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4 ANNO 1 - NUMERO 4 - dicembre 2008/gennaio 2009 FREEPRESS di ENOGASTRONOMIA

Ccomemagazine N4

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C COME MAGAZINE, il primo free-press abruzzese a trattare di enogastronomia e di promozione del territorio.

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>> Anno 1 n. 4 - Dicembre 2008/Gennaio 2009

>> Editore responsabileCreo Edizioni - Pescarawww.c-magazine.it - [email protected]

>> Direttore responsabileCristina Mosca (non fumatrice)

se volete dirle qualcosa fatelo a: [email protected]

>> Coordinatore generale e art directorFrancesco Cinapri (non fumatore)

se volete dirgli qualcosa fatelo a: [email protected]

>> Area commercialeAlessio Pisciella (ex atleta)

se volete dirgli qualcosa fatelo a: [email protected]

3284836589 - 3494902638

>> Direttore marketingDaniele Di Vittorio (ex fumatore)

se volete dirgli qualcosa fatelo a: [email protected]

>> Grafica ed impaginazioneCreo Advertising - Pescarawww.creoadv.it

>> Ufficio fotograficoSergio Pasqual

>> StampaAGP Arti Grafiche Picene - Maltignano (Ap)

Per il numero 4 di C come Magazine sono arrivati affannati, suda-ti, sfebbrati, affamati, stressati, sovraccaricati, soverchiati a Na-tale insieme a noi Kain Malcovich, Anita Righetti, Andrea Santilli, Simona Piattella, Palma D’Onofrio, Guernica, Maurizio Di Batti-sta, Giovanni Rosato, Daniele Di Vittorio, Marco Gaito, Luciano D’Angelo e Giorgia Tobiolo.

>> Creo Edizioni s.n.c. di Francesco Cinapri & C.Via Misticoni, 28 - 65122 Pescarapresso il centro direzionale “Il Molino” De CeccoTel. e Fax 085.386184www.c-magazine.it - [email protected]

Registrazione presso il Tribunale di Pescaran° 7/08 del 31/03/2008

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sommariocome

07 >> C come Editorial(i)

09 >> C come Fumetto

10 >> C come Recupero Benvenuti a Robur Marsorum - Redazionale

16 >> C come Blog Cucinamente

19 >> C come Informazione L’agricoltura sociale

20 >> C come Marcello Spadone Da Civitella Casanova con passione

24 >> C come Eurochocolate Quattro passi a Perugia - Reportage

28 >> C come Lounge Cafè Ostriche al Plaza

30 >> C come Naturale L’inverno e il sale

36 >> C come Pesce La stagione dell’Adriatico

40 >> C come Slow Food Il Salone del Gusto visto da noi - Reportage

46 >> C come Santo Francesco Caracciolo, patrono dei cuochi 51 >> C come VIP

53 >> C come Film

55 >> C come News

63 >> C come Inserzione

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editorial(i)come

Quell’insostenibile dolcezza del Natale, quell’inafferrabile scorrevolezza di caldi fiumi di cioccolato, quell’impareggiabile levigatezza dei biscotti appena sfornati... Lo avrete capito, questo è un numero particolarmente dolce, un po’ perché è dedicato alla fiera più gustosa dell’anno e un altro po’ perché esce durante le Feste in cui si sa, ci si sente tutti più buoni. Alle novità di Eurochocolate di Perugia abbiamo affiancato le meraviglie del Salone Internazionale del Gusto di Torino, mentre abbiamo parlato di casa nostra in un accoppiamento tra pesce e terra apparentemente insolito, ma che in realtà simboleggia in pieno quella piccola perla italiana che si chiama Abruzzo, cresciuta tra mare e montagna. A proposito di perle, abbiamo scoperto per voi il freschissimo Albergo Diffuso “Robur Marsorum”, nascente sull’altipiano delle Rocche (Aq), che sull’esempio di Santo Stefano di Sessanio punta a recuperare il suo territorio. E per voi abbiamo una comunicazione di servizio: C come magazine cresce con un sottile, anzi microscopico cerchio in più all’interno del suo tronco. Se, infatti, fino ad ora lo avete ricevuto a casa e vi piace troppo (com’è naturale, del resto: impossibile biasimarvi), dal 2009 sarà necessario abbonarsi: i dettagli sono all’interno delle nostre pagine pubblicitarie, ma ricordate che per ricevere il numero di febbraio occorre prenotarsi entro il 30 gennaio. In sostanza, a traslochi avvenuti, a piccoli e grandi cambiamenti effettuati, il numero 4 di C si carica di aspettative e di buoni propositi per il 2009: ma naturalmente, tra questi ultimi non c’è l’impegno a mangiare di meno.

Quando si vuole fortemente qualcosa, non c’è nulla e nes-suno capace di impedirci di averlo! Parlo della voglia di far parte di un mondo che ti affascina, che ti rapisce: anche far-ne parte da attore non protagonista può essere comunque un successo! Da più di un anno a questa parte, da quan-do ho aperto il mio foodblog cucinamente.it, il mio modo di pensare la cucina e l’enogastronomia è mutato profon-damente, cercando di capire meglio quelli che sono tutti gli aspetti nascosti dietro una ricetta, dietro una semplice serata a cena, dietro una bottiglia di vino scelta con cura! Queste cose mi hanno spinto poi a volere fortemente una rivista di enogastronomia assieme ad i miei insostituibili soci che come me si sono buttati a capofitto in questa impresa chiamata C-Magazine. Tutto questo, misto a passione, amo-re e anche ad un po’ di sana incoscienza mi hanno portato ad osare sempre di più... fino ad arrivare a cucinare davanti a milioni di italiani. ...“Come, davanti a milioni di italiani?”, sento interrogarsi il mio folto e attento pubblico. Cercare di descrivere quello che si prova andando in diretta su Rai Uno nell’avventura “La prova del cuoco”, a fare la cosa che ti piace di più fare, ovvero cucinare, è qualcosa di pressochè impossibile. Questo non è il solito editoriale, ma uno spazio di ringraziamento a tutte le persone che mi sostengono che ci sostengono, a tutte le persone che ogni giorno mi spro-nano a cercare di migliorare anche quando sanno che stai dando il massimo, a tutte le persone che ci leggono, che mi leggono. E mi sento di dire... non avete visto ancora niente...! Sfogliate, sfogliate!

Cristina Mosca

Giuliese di Origine/pescarese per sceltaSegni particolari: CuriosaDirettore responsabile di C-MagazineA babbo natale ha chiesto: ancora tante risate.

Francesco Cinapri

Pescarese di origine / Spoltorese per asiloSegni particolari: creativoDirettore artistico di C-MagazineA babbo natale ha chiesto: un ristorante tutto suo.

C come buon 2009 C come aspirante chef

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fumettocome

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recuperocome

Di Abruzzo si parla molto, forse anche troppo. Ma sono an-cora pochi quelli che hanno provato a scendere un po’ più in profondità, al cuore della Regione fatto di civiltà conta-dina, di misticismo, di sapori legati alla terra e all’acqua, di racconti antichi e di riti spesso dimenticati. Questo insieme ricco e profondo sta tornando in superficie, e, in certi con-testi, lo fa dietro una scelta basata sul rispetto del patrimo-nio storico e ambientale e sulla valorizzazione turistica e culturale di tradizioni e identità locali.Sabato 6 dicembre tutta la stampa regionale è stata invi-tata nella provincia aquilana, precisamente in località Ro-vere, frazione del Comune di Rocca di Mezzo che vanta le origini più antiche tra i centri dell’Altipiano delle Rocche,

per partecipare all’inaugurazione della prime tranche di ap-partamenti del “Robur Marsorum – Albergo diffuso”, ovvero un comprensorio di accoglienza turistica composta da resi-denze recuperate e adibite ad unità ricettive.Ostello “Il Camoscio”: è questo il luogo deputato per la conferenza stampa di presentazione del progetto. L’evento si apre con un emozionato saluto del sindaco di Rocca di Mezzo, Emilio Nusca, che in una breve ma esaustiva pre-sentazione fornisce ai presenti una rinnovata chiave inter-pretativa per la riscoperta del luogo e della sua vocazione, sottolineando lo sforzo della piccola comunità per la realiz-zazione del progetto: sforzo che non sarebbe mai giunto a buon fine se non vi fosse stata la collaborazione sinergica

Benvenuti a Robur Marsorum

Una giornata alla scoperta del nostro patrimonio

Redazionale

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di Provincia aquilana ed Ente Parco Sirente-Velino, rappre-sentati all’evento dall’assessore alla viabilità Pio Alleva e dal presidente Nazzareno Fidanza e soprattutto dall’esperienza professionale dell’architetto romano Siro Cinti e di sua mo-glie Mirella, che con il loro entusiasmo sono riusciti nell’arco di venti anni a concretizzare il loro sogno. «L’Albergo Diffu-so – è stato precisato – è sicuramente il modo migliore per sottrarre al degrado e all’abbandono questa affascinante località, offrendo nello stesso tempo alle nuove generazioni nuove opportunità di occupazione che consentano loro di non abbandonare questi luoghi che, se opportunamente valorizzati, possono aprire nuovi orizzonti di crescita e di sviluppo». Il recupero ed il restauro del patrimonio edilizio degradato, gli interventi di cui è stato oggetto il castello medievale con i relativi scavi archeologici, la pavimentazione delle strade e delle piazze e la realizzazione di un accogliente ostello per i giovani dimostrano come la nascita dell’Albergo Dif-

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fuso “Robur Marsorum” rappresenti sicuramente una delle realizzazioni più significative nel processo di sviluppo del territorio. Basti pensare al suo nome, che evoca le origini di Rovere, cittadina fortificata posta a difesa della Marsica al confine con i Vestini Aquilani (ricordiamo che robur in latino significa fortezza). Ma non solo i monumenti tornano in superficie, bensì anche anonimi contesti sociali. L’idea dell’albergo diffuso nasce infatti dall’amore per questo borgo incantato e fermo nel tempo, ma deriva anche dalla voglia di far condividere la tradizione, le abitudini, i prodotti, attraverso il contatto diretto. Un contatto fisico con luoghi e materiali che sono stati toccati ed usati da altri uomini pri-ma di noi e che oggi possono ancora creare una atmosfera, una dimensione diversa, soprattutto per chi ha bisogno di ritrovare se stesso e il senso vero dell’esistenza. Quello dell’albergo diffuso è un modello innovativo, non più basato sul consumo di un nuovo territorio con la costruzi-one di nuovi edifici bensì sul recupero delle abitazioni esist-

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enti vuote o degradate e concepite come unità ricettive. Gli alloggi vengono ripristinati secondo il principio della con-servazione attenta alle tipologie originarie, delle dimensioni degli spazi interni e delle aperture, dei materiali tipici, del disegno delle facciate, del sapore degli arredi e degli og-getti tradizionali. Rifiniture accuratamente selezionate alla luce di una rigorosa ricerca della storia architettonica del borgo, curati nei minimi dettagli fino a riproporre i suppellet-tili in ceramica di Castelli, i mobili finemente intagliati dagli artigiani di Tagliacozzo, fino alle belle e variopinte coperte di lana che arredano i letti degli alloggi, rigorosamente di Taranta Peligna. In nome della cura del particolare tradiz-ionale ma anche dell’attenzione delle esigenze tecnolog-iche, gli alloggi sono dotati di riscaldamento, TV satellitare, angolo cottura, telefono, per garantire il massimo comfort... Comfort testato dagli stessi ospiti all’inaugurazione, guidati nelle residenze ubicate in diverse posizioni del tessuto ur-bano. Si tratta di alloggi confortevoli e dalla capienza varia-

bile, dai due ai sei posti letto, per un totale di 46 posti. Il pro-getto completo porterà il numero di residenze a 25 con un numero complessivo di circa 100 posti letto, tutti all’interno dell’antico borgo.Caratteristici i nomi delle residenze, che derivano dai sopran-nomi degli abitanti “storici” di ciascuna di esse o dalla de-nominazione tradizionale del luogo in cui sorgono: elemento che si è deciso di mantenere al fine di conservare il legame profondo con la sua comunità.Si tratta quindi di un modello organizzativo e gestionale che conserva i vantaggi dell’offerta alberghiera di tipo tradizion-ale per quanto attiene ai servizi classici, ma il valore aggiunto risiede nel contesto in cui essi si esplicano, caratterizzato dalla profonda connessione con le tradizioni e la cultura dei luoghi. La collocazione geografica, vicina alla città di Roma ed alle sue infrastrutture, ne fa sicuramente meta ambita per chiunque voglia riscoprire un contatto con i valori autentici e genuini di cui si rischia di perdere per sempre la memoria.

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Patinato, glamour & cool come l’High bar di New York, sur-reale come un quadro di Ernst, “elegante” come un libro del-la Barbery, fantasioso e giocoso come le opere di Gaudì … queste le prime impressioni che si hanno “approdando” sul blog di CUCINAMENTE … ovvero Francesco ai fornelli.Francesco Cinapri, giovane creativo pescarese, divide la sua vita tra la sua professione di grafico/editore e la cucina e, come spesso succede, da una passione nasce sempre qual-cosa di importante.La passione di Francesco per la cucina è tutta manifestata nel suo food blog tra ricette, consigli di cucina, recensioni sui migliori ristoranti della penisola, tutto ci parla di buon cibo, ben preparato e ben raccontato.Il blog si apre con un fiore, un semplice fiore annodato ai reb-bi di una forchetta: l’immagine è molto bella ed accattivante e ci introduce in maniera garbata ed elegante ai racconti di Francesco, davanti ai fornelli e non solo. La geniale zuppa di pesce cotta nel barattolino, accompagnata dalle belle foto che ne mostrano il contenuto ed il bel risultato finale, fa da apertura alle chiacchierate culinarie a partire da quella con Niko Romito, vero guru della ristorazione abruzzese che, mi sembra, abbia ispirato Francesco nella sua Variazione sulla lingua di vitello realizzato a quattro mani con il caro amico Mario. Guardando le foto dei piatti non sembra quasi si tratti di lingua, un ingrediente ormai desueto in cucina ma, che se ben cucinato (e quello di Francesco e Mario lo era sicura-mente), regala sensazioni gustative come pochi piatti sanno dare.Anche un residuo di frigorifero come del pollo e dei peperoni può dare dei risultati glamour oltre che ottimi! Chissà dove vi porterà questo sodalizio! ...Intanto vi ha portato alla Pro-va del Cuoco, dove avete partecipato alla “sfida allo chef” realizzando un piatto veramente originale che ha quasi con-quistato l’esigente Anna Moroni. Voci di corridoio vi danno prossimi all’attività di chef a domicilio, ad anno nuovo... pec-cato che io viva a Roma, perché il pensiero di una serata co-modamente seduta a tavola mentre due bravissimi personal chef cucinano per me mi piace proprio.Che dire dei racconti delle esperienze culinarie fatte presso maestri della cucina italiana come Moreno Cedroni e Heinz Beck, personaggi straordinari che hanno cambiato la ristora-zione nel nostro Paese e che hanno sicuramente influenzato il modo di vivere la cucina anche da parte di chi, come me

e Francesco, ama cucinare ma, soprattutto mangiare e bere bene? Non molte le ricette, ma di spunti tanti ed interes-santi: come resistere alla Variazione di tonno? Imbarazzante la scelta su quale delle tre proposte sia la più buona e poi, come spesso mi succede, meglio provare a replicarle tut-te per non scontentare mai nessuno. Un solo problema: il tonno! È ormai quasi introvabile, il pregiato tonno rosso dei nostri mari.Non posso mancare di apprezzare un piatto che evoca in me ricordi di infanzia: le orecchiette, tipico piatto della mia splendida regione, la Puglia. La ricetta di Francesco è ve-ramente intrigante e gustosa, di quelle che mette in moto le papille gustative già attraverso le immagini; sono molto legata alla tradizione gastronomica senza però essere un’in-tegralista, una talebana della cucina, di quelli che: “le orec-chiette? o cime di rapa o nulla!”. Le chiancaredde, come le chiamiamo dalle mie parti, sono una pasta straordinaria che ben accompagna svariati condimenti, sia di tradizione che di pura fantasia culinaria, quindi l’idea di Francesco di cucinar-le con cicoria e salsiccia è veramente gustosa. Bravo Francesco, ad maiora!

Pecorara di mare (foto pagina accanto)

Ricetta di Francesco Cinapri e Mario Dottore

Ingredienti per 4 persone: 400 gr. di anellini, 1 melanzana, 1 zucchina,

1 peperone verde, peperoncino piccante, 5/6 pomodorini pachino, 1

seppia da 150/200 gr., 10 cozze circa, 1 bicchiere di vino bianco, 150

gr. di ricotta salata di pecora, olio extravergine d’oliva, aglio, prezzemo-

lo, sale e pepe q.b.

Soffriggere in una padella nell’olio ex. v., una punta del peperoncino,

uno spicchio d’aglio e 2 gambi di prezzemolo privato delle foglie.

Tagliare la seppia a striscioline, unirla al soffritto, dopo un paio di

minuti far sfumare col vino bianco; far andare per qualche minuto; ta-

gliare a dadini metà zucchina, metà melanzana e metà peperone, unire

il tutto in padella, far andare senza far appassire troppo gli ortaggi per

farli rimanere croccanti.

Unire i pomodorini pachino senza farli appassire troppo, unire la pasta

precedentemente cotta in acqua salata e le cozze che si apriranno e

rilasceranno la propria acqua.

Mantecare ed impiattare; grattugiare la ricotta salata e macinare un

po di pepe nero.

CucinamenteIl minimal chic dei food bloggerwww.cucinamente.it

di Palma D’Onofrio - www.palmadonofrio.it

blogcome

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Nel corso degli ultimi anni all’agricoltura si è andata sempre più esplicitamente attribuendo la capacità di svolgere diver-se funzioni oltre quella della produzione di materie prime e beni alimentari. Al settore primario, da un lato, vengono ri-chieste produzioni rispettose dell’ambiente e della qualità, e al contempo gli viene deputata la tutela della tradizione e della cultura contadina, delle produzioni locali, del presidio del territorio.Alla lista delle svariate funzioni ascritte alla multifunzionalità agricola - condivise nel mondo istituzionale, accademico e nella società civile più in generale -, è possibile aggiungere una particolare categoria di funzioni di carattere strettamente “sociale”. Per agricoltura sociale si intende l’insieme di quel-le iniziative, esperienze e interventi in cui vengono condotte attività agricole di coltivazione, allevamento o di trasforma-zione dei prodotti che coinvolgono attivamente fasce deboli della popolazione.Le esperienze di agricoltura sociale attive sul territorio nazio-nale mostrano una tale varietà nel generare servizi sociali che non è semplice ricondurli a poche tipologie. Una ragionevole loro classificazione può essere operata riconducendo i servi-zi prodotti in tre principali ambiti: dell’educazione e della for-mazione; della terapia e della riabilitazione; dell’inserimento lavorativo e dell’inclusione sociale di soggetti svantaggiati.Con riferimento al ruolo educativo e formativo le attività agricole hanno ormai un ampio riconoscimento. La diffu-sione delle Fattorie didattiche, che secondo l’Osservatorio Agroambientale sarebbero circa 500 sull’intero territorio na-zionale, lo conferma.Meno acquisite, sebbene in costante crescita di interesse, sono le capacità delle attività agricole in ambito terapeuti-co-riabilitativo, in particolare nei confronti di soggetti con disagio mentale e disturbi della sfera psichica. In questa chiave la stretta interazione tra l’individuo e le piante o gli animali che si determina in un contesto agricolo può rap-presentare un’efficace forma di co-terapia. Pratiche quali la terapia orticolturale, la riabilitazione equestre (o ippoterapia) e la pet therapy fondano la propria efficacia proprio su di una relazione attiva, e non meramente contemplativa, dell’uomo

con la pianta o l’animale, con la natura più in generale. Vi è una crescente evidenza empirica sugli evidenti benefici psichici e fisici che l’horticultural therapy e la pet therapy possono generare. Le piante ma ancor di più alcune specie di animali domestici possono fungere da “catalizzatori” dei processi socio relazionali, diventando “co-terapeuti” nel pro-cesso di guarigione. Il terzo ambito è quello dell’inserimento lavorativo di indi-vidui a ridotta contrattualità sul mercato del lavoro. Da que-sta prospettiva le attività agricole presentano un potenziale elemento di interesse. In agricoltura, infatti, sono svariate le mansioni che, per essere svolte, non richiedono un partico-lare livello di formazione o di istruzione: la raccolta manuale, l’irrigazione, la distribuzione di alimenti agli animali, i vari tra-sporti interni all’azienda, sono solo alcuni esempi di attività presenti in ogni azienda agricola e che possono essere or-ganizzate in modo di agevolare la partecipazione di soggetti con limitate abilità. Anche le persone con disabilità motoria possono trovare nell’ampio spettro di mansioni e attività che si realizzano nell’azienda agricola, numerose possibilità di in-clusione e partecipazione. Se e quando la partecipazione di soggetti deboli ai lavori dell’azienda agricola rappresenta un obiettivo esplicito dell’azienda, non risulta in genere difficile organizzare i processi produttivi in modo da rendere tale par-tecipazione ampia ed effettiva.

Agricoltura sociale:le fattorie didattiche.

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di Marco Gaito – Ph.D. in politica agraria, Università di Teramo

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Non tutti forse sanno che il condimento all’amatriciana ha origini prettamente abruzzesi: a ricordarcelo è Marcello Spadone, titolare de “La Bandiera” di Civitella Casanova e membro dell’associazione “Qualità Abruzzo”. Origini che risalgono al periodo del Regno delle due Sicilie, quando Amatrice faceva ancora parte dell’Abruzzo citeriore. In origine la ricetta non prevedeva il pomodoro; oggi Mar-cello Spadone ne propone una rivisitazione e trasforma l’amatriciana in una farcitura, piuttosto che in un condimen-to. «Credo che la mia professione sia un continuo formarsi – ci spiega – più con i viaggi che con il semplice studio: confrontandosi con altre culture, specie culinarie, si può crescere tantissimo. La Campania è in cima alla mia clas-sifica personale in fatto di stimoli; in genere mi colpiscono molto la ricercatezza delle materie prime e la genialità de-gli accostamenti». Una fantasia che nelle sue cucine trova la massima espressione: basti sapere che al convegno di “Identità golose” nel gennaio 2008, a Milano, il piatto che ha rappresentato il suo modo di cucinare abruzzese è stata una faraona farcita di fegatini e accompagnata con purè di fagioli. «Abbiamo a disposizione tantissime materie prime privilegiate – continua – i prìncipi della nostra tavola sono l’agnello e tutti gli animali da cortile, più che la carne di vi-tello. I piatti vanno sì destrutturati e migliorati continuamente, ma il sapore deve essere sempre esaltato, mai prevaricato: i migliori spaghetti alla chitarra devono essere ancora cuci-nati». Un consiglio? Scoprire il suo modo di proporre gli arros-ticini, un must abruzzese nato proprio nella zona di Villa Celiera, Vestea e Civitella Casanova, ma che per scelta ha tolto dai menu appena l’azienda è passata nelle sue mani, nel 1988: «Era necessaria una grande evoluzione – racco-nta – così ho trasformato la trattoria in un vero e proprio punto di ristorazione. E adesso, dopo vent’anni, ripropongo l’arrosticino in una versione tutta mia, con uno spiedo di

ferro, scottato alla griglia e passato al forno al cartoccio con verdurine ed erbe, accompagnandolo con brodo di pecora e peperoncino o, come nella versione originale storica, anche con pecorino e peperoncino». Con una punta di malinconia aggiunge la constatazione che l’Abruzzo, nonostante l’offerta ricchissima in enogastronomia e paesaggio, non si sa “vendere”: «Mancano figure polit-iche che salvaguardino il territorio sotto l’aspetto urbanis-tico e che sostengano la protezione delle tipicità: trovo che la ristorazione abruzzese sia a livelli alti, ma a differenza della Toscana, che punta sul recupero, i nostri paesaggi vengono rovinati senza criterio, con capannoni e costruzioni».Quella di Marcello Spadone è una storia che ricomincia in Abruzzo nel 1977 ma che pianta i suoi semi già da prima, quando mamma Anna, appassionata di cucina, avendo mes-so su famiglia a Roma collaborava con amici ristoratori e pre-parava specialità abruzzesi, sagne e fagioli in primis. «Questo lavoro le ha permesso di conoscere tante personalità, specie del calcio – ricorda Marcello Spadone – A casa mia veniva-no invitati spesso giocatori ed esponenti del mondo dello sport, dai calciatori Mario Frustalupi e Giorgio Chinaglia al medico della Nazionale Ernesto Alicicco». La decisione di trasferirsi in Abruzzo è arrivata insieme al rischio di per-dere una proprietà terriera in provincia di Pescara, a Civitella Casanova per l’appunto: «I miei genitori tenevano troppo a questo angolo di natura – continua – così compimmo il grande balzo. “Ereditata” da un amico una licenza per vendere sali, tabacchi e alimentari, aprimmo un’osteria. Io avevo solo undici anni, all’inizio Roma mi è mancata, poi ho frequentato la scuola alberghiera a Pescara e mi sono ap-passionato alla cucina seguendo mia madre nel suo lavoro. Sono felice di vedere la stessa passione in mia moglie Bruna e nei miei figli gemelli, Alessio e Mattia: il primo sta per di-ventare sommelier, il secondo diventerà un grande cuoco, di quelli che... parlano poco».

di Cristina Mosca - foto di Sergio Pasqual/Luciano D’Angelo

La cucina,una passione

Da Civitella Casanova ode all’arrosticino

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Procedimento:Saltate in padella i fegatini con olio, aglio, sale, pepe, alloro e rosmarino, sfumate con il brandy e fate raffreddare.

Disossate la faraona facendo attenzione a non bucare la pelle dividete a metà salate e pepate. Preparate la farcia tagliando le ver-dure e i fegatini a striscioline, frullate il lardo con il timo il pane inzuppato al latte e mescolate, con questo composto farcite la fa-raona avendo cura di lasciare al centro le verdure e i fegatini. Avvolgetela con la rete di maiale in modo da formare 2 salsicciotti.Saltatela in padella con poco olio avendo cura di rosolarla su tutti i lati e quindi passatela in forno a circa 200° con aglio rosma-rino e un pò di vino bianco cuocete per 15-18 minuti al termine nella teglia si formerà il fondo di cottura che stenderemo su un

piatto da portata. Tagliatela a fette e accompagnatela con un purè di fagioli tondino.

Procedimento:Impastate in una planetaria tutti gli ingredienti per la pasta, formate una palla, avvolgetela in un panno di lino e fate riposare in frigo per 1 ora.

Stufate la cipolla con l’olio, l’acqua e la metà del guanciale per circa 20 minuti, facendo attenzione a tenere il tutto a fuoco molto basso, aggiungete il pomodoro e continuate la cottura per altri 10 minuti. Mescolate la ricotta, la metà del pecorino, il guanciale, il tuorlo, e il pan carrè e mettete la farcia in un sacchetto (sac

a poches). Tirate la sfoglia sottile e formate dei mezzi rigatoni con all’interno la farcia.Lessate i mezzi rigatoni e conditeli con la salsa. Accompagnatela con una grattugiata di pecorino e del guanciale fritto.

Ingredienti:

1 faraona - 100g. di lardo di maiale - 2 fette di pane - 1 carota - 2 gambi di sedano - rete di maiale1 bicchierino di brandy, timo, alloro, sale - fegatini della faraona - aglio - vino bianco - purè di sedano

olio extra vergine

Per la pasta:

8 tuorli - 260g di farina 00 - 65g di semola - 1 cucchiaino di olio e.v. - 1 pizzico di sale.

Ingredienti:

150g di ricotta - 30g.di pecorino - 20g di pan carrè macinato - 80g di guanciale di maiale stagionato tagliato a striscioline sottili - 20g di cipolla d’orata, pepe - sale - olio ex. ve. - 30g di acqua - 80g di passata di pomodoro - 20g di tuorlo.

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eurochocolatecome

Se un giorno d’autunnoa Perugia...

Immagina 6mila tipi di cioccolato differenti, 65mila golosi che hanno passeggiato per il centro perugino portando fie-ramente in testa le simpatiche corna distribuite da Milka, 40mila chiavi utilizzate dai visitatori nello spazio Perugina nella speranza di poter aprire i forzieri ricchi del “ciocco-latoso” tesoro, 21mila persone che devono compiere 100 anni in tre assecondando il gioco con cui Toblerone fe-steggia il suo centenario, 15mila assaggi di Noir e Noisette di Lindt, 22mila ChocoCard distribuite, 100mila vasetti di Danette Danone degustati, 1000 golosi che hanno voluto raggiungere il settimo cielo a bordo della mongolfiera Pan di Stelle, 200 kg di cioccolata offerta in degustazione da Equoland, 60 degustazioni guidate, 350 tazze di cioccolata calda Eraclea.Ed ancora: 1000 persone impiegate tra standisti, respon-sabili, addetti all’allestimento e alla sicurezza; più di 100 volontari della Protezione Civile e Croce Rossa con 6 mezzi mobili e 3 pattuglie a piedi di Primo soccorso e 2 mezzi per il trasporto disabili; 600 alunni di scuole primarie di primo e secondo grado e secondarie di primo grado che hanno ricevuto lezioni sulla storia del cacao; 30 partite giornaliere disputate nella scacchiera Novi...Immagina, in un week-end di ottobre, di passeggiare in un bel centro storico di una città d’arte, ricca di storia e mo-numenti, dove accanto ai monumenti etruschi, bizantini e pontifici si ergono fantasiosi stand e bancarelle che vendo-no solo cioccolato.Immagina di non essere solo, ma di essere circondato da migliaia di altre persone come te incantate dal panorama e dall’atmosfera più dolce dell’anno. Immagina di vagare tra queste vie e di assaggiare ogni tipo di cioccolato: bianco, nero, al latte, fondente, con le noc-ciole, senza le nocciole, caldo, freddo, con poco cacao,

con molto cacao, italiano, europeo, al taglio, confezionato, in praline...Stai immaginando tutto questo?Se non ci sei riuscito, vuol dire che non sei mai stato all’Eu-rochocolate di Perugia, che quest’anno si è svolto dal 18 al 26 ottobre. Anche questa edizione è stata un successo, dato che ha registrato un incremento del 20% dei visitatori rispetto al 2007. Al Chocolate Show si respirava un’aria di allegria e di festa ed è stato difficile non venire coinvol-ti dal clima di buonumore che solo il cioccolato sa dare. Passeggiando per le viuzze di Perugia abbiamo notato una sana voglia di rilassarsi, divertirsi e soprattutto di addolcire il palato assaggiando più cioccolato possibile.

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Reportage - di Daniele Di Vittorio

Quattro passi nella fiera più dolce dell’anno

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D’altronde era impossibile non cadere nella tentazione: in qualsiasi angolo poggiassi gli occhi, te ne veniva ricorda-ta la bontà. Il stesso comitato organizzatore dell’evento ha creato una linea di prodotti con forme inusuali, design in-novativo, packaging sorprendente e simpatico che trasfor-mano il modo di intendere il “cibo degli dei” rendendolo adatto a tutti i gusti, a tutte le età e a tutte le situazioni senza essere mai banale. Per esempio le Carte da Choco, l’originale pacchetto di carte da gioco al sapor di ciocco-lato per sfide sempre più golose, oppure, se sei un amante dell’informatica, l’innovativo Personal Chocolate, il pc con una tastiera unica al mondo: una deliziosa tavoletta di 200 grammi di cioccolato al latte. E se vuoi combattere i sintomi dell’influenza puoi sempre prendere la Chocopirin-A, la pri-ma pastiglia al cioccolato fondente arricchita con vitamina C e vitamina A!Eurochocolate è una vera e propria festa creata ad arte per valorizzare il cioccolato in tutti i suoi valori e le sue forme in una zona geografica dove sorgono molte industrie dol-ciarie: ciò non toglie il fatto che molte aziende artigianali medio-piccole produttrici provenivano da tutta l’Italia e ol-tre. Purtroppo non abbiamo notato molte aziende abruzze-si: era presente l’azienda sulmonese di William di Carlo ma non abbiamo visto altri produttori nostrani. Non essendo un evento che si rivolge ai commercianti, le nostre aziende avranno voluto preferire mostre mercato in cui possono svilupparsi anche contatti commerciali buo-ni per il futuro, ma secondo la nostra opinione partecipare a questa festa del cioccolato apporta sicuramente un au-mento dell’immagine che a lungo termine dà senza dubbio i suoi ottimi risultati su scala internazionale.A Perugia, comunque, già si pensa all’edizione dell’anno prossimo, che avrà come claim “Rompete le Righe!” e che si terrà da venerdì 16 a domenica 25 ottobre 2009: l’impe-rativo vuole essere un invito a rompere gli schemi del cioc-colato, ad innovarlo, a liberarsi da tanti pregiudizi, regole e consuetudini che sembrano limitarlo. Del resto, in questi anni, Eurochocolate ha dimostrato come con il cioccolato si possano fare tante cose prima impensabili: non a caso sarà un martello, l’immagine simbolo e gadget di Eurocho-colate 2009.

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Un aperitivoa base d’ostriche

Al Plaza incontrarsi è chic

Il Best Western Plaza Hotel diventa appannaggio cittadino: la struttura ricettiva più prestigiosa di piazza Sacro Cuore si apre ad una Pescara che l’ha vista crescere e presenta il Plaza Café Lounge Bar. «Non è altro – spiega Emilio Schirato, general manager del gruppo Schirato Hotels – che l’estensione verso la piazza del bar che già opera all’interno dell’hotel: è un’operazione del tutto consona all’attenzione che abbiamo sempre avuto per la città di Pescara». Dall’inizio del terzo millennio, infatti, l’Hotel ha intrapreso un dialogo serrato con la città e ha cominciato a coccolarla: ha preso in gestione il verde pubblico di piazza Sacro Cuore, ha regalato il sistema di controllo video all’area e adesso è la volta di offrire un servizio di classe. «Il nostro bagaglio culturale accumulato con quasi cento anni di esperienza nel settore alberghiero – aggiunge Emilio Schirato – ci permette di accogliere clienti anche internazionali, eppure non ci basta: oggi vogliamo un legame con i cittadini e vogliamo offrire loro un servizio di eccellenza».I passanti abituali della piazza avranno di certo notato, ad esempio, la nuova struttura che dallo scorso ottobre protegge, anzi sigilla il Plaza Café Lounge Bar contro gli agenti atmosferici: una struttura che, in ogni caso, è a basso impatto visivo. «Tra le prerogative del Lounge Café c’è la possibilità di mangiare a qualsiasi ora, specie piatti freddi: un servizio particolarmente utile quando una riunione termina nel primo pomeriggio e porterebbe a saltare il pranzo perché non si sa dove andare. Nel week-end, infine, dall’inizio di dicembre stiamo proponendo una colazione internazionale, il brunch, per chi si dedica alle passeggiate domenicali». La chicca: ogni venerdì è possibile prendere un aperitivo a

base di ostriche e champagne a poco più di dieci euro. E toglietevi dalla testa l’idea che in un ambiente così raffinato si paghi anche l’aria che si respira: «I nostri prezzi sono assolutamente raggiungibili – commenta il barman Antonio Maiorano – e propongono originalità come il Cocktail Plaza o una variazione sull’Americano, più amabile di quello classico: l’ho ottenuta shakerando campari, vermouth, ginger ale e rabarbaro e sostituendo la soda con qualche goccia di angostura. Provare per credere!».La storia nascosta dietro questo ambiente raffinato e soft parte nel 1911, ben quattro generazioni fa, quando la famiglia Schirato innalzò l’Albergo Igea nell’angolo tra via Firenze e via Roma: il primo, a Pescara, ad avere riscaldamento ed acqua calda in ogni camera. Uno dei passi successivi è stato l’Albergo Moderno, eretto nel 1936 in piazza Sacro Cuore ed abbattuto negli anni ’60 per fare posto al Plaza Moderno Hotel: il Moderno era stato il primo albergo in città ad avere l’aria condizionata. Da segnare sul calendario i numerosi appuntamenti che il Plaza Lounge Café dà a tutti: dai concerti jazz che accompagnano l’aperitivo del sabato alle degustazioni a tema, dirette dal sommelier Vincenzo Maiorano: «Il Teatro del Gusto permette ai produttori di giocare le loro carte migliori, di proporsi in rete e di dialogare con un pubblico che conosce bene l’argomento – racconta – ad esempio solo nel mese di dicembre abbiamo assistito ad un evento che proponiamo da ormai sedici anni: l’anteprima dell’annata in corso del Gragnano, un vino storico che è stato recuperato». Si possono chiedere aggiornamenti a [email protected] .

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di Andrea Santilli e Simona Piattella - www.filidipaglia.it

culinaria ed uno stile alimentare sano e completo sotto ogni punto di vista, sia dietetico che energetico. Nata in una zona climatica temperata molto simile alla nostra e influenzata dal mare, la ricca tradizione giapponese ha sempre apprezzato in particolare le qualità e le proprietà del sale marino integrale, usato così com’è o per la produzione di condimenti dalle mille virtù terapeutiche. Il miso, lo shoyu, l’acidulato di umeboshi, lo shiso, usati come indicato nelle ricette che seguono, arricchiscono con equilibrio, stimolando vitalità nel corpo. Naturalmente tra quelli indicati nessuno è indispensabile, anche se per alcuni di essi non esiste, in Occidente, un sostituto con pari proprietà benefiche e di gusto. Sono ottimi soprattutto per chi pratica un regime alimentare vegetariano, in quanto integrano importanti sostanze minerali e organiche indispensabili al nostro sistema immunitario.

Specialmente in inverno si tende a consumare delle pietanze più saporite rispetto a quelle delle altre stagioni.Il freddo attiva vigorosamente il flusso dei fluidi nel corpo ed è proprio il sapore salato che stimola i reni e la vescica, gli organi più sollecitati a svolgere le proprie funzioni in questa fase dell’anno. L’acqua è l’elemento che si associa all’inverno, un’acqua di sorgente che sgorga con forza dalla roccia per espandersi nel fiume. Molte persone si chiedono come mai tanti termini esotici quando si parla di cucina naturale e perché nelle ricette si usano di base condimenti salati che provengono dal Giappone. Le ragioni sono varie. Quella giapponese è stata per secoli una delle più grandi civiltà vegetariane della storia (sia per motivi religiosi derivati dal buddismo che per necessità ecologiche), che ha sviluppato una vera arte

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L’ inverno e il sale

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4T d’acqua - 10cm. di alga wakame - 2 fiori di broccolo con tutto il gambo - 1/2T di radice di bardana tagliata a fiammifero - 4cuc-chiaini rasi di miso d’orzo - succo di zenzero - prezzemolo per guarnire

Facciamo reidratare la wakame prima di tagliarla a pezzetti e di-sporla in una pentola con l’acqua e le verdure tagliate. Portiamo a ebollizione e cuociamo a fiamma bassa per 15min.A parte sciogliamo il miso con un po’ di brodo caldo e, tenendo pre-sente che le sue virtù sono termolabili, aggiungiamolo alla zuppa facendo solo sobbollire per 1 minuto a fiamma bassa, di modo che il miso attivi con il calore le sue proprietà. La zuppa si serve ben calda dopo aver aggiunto il succo di zenzero fresco grattugiato e spremuto, e prezzemolo come guarnizione.La zuppa di miso è una fonte di minerali, vitamine, proteine ed en-zimi che, consumati prima del pasto, predispongono alla digestione e rinforzano l’intestino. Ottima con l’aggiunta in cottura di qualche pezzetto di mochi di riso, che la rende cremosa.

6finocchi - 1pezzo di mochi all’artemisia - shoyu

Sbollentiamo qualche minuto i finocchi tagliati a quarti, in acqua bollente appena salata. Una volta scolati, trasferiamoli in una teglia da forno, condiamo ogni pezzo con gocce di shoyu (salsa di soya) e grattugiamoci sopra il mochi. Inforniamo infine a 180° per 20 minuti.Il mochi è riso dolce cotto, pressato e fatto essiccare. Può essere preparato in casa o acquistato già pronto. Questa ricetta è partico-larmente indicata per le puerpere, in quanto stimola la produzione di latte materno.

1porro - 1 verza - 1T di zucca tagliata a dadini - 1C. d’olio di girasole spremuto a freddo - 350 gr. di ceci già cotti - noci tostate - shoyu – sale.

Iniziamo facendo soffriggere a fiamma medio alta, in una casseruo-la con il fondo pesante, il porro tagliato sottile con tutto la parte verde con l’olio e 2 pizzichi di sale. Aggiungiamo, sempre mesco-lando, la verza tagliata a strisce e 2 pizzichi di sale e i ceci già cotti e marinati con qualche goccia di shoyu (salsa di soya) e zenzero. Mescoliamo finché non sarà tutto insaporito e poniamo un dito d’acqua sul fondo. Copriamo la pentola e cuociamo per 35min. da quando parte la cottura, a fiamma bassa. Aggiungiamo nel finale le noci tostate. È una ricetta invernale che dona molto calore e vitali-tà. Ottimo sostituire i ceci con il seitan.

2 T di castagne secche - 3T d’acqua - 1 pizzico di sale - 1/2 tazza di nocciole tostate - 4 c di miele del Gran Sasso

Tostiamo delicatamente le castagne secche e cuociamole in pento-la a pressione con l’acqua e alcuni granelli di sale, per 20 minuti. Scoliamole e poniamole in un piattino. A parte tostiamo le nocciole, tritiamole finemente, mescoliamole con il miele in parti uguali e aggiungiamole sopra le castagne.

ZUPPA DI MISO FINOCCHI AL FORNO

STUFATO DI VERZA, CECI E NOCI

CASTAGNE ALNOCCIOLMIELE

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2T di riso semintegrale - 2carote tagliate a cubetti - 4T d’acqua - 1pz di sale - sesamo tostato e shiso.

È una ricetta base molto veloce. Laviamo bene il riso in acqua fredda, direttamente nella pentola, e risciacquiamo finché l’acqua diventa trasparente. Una volta lavato aggiungiamo al riso le 2 tazze d’acqua, le carote e un pizzico di sale e, chiusa la pentola, a fuoco moderato lasciamo salire la pressione fino a che la valvola fischia: il fischio della valvola deve essere costante, se si alza eccessivamente occorre uno spargifiamma. Abbassiamo la fiamma al minimo: la cottura inizia in questo momento e durerà 20 minuti, dopodiché to-gliamo la pentola dal fuoco e lasciamo riposare per qualche minuto prima di aprire e servire con sopra qualche pizzico di sesamo to-stato e shiso. Preparato in questa maniera, il riso accompagna bene qualsiasi pietanza. Si possono cuocere in questa maniera miglio, bulgur (grano spezzato) e farricello, variando le verdure.

5 ravanelli - acidulato di umeboshi qb

Laviamo e tagliamo i ravanelli a rondelle sottili e disponiamoli in un pressaverdura (vanno bene anche due piatti uno sopra all’altro con un peso di 1 Kg sopra). Condiamoli prima con acidulato di umeboshi e lasciamoli in ‘pressione’ per minimo 2 h affinché la fermentazione acido-lattica inizi il suo processo. I ravanelli così preparati sono molto gustosi a fine pasto, favoriscono la digestione e si conservano in un contenitore di vetro per alcuni giorni in frigo. È meglio prepararli la sera prima.

RISO SEMINTEGRALE COTTO A PRESSIONE

RAVANELLI PRESSATI

Legenda: T= tazza da 250ml; C= cucchiaio da tavola; Pz= pizzico con indice e pollice; c= cucchiaino

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La stagione dell’Adriatico

Abruzzo mari e monti

di Anita Righetti

Prima di cominciare non guasta fare qualche precisazione.Nello scenario complessivo di una regione che annovera almeno 4 o 5 diversi brodetti o zuppe di pesce e che ha almeno 3 zone con tradizioni di cucina anche molto diverse tra di loro è meglio sottolineare che quanto si va narrando è sì tradizione, ma filtrata da una propria e squisita esperienza personale.Tradizioni familiari di ieri la cui discriminante principali era la produzione diretta degli ingredienti, e che oggi consegnano piatti che, pur appartenendo alla tradizione regionale, hanno subito pesantemente questa discriminante perché oggi la maggior parte degli ingredienti si compra. Per non parlare poi delle scuole di pensiero: si apre un tavolo (anzi... una tavola) di discussione non facilmente componibile. Un esempio su tutti, due macro distinzioni che possiamo applicare sul pesce: pomodoro a pezzi o pomodoro passato? La scelta di uno dei due comporta un certo modo di pensare la cottura e quindi la fragranza del pesce stesso. C’è persino chi preferisce il

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pomodoro a pezzi con un niente di pomodoro passato....E qui la questione si fa importante.Scegliere i prodotti da abbinare e in quale formula migliore, come ben sa chi sta in cucina, è fondamentale per la riuscita di un piatto. Dire banalmente “mettiamo insieme alici e uovo” sembra un deliberato insulto alla convenzione culinaria, ma preparato a dovere risulta un piatto sopraffino per sapore innanzitutto e anche per leggerezza digestiva e di tasca. Le alici ad esempio vanno spinate bene, private cioè anche della pinna superiore, e passate prima nella farina, poi nell’uovo intero sbattuto bene e infine, poche alla volta, in abbondante olio d’oliva, dopo essere state scrollate a dovere. Doratura a piacere: ne basta poca però, altrimenti le alici diventano stoppose. Da salare dopo la frittura e mangiare con le mani, una dopo l’altra. Oggi, con la falsa idea della soddisfazione del cliente, si insegue il suo gusto e lo si omologa senza sottolineare le differenze, fino al punto che le specificità, come gli incipit dei

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romanzi scelti per la rosa finale di un premio letterario, risultano tutti uguali. Si ha paura che qualcuno possa dire “non mi piace”, fino al paradosso che non lo si dice quando sarebbe necessario per certi piatti definiti esotici e che in realtà sono solo immangiabili... Nessuno ha il coraggio di dire “il re è nudo”.Ieri invece accadeva esattamente il contrario.La cornice del piatto tradizionale conteneva le diverse abilità di preparazione e la ricerca della differenza calibrata sul proprio prodotto, in modo da poter sottolineare “a casa mia si fa così”. Il terreno asciutto che produce pomodori acidi o il terreno umido che li produce dolci e acquosi sono elementi imprescindibili nel momento in cui si valuta la preparazione di un piatto.La mia cucina ha risonanze agresti dove il pesce è ospite; assiduo, ma sempre ospite, non padrone.Può risultare estremamente interessante considerare il rapporto del pesce con i prodotti della terra, il relativo uso degli ingredienti e la maniera in cui possono reciprocamente esaltarsi, con punte di singolare espressione.Ad esempio a Vasto, città di mare, si prepara la scapece di pesce, ma la scapece si prepara anche a Bussi sul Tirino. Niente di strano, in apparenza, se non fosse per il fatto che Bussi sia a cinquanta km dal mare, a ridosso delle irte gole di Popoli, ai piedi della vallata che apre verso il Gran Sasso e dove le rapide e trasparenti acque dell’Aterno diventano le dense e lente acque del Pescara. Bussi sta ai piedi della Piana di Navelli, dove si coltiva lo zafferano più buono del mondo. Nei giorni a cavallo della fine di ottobre, quando il sole è difficilmente caldo di prima mattina, i pistilli di croco vengono raccolti prima che i raggi li aprano del tutto. Dopo lunga e sapientissima cura i pistilli diventano fili di zafferano (l’“oro giallo”) e vengono lasciati ad asciugare lentamente su uno staio appeso dentro al camino, lontano dal fuoco. La scapece si prepara con la razza fritta, pesce di mare, e un intingolo di zafferano: i sapori si sposano con tale felicità che solo assaggiandola se ne può parlare. La scapece di Bussi, però, è molto di più di un piatto, anche difficile da trovare nei locali perché la sua preparazione è assolutamente singolare, per tempo e per sapienza. Resta nella tradizione dell’intimità familiare, dove conservarla sott’olio rappresenta l’orgoglio di un saper fare che va ben aldilà del sostenuto valore di mercato degli ingredienti. La scapece è l’incontro tra due anime, quella marina e quella montana, di una terra di poche parole, ma di grandi sapori.

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Reportage - foto di Daniele Di Vittorio

e alla cura dell’ambiente. Sono dodici anni che Slow Food traccia questo affascinante viaggio alle radici del cibo sotto la filosofia del “buono, pulito e giusto” che unisce le anime dei produttori e dei consumatori nell’impegno a sostenere la produzione di qualità e l’analisi critica alla globalizzazione.La settima edizione del Salone Internazionale del Gusto si è tenuta dal 23 al 27 ottobre e ha visto passare 180mila visitatori, il 4% in più dell’edizione 2006. Forte l’incremento della presenza di giovani: secondo il presidente Slow Food Carlo Petrini, le adesioni di ragazzi al Movimento sono addirittura sestuplicate. 2280 i bambini provenienti da 76 scuole che hanno partecipato alle attività didattiche di Orto in Condotta. Ricca la presenza degli stranieri, stimata intorno al 25%: molti gli americani, ma anche tanto Oriente ed Est Europa. Una manifestazione organizzata da Slow

Ci hanno detto: non potete perdervi i profumi e i colori del Salone. Andate lì e respirate l’entusiasmo, stringete amicizie, scoprite i sapori, vedrete che ne sarà valsa la pena. Noi abbiamo attraversato l’Italia, valicato montagne, combattuto contro orsi selvatici e usato la loro pelle per riscaldarci (?) per raggiungere infine il complesso Il Lingotto, elegante e poderosa struttura alla periferia di Torino. E ne è valsa la pena.Lo spettacolo che si è presentato ai nostri occhi è stato eclettico ed esplosivo. Ogni regione di Italia ha mostrato il suo volto più seducente nel Salone del Gusto, che si è rivelata ai nostri occhi come una potente e luminosa vetrina sul mondo. Quattro padiglioni più il cosiddetto Ovale dedicati agli addetti ai lavori, ai curiosi e agli appassionati provenienti da tutti e quattro i continenti, immersi in un’atmosfera dedicata al gusto

L’Abruzzo a TorinoIl Salone del Gusto visto da noi

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Food, Regione Piemonte e Città di Torino, che si presenta non solo come un mercato del cibo ma soprattutto come un luogo d’incontro e aggregazione in cui si praticano l’economia e lo scambio nella perfetta consapevolezza etica e sociale. Da prendere a buon esempio il basso impatto ambientale: grazie ai bidoni sistemati strategicamente è stato differenziato circa il 60% dei 100mila chili di rifiuti di cui si è stimata la produzione durante il Salone. L’impressione finale è che l’appuntamento biennale del Salone rappresenta ormai per Torino e per l’Italia il momento per il confronto tra coloro che appartengono a un movimento di opinione internazionale. Anche lo Slow Food Abruzzo ha fatto la sua bella figura. Durante le cinque giornate la nostra regione è stata raccontata nelle sue numerose sfaccettature con laboratori didattici e degustazioni, provincia per provincia, nel padiglione 2. Il Pescarese è stato rappresentato dal suo olio dop raccontato da Marino Giorgetti dell’Arssa; dalla sua produzione casearia a latte crudo illustrata dal docente dei

master of food Nicola Bonifacio; dalla varietà vegetale ed animale ricreata nel Parco Nazionale della Majella così come l’ha spiegata il suo agronomo, Marco Di Santo; dall’arrosticino e dal Montepulciano d’Abruzzo. Della provincia dell’Aquila sono state presentate le piccole produzioni di formaggi; è stata raccontata la storia del torrone tenero aquilano Nurzia dalla stessa famiglia che all’inizio del ‘900 ne conserva la ricetta; sono stati proposti assaggi dell’aglio rosso e dei confetti di Sulmona, del grano solina e dei vini d’eccellenza. L’olio dop Pretuziano Colline teramane, l’ultima nata tra le Dop abruzzesi, ha invece aperto la giornata dedicata alla provincia di Teramo, che è continuata con i “prosciutti di razza” illustrati dal presidente provinciale Slow Food Raffaele Grilli e con otto vini rossi Colline Teramane, unica docg abruzzese. La Provincia di Chieti invece, rappresentata tra gli stand dalla “Galleria del Gusto”, ha omaggiato Gianni Masciarelli con una degustazione guidata dal vice curatore della guida Vini d’Italia Gianni Fabrizio, proponendo inoltre

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il brodetto alla vastese per mano del patron dell’Hostaria del Pavone di Vasto Nicolino Di Renzo; l’olio Dop Colline Teatine; la tradizione della pasticceria teatina, dai bocconotti frentani ai “cellucci ripieni” passando per le sfogliatelle di Lama e i tarallucci, grazie all’agronomo Bruno Scaglione; e infine il pomodoro a pera, tipico dell’entroterra francavillese, spiegato dall’agronomo Rocco Marinucci e proposto in abbinamento con un altro prodotto della zona: la ventricina vastese. Il Salone del Gusto si è concluso per lo stand Slow Food Abruzzo con un breve viaggio attraverso le varietà del Trebbiano e un pranzo cucinato da tre cuochi teramani: Gabriele Marrangoni di “Borgo Spoltino” di Mosciano Sant’Angelo, Patrizia Corradetti di “Zenobi” di Colonnella e Roberta Nepa di “La Piazzetta” di Sant’Omero. E a proposito di pranzi: ogni giorno il nostro stand era fitto di prenotazioni per saggiare le nostre arti culinarie. Hanno lavorato sodo per far conoscere il nostro territorio: la famiglia

Di Giovacchino del ristorante “Font’Artana” di Picciano (Pe); Luca Panunzio ed Enzo D’Andreamatteo della Locanda Manthonè di Pescara; Gregorio e Rosalba Pelini de “La Conca alla vecchia posta” de L’Aquila, che hanno lavorato ad un menu a quattro mani con Luigi Cresponi e Tania Cottu del ristorante “Sante Rughe” di Gavoi, in provincia di Nuoro, in nome del progetto-gemellaggio “Pastori & pastori” che è stato presentato durante il Salone e che ha l’obiettivo di favorire lo scambio di esperienze tra i giovani pastori sardi e quelli abruzzesi e di promuoverne l’azione. Gli altri protagonisti ai fornelli: Niko Romito del “Reale” di Rivisondoli (Aq), i fratelli Perpetuini dell’Enoteca Centrale di Teramo, Alfonso e Simone Stuardi del ristorante “Delfina” di Tortoreto Lido (Te), Nicola Fossaceca del ristorante “Al Metrò” di San Salvo Marina (Ch) e Gino Primavera del ristorante “Santa Chiara” di Guardiagrele (Ch).

Sono 350 le condotte Slow Food in Italia: parliamo di una storia iniziata nel 1986 da Carlo Petrini a Bra, in provincia di Cuneo, diventata movimento interna-zionale nel 1989 a Parigi e oggi coinvolgente 86mila iscritti in Italia, Germania, Svizzera, Stati Uniti, Fran-cia, Giappone e Regno Unito. Attraverso i presìdi, le pubblicazioni, gli eventi e le manifestazioni (insieme al Salone del Gusto ricordiamo “Slow Fish” e “Chee-se”), Slow Food si pone come obiettivo l’educazione alla diversità delle ricette e dei sapori, alla varietà dei luoghi di produzione e degli artefici, al rispetto dei ritmi delle stagioni e al gusto come migliore difesa

contro la cattiva qualità e contro l’omologazione dei nostri pasti. Da un’idea di Slow Food è nata “Terra Madre”, che quest’anno nell’ambito del Salone del Gusto ha raggiunto la terza edizione: è il meeting mondiale tra le Comunità del Cibo impegnate a la-vorare per promuovere una produzione alimentare locale, sostenibile e rispettosa dei metodi ereditati e consolidati nel tempo. In Abruzzo ci sono 11 con-dotte, corrispondenti ai territori di Francavilla al Mare, Chieti, Vastese, L’Aquila, Lanciano, Pescara, Petru-ziana - Teramo, Sulmona, Torano Nuovo, Val Vibrata - Giulianova, Vestina. Info su www.slowfood.it.

Cos’è lo Sloow Food?

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L’Italia è una terra ricca di storia e storie, di tradizioni e Santi celebrati; le vicende sono spesso stratificate l’una sull’altra nelle diverse epoche e nei luoghi d’origine, ricevendo spesso la forte impronta cattolica che permea il nostro Belpaese. Le opere caritatevoli e l’amore verso il prossimo sono tra i capisaldi della Cristianità e quale forma di aiuto migliore può esistere se non quella di assolvere ai bisogni essenziali della persona?Non bisogna andare tanto lontano per trovare qualcuno di speciale: San Francesco Caracciolo, un uomo di quattrocento anni fa che oggi è, assieme a San Gennaro, il patrono della città di Napoli, e dal 1925 patrono di tutto il movimento eucaristico della regione Abruzzo.Ci interessa parlarne perché questa è una storia che parte dall’Abruzzo e in Abruzzo ritorna. Francesco Caracciolo nasce con il nome di Ascanio a Villa Santa Maria (Chieti) il 13 ottobre del 1563 da una delle famiglie nobili più prestigiose del Regno di Napoli, terzo dei quattro figli di Ferrante Caracciolo, principe di San Buono, e di Isabella Barattucci. A ventidue anni viene colpito da una grave malattia, forse la lebbra, che lo costringe ad un isolamento forzato. Giudicato inguaribile, decide di passare questo periodo in una piccola stanza ricavata nella cappella di famiglia di Villa Santa Maria, dalla quale attraverso una finestra segue la Messa. È proprio in questo periodo che il giovane Ascanio, meditando a lungo sulla vanità delle cose terrene, compie il

Francesco Caracciolo, patrono dei cuochi

Una storia che parte dall’Abruzzo

primo voto: se guarirà, dedicherà la sua vita al servizio di Dio e del prossimo....E guarisce. Rinuncia a tutti i suoi beni e ai titoli nobiliari, si trasferisce a Napoli e prosegue gli studi teologici. Nel 1587 viene ordinato sacerdote ed entra nella Compagnia dei Bianchi, una confraternita dedita particolarmente all’assistenza dei carcerati e dei condannati a morte. Per un caso di omonimia gli viene recapitata una lettera da parte di Fabrizio Caracciolo, Abate di Santa Maria Maggiore di Napoli, e del nobile genovese Agostino Adorno, in cui si domanda di collaborare alla fondazione di un Ordine che cooperi al consolidamento e alla diffusione della fede cattolica secondo i nuovi principi dettati dal Concilio di Trento (1563). Nonostante l’equivoco, Ascanio Caracciolo aderisce all’iniziativa ed insieme ai due ispiratori si ritira nell’eremo di Camaldoli, dove formula la sua “Regola” per una nuova “Famiglia Religiosa”: oltre ai normali tre voti di castità, povertà e obbedienza ne aggiunge un quarto, cioè quello di non ambire ad alcuna dignità ecclesiastica. L’Ordine viene approvato dal papa Sisto V l’1 luglio 1588 con il nome di Chierici Regolari Minori, esistenti ancora oggi. È nel 1589, emettendo i voti religiosi, che decide di cambiare il suo nome assumendo quello di Francesco, per devozione al Santo di Assisi.La sua umiltà lo porta a essere infaticabile. Sceglie per sé per le stanze più disadorne e spoglie, spesso preferisce dormire

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di Giovanni Rosato

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sdraiato in terra o su una dura panca di legno. A motivo della sua resistenza e del suo spirito di sacrificio merita l’appellativo di uomo di bronzo.La sua spiritualità e l’amore per il prossimo lo portano ad assistere carcerati e condannati a morte, a curare lebbrosi, a visitare infermi e moribondi. Nell’adempimento dei suoi doveri pastorali si preoccupa di istruire quanti ignorano la fede cattolica, cerca di ricondurre sulla retta via i peccatori, opera conversioni ed esorcismi. Da qui un altro appellativo: il cacciatore di anime.Francesco Caracciolo rende l’anima a Dio a soli 44 anni in Agnone il 4 giugno 1608, esattamente 400 anni fa, pronunciando le parole: «Andiamo, andiamo al cielo». Molti sono stati i prodigi operati per sua intercessione; fu beatificato da Clemente XIV nel 1769 e santificato da Pio VII nel 1807. La vicenda di San Francesco ritorna in Abruzzo perché la storia vuole che i Caracciolo decisero di costruire una residenza di caccia nel paese di Villa Santa Maria dove poter trascorrere momenti piacevoli, vista la ricca presenza di selvaggina nei boschi di questa valle. Sembra che nasca la cosi la fortuna di questo paese: dall’esigenza di dover cucinare la carne cacciata per le libagioni dei lunghi e prelibati banchetti della nobile famiglia, in un luogo dove l’agricoltura non offriva lavoro. L’abilità dei primi cucinieri villesi, che proprio dentro le cinta murarie di questo castello deliziavano gli ospiti, indurrà i Caracciolo a portare con loro nelle residenze partenopee i cuochi più bravi.Il 13 ottobre del 1984, durante i festeggiamenti per l’anniversario della nascita di S. Francesco Caracciolo, la suggestione evocata dal trasporto in processione del santo da parte dei cuochi suggerì ad Angelo De Victoris Medori, ad Antonio Di Lello, Candido Calabrese e allo chef Antonio Stanziani di proporre S. Francesco Caracciolo come protettore dei cuochi. Attraverso l’impegno dell’allora presidente nazionale della Federazione italiana cuochi Renato Ramponi, del vice presidente Salvatore Schifani e del gruppo dirigente della Federazione Italiana Cuochi , il 26 marzo del 1996 giunse finalmente l’approvazione della Conferenza Episcopale Italiana: S. Francesco Caracciolo fu proclamato patrono dei cuochi d’Italia.Pensiamo alla parola “ristorare” come finalità primaria: essa vuol dire dare ristoro, rifocillare, dare sollievo, sfamare. L’etimologia della parola esprime la volontà di aiutare chi ha bisogno, aprendo le porte della propria casa e dividendo il pane assieme: quel pane che torna con il messaggio di San Francesco Caracciolo, “dal pane accolto...al pane condiviso”.

Dal 3 al 5 Ottobre a Villa Santa Maria si è svolta la XXX edizione della Rassegna dei cuochi. Quest’edizione, coin-cidente con la celebrazione dei 400 anni della morte di San Francesco Caracciolo, ha visto protagonista il cin-quecentesco palazzo Caracciolo da poco restaurato, con un punto gourmet in cui si sono esibiti grandi chef come Gino Marchetti del ristorante il “Boccaccio” di Toronto, in Canada. Il 13 ottobre, inoltre, è stato inaugurato un mo-numento alla figura del cuoco, realizzato dall’associazio-ne Cuochi Val di Sangro dietro volontà del suo presidente Domenico Di Nucci per festeggiare i 30 anni di attività dell’associazione.L’Associazione cuochi della Val di Sangro e l’Istituto al-berghiero di Villa Santa Maria hanno deliziato i palati dei visitatori negli stand di “primi piatti d’autore”, con ricette tradizionali reinterpretate in chiave moderna. Minicorsi di degustazione di prodotti tipici e vini abruzzesi sono sta-ti curati dal Gal Maiella Verde nell’ambito del progetto “Gallerie del Gusto”, con prelibatezze che vanno dagli gnocchetti verdi con asparagi alle mousse di ricottine al miele. «La manifestazione nacque nel 1977 – ci ricorda Candido Calabrese, docente di Letteratura e Storia pres-so l’Istituto Alberghiero di Stato di Villa Santa Maria – Quell’anno firmai una cambiale di 500 mila lire per far fronte alle prime spese dell’evento. L’idea dell’allora amministrazione comunale e della Pro loco era quella di istituire una rassegna gastronomica sia per onorare l’arte culinaria e i maestri, sia per sensibilizzare l’opinione pub-blica verso questo angolo d’Abruzzo. Si pensi che la scuo-la alberghiera, già allora rinomata, contava 170 alunni che affollavano le aule in una struttura fatiscente. Oggi,

grazie anche alla nuova sede, ne sono 530, provenienti an-che da fuori regione».Negli anni la rassegna si è distinta come fucina di novità ed eccellenze, dai piatti di alta gastronomia alle sculture di vegetali e ghiaccio per la gioia dei visitatori. La co-stante? La figura del cuoco professionista come interprete dei saperi culinari, sempre più cosmopolita, che varca i confini territoriali conquistando le cucine e i palati di tutto il mondo.Quando chiediamo a Candido Calabrese quali sono i tra-guardi per il prossimo trentennio, lui ci presenta il pro-getto “Chef Town”, attualmente allo studio dell’urbanista Rosario Pavia, docente presso la Facoltà di architettura di Pescara: «Il futuro del piccolo paese potrebbe risiedere nella nascita della “città del cuoco” – afferma Rosario Pavia – Il palazzo Caracciolo acquistato di recente dal-la Comunità Montana medio-alto Sangro e poi donato al Comune, nei prossimi anni subirebbe un restauro per ospi-tare una scuola di alta cucina a livello internazionale. La scuola potrebbe organizzare corsi di cucina residenziali, summer school, incontri e seminari tematici. Ad essa dovrebbe affiancarsi un ristorante di qualità, in grado di attrarre non solo corsisti, ma una clientela più ampia». Per l’affermazione del progetto occorre prevedere la parallela realizzazione di adeguate strutture di servizio per l’ospitalità (strutture alberghiere, albergo diffuso, bed and breakfast). «La scuola – concludono Pavia e Calabrese – dovrebbe aprirsi alla preparazione di Master per allievi stranieri come circuito di promozione e valorizzazione dei prodotti enogastronomici regionali».

Villa Santa Maria, trent’anni di rassegna con un occhio al futuro

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di Guernica - http://atuttavita.blogspot.com

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Regia: Lasse HallstromInterpreti: Juliette Binoche, Johnny Depp, Judi Dench, Alfred Molina, Carrie-Anne Moss, Lena Olin, Peter StormareDurata: h 2.00Nazionalità: USA 2000Genere: commedia

La vicenda è ambientata nella Francia del 1959. In una notte ventosa, avvolte nel mistero di una cappa ros-sa, Vianne (J. Binoche) e la sua figlioletta Anouk giungono nel paesino di Lansquenet-sous-Tannes, dove rilevano un negozio a pochi passi dalla chiesa ricavandone un raffinato negozio di cioccolata. Incontrano così la profonda ostilità del sindaco, conte di Reynaud, arbitro della morale pubblica che non è affatto entusiasta del cambiamento, contrariamente a molti membri della piccola comunità. La chocolaterie affascina da subito. Questo perché Vianne ha una sorta di talento naturale nell’intuire le debolezze e i desideri di ognuno, in base ai quali consiglia la prelibatez-za giusta. Ognuno sente di potervi trovare un rimedio alle proprie difficoltà, seppure fugace. Nel giro di pochissimo tempo il negozio diventa il più affollato del paese. Reynaud non riesce a tollerarlo e convoca la popolazione perbenista, che lo spalleggia, per boicottare il negozio. Il boicottaggio si protrae finché un giorno giunge in paese Roux (J. Depp), uno zingaro musicista che decide di stare dalla parte di Vianne smuovendo le coscienze dei cittadini. Così anche le ostili-tà dell’autorità religiosa locale capitolano dopo avere per-sonalmente ceduto alle lusinghe del piacere. Hallstrom, con Chocolat, torna ad indagare sulle dinamiche dello scandalo. Si avvale di un cast di alto livello e lo fa in chiave favolistica-simbolica, sfruttando i toni della commedia e marcando il sottile spessore psicologico della vicenda. È noto, infatti, che l’uomo è costantemente combattuto a causa delle profonde dicotomie che lo caratterizzano: bontà e cattiveria. Attratto allo stesso tempo dal sacro e dal profa-no, dallo spirito e dalla carne. Ed ogni scelta tra gli opposti, rappresenta comunque una perdita che provocherà soffe-renze. In particolare in Occidente siamo stati educati sulla base del pensiero cristiano, fondato sulla mortificazione del-la carne e sul senso di colpa, con possibilità di redenzione attraverso la confessione.Da qui l’insorgere di un’acuta inquietudine che insegue tutti noi per la durata dell’intera vita. Il grande merito di aver ten-tato di riportare gli individui a ritrovare e ad accettare le pul-

sioni profonde del loro inconscio senza porsi sensi di colpa, va alla psicologia freudiana, laica e positiva.Quindi vediamo come nel film la figura di Vianne rappresen-ta metaforicamente la nuova morale laica della psicologia, trionfante sull’oscurantismo del pensiero religioso tradizio-nale. Una figura che richiama negli abitanti la consapevo-lezza del loro diritto al piacere, mentre il giovane nomade incarna perfettamente il desiderio di libertà innato in tutti noi, in conflitto con le preclusioni moralistiche. Protagonista indiscussa: la cioccolata. Cioccolata come po-tere liberatorio del piacere e dell’appagamento. Per me che sono golosa risultano indimenticabili le scene in cui le pro-tagoniste si cimentano nella preparazione dei dolci, scandite da una colonna sonora che calza a pennello.Nel complesso, il film manca di un tocco di realismo finen-do con il risultare eccessivamente gnomico e semplicistico, come accade per le fiabe. Al tempo stesso, però, non è ca-rente di momenti di toccante poeticità, sia nel descrivere i personaggi, sia nell’espressività con la quale vengono ritratti il negozio ed i suoi squisiti dolci.Decisamente da rispolverare nel prossimo periodo natali-zio, durante il quale potrà certamente essere accompagna-to dalle svariate leccornie locali, evitando così di avvertire quel fastidioso languorino che immancabilmente la pellicola risveglia.

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Il ristorante Reale di Rivisondoli (Aq) arriva a due stelle nella guida Miche-lin 2009: è stato ufficializzato a Milano il 20 novembre scorso. Insieme a lui 8 ristoranti italiani ricevono la seconda stella: “La Peca” dei fratelli Portinari di Lonigo (Vi); il “Combal.Zero” di Davide Scabin a Rivoli (To); il “Trussardi” dello chef Andrea Berton alla Scala di Mila-no; il “Pagliaccio” di Roma, di Anthony Genovese; “Uliassi” di Mauro Uliassi a Senigallia; la “Torre del Saracino” di Gennaro Esposito a Vico Equense; e “L’Olivo” del Capri Palace Hotel, gui-dato da Oliver Glowig. Niko Romito resta per ora l’unico bistellato in tutto l’Abruzzo, ma un suo corregionale è in lista d’attesa: parliamo di Luca Mastro-mattei, il figlio del compianto Eriberto, storico balneatore pescarese. Messo alla guida della cucina di “Caffé Vivo”, locale aperto da Terry Laybourne a Newcastle e stellato nel 1994, Luca ha permesso al suo locale di venire se-gnalato nella top ten dei ristoranti con cucina regionale a prezzi contenuti dal-la guida Michelin Bib Gourmand. Il tito-lo di promessa lascia intravedere una seconda stella per il 2010.

Il 27 e il 28 dicembre l’associazione cul-turale agrituristica Keste Terre e la Pro Loco Frentana organizzano nel centro storico di Montenero di Bisaccia (CB) la IV edizione del “Borgo del gusto”. Pro-tagonisti di questa fiera enogastrono-mica saranno le arti culinarie e dei me-stieri antichi e tradizionali di Abruzzo e Molise, con l’obiettivo di trasmetterne l’azione di custodia in tutta la zona li-mitrofa. Saranno rappresentate le varie specialità enogastronomiche, si degu-steranno leccornie e vini provenienti dal Molise e dalle regioni circostanti e i prodotti di molti produttori abruzzesi della valle del Trigno e della Val di San-gro. L’obiettivo di Keste Terre è infatti far conoscere il patrimonio etnico-cul-turale dei popoli dei Sanniti, degli Osci, dei Frentani e dei Pentri all’interno dei territori dove vissero, cioè Abruzzo, Molise, Lazio e Campania. Nelle va-rie “botteghe” allestite per l’occasione verranno promossi il turismo nel Moli-se, i prodotti regionali e il valore dell’ali-mentazione tipica molisana. L’evento è patrocinato dall’assessorato alla cultura del Comune di Montenero di Bisaccia.

Sono stati pubblicati sul B.u.r.a. (il bol-lettino ufficiale della Regione Abruzzo) i bandi del Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 predisposti dall’as-sessorato regionale all’agricoltura ed approvati dalla Giunta. I finanziamenti previsti ammontano a circa 104 milio-ni di euro in totale. Cinque le tipologie di intervento previste che interessano tutto il territorio regionale: insediamen-to dei giovani agricoltori; prepensiona-mento degli imprenditori agricoli che decidono di cedere la propria azienda ad agricoltori giovani; ammodernamen-to delle aziende agricole; trasformazio-ne e commercializzazione dei prodotti agricoli; e ricostituzione del potenziale produttivo forestale o interventi pre-ventivi a difesa dei boschi dai rischi di incendi. L’assessore all’Agricoltura Marco Verti-celli ha dichiarato che le quote di co-finanziamento regionale sono del tutto assicurate e quindi dotate di copertura finanziaria. In questi giorni sarà discus-so anche il provvedimento per il primo bando della nuova OCM vino riguar-dante la riconversione e ristrutturazione dei vigneti 2008/2009. (G.R.)

Per Natale una bella notizia.Niko e Luca tra le stelle. In Molise con Keste Terre.

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Uno spiraglio sullo sviluppo locale: il 15 novembre a Rocca San Giovanni (Ch) si è svolta una tavola rotonda organiz-zata dall’azienda Paolucci Mobili sulla valorizzazione delle risorse del territo-rio frentano. «L’esempio positivo della neo costituita riserva naturale regionale “Grotta delle Farfalle” – ha sottolineato Fabio Vallarola, consigliere nazionale dell’Aidap (associazione aree protette) – può rappresentare per due comuni piccoli come quello di Rocca San Gio-vanni e San Vito Chietino una vera oc-casione di sprovincializzazione. Attra-verso l’esempio di comuni come quello di Pineto si può seguire la possibile strada del progetto europeo AdriaPAN: un network di aree protette che si af-facciano sull’Adriatico ma coinvolgono anche i Paesi dei Balcani». «È neces-sario – ha affermato Marco Gaito, col-laboratore del Dipartimento di scienze degli alimenti dell’Università di Teramo, esponendo la relazione di Emilio Chio-do, Facoltà di agraria – che la politica rurale si apra a nuove prospettive, sia proteggendo il territorio attraverso col-ture biologiche sia promuovendolo con agriturismi e sentieri del vino».

Tipicità: un convegno.

È stata la cantina Mazzarosa di Rose-to (Te) ad ospitare il gruppo di studenti olandesi venuti in Abruzzo ospiti del liceo scientifico Marie Curie di Giulia-nova. Parte integrante del progetto di scambio classi, la visita degli Olan-desi all’inizio di novembre ha portato una ventata di internazionalità a que-sta cantina antica 140 anni. «Abbiamo raccontato la nostra storia agli studenti italiani - ci spiega il direttore della canti-na, Raffaele D’Eugenio - che poi hanno provveduto a tradurla in Inglese e a ri-ferirla agli ospiti. Non è stata tanto l’an-tica struttura a colpire la fantasia dei giovani olandesi, quanto i nostri metodi di produzione: si sono sentiti più a loro agio grazie alle analogie con le fasi del-la produzione della birra. Molti di loro hanno voluto riportare una bottiglia di Cerasuolo, Montepulciano o Trebbiano d’Abruzzo in Olanda per farla assag-giare ai parenti e raccontare quello che hanno visto». La cantina è ora gesti-ta da Antonio Mazzarosa Devincenzi, erede del Senatore che la realizzò con tecniche avveniristiche per l’epoca, fa-cendone tuttora probabilmente l’unica con un impianto del genere.

Un po’ di Abruzzo in Olanda.

Il 28 novembre l’Istituto professionale di Stato per i servizi alberghieri e del-la ristorazione “Filippo De Cecco” ha compiuto 40 anni. «Era il 1968, infatti, quando un “manipolo” di giovani volen-terosi iniziarono questo cammino gui-dati dal professore Giuseppe D’Incec-co – ricorda la vicepreside Esmeralda Mascolo – Il Comune concesse come sede il vecchio Grand Hotel di Porta-nuova che aveva ospitato il Re Vittorio Emanuele III in fuga verso Brindisi: con le loro stesse mani i primi professori, la prima bidella e lo stesso preside risiste-marono l’edificio e adibirono le stanze in aule, sale ristoranti, convitto». Quella di Portanuova rimase la sede della scuola fino al 1989, quando si trasferì in via Tirino sviluppandosi in se-guito con una succursale in via Italica. «Il loro coraggio e la loro forza di vo-lontà sono ancora vivi in noi – conclude Esmeralda Mascolo – da quelle prime tre classi con settanta studenti in tutto siamo arrivati a 44 classi, e continuia-mo a credere fermamente nella valenza professionale e sociale che il nostro isti-tuto dà e sicuramente darà alle future generazioni».

Tanti auguri al “De Cecco”.

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Lunedì 24 novembre ad Ortona è stato presentato il nuovo catalogo dell’Eno-teca Regionale d’Abruzzo. La pubblica-zione consta di 144 pagine e descrive il territorio abruzzese osservandolo dal punto di vista vitivinicolo. Il catalogo, infatti, rappresenta una vera e propria guida della viticoltura abruzzese ed ini-zia narrando la sua storia e proponen-do cifre e dati allo stato attuale, per poi mettere l’accento sui vitigni coltivati nella regione: dai più noti Montepulcia-no e Trebbiano ai più ricercati Sangio-vese, Chardonnay, Merlot. Una particolare attenzione è poi riser-vata alle Doc regionali, che rappresen-tano il fiore all’occhiello dell’Abruzzo. Per finire, il catalogo elenca tutte le aziende agricole produttrici dividendo-le per provincia ed elencando tutte le etichette prodotte. Si tratta sicuramente di un lavoro cer-tosino: l’enoteca regionale lo ha rea-lizzato in collaborazione con Arssa e Regione Abruzzo e contribuirà a diffon-dere le informazioni della nostra regio-ne in tutti gli eventi che coinvolgeranno l’Enoteca.

A fronte di una selezione di 58 aziende abruzzesi e molisane, sono 12 le abruz-zesi ad aver ricevuto i “tre bicchieri” sulle 13 insignite del punteggio più alto dalla guida “Vini d’Italia” 2009 edita da Slow Food e Gambero Rosso. Parliamo del Pecorino 2006 e del Montepulciano d’Abruzzo Malandrino 2006 di Luigi Ca-taldi Madonna; del Trebbiano d’Abruzzo 2005 e del Montepulciano d’Abruzzo Ce-rasuolo 2006 di Valentini; del Montepul-ciano d’Abruzzo 1998 di Emidio Pepe; il Montepulciano d’Abruzzo Solàrea 2003 di Agriverde; il Montepulciano d’Abruzzo 2006 di Villa Medoro; il Montepulciano d’Abruzzo Bellovedere 2005 di La Va-lentina; il Montepulciano d’Abruzzo Ma-rina Cvetic 2005 e il Villa Gemma 2005 dell’azienda Masciarelli; il Montepulciano d’Abruzzo Valle Reale 2006 di Valle Re-ale; il Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane Docg Zanna, Riserva 2005, di Dino Illuminati; e il Don Luigi Riserva 2006 della molisana Di Majo Norante. La guida è giunta alla sua 22esima edizione ed in oltre mille pagine recensisce quest’anno ben 2250 aziende e circa 18mila vini, di cui 339 “Tre Bicchieri”.

Durante il Salone Internazionale del gu-sto di Torino, nello stand della provincia di Chieti è stata presentata la guida Slow Food “Itinerari nei gusti della Provincia di Chieti”. La pubblicazione è dedicata al piacere della scoperta di luoghi e cibi ed è destinata a lettori-viaggiatori che si riconoscono in una filosofia “slow”, con il gusto per una vacanza tranquil-la, lontana dai luoghi e dalle forme del turismo di massa, con un’attenzione speciale all’enogastronomia e alle oc-casioni di scoperta dell’identità locale. L’opera è realizzata con un occhio par-ticolare alla fruibilità delle informazioni: le mete di visita più interessanti, i con-sigli per “vivere” nel territorio (da dove camminare in montagna a dove trovare i mercatini dei pescatori), i prodotti ti-pici, i ristoranti segnalati nelle guide, i ristori agrituristici e le osterie segnalate dalla vox populi, terminando con i brevi profili di più di un centinaio di piccole aziende artigianali e fattorie consigliate per lo shopping enogastronomico. La guida sarà allegata al prossimo nume-ro della rivista Slowfood che raggiunge tutti gli associati.

... e per i Vini d’Italia. La guida dell’Enoteca.La guida Slow Food per Chieti...

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Ristorante LA BANDIERACivitella Casanova (PE) C.da Pastini, 4Tel. 085 845219 F ax 085 845789www.labandiera.itCucina:Fascia prezzo: menù degustaz- 35/38 vini escl.Giorno chiusura: Mercoledi/domenica sera

Ristorante PIRATES

Montesilvano (PE) - 21, Lungomare A.Moro(c/o Tortuga) - Tel: 085 4451476Cucina: Specialità pesceFascia prezzo: 35/50 vini esclusiGiorno chiusura: Lunedi

Ristorante LA MUGNAIA

Città S.Angelo (PE) C.da Piano di Sacco, 95Tel. 085.9690371Cucina: Tipica, specialità pasta alla mugnaiaFascia prezzo: 20/25 vini esclusi

Osteria LA LUMACA

Via delle Caser me, 51 Pescara Tel: 085 4451476Cucina: Specialità pesceFascia prezzo: 35/50 vini esclusiGiorno chiusura: Lunedi

Agriturismo LE MACINE

C.da Cerrano,36 Silvi Paese(TE)Tel.085.9354033 - 320-2504905www.agriturismolemacine.it

Cucina: Tipica TeramanaFascia prezzo: 30/40 vini esclusi

Ristorante NINì

Montesilvano Colle (PE) Piazza Giardino,1Tel 085.4689174Cucina: Fascia prezzo: 35 vini esclusiGiorno chiusura: Domenica e Lunedi a pranzo

Hosteria CAVOURCittà S.Angelo (PE) via Largo Cavour Tel 085.969280Cucina: Tipica abruzzeseFascia prezzo: 25 bevande escluseGiorno chiusura: Mercolediwww.hosteriacavour.it

Ristorante LA ROTONDA

Villanova di Cepagatti(PE )Via Amerigo Vespucci,6 - Tel. 085.9771601

Cucina: Specialità carne e pesceFascia prezzo: 25/35 bevande esclus e

Cheesewine & Bar TAVERNA DEL CONSOLEPescara I° Maggio36 Tel./Fax 085 2056881www.tavernadelconsole.it

Cucina: Degustazioni prodotti tipic i Specialità OstricheFascia prezzo: 20/30

L’osteria ANTICA Ristorante IL FUNGAROLO

Moscufo - Viale della Repubblica 3Tel. 085.9152197Cucina: Casereccia - Venerdi pesceFascia prezzo: 20/25Giorno chiusura: Lunedi

Pizzeria NOTINO

Spoltore - Via G.Di Mar zio, 34Tel. 085.4961284Cucina: PizzaFascia prezzo: 15/20Giorno chiusura: mercoledi

Ristorante APOLLO

Pescara - Lungomare Matteotti, 28Tel. 085.385176Cucina: Specialità pesceFascia prezzo: 35/50Giorno chiusura: lunedi

Villa Celiera - C.da S.MariaTel. 085.846645Cucina: Tipica abruzzeseFascia prezzo: 18/28Giorno chiusura: Mercoledi

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Ristorante Pizzeria LE HAWAII

Pescara V.le Riviera Nord,154Tel. 085.4713094 Fax 085.4711416Cucina: Pizzeria e Specialità pesceFascia prezzo: 20/45Giorno chiusura: Martedi

Ristorante LA POLENA

Pescara P.zza della Marina,2Tel. 085 66007 - 339 7105188www.lapolena.it Cucina: Specialità pesceFascia prezzo: 40/60 vini esclusiGiorno chiusura: Lunedi

Ristorante CARLO FERRAIOLI

Tel 085 4210295 - 338 631610 5www.carloferraioli.it

Ristorante Pizzeria LE CARAVELLE

Silvi Marina (TE) via Garibaldi, 274Tel 085 9352182Cucina: Pesce / PizzaFascia prezzo: 25/60

Cucina: specialità PesceFascia prezzo: menu degustaz. € 50 bev. escl

Ristorante MARECHIARO da Bruno

Pescara Lungomare Matteotti,70Tel 085.4213849www.ristorantemarechiaro.eu

Cucina: specialità PesceFascia prezzo: menu degustaz. € 50 bev. esclGiorno chiusura: Mercoledi

Ristorante VILLA MAJELLA

Ristorante FERRARA

Guardiagrele - Via dei sette dolori, 3 0Tel. 0871.809319

Bucchianico - Via orientale, 39Tel.0871.382157

Cucina: Tradizionale ed innovativaFascia prezzo: menu degustazione da 35/45Giorno chiusura: Lunedi/domenica sera

Ristorante THE ISLANDc/o Hotel Abruzzo Marina Via Garibaldi, 196 - 64029 Silvi Marina (Te)Tel. 085.930397 - 338.607798 3Cucina: Specialità pesceFascia prezzo: 35/50

Cucina: Tradizionale AbruzzeseFascia prezzo: 25/45Giorno chiusura: Martedi

UNDER 50budget

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Per essere presenti in questi spazi,inviare una mail di richiestainformazioni a:[email protected] chiamare: 085.386184388.7960830

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