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1. Diranno che siamo guerrafondai: questo Quaderno (primo di una serie) ospita uno splendido lavoro sulla preparazione del solda- to moderno. Splendido e di Autore. Ma splendido non perché si occupa di guerra (ecco, lo stupido appostato dietro l’angolo coglierà immancabilmente questo aspet- to!), piuttosto perché espone il problema – chiarissimo ed attualissimo problema – di prepararsi con cognizio- ne di causa al futuro obiettivo che ci si è proposto di raggiungere. Un obiettivo specifico, come avviene in chi si allena per competere (l’atleta) o in chi si allena per es- sere efficiente e poter gestire con oculatezza, proprietà, congruità e adeguatezza una missione. Magari di pace: i soldati servono alle missioni di pace. E devono essere preparati, ben preparati. Ottimamente e specificamente preparati. Il campo di azione moderno è quello di im- pegni rapidi ed intensi. Campo della forza muscolare. Ecco, dunque, il lavoro di WJ Kraemer e TK Szivak, " Allenamento della forza per il soldato moderno" (Orig. Strength Training for the Warfighter, JSCR 2012, vol. 26, supplement 7, luglio 2012, S107-S118) espone la nuo- va maniera di interpretare l’allenamento del soldato: un vero atleta, che necessita di sviluppare la forza: un vero piccolo manuale dell’allenamento della forza. Utile, uti- lissimo. Perciò lo abbiamo scelto. 2. Ma diversi altri lavori abbiamo – fior da fiore – raccolto qui dalla letteratura moder- na e meno moderna. Volevamo partire dal passato e dal passato che conta ed ha senso ed ha un senso riscoprirlo e ripensarlo, perché il possibile bene del presente risiede comunque nel passato e nei nostri “classici”. Tra i classici, grande quel omas L DeLorme, medico che studiò ed escogitò, dandogli pian piano un metodo efficace ed insuperato (allora come oggi), l’e- sercizio fisico a scopo riabilitativo, realizzato mediante resistenze progressive. Abbiamo scelto un lavoro assai datato (1948), le Tecniche di esercizio fisico contro re- sistenza ad intensità progressiva (Technics of Progres- sive Resistance Exercise), scritto insieme con Arthur L Watkins, anch’egli medico), e tratto dagli Archives of Physical Medicine (Department of Physical Medicine, Massachussets General Hospital, Boston). Il lavoro ne narra la genesi, del metodo intendiamo. Come nacque e come si sviluppò, come si impose, come ne fu evidente il vantaggio rispetto ad altri metodi passati e coevi. L’al- lenamento della forza, come oggi lo concepiamo, ebbe la sua culla negli anni che concludevano la prima metà del secolo scorso. DeLorme ne fu l’artefice, iniziatore e perfezionatore. Una storia interessante quella sua. 3. La riproponiamo – perché sia di aiuto e di ammaestramento – con un eccellente lavoro di autori americani (Università, due diver- se, del Texas), JS Todd, JP Shurley e TC Todd: omas L. DeLorme e la scienza dell’esercizio fisico contro re- sistenza ad intensità progressiva (omas L. DeLorme and the Science of Progressive Resistance Exercise, JSCR, volume 26, number 11, november 2012, 2913-2923). A DeLorme dobbiamo molto; anche leggendo di lui ades- so possiamo migliorarci e migliorare il nostro lavoro e la professione. Cosa pensò e come incominciò, poi proseguì, poi perfezionò, poi sviluppò ulteriormente. L’allenamento contro resistenza gli deve l’approccio e lo sviluppo delle basi. Non è poco, forse la gran parte del lavoro che occorreva fare. Riflettiamo, serve. 4. La bella rivista statunitense che si chiama e Journal of Strength and Conditioning Resear- ch (JSCR), dalla quale abbiamo tratto lavo- ri significativi qui raccolti, vide la luce nel 1987, come Journal of Applied Sport Science Research. Il Volume 1, Numero 1, alle pagine 1-10, ospita un lavoro che merita di essere davvero riproposto, poiché molto attuale e ric- co di concetti che ancora oggi si fa fatica a far compren- dere: Terminology and Measurement in Exercise Perfor- mance, di Howard G. Knuttgen e William J. Kraemer. Lo abbiamo reso con Terminologia ed unità di misura della prestazione fisica. Lavoro, ripetiamo, fondamentale. PRESENTAZIONE Pasquale Bellotti - Menotti Calvani - Antonio Urso Q 1. 1. Diranno che siamo guerraf Diranno che siamo guerraf Quaderno (primo di una ser Quaderno (primo di una ser splendido lavoro sulla preparaz splendido lavoro sulla preparaz to moderno. Splendido e di Autore. Ma to moderno. Splendido e di Autore. Ma perché si occupa di guerra (ecco, lo stu perché si occupa di guerra (ecco, lo stu dietro l’angolo coglierà immancabilment dietro l’angolo coglierà immancabilment to!), piuttosto perché espone il problema to!), piuttosto perché espone il problema ed attualissimo problema – di prepararsi ed attualissimo problema – di prepararsi ne di causa al futuro obiettivo che ci si ne di causa al futuro obiettivo che ci si raggiungere. Un obiettivo specifico, come raggiungere. Un obiettivo specifico, come si allena per competere (l’atleta) o in chi s si allena per competere (l’atleta) o in chi s sere efficiente e poter gestire con oculate sere efficiente e poter gestire con oculate congruità e adeguatezza una missione. M congruità e adeguatezza una missione. M i soldati servono alle missioni di pace. E i soldati servono alle missioni di pace. E preparati, ben preparati. Ottimamente e preparati, ben preparati. Ottimamente e preparati. Il campo di azione moderno è preparati. Il campo di azione moderno è pegni rapidi ed intensi. Campo della fo pegni rapidi ed intensi. Campo della fo Ecco, dunque, il lavoro di WJ Kraemer Ecco, dunque, il lavoro di WJ Kraemer " " Allenamento della forza per il soldato m Allenamento della forza per il soldato m Strength Training for the Warfighter Strength Training for the Warfighter, JSCR , JSCR supplement 7, luglio 2012, S107-S118) supplement 7, luglio 2012, S107-S118) e e va maniera di interpretare l’allenamento va maniera di interpretare l’allenamento vero atleta, che necessita di sviluppare la vero atleta, che necessita di sviluppare la piccolo manuale dell’allenamento della fo piccolo manuale dell’allenamento della fo lissimo. Perciò lo abbiamo scelto. lissimo. Perciò lo abbiamo scelto. 2. 2. Ma diversi altri lavori abbia Ma diversi altri lavori abbia fiore – raccolto qui dalla lette fiore – raccolto qui dalla lette na e meno moderna. na e meno moderna. Volevam Volevam passato e dal passato che conta ed ha s passato e dal passato che conta ed ha s senso riscoprirlo e ripensarlo, perché il senso riscoprirlo e ripensarlo, perché il del presente risiede comunque nel passa del presente risiede comunque nel passa “classici”. Tra i classici, grande quel om “classici”. Tra i classici, grande quel om medico che studiò ed escogitò, dandogli medico che studiò ed escogitò, dandogli metodo efficace ed insuperato (allora c metodo efficace ed insuperato (allora c sercizio fisico a scopo riabilitativo, realiz sercizio fisico a scopo riabilitativo, realiz resistenze progressive. Abbiamo scelto u resistenze progressive. Abbiamo scelto u datato (1948), le Tecniche di esercizio fi datato (1948), le Tecniche di esercizio fi sistenza ad intensità progressiva ( sistenza ad intensità progressiva (Techn Techn sive Resistance Exercise sive Resistance Exercise), scritto insieme ), scritto insieme Q P P Pasquale Pasquale 7 i Quaderni di Strength & Conditioning - Per una Scienza del movimento dell’uomo 1 La Forza

Quaderno strength conditioning la forza

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Forza e funzione. Ovvero, la forza dei princìpi ed i princìpi della forza Bellotti P. Terminologia ed unità di misura della prestazione fisica Knuttgen H. G., Kraemer J. W. Tecniche di esercizio fisico contro resistenza ad intensità progressiva DeLorme T. L., Watkins A. L. Thomas L. DeLorme e la scienza dell’esercizio fisico contro resistenza ad intensità progressiva Todd J. S., Shurley J. P., Todd T. C. Allenamento della forza per il soldato moderno Kraemer W. J., Szivak T. K. Principi di allenamento della potenza Gregory Haff G. G., Nimphius S. Sviluppo a lungo termine dell’atleta e sua applicazione al sollevamento pesi in giovani atleti Lloyd R. S., Oliver J. L., Meyers R. W., Moody J. A., Stone M. H. Correzione dell’uso del termine “potenza” nella letteratura sulla forza e il condizionamento fisico Knudson D. V. http://www.calzetti-mariucci.it/shop/prodotti/i-quaderni-di-strength-conditioning-la-forza

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1. Diranno che siamo guerrafondai: questo Quaderno (primo di una serie) ospita uno splendido lavoro sulla preparazione del solda-

to moderno. Splendido e di Autore. Ma splendido non perché si occupa di guerra (ecco, lo stupido appostato dietro l’angolo coglierà immancabilmente questo aspet-to!) , piuttosto perché espone il problema – chiarissimo ed attualissimo problema – di prepararsi con cognizio-ne di causa al futuro obiettivo che ci si è proposto di raggiungere. Un obiettivo specifi co, come avviene in chi si allena per competere (l’atleta) o in chi si allena per es-sere effi ciente e poter gestire con oculatezza, proprietà, congruità e adeguatezza una missione. Magari di pace: i soldati servono alle missioni di pace. E devono essere preparati, ben preparati. Ottimamente e specifi camente preparati. Il campo di azione moderno è quello di im-pegni rapidi ed intensi. Campo della forza muscolare. Ecco, dunque, il lavoro di WJ Kraemer e TK Szivak,

"Allenamento della forza per il soldato moderno" (Orig. Strength Training for the Warfi ghter, JSCR 2012, vol. 26, supplement 7, luglio 2012, S107-S118) espone la nuo-va maniera di interpretare l’allenamento del soldato: un vero atleta, che necessita di sviluppare la forza: un vero piccolo manuale dell’allenamento della forza. Utile, uti-lissimo. Perciò lo abbiamo scelto.

2. Ma diversi altri lavori abbiamo – fi or da fi ore – raccolto qui dalla letteratura moder-na e meno moderna. Volevamo partire dal

passato e dal passato che conta ed ha senso ed ha un senso riscoprirlo e ripensarlo, perché il possibile bene del presente risiede comunque nel passato e nei nostri “classici”. Tra i classici, grande quel Th omas L DeLorme, medico che studiò ed escogitò, dandogli pian piano un metodo effi cace ed insuperato (allora come oggi), l’e-sercizio fi sico a scopo riabilitativo, realizzato mediante resistenze progressive. Abbiamo scelto un lavoro assai datato (1948), le Tecniche di esercizio fi sico contro re-sistenza ad intensità progressiva (Technics of Progres-sive Resistance Exercise), scritto insieme con Arthur L

Watkins, anch’egli medico), e tratto dagli Archives of Physical Medicine (Department of Physical Medicine, Massachussets General Hospital, Boston). Il lavoro ne narra la genesi, del metodo intendiamo. Come nacque e come si sviluppò, come si impose, come ne fu evidente il vantaggio rispetto ad altri metodi passati e coevi. L’al-lenamento della forza, come oggi lo concepiamo, ebbe la sua culla negli anni che concludevano la prima metà del secolo scorso. DeLorme ne fu l’artefi ce, iniziatore e perfezionatore. Una storia interessante quella sua.

3. La riproponiamo – perché sia di aiuto e di ammaestramento – con un eccellente lavoro di autori americani (Università, due diver-

se, del Texas), JS Todd, JP Shurley e TC Todd: Th omas L. DeLorme e la scienza dell’esercizio fi sico contro re-sistenza ad intensità progressiva (Th omas L. DeLorme and the Science of Progressive Resistance Exercise, JSCR, volume 26, number 11, november 2012, 2913-2923). A DeLorme dobbiamo molto; anche leggendo di lui ades-so possiamo migliorarci e migliorare il nostro lavoro e la professione. Cosa pensò e come incominciò, poi proseguì, poi perfezionò, poi sviluppò ulteriormente. L’allenamento contro resistenza gli deve l’approccio e lo sviluppo delle basi. Non è poco, forse la gran parte del lavoro che occorreva fare. Rifl ettiamo, serve.

4. La bella rivista statunitense che si chiama Th e Journal of Strength and Conditioning Resear-ch (JSCR), dalla quale abbiamo tratto lavo-

ri signifi cativi qui raccolti, vide la luce nel 1987, come Journal of Applied Sport Science Research. Il Volume 1, Numero 1, alle pagine 1-10, ospita un lavoro che merita di essere davvero riproposto, poiché molto attuale e ric-co di concetti che ancora oggi si fa fatica a far compren-dere: Terminology and Measurement in Exercise Perfor-mance, di Howard G. Knuttgen e William J. Kraemer. Lo abbiamo reso con Terminologia ed unità di misura della prestazione fi sica. Lavoro, ripetiamo, fondamentale.

PRESENTAZIONEPasquale Bellotti - Menotti Calvani - Antonio UrsoQ1.Q1. Diranno che siamo guerrafondai: questo QDiranno che siamo guerrafondai: questo

Quaderno (primo di una serie) ospita uno QQuaderno (primo di una serie) ospita uno splendido lavoro sulla preparazione del solda-Qsplendido lavoro sulla preparazione del solda-

to moderno. Splendido e di Autore. Ma splendido non Qto moderno. Splendido e di Autore. Ma splendido non perché si occupa di guerra (ecco, lo stupido appostato Qperché si occupa di guerra (ecco, lo stupido appostato dietro l’angolo coglierà immancabilmente questo aspet-Qdietro l’angolo coglierà immancabilmente questo aspet-to!) , piuttosto perché espone il problema – chiarissimo Qto!) , piuttosto perché espone il problema – chiarissimo ed attualissimo problema – di prepararsi con cognizio-Qed attualissimo problema – di prepararsi con cognizio-ne di causa al futuro obiettivo che ci si è proposto di Qne di causa al futuro obiettivo che ci si è proposto di raggiungere. Un obiettivo specifi co, come avviene in chi Qraggiungere. Un obiettivo specifi co, come avviene in chi si allena per competere (l’atleta) o in chi si allena per es-Qsi allena per competere (l’atleta) o in chi si allena per es-sere effi ciente e poter gestire con oculatezza, proprietà, Qsere effi ciente e poter gestire con oculatezza, proprietà, congruità e adeguatezza una missione. Magari di pace: Qcongruità e adeguatezza una missione. Magari di pace: i soldati servono alle missioni di pace. E devono essere Qi soldati servono alle missioni di pace. E devono essere preparati, ben preparati. Ottimamente e specifi camente Qpreparati, ben preparati. Ottimamente e specifi camente preparati. Il campo di azione moderno è quello di im-Qpreparati. Il campo di azione moderno è quello di im-pegni rapidi ed intensi. Campo della forza muscolare. Qpegni rapidi ed intensi. Campo della forza muscolare. Ecco, dunque, il lavoro di WJ Kraemer e TK Szivak,QEcco, dunque, il lavoro di WJ Kraemer e TK Szivak,"Q"Allenamento della forza per il soldato moderno"QAllenamento della forza per il soldato moderno"Strength Training for the Warfi ghterQStrength Training for the Warfi ghter, JSCR 2012, vol. 26, Q, JSCR 2012, vol. 26, supplement 7, luglio 2012, S107-S118)Qsupplement 7, luglio 2012, S107-S118) espone la nuo-Qespone la nuo-va maniera di interpretare l’allenamento del soldato: un Qva maniera di interpretare l’allenamento del soldato: un vero atleta, che necessita di sviluppare la forza: un vero Qvero atleta, che necessita di sviluppare la forza: un vero piccolo manuale dell’allenamento della forza. Utile, uti-Qpiccolo manuale dell’allenamento della forza. Utile, uti-lissimo. Perciò lo abbiamo scelto. Qlissimo. Perciò lo abbiamo scelto.

2.Q2. Ma diversi altri lavori abbiamo – fi or da QMa diversi altri lavori abbiamo – fi or da fi ore – raccolto qui dalla letteratura moder-Qfi ore – raccolto qui dalla letteratura moder-na e meno moderna.Qna e meno moderna. Volevamo partire dal QVolevamo partire dal

passato e dal passato che conta ed ha senso ed ha un Qpassato e dal passato che conta ed ha senso ed ha un senso riscoprirlo e ripensarlo, perché il possibile bene Qsenso riscoprirlo e ripensarlo, perché il possibile bene del presente risiede comunque nel passato e nei nostri Qdel presente risiede comunque nel passato e nei nostri “classici”. Tra i classici, grande quel Th omas L DeLorme, Q“classici”. Tra i classici, grande quel Th omas L DeLorme, medico che studiò ed escogitò, dandogli pian piano un Qmedico che studiò ed escogitò, dandogli pian piano un metodo effi cace ed insuperato (allora come oggi), l’e-Qmetodo effi cace ed insuperato (allora come oggi), l’e-sercizio fi sico a scopo riabilitativo, realizzato mediante Qsercizio fi sico a scopo riabilitativo, realizzato mediante resistenze progressive. Abbiamo scelto un lavoro assai Qresistenze progressive. Abbiamo scelto un lavoro assai datato (1948), le Tecniche di esercizio fi sico contro re-Qdatato (1948), le Tecniche di esercizio fi sico contro re-sistenza ad intensità progressiva (Qsistenza ad intensità progressiva (Technics of Progres-QTechnics of Progres-sive Resistance ExerciseQsive Resistance Exercise), scritto insieme con Arthur L Q), scritto insieme con Arthur L QPRESENTAZIONEQPRESENTAZIONE

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È sempre quel salire – quel consigliato salire – sulle spalle dei Grandi che ci precedettero e che ci consen-tono ora di guardare più lontano, molto più lontano. Faticoso arrampicarsi, vero. Ma poi fruttuoso: quando sei in cima ti accorgi di quanto è stato fruttuoso quel cammino in salita.

5. Sviluppo a lungo termine dell’atleta e sua applicazione al sollevamento pesi in giovani atleti. Si tratta di un altro lavoro di bel respi-

ro, autori statunitensi ed inglesi: RS Lloyd, JL Oliver, RW Meyers, JA Moody, MH Stone (Long-Term Athletic De-velopment and Its Application to Youth Weightlifting). Per coprire il percorso che dalla fanciullezza arriva fino all’i-nizio dello sport, con tutte le cure necessarie e le precau-zioni per crescere bene con il movimento e con lo sport.

6. Principi di allenamento della potenza (Trai-ning Principles for Power), di GG Haff e S Nimphius, è un altro interessante lavoro,

rigoroso e divulgativo. Tratto dal SCJ (vol.34, n°6, di-cembre 2012). Per restare ancora sul tema della forza e del suo collegamento con il concetto di potenza, croce e delizia dei cultori dell’allenamento. I concetti chiave con i quali si può affrontare il vasto tema del preparare, cioè dell’effettuare la preparazione muscolare, ovvero ancora della quasi totalità dell’allenamento sportivo: allenare la forza è l’allenamento sportivo, qualsiasi sia il punto di vista dal quale si voglia guardare il fenomeno. Si po-trebbe pensare ad un inusitato ritorno a concetti oramai noti, noti e stra-noti. Non è così, come insegna la storia, più e meno recente. Per cui ripetere, giova; ripetere ag-giungendo ed esplicando, ancora di più.

7. Per questo motivo, pubblichiamo anche – si-curi che farà un gran bene al mondo di chi studia e ricerca in allenamento sportivo – il

bel lavoro del 2009 di Duane K Knudson, del Depart-ment of Health and Human Performance dell’Univer-sità del Texas, che nell’edizione originale (JSCR, 23(6): 1902-1908) si chiama proprio Correcting the Use of the Term “Power” in the Strength and Conditioning Literatu-re, sull’opportunità – per evitare di cadere in grossolani

e pericolosissimi errori – di correggere (leggi: calibrare, leggi: usare con cognizione di causa; leggi: non abusare; leggi: evitarne un uso leggere e troppo colloquiale) la modalità di utilizzare il termine potenza (power) nella letteratura sulla forza muscolare e sul suo sviluppo. Il lavoro, assolutamente da leggere e studiare, rappresenta un invito preciso a chiedersi e a darsi risposte quando si allena la forza, ponendosi un obiettivo. Ci sono stra-de diverse e metodologie differenti per allenare, ma per arrivare all’obiettivo che ci prefiggiamo, è indispensabile conoscere quel solo cammino e quei soli strumenti che lo contraddistinguono. L’autore cita, tra gli altri, 4 lavori (uno dei quali ospitiamo in questo numero, quello di Knuttgen e Kraemer) che – per gli addetti ai lavori – avrebbero dovuto segnare un’epoca, poiché facevano il punto sulla terminologia che il professionista deve utilizzare, facendovi ricorso in maniera appropriata. Li ri-citiamo anche noi, raccomandando al lettore cortese di cercarseli e di dedicarvi un po’ del tempo un po’ della passione:

Harman E, Strength and power: a definition of ter-ms. Natl Strength Cond Assoc J 15: 18–20, 1993.

Knuttgen HG, Force, work, power, and exercise. Med Sci Sports Exerc 10: 227–228, 1978.

Knuttgen HG and Kraemer WJ, Terminology and measurement in exercise performance. J Appl Sport Sci Res 1: 1–10, 1987.

Moffroid M and Kusiak ET, The power struggle: definition and evaluation of power of muscular performance. Phys Ther 55: 1098–1104, 1975.

8. Perché raccogliere documentazione, qualcu-no si chiederà? Perché un lavoro di “esame di molto” e “raccolta di poco” (7 lavori, tanti ne

sono ospitati qui)? Come si giustifica? Dove vuole arri-vare e a cosa mira? Non grandi pretese, cari lettori, non grandi pretese, solo offrire un’occasione in più per fare mente locale e per riflettere. Riflettere. Sull’importanza della professione soprattutto, che ci deve vedere pron-ti, decisi, sicuri. Sempre, anche nella scelta delle parole. Le parole sono comportamenti, le nostre azioni, la vita. Professionale e non.

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Forza e funzione. Ovvero, la forza dei princìpi ed i princìpi della forzaP. Bellotti

Poiché è di moda il discettare di forza e di funzione, vorrei proprio di qui prendere le mosse e provare a riflettere – brevemente - sul signi-ficato dei termini in questione. La forza e la funzione, ovvero – cito dal sottotitolo – la forza dei princìpi ed i princìpi della forza.E comincerò proprio da una breve riflessione sui princìpi, però preci-sando - da un lato - che la brevità non significherà evitare di dire, per limitarsi ad accennare, ma rispon-derà al criterio che per dire il tut-to basta poco e dunque perseguirà

l’essenziale, cioè proprio l’essenza poiché con essa si può dichiarare la realtà, come essa si manifesta ed è, senza inutili preziosismi ed aggiun-te fuorvianti; e sottintendendo - dall’altro - che i princìpi sono la base irrinunciabile di ogni conoscenza e di ogni costruzione o percorso di conoscenza, cui invece, come la mia personale osservazione della realtà mi pone davanti, spesso abbiamo rinunciato, per rincorrere una ri-sposta parziale e banale da dare o un affare da concludere oggi, così dimenticando gli obblighi anche

morali, anche deontologici, di ga-rantirli sempre, i principi, sempre e comunque, se si vuole operare bene e se si desidera consegnare al futu-ro un corpus di conoscenze ed una dottrina e, forse, una scuola di pen-siero, non una moda, non una fan-tasia, non una pittura di facciata che spacci il vecchio per nuovo ed origi-nale, ma uno stato dell’arte, magari rinnovato, perfezionato ed adeguato ai tempi che viviamo. Non sempre bei tempi, non sempre buoni tem-pi, come i nostri presenti contras-segnati anche dall’improvvisazione

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Poiché i settori della fisiologia ap-plicata e del condizionamento fisico si sono sviluppati sempre di più e si basano su dati scientifici, assume maggiore importanza l’attenzione prestata dallo specialista della for-za e del condizionamento fisico alla terminologia utilizzata per descri-vere e quantificare lo sforzo fisico. L’uso di una varietà di definizioni per termini quali forza, lavoro e po-tenza per descrivere la prestazione fisica e per termini quali concentri-co, eccentrico, isometrico e isotonico per descrivere le azioni dei muscoli può condurre ad una considerevole confusione e a sterili controversie. Quando i professionisti della forza e del condizionamento fisico saranno meglio informati riguardo alla ter-minologia dell’attività fisica e dimo-streranno una maggiore attenzione nello scrivere e nel parlare della pre-stazione fisica, verranno favoriti una migliore comunicazione e un grado più elevato di professionalità.Con circa 100 produttori e venditori di attrezzature per lo svolgimento di un’ampia varietà di attività fisiche, è importante per il professionista avere una comprensione di base dei diversi tipi di contrazione muscola-re. Una tale conoscenza offrirà una migliore preparazione allo speciali-sta della forza e del condizionamen-to fisico per valutare l’attrezzatura con competenza e per progettare programmi di allenamento in cui verrà data grande considerazione al concetto di specificità. Inoltre, l’uti-lizzo corretto dei termini forza-for-ce, lavoro, potenza e forza-strength condurrà ad un’accuratezza e ad una chiarezza maggiori nella comunica-zione orale, così come in testi scritti riguardanti l’attività fisica quali ma-

nuali, relazioni, articoli di riviste. Infine, persistono confusione e pole-miche circa il confronto e/o l’opposi-zione tra i concetti di forza e potenza (1, 9). Spesso, gli esercizi e i pro-grammi di attività fisica sono iden-tificati come in grado di sviluppare la forza in opposizione alla potenza e viceversa. Dove sta la verità, dove la finzione e dove la confusione?Gli Autori di questo articolo tecni-co si propongono di considerare e descrivere la terminologia correlata alla contrazione muscolare e all’at-tività fisica contro resistenza e pre-sentare una serie di definizioni per una terminologia adatta e corretta.

Azione muscolAre (muscle Action)

Quando singole cellule muscolari (fibre) o le varie cellule che com-pongono le unità motorie di un particolare muscolo ricevono la stimolazione nervosa, tentano di accorciarsi lungo un asse longitudi-nale. Per un muscolo, ciò significa che la forza viene esercitata verso la porzione centrale della struttura muscolare e tenta quindi di avvici-nare le due inserzioni ossee.L’attivazione di un muscolo schele-trico determina tre diverse azioni, a seconda della relazione tra la for-za prodotta e le forze che agiscono esternamente sulle inserzioni ossee. Il muscolo attivo può accorciarsi, può conservare la stessa lunghezza o può allungarsi. Il problema della terminologia più appropriata per descrivere l’attività muscolare conti-nua ad essere fonte di polemiche tra i fisiologi.Anzitutto, il termine contrazione è definito nei dizionari in termini

generali come “accorciamento” e, in riferimento all’azione muscola-re, come “come un accorciamento e un ispessimento” (“a shortening and thickening”). Utilizzando tale definizione con le tre possibili azio-ni sopra menzionate, ci troviamo di fronte a “ un accorciamento dell’ac-corciamento” (ridondante!), a “un accorciamento con nessun cambia-mento di lunghezza” (contradditto-rio!) e a “un accorciamento dell’al-lungamento” (contraddittorio!).Tuttavia, il termine contrazione sembrerebbe essere una componen-te ben consolidata nella storia e nel-la tradizione quando ci si riferisce al muscolo in azione. Una soluzio-ne al dilemma consiste nel definire la contrazione muscolare come, “lo stato attivo del tessuto muscolare; il tentativo del muscolo di accorciar-si”. Non si deve presumere alcuna direzionalità.Segue poi la questione degli agget-tivi che devono essere impiegati per descrivere il muscolo in azione che può accorciarsi, o essere mantenuto alla stessa lunghezza, o essere allun-gato. Nella tabella 1 sono presentati diversi termini che sono stati impie-gati negli anni. È molto probabile che i termini miometrico, isometrico e pliometrico possano ottenere il fa-vore per un utilizzo futuro da parte dei fisiologi, dei professionisti della forza e del condizionamento fisico e del pubblico che si dedica all’attività fisica. I termini descrivono l’azione muscolare in modo semplice e chia-ro.Poiché i termini concentrico, iso-metrico ed eccentrico sono quelli più comunemente utilizzati nella letteratura scientifica contempora-nea e dai professionisti della forza

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Durante gli ultimi tre anni sono sta-ti fatti molti progressi nelle tecniche di somministrazione degli esercizi ad intensità progressiva. Questa re-lazione puramente tecnica è stata preparata allo scopo di spiegare le nuove tecniche e i miglioramenti rispetto alle tecniche precedenti.

Non verrà fatto alcun riferimento agli aspetti fisiologici dell’esercizio, alle indicazioni per l’utilizzo o ai risultati ottenuti. Tuttavia, i metodi di esecuzione degli esercizi contro resistenza ad intensità progressiva vengono considerati nei dettagli.Quando gli esercizi furono descritti inizialmente vennero indicati con l’espressione “esercizi con sovrac-carichi pesanti”: questa denomina-zione non voleva sottintendere che vengono utilizzati solo carichi pe-santi e che un muscolo debba avere all’inizio una potenza vicino al nor-male. La resistenza è “pesante” solo quando è presa in considerazione la quantità di potenza muscolare. Per esempio, per un muscolo mol-to indebolito di un paziente affetto da poliomielite, poche once saran-no pesanti quanto 50 o 100 libbre (22,68 kg – 45,36 kg) per un musco-lo normale. Comunque, è evidente che la denominazione “esercizi con sovraccarichi pesanti” è accompa-gnata da implicazioni ingannevoli e che la denominazione “esercizi con-tro resistenza ad intensità progres-siva” che è stata suggerita sembra essere più appropriata. Quest’ultima è quella qui adottata e non sarà fatto alcun riferimento alla denominazio-ne originale.Sviluppi recenti hanno reso impera-tivo rivedere, definire e standardiz-

zare la terminologia utilizzata nel settore dell’esercizio fisico contro resistenza ad intensità progressiva. Sono stati fatti tutti i tentativi possi-bili per sviluppare termini semplici, logici e autoesplicativi.Il principio del contrappeso è stato impiegato per esercitare muscoli così deboli che non possono com-pletare un intero arco di movimento contro gravità. Tramite un siste-ma di carrucole e di un carico che funge da contrappeso, una parte sufficiente del peso dell’arto viene compensata per permettere al mu-scolo debole di far compiere all’arto una completa escursione articola-re. Questo metodo rende possibile assegnare a muscoli estremamente deboli esercizi di intensità progres-siva eseguiti attraverso un arco di movimento completo e rappresenta un miglioramento sostanziale ri-spetto al metodo precedentemente descritto, quello di sovraccaricare il muscolo debole attraverso un’escur-sione articolare limitata. Il muscolo deve seguitare ad esercitare la mas-sima potenza, anche se è assistito da un contrappeso1. Di conseguenza, i principi degli esercizi contro resi-stenza ad intensità progressiva non sono infranti dall’utilizzo di un con-trappeso.Prima di passare a descrivere l’u-tilizzo del contrappeso nell’attività fisica, devono essere definiti due termini: uno è “il carico di eserci-zio”; l’altro, “il carico muscolare”. Il carico di esercizio è il carico con cui si esegue l’esercizio e non si riferisce necessariamente alla resistenza che il muscolo deve superare durante l’esercizio. Come sarà spiegato più

avanti, questo carico può servire ad assistere (figura 2) il muscolo o a resistere ad esso (figura 3) duran-te l’esercizio. Il carico muscolare è il carico (o resistenza) che il muscolo deve effettivamente superare duran-te l’esercizio. Per i muscoli più forti, il carico muscolare comprende sia il peso dell’arto che il carico di eserci-zio (figura 3). Per i muscoli deboli, il carico muscolare è solo una por-zione del peso dell’arto, il restante essendo stato compensato dal carico di lavoro che funge da contrappeso.Il carico di lavoro è usato come con-trappeso per compensare parte del peso dell’arto nel caso di muscoli estremamente deboli (figura 2); per muscoli più forti, il carico di eserci-zio viene aggiunto al peso dell’arto (figura 3). Pertanto, quando viene utilizzato il contrappeso, il carico di esercizio assiste il muscolo, ovvero riduce il carico muscolare, mentre per muscoli più forti il carico di la-voro oppone una resistenza al mu-scolo. Un’ulteriore indagine eviden-zia che quando il carico di esercizio è utilizzato come contrappeso, il suo peso non supera mai quello dell’ar-to, perché se ciò avvenisse l’esercizio diventerebbe puramente passivo, poiché il carico di esercizio solleve-rebbe l’intero peso dell’arto.Per il muscolo che possiede una for-za maggiore di quella appena suf-ficiente per completare un arco di movimento contro gravità, il peso del solo arto non offre una resisten-za sufficiente a stimolare l’ipertrofia. Di conseguenza, il carico di eserci-zio viene aggiunto al peso dell’arto.La denominazione “esercizi con ca-rico assistente” si applica a quegli

1.DeLorme, T. L.: Restoration of Muscle Power by Heavy Resistance Exercises, J, Bone & Joint Surg. 87:045 (Oct.) 1945; Heavy Resistance Exercises, Arch. Phys. Med. 87:007 (Ottobre) 1940.

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Page 6: Quaderno strength conditioning la forza

AbstractTodd, JS, Shurley, JP e Todd, TC. Thomas L. DeLorme and the science of progressive resistance exercise. (Thomas L. DeLorme e la scienza dell’esercizio fisico contro resistenza ad intensità progressiva). J Strength Cond Res 26(11): 2913–2923, 2012 - Negli ultimi anni della seconda guerra mondiale, il numero dei militari americani che avevano subito lesioni ortopediche stava mandando in crisi gli ospedali militari degli Stati Uniti. Il sovraf-follamento dei pazienti era in parte dovuto al numero dei soldati coinvolti nello sforzo bellico, ma era esacer-bato dai protocolli riabilitativi che richiedevano lunghi tempi di recupero. Nel 1945, il Dr. Thomas L. DeLorme, un medico militare, sperimentò una nuova tecnica riabilitativa. DeLorme aveva utilizzato l’allenamento della forza per guarire da una malattia infantile e ritenne che tale allenamento con carichi pesanti sarebbe stato vantaggioso per i militari infortunati. Il nuovo protocollo di DeLorme consisteva in serie multiple di esercizi contro resistenza in cui i pazienti sollevavano il loro 10 RM (Ripetizione Massima, un carico che con 10 ripe-tizioni porta all’esaurimento. Così dicasi di 5 RM, 20 RM. Un carico 1 RM sta ad indicare il carico massimo che un soggetto può vincere, spostare, sollevare, ecc. con un solo movimento, una sola ripetizione, NdC). Nel 1948 DeLorme perfezionò il sistema per includere 3 serie progressivamente più pesanti da 10 ripetizioni e chiamò il programma con i termini inglesi “Progressive Resistance Exercise” (esercizio fisico contro resistenza ad in-tensità progressiva). Il programma ad elevata intensità ebbe molto più successo dei protocolli precedenti e fu presto adottato come standard nei programmi di fisioterapia sia militari che civili. Nel 1951, DeLorme pubblicò il testo Progressive Resistance Exercise: Technic and Medical Application (Esercizio fisico contro resistenza ad intensità progressiva: applicazioni tecniche e mediche), che fu letto da molti altri medici e professionisti del settore. Il libro e le pubblicazioni accademiche di DeLorme sull’esercizio fisico contro resistenza ad intensità progressiva hanno aiutato a legittimare l’allenamento della forza e hanno svolto un ruolo chiave nel porre le basi della scienza dell’esercizio fisico contro resistenza.

inizio di unA FortuitA e FortunAtA cArrierA

nell’esercito degli stAti uniti

Il 26 febbraio 1944, il Dr. Thomas Lanier DeLorme entrò in servizio al Gardiner General Army Hospi-tal di Chicago. DeLorme, da poco nominato luogotenente del servizio sanitario dell’esercito statunitense, fu assegnato al Reparto Ortopedico al Gardiner, un ospedale militare isti-tuito velocemente in quello che era stato, prima di essere requisito dall’e-sercito, il Chicago Beach Hotel (28). Al Gardiner, pieno fino all’inverosi-mile di militari feriti, DeLorme ebbe il primo incarico come medico a tutti gli effetti dopo il diploma anticipato al New York University’s College of Medicine (NYU) nell’aprile del 1943,

avendo la scuola deciso che la sua classe poteva saltare gli ultimi 2 mesi di formazione medica a causa dello sforzo bellico (48). DeLorme rice-vette il Valentine Mott Award quella primavera, poi fece un breve tiroci-nio a New York prima di entrare nel servizio sanitario dell’esercito il 1 gennaio 1944. Secondo sua moglie, Eleanor Pearson DeLorme, sposata nel 1941, DeLorme avrebbe voluto essere assegnato a un reparto di carri armati all’estero, ma invece fu inviato a Chicago. Tuttavia, in un esempio perfetto della “Legge delle conse-guenze inattese” di Merton, quella disposizione militare avrebbe cam-biato il corso della moderna riabilit azione e aiutato a creare la scienza dell’allenamento della forza (12, 46). Appena DeLorme iniziò a lavorare al Gardiner nel mese di febbraio, capì

che l’enorme numero di pazienti or-topedici che erano in cura nell’ospe-dale non era dovuto alla mancanza di medici. Invece, secondo DeLorme, ciò che era “urgentemente necessa-rio” era trovare un metodo più veloce per riabilitare i pazienti in modo che i loro letti potessero rendersi dispo-nibili per altri soldati che erano stati feriti in guerra (3, 21). A quel tempo era usuale per i pazienti in riabilita-zione trascorrere talvolta anche 6-9 mesi in terapia postoperatoria, il che si traduceva nel sovraffollamento del Gardiner e degli altri ospedali mili-tari (62).

l’inizio di un cAmbiAmento concettuAle

Poco tempo dopo il suo arrivo a Chicago, DeLorme incontrò il Ser-

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Page 7: Quaderno strength conditioning la forza

AbstractKraemer, WJ e Szivak, TK. Strength training for the warfighter. J Strength Cond Res 26(7): S107–S118, 2012 - L’ottimizzazione dell’allenamento della forza per i militari è messa in discussione dalle filosofie di allenamen-to del passato che non si adattano più ai moderni soldati che affrontano il “campo di battaglia anaerobico”. Gli approcci di allenamento, volti ad integrare la forza con altre capacità fisiche necessarie, hanno dimostrato di avere bisogno di un modello di periodizzazione che sia flessibile ai cambiamenti e in grado di adattarsi alle mutevoli circostanze che influiscono sulla qualità delle sedute di allenamento. Inoltre, è di primaria importanza, per assicurare il successo a lungo termine, inserire in sequenza le sedute di allenamento per limitare lo sviluppo delle sindromi da overreaching (sovrallenamento a breve termine) e da overtraining (so-vrallenamento) che riducono il tempo in servizio e provocano lesioni. Concedere periodi di tempo adeguati per il riposo e il recupero e riconoscere l’impatto negativo di programmi caratterizzati da sforzi estremi e dell’allenamento di resistenza eccessivo saranno elementi fondamentali per indirizzare i programmi di alle-namento fisico verso una prospettiva più moderna come quella utilizzata attualmente dagli atleti di élite per l’allenamento anaerobico di forza-potenza negli sport (il grassetto è nostro, NdC). Poiché il soldato è un atleta di élite, è arrivato il momento che gli approcci di allenamento fondati su dati scientifici siano applicati nel settore militare se si vuole rispondere alle richieste funzionali delle moderne operazioni sul campo e ad essi siano riconosciuti una considerazione e un valore maggiori da parte dei livelli di comando. Per ottimiz-zare la forza del militare moderno sono necessari un’analisi dei bisogni, lo sviluppo di moduli di allenamento periodizzati e la personalizzazione dei programmi. Attualmente, disponiamo delle conoscenze, di allenatori professionisti, delle certificazioni di organizzazioni non profit con centri di educazione continua e di una tecnologia di allenamento moderna, perché tutto ciò possa diventare realtà. E infine, perché tutto questo sia possibile sono necessarie solo decisioni a livello di comando e la loro successiva attuazione.

introduzione

I programmi di condizionamento fisico che si incentrano sulla forza e sulla potenza massimali vengono sempre più considerati componen-ti potenzialmente importanti del benessere fisico in ambito milita-re (34) dove, in passato e ancora oggi, il fulcro del condizionamen-to fisico è stato ed è l’allenamento di resistenza aerobica. In parte ciò deriva dalla facilità di attuazione di tali programmi e dalla semplicità di prescrizione degli esercizi quan-do si deve allenare fisicamente un numero elevato di soldati. Inoltre, l’allenamento fisico è stato spesso orientato verso la prestazione rela-tiva alle componenti aerobiche dei test annuali di idoneità fisica, piut-tosto che verso quella relativa alle

richieste delle missioni in condizio-ni reali. Tuttavia, poiché saper rico-noscere e affrontare adeguatamente le esigenze richieste al combattente è una sfida in continua evoluzione a causa della diversità dei fattori fisici, psicologici e ambientali affrontati sul campo di battaglia, è evidente il ruolo centrale che assumono i pro-grammi di condizionamento fisico totale ben progettati. Non c’è dubbio che la forza e la potenza massimali di un soldato stabiliscono l’entità della forza e della potenza nelle prestazio-ni di resistenza submassimali ad alta intensità, il che letteralmente si tra-duce in una prestazione migliore sul moderno campo di battaglia.L’allenamento con sovraccarichi pe-santi ad intensità progressiva resta la modalità principale per miglio-rare la forza e la potenza massi-

mali di un atleta. Esso comporta la necessità di attrezzature e strutture per l’allenamento contro resistenza che assicurino l’attuazione di pro-grammi correttamente progettati. Sebbene quasi tutte le basi militari siano dotate di sale pesi e di struttu-re per il condizionamento fisico, le dimensioni delle strutture e la com-plessità delle attrezzature possono non essere all’altezza delle esigenze di allenamento di tutti i soldati. Seb-bene i soldati statunitensi assegnati ad unità specializzate (cioè le forze speciali o “Special Operations For-ces”) abbiano attualmente accesso alle strutture della forza e del con-dizionamento fisico secondo il pro-gramma THOR3 (Tactical Human Optimization, Rapid Rehabilitation, and Reconditioning), queste stesse risorse non sono disponibili per le

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Page 8: Quaderno strength conditioning la forza

introduzione

Molti sport richiedono la capacità di produrre quantità elevate di forza in periodi di tempo relativamente brevi (42, 58). La capacità di espri-mere tassi elevati di sviluppo della forza è spesso correlata ai livelli ge-nerali della forza di un atleta (71) e alla capacità di esprimere un’elevata potenza (27, 30). Stone et al. (71) hanno ipotizzato che la capacità di esprimere tassi elevati di sviluppo della forza e un’elevata potenza si-ano caratteristiche fondamentali della prestazione, aspetti focali per ottenere successo nella maggior parte degli eventi sportivi. Queste capacità sono considerate tra le ca-ratteristiche più importanti della prestazione sportiva, soprattutto nelle attività che si correlano alla capacità di salto, ai cambi di direzio-ne e/o all’esecuzione delle azioni di sprint (31, 53, 71).

La relazione globale tra i movimen-ti specifici dello sport e la capacità di sviluppare un’elevata potenza è ben documentata nella letteratura scientifica (4, 5, 8, 60). Per esem-pio, Hansen et al. (33) hanno ri-ferito che le espressioni del picco di potenza sono significativamente (p < 0,001) più elevate nei giocatori della Elite Rugby Union rispetto ai loro colleghi più giovani. Analoga-mente, Baker (4) ha ipotizzato che i giocatori professionisti della Rugby League (National Rugby League) producano una quantità maggiore di forza sia nei movimenti relativi alla parte superiore del corpo che in quelli della parte inferiore rispet-to ai giocatori di college (Student Rugby League). Inoltre, Fry e Kra-

emer (25) hanno dimostrato che, nell’American Collegiate Football, le caratteristiche della forza e del-la potenza si differenziano in base al livello di gioco, con gli atleti più forti e più potenti che sono preva-lenti nelle squadre di divisione su-periore. Analogamente, Barker et al (6) hanno riferito che la capacità di produrre la massima forza e la mas-sima potenza è in grado di differen-ziare i titolari dalle riserve. Quan-do sono stati esaminati altri sport, quali la pallacanestro, la pallavolo e il softball femminili, sono state tro-vate significative correlazioni tra la produzione della forza massimale e del picco di potenza (r = 0,719) e il tempo rilevato con il T test di agilità (r = −0,408) (61). Quando sia gli uo-mini (pallacanestro, pallavolo) che le donne (pallacanestro, pallavolo e softball) partecipanti a sport diversi sono stati uniti in un unico gruppo, la forza del back squat era altamen-te correlata al picco di potenza (r = 0,917) e al tempo rilevato con il T test di agilità (r = −0,784). Sulla base delle conoscenze scientifiche attuali, è evidente che la forza massimale, il tasso di sviluppo della forza e la capacità di generare un picco di po-tenza sono tutte caratteristiche im-portanti che è necessario sviluppare quando si applicano i programmi per la forza e il condizionamento fisico.

Esiste un considerevole dibattito che riguarda quali di queste carat-teristiche dovrebbero rappresentare gli obiettivi principali dell’allena-mento, quando si tenta di ottimizza-re la produzione di potenza con in-terventi di allenamento con sovrac-carichi. Per esempio, alcuni Autori

dimostrano che, quando sono stati sviluppati livelli adeguati di forza, continuare a sviluppare questo at-tributo può portare a una riduzione del rendimento (17), mentre altri affermano che la forza massimale incide sulla capacità di generare po-tenza in maniera gerarchica, nella quale la sua influenza sulla produ-zione di potenza diminuisce al de-crescere del carico esterno (65, 66). Concettualmente, spesso si ritiene che, al diminuire del carico esterno, l’influenza della forza massimale si riduca e si faccia maggiore affida-mento sul tasso di sviluppo della forza. Questa relazione è spesso uti-lizzata come l’argomento centrale per sviluppare la capacità di espres-sione di potenza mediante esercizi esplosivi che vengono eseguiti con quello che è stato denominato il “ca-rico ottimale” (20, 42).

In genere, quando si cerca di mas-simizzare la produzione di potenza, sembrano esservi 3 scuole di pensie-ro principali (20). La prima scuola suggerisce che sforzi ad intensità inferiore (<50% di 1 ripetizione massima [RM]) sono ottimali per lo sviluppo della capacità di produrre potenza (44, 54), mentre la seconda scuola ritiene che siano necessari carichi più elevati (50–70% di 1RM) (63, 70, 81). La terza scuola di pen-siero suggerisce un approccio con modalità combinate, in cui diversi carichi e diversi tipi di esercizio ven-gono utilizzati in modo periodizza-to per ottimizzare la produzione di potenza (9, 20, 42, 58).

Benché ciascuna scuola di pensiero offra motivazioni convincenti per utilizzare metodi di allenamento

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Page 9: Quaderno strength conditioning la forza

1. introduzione

Il sollevamento pesi è, da molto tempo, utilizzato nei programmi di allenamento per sviluppare la forza, la potenza e la velocità negli atleti sia professionisti che non professio-nisti. Il sollevamento pesi fa riferi-mento allo sport ufficiale (che com-prende lo strappo [snatch] e lo slan-cio e strappo [clean and jerk] e non deve essere confuso con l’allena-mento con i pesi, l’allenamento con-tro resistenza o il powerlifting (54). Benché la modalità di allenamento sia spesso utilizzata nell’ambito del-lo sport professionistico (30, 52), il suo inserimento nei programmi di allenamento per i giovani è stato messo in discussione per le preoc-cupazioni riguardanti la sicurezza e la salute dei giovani atleti (2). Tutta-via, la letteratura recente suggerisce che il numero degli infortuni che si verificano come conseguenza diret-ta di un generico allenamento con sovraccarichi e di attività specifiche di sollevamento pesi nei giovani atleti è relativamente basso (10, 20, 21, 31, 45, 50, 55). In effetti, è im-portante che gli insegnanti di edu-cazione fisica, gli allenatori spor-tivi e gli allenatori della forza e del condizionamento fisico si rendano conto della dicotomia che esiste tra il rischio e il beneficio degli esercizi di sollevamento pesi e la interpreti-no razionalmente, come fanno per molte altre modalità di allenamento e programmi di preparazione tecni-ca. Alcune delle principali autorità nel campo delle scienze motorie, quali la National Strength and Con-ditioning Association (NSCA), l’Au-stralian Strength and Conditioning Association (ASCA), la United Kin-

gdom Strength and Conditioning As-sociation (UKSCA) e la British Asso-ciation of Sport and Exercise Sciences (BASES), ritengono che in presenza di personale qualificato l’allenamen-to contro resistenza è, in generale, sicuro ed efficace per i giovani atleti (4, 19, 49, 55).

2. rischi trAscurAti e beneFici sottovAlutAti

degli esercizi di sollevA-mento pesi per i giovAni

Una preoccupazione importante connessa agli esercizi di solleva-mento pesi per i giovani atleti è incentrata sul danno potenziale al piatto epifisario. Sebbene sia vero che questo composto strutturale sia più debole del tessuto connettivo circostante, non vi sono evidenze che indicano che il sollevamento pesi, e più in generale l’allenamen-to contro resistenza, sia particolar-mente dannoso per le epifisi (49) o sia direttamente correlato ad una eventuale riduzione della crescita in altezza nei giovani atleti (18, 39).Viceversa, gli adattamenti del tes-suto connettivo e dell’apparato scheletrico che possono derivare dal sollevamento pesi eseguito dai giovani atleti sotto una supervisione adeguata li preparerà meglio a tolle-rare l’impatto e le forze di reazione al terreno a cui saranno sottoposti in ambito sportivo. Di conseguenza, invece di pensare ai rischi che pos-sono sorgere nell’“esporre” i giovani atleti al sollevamento pesi, gli alle-natori della forza e del condiziona-mento fisico, gli allenatori sportivi e gli insegnanti di educazione fisica dovrebbero concentrarsi sui rischi

che possono sorgere nel “non espor-re” i giovani atleti ad una modali-tà di allenamento che li prepari al meglio ad affrontare le situazioni delle attività sportive agonistiche [e la vita, aggiungiamo noi, convin-ti che la motivazione principale alla pratica dell’esercizio fisico in età gio-vanile non sia la successiva pratica dello sport agonistico, ma piuttosto la necessità di vivere tutta l’esistenza bene, ovvero – per quanto possibile – nel pieno benessere fisico e psichico, NdC/PB].I ricercatori hanno identificato una serie di fattori di rischio aggiuntivi predominanti nel sollevamento pesi (e nell’allenamento con sovraccari-chi in generale), tra cui un ambien-te e un’attrezzatura non sicuri, un carico e un volume di allenamento eccessivi e pause di riposo limitate [dunque, troppo brevi, NdC] (25, 49). Tuttavia, come gli Autori con-fermano, questi fattori di rischio possono essere ridotti o eliminati, con una supervisione adeguata e istruzioni fornite da allenatori qua-lificati. Gli allenatori, come minimo, dovrebbero essere in possesso di un’abilitazione riguardante la for-za e il condizionamento fisico (per es. NSCA Certified Strength and Conditioning Specialist, UKSCA Ac-credited Strength and Conditioning Coach awards o USA Weightlifting certification) [qualcosa di simile sta nascendo, per fortuna e per opera di una federazione sportiva illuminata e davvero benemerita per questo pe-culiare aspetto, anche nel nostro Pae-se, NdC/PB].Queste abilitazioni suggeriscono solamente un livello adeguato di co-noscenza o competenza e, di conse-guenza, è essenziale che l’allenatore

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Page 10: Quaderno strength conditioning la forza

introduzione

Dall’inizio del XX secolo sono sta-ti effettuati numerosi studi di ri-cerca sull’allenamento della forza che hanno guidato lo sviluppo e la pratica dei professionisti della riabi-litazione (medicina fisica e terapia fisica) e dell’allenamento della forza (7). Negli Stati Uniti, nel 1978 ven-ne fondata la National Strength and Conditioning Association (NSCA), al fine di promuovere lo sviluppo delle professioni riguardanti la for-za e il condizionamento fisico e le conoscenze scientifiche sull’allena-mento della forza. Uno dei cardini della NSCA è sempre stato quello di promuovere la ricerca scientifica sull’allenamento della forza per for-nire un patrimonio di conoscenze ai programmi della forza e del condi-zionamento fisico basati sulle evi-denze.I pionieri di questo settore propose-ro delle regole per la terminologia da utilizzare nei settori della forza e dell’allenamento (29, 44, 45, 49). Nonostante questi sforzi e circa 100 anni di ricerche sull’allenamento della forza nell’uomo, vi sono anco-ra in letteratura contraddizioni nella definizione e nell’uso delle variabili della prestazione muscolare, come è il caso della “potenza”. Questo articolo si incentra su un esempio di questo problema terminologi-co: il vasto numero di documenti che utilizzano i nebulosi concetti di “potenza”, “eventi di potenza” o “allenamento della potenza” come sinonimi per indicare un’unica pre-stazione neuromuscolare a breve termine e ad elevata intensità (anae-robica). Questi articoli, inoltre, pre-suppongono, nonostante gli scarsi dati scientifici a sostegno, che la sti-

ma del picco delle potenze meccani-che corrisponda direttamente a una prestazione neuromuscolare signifi-cativa caratteristica di questi brevi movimenti ad elevata intensità. Ciò è veramente da deplorare, poiché esistono numerose ricerche e leggi fisiche che si oppongono a questa interpretazione. Diversi autori han-no già fatto notare come nella lette-ratura scientifica sull’attività fisica siano presenti confusione, errori di calcolo, assenza di una terminologia e di una metodologia coerenti nelle variabili della prestazione relative all’allenamento della forza (20, 29, 44, 45, 49, 63, 68). L’articolo allarga proprio questo lavoro ed è organiz-zato in tre parti che trattano rispet-tivamente dei problemi relativi alla terminologia e alle definizioni di potenza muscolare, del collegamen-to dei punteggi nel salto a questo concetto complesso di potenza e di altri fattori biomeccanici che limita-no l’applicazione di tale significato colloquiale di potenza nell’allena-mento.Il recente interesse in stime impre-cise di potenze di picco in molti movimenti umani brevi e dinamici ha trascurato le numerose ricerche sulla definizione di potenza mecca-nica, sul principio di specificità e sui settori della forza muscolare/presta-zione neuromuscolare che rimet-tono in questione l’importanza di questo significato colloquiale. Que-sta enfasi mal posta, l’uso sbagliato della terminologia e la mancanza di attenzione alle precedenti ricerche sulla forza e il condizionamento fisi-co hanno contribuito a risultati con-trastanti e conclusioni distorte (20). Tali problemi rappresentano un ostacolo sia al progresso scientifico che all’applicazione professionale

delle conoscenze nel settore della forza e del condizionamento fisico, ma rappresentano anche un’oppor-tunità per i ricercatori di offrire un contributo significativo allo specifi-co settore.

problemi del signiFicAto colloquiAle di potenzA

Sono stati pubblicati numerosi do-cumenti che trattano della “potenza” nel movimento umano. Tra il 1998 e il 2008 SportDiscus e Google Scholar hanno indicizzato, rispettivamen-te, oltre 500 e oltre 21.000 citazioni per una ricerca utilizzando le parole “muscolare e potenza”. Molti di que-sti documenti presentano problemi quali una definizione non chiara di potenza muscolare, una mancanza di specificità dei dati e del modello utilizzati per calcolare il flusso di potenza e il momento in cui questo flusso di potenza si verifica nel mo-vimento. Un problema più grosso è il significato colloquiale, la presunta rilevanza di questo picco di “poten-za” per la prestazione muscolare e l’allenamento nell’uomo. Molti arti-coli fanno riferimento alla “potenza” come se fosse una caratteristica ben definita e generica della prestazione neuromuscolare o atletica e non la

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