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Una Las Vegas dello stato sociale

OMA/Rem KoolhaasRistrutturazione di BijlmermeerAmsterdam, OlandaProgetto, 1986

Tratto da: O.M.A., Rem Koolhaas and Bruce Mau, S,M,L,XL, TheMonacelli Press, New York 1995.Traduzione dall’inglese di Giovanni Longobardi, 2005.

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Bijlmermeer sta allo Stato sociale come Las Vegas sta alcapitalismo.Come Las Vegas, Bijlmer si risolve essenzialmente in unastrada. Ma invece del libidinoso - quanto triviale - eccessodi significati e di informazioni di Las Vegas, Bijlmer rap-presenta gli stilemi e il linguaggio del socialismo: le stradedi scorrimento sopraelevate mettono in mostra le stecchedi abitazioni tutte uguali, di cemento grigio, piegate incolossali esagoni. Gli edifici sono incastonati in un parcopedonale, ancora senza forma, con un elaborato sistemadi percorsi ciclabili. Sul bordo delle strade si elevano iblocchi cementizi dei parcheggi multipiano.

PanicoFin dal suo completamento cinque anni fa, questa LasVegas socialista ha suscitato timore e rifiuto, per non direpanico, nell'intellighenzia olandese - un'ansia che si mate-rializzò quando alcuni dei più famosi architetti del paese(Aldo van Eyck fra questi) comparvero in TV, mentre per-correvano l'autostrada nuova di zecca sullo sfondo grigioe insensibile degli edifici, letteralmente piangendo su que-sto oltraggio disumano, con le lacrime che scorrevanosulle loro guance scavate.

ComplicazioneCon la separazione del traffico, le strade sopraelevate, lametropolitana, gli spazi verdi, gli alloggi razionali, Bijlmerrappresenta una ben definita dottrina architettonica - codi-ficata nella maniera più compiuta dai CIAM negli anniTrenta - ma la sua realizzazione in retrospettiva introduceuna complicazione insolita nel dibattito architettonico.Complicazione dovuta ai canali sempre più stravaganti eeffimeri attraverso i quali si attuano le ideologie dell'archi-tettura, e che è certamente destinata a diventare semprepiù frequente: l'apparizione di episodi frammentari, chenel loro complesso costruiscono la storia dell'architettura,fuori dalla loro sequenza cronologica originale.Ancora di più, per esempio, del Beaubourg - che rappre-senta i liberatori anni Sessanta realizzati nel conservatori-

Così vicino e già così lontano:In alto il centro di Amsterdam e inbasso Bijlmer con le connessionidi autostrada, tram e metro.L’urbanistica anteguerra dei CIAMrealizzata nei tardi anni Sessanta:il progetto originario a steccheesagonali circondato da vari ripen-samenti, tutti riferiti alla “città tradi -zionale”.

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... letteralmente piangendo su questo oltraggio disumano,con le lacrime che scorrevano sulle loro guance scavate...

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Giochi per bambini: gabbie esagonali, vasche di sabbia esagonali, igloo diacciaio galvanizzato, pali catramati - la consistenza dell’ideologia.

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smo degli anni Settanta - questa cronologia aberranterende la presenza ad Amsterdam di Bijlmer una vocepolemica al di là delle intenzioni dei suoi ideatori.Mentre i CIAM e altri pianificatori modernisti si opponeva-no agli accademici reazionari, ora Bijlmer, 40 anni più(troppo) tardi, dovuti alla lunghezza eccessiva della suagestazione, entra in polemica con i principi del postmo-derno anti-CIAM sostenuti, per esempio, dal Team X (vanEyck e gli Smithson) e dai suoi eredi olandesi comeHerman Hertzberger e Piet Blom.Se il dibattito architettonico è la continua riproposizionedella scena in cui il figlio uccide il padre, allora Bijlmerrappresenta una potenziale inversione della formula edipi-ca, in cui il padre minaccia di uccidere il figlio.Non è il Team X ad attaccare l'ossessione feticistica emeccanica dei CIAM per l'oggettivo e il quantificabile, maattraverso Bijlmer sono i CIAM stessi - dall'aldilà - a con-testare l'ugualmente feticistico interesse per l'ineffabile e ilqualitativo che caratterizza chi vorrebbe rimpiazzarli innome di un nuovo, preteso, umanesimo.

CuraCome altri paesi dell'Europa occidentale, l'Olanda è orapreoccupata per un'architettura della cura - orfanotrofi,asili, centri sociali, ostelli studenteschi - una produzionesenza sosta di spazi pensati per forme di rapporti socialispecifiche, prevedibili e "corrette" che si suppone possanoricostruire un dominio dello spazio pubblico ormai eroso,un gulag dolce per i più deboli, un'architettura che cumu-lativamente descrive un'urbanistica grottesca dell'infermitàfisica e sociale, che nel suo zelo curativo dichiara ciascunabitante mentalmente o fisicamente handicappato.Dal punto di vista del linguaggio, quest'architettura -anche se invariabilmente sponsorizzata dallo stato comeparte dei suoi programmi in continua espansione - aspiraall'informale attraverso una enfatizzazione degli aspetti diabbondanza e variabilità, come se, a dispetto di un'evi-denza che dice l'esatto contrario, essa fosse il risultato diaccidenti fortuiti, di un'assenza di premeditazione, quasi diun'aspirazione al vernacolare.

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La moschea di Bijlmer: l’evoluzione sociale degli anniOttanta complica il paesaggio dell’esclusione.

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Il viadotto della metro: una certa grandiosità monumentale.

Lo shopping center sotto l’autostrada: il commerciale soppresso dal pubblico

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Ma in un sistema politico - per quanto liberale e benevolo- dove è lo stato a identificare i bisogni, a definire i pro-grammi, a fissare le priorità dei finanziamenti, a usare l'in-dustria delle costruzioni alternativamente per stimolare ofrenare l'economia, a controllare attraverso una rete di"commissioni d'ornato" l'ammissibilità di tutto ciò cheriguarda l'estetica, a scegliere le localizzazioni, a selezio-nare gli architetti, e infine a imporre l'artista che si suppo-ne sia in grado di rimediare ai danni compiuti nelle fasiprecedenti, una qualsivoglia diversità è ovviamente unadiversità simulata, che cerca di riprodurre in laboratorio unambiente [Umwelt] libero da controlli e del tutto autonomonella sua crescita.

SollievoIn special modo sotto la luce drammatica dell'atmosferaolandese, il fatto che Bijlmer abbia una certa grandiositàmonumentale, o che a dispetto della sua tristezza,asprezza, rozzezza esso sia anche uno spettacolo archi-tettonico, dimostra che l'ideologia e l'estetica del moderni-smo sono, dopo tutti questi anni, ancora più adeguate allafenomenologia dell'occupazione dello spazio tipica dellagestione statale.Bijlmer offre la noia a una scala eroica. Nella sua monoto-nia, durezza, e anche brutalità dà, ironicamente, un certosollievo. Senza dubbio presenta, per tutte le categorie deisuoi abitanti, problemi di ogni genere, alcuni dei qualiinsormontabili, ma non ha rimosso, per eccesso di sensi-bilità e di buone intenzioni, ciò che c'è di avventuroso.Esso comunica, nella sua povertà, anche una certa sen-sazione di essere dei colonizzatori, l'esilarante percezionedi un nuovo già fuori moda, il brivido segreto della moder-nizzazione.Anche le pretese difficoltà di interazione sociale, per l'as-senza di modelli convenzionali di periferia, forse è utileper fornire la giusta spinta all'edonista degli anni Settanta- coccolato fino all'estremo dalla miscela esplosiva distato sociale + consumismo - per pensare a vie d'uscitaverso il mondo.Lo spazio pubblico un po' sbiadito di Bijlmer sembra di

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Perdersi: come si raggiunge casa dal parcheggio?

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gran lunga preferibile alla sua artificiosa resurrezione,tema questo - da van Eyck ai Krier - preferito dai fautoridel postmodern.

DebolezzeBijlmer ha molti punti deboli.Il paesaggio puritano dei suoi materiali è tragico. Unaspartana sinfonia di gettate cementizie, calcestruzzo inblocchi, ghiaia, pali catramati usati come decorazione,piastrelle in cemento, metallo galvanizzato: Bijlmer osten-ta più "materia grigia" di qualsiasi altro posto al mondo.Una seconda e più importante debolezza concettuale diBijlmer, almeno nella sua forma attuale (un nucleo proget-tato di funzioni centrali sta ancora aspettando un ritornodel ciclo economico)*, è il dominio visivo, e dunque sim-bolico, della parte residenziale sul fondo dei bastioni dedi-cati al parcheggio.La vita collettiva, o ciò che ne resta, è stata spicciativa-mente sepolta al di sotto della strada sopraelevata in unadrastica negazione di gerarchia. Ma ciò che disturba dipiù è la sensazione che si tratti di una più o menocosciente decisione presa, nel bel mezzo di tanta ideolo-gia, per una ragione molto pragmatica: perché, al di sottodell'impalcato dell'autostrada, negozi e altri servizi nonnecessitavano di altre protezioni, cioè per risparmiare.Questa soppressione ha generato alcuni stratagemmipatetici: segnali appena accennati dei centri commercialisembrano periscopi che occhieggiano dall'intradosso dellastrada per dare segnali di "vita"; oppure "occasioni" con-cesse a giovani architetti per gesti più sensibili e immagi-nifici (sale comuni con tetti a piramide vetrata le cui cuspi-di, tristemente, a stento spuntano dalla quota stradale;club giovanili che invadono le piastre inclinate dei par-cheggi).Ma più funesto e sfortunato è stato il completo abbandonoe il mancato sviluppo dell'autostrada come potenzialestrumento di una qualsivoglia attività sociale. Questoforse era inevitabile in un modello concepito nell'Europadegli anni Trenta, e fondamentalmente mai adattato daallora, nel quale l'automobile era ancora vista implicita-

* È stato completato negli anni Ottanta, accelerando paradossalmente la percezionedella sua necrosi.

Le macchine invadono abusivamentel’idillio pedonale. Bijlmer è l’occasionegiusta per l’edonista contemporaneo dipensare a fughe nel mondo reale?

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L’estetica della tautologia: un ponte pedonale collega a un’isola esagonalein un lago esagonale circondato da edifici esagonali.

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mente come un intruso nell'idillio socialista, a dispetto del-l'imponenza delle megastrutture autostradali e dei grandiparcheggi. Per i progettisti, l'autentico abitante di Bijlmernon avrebbe mai desiserato possedere una propria auto-mobile, e si sarebbe felicemente spostato avanti e indietrotra casa e città con una generosa varietà di trasporti pub-blici. Questo dogmatismo ha creato un'anomalia dove,anche se fisicamente dominante, la strada è concettual-mente ignorata.Nell'Olanda degli anni Settanta, il possesso generalizzatodell'automobile potrebbe e dovrebbe aver generato unacultura socialista del drive-in, una strada commerciale ani-mata non da volgari sale da gioco speculative, ma un ecci-tante boulevard di condensatori sociali, tutti accessibili alleauto, servizi nuovi e meno nuovi che avrebbero anchereso più articolata l'opposizione Bijlmer / Amsterdam =moderno / tradizionale, rinforzando così l'identità di Bijlmer,ma soprattutto le sue ragioni d'esistere.Se questo potenziale latente non si realizzerà, ci sono tuttii motivi per considerare Bijlmer un pezzo di storia, o alme-no un non-finito. 1976

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... tutti i motivi per considerare Bijlmer un pezzo di storia,o almeno un non-finito...

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Intervento 1986: si può salvare Bijlmer?

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Anni dopo il nostro prudente atto di fede inBijlmer, il progetto è ritornato a tormentarci.Nel frattempo, il quartiere aveva avuto una sua vitae una sua morte; l'intera parabola che lo avevavisto prima come prototipo e poi come modellonegativo aveva impiegato per svilupparsi meno didieci anni. Quello che era stato una volta il territo-rio di coloni animati dall'ottimismo, era diventatoun'esibizione - quasi una fiera - del degrado urba-no. Politiche scandalose (ma si potrebbe dire non-politiche) avevano concentrato folle di immigrantiin queste stecche lunghe 400 metri chiudendoli inun ghetto. L'ordine garbato da ceto medio, fondatosulla famiglia ideale per cui Bijlmer era stato pen-sato, era stato sostituito da una costellazione ato-mizzata di nuovi edonisti. Tuttavia, queste varie ebizzarre manifestazioni di vitalità erano trattate conincredulità e disapprovazione da parte dei suoicreatori.In una triste manifestazione di malafede, i politici,con la complicità dei lavoratori del terziario avan-zato, lanciarono nella metà degli anni Ottanta l'ipo-tesi che vaste parti di quel progetto, ancora cosìrecente, potevano essere distrutte, e con loro, pre-sumibilmente - in una sorta di rinnovo urbano cari-caturale - anche i loro problemi.Amsterdam fu presa da una frenesia: in una sini-stra miscela di ideologia e di opportunismo Bijlmerstava quasi sul punto di entrare in un autonomoprocesso di decentramento.Dal momento che l'OMA era stato una volta dallaparte di Bijlmer, la città ci dava ora tre settimane ditempo: lo si poteva salvare?Primo compito: smantellarne l'aura apocalittica;probabilmente solo una parte di Bijlmer era incrisi, non il tutto.L'ostilità si concentrava solo sugli edifici - l'hou-sing - perché ne erano l'aspetto più tangibile. Ma la

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Tipico settore urbano di Bijlmer: auto-strade, silos per parcheggi, edificiesagonali, paesaggio pedonale.

Gli edifici di un settore tipico proiettatisul centro storico di Amsterdam:l’evento contro il non-evento.

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loro scomparsa non avrebbe contribuito al salvatag-gio di Bijlmer: piuttosto che rimuovere quello chec'era, il complesso aveva bisogno di un progetto diurbanizzazione retroattiva.Come ogni città, Bijlmer è fatta di isolati, ma questisono giganteschi - 400x400 metri definiti da autostra-de sopraelevate. A confronto con i 2.028 di New York,questa è una città di solo 6 isolati. Su ognuno, stec-che di 11 piani, sagomate in un pattern a nido d'apesu uno zoccolo di servizio senza aperture, si incastra-no con una sistemazione di suolo omogenea, dise-gnata da percorsi pittoreschi con banali alberi a rapi-do accrescimento.L'intero centro medievale di Amsterdam starebbe den-tro uno solo di questi settori; questo è il "problema"di Bijlmer: tutti i grandi magazzini, i palazzi reali, leinfrastrutture turistiche, i quartieri a luci rosse, quellicinesi, le università, le stazioni centrali, i sex-shopstanno nello stesso spazio che qui è occupato da abi-tazioni moderne circondate da luoghi di delizie comi-camente ingenui. A dispetto della sua enormità e dellasua densità, Bijlmer è semplicemente inurbano.Il programma delle attività - per ora considerato untabù - deve essere redistribuito sul terreno con iseguenti passaggi:

- I parcheggi, che sono l'evidenza tangibile diun immaginario collettivo deprimente, devono esseredemoliti. Le aree di sosta saranno organizzate in trefasce che reclameranno il suolo per l'asfalto, per l'ur-bano. Basta con le marce forzate per attraversare legallerie trasformate in orinatoi, carichi di buste dellaspesa. L'auto si parcheggia davanti alla porta di casa.Le aree ora occupate dai garage si useranno per crea-re vere strade attrezzate di servizi pubblici.

- Lo statuto del terreno sarà ulteriormentediversificato con bande parallele privatizzate: lottiindividuali al di sotto degli appartamenti daranno spa-zio al giardinaggio, ai garage, a interventi para-archi-tettonici, a libertà, a anarchie.

- Il vantaggio paradossale della disorganizzazio-ne di Bijlmer è una globalizzazione non voluta, che ne

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ha fatto - in teoria - il luogo più cosmopolita delpaese. Al di sotto del viadotto centrale della metro -un fuori scala che ne fa un inesplicabile intruso egizioin un verde idillio - correrà un boulevard asfaltato conun mercato internazionale.

- Invece di essere pervasivo e automatico, ilparco diventerà intenzionale; il verde esistente si con-trarrà fino a diventare una foresta, che in parte rinfor-zerà e in parte contrasterà l'ossessivo motivo esago-nale dell'intero progetto (a sua volta una opposizionedegli anni Sessanta nei confronti dell'ortogonale disu-mano…).

- Ogni corte esagonale avrà una sua identitàprogrammatica; campo da calcio, spiaggia, teatro,ecc. Connesse alle fasce di parcheggio e ai boulevardda percorsi diretti che puntano a specifiche destina-zioni, libereranno diecimila persone dagli inutili per-corsi tortuosi di oggi.

- Il sito sarà soggetto a un bombardamentotipologico che amplierà la ristretta gamma di soluzio-ni abitative - la stecca - con ville, case e a schiera,torri, aggregazioni di case a patio, ecc.

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Per un attimo il progetto "salvò" Bijlmer, poi seguirono anni diinattività. Una sospensione in cui Bijlmer non è stata distruttae il nostro progetto non è stato attuato.Poi un giorno un Jumbo caduto ha dato il via alla demolizione.L’avversario ha vinto.

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