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Facoltà di Scienze Politiche
Corso di Laurea in Servizio Sociale
Tesi di Laurea Triennale:
“Campagne di sensibilizzazione all’affido familiare: esigenza di una cultura di solidarietà, impegno e cooperazione.”
Candidato: Relatore: Natalja Basso
Chiar.mo Professor Roberto Mazza
2
Allora un ricco disse: Parlaci del Donare.Ed egli rispose:
Donerete ben poco se donerete i vostri beni.E' quando fate dono di voi stessi che donate veramente.
G.Kahlil Gibran
3
Indice Introduzione…………………………………………………………………………………pag.4-5 Cap.1: “L’esigenza della diffusione di una nuova cultura: l’affidamento familiare”…pag.6-21
1.1. I riconoscimenti dei diritti dei minori 1.2. L’affidamento familiare: un servizio a tutela del minore e della sua famiglia
1.3. L’importanza della sua promozione
1.4. Le fasi di pianificazione in una campagna di sensibilizzazione
1.5. I limiti del marketing sociale
1.6. La tecnica persuasiva nella pubblicità sociale
Cap.2: “Campagne di sensibilizzazione in alcune cittàitaliane”……………………..pag.22-53 2.1. Il contributo del privato sociale 2.2. Il lavoro svolto dal Coordinamento Tecnico Centrale Affidi di Milano 2.2.1 Cronologia dei volantini utilizzati per la promozione 2.3 La campagna di sensibilizzazione realizzata nel Comune di Torino 2.3.1 “Mi presti la tua famiglia? La mia è un po’ in difficoltà.” 2.4.Parma e le sue iniziative: dalla fiaba di Fuochetto… 2.4.1…..alla coperta per Linus 2.4.2 Recensione del film: La guerra di Mario 2.5. Sarzana: il concorso di idee per la realizzazione di un marchio sul tema dell’affidamento familiare 2.5.1. Il logo “Mi affido di te” 2.5.2. Recensione del film: Il bambino e il poliziotto Conclusioni…………………………………………………………… pag. 54-56
4
INTRODUZIONE
Lo spunto per la realizzazione di questo lavoro scaturisce da un tirocinio svolto presso il
Comune di Arcola, facente parte del Distretto Socio-Sanitario della Val Di Magra (SP).
Qui è nato in me un interesse riguardo alle strategie di comunicazione nell’ambito del
sociale.
La mia attenzione si è focalizzata verso un genere di pubblicità che non ha lo scopo di
vendere dei prodotti commerciali, ma è diretta alla promozione e alla diffusione di
atteggiamenti e valori che mirano al miglioramento della società: stiamo parlando della
pubblicità sociale.
L’obiettivo del presente lavoro è confrontare le attività di promozione sociale svolte in
alcune città italiane: Milano, Torino, Parma, Sarzana (SP).
Non si tratta tuttavia di un’analisi teorica, bensì verranno analizzati degli esempi concreti
riguardo una tematica che ben si presta a divenire oggetto di campagne di
sensibilizzazione: l’affidamento familiare.
Ho scelto questo tema perché sono rimasta sconcertata da alcuni dati noti al 2007: nella
Provincia di La Spezia sono stati effettuati dal 2000: 40 affidamenti familiari e 26
affidamenti diurni, 7 dei quali rientrati in famiglia; ancora 15 bambini erano in lista
d’attesa, sia per affidi diurni che residenziali, 4 dei quali in comunità.1
E’ necessario sensibilizzare maggiormente la popolazione riguardo a questo fenomeno, e
spingerla ad aiutare i bambini in difficoltà.
Nel primo capitolo viene data la definizione di affidamento familiare, cercando di far
comprendere l’utilità di questo servizio e spiegandone la differenza con l’adozione.
Si tenta poi di far comprendere la necessità di rintracciare più famiglie affidatarie possibili
e, di conseguenza, di trasmettere l’importanza di una campagna di sensibilizzazione a
favore dell’affido.
Si passa quindi ad una breve rassegna di quelle che sono le fasi necessarie per la
realizzazione di una campagna di sensibilizzazione basata sul marketing sociale, spiegando
le caratteristiche che la distinguono da una campagna basata sul marketing tradizionale,
richiedendo pertanto l’adozione di strategie comunicative proprie.
Il capitolo si conclude con un’analisi delle tecniche di comunicazione da utilizzare. 1 Dati reperiti in “Progetto Affido Familiare”del Distretto Socio-Sanitario della Val Di Magra (SP)
5
Il secondo capitolo presenta alcune campagne di sensibilizzazione dell’affidamento
familiare svolte negli ultimi anni in alcune città italiane.
Le città di Milano, Torino e Parma si sono appoggiate ad associazioni e cooperative del
privato sociale per rendere più efficace il loro lavoro, mentre l'ultimo Comune sopra citato,
ha confidato nella diligenza e nella creatività dei propri tecnici, realizzando importanti
iniziative.
Ci si sofferma, infine, sull’analisi dei volantini utilizzati per la promozione.
Questo studio empirico ha lo scopo di osservare quali sono le tecniche e le modalità
adottate da ciascuna città per sensibilizzare i cittadini riguardo alle tematiche
dell’affidamento familiare.
Il presente lavoro non ha l’ambizione di essere un’analisi esaustiva del tema della
sensibilizzazione, ma vuole essere piuttosto uno spunto di riflessione su come si possono
informare i cittadini e spingerli a modificare i propri comportamenti.
6
CAPITOLO 1
“L’esigenza della diffusione di una nuova cultura :
l’affidamento familiare”
1.1 I riconoscimenti dei diritti dei minori
“Non c’è responsabilità più sacra di quella che il mondo ha verso i bambini.
Non c’è dovere più importante di garantire che siano rispettati i loro diritti, che il loro
benessere sia tutelato, che le loro vite siano libere dalla paura e dal bisogno che essi
possano crescere nella pace”.
Kofi Annan2
Mai come negli ultimi decenni si è parlato di diritti dell’infanzia.
Dopo secoli in cui i bambini sono stati considerati esseri inferiori, privati della loro identità
e di ogni tipo di diritto, da diversi anni si è sviluppata una diffusa consapevolezza del
valore dell’infanzia, arrivando alla firma a New York, il 20 Novembre 1989, della
Convenzione ONU sui diritti del fanciullo3.
Convenzione ratificata in seguito da tutti i paesi, Italia compresa con la legge
n.176/’91,4tranne Stati Uniti d’America e Somalia.
Il 26 Gennaio 1996 è stata firmata a Strasburgo una Convenzione europea sull’esercizio
dei diritti dei fanciulli, ratificata, tra gli altri, dall’Italia con la Legge n.77/’03 5.
Ma perché dalle leggi si passi alla reale applicazione dei principi in esse enunciati, non è
sufficiente la loro approvazione, occorre un impegno diffuso tra tutti i cittadini e, quindi,
una capillare sensibilizzazione sul tema.
Per questo molte città sono impegnate da tempo in una serie di iniziative, volte a
diffondere una cultura per la garanzia dei diritti dell’infanzia, perché i ragazzi di oggi sono
la base della società di domani.
2 Parole scritte dall’ex Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi A. Annan, nell’introduzione al Rapporto UNICEF 2000 3 Convenzione O.N.U. sui diritti del fanciullo, firmata a New York il 20 Novembre 1989
4 Legge del 27 Maggio 1991, n.176 ”Ratifica ed esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo, firmata a New York il 20 Novembre 1989”, in G. U. n.135 dell’ 11/06/91 5 Legge del 20 Marzo 2003, n.77 ”Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli, firmata a Strasburgo il 25 Gennaio 1996”, in G.U. n. 91 del 18/04/03
7
Le stesse sono rivolte, in primo luogo, ai ragazzi, poiché risulta fondamentale renderli
consapevoli di essere portatori di diritti, che, se esercitati, diano loro la possibilità di
diventare adulti coscienti, responsabili e solidali.
1.2. L’affidamento familiare: un servizio a tutela del minore e della sua famiglia
L’affidamento familiare è un servizio amministrativo pubblico che la legge mette a
disposizione delle famiglie in difficoltà, con minori.
Occorre distinguerlo dall’adozione, la quale allontana definitivamente un minore dalla sua
famiglia d’origine, facendogli rescindere qualsiasi tipo di rapporto, perché la famiglia
naturale è considerata inadeguata a crescerlo.
Consiste nell’inserire, per un periodo determinato6, un minore in una famiglia diversa dalla
sua naturale, poiché il nucleo d’origine è giudicato temporaneamente inidoneo a crescerlo.
Si rivela,quindi, uno strumento di tutela del minore.
La famiglia affidataria deve essere in grado di assicurare un’adeguata risposta a tutti i suoi
bisogni: affettivi, educativi, di mantenimento, di istruzione, di crescita, con la garanzia del
rispetto della sua storia e delle sue relazioni significative.
In questo modo, sono garantite al minore condizioni assai più adatte al suo processo
evolutivo, rispetto a quelle offerte da un istituto o da una comunità7.
L’affidamento si inserisce in un progetto ampio: la tutela del minore è accompagnata da un
percorso parallelo di sostegno, controllo e recupero della sua famiglia d’origine.
L’affido è dunque un intervento al servizio della famiglia, oltre che del minore.
L’affidamento familiare è disciplinato dalla Legge 184/19838 recante la”Disciplina
dell’adozione e dell’affidamento dei minori”, in seguito modificata dalla Legge 149/2001 9,
Diritto del minore ad avere una famiglia” , che ha previsto la cessazione ( con scadenza
massima il 31 Dicembre 2006)del ricovero, negli istituti, dei minori privi temporaneamente
di un ambiente familiare idoneo, indicando l’affidamento familiare come la strada
principale da percorrere.
6 La durata del periodo è specificata nel progetto di aiuto elaborato dai professionisti del settore 7 D.Ghezzi e F.Vadilonga, “La tutela del minore”, Raffaello Cortina, Milano,1996, pp 123-124 8
Legge del 4 Maggio 1983, n.184 recante “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento familiare”, in G.U. n.133 del 17/05/83 9 Legge del 28 Marzo 2001, n.149 “ Modifiche alla L.184/83”, in G.U. n. 96 del 26/04/01
8
Tale legge ha posto, però, un limite di tempo dell’affido di due anni, con la possibilità di
rinnovarlo una volta soltanto.
Questo tipo di intervento è stato istituito, innanzitutto, per tutelare il minore che vive in
una famiglia la quale, temporaneamente, non può prestargli le cure di cui ha bisogno, ed
inoltre per compensare le difficoltà di quella d’origine, senza privarla della possibilità di
esprimere le proprie risorse residue, di partecipare al progetto affido, di avere rapporti
significativi con i propri figli e della speranza di far rientrare i figli in famiglia.
L’obiettivo dell’affido è evitare il ricovero del minore in istituto, o di favorire la
deistituzionalizzazione dei minori ricoverati.
1.3. L’importanza della sua promozione
L’affido familiare è un diritto riconosciuto, da molti anni, ai minori che vivono in famiglie
con difficoltà.
Purtroppo molta gente non è ancora ben informata dell’esistenza di questo diritto.
La legge 149/01 prevede che, garanti di questo diritto, siano lo Stato, le Regioni e gli Enti
Pubblici, i quali, oltre alla tutela del diritto, sono chiamati ad essere promotori
dell’informazione pubblica in merito all’affidamento ( articolo 1,comma tre), anche
organizzando corsi di promozione, preparazione ed aggiornamento degli operatori sociali e
delle famiglie 10.
Il Ministero ha approvato, proprio di recente, un programma di rilancio, da realizzarsi in
collaborazione con il Coordinamento Nazionale per i Servizi per l’Affido e con il Centro
Nazionale di Documentazione e Analisi per l’Infanzia e l’Adolescenza, allo scopo di
rafforzare i Centri affido sul territorio nazionale e di stimolare le realtà in cui è ancora
assente.
All’iniziativa sono state destinate risorse finanziarie per oltre 200mila euro, da utilizzare in
particolare per la formazione continua degli operatori, per la diffusione di buone pratiche
presenti sul territorio nazionale e per la promozione dell’affido familiare, anche attraverso
10 Articolo 1, comma 3: “ Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie competenze, sostengono, con idonei interventi, nel rispetto della loro autonomia e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l’abbandono e di consentire al minore di essere educato nell’ambito della propria famiglia. Essi promuovono altresì iniziative di formazione dell’opinione pubblica sull’affidamento e l’adozione e di sostegno all’attività delle comunità di tipo familiare, organizzano corsi di preparazione ed aggiornamento professionale degli operatori sociali nonché incontri di formazione e preparazione per le famiglie e le persone che intendono avere in affidamento o in adozione minori. I medesimi enti possono stipulare convenzioni con enti o associazioni senza fini di lucro che operano nel campo della tutela dei minori e delle famiglie per la realizzazione delle attività di cui al presente comma”
9
un’attenta riflessione sull’organizzazione dei servizi e per la costruzione di reti anche con il
terzo settore11 .
L’urgenza della promozione sussiste a causa della chiusura degli istituti, avvenuta il 31
dicembre 2006 (art.2 comma quattro), e del conseguente aumento del numero di minori in
carico ai servizi.
Dall’anno 2007 gli affidamenti sono di esclusiva competenza familiare o di comunità di
tipo familiare.
Compiere delle campagne di sensibilizzazione è molto importante per far promuovere una
nuova cultura dell’affidamento, per cercare prima di tutto di favorire l’emergere, nel
contesto della nostra società, di una nuova sensibilità rispetto alle difficoltà di alcune
famiglie ed ottenere da parte del maggior numero di esse, un’adesione importante e
spontanea al progetto.
1.4 Le fasi di pianificazione in una campagna di sensibilizzazione Per sensibilizzare i cittadini ad un intervento come quello dell’affido, gli Enti Locali
adottano campagne di marketing sociale12.
Esse mirano principalmente a risolvere dei problemi di interesse collettivo attraverso il
cambiamento degli atteggiamenti e dei comportamenti di individui e di gruppi sociali.
In queste campagne, l’accento è posto sui benefici che possono derivare all’individuo e alla
società nel suo insieme dall’adozione di un comportamento.
L’interesse individuale si trova sempre connesso all’interesse collettivo13.
Le fasi di pianificazione per una campagna di marketing sociale ricalcano il processo di
marketing attuato dalle imprese per la commercializzazione di prodotti e servizi.
La gestione del processo di pianificazione di marketing prevede essenzialmente: un’analisi
del macro e del micro ambiente (variabili socio-culturali, politiche,economiche, etc.) ; lo
sviluppo del piano di marketing (obiettivi, strategie e programmi d’azione);
l’organizzazione e l’attuazione del piano; il controllo e la valutazione dell’efficacia
dell’azione di marketing14 .
11
Parole pronunciate dal Sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella del Ministero del Lavoro, della Salute, e delle Politiche Sociali nel discorso per inaugurare la nuova Comunità di accoglienza per minori “Villa Sole” 12 Il Marketing Sociale può definirsi come l'utilizzo delle strategie e delle tecniche del marketing per influenzare un gruppo target ad accettare, modificare o abbandonare un comportamento in modo volontario, al fine di ottenere un vantaggio per i singoli individui o la società nel suo complesso 13
S.Tamburini, “Marketing e comunicazione sociale”, Lupetti & Co., Milano, 1992, p.85 14 S. Tamburini, “Marketing e…”, op.cit, p.98
10
Affinché l’azione di marketing sia efficace, è necessario che il processo di pianificazione
parta da un esame della situazione esistente e dei fattori più rilevanti in relazione al
problema che si vuole risolvere.
Principalmente le ricerche di marketing devono fornire informazioni sia sugli individui e i
gruppi sociali sui quali s’ intende agire, sia sul contesto ambientale all’interno del quale
agiscono le forze che sostengono l’idea indesiderata e quelle che favoriscono il
comportamento atteso 15.
Oltre all’indagine ambientale, che consente, attraverso l’identificazione della situazione
attuale e delle tendenze emergenti, di individuare l’esistenza di problemi e opportunità che
influenzano le decisioni di marketing, è necessario approfondire l’esame dei gruppi e degli
individui verso i quali è specificatamente indirizzata l’iniziativa di marketing.
Più dati si hanno sulle persone che si desidera attuino un cambiamento, più facile sarà
selezionare, raggiungere e motivare i gruppi obiettivo16.
Definito il problema e prima di impostare strategie e piani d’azione, è necessario
considerare le risorse disponibili e fissare gli obiettivi della campagna.
Gli stessi devono essere realistici, cioè ragionevolmente raggiungibili.
Sono dunque da evitare obiettivi ambiziosi, troppo estesi o complessi per essere tradotti in
azione, e devono, in ogni caso, essere fissati secondo un ordine di priorità: poiché, è
necessario selezionare, tra un insieme di molteplici fini, i più importanti e appropriati in
relazione alle risorse disponibili.
Stabilire degli obiettivi quantificabili, ragionevoli e secondo una gerarchia d’importanza, è
utile per definire il piano di marketing, per definire il budget necessario e per consentire il
controllo e la valutazione dell’azione di marketing.
Gli obiettivi della campagna, così come i conseguenti piani d’azione, devono
necessariamente confrontarsi con le risorse disponibili che possono essere di vario tipo:
finanziarie, umane, organizzative.
Anche la dimensione temporale è una variabile da tenere presente, sia come risorsa (tempo
disponibile), sia come punto di riferimento per garantire la coerenza e la continuità nella
successione delle diverse azioni di marketing.
La definizione delle strategie e dei programmi d’azione, che prevedono l’uso degli
strumenti di marketing, presuppone la descrizione e la selezione dei gruppi-obiettivo, cioè
la segmentazione17.
15 Cfr. Mcguire 1989, p.43-66 16
S.Tamburini, “Marketing e…”, op.cit, p.101 17 S.Tamburini, “Marketing e…”, op.cit, pp.105-106
11
Dopo aver selezionato i gruppi-obiettivo che si vogliono raggiungere, è necessario
posizionare il prodotto offerto all’interno di ogni segmento.
Nel marketing sociale il prodotto è rappresentato principalmente da idee e comportamenti
che spesso sono correlati ad un servizio.
Come nel marketing tradizionale, anche nel marketing sociale è possibile identificare la
concorrenza.
Secondo Kotler, la principale forma di concorrenza nel marketing sociale è comunque
rappresentata dall’idea o dal comportamento che si vuole modificare offrendo idee e
comportamenti alternativi18.
Gli elementi del marketing mix, prodotto, distribuzione, promozione, rappresentano gli
strumenti che consentono di tradurre gli obiettivi e le decisioni strategiche in specifici
programmi d’azione, in funzione dei segmenti obiettivi prescelti.
La distribuzione si riferisce ai canali attraverso i quali il prodotto raggiunge i gruppi
obiettivo.
La gestione del sistema di distribuzione implica l’individuazione e la selezione dei canali,
la coordinazione e il controllo dell’intera rete distributiva così costituita.
Le decisioni in merito alla quantità e al tipo di canali da utilizzare dipendono dalle risorse
disponibili, dal tipo di offerta (servizi, idee), dalle caratteristiche dei gruppi obiettivo
(numero, preferenze) e dalla struttura degli intermediari.
Nel marketing sociale se l’offerta comprende servizi, sarà necessario definire una rete di
canali che li renda fisicamente disponibili alle persone, mentre per idee e comportamenti la
rete distributiva avrà un carattere più astratto, essendo costituita principalmente da mezzi
di comunicazione, interpersonale e di massa.
Per quanto riguarda la promozione, le attività di comunicazione svolgono un ruolo
predominante in quanto, di solito, l’obiettivo delle campagne consiste inizialmente nella
diffusone di informazioni e nella sensibilizzazione degli individui su un problema sociale
specifico, in modo da creare i presupposti necessari per la modifica di idee e
comportamenti.
Scopo della strategia di comunicazione è consentire la continuità e la coerenza a lungo
termine delle varie iniziative di comunicazione, fornendo le linee guida per lo sviluppo dei
messaggi (scelta dei concetti e realizzazione creativa) e la loro diffusione (scelta dei mezzi
e dei materiali, tempi e luoghi di diffusione).
18
P. Kotler e E.Roberto, “Marketing Sociale.Strategie per modificare i comportamenti collettivi”, Edizioni di Comunità, Milano, 1991, p.41
12
Durante la fase di realizzazione dei messaggi e prima della loro trasmissione, è necessario
eseguire in ogni caso dei pre-test in modo da selezionare quelli che dimostrano maggiori
potenzialità persuasive, per rivedere e migliorare ciò che è stato fatto.
E’ importante che tali verifiche siano effettuate sottoponendo il messaggio alla valutazione
di individui che appartengono ai target group prescelti19.
Altre questioni importanti, spesso ignorate nelle campagne di comunicazione sociale,
riguardano la necessità di attuare strategie di comunicazione verso altri tipi di pubblico,
oltre ai gruppi obiettivo principali (direttamente coinvolti nel problema che si vuole
risolvere), e la necessità di impiegare tutti i mezzi e i materiali di comunicazione necessari
e disponibili piuttosto che diffondere esclusivamente messaggi pubblicitari attraverso i
mass media.
Spesso il successo di una campagna dipende anche dall’appoggio fornito da alcuni gruppi
di influenza e da istituzioni pubbliche o private (scuole, associazioni).
Alcuni di questi svolgono, inoltre, una funzione centrale nella diffusione dei messaggi in
quanto ricoprono un ruolo d’ intermediazione tra chi sponsorizza la campagna e coloro che
dovrebbero beneficiarne.
Per queste ragioni è necessario attuare iniziative di comunicazione e di pubbliche relazioni,
in modo da ottenere il maggior sostegno possibile da parte dei pubblici più influenti e di
considerare, come parti del sistema distributivo, gli intermediari che veicolano il
messaggio attraverso comunicazioni interpersonali (organizzazioni locali, opinion leader).
Per la diffusione del messaggio si possono utilizzare tutti i mezzi e i materiali previsti dalla
comunicazione di marketing.
I mass media, la comunicazione personale e la comunicazione selettiva (direct mail e
telemarketing) sono strumenti complementari che devono essere integrati e coordinati
secondo le indicazioni fissate nella strategia di comunicazione.
La scelta dei media e dei tempi da utilizzare per la diffusione del messaggio deve essere
effettuata in funzione delle caratteristiche e delle abitudini dei target group, del tipo di
prodotto offerto, del messaggio e, ovviamente, dei costi previsti, considerando i vantaggi e
i limiti di ogni specifico mezzo.
Mentre i mass media sono particolarmente utili per creare e diffondere, in breve tempo e
tra un grande numero di individui, consapevolezza e conoscenza, i media personali e
selettivi consentono di fornire informazioni più dettagliate e di stimolare più efficacemente
il cambiamento di atteggiamenti e comportamenti.
19
S.Tamburini, “Marketing e…”, op.cit, pp.119-123
13
Le fasi di controllo e di valutazione del piano di marketing comprendono vari tipi
d’intervento che si differenziano tra loro per le metodologie di ricerca e di analisi
impiegate, i tempi di attuazione, i livelli e le parti del programma presi in esame.
La misurazione dell’efficienza (rapporto costi/benefici) e dell’efficacia (raggiungimento
degli obiettivi) delle campagne implica diversi gradi di complessità che dipendono, in
particolare, dal tipo di offerta (idee, comportamenti, prodotti, servizi) e dagli obiettivi che
si intendono raggiungere (cambiamenti cognitivi, comportamentali).
Le attività di controllo e valutazione vanno comunque concepite come un processo
continuativo nel quale si possono distinguere due momenti principali: da un lato le fasi di
definizione e d’implementazione del piano, dall’altro la fase di misurazione dei risultati
conseguiti al termine della campagna.
Prima dell’implementazione del piano è necessario fissare degli obiettivi quantificabili, i
tempi di attuazione e alcuni standard di controllo misurabili, in modo da avere,
successivamente, un punto di riferimento per la valutazione sia delle attività realizzate, sia
di coloro che le eseguono.
In seguito, nella fase di sviluppo del piano, si devono realizzare una serie di pre-test sia sui
singoli elementi del marketing mix (messaggi, canali, prodotti/servizi), sia sul programma
nel suo insieme (test di mercato su scala ridotta).
Anche se i pre-test non offrono una garanzia sull’efficacia del piano, sicuramente
consentono di eliminare in anticipo quelle azioni che sarebbero inefficaci.
Nella fase di attuazione del piano, mentre il processo di implementazione procede, sono
eseguiti controlli periodici e sistematici per determinare in che misura il programma di
marketing risponde agli obiettivi e per approntare, eventualmente, tempestive azioni
correttive.
Questa fase comprende una continua valutazione sulle componenti del programma e viene
eseguita solitamente su scala ridotta, ad intervalli prefissati.
Sono oggetto di analisi e di controllo le diverse aree di azione coinvolte: la risposta e la
reazione dei gruppi obiettivo (alla comunicazione, al prodotto/servizio); le attività di tutti i
tipi di intermediari utilizzati; la comunicazione interpersonale; i canali di diffusione dei
messaggi (verifiche su tempi e spazi utilizzati dai mezzi); la penetrazione e l’impatto della
comunicazione; l’analisi finanziaria dei costi.
Al termine della campagna vengono invece attuate rilevazioni più approfondite e su larga
scala per determinare gli effetti e l’efficacia del piano di marketing in relazione ai
cambiamenti attesi, posti come obiettivo iniziale.
14
La valutazione dell’efficacia del programma implica misurazioni di tipo diverso, attuate a
vari livelli, che possono comprendere: i cambiamenti determinati nei gruppi obiettivo a
livello cognitivo, affettivo o comportamentale; i cambiamenti provocati a livello sociale;
l’analisi dei costi, che riguarda questioni quali il costo totale della campagna e il costo per
unità per intervallo di tempo.
Per verificare pienamente l’efficacia di una campagna sarebbe inoltre necessario, per
quanto particolarmente difficoltoso e dispendioso, determinare da un lato in che misura i
cambiamenti riscontrati siano stati provocati dai vari strumenti utilizzati o piuttosto da altri
fattori esterni, contestuali e legati all’azione di altre forze ambientali, dall’altro i processi
causali, di tipo psicologico e/o sociale, che possono spiegare a livello teorico come siano
stati ottenuti determinati effetti20.
In ogni caso, l’intero piano di marketing va considerato come un processo interattivo e
circolare.
Ogni fase di controllo e di valutazione serve per misurare i progressi segnati, per apportare
le correzioni necessarie all’intero programma o alle sue componenti e per raccogliere i dati
utili alla fase di ripianificazione.
Tutte le informazioni raccolte devono essere vagliate attentamente per identificare i
problemi irrisolti, i punti deboli o l’opportunità che possano essere sfruttate nel ciclo di
pianificazione seguente.
Purtroppo queste fasi di valutazione e di controllo sono spesso trascurate nelle campagne
di comunicazione e di marketing sociale, ponendo in questo modo dei limiti evidenti alla
possibilità, non solo, di valutare correttamente l’azione esercitata dalle varie campagne, ma
soprattutto di raccogliere dall’esperienza quel patrimonio conoscitivo necessario per
progettare interventi potenzialmente più efficaci.
Il successo di ogni campagna è ovviamente legato alla qualità del processo di
pianificazione attuato, ma dipende e risulta condizionato in gran parte dal tipo stesso di
causa sociale che s’intende promuovere.
In particolare, il preesistente grado di sensibilizzazione e di attenzione dell’opinione
pubblica rispetto a un tema, influisce direttamente sull’impatto di una campagna e sui suoi
risultati.
Tuttavia, mentre in genere la pubblicità commerciale mira prevalentemente a convincere il
consumatore a scegliere una marca piuttosto che un’altra o ad aumentare l’uso di un
prodotto, nelle campagne sociali si devono solitamente indurre nuovi tipi di
20 P. Kotler e E.Roberto 1989, “Marketing Sociale...”, op.cit, p.343
15
comportamenti, quindi tutto ciò rende l’applicazione del marketing ai problemi sociali
diversa e più complessa21.
1.5 I limiti del marketing sociale Nel marketing sociale si possono individuare dei limiti specifici per alcune delle principali
fasi della campagna:
- Problemi legati all’’analisi del mercato
Nel marketing sociale si possono incontrare più facilmente alcune difficoltà legate al
reperimento dei dati utili per l’individuazione dei bisogni e delle caratteristiche dei gruppi
obiettivo.
Nella fase delle ricerche, inoltre, i dati rilevati non sempre sono precisi.
Solitamente le ricerche accessibili sono di qualità inferiore rispetto a quelle disponibili nel
settore commerciale.
Raramente si può ricorrere a valide ricerche effettuate in precedenza dall’organizzazione
stessa o da altre organizzazioni in modo da ottenere le informazioni necessarie in tempi
rapidi e con una spesa contenuta.
Un’altra difficoltà è ottenere valide ed attendibili misurazioni delle variabili maggiormente
rilevanti.
Nella raccolta dei dati primari è necessario chiedere alle persone informazioni che
riguardino i valori, le paure e le ansie più profonde e intime degli individui.
E’ facile che in questi casi le persone diano delle risposte imprecise, interessate o
socialmente accettabili.
Di solito è più difficile, per chi promuove le campagne di marketing sociale, trovare i fondi
e l’approvazione sia per attuare le ricerche, sia per realizzarle in tempi adeguati.
Nelle organizzazioni no profit vi sono, in genere, scarse risorse finanziarie ed inoltre,
spesso è difficile far capire l’importanza di tali ricerche in quanto non offrono risultati
tangibili immediati.
Nelle organizzazioni pubbliche, a questi problemi, si aggiunge la lentezza delle procedure
burocratiche che provoca ritardi e rinvii nell’attuazione delle indagini.
21 S.Tamborini, “Marketing e…”, op.cit, pp.125-131
16
- Problemi legati alle strategie di segmentazione
La segmentazione del mercato consente azioni più produttive ed efficaci ma nel marketing
sociale tale principio è spesso ignorato o contrastato per varie ragioni.
Viene osteggiata la segmentazione in generale e, in particolare, quella che porta a ignorare
alcuni segmenti della popolazione.
In particolare nel settore pubblico è frequentemente imposta la necessità di considerare
ampi strati di popolazione.
L’idea di privilegiare solo alcune fasce sociali appare discriminante e in contrasto con i
principi di egualitarismo ed equità.
Questi vincoli possono limitare l’efficacia di un approccio di marketing poiché le risorse
disponibili sono solitamente insufficienti per attuare un numero adeguato di programmi
differenziati e consistenti per ogni segmento.
Spesso si realizzano programmi generici di scarso impatto, rivolti alla popolazione
generale.
Sovente i segmenti- obiettivo sono formati dai consumatori che sono più negativamente
predisposti all’offerta.
Nel marketing sociale è in genere necessario rivolgere l’attenzione verso quei gruppi di
individui maggiormente legati al problema che si vuole risolvere.
Per questa ragione si presentano situazioni particolarmente difficili, poiché i gruppi
obiettivo ai quali si rivolge l’azione di marketing manifestano maggiori resistenze e una
disposizione negativa rispetto all’offerta, esattamente l’opposto di ciò che solitamente
avviene nel marketing commerciale.
- Problemi legati alle strategie di prodotto
Analizzato il mercato e selezionati i segmenti obiettivo, è necessario sviluppare un’offerta
che sia il più possibile conforme ai bisogni e ai desideri dei cittadini.
Nel marketing sociale sorgono degli ostacoli e dei limiti per interventi di questo tipo.
Vi sono talvolta scarsi margini di discrezionalità nella scelta dei prodotti.
Spesso si tratta di promuovere idee o comportamenti ben determinati che non possono
essere modificati o sostituiti da altri, più facilmente accettabili.
Spesso i benefici derivabili dall’adozione del prodotto non sono facilmente evidenti agli
occhi del cittadino, oppure comportano dei vantaggi a livello sociale più che a livello
personale.
17
Nel caso non sia possibile cambiare il prodotto, si può tuttavia modificare la percezione
che di esso hanno le persone, agendo sulle altre variabili del marketing mix e offrire
rinforzi adeguati, ad esempio attraverso incentivi positivi.
- Problemi legati alle strategie di prezzo
Lo sviluppo delle strategie di solito comporta la necessità di ridurre i costi di tipo
monetario, psichico, fisico, sociale o di tempo richiesti al cittadino per adottare il
comportamento desiderato.
Nel marketing sociale, il prezzo dell’offerta ha, come obiettivo, quello di minimizzare
qualsiasi barriera che possa ostacolare il passaggio all’azione da parte del cittadino.
Spesso si presentano delle difficoltà nel misurare e nel controllare i costi percepiti da parte
delle persone.
Talvolta si può fare ben poco per ridurre i costi di tipo non economico e, come sola
opportunità, rimane quella di accettare che il consumatore non sovrastimi il prezzo
richiesto.
- Problemi legati alle strategie di distribuzione
Le strategie per la definizione dei canali di distribuzione comportano la selezione e il
controllo di una serie di intermediari attraverso i quali deve passare il prodotto per
giungere fino al consumatore.
Nel marketing sociale vi sono, di solito, maggiori difficoltà nell’utilizzare e nel controllare
gli intermediari.
Se, infatti, non sempre è facile convincere intermediari a veicolare e sostenere le idee,
ancora più difficile si presenta il compito di controllare ciò che possano dire o fare nel caso
accettino di collaborare.
Spesso, inoltre, è difficile fornire agli intermediari sufficienti incentivi per ottenerne la
collaborazione, come accade nel settore commerciale, e l’istituzione di nuovi e autonomi
canali distributivi risulta troppo costosa.
- Problemi legati alle strategie di comunicazione
Nel marketing sociale è spesso necessario comunicare una quantità elevata di informazioni.
In alcuni casi si propone un comportamento complesso e quindi è necessario offrirne
un’adeguata descrizione (dando indicazioni anche sui tempi e sui luoghi per passare
all’azione) e sottolineare i benefici derivabili dalla sua adozione.
18
A differenza del marketing commerciale, per molti problemi sociali non si può dare per
scontato che il cittadino già conosca il prodotto.
E’ spesso difficile rappresentare l’offerta nei messaggi veicolati attraverso vari media.
Il prodotto stesso è spesso intangibile (un’idea, un comportamento, un servizio) e dunque
più difficile da concretizzare in immagini e da descrivere.
Altro problema è il costo elevato della diffusione dei messaggi attraverso i media, che
molte organizzazioni non possono permetterselo.
- Problemi legati alla fase di valutazione
Anche nella fase finale, che prevede l’esame dei risultati delle campagne, si presentano
alcune difficoltà determinate in gran parte dalla natura dei problemi sociali da risolvere.
Sorgono, frequentemente, delle difficoltà nel definire dei criteri di misurazione efficaci.
A differenza del settore commerciale, nel quale si fissano obiettivi esprimibili in termini di
ricavi, vendite, etc., nelle campagne di marketing sociale è molto più difficile definire gli
obiettivi in forma quantitativa, e questo rende spesso problematiche le operazioni di
valutazione.
E’ inoltre più difficile decidere quali variabili dovrebbero essere considerate per
controllare i cambiamenti provocati dalle campagne.
Spesso è difficile stimare il contributo della campagna in riferimento agli obiettivi
raggiunti.
Raramente nel marketing sociale vengono attuati degli studi sperimentali per verificare i
legami causali esistenti tra la campagna e i suoi effetti.
Questo accade, sia perché tali studi sono costosi, sia perché sono obiettivamente più
difficili e complessi di quelli attuabili nel settore commerciale22.
1.6 La tecnica persuasiva nella pubblicità sociale Oggi la comunicazione pubblicitaria viene sempre più spesso impiegata anche per
diffondere le informazioni e promuovere il consenso su obiettivi considerati di pubblica
utilità, come ad esempio il servizio di affidamento familiare.
Mediante essa ci si propone di applicare le tecniche e le strategie di pubblicità commerciale
a temi sociali per i quali si renda necessaria non solo la diffusione di informazioni corrette,
ma anche l’esortazione a un certo genere di comportamento.
22 S.Tamburini, “Marketing e…”, op.cit, pp.132-139
19
Gli effetti attesi dalla pubblicità sociale, dunque, riguardano sia l’aumento delle
conoscenze da parte della popolazione verso la quale l’iniziativa è mirata, sia l’adozione
nella vita quotidiana di determinati comportamenti23.
Il tentativo, grazie alla comunicazione pubblicitaria, di provocare cambiamenti nelle idee e
nelle opinioni altrui e di convincere altre persone a mettere in atto certi comportamenti
piuttosto che altri, ha fatto sì che molti studiosi riconoscessero che gran parte della
comunicazione pubblicitaria potesse essere ricondotta a un più generale gioco di
persuasione.
Un primo livello di influenza è quello esercitato semplicemente attraverso la percezione
ripetuta da parte del soggetto di un dato oggetto-stimolo.
La mera esposizione ripetuta di un individuo ad uno stimolo è una condizione sufficiente
per provocare un atteggiamento più favorevole verso lo stimolo stesso.
Per “mera esposizione” si intende una condizione in cui viene semplicemente reso
accessibile uno stimolo alla percezione di un individuo24.
Esistono alcune ragioni teoriche riferite al funzionamento dei processi attentivi, per
sostenere che un messaggio vivido abbia un impatto superiore rispetto ad un messaggio
non vivido.
La vividezza di un’informazione è la capacità di interessare sul piano emotivo, di
provocare immagini e di essere percepita come vicina in senso spaziale, temporale o
sensoriale.
Il maggior impatto dell’informazione vivida, proprio grazie al richiamo dell’attenzione,
sarebbe dovuto ad una relativa facilità di decodifica, memorizzazione e quindi di richiamo
alla memoria, ma anche alla capacità di provocare rappresentazioni di tipo visuale che
chiamerebbero in causa fattori emotivi in modo efficace25.
Secondo il paradigma di Mc Guire la comunicazione persuasiva esercita un impatto sul
ricevente se si verifica un processo costituito da sei fasi.
Occorre, in primo luogo che il soggetto sia posto concretamente nella situazione in cui il
messaggio viene presentato e da lui percepito.
Assicurata l’attenzione, il soggetto deve essere in grado di capire il contenuto del
messaggio.
Egli, infatti, non potrà essere influenzato da informazioni trasmesse attraverso codici a lui
estranei, come linguaggi tecnici o specialistici.
23 N.Cavazza , “ Comunicazione e persuasione ”, Il Mulino, Bologna, 1997, pp.55-56 24
N.Cavazza, “ Comunicazione e...”, op.cit, p.45 25 N.Cavazza, “Comunicazione e…”, op.cit, p.57
20
Per quanto riguarda il linguaggio da utilizzare, ogni campagna di promozione, per avere
buone probabilità di riuscita, deve “parlare la lingua” delle famiglie, in modo da avere
minor rischio di malintesi e una maggior probabilità di ascolto.
La quarta fase è quella in cui il soggetto raggiunge un certo grado di accordo, necessario a
modificare la propria opinione nella direzione prevista dal messaggio.
Questa nuova opinione, poi, deve essere memorizzata (quinta fase) per poter essere
utilizzata nella situazione pertinente in cui venga richiesto un dato comportamento (sesta
fase)26.
Una comunicazione di tipo sociale efficace, non deve comunque mai giocare troppo sul
tasto di un’emotività facile e immediata, la quale spinge ad una adesione rapida ma che
altrettanto rapidamente, può svanire in quanto superficiale ed effimera.
In molte campagne di sensibilizzazione all’affido familiare lo strumento principale
utilizzato è stato il disegno considerato mezzo emotivamente più neutro.
Naturalmente è importante che abbia una forma nuova e gradevole, con colori significativi
che esprimano calore, benessere, piacere.
Non deve però risultare troppo infantile perché non è rivolto ai bambini ma a degli adulti;
nello stesso tempo deve essere tenero per evocare il mondo infantile e le sue necessità.
Non deve essere troppo schematico perché potrebbe risultare vuoto e superficiale, ma
neppure deve apparire eccessivamente dettagliato perché toglierebbe all’osservatore, la
possibilità di mettervi dentro tutta la sua ricchezza.
Si pone, in sostanza, un problema tecnico di "creatività" che richiede conoscenze
specifiche nel settore27 .
Purtroppo, però, le pubblicità sociali di fronte ad un pubblico abituato al linguaggio
seduttivo, alla spettacolarità delle pubblicità commerciali, rischiano di passare inosservate.
La pubblicità sociale deve usare quindi quegli stessi strumenti largamente utilizzati dalla
pubblicità commerciale; il messaggio deve sollecitare, inoltre, il passaggio all’atto come
per i prodotti commerciali.
Nella maggior parte dei casi, nel sociale, lo strumento pubblicitario è impiegato da solo,
senza il supporto di altri mezzi, ma spesso questo ne diminuisce l’efficacia.
La comunicazione è tanto più potente quanto più utilizza, in modo integrato e organico, i
vari elementi della comunicazione allargata.
26 N.Cavazza, “ La persuasione ”, Il Mulino, Bologna, 1996, p.84 27 D. Fiocchi, “ La pubblicizzazione dell’affidamento familiare ”, in Prospettive Assistenziali, n.110, Aprile- Giugno 1990, pp.24-27
21
In questo campo l’esempio della pubblicità commerciale insegna: oltre alle normali vie di
pubblicità, ne vengono battute altre per indurre all’acquisto di un prodotto.
In questo modo sono state realizzate campagne di sensibilizzazione all’affido familiare,
tese al rafforzamento del messaggio28.
28 N. Rabbi, “Aspettando carosello”, in Accaparlante, n. 49, 1996, rintracciabile nel sito Www.mangoni.net
22
CAPITOLO 2
“Campagne di sensibilizzazione in alcune città italiane”
2.1 Il contributo del privato sociale La sensibilizzazione e, in genere, tutta l’area della promozione, è apparsa agli enti pubblici
di alcune città, facenti parte del Coordinamento Nazionale Servizi Affidi, come il terreno
privilegiato della collaborazione tra i servizi sociali locali e le associazioni del privato
sociale.
Diversi sono i motivi che hanno portato a questa decisione, e diversi sono i livelli in cui
essa può tradursi in concreta prassi, rispetto alla quale diventa fondamentale individuare
strategie, percorsi, alleanze, e prima ancora, presupposti.
L’affido opera in un contesto di aiuto al minore in condizioni di disagio sociale e affettivo.
Tale contesto fa sì che diventi fondamentale la presenza dei servizi e necessario ed
indispensabile il contributo del privato (famiglie e associazioni).
Il privato concorre alla realizzazione dell’affido e alla promozione di una cultura della
solidarietà e dell’accoglienza, che parte dal riconoscimento delle esigenze dei bambini,
degli adolescenti e delle loro famiglie, promuovendo il riconoscimento dei loro diritti.
Risorse e attenzione devono essere poste, dal servizio sociale locale, nella cura degli affidi
in atto, giacché l’esperienza ha insegnato che gli affidi ben seguiti sono un’importante
forma di sensibilizzazione.
Vengono riconosciuti al privato sociale l’impegno e la capacità di testimoniare che la
solidarietà e l’accoglienza rappresentano valori importanti e significativi: essi rendono
migliore il contesto in cui noi tutti viviamo.
Gli Enti facenti parte del C.N.S.A. ritengono che la promozione dell’affido possa essere
efficacemente realizzata solo in un contesto in cui, pubblico e privato, si riconoscono
reciprocamente quali portatori di competenze e funzioni diverse, trovando sinergie e
linguaggi comuni, rispetto a obiettivi chiari e definiti, basati su principi e valori condivisi,
da esplicitare, quali:
-caratteristiche emergenti dei minori sui quali orientare prioritariamente la campagna;
-chiarezza e condivisione degli obiettivi e del percorso di affido;
-definizione di messaggi e linguaggi omogenei;
-chiarezza su compiti e ruoli.
23
Nel processo di coprogettazione, il servizio sociale locale porterà la conoscenza dei bisogni
espressi dalle situazioni in carico e le associazioni, la conoscenza del territorio nel quale la
campagna deve essere realizzata.
Indispensabile è definire insieme i destinatari, il target, i contenuti che si vogliono
sviluppare e le modalità da mettere in atto.
Nella gestione delle iniziative di promozione, accanto a iniziative comuni in cui rendere
visibile la coprogettazione e la promozione condivisa, il valore aggiunto di un sistema di
interrelazione tra pubblico e privato, è rappresentato dal moltiplicarsi di occasioni e modi
di diffusione della cultura dell’affido.
Al servizio sociale locale spetterà prioritariamente la produzione di materiale,
l’organizzazione dei momenti più formali e centrali, in cui le famiglie affidatarie e le
associazioni sono i principali testimonials.
Le associazioni possono personalizzare la promozione, utilizzando momenti e strumenti
informali, con la capacità di rendere accessibile e non ”minaccioso” l’avvicinarsi
dell’affido, mostrandolo come un percorso, un processo di avvicinamento.
Il rapporto tra pubblico e privato nell’ambito della promozione, ha un suo naturale
proseguo nella fase informativa/formativa alle famiglie che sono state sensibilizzate dalle
iniziative proposte.
L’Ente Pubblico e le associazioni, nell’ambito delle rispettive competenze, si impegnano a
curare e coltivare la motivazione e la disponibilità di famiglie affidatarie quando la
mancanza di bambini con le caratteristiche richieste comporta lunghe attese29.
2.2 Il lavoro svolto dal Coordinamento Tecnico Centrale Affidi di Milano La città di Milano, facente parte del C.N.S.A, nel 2005, ha iniziato la sua settima
campagna di sensibilizzazione all’affido familiare, che sta proseguendo tuttora.
Gli obiettivi della campagna sono:
-Favorire una cultura ed una pratica della solidarietà verso i minori in difficoltà;
-Dare un’informazione corretta e capillare sull’affidamento familiare, sulla sua utilità, sulle
sue caratteristiche e sui servizi esistenti;
-Quantificare un numero di famiglie che, grazie alla campagna condotta, potranno essere
reperite e formate all’esperienza dell’affido;
29 www.comune.genova.it
24
-Sollecitare forme di eterogenea disponibilità per sviluppare affidi di sostegno a tempo
parziale (soprattutto giornaliero) affidi per minori stranieri, per bambini piccoli e per
adolescenti alle soglie della maggiore età.
Per rendere più capillare e quindi più efficace l’attività di sensibilizzazione, si è stipulato
un protocollo d’intesa con organizzazioni del privato sociale.
La campagna di sensibilizzazione è iniziata con una conferenza stampa, in cui un politico
di riferimento ha spiegato le nuove iniziative, e con la formazione di gruppi informativi,
organizzati dal Comune e dall’organizzazione del privato sociale, destinati ai cittadini.
Alle organizzazioni del privato sociale è stato inviato del materiale sull’affido familiare
affinché potessero divulgarlo in occasioni più informali, come nelle feste di quartiere, nelle
scuole, nelle Parrocchie.
E’ stato organizzato un incontro pubblico cittadino, concordato con l’Amministrazione
Comunale, nel quale sono state tracciate le linee di sviluppo future del servizio, partendo
dalle esperienze pregresse in tema di affido, e concordando il contenuto con i competenti
uffici comunali.
Per catturare l’attenzione dei cittadini, si è puntato soprattutto ad attrarre l’interesse,
esponendo manifesti e locandine, ideati dall’agenzia pubblicitaria aggiudicataria
dell’appalto, nelle zone più affollate della città: nei centri commerciali, nelle A.S.L., negli
uffici degli Assessorati, all’esterno e all’interno dei mezzi pubblici.
Inoltre è stata aggiornata la pagina già esistente nel portale internet, con integrazioni, che
hanno reso più efficace il messaggio.
Per richiamare l’attenzione dei cittadini, sono stati realizzati spot per giornali, televisioni
locali e fornite informazioni grazie ad interviste e articoli con i protagonisti dell’affido.
Successivamente è stato istituito un punto informativo del Comune in cui veniva proiettato
ininterrottamente uno spot, progettato dall’agenzia pubblicitaria, che spiegava in cosa
consistesse un affidamento familiare.
Avendo attirato la curiosità, numerose persone hanno preso contatto coi servizi.
Delle telefonate ricevute però solamente il 10% è stato proficuo; difatti alcune persone
sono state scartate alla prima telefonata, causa la cattiva comprensione da parte del
cittadino del messaggio lanciato dalla campagna di sensibilizzazione, altre persone si sono
sentite scoraggiate dopo l’incontro informativo, ed altre ancora, sono state valutate dal
personale competente non idonee ad accogliere un bambino in affidamento30.
30
Informazioni fornite da un colloquio con la Dott.ssa Marilena Garea, Responsabile del Coordinamento Tecnico Centrale Affidi di Milano, e dalla Dott.ssa Carmelita De Simone, Assistente Sociale del Coordinamento Tecnico Centrale Affidi
25
La città di Milano ha una lunga esperienza nella promozione all’affido familiare; infatti, è
dal 1983, anno in cui l’affido è stato regolamentato, che compie campagne di
sensibilizzazione.
Nel corso dei vari anni si sono susseguite diverse e importanti iniziative.
L’affitto, da parte del Comune, di un tram tappezzato di manifesti riguardanti l’affido, con
a bordo un gruppo di famiglie affidatarie che fermavano il mezzo nelle zone più
frequentate dai cittadini, per poter fare pubblicità e raccontare la loro esperienza positiva.
L’organizzazione di serate, con la presenza di minori affidati che intrattenevano gli ospiti
grazie ad intermezzi musicali, al fine di aprire un dibattito sul tema dell’affido.
L’esposizione di uno stand che promuovesse l’affidamento familiare, al Salone Baby
presso la Fiera Campionaria di Milano.
La città di Milano, grazie alla capacità di rinnovare continuamente gli strumenti e i canali
utilizzati per la diffusione del messaggio, ha saputo mantenere vivo l’interesse delle
persone e, nel corso degli anni, ha ricevuto un discreto numero di adesioni ai propri
progetti.
2.2.1 Cronologia dei volantini utilizzati per la promozione Nella campagna del 1983-84 lo sponsor utilizzato nel volantino è “Milano vuole dare una
famiglia a tutti i bambini in difficoltà”, con l’immagine di due adulti che tengono per mano
un bambino.
Nello slogan l’accento viene posto sul concetto di famiglia.
E’ lì che il minore trova il calore, l’affetto, la sicurezza e l’autostima necessari per
sviluppare una personalità equilibrata ed armonica.
Per quanto riguarda l’immagine, il concetto di affidamento che vuole essere trasmesso è
affidamento come oblazione.
Più che un "tendere la mano", nel significato un po’ pietistico di "soccorrere", è un "dare
man forte".
Gli affidatari, specialmente se il minore è affetto da handicap, devono spesso rivendicare
con forza provvidenze e servizi a favore del bambino loro affidato (iscrizione alla scuola
materna, appoggio scolastico, servizi di riabilitazione, presidi sanitari, ecc.).
Spesso si richiede loro una buona dose di combattività per difendere la causa del minore.
Il Comune di Milano nel 1987, nell’intento di sdrammatizzare l’affido, ha adottato lo
slogan "Cerchiamo mamme e papà che sappiano giocare" .
26
L’immagine dell’opuscolo riproduce un grosso pallone a spicchi colorati, che evoca un
clima di ottimismo e di serenità.
L’idea centrale che si vuole veicolare è che gli affidatari non sono eroi, bensì delle
persone comuni.
L’affidatario è un particolare tipo di operatore il cui specifico professionale è
rappresentato dalla normalità e che, della propria normalità, si avvale per partecipare alla
risoluzione di problemi eccezionali.
Il volantino vuole far capire che lo scopo dell’affidamento è trovare un posto per
permettere a dei bambini di vivere come tali.
Questa campagna ha portato, però, alla concezione errata dell’affidamento come
condivisione di giochi e null’altro.
Così la campagna del 1989 con lo slogan “Affido è stare un po’ con te” e l’immagine di un
bambino che trascina un carretto pieno di lego (metafora e assonanza con la parola
“legame”), ha cercato di trasmettere l’idea che, grazie ad un affidamento, nascono legami
che giovano a tutti i protagonisti e soprattutto legami che fortificano il bambino e lo
aiutano ad affrontare le sue difficoltà familiari.
In quegli anni, tuttavia, le persone supponevano che i minori da prendere in affidamento
fossero solamente bambini piccoli con il conseguente problema dell’affidamento di minori
adolescenti.
Così il volantino della campagna del 1992-93 mostra l’immagine di due adolescenti e lo
slogan “Con il tuo aiuto li facciamo felici. Marco lo sa, Luca non ancora ”.
Nel 1994-95 lo slogan “Affido Familiare: il modo più adulto di aiutare un bambino”con
l’immagine di due coppie di persone adulte con al centro un bambino, ed in basso una frase
che recita “Il brutto dell’affido è che i bambini tornano dalle loro famiglie. E’ questo il
bello” vuole sottolineare il concetto che, mentre con l’adozione viene meno qualsiasi
legame fra l’adottato e la famiglia d’origine, con l’affido il rapporto parentale è mantenuto,
anzi, rafforzato.
Non è raro che gli affidatari si prendano cura, oltre che del minore, anche dei bisogni della
famiglia d’origine per favorirne il recupero sociale.
Nel ’99, dopo aver ricevuto molte disponibilità per affidi brevi di minori o per affidi part-
time, e dopo che si erano presentati diversi problemi di maltrattamento di minori, il
Comune di Milano ha avuto la necessità di trovare famiglie affidatarie con disponibilità a
tutto campo, per affidi lunghi, e a tempo pieno, e anche per affidi di bambini diversamente
abili e bambini immigrati.
27
Così ha ideato slogans come “Cerchiamo famiglie a tempo pieno per un tempo
determinato”, o”Cerchiamo famiglie con un grande spazio. Nel cuore” utilizzati fino al
2005.
Dal 2005 fino ad oggi è stato adottata la frase “Affido. Non è tempo di tornare a
sorridere?”.
Si è voluto lanciare un messaggio di positività per quanto riguarda l’affido, un servizio che
ha il compito di migliorare le condizioni di una famiglia e di un bambino con difficoltà, e
che devono tornare ad essere sereni e sorridenti.
E’ stato usato prevalentemente un colore con un forte impatto, cosicché, anche in una città
grossa come Milano fosse ben visibile il manifesto.
Il colore rosso è un colore primario che attira l’attenzione, per questo spesso usato nei
segnali di pericolo o per segnalare emergenze.
Secondo la psicologia dei colori, il rosso provoca eccitazione e spinge verso l’attività,
denota un senso di forza e di sicurezza, perciò la scelta orientata al rosso corrisponde ad
uno stato di attivazione nella direzione di una conquista, e alla mobilitazione di tutte le
energie.
In grafica il rosso è un potente mezzo di promozione.
Testi e immagini rosse tendono ad apparire più grandi.
Rosso è il sangue, quindi il rosso ha il significato della vita e del calore; da sempre è
simbolo dell’affettività, delle emozioni, dell’amore.
Il colore utilizzato per la scritta è il bianco, tale colore in grafica esprime semplicità e
pulizia.
Il bianco é l’origine di tutti i colori, si riferisce a ciò che viene considerato indice di
miglioramento o perfezione, purezza, innocenza, trasparenza.
Quindi dopo aver catturato l’attenzione con il colore rosso, il bianco è il colore che rende
l’idea di quest’esperienza positiva, pura, costruttiva31.
Un altro importante elemento utilizzato è il cuore, usato in sostituzione della lettera O nella
parola “affido”.
Il cuore è sempre stato considerato il sito in cui alloggia l’anima, quindi il sentimento; è
l’organo che reagisce battendo più forte quando si prova un’emozione.
All’interno di questo cuore spiccano una donna ed una bambina che si abbracciano
sorridenti, dimostrando il forte legame che si può creare tra i genitori affidatari ed il
minore, e la serenità e la gioia derivanti da un’esperienza come l’affido.
31 www.cromoterapia.it
28
Nel corso degli anni il Comune di Milano ha cercato di pubblicizzare l’affido utilizzando
questi slogans in inserzioni su giornali, in trasmissioni televisive e radiofoniche, su
manifesti da appendere su tram, metropolitane e spazi pubblici, su locandine da esibire nei
negozi di giocattoli della Lombardia, nelle scuole, nelle Parrocchie, nelle banche e negli
uffici pubblici, in aeroporti, in supermercati, nei consigli di zona, nelle stazioni ferroviarie,
in chioschi espositivi.
Gli slogans sono stati proiettati con delle diapositive nei cinema, sono state spedite lettere e
volantini alle famiglie ed inviate e-mail a numerose famiglie.
32
2.3 La campagna di sensibilizzazione realizzata nel Comune di Torino La Città di Torino ha maturato una lunga esperienza di affidamento familiare, poiché la
delibera istitutiva del servizio risale al 197632 .
Nel corso degli anni la gestione complessiva di tale procedimento ha comportato
l’individuazione di più fasi che comprendono :
• la sensibilizzazione per il reperimento di potenziali famiglie;
• l’accoglienza delle domande e delle richieste di informazioni;
• la conoscenza e la selezione delle famiglie e dei volontari che intendono avviare
l’esperienza dell’affido;
• l’abbinamento di ciascun minore in relazione ai suoi bisogni e alla sua condizione;
• il sostegno nella gestione dell’affido.
Nell’anno 2006, l’Ufficio Minori ha registrato 1017 presenze presso le 140 strutture che
danno ospitalità a minori o a mamme con bambini33.
Per molti di questi minori, resta una buona soluzione una residenzialità alternativa alla
famiglia di origine in collocazione eterofamiliare.
Proprio per dare questo tipo di risposta, si è pensato di creare una campagna di
sensibilizzazione all’affido facendo crescere la cultura e aumentando il numero dei
volontari disponibili.
Nello specifico, gli obiettivi della campagna sono stati:
• collocare in famiglia i bambini presenti in strutture accreditate e non;
• creare un percorso di monitoraggio dei bambini presenti in comunità;
• reclutare famiglie e volontari;
• formare i volontari e sollecitare i facilitatori (scuola, diocesi, sindacati pensionati,
medici, Osservatorio degli anziani…);
• approfondire con gli operatori alcuni aspetti (per es. il profilo dell’affidatario,
aspetti di complicazione nelle storie dei bambini, aspetti difficili da superare negli
affidamenti…) per creare una cultura dell’affido;
• aprire un tavolo con l’Autorità giudiziaria per confrontarsi sulla natura dei
provvedimenti da loro emessi;
32 Delibera del Consiglio Comunale n.1398, del 14 Settembre 1976 33 Dati forniti dall’Assessore alla Famiglia, Salute e Politiche Sociali della città di Torino, Marco Borgione
33
• ripensare all’organizzazione dei servizi di zona anche per dare risposte sempre più
appropriate;
• pensare ai bisogni reali delle famiglie affidatarie.
Si è pensato di creare una campagna a tema su filoni specifici.
Si é voluto dare attenzione alla promozione:
• degli affidi di pronto intervento e del progetto neonati (0-2 anni),
• degli affidi residenziali sui bimbi da 3 a 10 anni,
• degli affidi di bimbi disabili,
• degli affidi di minori stranieri non accompagnati,
• degli affidi diurni a famiglie.
Sono stati effettuati corsi di formazione a cura della SFEP34 nel periodo settembre - maggio
2006/2007 con tre macro filoni: per gli operatori, per i volontari e le famiglie, per i
facilitatori (tavolo famiglia, tavolo minori, scuola, Diocesi, Sindacati pensionati,
Osservatorio dell’anzianato, medici…).
L’agenzia Testa s.p.a35 ha provveduto gratuitamente alla sponsorizzazione dell’argomento,
ideando volantini e manifesti da mostrare nelle strade della città, da inserire nelle cronache
locali dei giornali più diffusi, e da affiggere sui mezzi di trasporto pubblici(vedi Tabella 1).
Il motivo per il quale è stata coinvolta un’agenzia così importante per la comunicazione di
un evento sociale è una richiesta di attenzione, è la voce dei bimbi che sono in comunità; è
un appello rivolto principalmente alle famiglie, ma non solo.
Anche a persone sole o giovani pensionati che abbiano del tempo da dedicare.
La campagna di sensibilizzazione è iniziata con un comunicato stampa.
L’Amministrazione comunale ha rivolto un appello ai cittadini affinché accogliessero nella
loro casa, in affidamento, bambini e neonati che temporaneamente avrebbero dovuto
lasciare mamma e papà.
Il comunicato avvertiva che una campagna pubblicitaria pianificata attraverso inserzioni
sui giornali, con affissioni e la distribuzione di pieghevoli avrebbe consentito di avvicinare
e sensibilizzare i cittadini.
34
Acronimo di Servizio Formazione Educazione Permanente. E ’un servizio di formazione della città diTorino, Divisione Servizi Sociali- Settore Politiche Formative 35 Agenzia di pubblicità
34
L’Amministrazione comunale informava che attraverso un gruppo di assistenti sociali,
avrebbe incontrato quanti si fossero offerti ad andare incontro alla richiesta di aiuto,
fornendo informazioni chiare, rispondendo a quesiti e proponendo la partecipazione a
gruppi formativi programmati.
Infine il Comune assicurava alle famiglie affidatarie un contributo alle spese di 413,00
euro mensili con possibilità di aumento fino al doppio, in relazione a gravi problematiche
(esempio disabilità).
Il lavoro di promozione é proseguito con l’invio di lettere a tutte le famiglie della città di
Torino.
Nella lettera veniva specificato che non si trattava solo di una campagna di
sensibilizzazione diretta a coinvolgere persone disponibili a questa esperienza solidale, ma
voleva essere anche un’occasione per ringraziare chi già donava affetto e cure a bambini in
situazione di difficoltà e per sottolineare l’importanza della collaborazione con le
Associazioni di Famiglie Affidatarie e Gruppi di Auto Mutuo Aiuto della Città di Torino.
Per intraprendere un percorso di confronto e formazione e moltiplicare l’arricchimento
reciproco le famiglie sono state invitate ad un incontro e, per favorire la partecipazione, è
stato messo a disposizione un servizio di animazione per bambini.
Per una diffusione capillare dell’attività di promozione, è stata inviata ai Presidenti delle
circoscrizioni della città, un’altra comunicazione: nella lettera si domandava di dedicare
all’interno di programmazioni e iniziative, nelle quali poteva essere proficuo il richiamo
alla campagna affidi, uno spazio dedicato all’Affido in forma di “gazebo informativi” o
approfondimenti specifici.
E’ stato poi promosso un Convegno rivolto ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado
del Comune.
Oggi le classi sono sempre più caratterizzate dalla presenza di una pluralità di storie,
condizioni, saperi, sensibilità e culture.
Partendo dall’analisi di queste situazioni, che risultano costituire un aspetto di particolare
interesse per l’insegnante, il Convegno intendeva trattare le complessità della gestione del
gruppo-classe che devono essere affrontate non attraverso la negazione o la riduzione delle
differenze, ma col riconoscimento e la valorizzazione degli aspetti positivi di ciascuna.
Ciò anche con la costruzione di alleanze educative che coinvolgano la scuola, i genitori, i
servizi sociali e sanitari e le organizzazioni del territorio.
35
La trattazione dell’argomento affido non voleva soltanto essere un approfondimento di
queste specifiche tematiche, ma anche esemplificazione concreta di strumenti e approcci
metodologici per affrontare situazioni diverse.
Attraverso i lavori di gruppo, poi, articolati per ciclo scolastico, si vogliono declinare, per
le specifiche fasce di età, le tematiche trattate nelle relazioni iniziali e far emergere
proposte concrete di iniziative, da organizzarsi successivamente, che affrontino le
complessità individuate.
Per questi motivi il Convegno é stato rivolto a tutti gli insegnanti e non soltanto ai docenti
che avevano avuto o avevano in quel momento in classe un minore adottato o affidato36.
L’Amministrazione comunale si è poi rivolta al Governatore della Lions Club37
invitandolo a partecipare alla conferenza stampa.
Dopo questo primo incontro, la Lions Club ha deciso di partecipare alla campagna di
sensibilizzazione ideata dal Comune di Torino e di prendere parte al Tavolo di
Coordinamento Associazioni Affidi, Tavolo costituito dai referenti dei Servizi Sociali
comunali e, dai referenti delle cooperative e associazioni che operano nel settore minori, e
che ha il fine di elaborare progetti sull’affido, promuoverli e monitorarli.
36
Informazioni fornite dall’Assessore alla Famiglia, Salute e Politiche Sociali della città di Torino, Marco Borgione 37
Associazione Internazionale del privato sociale impegnata in diverse attività per il miglioramento delle proprie comunità e l’aiuto delle persone bisognose
36
Tabella 1 :
COSA DOVE QUANDO
N. 600 cartelli f.to cm 70x25
posizionati sopra i finestrini (2
per vettura)
Mezzi di trasporto pubblico
urbano di Torino – pubblicità
interna
• esposizione 30 giorni a
partire dal 01.12.07
• più altre 2 uscite in date
da concordare a marzo e a
maggio 2008
N. 4 quadrotti f.to cm 360x300
Mezzi di trasporto pubblico
urbano di Torino – pubblicità
esterna /su linee 4 e 10 (serie
6000)
• esposizione 3 mesi dal
01.12.07 al 28.02.08
• più 1 uscita in date da
concordare da aprile a
giugno 2008
N. 170 tabelle f.to cm. 120x70 Mezzi di trasporto pubblico
urbano di Torino – pubblicità
esterna / posizione retro
autobus
• esposizione 14 giorni dal
04.12.07 al 17.12.07
• più altre 2 uscite in date
da concordare a marzo e a
maggio
n. 200.000 pieghevoli (a 2
ante f.to chiuso 11x16,5, in
quadricromia su carta patinata)
per veicolazione
da concordare da concordare
n. 2.000 locandine (500 x tipo;
f.to 35x50 quadricromia in
bianca su carta patinata opaca)
da concordare da concordare
n. 30.000 opuscoli/Guida (f.to
chiuso 12x16,5 composto da
36 pagine)
da concordare da concordare
Inserzioni media 1/2 pagina a
colori
• TORINO SETTE
• TORINO CRONACA
• LA REPUBBLICA
• LA STAMPA
• CITY
• LEGGO
• METRO
• 7 dicembre 2007
• 8 dicembre 2007
• 9 dicembre 2007
• 9 dicembre 2007
• 10 dicembre 2007
• 10 dicembre 2007
• 10 dicembre 2007
Veicolazione pieghevoli con: • TORINO SETTE
• IL VENERDÌ DI
• 14 dicembre 2007
• 21 dicembre 2007
37
REPUBBLICA
Spot Radiofonici (2008)
Inserzioni media 1/2 pagina a
colori
• La Stampa
• La Repubblica
• Torino Sette
• Torino Cronaca
• City
• Leggo
• Metro
(2008)
Nota:
PRENOTAZIONE SPAZI PER AFFISSIONE CAMPAGNA AFFIDO:
• 400 manifesti f.to 100x140 sugli impianti fissi dall'11 dicembre per 15 giorni
• 1.200 manifesti f.to 70x100 sugli impianti fissi dal 12 dicembre per 15 giorni
• 400 manifesti f.to 100x140 sugli impianti fissi dal 13 dicembre per 15 giorni
• 400 manifesti f.to 100x140 sugli impianti fissi dal 14 dicembre per 15 giorni
• 300 manifesti f.to 140x200 sugli impianti fissi dal 14 dicembre per 15 giorni
38
2.3.1 “Mi presti la tua famiglia?La mia è un po’ in difficoltà.”
Il comune di Torino, grazie al contributo dell’agenzia Armando Testa, per sensibilizzare i
propri cittadini al tema dell’affido familiare, ha diffuso volantini, manifesti e depliants,
tutti contenenti il solito slogan: “Mi presti la tua famiglia? La mia è un po’ in difficoltà.”.
Con questa frase pone l’accento, prima di tutto, sulla condizione di disagio ma anche di
cosapevolezza che vive il minore in una famiglia problematica.
Impiegando il verbo “prestare”si vuole sottolineare il carattere di temporaneità che
caratterizza l’affido familiare.
Le parole utilizzate sono semplici e di facile comprensione, proprio come necessita una
buona comunicazione di tipo persuasivo.
Pur ricorrendo sempre allo stesso slogan, sono adottate diverse figure, che rappresentano il
bambino con la propria famiglia affidataria.
Scopo delle figure è far comprendere alla gente che possono esistere diverse tipologie di
famiglia affidataria: la famiglia composta solo da una giovane coppia affidataria, oppure
una famiglia formata da una coppia che ha già propri figli, una famiglia unipersonale, o
una famiglia di persone anziane.
Il messaggio che l’agenzia vuole lanciare è che qualsiasi tipologia di persona, single,
sposata, con figli, giovane o anziana, può essere idonea ad accogliere un minore con
l’affidameto familiare.
I colori prevalentemente usati nell’immagine sono il blu, ed il bianco.
Sono utilizzati questi colori per esprimere delle sensazioni; difatti secondo gli studi
effettuati sui colori, il colore blu, rappresenta il desiderio di un ambiente calmo, che faciliti
relazioni tranquille e libere da tensioni, e sa, quindi, trasmettere in chi lo osserva, la voglia
di avere e donare calma e tranquillità.
Il bianco, che è l’origine dei colori, esprime la difesa affettiva ed emotiva, la solitudine ed
il vuoto di chi si trova in un momento di pausa38.
Anche con un semplice gioco di colori, l’agenzia preposta al lavoro, è riuscita a
rappresentare le sensazioni provate da un minore che è in attesa di essere preso in affido39.
38 www.cromoterapia.it 39 Pur avendo fatto richiesta esplicita all’Agenzia Armando Testa, non mi sono pervenute le informazioni desiderate. Di conseguenza ho tentato di effettuare personalmente l’analisi del volantino
40
2.4 Parma e le sue iniziative: dalla fiaba di Fuochetto… Nella provincia di Parma, la campagna, dal titolo “ Ridurre a zero il numero di bambini
che aspettano un aiuto. Con l’affido puoi.”, è stata articolata con una serie di azioni
promozionali.
Per sensibilizzare le persone al tema dell’affido, Parma si è avvalsa della collaborazione
delle associazioni di settore.
L’Assessorato ai Servizi Sociali e Sanità della Provincia, all’interno del suo programma di
sensibilizzazione e diffusione della cultura dell’affido, ha dato mandato all’Istituto d’Arte
Paolo Toschi di illustrare graficamente una favola sull’affido familiare.
Al progetto hanno aderito gli alunni delle classi IV A grafica Michelangelo e V A grafica
Ordinamentale.
Una commissione formata da esperti in grafica ed esperti di affido familiare ha scelto i
primi tre classificati tra i lavori delle due classi.
Con l’elaborato risultato primo classificato, il Coordinamento provinciale sull’Affido
Familiare 40 ha predisposto un libretto informativo, che è stato utilizzato come materiale
divulgativo e informativo a disposizione dei Servizi affidi e delle Associazioni di Famiglie
affidatarie.
Questo progetto ha l’obiettivo di diffondere la cultura dell’affido familiare, e di contribuire
a creare una società accogliente, attenta ai bisogni dei propri cittadini, impegnata a
sostenere chi è in difficoltà, in cui gli adulti si sentano responsabili e capaci di prendersi
cura e di proteggere i bambini.
La storia inventata dai ragazzi s’intitola “La fiaba di Fuochetto”, dove i personaggi
rappresentano i soggetti coinvolti in un affidamento familiare.
I genitori del piccolo Fuochetto dovevano andare a devastare un bosco, ma non potevano
portate il figlio.
Chiesero aiuto a Terra, al quale raccontarono le loro difficoltà.
Terra fece una riunione con gli abitanti dei dintorni e chiese a tutti chi fosse disponibile ad
aiutare Fuochetto.
Si fece avanti la famiglia Acqua, ma fu scartata, perché con essa Fuochetto avrebbe
rischiato di spegnersi.
Si rese allora disponibile la famiglia Cespuglio, ma anche questa non andava bene perché
Fuochetto, senza volere, avrebbe potuto bruciare i suoi componenti. 40 Il Coordinamento Provinciale sull’Affido familiare è promosso dall’Assessorato Sanità e Servizi Sociali della Provincia di Parma. Al Coordinamento partecipano i rappresentanti dei Servizi affidi dell’Azienda USL, del Comune di Parma, della Comunità montana Valli Taro e Ceno e i rappresentanti delle famiglie affidatarie.
41
La famiglia Masso propose il suo aiuto: intanto perché nessuno di loro soffriva il caldo, e
poi perché erano da poco nati due piccoli Sassetti che avrebbero potuto fare compagnia al
piccolo.
Finito il periodo dell’incendio, la famiglia Fuoco tornò a casa e subito andò a riprendere
Fuochetto; e per l’occasione fu organizzata una festa.
Il protagonista principale di questa favola, e quindi dell’esperienza dell’affido, che qui
vuole essere rappresentata, è il bambino che, per diventare grande, ha bisogno di cure,
affetto, sicurezza.
Quando la famiglia, temporaneamente, non può soddisfare tali bisogni, l’affido rappresenta
una risposta e un’opportunità di crescita preziosa.
Il bambino può essere molto piccolo o”già grande”, ma avere bisogno di relazioni affettive
stabili e punti di riferimento su cui contare, soprattutto quando ha delle difficoltà personali
e familiari da affrontare.
Egli può appartenere a etnie diverse, tuttavia deve essere accettato nel rispetto della cultura
e delle tradizioni d’origine.
Altro protagonista della storia è la famiglia d’origine.
E’ una famiglia in difficoltà, che non riesce ad occuparsi da sola, in maniera adeguata, del
figlio ed ad offrirgli tutto ciò di cui ha bisogno per crescere.
L’affido è una risorsa importante per questa famiglia, in quanto la separazione temporanea
dai figli le consente di occuparsi di sè e dei propri problemi, di investire più energie nel
cercare di affrontarli e di migliorare le proprie condizioni di vita e le proprie capacità di
cura.
L’affido è dunque un intervento a servizio della famiglia, oltre che del minore.
In tal senso, l’affido prevede l’accoglienza del minore ed il rispetto del legame con i propri
genitori naturali che rappresentano, per lui, un patrimonio da mantenere e da valorizzare.
La famiglia affidataria è un’altra protagonista della fiaba, è una famiglia aperta e solidale,
che ha fiducia nei cambiamenti propri e in quelli delle famiglie dei bambini.
E’ una famiglia disposta ad accettare la crescita lenta ed incerta del bambino affidato ma,
soprattutto, dei suoi genitori.
E’ una famiglia disposta a collaborare con gli operatori, con altre famiglie,e, se necessario,
con il giudice.
E’ una famiglia davvero interessata al ritorno del bambino con i propri genitori.
42
Terra, nella storia, rappresenta il servizio sociale, che permette l’incontro tra bisogni e
risorse, individuando le necessità del bambino all’interno della propria famiglia e
raccogliendo la disponibilità dei potenziali affidatari41.
2.4.1 …alla coperta per Linus L’iniziativa “Una coperta per Linus”42 nata nel 2001 e realizzata anche quest’ anno, è una
rassegna teatrale dedicata all’affido familiare e persegue il fine di potenziare l’affido nella
consapevolezza che il miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini, soprattutto dei
più disagiati, possa realizzarsi solo con la partecipazione attiva e solidale di tutta la
popolazione civile, in stretta collaborazione con le istituzioni.
E’ necessario quindi che si sviluppino, all’interno della società, forme diverse di
disponibilità, che comprendano sia l’accoglienza a tempo pieno di un bambino, ma anche
l’accoglienza a tempo parziale43.
Ciascun adulto è chiamato perciò a fornire “coperte”rassicuranti fornendo maturi punti di
riferimento ed orientamento44.
Promuovere l’affido familiare, anche attraverso le scuole, significa offrire occasioni per
riflettere e per riconoscere la “coperta”di affetto, di attenzione, di sicurezza, indispensabile
a ciascuno di noi per crescere e significa fornire opportunità per imparare a “tessere”, fin
da ragazzi, quella che potrà far crescere anche altri45.
Nasce, all’interno di questo obiettivo, la proposta di coinvolgere la scuola per
sensibilizzare gli alunni e le loro famiglie ai temi dell’accoglienza, della solidarietà sociale
e dei diritti dell’infanzia.
Uno strumento efficace a questo scopo è il teatro nella scuola, come mezzo di
coinvolgimento di tutti gli alunni.
L’interpretazione di personaggi diversi, permette ai ragazzi di riflettere sui modi di essere
ed offre nuove prospettive alla loro personalità in formazione.
Il teatro non può prescindere dall’ascolto, dal rispetto dell’altro e della sua diversità, né
dalla fiducia in sé e nei compagni, né dalla collaborazione46.
41 www.sociale.parma.it 42 Proposta dal Coordinamento Provinciale sull’Affidamento Familiare 43 T. Mozzoni, “Presentazione”, in Una coperta per Linus: Rassegna teatrale per l’affido familiare, Rqs n.4, 2002, p 5 44
E.Mazza, “Una coperta per Linus”, in Una coperta per Linus: Rassegna teatrale per l’affido familiare, Rqs n.4, 2002, p.6 45
E. Mazza, “Una coperta per Linus”, in Una coperta per Linus: Rassegna teatrale per l’affido familiare, Rqs n.4, 2002, p.7 46 C. Balocchi, “Affido e teatro”, in Una coperta per Linus: Rassegna teatrale per l’affido familiare, Rqs n.4, 2002, p.10
43
Si vive insieme un percorso di conoscenza e di emozione, di analisi e di ricerca di
espressione.
Teatro, dunque, come strumento educativo e formativo privilegiato, mezzo di
comunicazione ed espressione dei ragazzi, che assume un ruolo ancora più importante e
decisivo in questo periodo della vita: è proprio durante l’infanzia e l’adolescenza, infatti,
che si formano le basi della personalità e dell’identità dei futuri cittadini.
Un incontro importante anche per chi segue il teatro come spettatore: è un modo per
cogliere noccioli narrativi problematici, tensioni emotive e di pensiero47.
La prima rassegna teatrale comprende dieci rappresentazioni che,pur raccontando storie
differenti, affrontano tematiche vicino all’affido, quali la solitudine, la diversità, l’amicizia
e la solidarietà.
L’infanzia negata e l’intervento degli adulti hanno costituito il fulcro delle
rappresentazioni.
Se quindi si cerca un antidoto alla superficialità, alla mancanza di volontà e di senso
critico, alla sudditanza a falsi valori dilaganti fra i giovani, il teatro è una delle strade da
percorrere perché favorisce l’aspetto emotivo, relazionale e comunicativo, implica analisi
rigorose, studio, ricerche, creatività48.
Questa rassegna vede come ospiti d’onore i genitori dei bambini, ma è rivolta anche a tutte
le persone interessate a quest’esperienza.
La Provincia ha inoltre promosso un’ulteriore iniziativa: una rassegna cinematografica
sull’affido familiare, con una doppia proiezione, la mattina per le scuole e la sera per il
pubblico.
Il film: La guerra di Mario.
Al termine della proiezione è seguito un dibattito con uno psicologo e un assistente sociale
specializzati sull’affido, insieme a rappresentanti di Associazioni di famiglie affidatarie e
di Comunità familiari, che hanno approfondito le tematiche emerse nel film e fornito
maggiori informazioni rispetto all’affido familiare.
47 V. Ottolenghi, “Il teatro? Un gioco d’incanto che fonde emozioni e pensiero”, in Una coperta per Linus: Rassegna teatrale per l’affido familiare, Rqs n.4, 2002, p.13 48 www.sociale.parma.it
44
2.4.2 Recensione del film “ La guerra di Mario” Giulia e Sandro sono due quarantenni apparentemente soddisfatti: appartengono ad una
borghesia colta ed agiata, lei insegna all’Accademia, lui è un brillante giornalista
televisivo.
Sono una coppia serena, non sono sposati, ma vivono insieme da circa due anni quando
decidono di chiedere l’affidamento di un bambino difficile.
Mario ha nove anni, ed il Tribunale dei Minori l’ha sottratto alla famiglia per proteggerlo
da una realtà ambigua in cui subiva privazioni e maltrattamenti.
L’affidamento provvisorio è un'occasione di confronto tra due realtà socialmente e
culturalmente lontane.
Mario si trova proiettato in una realtà completamente estranea al suo passato: vive in una
casa splendida, è riempito di attenzioni ed ogni suo piccolo capriccio viene soddisfatto.
Giulia si innamora perdutamente della sua nuova condizione di madre putativa.
Sandro resta più estraneo, incuriosito ed intimidito dai cambiamenti.
Giulia insegna storia dell’arte e questo condiziona evidentemente il suo modo di vivere.
Vede il volto di Mario nel dettaglio di un bambino terrorizzato nel Martirio di San Matteo
del Caravaggio.
Quando da Londra le viene data notizia del bizzarro comportamento del bambino, che
durante la gita ha fotografato una serie di "uccellini e passerotte", lei si esalta per quel
gesto "avanguardista".
È puntualmente in disaccordo con la psicologa Adriana Cutolo (personaggio che, in
effetti, in alcuni momenti appare particolarmente dogmatico), essendo convinta del fatto
che Mario "non vuole essere educato, ma accolto".
Sandro, il compagno di Giulia, risulta più ordinario di lei, o meno propenso a slanci
idealistici anche se, sotto altri aspetti, più consapevole.
Per questo, forse,vive con tormento la propria paternità, la rifiuta; anche il suo mestiere
non è stato scelto a caso: Sandro è giornalista televisivo e Mario lo accusa di parlare "come
la televisione" quando lui gli chiede qualcosa a proposito della sua “strizzacervelli”, è
distante dall’eccentrico bambino, tanto da non riuscire nemmeno a chiamarlo per nome
(bensì "quel bambino"); e allo stesso tempo Mario, che pure è una presenza impossibile da
ignorare, lo inquieta ("Mi destabilizza, mi procura ansia").
Mario è presentato quasi da subito come appartenente a "un altro pianeta".
Ha nove anni, ma dice di averne cinque.
Ha un’identità segreta che si chiama Shad-Sky, compagno di giochi immaginario.
45
Si affeziona ad un cane randagio, che chiama Mimmo, e al nuovo compagno di classe che,
come lui, proviene da un quartiere degradato.
Attraversa la strada solo col rosso.
Nel dettaglio di un videogioco vediamo la sua automobile sbandare, andare contromano,
per poi schiantarsi volontariamente contro muri o altre macchine.
Finge di esercitarsi al pianoforte davanti a Giulia, ma in realtà è già capace di suonarlo.
"Non mi appartiene" dice di Giulia (e dunque del mondo in cui, con l’affidamento
temporaneo, si trova immerso), e continua, rivolgendosi alla nuova mamma: "Tu le cose
mie non le capisci”.
Il disagio emotivo di Mario raggiunge la disperazione quando il suo cane muore investito
da un'auto ed il suo migliore amico lascia la scuola.
Il bambino diventa cupo e si chiude in se stesso, il suo comportamento diventa
esplicitamente capriccioso e violento.
Giulia, nonostante abbia scoperto di aspettare un bambino da Sandro, è completamente in
balia di Mario e continua ad assecondarlo ciecamente fino a mettere in crisi il suo rapporto
di coppia.
Quando la situazione è ormai degenerata, arriva la decisione del Tribunale dei Minori di
affidare Mario ad una coppia sposata.
Giulia e Mario sono improvvisamente divisi e restano perplessi e confusi...
Il tema dell’educazione in generale si intreccia con la questione dell’affidamento
temporaneo in particolare.
Da questo punto di vista l’intenzione del regista Capuano sembra limpida: "Il film è
un’opera contro la pedagogia. Il bambino va trattato come un adulto. Non ci sono norme da
seguire, soltanto la capacità d’amare"49.
La norma rischia di diventare una prigione, se non tiene conto dell’individualità della
persona a cui si rivolge.
Luciano, il compagno di banco costretto ad abbandonare la scuola, spiega al protagonista
quale educazione spetta ai bambini di quelle zone abituati sin da piccoli alla delinquenza:
"La scuola è un brutto carcere, e il carcere è una bella scuola".
Capuano, come accennato, non è un dogmatico.
Giulia non è semplicemente la paladina di una forma più libera di educazione: è anche una
donna complessa che, grazie all’esperienza con Mario, scopre una sua femminilità fino ad
allora nascosta (verso la fine del film Mario dice che la mamma "non vuole essere bella”) e
49 Frasi dichiarate in un' intervista, rintracciabile su: www.CineFile.biz
46
questa nuova consapevolezza la porta a confrontarsi con Olga, sua madre, che le ha
impartito un’educazione tradizionale, e che non è stata in grado di tramandarle "il mistero
della maternità".
Non capiamo, in generale, quanto sia padrona delle proprie convinzioni, quanto riesca a
tenere separato il discorso dell’arte da quello dell’educazione, e quanto sarebbe in grado di
accettare un ruolo di responsabilità ancora maggiore, quello di mamma tout court.
E’ forse anche per paura di una responsabilità totale che Giulia, contrariamente a quanto
raccomandato dalla psicologa, continua a frequentare, Nunzia, la "vera" madre che però, a
sua volta, sembra aver dimenticato con sublime leggerezza il piccolo.
Sentiamo, insomma, che Giulia è una figura importante ma transitoria.
Non è lei quell’ideale di "mamma d’estate, mamma d’inverno, mamma della primavera,
mamma di giorno, mamma di notte, mamma quando piove…" che Mario desidera.
Il regista racconta questa storia d’ordinario disagio che sfocia in tormentata
incomunicabilità.
Per farlo cita i rapporti tra classi sociali, denuncia gli errori commessi da istituzioni
sempre più clamorosamente impreparate e mette in scena i quartieri napoletani quasi
volesse documentare i luoghi in cui si verificano realmente gravi problematiche sociali.
In un film sull'incomunicabilità e sull'impossibilità di decidere la giusta pedagogia per
bambini in difficoltà, c'è un film fatto di ricordi e di pensieri.
Mario, con un passato da killer alle spalle, non parla a nessuno dei fantasmi che lo
tormentano.
Non concede un ricordo o una sensazione né ai coetanei né agli adulti che hanno scelto di
aiutarlo.
Eppure lo spettatore intuisce la storia terribile di questo bambino costretto a diventare
uomo in pochissimo tempo.
48
2.5 Sarzana: il concorso di idee per la realizzazione di un marchio sul tema dell’affidamento familiare Nella Val di Magra è stato da poco costituito un servizio affidi familiari.
Per poter promuovere tale servizio è stata ideata un’iniziativa dedicata alla
sensibilizzazione all’affidamento familiare.
L’iniziativa è stata realizzata dal Distretto Socio-Sanitario della Val di Magra, in
collaborazione con il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Pisa, ed ha avuto
come testimonial l’attore Carlo Verdone, contattato perché da sempre sensibile agli aspetti
sociali che riguardano da vicino i bambini, fonte di importanti testimonianze50 e perché,
grazie alla sua notorietà, potesse essere catalizzatore di persone.
Spiegate agli insegnanti le modalità dell’affido familiare, tra le diverse scuole della vallata,
è stato indetto un concorso di disegno, per realizzare il logo del progetto affido; è stata
organizzata una giornata dedicata completamente alla sensibilizzazione, e il disegno
vincitore è stato premiato (con un omaggio di cinquanta euro da spendere in libreria)
dall’attore Carlo Verdone51.
Per non lasciare inutilizzati i disegni creati dalle altre scuole, e per proseguire l’attività di
sensibilizzazione, il Comune di Sarzana ha deciso di servirsi dei disegni anche in altre
situazioni più informali: gli stessi sono stati esposti nelle feste di paese, nelle Parrocchie,
nelle sedi di associazioni.
Alla fine della giornata è stato donato, ad ogni bambino che aveva aderito al concorso, un
attestato di partecipazione.
Nell’attestato, per sottolineare i sentimenti dei soggetti coinvolti in un progetto di affido,
sono riportate alcune parole tratte dal “Piccolo Principe” ovvero “E’ il tempo che hai perso
per la tua rosa ad aver fatto della tua rosa la cosa più importante”52.
La storia narra che una rosa, delicata, molto delicata, fu completamente affidata alle
sensazioni di un bambino: il Piccolo Principe.
Il bambino qualche volta avrebbe voluto dimenticare la sua rosa, ma proprio in quel
momento si rammentava di essere tutto per lei e se ne occupava di nuovo.
Il Piccolo Principe era responsabile della rosa ed era questo che la rendeva così importante.
50 Il famoso attore insieme alla moglie, all’epoca della guerra nella Repubblica dell’ex Jugoslavia, adottò due bambine, due sorelle, che oggi vivono in Austria 51
Informazioni fornite dalla Dott.ssa Chiara Cargiolli, Assistente sociale del Distretto Socio-Sanitario della Val di Magra (SP), rintracciabili anche in: A. Grasso Peroni, “Carlo Verdone nella “sua” Sarzana per sponsorizzare l’affido familiare”, in Il Secolo XIX, del 25/01/'08, p.33 52 A. De Saint Exupery “Il piccolo Principe”, Tascabili Bompiani-Classici per ragazzi, Milano, 1994, p.98
49
Proprio come nell’affido53.
Un piccolo bambino è affidato alla benevolenza di una famiglia che diventa il punto di
riferimento principale per il minore ed il bambino, a sua volta, centro delle attenzioni, delle
cure da parte degli affidatari, diviene per loro la priorità assoluta.
Dopo la premiazione, un’assistente sociale ha spiegato al pubblico in cosa consiste un
affidamento familiare, le procedure per avere un minore in affido, i presupposti per
diventare affidatari, le difficoltà che si incontrano a crescere un bambino affidato, ma
anche le emozioni positive che si vivono aiutando una famiglia in difficoltà.
Due famiglie affidatarie hanno portato, poi, la loro significativa testimonianza.
A seguito di questo incontro sono state reperite otto famiglie affidatarie, per le quali sono
iniziati dei corsi di formazione, valutazione e sostegno.54
2.5.1 Il logo “Mi affido di te”
Il disegno vincitore del concorso in Val di Magra è stato vinto dalla classe IV della scuola
elementare di Marinella.
Per realizzare il disegno, la maestra della scuola ha cercato di svolgere un percorso
interattivo coi bambini, affinché potessero partecipare attivamente al progetto, farlo
proprio e, di conseguenza, comprendere pienamente il significato di un affido familiare,
trarne poi insegnamento.
L’insegnante ha menzionato agli alunni la parola “affido”, chiedendo loro, ancora ignari
del significato di quel vocabolo, a cosa associassero quel termine, in modo da stimolare la
fantasia ma anche la curiosità di sapere cosa significasse realmente.
In seguito è stato comunicato ai bambini che cosa fosse l’affidamento familiare, leggendo
in classe qualche riferimento normativo e facendo esempi di situazioni che determinano un
affido.
Partendo poi dalla parola “ affido”, sono stati ricercati termini significativamente collegati
ad essa e in seguito è stata effettuata un’indagine sui possibili simboli dei termini trovati.
Dalla parola “affido”, ci si è collegati alla parola “aiuto”, quindi poi al simbolo della
“mano”, alla parola “amore” e il simbolo “cuore”, ed è stato associato anche il vocabolo
” famiglia”ed il simbolo “casa”, ed il termine “sicurezza” ed il simbolo di un abbraccio.
53 A. De Saint Exupery “Il piccolo Principe”, Tascabili Bompiani-Classici per ragazzi, Milano, 1994, p. 6 54 Dato emerso da un colloquio col Dottor Marco Formato, Direttore Sociale del Distretto Socio-Sanitario della Val di Magra
(SP)
50
Inoltre gli alunni hanno espresso le sensazioni provate pensando ad una situazione di
affido; sono state citate come sensazioni condivise da tutti: la paura, il pericolo, ma anche
la sicurezza, la tranquillità e la gioia.
Quindi si è tentato di mettere in relazione un colore con ogni sensazione: la maggior parte
ha associato il rosso al pericolo, il verde alla sicurezza, il blu e l’azzurro alla tranquillità, il
giallo alla gioia, il nero e il viola alla paura.
E’ stato poi specificato che non sempre in un affido vi sono situazioni che generano paura,
ma sicuramente circostanze che provocano disagio o pericolo per il minore.
Sono stati così scartati i colori nero e viola.
I bambini hanno prodotto liberamente dei disegni sull’argomento, successivamente si è
discusso sulle caratteristiche specifiche di un logo, ossia schematicità e significatività
anche simbolica, ricercando esempi di loghi.
Quindi sono stati riesaminati i disegni cercando di individuare degli eccessi di dettagli; i
disegni dovevano essere molto semplici.
Sono state scelte due case come simbolo dell’affido, in relazione tra loro, con al centro un
fanciullo, che è il punto focale della relazione.
Sono stati colorati i simboli con le colorazioni delle sensazioni condivise: la prima casa,
simbolo della famiglia d’origine che pone in pericolo il minore, è stata dipinta di rosso, la
seconda, simbolo degli affidatari che accolgono il bambino e gli prestano le cure e le
attenzioni necessarie per farlo crescere nella tranquillità, è stata dipinta di blu, mentre lo
sfondo è stato colorato di giallo per dare un’idea di positività del servizio di affidamento
familiare.
Il bimbo disegnato ha i colori dei simboli.
Dopo un’attenta valutazione ed una votazione, i simboli riportati nel disegno vincitore,
sono stati tratteggiati dai compagni che erano risultati come i migliori disegnatori di quel
particolare simbolo.
Lo slogan utilizzato, pur non avendo un senso logico (“Mi affido di te”), è stato promosso
dagli alunni, perché sapeva far capire, a colpo d’occhio, quanto rappresentato
nell’immagine (con la parola “affido”), ma contemporaneamente sapeva trasmettere quello
che, secondo loro, occorreva in un affido familiare (con la frase “mi fido di te”); è
riprodotto con i colori già utilizzati, per sottolineare il passaggio, compiuto dal fanciullo,
da una situazione di pericolo ad una di tranquillità.
51
Lo slogan, oltre ad aver un significato letterale, ha un significato anche nella forma in cui
viene rappresentato; difatti raffigura la strada percorsa dal minore per allontanarsi dalla
propria casa ed entrare in quella degli affidatari.
La strada ha un tratto in salita e uno in discesa: il bambino che viene preso in affidamento
ha già affrontato le difficoltà più gravose, quindi viene ritratto nella parte di strada in
discesa55.
Il disegno nato dall’assemblaggio di queste idee, sensazioni, simboli, parole e colori, ha
vinto il concorso, ed è diventato il logo del progetto affido familiare di tutta la Val di
Magra.
55 Informazioni fornite dalla Signora Lucia Servillo, insegnante della scuola elementare di Marinella
52
2.5.2 Recensione del film “Il bambino e il poliziotto”
A sconvolgere la vita del giovane commissario romano Carlo Vinciguerra, arriva il piccolo
Giulio, figlio di Rosanna Clerici, arrestata per spaccio di droga.
Il ragazzino, rimasto solo, non intende andare in istituto.
Carlo, dapprima perplesso e contrariato, si affeziona ben presto al bambino che ricambia
con altrettanta simpatia.
L'uomo organizza la propria vita in funzione del piccolo: mette in crisi colleghi, vicine di
casa ed anche la relazione che ha con Lucia, una sua collega, la quale sarebbe pronta a
lasciare il marito per stare con lui.
Rosanna, dal carcere, non approva la situazione di Giulio e Carlo, poiché ce l'ha con
quest'ultimo per averla arrestata.
Frattanto la sua posizione di accusata si fa preoccupante, in quanto ella si rifiuta di rivelare
il nome dei suoi capi; per lei si profila un lungo periodo di detenzione.
Carlo non se ne angustia più di tanto; sta molto bene con Giulio, anche quando accadono
dei prevedibili incidenti di percorso: Giulio che demolisce vetrate, combina marachelle
l'una dopo l'altra, attacca il morbillo al padre putativo, Carlo che tenta invano di liberarsi
del monello, il giudice che invece glielo affida, la madre che, dall'invettiva contro lo sbirro
passa alla riconoscenza.
Carlo, nell'intimo si rallegra di avere quel ragazzino per casa.
Giulio è una birba che, nonostante le marachelle sa come farsi voler bene, e dunque fra i
due nasce un'affettuosa complicità che si stringe giorno dopo giorno.
Una mattina, però, Giulio viene rapito dai trafficanti di droga, i quali vogliono intimidire
sua madre, che nel frattempo inizia ad apprezzare Carlo.
Il commissario, disperato, mobilita uomini e macchine per ritrovare il bambino.
I rapinatori vengono arrestati e tra questi anche un complice di Rosanna.
Finalmente la ragazza, dopo aver scontato la pena, esce dal carcere: ad attenderla ci sono
suo figlio e Carlo, che ormai si sente irrimediabilmente legato sia al bambino sia alla
giovane donna.
I tre si allontanano tenendosi per mano.
Il film conferma il bisogno di essere padre provato da tanti adulti che vivono soli, ma
anche le difficoltà che nel crescere ed educare dei bambini e, soprattutto, nell’allevare dei
figli non propri.
53
Il lieto fine della storia ci fa capire che, nonostante le complicazioni affrontate, un affido
familiare è un’esperienza positiva e lascia, in chi l’ha vissuta, una ricchezza in più,
procurata proprio dal forte legame creatosi tra il minore ed il genitore putativo.
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CONCLUSIONI
Quanto detto finora evidenzia i percorsi seguiti da alcune realtà territoriali per
sensibilizzare i propri cittadini al tema dell’affido familiare.
Le varie città hanno dimostrato particolare attenzione nel promuovere il servizio di affido
familiare, utilizzando mezzi accessibili e vicini ai propri cittadini, per far loro comprendere
questa realtà.
Ho voluto sottolineare tuttavia, i problemi che rendono più complesso il marketing sociale,
rispetto al marketing commerciale.
Ciononostante, questi non devono essere visti come degli ostacoli insormontabili, che
impediscano o sconsiglino l’adozione dei concetti e degli strumenti del marketing, ma
piuttosto come dei limiti che impongono la necessità di un approccio specifico e creativo
per individuare nuove soluzioni e opportunità.
Le situazioni particolari che si presentano nella soluzione di molti problemi sociali,
richiedono ad esempio un approccio diverso nella definizione delle attività di promozione,
che vedono decrescere il peso e il ruolo giocato dalla pubblicità in confronto ad altri
strumenti, come la comunicazione interpersonale o le attività di pubbliche relazioni.
Altri problemi sono legati a chi promuove campagne di marketing sociale, piuttosto che ai
limiti della disciplina di marketing.
In molte organizzazioni non profit, pubbliche o private, manca una funzione di marketing
perché il personale non possiede formazione e competenze adeguate.
A queste disfunzioni di tipo organizzativo si aggiunge, di solito, una cronica mancanza di
risorse.
Come ultima osservazione, si deve infine far riferimento alle aspettative esagerate e poco
realistiche che caratterizzano numerosi interventi sociali.
Un approccio di marketing indubbiamente aumenta le potenzialità di efficacia dei
programmi, ma non si possono comunque ignorare le difficoltà legate a obiettivi che
solitamente richiedono dei cambiamenti in atteggiamenti e comportamenti particolarmente
radicati e, in molti casi, coinvolgono ampi strati di popolazione56.
Una delle maggiori difficoltà è collegata alle specifiche differenze, di strato sociale, di
cultura e mentalità, tra i diversi cittadini.
Prenderne coscienza è il primo passo da compiere per attuare campagne più efficaci.
56 S.Tamburini, “Marketing e…”, op.cit, pp.139-140
55
Idea originale e di facile comprensione per tutti è stata, secondo il mio punto di vista,
l’invenzione della fiaba di Fuochetto nella provincia di Parma.
E’ un nuovo modo di costruire un percorso per comprendere ed accettare eventi difficili.
Raccontare una favola serve a rappresentare una storia in cui vengono narrate, in modo
magico e simbolico, vicende che prendono spunto da situazione reali.
La favola è una metafora che consente di raccontare e raccontarsi tranquillamente
utilizzando immagini che stimolano e rassicurano.
Nella metafora di Fuochetto, oltre ad emergere l’attenzione posta dai servizi nell’abbinare
una famiglia affidataria ad un minore, è ben sintetizzato il senso delle competenze
necessarie ad accogliere un bambino nato da altri: la disponibilità, la capacità di chiedere
aiuto, le cure, l’amore, saper accettare le differenze, fisiche, caratteriali, di storia del
bambino.
Grazie a tali competenze vengono garantiti quei diritti che nella vita di ogni bambino
dovrebbero essere sempre tutelati e che lo aiutano a crescere in serenità.
Considero la fiaba uno dei migliori mezzi per trasmettere alle persone l’importanza di
alcuni valori e ideali.
Anche tra le fiabe più classiche si possono rintracciare delle morali relative a casi di affido
familiare.
Una delle più celebri trattate in letteratura, che, dal mio punto di vista, riesce a comunicare
bene il mondo complesso dell’affidamento familiare, e talvolta utilizzata per farne
comprendere il significato, s’intitola “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò
a volare”, del famoso scrittore cileno Luis Sèpulveda.
Questa storia rappresenta una splendida metafora, ricca di spunti di riflessione sui
significati emozionali più profondi nell’avventura dell’affido, capace di rappresentare
perfettamente ed in modo del tutto originale i ruoli e le responsabilità dei protagonisti
dell’affidamento.
Questa sua valenza, pertanto, la rende potenzialmente adatta ad essere rivolta a grandi e
piccini, a persone colte e meno colte, come strumento di approfondimento di alcune
tematiche relative all’argomento, tra cui le differenze fisiche, la funzione dei soggetti che
gravitano attorno al nucleo, l’importanza per i genitori di insegnare ai propri figli “a
volare”, ossia a rispettarne la natura e l’esigenza ad essere se stessi anche se questa sembra
attaccare le loro certezze.
56
“Commosso dal pianto della gabbianella, che non sapeva più chi fosse (era un gatto o
cibo per gatti?), Zorba le leccò le lacrime e le disse:
“Sei una gabbiana…Non ti abbiamo contraddetto quando ti abbiamo sentito stridere che
eri un gatto perché ci lusinga che tu voglia essere come noi, ma sei diversa e ci piace che
tu sia diversa. Ti abbiamo dato tutto il nostro affetto senza alcuna intenzione di fare di te
un gatto…Sei una gabbiana e devi seguire il tuo destino di gabbiana.
Ti vogliamo gabbiana. Sentiamo che anche tu ci vuoi bene, ed è bene che tu sappia che
con te abbiamo imparato qualcosa che ci riempie d’orgoglio: abbiamo imparato ad
apprezzare, a rispettare e ad amare un essere diverso” 57Devi volare”..”Volare mi fa paura stridette Fortunata..” ”Quando succederà io sarò con
te”miagolò Zorba57.
57 L.Sepulveda, “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”, Salani Editore, Firenze, 1996, pp.92-93
57
BIBLIOGRAFIA
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• www.cromoterapia .it
• www.sociale.parma.it
• www.CineFile.biz
• www.mangoni.net
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Ringraziamenti
Un grazie sincero al Professor Roberto Mazza per avermi seguito in questa mia ultima
fatica.
Ringrazio la Dottoressa Simonetta Veronese per avermi guidato, per due anni consecutivi,
nel tirocinio espletato al Comune di Arcola.
Grazie a lei mi sono avvicinata a questa realtà, ho cominciato a muovere i “ primi passi del
mestiere”, ed ho trovato ispirazione per il mio lavoro di tesi.
Ringrazio inoltre le Dottoresse Emanuela Faraci e Sara Cammarata che, affiancando la
Dottoressa Veronese, si sono alternate nei periodi dei miei tirocini, e mi hanno insegnato
“ i trucchi del mestiere”.
Esprimo un doveroso ringraziamento a quanti mi hanno aiutata nel reperimento del
materiale:
-Dottor Formato, Direttore Sociale del Distretto Socio-Sanitario della Val di Magra (SP);
-Dott.ssa Cargiolli, Assistente Sociale del Comune di Castelnuovo Magra (SP);
-Signora Servillo, Insegnante della Scuola elementare di Marinella di Sarzana (SP);
-Dott.ssa Garea, Responsabile Coordinamento Tecnico Centrale Affidi di Milano;
-Dott.ssa De Simone, Assistente Sociale del Coordinamento Tecnico Centrale Affidi di
Milano;
-Dott. Borgione, Assessore alla Famiglia, Salute e Politiche Sociali della città di Torino;
-Dott.ssa Busso, Segretaria dell’Assessore Borgione;
-Dott.ssa Sirocchi, Assistente Sociale del Comune di Parma;
-Dott.ssa Canovi, Assistente Sociale della Provincia di Parma;
Un sentito grazie alla Professoressa ed amica, da sempre, Anna Maria Borrini la quale, col
consueto affetto, mi ha aiutato a rendere migliore il mio lavoro.
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