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Andrea Tullio Canobbio (Monastir)
Le traduzioni italiane dei romanzi fantasy
Il presente intervento si propone di analizzare l’italiano delle traduzioni dei romanzi fantasy della
letteratura inglese o americana di espressione inglese. Sulla base di un corpus di romanzi fantasy
tradotti in italiano dalla fine degli anni Settanta del XX secolo ad oggi, si isoleranno alcuni
aspetti fonici, morfologici e lessicali, individuando alcuni caratteri linguistici.
1. Un po’ di chiarezza sui termini
In italiano, il termine fantasy indica un «genere narrativo o cinematografico che si
contraddistingue per un’ambientazione fantasia in cui prevalgono riferimenti alla mitologia
classica, a un immaginario Medioevo o alle saghe nordiche»1. Il prestito integrale, dall’inglese,
non è adottato subito, se è vero che certi prefatori o curatori di collane degli anni Settanta, alle
prese con la traduzione del sottogenere heroic fantasy, oscillano tra l’adattamento e la ricerca di
altre soluzioni, propendendo ora per fantasia, ora per fantascienza eroica2. Rispetto a questa
definizione, va sottolineato che gli autori fantasy tendono, oltre che al mitologismo e alla
1 GDLI (2004), ad vocem, con attestazione in Tecniche ed effetti speciali, numero monografico di «Scuola di
fotografia: mensile pratico di tecnica e immagine fotografica», 1979; in Zingarelli 2014, il termine è retrodatato al
1976. 2 «La “fantascienza eroica” è costituita da avventure sbrigliate, ambientate in mondi primitivi o medievali che non
sono mai esistiti (o che al limite "potrebbero" esistere), nelle quali il colore del romanzo storico si sposa al fascino
delle fiabe tradizionali di magia. A questo genere di fantascienza non scientifica avevamo dato vari appellativi come
“Fantasia”, “Fantasia eroica” per fedeltà al termine americano con cui sono definite (Heroic Fantasy), ma visto che i
lettori e i recensori le hanno considerate fantascienza, e visto che in Italia sono sempre state considerate come
facenti parte della fantascienza, non ci è più parso il caso di ostinarci su sottigliezze linguistiche», Valla (1973: I). Si
è dunque indecisi, almeno inizialmente, se attribuire al genere uno statuto proprio, e inclini a considerarlo come
parte di un più vasto insieme fantascientifico – e concordo con Suvin, per il quale la fantasy è un genere «il cui
pubblico e le cui caratteristiche sono in relazione stretta, seppure confusa (multipla, ambigua, di amore-odio,
complementare, contraddittoria), con la Fantascienza», configurandosi, rispetto a quest’ultima, come genere
parassitario, almeno fino agli anni Sessanta, quando «la mania tolkieniana e la rinascita di Conan hanno cominciato
a modificare questa relazione insinuandosi nella sottocultura della Fantascienza americana e condizionandola»
[Suvin (2009: 12)].
2
fabbricazione di mondi immaginari, a modellare i loro intrecci su quelli delle fiabe popolari di
magia3.
2. Il corpus
Per condurre un’analisi empirica dettagliata, si è allestito un corpus di testi che comprende oltre
un centinaio di romanzi tradotti dall’inglese, distribuiti in un intervallo di tempo che va dalla
prima significativa diffusione del genere in Italia, a cavaliere tra i Settanta e gli Ottanta, a opera
di case editrici come Libra, Fanucci ed Editrice Nord, e gli ultimi sviluppi editoriali, favoriti
anche dal successo delle trasposizioni filmiche dei cicli tolkeniani, di quelli di Harry Potter e di
Narnia. Gli autori del corpus, noti e meno noti, coprono uno spettro abbastanza ampio delle varie
interpretazioni del genere: da Marion Zimmer Bradley a David Eddings, da David Gemmell a
Guy Gavriel Kay, da Ursula K. Le Guin a George R. R. Martin – che di recente ha raggiunto
un’ulteriore notorietà con l’uscita della serie televisiva Il Trono di Spade4 – senza dimenticare
capostipiti come R. E. Howard, creatore di Conan il Barbaro, e J. R. R. Tolkien, autore de Lo
Hobbit e de Il Signore degli Anelli.
3. Caratteri generali
L’italiano del corpus, nei suoi tratti morfosintattici generali, corrisponde all’italiano standard,
anche se la scelta dei tipi subordinativi inizia a restringersi – vedi ad. es. la scelta di perché cong.
causale (28454 occ.), contro poiché (3003), affinché (402), giacché (69) – e si assiste alla
3 Tale caratteristica è evidenziata da Thymm, Zahorski e Boyer (1979), che, peraltro, individuano due tipi di fantasy:
low fantasy, dove gli intrecci si sviluppano nel nostro mondo razionale, con l’aggiunta di elementi sovrannaturali;
high fantasy, ambientata in un mondo differente dal nostro, detto “mondo secondario”. L’high fantasy si divide a sua
volta in due tipologie: myth fantasy, dove il mondo immaginario è sostenuto da un’impalcatura mitologica, e fairy-
tale fantasy, che, precisamente, si conforma alle fiabe di magia [Baudou (2005: 4-6)]. Riguardo alla low fantasy,
sarà utile tenere presente l’affermazione di Suvin, il quale sostiene che, quand’anche certi romanzi fantasy (e vale
l’esempio dei libri Gormenghast di Peake) siano ambientati in mondi razionali, «senza che intervenga alcun
cambiamento nelle ontologie cosmiche o nelle leggi naturali», tali mondi sono definibili come «mondi storicamente
disancorati», e quindi assimilabili a mondi immaginari, perché «la coerenza e la qualità della [loro] stranezza sono
sufficientemente marcati» [Suvin (2009: 24)]. 4 Il corpus consta di oltre 15 milioni di occorrenze, e circa 187000 forme di parola. Nelle citazioni dai testi del
corpus, anch’esse in forma abbreviata, si preciserà, dopo l’anno di pubblicazione, tra parentesi quadre, il cognome
del traduttore.
3
semplificazione dei periodi in senso paratattico. Le frasi sono generalmente prive di complessità
retorica, ed eventuali ricercatezze sono limitate a contesti particolari, come la resa dei racconti
mitici compresi nel Silmarillion tolkeniano5. Riguardo al lessico, presenta normalmente termini
ad alto uso o ad alta disponibilità, con la sola stranezza di forestierismi a designare varie razze
fiabesche – elfo (4693 occ.), nano (4180), troll (1416), gnomo (1382), hobbit (1007) e halfling
(128), orco (924) e orchetto (650), goblin (621) e hobgoblin (35), ent (172), ecc. Nel loro
insieme, i tratti sembrano assicurare a questi testi un alto grado di leggibilità, e un rapido
ingresso nel bestsellerato.
4. Il diavolo si annida nei dettagli
Tutto, insomma, cospira a suggerire che non esista uno specifico delle traduzioni dei romanzi
fantasy, e che i caratteri linguistici di tali opere siano equiparabili a quelli di una più vasta
letteratura di consumo. Ciò nondimeno, è possibile tentare un’analisi specifica. E, se è vero che,
come ricorda Martin nei ringraziamenti alla fine del Trono di Spade, «il diavolo […] si annida
nei dettagli» [Martin (1999: 441)], tale analisi, a mio avviso, può essere condotta sui tratti a
bassa o a bassissima frequenza: sugli arcaismi e sulle rarità lessicali, nonché sugli aulicismi, di
cui le traduzioni sono costellate.
5 Si veda, a questo proposito, la ponderosa Nota del traduttore che segue la traduzione italiana: «Il compito del
traduttore di fronte a un testo del genere, soltanto in apparenza trasparente e in effetti pluristratificato, non è certo
dei più agevoli. Per restare al modulo allitterativo, a riprova delle difficoltà da affrontare, esso consiste nella
reiterazione, esatta o approssimativa, spesso complessa e ricercata, di gruppi di lettere, frasi, concetti, parole,
definizioni e azioni (un modulo che, come è noto, costituisce un elemento fondamentale di molta produzione epica
del passato, ad esempio dell’antica poesia germanica). Non si tratta però di una mera “replica”: in realtà,
l’allitterazione moltiplica, varia e rimanda gli echi, riprendendo i fili dell’ordito e inserendoli in una continua
variazione sul tema. A livello di versione, ciò prescrive una minuziosa modulazione cromatica, e dunque un ricorso
preciso e accuratamente dosato all’aggettivazione», Saba Sardi (1978: 387-388).
4
5. L’aulico tolkeniano
Evitando le questioni di fonetica, tutto sommato trascurabili6, sembra di poter dire che, ove
perseguano la ricercatezza linguistica, i traduttori si affidino soprattutto agli elementi lessicali, e
questo proprio a partire dalla resa italiana di Tolkien, uno dei padri del genere. Se si guarda alla
frequenza, a dire il vero, gli aulicismi sono sopravanzati da arcaismi, termini rari o forme
sorvegliate, come invero – «“Sono felice di apprenderlo”, rispose Beregond, “poiché ora posso
dire che un accento strano non deturpa un nobile favellare, e nobile invero è degli Hobbit la
favella»7, Tolkien (1970 [Alliata]) +34 occ. nello stesso autore, per 88 complessive. Noteremo en
passant che favella ‘lingua, idioma’, ha 20 occ. in Tolkien, e 40 complessive, mentre il verbo
favellare ha 2 occ. in Tolkien, e 3 in totale. Si veda anche l’impiego di lauro – «“[…] Qualche
foglia di timo, di lauro e di salvia basteranno… prima che l’acqua si metta a bollire”, disse
Sam»8, Tolkien (1970 [Alliata]: 791), +4 occ. nel corpus – di quivi – «e ognuno di voi troverà
quivi contenute, dentro il disegno che vi espongo, tutte quelle cose che apparentemente egli
stesso ha concepito o aggiunto»9 (Tolkien 1978 [Saba Sardi]: 14) + 85 occ. in Tolkien, per 88
complessive – o di uopo – «Scelse all’uopo Balin, Fili e Kili, e Bilbo andò con loro»10
, Tolkien
(1973 [Jeronimidis Conte]: 232) +3 occ. nel corpus.
Tralasciando altri esempi, passerei ora agli aulicismi specifici, come ascoso – «Abbandonate
le caverne ascose / fra le montagne nordiche rocciose»11
, Tolkien (1973 [Jeronimidis Conte]:
209) –, brando – «E se il brando è rovinato, / se sul trono i re cadranno»12
, Tolkien (1973
[Jeronimidis Conte]: 332), +2 occ. nel corpus –, cangiare – «restò inviolata finché la terra non fu
6 Tranne, forse, la forma etimologica eguale: «Come? qualsiasi brigante delle montagne può disporre di eguali
seguaci!», Tolkien [1970 (Alliata): 1066], +1 occ., anche in altri autori: «li accostò. Erano eguali», Leiber (1977
[Rambelli]: 76) +77 occ., tot. 80 occ., contro le 471 di uguale. 7 Invero è assente nell’originale, come del resto favella – «‘I am glad to learn it,’ said Beregond, ‘for now I may say
that strange accents do not mar fair speech, and hobbits are a fair-spoken folk’», Tolkien (1995: 745) – ma
legittimato dal tentativo di rendere, per vie traverse, l’eloquio enfatico del personaggio. 8 Ingl.: «‘A few bay-leaves, some thyme and sage, will do – before the water boils,’ said Sam», Tolkien (1995: 640).
9 Ingl. herein: «and each of you shall find contained herein, amid the design that I set before you, all those things
which it may seem that he himself devised or added», Tolkien (2013: passim). 10
Ingl.: «For this purpose he chose Balin and Fili and Kili, and with them went Bilbo», Tolkien (1997: 175). 11
Ingl.: «Leave the halls and caverns deep, / Leave the northern mountains steep», Tolkien (2011: passim). 12
Ingl. sword (‘spada’): «Though sword shall be rusted, / And throne and crown perish», Tolkien (2011: passim).
5
cangiata e sconvolta, travolta da mari tempestosi»13
, Tolkien (1978 [Saba Sardi]: 218), +12 occ.
nel corpus –, contesto ‘intessuto’: «e tra le sue belle parole altre erano conteste, con tale
sottigliezza che molti di quanti le udivano credevano, a ripensarci, che fossero frutto della
propria mente»14
, Tolkien (1978 [Saba Sardi]: 77) + 4 occ. nello stesso autore –, fumido –
«Lontan sui monti fumidi e gelati / in antri fondi, oscuri, desolati, / prima che sorga il sol
dobbiamo andare / i pallidi a cercar ori incantati»15
, Tolkien (1973 [Jeronimidis Conte]: 26) +3
occ. nel solo Tolkien –, mugghio – «Si udì un mugghio, ed il piede si trasse indietro
spasmodicamente»16
, Tolkien (1970 [Alliata]: 404), +4 occ. nel corpus – e mugghiare – «e su per
il lungo tunnel, dalle più profonde viscere della terra, giunse l’eco di un mugghiare e pestare che
faceva tremare il suolo tutt’intorno»17
, Tolkien (1973 [Jeronimidis Conte]: 247), +31 occ. nel
corpus –, origliere – «“Origliare? Signore, chiedo scusa, ma non capisco. Non vi sono origlieri
in giardino, e non ve ne sono mai stati”, rispose Sam»18
, Tolkien (1970 [Alliata]: 99) –, scalea –
«e, salendo l’ampia scalea della città, fu condotto finalmente alla Torre del Re»19
, Tolkien (1978
[Saba Sardi]: 301), +3 occ. nello stesso testo.
Poiché i traduttori di Tolkien decidono di risolvere certi problemi di resa linguistica in chiave
aulica o letteraria (in modo, peraltro, quasi sempre ingiustificato), non fa meraviglia trovare, in
altre traduzioni anni Settanta, la stessa tendenza a punteggiare il lessico di arcaismi – cfr. ad. es.
guatare: «Ma il peggio fu forse quando, durante una breve pausa, mentre i duellanti ansimavano
guatandosi, il Mouser rivolse un cenno con la mano al ragno gigante più vicino»20
, Leiber (1977
13
Ingl. changed: «remained inviolate, until the land was changed and broken, and foundered under destroying
seas», Tolkien (2013: passim). 14
Ingl. woven (‘intessuto’): «and amid his fair words others were woven, so subtly that many who heard them
believed in recollection that they arose from their own thought», Tolkien (2013: passim). 15
Ingl. misty (‘nebbioso’): «Far over the misty mountains cold / To dungeons deep and caverns old / We must away
ere break of day / To seek the pale enchanted gold», Tolkien (2011: passim). 16
Ingl. bellow ‘muggito’ o ‘mugghio’: «There was a bellow, and the foot jerked back», Tolkien (1995: 316) – la
scelta sembra lecita. 17
Ingl. bellowing: «but up the long tunnel came the dreadful echoes, from far down in the depths, of a bellowing
and a trampling that made the ground beneath them tremble», Tolkien (2011: passim) – cfr. nota precedente. 18
Ingl.: “'Eavesdropping, sir? I don't follow you, begging your pardon. There ain't no eaves at Bag End, and that’s a
fact.’”, Tolkien (1995: 62). Qui l’aulicismo è del tutto gratuito, oltreché illogico, ma giustificato dal fatto di dover
rendere un altrimenti intraducibile gioco di parole (tra eaves, ‘grondaia’, e to eavesdrop, ‘origliare’). 19
Ingl. stairways (‘scale’): «and passing up the wide stairways of the city he was brought at last to the Tower of the
King», Tolkien (2013: passim). 20
Ingl. to eye: «But the worst was perhaps when, during a brief pause while the combatants gasped and eyed each
other dizzily, the Mouser waved coyly to the nearest giant spider», Leiber (2012: passim).
6
[Rambelli]: 345), +11 occ. nel corpus – o aulicismi specifici – cfr. ad. es. aprico: «Quando
furono in cima al passo, si fermarono a osservare il pianoro coltivato sul quale sorgeva l’aprica
Amferé. Le guglie della città luccicavano lontano al sole»21
, De Camp (1973 [Valla]: 23); glauco
(in una quartina di doppi quinari): «Vakar declamò: / “In cima al cassero di lampi livido / Lyr
l’arma folgora glauca ed ulvacea. / Là dove lacera il rebbo triplice / Di vampa vindice /
s’accende un circolo: / Quell’igneo margine salva l’Indomito…”»22
, De Camp (1973 [Valla]:
63), + 4 occ. nel corpus; desio: «“[…] Questi individui, d’incantesimi non necessitano per
cambiar forma, e ogni notte il desio di diventar orso, o cinghiale selvaggio, o lupo… ogni notte
quel desio li prende […]”»23
, Anderson (1979 [Rambelli]: 110) +2 occ. nello stesso testo.
6. Il galateo di Sir Mandorallen
La strada dell’elevazione lessicale è tracciata in modo tale che, alla fine degli anni Ottanta, i
traduttori perseguono la stessa strategia. A questo proposito giova ricordare l’esempio di Sir
Mandorallen, personaggio del ciclo dei Belgariad di Eddings. Il nobile cavaliere appartiene alla
stirpe dei Mimbrati, dei quali si evidenzia l’eloquio antiquato e cerimonioso24
. Sir Mandorallen
non fa eccezione, sia per quanto riguarda, ad. es., la morfologia avverbiale, con adunque –
«Mandorallen si raddrizzò sulla sella. / “Contempla!” annunciò, con voce tale che probabilmente
venne udita in tutta la città. “Vi porto onore oltre ogni misura: spalancate adunque le porte del
palazzo […]”»25
, Eddings (1987 [Guarnieri]: 126), +1 occ. nello stesso testo. –, sia per quanto
21
Ingl., sunny: «They paused as they topped the pass to look out over the irrigated plain on which stood sunny
Amferé. The spires of the city shone distantly in the afternoon sun», De Camp (2014: passim). 22
Ingl. seaweed-clad (‘rivestito di alghe’): «Vakar declaimed: / ‘Down to the deck livid with lightnings, / Scaly and
seaweed-clad, Lyr thrust his trident. / Where the spear struck rose there a rufous / Ring-fence of fire, helping the
hero …’», De Camp (2014: passim) – la traduzione, apprezzabile dal punto di vista metrico, appare inutilmente
virtuosistica rispetto all’originale. 23
Ingl. desire: «They need no spell to change form, and each nicht the desire to turn bear, or wild boar, or wolf, or
whate'er the animal may be for the person... each nicht that desire overwhelms them.», Anderson (2010: passim) –
ma il personaggio che parla ha un’inflessione particolare, resa da Anderson con le forme nicht (anglosassone per
night) e whate’er (contrazione, poetica, di whatever): la traduttrice scarica su un’altra parola (desio) il peso
dell’idioletto di quel particolare personaggio. 24
«“Parlano tutti in quel modo?” domandò Garion, con un certo rancore. “Con tutte quelle forme antiquate?” / “I
Mimbrati hanno la tendenza ad essere molto formali” spiegò zia Pol. “Ti ci abituerai”», Eddings (1987 [Guarnieri]:
82). 25
«‘Behold!’ he announced in a voice that could probably be heard all over the city. ‘I bring you honor beyond
measure. Fling wide the palace gates and prepare one and all to make obeisance. […]’», Eddings (2012: 168).
7
riguarda il lessico, con arcaismi come invero e uopo (rispettivamente 5 e 3 occ. nello stesso
autore), per i quali cfr. Tolkien, sempre pronunciati da Mandorallen o da altri esponenti dei
Mimbrati. Da segnalare anche l’uso di codesto, che, in questa sede, sembra usato non tanto per
indicare persone o cose prossime a chi ascolta, o appena nominate, quanto per ovviare a una
difficoltà di resa dell’inglese antiquato dei cavalieri mimbrati: «“Sir Mandorallen” replicò con
gravità il sovrano, “leggendaria è la tua devozione alla verità ed al dovere. Puoi tu per caso
identificare codesti cospiratori?”»26
(Eddings 1987 [Guarnieri]: 63), + 16 occ. nello stesso
autore, per 86 complessive nel corpus.
7. Tra i celti e Brancaleone
Nei primi anni Duemila, vi è almeno un altro caso di stirpe di individui che parla in modo
arcaico, cioè quella dei dalriada, schivi abitanti di una pseudo-Irlanda nel ciclo di Kushiel di
Jacqueline Carey. Di fronte allo stesso ordine di problemi citato nel paragrafo precedente, qui il
traduttore, probabilmente, si fa “prendere la mano”, a partire dal versante fonetico, con forme
sincopate come adoprare – «Lo privilegio abbiamo di adoprarci per lui in codesto modo ma
franger non potiamo i geis che in su le Tre Sorelle son derivati»27
, Carey (2005 [Villa]: 729) – o
la mancata epentesi in medesmo – «“Gildas menerà le signorie vostre dallo Signore dello
Stretto”, aggiunse il giovane. “Io medesmo baderò a li altri. Assai fatigati siete et spaurati.
Offeriamo a voi riposanza e soccorro”»28
, Carey (2005 [Villa]: 723). Noteremo, en passant, la
conservazione della sonora latina in fatigati, forma da antica lingua letteraria e, dalla fine del
Settecento in poi, marcatamente poetica – Serianni (2001: 82). Sul piano morfologico, oltre
all’epitesi consonantica postvocalica di et, vi sono altre scelte elevate, come ad. es. il
26
«‘Sir Mandorallen,’ the king responded gravely, ‘thy devotion to truth and duty are legendary. Canst thou
perchance identify these plotters?’», Eddings (2012: 180) – la traduttrice, alla ricerca di una equivalenza, sposta il
peso degli arcaismi inglesi (thy, thou), su codesto, riconoscendogli forse il côté di termine raro e letterario. 27
«“[…] Thus are we privileged to serve. But we cannot break the geis who are born to the Three Sisters”», Carey
(2002: passim). 28
«“Gildas will take thee to the Master of the Straits,” the younger man said. “I will see to the others. Thou art
weary, and fearful. We offer rest and succor.“», Carey (2002: passim). Come in Eddings, la resa degli arcaismi in
italiano è problematica, e si cerca di spostarne il peso su altre parole (ma qui, naturalmente, esagerando).
8
condizionale in -ria – «“La Prima Sorella trovasi… colà”, replicò indicando il sud. “A un
dipresso sarian tre leghe. Ricca è di bovi, volatili et sidro”»29
, Carey (2005 [Villa]: 728).
Ora, è chiaro che tale acribia filologica, dantizzante e petrarchizzante, pur apprezzabile, da un
lettore benevolo, per la tentata ricostruzione di un italiano autenticamente medievale (appropriato
al mondo neofeudale della Carey), rappresenta purtroppo anche un esito nient’affatto
equipollente all’originale, approdando a un mistilinguismo involontariamente comico, quasi
“brancaleonesco” – cioè vicino agli stereotipi linguistici presentati, in ambito filmico, ne
L’Armata Brancaleone di Mario Monicelli. Questo si riverbera anche sul piano lessicale, con
impiego di lemmi come bove, riposanza, spaurato, ecc., che vanno fatalmente a collocarsi nello
stesso contesto, poniamo, di un forestierismo come geis ‘vincolo magico nei testi letterari antico-
irlandesi’ [cfr. Costa (2008: 145 n.)], creando un singolare ircocervo linguistico.
8. Conclusione
Nel passare in rassegna i caratteri linguistici delle sopracitate traduzioni, torna alla mente il
celebre parallelo tra letteratura fantascientifica e romanzo cavalleresco svolto da Solmi nella
prefazione all’antologia Le meraviglie del possibile, e nei coevi saggi sul fantastico. Il critico, in
sostanza, interpretava i romanzi di science-fiction come moderne chansons de geste, rivolte,
«anziché al passato, ad un futuro che gli attuali mezzi tecnici lascerebbero prevedere assai
prossimo», con un recupero della favola, «bandita o tollerata soltanto come confessato scherzo
letterario» dalla letteratura moderna [Solmi (2000: 81-83)]. Il raffronto, a maggior ragione, sarà
valido anche per la letteratura fantasy, che nel fiabesco trova uno dei suoi elementi costitutivi, e
che si rivolge, in genere, a un passato, se non coincidente, almeno modellato su quello
medievale. Ed è sulla scorta di Solmi che chi scrive ravvisa, nei traduttori italiani alle prese con i
romanzi fantasy, una fascinazione simile a quella che dovevano provare i nostri volgarizzatori
trecenteschi di fronte alla resa in italiano dei cicli di Francia e di Bretagna. Davanti a un corpus
di gesta e leggende di mondi neomedievali, è comprensibile, insomma, che nei traduttori di
fantasy agisca la memoria letteraria, e che la via del recupero di arcaismi e aulicismi sia sentita
29
«“First Sister lies… thence,” he said, pointing in a southerly direction. “Some three leagues. She is rich in kine
and fowl and cider, […]», Carey (2002: passim).
9
come lecita e percorribile. Tuttavia, gli innesti letterari, ben lungi da recuperare un rapporto con
la tradizione, conducono di norma alla creazione di una lingua solo a tratti arcaicizzante e
medievaleggiante, e per certi versi discontinua e aberrante, non solo nei confronti dei testi
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