con l’affresco della Madonna in spazio illimitato, un insieme scenogra-fico di grande effetto con decorazioni barocche, con figure che balzano vive, animate da meravigliosi giochi di luce e di colori che accentuano il dinamismo e l’espressione artistica. Numerosi affre-schi ornano le pareti e il soffitto: la serie dei Santi (Antonio Abate e Gerolamo) e

delle Sante: Agata, Lucia, Cecilia, Brigi-da, M. Maddalena, Apollonia, Caterina d’Alessandria.Una serie di affreschi è dedicata a S. Francesco: La morte di S. Francesco, Le stigmate, La rinuncia ai beni mondani, La presentazione della Regola al Ponte-fice Innocenzo III, S. Francesco rapito sul carro di fuoco; e alla Beata Vergine.L’armonioso insieme è risultato dell’ope-ra di tre grandi artisti: pietro Antonio Sorisene (seconda metà del sec. XVii Brescia) pittore che affre-scò l’interno (la volta della chiesa con l’Assunzione della Vergine, e dipinse l’immacolata nella volta del presbiterio) e l’esterno della chiesa,;pompeo Ghitti (Brescia, 1631-1704) au-tore dei cinque quadri ad olio su tela che adornano la navata e del quadro dedicato a S. Antonio da padova, nella cappella omonima;Gasparantonio Baroni Cavalcabò di Bor-go Sacco (1682-1752), che dipinse il qua-dro dedicato a S. Giuseppe da Copertino e la Cena di Emmaus su lastra di rame, posta sul tabernacolo.

Sul fianco nord, sul fondo del piazzale, la sacrestia e l’ex Convento dei Frati minori conventuali fondato nel 1514 da Veronica Lodron, attualmente adibito in parte a canonica-oratorio, in parte ad abitazione privata.

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Nogaredo

L’economiaNei secoli diciottesimo e diciannove-simo l’agricoltura era fiorente nella Vallagarina, che produceva anche vini pregiati, come il famoso Marzemino,

spesso esportati nei paesi tedeschi. Florida era soprattutto la gelsicoltura e la bachicoltura, per la produzione della seta, il cui centro era Rovereto. La bachicoltura mutò le abitudini di vita ed addirittura l’architettura dei paesi, nei quali spesso vi erano filan-de e filatoi: il più noto è il grande fila-toio di piazzo.La nascita e la diffusione della moder-na cooperazione attenuò le difficoltà della popolazione lagarina verso la fine dell’ottocento e nei primi anni del nuovo secolo; le casse rurali, le coope-rative di produzione e quelle di consu-mo, capillarmente presenti nei paesi, contribuirono al miglioramento socia-le ed economico di tutta la popolazio-ne nel corso del ventesimo secolo e soprattutto nel secondo dopoguerra.Attualmente l’economia di Nogaredo è legata principalmente alla produzione di vino ed è molto sviluppato il settore turistico.

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La storiaLe origini del borgo sono molto antiche e alcuni studiosi le fanno risalire al ii millennio a.C., col tempo divenne un im-portante avamposto militare, costruito su un castelliere preistorico, che domi-nava un’ampia zona della VallagarinaNel 16 a.C. il territorio venne occupato dalle milizie romane di Druso e avviò

la costruzione dell’importante arteria stradale Claudia Augusta Atesina che collegava la pianura padana ai paesi del nord Europa. La strada, a carattere principalmente militare, era presidiata dai coloni, militari provenienti dal ter-ritorio veronese che qui si stabilirono con le loro famiglie.in epoca romana il territorio era diviso in prediali: piccole proprietà fondiarie con nuclei insediativi, ville rustiche e vici. Attraverso i toponimi è tuttora pos-sibile risalire al gentilizio del proprie-tario del fondo. Gli insediamenti erano numerosi come attestano , insieme ai toponimi, i frequenti ritrovamenti ar-cheologici.Dal quinto all’ottavo secolo Alemanni, Goti, Baiuvari, Franchi e Longobardi si mescolarono in Vallagarina alla po-polazione romana locale. i Longobardi dal 569 d.C. diedero vita al ducato tri-dentino, e paolo Diacono ricorda nella Storia dei Longobardi un conte Ragil-

lone di Lagaro, vissuto nel 576. Alcuni toponimi, come pannone, sarebbero di origine longobarda ed ugualmente i ti-tolari di molte chiese, come S. Martino, S. Michele, S. Giustina, S. Agata, ecc.L’organizzazione territoriale romana si mantenne per tutto il medioevo e ad essa si sovrappose quella ecclesiasti-ca. i “pagi” erano le più piccole unità amministrative, costituite da un centro principale e da centri minori, “vici” e “villae”. il pago prese il nome di “pieve” e nel suo centro sorse la chiesa princi-pale o “pieve” essa stessa, antichissi-ma, eretta “ab immemorabili”. Cappel-le e chiesette vennero poi edificate nei centri minori. Le pievi erano strutture territoriali omogenee e favorirono la formazione di consorzi (vicinie o comu-nità) per l’uso e l’amministrazione dei beni comuni.A partire dal decimo secolo nelle val-li vennero edificati i castelli, strutture difensive, residenziali e amministra-

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Nogaredo

tive di origine privata o comunitaria: sorgevano su dossi isolati, non distanti dalle vie di comunicazione e dall’acqua, erano forniti di una cinta muraria e di un mastio e con il tempo si aggiunsero spes-so altri edifici, così da formare articolati complessi fortificati.Dopo l’istituzione del principato vescovile di Trento, si organizzò il sistema feudale ed i castelli divennero le residenze dei feudatari del principe-vescovo e le fa-miglie dei feudatari presero il nome del castello. Le più note nelle tre pievi erano le famiglie dei signori di Castelbarco, di Nomi, di Castellano, di Castelnuovo, di Ca-stelcorno, di pradaglia, di Castel Albano, di Gardumo.Risale al 1170 la prima notizia di una “Co-munitas de Lagaro” o “Comun Comunale Lagarino”: i rappresentanti dei paesi si ri-univano presso la pieve di Villa Lagarina e successivamente a pomarolo per ammi-nistrare le vaste proprietà comunali sul territorio della pieve di Lagaro.

in un documento del 1266 sono elen-cati i paesi della pieve che formavano la comunità: Lenzima, patone, Folas, Reviano, isera, Marano, Brancolino, Sasso, Noarna, Nogaredo, Villa, peder-zano, Castellano, Cesoino, pomarolo, piazzo, Basiano, Savignano, Chiusole, Nomi, Aldeno, e Cimone. i primi statu-ti a noi giunti sono del 1544. il Comun Comunale durò fino al 1818, quando le proprietà comuni furono assegnate ai singoli paesi in maniera proporzionale.il tredicesimo secolo fu caratterizzato dalle lotte fra i guelfi ed i ghibellini e, nell’area tridentina, fra i sostenitori del principe vescovile e quelli di par-te tirolese e veronese. La famiglia dei Castelbarco prese progressivamente il sopravvento sulle altre famiglie signo-rili o feudali nelle pievi di Lagaro, Mori e Gardumo.Artefice della potenza castrobarcense fu Guglielmo il Grande che si impos-sessò di molti castelli, feudi, decime

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ed allori nella Vallagarina. Morì senza figli nel 1320 e lasciò eredi i suoi nipoti: in particolare, Aldrighetto di Bonifacio ebbe Castellano, Castelnuovo e Castel-corno e un altro Aldrighetto ebbe Lizza-na, Rovereto, pietra e Beseno. Quest’ul-timo acquistò nel 1324 le proprietà dei Signori di Gardumo, che passarono al figlio Federico, i cui due figli iniziarono uno la linea di Gresta e l’altro quella di Albano-Nomesino; mentre altri figli di Aldrighetto ebbero Barco e Nomi.Nel 1405 Venezia estese il suo protet-torato sulle piccole signorie castro-barcensi e nel 1411 ereditò da Azzone di Castelbarco la signoria di Avio, Ala, Brentonico e parte di Mori, che pas-sarono alla Serenissima con nome di “Quattro vicariati”. Nel 1439, con la guerra fra i Viscon-ti di Milano e Venezia, si organizzò il memorabile trasporto di una flotta, proveniente dall’Adriatico, dall’Adige al Garda attraverso il passo di S. Gio-

vanni, per prendere alle spalle la flotta milanese che presidiava il lago.Nel 1441 Venezia conquistò e demolì i castelli castrobarcensi ribelli di Lizza-na, di Albano di Mori e Nomesino. Nel 1456 Giorgio e pietro di Lodron, signori

delle Giudicarie, espugnarono i castelli di Castellano, Corno, Castelnuovo-Noar-na e Nomi, strappandoli ai Castelbarco con il benestare di Venezia e del Vesco-vo, che li nominò signori di Castellano e Castelnuovo. Da pietro originarono i Lodron di Vallagarina.Nel lungo periodo intercorso fra il pas-saggio dei francesi del generale Vendo-me nel 1703 e il successivo sconvolgi-mento napoleonico, il Comune, come peraltro tutta la zona, visse un periodo di relativo benessere prodotto dall’alle-vamento del baco da seta, dall’introdu-zione di alcune colture quali la patata e il granoturco.Nel 1774 poi si istituirono scuole rurali: la scuola fu obbligatoria e gratuita per i contadini.Al governo feudale vescovile e tirole-se fece seguito nel 1797 l’occupazio-ne francese e negli anni successivi eserciti austriaci e francesi imposero alternativamente il loro governo, fino

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all’annessione alla Baviera filo-france-se dopo la pace di presburgo nel 1805. A questo governo si opposero Andreas Hofer e i suoi patrioti e vi furono scon-tri e battaglie anche in Vallagarina.Dopo le guerre napoleoniche oltre all’abolizione delle signorie feudali fu-rono sciolte le antiche comunità. Così nel 1818 cessò la Comunitas Comuni-tatum Lagari che si estendeva da ise-ra ad Aldeno i cui uomini, nel lontano 1133, avevano osato affrontare l’eserci-to imperiale di Lotario ii.Nel nuovo Regno d’italia venne costitui-to il Dipartimento dell’Alto Adige, diviso in distretti. il distretto di Rovereto era diviso in quattro cantoni, che raggrup-pavano i nuovi comuni, frutto della fusione di più comuni precedenti: po-marolo comprendeva Nomi; Villa com-prendeva Nogaredo, Brancolino, Sasso, piazzo, pedersano, Noarna, Castellano; nel cantone di Mori erano compresi: il grande comune di Mori, isera, con Val-

le, Varano, Chienis Ronzo, Nomesino, Manzano.Le vecchie giurisdizioni vennero sosti-tuite dai Giudici distrettuali di Noga-redo e di Mori, che rimasero in carica fino al 1923, quando vennero aggregati alla pretura di Rovereto.

La PrimaGuerra Mondiale

Con l’entrata in guerra dell’italia il Trentino divenne teatro di sanguinosi combattimenti.per la popolazione locale, già provata dai lutti e dalle sofferenze per le de-cine di soldati che già da dieci mesi combattevano sul fronte Russo, sui Carpazi, nella Galizia. iniziava così un periodo ben più drammatico.La leva in massa privò i paesi di tutti gli uomini validi dai 17 ai 55 anni, la-sciando soltanto le donne, i vecchi, i bambini a soffrire spesso la fame.Mentre sul Zugna, sul pasubio, i due opposti schieramenti si affrontavano in una logorante guerra di posizio-ne, alternata talvolta a violentissimi scontri, nella Destra Adige venivano approntati vari servizi logistici.Non si ricordano importanti battaglie

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combattute su questo fronte, dove operò soprattutto l’artiglieria. Quan-do gli esuli ritornarono ai loro paesi dopo la guerra, li ritrovarono pres-soché distrutti e tra nuove difficoltà ebbe inizio la ricostruzione.il governo italiano promosse l’aggre-gazione dei piccoli comuni in ammini-strazioni maggiori.Nel 1929 a Villagarina si unirono pe-dersano e Castellano (e nel 1967 piaz-zo, staccatosi da pomarolo); sempre nel 1929 a Nogaredo si unirono Sasso e Noarna; mentre pomarolo e Nomi ri-masero invariati.

Castelnuovo di NoarnaFra i castelli della Valle Lagarina, Caste-lnuovo di Noarna è quello che indubbia-mente gode di una posizione felice e di un panorama splendido. Domina quasi tutta la valle da un punto strategico, geograficamente molto indovinato. Fu un tempo il maggior baluardo di difesa a guardia dell’importante rete stradale della Destra Adige e della navigazione sul fiume, ed è attualmente proprietà privata e sede dell’omonima azienda vi-tivinicola.Sorge su un antico castelliere preisto-rico ed è molto probabile che sia stato abitato già in epoca preistorica, infatti tra i sette colli di Noarna, questo, meglio di tutti, era adatto alla difesa, in quanto circondato da tre lati da dirupi inacces-sibili, con abbondante rifornimento di acqua, data la vicinanza del Rio Cavazzi-no, e la presenza di cave e materiale di costruzione nei dintorni. L’altura domina una zona fertile coltivata a vigneti. e tra

le rovine di Castelvecchio furono rinve-nute spade di bronzo, armi longobarde, monete romane e altri reperti.il castello già menzionato nel 1200 ap-partenne ai Castelnuovo ed ai Castelbar-co e venne poi conquistato dai Lodron nel 1486 che ristrutturarono la fortezza per farne la loro residenza. L’attuale struttura ed il mastio pur conservando il fascino dell’architettura medievale ri-sentono dei continui rifacimenti in pre-valenza cinquecenteschi.Abbandonato dai Lodron verso la fine del millesettecento, passò dapprima in

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custodia, poi in proprietà alla famiglia Miorandi e quindi alla famiglia Zani. Crolli ed incendi lo ridussero in rovina; soltanto in anni abbastanza recenti è stato parzialmente ricostruito e adat-tato ad abitazione.Dal perimetro esterno del muro di cin-ta che include vasti vigneti si giunge al castello attraverso un viale che uni-sce il cancello di ingresso alla torre di guardia. Un ponticello sostituisce l’an-tico ponte levatoio sopra l’ampio fossa-to che circonda il castello.il portale è ornato con gli stemmi nobi-liari: il leone rampante e l’arco simbolo rispettivamente dei conti Lodron e dei conti d’Arco. Ai lati sono tuttora visibili i fori dove passavano le catene del pon-te levatoio in legno. oltre la torre, una gradinata conduce al secondo posto di guardia, formato da un portone e una finestra con inferriata, a fianco un muro merlato con i segni del cammina-mento delle guardie.Nella parte centrale del castello trovia-

mo il Mastio del Xiii secolo, circondato da archi a tutto sesto in pietra rossa, che rammenta la funzione difensiva originaria della fortezza e ne conserva la struttura: la torre è ornata da una merlatura guelfa, ed ospita due locali di guardia e le immancabili prigioni dove furono rinchiuse le streghe di No-garedo.Dal cortile del mastio si accede alla Cappella, con navata a crociera. La pala sull’altare del 1580 è attribuita a paolo Naurizio e rappresenta l’incoronazione della Vergine. Vi sono raffigurati anche i Santi Nicola e Francesco. La cappella, commissionata da Nicolò Lodron, fu in suo onore dedicata a S. Nicola, protet-tore dalle pestilenze che quell’epoca infestavano la valle. Sopra la porta del-la cappella, si può ammirare la loggia lignea decorata con motivi floreali da cui la famiglia Lodron assisteva alle funzioni religiose.Dal cortile si accede all’atrio, con una bella volta affrescata con festoni, putti,

gli stemmi delle famiglie Lodron, Ca-stellalto e Arco, ed episodi mitologici.La volta dello scalone d’onore è splen-didamente affrescata. i dipinti databili al 1500 ricordano quelli di Michelan-gelo del la Cappella Sistina di Roma. E’ infatti rappresentata la creazione: gli Astri, la separazione della luce dalle te-nebre e il primo uomo. in basso, profeti e sibille. Nelle lunette sono raffigurate scene cavalleresche ambientate nelle valli trentine e nella lunetta a fianco della porta gotica è possibile ricono-scere la Vallagarina con Castel Noarna, Castel pietra e Castel Beseno.

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Al piano superiore nella Stuba Magna gli stemmi delle famiglie Lodron, Berka e Fugger e gli affreschi realizzati nel 1602 per le nozze di Massimiliano Lodron - figlio di Gasparo Lodron e Anna Berka- con Sibilla Fugger, che rappresentano le guerre d’indipendenza e le contese religiose nei paesi Bassi.

«Le streghedi Nogaredo»

i processi alle streghe di Nogaredo si inseriscono in un momento partico-larmente difficile. Tasse sempre più pesanti, passaggi di eserciti, carestie, gelate e pestilenze (la peste nel 1630-34), determinarono ambiente bigotto e sospettoso e nella popolazione una tale un’angoscia di vivere da portare, nel 1646, ai tristemente famosi processi per stregoneria.il 26 ottobre 1646, Maria di Nogaredo, detta Mercuria, si presentò al tribuna-le per denunciare Domenica Menegotta Chemelli e sua figlia Lucia Cavedena, presunte ladre e streghe.Dopo un primo dibattito l’accusa di stre-goneria ricadde, a sua volta, su Mercuria che, durante l’interrogatorio, affermò che erano state Domenica e la figlia Lucia a insegnarle come diventare strega.

La caccia alle streghe si estese a fron-te di rivalse e conflitti personali e al-tre donne delle giurisdizioni di Castel Noarna e Castellano vennero arresta-te per stregoneria. Domenica, Lucia e le altre donne, rinchiuse nelle prigioni del castello e stremate dalla tortura, ammisero la loro stregoneria e narra-rono di sabba e pozioni magiche.il processo ebbe luogo a palazzo Lodron,

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dove per 6 mesi si susseguirono inter-rogatori ed accertamenti. Durante il processo, l’avvocato difensore delle imputate, Marco Antonio Bertelli di Nomi, provò come gli interrogatori non fossero stati eseguiti corret-tamente e ottenne il permesso di far sottoporre a perizia medica le accusate. Dalla perizia risultò che le donne non portavano sul corpo i segni diabolici che ne avrebbero confermato la colpevolezza e, a so-stegno della loro non colpevolezza, dichiarò che le loro colpe fossero sempre inferiori in quanto le donne sono “fragili, imbecilli nell’intelletto, ignoranti, credulone e facilmente soggiogabili”.Gli sforzi e le tesi della difesa non produssero i risultati attesi e le don-ne vennero dichiarate colpevoli: La sentenza, tuttora documentata, di-chiarava quanto segue:

SENTENZA di CONDANNA delle STRE-GHE del 13 APRILE 1647Noi Paride Madernino, Giudice Delegato, sentenziamo e condanniamo DOMENICA CHEMELLI – LUCIA CAVADEN – DOMENICA GRAZIADEI – CATERINA FITOLA – GINEVRA CHEMOLA – ISABETTA e PAOLINA BRENTEGA-NI che per mano del Ministro di giustizia, a tutte sopra le Giare, luogo a questo effetto destinato, gli sii tagliata la testa dal busto, a tale che se ne morino e le anime loro si separino dalli corpi; e inoltre gli cadaveri di quelle siino abbruciati e le relique sue in dette giare seppelite ad esempio d’altri. La sentenza venne eseguita dal boia Lu-dovico oberdorfer di Merano il 14 aprile 1647, in località Giare: decapitazione e successivo rogo, tutta la popolazione fu obbligata ad assistere, pena un’ammenda di 25 ducati a persona.L’unico uomo implicato nel processo, San-to Graziadei, anche lui incriminato, morì invece in prigione nel 1651.

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I Conti Lodroni Lodron, uno dei casati più illustri del Trentino, sin dal Xii secolo, erano originari della zona a nord del lago d’idro, con possedimenti nelle valli Giudicarie, Rendena, del Chiese, fino alla Vallagarina, e nel 1439 alla morte di paride il Grande i due figli Giorgio e pietro ottennero dall’imperatore Federico iii il titolo di conti imperiali (1452). Nel 1456 i due fratelli rispose-ro alla chiamata del principe Vescovo di Trento, Giorgio Hack von Theme-swald, in lotta contro il conte Giovan-ni di Castelbarco che non intendeva riconoscere come feudi di Trento le rocche di Castelnuovo, Castellano, Nomi e Castelcorno e da alcuni anni si rifiutava di chiederne il rinnovo. pertanto il Vescovo incaricò i Lodron di colpire il feudatario infedele, così le truppe di Marco di Caderzone, col

padre Giorgio e lo zio pietro, obbliga-rono alla resa e occuparono i quattro castelli di Castelbarco: Castelnuovo di Noarna, il Castello di Castellano, Castel Corno ed il Castello di Nomi. in seguito il vescovo affidò ai Lodron il feudo di Castelnuovo e Castellano che rimase sotto l’egida del ramo lagarino

dei Lodron fino al 1703, mentre Castel Corno e Nomi tornarono alla diocesi tridentina. Verso la metà del Cinquecento il ramo di Vallagarina si divise nelle due linee di Castelnuovo e Castellano. Nel 1615, alla morte di don Antonio Lodron, ulti-mo dei conti di Castellano, Arciprete della pieve di Villa Lagarina e in segui-to Canonico di Salisburgo, Nicolò ere-ditò il feudo e il Castello di Castellano. La proprietà di Castelnuovo era inizial-mente condivisa con i cugini Alfonso e Massimiliano, figli di Gasparo Lodron .in seguito si accordarono pertanto a Nicolò andò il Feudo di Castellano più un compenso, mentre i fratelli Alfon-so e Massimiliano tennero Castelnuo-vo. Nel 1618 Nicolò fece approvare il nuovo regolamento per la Regola di Castellano che si componeva di 34 ar-ticoli e fu sottoscritto dai capifamiglia di Castellano. Nel 1619 il conte fece

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costruire la strada tra pedersano e Castellano per migliorare l’accesso al borgo di Castellano, cui si accedeva dalla più scomoda strada nella valle di Cavazil.Nicolò mantenne parzialmente la pro-prietà del palazzo di Nogaredo nel territorio di Castelnuovo. Nel 1647, alla morte di Alfonso Lodron , non es-sendoci discendenza maschile da lui e dai suoi fratelli Massimiliano e Car-lo, paride arcivescovo di Salisburgo e il fratello Cristoforo riacquisirono la proprietà paterna di Castelnuovo, dove paride era nato nel 1586. Si riu-nificarono così i due feudi lagarini.paride Lodron, principe-arcivescovo di Salisburgo, fu membro insigne della famiglia Lodron. Nato a Castelnuovo il 13 febbraio 1586 da Nicolò e Dorothea von Welspberg, iniziò i propri studi a undici anni a Trento per studiare teo-logia ed intraprendere così la carriera

ecclesiastica, passò poi all’Università di Bologna e all’Università di ingol-stadt, ove terminò la propria istruzio-ne nel 1604. Recatosi a Salisburgo su invito dello zio Antonio per iniziare la carriera ecclesiastica divenne arcive-scovo dal 1619 al 1653, incarnando il modello ideale del principe - vescovo. Anche dopo il suo trasferimento a Sa-lisburgo, mantenne stretti legami in Vallagarina ove curò i possedimenti e gli interessi dei Lodron. L’architetto bergamasco Santino Solari, artefice della costruzione del duomo di Sa-lisburgo del castello e delle fortifica-zioni della città, fu da lui incaricato di ingrandire e trasformare il palazzo di Nogaredo.paride Lodron morì nel 1653 e fu se-polto del duomo di Salisburgo.Quando all’inizio del Settecento il ramo di Vallagarina si estinse, ad esso subentrò quello delle Giudicarie.

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Palazzo Lodronil palazzo Lodron rappresenta per Nogaredo la costruzione più significativa sotto il profilo storico e artistico.

La parte più antica di palazzo Lodron fu edi-ficata a partire dalla seconda metà del 1400. Restaurato e ampliato nella seconda metà del 500 da Nicolò Lodron, conte di Castelnuo-vo figlio di paride e di Barbara Liechenstein di Castel Corno, il palazzo fu completato dal principe arcivescovo di Salisburgo, paride Lo-dron, figlio di Nicolò e Dorothea von Welsperg che, dopo aver commissionato all’architetto bergamasco Santino Solari (1576-1646) la costruzione del duomo di Salisburgo e del

castello di Hellbrunn, lo incaricò anche di completare il palazzo di Nogaredo. in questo periodo, l’edificio assunse l’aspetto attuale con una forte connessione architettonica al duomo di Salisburgo come pure al castello di Solari, mentre gli affreschi che ne decorano la volta furono commissionati a Donato Fra Arsenio Mascagni (1579 -1637).

Tutto il complesso ebbe in principio lo scopo di residenza nobiliare piuttosto che baluardo di difesa in zona strategica. Col passar del tempo divenne sede giurisdizionale e fu sede del tribunale d’inquisizione, tristemente noto anche per i processi alle streghe (1647-1717) All’estinzione della famiglia dei Lodron di Ca-stelnuovo i loro beni passarono nel 1703 alla linea giudicariese, quindi a quelle di Himmel-berg.

Si accede al palazzo da Via Conti Lodron, dove un ampio portale conduce nel verde giardino dei ciliegi protetto da un ampio muro di cinta in pietra. La porta nord immet-te in un bel viale alberato con ippocastani, che conduce alla località S. Lucia. Addossata al muro una bella fontana è sormontata da un leone con coda incrociata tre volte, em-

blema dei Conti Lodron, che regge uno scudo col motto “Fortitudo”. il palazzo è disposto su tre lati: un lungo cor-po centrale e due ali. il portone di ingresso del palazzo, cui si acce-de da una breve scalinata, nobile è sormonta-to da una nicchia e difeso dalla statua in pie-tra di un ufficiale imperiale, probabilmente lo stesso Nicolò Lodron. il corpo centrale è protetto a valle da un muro con torri angolari. oggi il palazzo ospita un elegante relais ove si tengono concerti, eventi, manifestazioni culturali, e si festeggiano matrimoni. Nel sa-lone ogni autunno, in occasione del Festival Mozart di Rovereto viene fra altro eseguita la “Serenata Lodron” (“lodronische Nachtmu-sik”), che Mozart aveva composto a Salisbur-go per i Lodron. La contessa Antonia Lodron era infatti amica dei Mozart, che abitavano nella stessa via.Wolfgang Amadeus e la sorella Nannerl da-vano lezioni di pianoforte alle figlie della con-tessa. il concerto per tre pianoforti, il K242, fu composto da Mozart per la Contessa Antonia e le figlie Aloisia e Giuseppa Lodron. Quel con-certo e due divertimenti del 1776-77, il K247 e

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il K278, sono nati con il nome di Lodronsche Nachtmusiken (Serenate lodroniane) e sono dedicati alla contessa stessa.Durante il viaggio in italia nel 1776 il compo-sitore fu infatti ospite dei Conti Lodron. Quel periodo Mozart lo volle immortalare nelle sue opere: Don Giovanni canta sul Marzemino, il vino tipico di questa regione, in un duello con Leporello: “Versa il vino; eccellente Marzemi-no!”.il Salone è l’antica dalla sala del giudizio, ove furono tenuti i processi alle streghe. Ha un ottima acustica e fu adibito a salone per con-certi ove si esibì il giovane Mozart. Anche oggi, come allora, serate musicali, concerti o con-ferenze trovano in questa sala un ambiente ideale e speciale.il soffitto della sala da pranzo è arricchito da un affresco del XVi secolo racchiuso da una cornice ovale di stucchi. Un artista sconosciu-to dipinse il Conte Ludovico Lodron in batta-glia contro i Turchiil salotto è dominato da una stufa a ole del XVii secolo e il pavimento è quello originale. Mentre dal balcone in legno, costruito agli inizi del 1900, si può ammirare lo splendido panorama della Vallagarina.

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