Le traduzioni italiane dei romanzi fantasy

Preview:

Citation preview

1

Andrea Tullio Canobbio (Monastir)

Le traduzioni italiane dei romanzi fantasy

Il presente intervento si propone di analizzare l’italiano delle traduzioni dei romanzi fantasy della

letteratura inglese o americana di espressione inglese. Sulla base di un corpus di romanzi fantasy

tradotti in italiano dalla fine degli anni Settanta del XX secolo ad oggi, si isoleranno alcuni

aspetti fonici, morfologici e lessicali, individuando alcuni caratteri linguistici.

1. Un po’ di chiarezza sui termini

In italiano, il termine fantasy indica un «genere narrativo o cinematografico che si

contraddistingue per un’ambientazione fantasia in cui prevalgono riferimenti alla mitologia

classica, a un immaginario Medioevo o alle saghe nordiche»1. Il prestito integrale, dall’inglese,

non è adottato subito, se è vero che certi prefatori o curatori di collane degli anni Settanta, alle

prese con la traduzione del sottogenere heroic fantasy, oscillano tra l’adattamento e la ricerca di

altre soluzioni, propendendo ora per fantasia, ora per fantascienza eroica2. Rispetto a questa

definizione, va sottolineato che gli autori fantasy tendono, oltre che al mitologismo e alla

1 GDLI (2004), ad vocem, con attestazione in Tecniche ed effetti speciali, numero monografico di «Scuola di

fotografia: mensile pratico di tecnica e immagine fotografica», 1979; in Zingarelli 2014, il termine è retrodatato al

1976. 2 «La “fantascienza eroica” è costituita da avventure sbrigliate, ambientate in mondi primitivi o medievali che non

sono mai esistiti (o che al limite "potrebbero" esistere), nelle quali il colore del romanzo storico si sposa al fascino

delle fiabe tradizionali di magia. A questo genere di fantascienza non scientifica avevamo dato vari appellativi come

“Fantasia”, “Fantasia eroica” per fedeltà al termine americano con cui sono definite (Heroic Fantasy), ma visto che i

lettori e i recensori le hanno considerate fantascienza, e visto che in Italia sono sempre state considerate come

facenti parte della fantascienza, non ci è più parso il caso di ostinarci su sottigliezze linguistiche», Valla (1973: I). Si

è dunque indecisi, almeno inizialmente, se attribuire al genere uno statuto proprio, e inclini a considerarlo come

parte di un più vasto insieme fantascientifico – e concordo con Suvin, per il quale la fantasy è un genere «il cui

pubblico e le cui caratteristiche sono in relazione stretta, seppure confusa (multipla, ambigua, di amore-odio,

complementare, contraddittoria), con la Fantascienza», configurandosi, rispetto a quest’ultima, come genere

parassitario, almeno fino agli anni Sessanta, quando «la mania tolkieniana e la rinascita di Conan hanno cominciato

a modificare questa relazione insinuandosi nella sottocultura della Fantascienza americana e condizionandola»

[Suvin (2009: 12)].

2

fabbricazione di mondi immaginari, a modellare i loro intrecci su quelli delle fiabe popolari di

magia3.

2. Il corpus

Per condurre un’analisi empirica dettagliata, si è allestito un corpus di testi che comprende oltre

un centinaio di romanzi tradotti dall’inglese, distribuiti in un intervallo di tempo che va dalla

prima significativa diffusione del genere in Italia, a cavaliere tra i Settanta e gli Ottanta, a opera

di case editrici come Libra, Fanucci ed Editrice Nord, e gli ultimi sviluppi editoriali, favoriti

anche dal successo delle trasposizioni filmiche dei cicli tolkeniani, di quelli di Harry Potter e di

Narnia. Gli autori del corpus, noti e meno noti, coprono uno spettro abbastanza ampio delle varie

interpretazioni del genere: da Marion Zimmer Bradley a David Eddings, da David Gemmell a

Guy Gavriel Kay, da Ursula K. Le Guin a George R. R. Martin – che di recente ha raggiunto

un’ulteriore notorietà con l’uscita della serie televisiva Il Trono di Spade4 – senza dimenticare

capostipiti come R. E. Howard, creatore di Conan il Barbaro, e J. R. R. Tolkien, autore de Lo

Hobbit e de Il Signore degli Anelli.

3. Caratteri generali

L’italiano del corpus, nei suoi tratti morfosintattici generali, corrisponde all’italiano standard,

anche se la scelta dei tipi subordinativi inizia a restringersi – vedi ad. es. la scelta di perché cong.

causale (28454 occ.), contro poiché (3003), affinché (402), giacché (69) – e si assiste alla

3 Tale caratteristica è evidenziata da Thymm, Zahorski e Boyer (1979), che, peraltro, individuano due tipi di fantasy:

low fantasy, dove gli intrecci si sviluppano nel nostro mondo razionale, con l’aggiunta di elementi sovrannaturali;

high fantasy, ambientata in un mondo differente dal nostro, detto “mondo secondario”. L’high fantasy si divide a sua

volta in due tipologie: myth fantasy, dove il mondo immaginario è sostenuto da un’impalcatura mitologica, e fairy-

tale fantasy, che, precisamente, si conforma alle fiabe di magia [Baudou (2005: 4-6)]. Riguardo alla low fantasy,

sarà utile tenere presente l’affermazione di Suvin, il quale sostiene che, quand’anche certi romanzi fantasy (e vale

l’esempio dei libri Gormenghast di Peake) siano ambientati in mondi razionali, «senza che intervenga alcun

cambiamento nelle ontologie cosmiche o nelle leggi naturali», tali mondi sono definibili come «mondi storicamente

disancorati», e quindi assimilabili a mondi immaginari, perché «la coerenza e la qualità della [loro] stranezza sono

sufficientemente marcati» [Suvin (2009: 24)]. 4 Il corpus consta di oltre 15 milioni di occorrenze, e circa 187000 forme di parola. Nelle citazioni dai testi del

corpus, anch’esse in forma abbreviata, si preciserà, dopo l’anno di pubblicazione, tra parentesi quadre, il cognome

del traduttore.

3

semplificazione dei periodi in senso paratattico. Le frasi sono generalmente prive di complessità

retorica, ed eventuali ricercatezze sono limitate a contesti particolari, come la resa dei racconti

mitici compresi nel Silmarillion tolkeniano5. Riguardo al lessico, presenta normalmente termini

ad alto uso o ad alta disponibilità, con la sola stranezza di forestierismi a designare varie razze

fiabesche – elfo (4693 occ.), nano (4180), troll (1416), gnomo (1382), hobbit (1007) e halfling

(128), orco (924) e orchetto (650), goblin (621) e hobgoblin (35), ent (172), ecc. Nel loro

insieme, i tratti sembrano assicurare a questi testi un alto grado di leggibilità, e un rapido

ingresso nel bestsellerato.

4. Il diavolo si annida nei dettagli

Tutto, insomma, cospira a suggerire che non esista uno specifico delle traduzioni dei romanzi

fantasy, e che i caratteri linguistici di tali opere siano equiparabili a quelli di una più vasta

letteratura di consumo. Ciò nondimeno, è possibile tentare un’analisi specifica. E, se è vero che,

come ricorda Martin nei ringraziamenti alla fine del Trono di Spade, «il diavolo […] si annida

nei dettagli» [Martin (1999: 441)], tale analisi, a mio avviso, può essere condotta sui tratti a

bassa o a bassissima frequenza: sugli arcaismi e sulle rarità lessicali, nonché sugli aulicismi, di

cui le traduzioni sono costellate.

5 Si veda, a questo proposito, la ponderosa Nota del traduttore che segue la traduzione italiana: «Il compito del

traduttore di fronte a un testo del genere, soltanto in apparenza trasparente e in effetti pluristratificato, non è certo

dei più agevoli. Per restare al modulo allitterativo, a riprova delle difficoltà da affrontare, esso consiste nella

reiterazione, esatta o approssimativa, spesso complessa e ricercata, di gruppi di lettere, frasi, concetti, parole,

definizioni e azioni (un modulo che, come è noto, costituisce un elemento fondamentale di molta produzione epica

del passato, ad esempio dell’antica poesia germanica). Non si tratta però di una mera “replica”: in realtà,

l’allitterazione moltiplica, varia e rimanda gli echi, riprendendo i fili dell’ordito e inserendoli in una continua

variazione sul tema. A livello di versione, ciò prescrive una minuziosa modulazione cromatica, e dunque un ricorso

preciso e accuratamente dosato all’aggettivazione», Saba Sardi (1978: 387-388).

4

5. L’aulico tolkeniano

Evitando le questioni di fonetica, tutto sommato trascurabili6, sembra di poter dire che, ove

perseguano la ricercatezza linguistica, i traduttori si affidino soprattutto agli elementi lessicali, e

questo proprio a partire dalla resa italiana di Tolkien, uno dei padri del genere. Se si guarda alla

frequenza, a dire il vero, gli aulicismi sono sopravanzati da arcaismi, termini rari o forme

sorvegliate, come invero – «“Sono felice di apprenderlo”, rispose Beregond, “poiché ora posso

dire che un accento strano non deturpa un nobile favellare, e nobile invero è degli Hobbit la

favella»7, Tolkien (1970 [Alliata]) +34 occ. nello stesso autore, per 88 complessive. Noteremo en

passant che favella ‘lingua, idioma’, ha 20 occ. in Tolkien, e 40 complessive, mentre il verbo

favellare ha 2 occ. in Tolkien, e 3 in totale. Si veda anche l’impiego di lauro – «“[…] Qualche

foglia di timo, di lauro e di salvia basteranno… prima che l’acqua si metta a bollire”, disse

Sam»8, Tolkien (1970 [Alliata]: 791), +4 occ. nel corpus – di quivi – «e ognuno di voi troverà

quivi contenute, dentro il disegno che vi espongo, tutte quelle cose che apparentemente egli

stesso ha concepito o aggiunto»9 (Tolkien 1978 [Saba Sardi]: 14) + 85 occ. in Tolkien, per 88

complessive – o di uopo – «Scelse all’uopo Balin, Fili e Kili, e Bilbo andò con loro»10

, Tolkien

(1973 [Jeronimidis Conte]: 232) +3 occ. nel corpus.

Tralasciando altri esempi, passerei ora agli aulicismi specifici, come ascoso – «Abbandonate

le caverne ascose / fra le montagne nordiche rocciose»11

, Tolkien (1973 [Jeronimidis Conte]:

209) –, brando – «E se il brando è rovinato, / se sul trono i re cadranno»12

, Tolkien (1973

[Jeronimidis Conte]: 332), +2 occ. nel corpus –, cangiare – «restò inviolata finché la terra non fu

6 Tranne, forse, la forma etimologica eguale: «Come? qualsiasi brigante delle montagne può disporre di eguali

seguaci!», Tolkien [1970 (Alliata): 1066], +1 occ., anche in altri autori: «li accostò. Erano eguali», Leiber (1977

[Rambelli]: 76) +77 occ., tot. 80 occ., contro le 471 di uguale. 7 Invero è assente nell’originale, come del resto favella – «‘I am glad to learn it,’ said Beregond, ‘for now I may say

that strange accents do not mar fair speech, and hobbits are a fair-spoken folk’», Tolkien (1995: 745) – ma

legittimato dal tentativo di rendere, per vie traverse, l’eloquio enfatico del personaggio. 8 Ingl.: «‘A few bay-leaves, some thyme and sage, will do – before the water boils,’ said Sam», Tolkien (1995: 640).

9 Ingl. herein: «and each of you shall find contained herein, amid the design that I set before you, all those things

which it may seem that he himself devised or added», Tolkien (2013: passim). 10

Ingl.: «For this purpose he chose Balin and Fili and Kili, and with them went Bilbo», Tolkien (1997: 175). 11

Ingl.: «Leave the halls and caverns deep, / Leave the northern mountains steep», Tolkien (2011: passim). 12

Ingl. sword (‘spada’): «Though sword shall be rusted, / And throne and crown perish», Tolkien (2011: passim).

5

cangiata e sconvolta, travolta da mari tempestosi»13

, Tolkien (1978 [Saba Sardi]: 218), +12 occ.

nel corpus –, contesto ‘intessuto’: «e tra le sue belle parole altre erano conteste, con tale

sottigliezza che molti di quanti le udivano credevano, a ripensarci, che fossero frutto della

propria mente»14

, Tolkien (1978 [Saba Sardi]: 77) + 4 occ. nello stesso autore –, fumido –

«Lontan sui monti fumidi e gelati / in antri fondi, oscuri, desolati, / prima che sorga il sol

dobbiamo andare / i pallidi a cercar ori incantati»15

, Tolkien (1973 [Jeronimidis Conte]: 26) +3

occ. nel solo Tolkien –, mugghio – «Si udì un mugghio, ed il piede si trasse indietro

spasmodicamente»16

, Tolkien (1970 [Alliata]: 404), +4 occ. nel corpus – e mugghiare – «e su per

il lungo tunnel, dalle più profonde viscere della terra, giunse l’eco di un mugghiare e pestare che

faceva tremare il suolo tutt’intorno»17

, Tolkien (1973 [Jeronimidis Conte]: 247), +31 occ. nel

corpus –, origliere – «“Origliare? Signore, chiedo scusa, ma non capisco. Non vi sono origlieri

in giardino, e non ve ne sono mai stati”, rispose Sam»18

, Tolkien (1970 [Alliata]: 99) –, scalea –

«e, salendo l’ampia scalea della città, fu condotto finalmente alla Torre del Re»19

, Tolkien (1978

[Saba Sardi]: 301), +3 occ. nello stesso testo.

Poiché i traduttori di Tolkien decidono di risolvere certi problemi di resa linguistica in chiave

aulica o letteraria (in modo, peraltro, quasi sempre ingiustificato), non fa meraviglia trovare, in

altre traduzioni anni Settanta, la stessa tendenza a punteggiare il lessico di arcaismi – cfr. ad. es.

guatare: «Ma il peggio fu forse quando, durante una breve pausa, mentre i duellanti ansimavano

guatandosi, il Mouser rivolse un cenno con la mano al ragno gigante più vicino»20

, Leiber (1977

13

Ingl. changed: «remained inviolate, until the land was changed and broken, and foundered under destroying

seas», Tolkien (2013: passim). 14

Ingl. woven (‘intessuto’): «and amid his fair words others were woven, so subtly that many who heard them

believed in recollection that they arose from their own thought», Tolkien (2013: passim). 15

Ingl. misty (‘nebbioso’): «Far over the misty mountains cold / To dungeons deep and caverns old / We must away

ere break of day / To seek the pale enchanted gold», Tolkien (2011: passim). 16

Ingl. bellow ‘muggito’ o ‘mugghio’: «There was a bellow, and the foot jerked back», Tolkien (1995: 316) – la

scelta sembra lecita. 17

Ingl. bellowing: «but up the long tunnel came the dreadful echoes, from far down in the depths, of a bellowing

and a trampling that made the ground beneath them tremble», Tolkien (2011: passim) – cfr. nota precedente. 18

Ingl.: “'Eavesdropping, sir? I don't follow you, begging your pardon. There ain't no eaves at Bag End, and that’s a

fact.’”, Tolkien (1995: 62). Qui l’aulicismo è del tutto gratuito, oltreché illogico, ma giustificato dal fatto di dover

rendere un altrimenti intraducibile gioco di parole (tra eaves, ‘grondaia’, e to eavesdrop, ‘origliare’). 19

Ingl. stairways (‘scale’): «and passing up the wide stairways of the city he was brought at last to the Tower of the

King», Tolkien (2013: passim). 20

Ingl. to eye: «But the worst was perhaps when, during a brief pause while the combatants gasped and eyed each

other dizzily, the Mouser waved coyly to the nearest giant spider», Leiber (2012: passim).

6

[Rambelli]: 345), +11 occ. nel corpus – o aulicismi specifici – cfr. ad. es. aprico: «Quando

furono in cima al passo, si fermarono a osservare il pianoro coltivato sul quale sorgeva l’aprica

Amferé. Le guglie della città luccicavano lontano al sole»21

, De Camp (1973 [Valla]: 23); glauco

(in una quartina di doppi quinari): «Vakar declamò: / “In cima al cassero di lampi livido / Lyr

l’arma folgora glauca ed ulvacea. / Là dove lacera il rebbo triplice / Di vampa vindice /

s’accende un circolo: / Quell’igneo margine salva l’Indomito…”»22

, De Camp (1973 [Valla]:

63), + 4 occ. nel corpus; desio: «“[…] Questi individui, d’incantesimi non necessitano per

cambiar forma, e ogni notte il desio di diventar orso, o cinghiale selvaggio, o lupo… ogni notte

quel desio li prende […]”»23

, Anderson (1979 [Rambelli]: 110) +2 occ. nello stesso testo.

6. Il galateo di Sir Mandorallen

La strada dell’elevazione lessicale è tracciata in modo tale che, alla fine degli anni Ottanta, i

traduttori perseguono la stessa strategia. A questo proposito giova ricordare l’esempio di Sir

Mandorallen, personaggio del ciclo dei Belgariad di Eddings. Il nobile cavaliere appartiene alla

stirpe dei Mimbrati, dei quali si evidenzia l’eloquio antiquato e cerimonioso24

. Sir Mandorallen

non fa eccezione, sia per quanto riguarda, ad. es., la morfologia avverbiale, con adunque –

«Mandorallen si raddrizzò sulla sella. / “Contempla!” annunciò, con voce tale che probabilmente

venne udita in tutta la città. “Vi porto onore oltre ogni misura: spalancate adunque le porte del

palazzo […]”»25

, Eddings (1987 [Guarnieri]: 126), +1 occ. nello stesso testo. –, sia per quanto

21

Ingl., sunny: «They paused as they topped the pass to look out over the irrigated plain on which stood sunny

Amferé. The spires of the city shone distantly in the afternoon sun», De Camp (2014: passim). 22

Ingl. seaweed-clad (‘rivestito di alghe’): «Vakar declaimed: / ‘Down to the deck livid with lightnings, / Scaly and

seaweed-clad, Lyr thrust his trident. / Where the spear struck rose there a rufous / Ring-fence of fire, helping the

hero …’», De Camp (2014: passim) – la traduzione, apprezzabile dal punto di vista metrico, appare inutilmente

virtuosistica rispetto all’originale. 23

Ingl. desire: «They need no spell to change form, and each nicht the desire to turn bear, or wild boar, or wolf, or

whate'er the animal may be for the person... each nicht that desire overwhelms them.», Anderson (2010: passim) –

ma il personaggio che parla ha un’inflessione particolare, resa da Anderson con le forme nicht (anglosassone per

night) e whate’er (contrazione, poetica, di whatever): la traduttrice scarica su un’altra parola (desio) il peso

dell’idioletto di quel particolare personaggio. 24

«“Parlano tutti in quel modo?” domandò Garion, con un certo rancore. “Con tutte quelle forme antiquate?” / “I

Mimbrati hanno la tendenza ad essere molto formali” spiegò zia Pol. “Ti ci abituerai”», Eddings (1987 [Guarnieri]:

82). 25

«‘Behold!’ he announced in a voice that could probably be heard all over the city. ‘I bring you honor beyond

measure. Fling wide the palace gates and prepare one and all to make obeisance. […]’», Eddings (2012: 168).

7

riguarda il lessico, con arcaismi come invero e uopo (rispettivamente 5 e 3 occ. nello stesso

autore), per i quali cfr. Tolkien, sempre pronunciati da Mandorallen o da altri esponenti dei

Mimbrati. Da segnalare anche l’uso di codesto, che, in questa sede, sembra usato non tanto per

indicare persone o cose prossime a chi ascolta, o appena nominate, quanto per ovviare a una

difficoltà di resa dell’inglese antiquato dei cavalieri mimbrati: «“Sir Mandorallen” replicò con

gravità il sovrano, “leggendaria è la tua devozione alla verità ed al dovere. Puoi tu per caso

identificare codesti cospiratori?”»26

(Eddings 1987 [Guarnieri]: 63), + 16 occ. nello stesso

autore, per 86 complessive nel corpus.

7. Tra i celti e Brancaleone

Nei primi anni Duemila, vi è almeno un altro caso di stirpe di individui che parla in modo

arcaico, cioè quella dei dalriada, schivi abitanti di una pseudo-Irlanda nel ciclo di Kushiel di

Jacqueline Carey. Di fronte allo stesso ordine di problemi citato nel paragrafo precedente, qui il

traduttore, probabilmente, si fa “prendere la mano”, a partire dal versante fonetico, con forme

sincopate come adoprare – «Lo privilegio abbiamo di adoprarci per lui in codesto modo ma

franger non potiamo i geis che in su le Tre Sorelle son derivati»27

, Carey (2005 [Villa]: 729) – o

la mancata epentesi in medesmo – «“Gildas menerà le signorie vostre dallo Signore dello

Stretto”, aggiunse il giovane. “Io medesmo baderò a li altri. Assai fatigati siete et spaurati.

Offeriamo a voi riposanza e soccorro”»28

, Carey (2005 [Villa]: 723). Noteremo, en passant, la

conservazione della sonora latina in fatigati, forma da antica lingua letteraria e, dalla fine del

Settecento in poi, marcatamente poetica – Serianni (2001: 82). Sul piano morfologico, oltre

all’epitesi consonantica postvocalica di et, vi sono altre scelte elevate, come ad. es. il

26

«‘Sir Mandorallen,’ the king responded gravely, ‘thy devotion to truth and duty are legendary. Canst thou

perchance identify these plotters?’», Eddings (2012: 180) – la traduttrice, alla ricerca di una equivalenza, sposta il

peso degli arcaismi inglesi (thy, thou), su codesto, riconoscendogli forse il côté di termine raro e letterario. 27

«“[…] Thus are we privileged to serve. But we cannot break the geis who are born to the Three Sisters”», Carey

(2002: passim). 28

«“Gildas will take thee to the Master of the Straits,” the younger man said. “I will see to the others. Thou art

weary, and fearful. We offer rest and succor.“», Carey (2002: passim). Come in Eddings, la resa degli arcaismi in

italiano è problematica, e si cerca di spostarne il peso su altre parole (ma qui, naturalmente, esagerando).

8

condizionale in -ria – «“La Prima Sorella trovasi… colà”, replicò indicando il sud. “A un

dipresso sarian tre leghe. Ricca è di bovi, volatili et sidro”»29

, Carey (2005 [Villa]: 728).

Ora, è chiaro che tale acribia filologica, dantizzante e petrarchizzante, pur apprezzabile, da un

lettore benevolo, per la tentata ricostruzione di un italiano autenticamente medievale (appropriato

al mondo neofeudale della Carey), rappresenta purtroppo anche un esito nient’affatto

equipollente all’originale, approdando a un mistilinguismo involontariamente comico, quasi

“brancaleonesco” – cioè vicino agli stereotipi linguistici presentati, in ambito filmico, ne

L’Armata Brancaleone di Mario Monicelli. Questo si riverbera anche sul piano lessicale, con

impiego di lemmi come bove, riposanza, spaurato, ecc., che vanno fatalmente a collocarsi nello

stesso contesto, poniamo, di un forestierismo come geis ‘vincolo magico nei testi letterari antico-

irlandesi’ [cfr. Costa (2008: 145 n.)], creando un singolare ircocervo linguistico.

8. Conclusione

Nel passare in rassegna i caratteri linguistici delle sopracitate traduzioni, torna alla mente il

celebre parallelo tra letteratura fantascientifica e romanzo cavalleresco svolto da Solmi nella

prefazione all’antologia Le meraviglie del possibile, e nei coevi saggi sul fantastico. Il critico, in

sostanza, interpretava i romanzi di science-fiction come moderne chansons de geste, rivolte,

«anziché al passato, ad un futuro che gli attuali mezzi tecnici lascerebbero prevedere assai

prossimo», con un recupero della favola, «bandita o tollerata soltanto come confessato scherzo

letterario» dalla letteratura moderna [Solmi (2000: 81-83)]. Il raffronto, a maggior ragione, sarà

valido anche per la letteratura fantasy, che nel fiabesco trova uno dei suoi elementi costitutivi, e

che si rivolge, in genere, a un passato, se non coincidente, almeno modellato su quello

medievale. Ed è sulla scorta di Solmi che chi scrive ravvisa, nei traduttori italiani alle prese con i

romanzi fantasy, una fascinazione simile a quella che dovevano provare i nostri volgarizzatori

trecenteschi di fronte alla resa in italiano dei cicli di Francia e di Bretagna. Davanti a un corpus

di gesta e leggende di mondi neomedievali, è comprensibile, insomma, che nei traduttori di

fantasy agisca la memoria letteraria, e che la via del recupero di arcaismi e aulicismi sia sentita

29

«“First Sister lies… thence,” he said, pointing in a southerly direction. “Some three leagues. She is rich in kine

and fowl and cider, […]», Carey (2002: passim).

9

come lecita e percorribile. Tuttavia, gli innesti letterari, ben lungi da recuperare un rapporto con

la tradizione, conducono di norma alla creazione di una lingua solo a tratti arcaicizzante e

medievaleggiante, e per certi versi discontinua e aberrante, non solo nei confronti dei testi

originali, ma anche rispetto alla storia linguistica dell’italiano.

Bibliografia

Testi

Anderson, Poul,

1979 Tre cuori e tre leoni, Milano, Nord.

Anderson, Poul

2010 Three Hearts & Three Lions, London, Orion (e-book).

Carey, Jacqueline

2002 Kushiel’s Dart, New York, Tor (e-book).

Carey, Jacqueline

2005 Il dardo e la rosa, Milano, Nord.

De Camp, Lyon Sprague

1973 L’anello del tritone, Milano, Nord.

De Camp, Lyon Sprague

2014 Lest Darkness Fall; Rogue Queen; The Tritonian Ring, London, Orion (e-book).

Eddings, David

1987 La regina della magia, Milano, Nord.

Eddings, David

2012 Queen of Sorcery, London, Corgi Books.

10

Leiber, Fritz

1977 Il mondo di Nehwon, Milano, Nord.

Leiber, Fritz

2012 Swords Against Death, London, Orion (e-book).

Saba Sardi, Francesco

1978 «Nota del traduttore», in J.R.R. Tolkien, Il Silmarillion, Milano, Rusconi, pp. 387-388.

Tolkien, J.R.R.

1970 Il signore degli anelli, Milano, Rusconi.

Tolkien, J.R.R.

1973 Lo hobbit: o la riconquista del tesoro, Milano, Adelphi.

Tolkien, J.R.R.

1978 Il Silmarillion, Milano, Rusconi.

Tolkien, J.R.R.

1995 The Lord of the Rings, London, Harper Collins.

Tolkien, J.R.R.

2011 The Hobbit: Enhanced Edition, London, Harper Collins (e-book).

Tolkien, J.R.R.

2013 The Silmarillion, London, Harper Collins (e-book).

Valla, Riccardo

1973 «Presentazione», in Lyon Sprague de Camp, L’anello del tritone, Milano, Nord, pp. I-

VII.

Letteratura critica

Antonelli, Giuseppe

11

2007 L’italiano nella società della comunicazione, Bologna, Il mulino.

Baudou, Jacques

2005 La fantasy, Paris, Presses universitaires de France.

Costa, Gabriele

2008 La sirena di Archimede: etnolinguistica comparata e tradizione preplatonica,

Alessandria, Edizioni dell’Orso.

Morini, Massimiliano

2007 La traduzione: teorie, strumenti, pratiche, Milano, Sironi.

Runcini, Romolo – Mancini, C. Bruna

2009 Universi del fantastico: per una definizione di genere, Napoli-Roma, Edizioni

scientifiche italiane.

Salmon, Laura

2003 Teoria della traduzione: storia, scienza, professione, Milano, Vallardi.

Schulte, Rainer – Biguenet, John

1992 Theories of translation: an anthology of essays from Dryden to Derrida, Chicago,

University of Chicago Press.

Serianni, Luca

2001 Introduzione alla lingua poetica italiana, Roma, Carocci.

Solmi, Sergio

2000 Letteratura e società: saggi sul fantastico, la responsabilità della cultura, scritti di

argomento storico e politico, Milano, Adelphi.

Suvin, Darko

2009 «Discorrendo del significato di “fantasy” o “narrativa fantastica”», in Contemporanea, 7,

pp. 11-48.

12

Tymn, Marshall B. – Zahorski, Kenneth J. – Boyer, Robert H.

1978 Fantasy literature: a core collection and reference guide, New York-London, Bowker.

Si ringrazia Pierdomenico Baccalario per aver messo a disposizione i libri fantasy della Collezione

Immergenti (Vicolo dei Dottori, Acqui Terme).

Recommended