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PONTIFICIA FACOLTA‘ TEOLOGICA DELL’ITALIA MERIDIONALE
Istituto Superiore Interdiocesano di Scienze Religiose „G. Duns Scoto“ Nola – Acerra
(ISSR)
Didattica Generale a cura del prof. Michele Montella
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DIDATTICA GENERALE
5^ lezione Venerdì 23 novembre - giovedì 29 novembre 2018 – giovedì 6 dicembre - giovedì
13 dicembre 2018
IL CURRICOLO Aspetti generali
Cos’è un curricolo. Dobbiamo immaginare il curricolo come la grande strada
educativa che le scuole costruiscono, affinché possa diventare un percorso formativo
con dei traguardi da raggiungere nel tempo per ciascun alunno della comunità
scolastica, rispettandone i ritmi di lavoro, le tipologie d’intelligenza, la gradualità
dello sviluppo psico – fisico e affettivo e la capacità di uso dei propri processi di
apprendimento e degli strumenti ad essi abbinati. Possiamo definirlo come una
sequenza di azioni, linguistico - comunicative, matematico - scientifiche, storico -
geografiche, logiche che l’allievo deve imparare a compiere come risposta ai propri
bisogni nelle diverse fasce d’età e nei diversi anni di scolarità.
Secondo le Nuove Indicazioni del 2012 “il curricolo di istituto è espressione della
libertà d’insegnamento e dell’autonomia scolastica e, al tempo stesso, esplicita le
scelte della comunità scolastica e l’identità dell’istituto. La costruzione del curricolo
è il processo attraverso il quale si sviluppano e organizzano la ricerca e
l’innovazione educativa. Ogni scuola predispone il curricolo all’interno del Piano
dell’Offerta Formativa con riferimento al profilo dello studente (…), ai traguardi per
lo sviluppo delle competenze, agli obiettivi di apprendimento (…). A partire dal
curricolo di istituto, i docenti individuano le esperienze di apprendimento più
efficaci, le scelte didattiche più significative, le strategie più idonee, con attenzione
all’integrazione fra le discipline e alla loro possibile aggregazione in aree, così
come indicato dal Regolamento dell’autonomia scolastica, che affida questo compito
alle istituzioni scolastiche.”
Il Curricolo si presenta come un itinerario progressivo e continuo di crescita del
sapere, pur nel rispetto delle identità proprie dei vari ordini di scuola. In particolare la
forma che esso assume come curricolo verticale è esemplare per lo studio e
l’approfondimento didattico. Il curricolo, dal latino curriculum, è quindi un percorso
di vita che la scuola costruisce diventando un reale luogo di esperienza, di
approfondimento e di studio di problemi ritenuti significativi per i soggetti che li
affrontano; esso si pone come espressione della libertà di insegnamento e
dell’autonomia scolastica e al tempo stesso esprime le scelte della comunità
professionale docente e l’identità dell’istituto scolastico. È uno strumento che
consente di rilevare il profilo del percorso di studi che i docenti hanno elaborato
secondo le Indicazioni nazionali. Per i docenti, inoltre, il curricolo si presta ad essere
uno strumento didattico utile per lo sviluppo e l’organizzazione della ricerca e per
l’innovazione educativa.
Un aspetto non trascurabile delle caratteristiche del Curricolo sta nel pensarlo non
solo come verticale, ma anche in coerenza con una sua esplicitazione in orizzontale,
nel senso che la sua gradualità per ordine di scuola, per ritmi di apprendimento è
coniugata con l’attraversamento dei differenti contenuti di conoscenza e di
esperienza e con le diverse aree di apprendimento offerte per ogni livello di
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istruzione e per ogni anno di studio. Un curricolo completo e integrato produce un
disegno complessivo, in grado di intercettare e di codificare in linguaggi lo scenario
delle nuove sfide poste dalla domanda sociale, i modi attuali di insegnamento e gli
“obiettivi in vista” dell’apprendimento scolastico.
L’esigenza di vari tipi di curricolo. La progettazione curricolare è una operazione
complessa che coinvolge tutti i fattori connessi con il processo educativo, dai contenuti
agli esiti formativi, dalla modalità di realizzazione ai condizionamenti dovuti alle
situazioni socio ambientali, per cui le scuole e, in genere le agenzie formative, nella
stesura del piano curricolare, sono attente allo sfondo culturale e pedagogico in cui il
documento deve collocarsi. Ciò vuol dire che, rispetto ai bisogni della scuola e alle
esigenze educative e didattiche della comunità, inserita in un territorio ben definito,
possiamo trovarci davanti ad una serie interessante di prospettive, che di volta in volta
privilegiano l’aspetto statutario delle discipline oppure la dimensione della cittadinanza
o, ancora, quella metacognitiva. Ciascun esito e ciascun tipo di curricolo dipende
dall’impostazione che vogliamo dare all’azione didattica e tiene conto dell’aspetto
organizzativo e del suo farsi progettuale, in modo da chiarire prioritariamente il
percorso che si vuole svolgere, i significati da dare agli apprendimenti, i risultati attesi e
la coerenza tra i traguardi delle competenze stabiliti normativamente e i percorsi
implementati. Inoltre un curricolo dovrà caratterizzarsi per una chiara scelta
metodologica e individuare le costanti relazionali su cui vuole lavorare.
Un curricolo che tiene conto delle varie esigenze di apprendimento degli alunni riesce
ad essere profetico, cioè anticipa i contesti culturali nei quali gli studenti potranno
trovarsi e di essi ne delinea le caratteristiche, in maniera da promuovere gli strumenti
interpretativi per riconoscerli e valutarli. Da questo punto di vista si può dire con
un’accettabile precisione che il futuro sarà contraddistinto da conoscenze in continuo
divenire e quindi dalla necessità di aggiornarle costantemente, a tal punto che la scuola
non potrà rincorrerle per offrirne una lettura definitiva ai suoi alunni. Le conoscenze di
cui oggi, quindi, dovremmo parlare non riguardano solo i patrimoni enciclopedici di cui
siamo eredi, ma soprattutto l’insieme di procedure, di mappe concettuali, di paradigmi
mentali, di condotte civili, di processi cognitivi e metacognitivi, che ci permetteranno
di ricercare, di selezionare, di sintetizzare e infine di organizzare le conoscenze che
apprenderemo gradualmente e quasi mai dalla scuola stessa, ma attraverso altre forme
di diffusione, quelle che chiamiamo informali e non formali.
Tipologie di curricolo. Quando si parla di curricolo, però, non s’intende
esclusivamente il cammino educativo e conoscitivo degli studenti e degli alunni, ma
esso può essere inteso come percorso articolato che raccoglie e organizza le
opportunità formative e quindi non si identifica soltanto con i contenuti culturali
delle singole discipline, ma comprende l'intera gamma delle risorse educative,
contemplando, nel suo insieme, l'intera esperienza scolastica compiuta dallo studente.
Si tratta perciò di un percorso che non può essere determinato una volta per tutte,
destinandolo a un modello di alunno del tutto ipotetico ed emblematico, ma deve
essere costituito tenendo conto di molteplici variabili. Nell'elaborazione del curricolo
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si deve inoltre tenere conto e mediare fra le esigenze dei destinatari, le linee di
indirizzo nazionali/provinciali e le linee di indirizzo dell'unità scolastica.
Il curricolo rappresenta un'organizzazione flessibile e in continua evoluzione che
deve consentire una mediazione fra le istanze istituzionali e la necessità di un
adattamento dell'offerta formativa alle varie e mutevoli esigenze dell'utenza
(territorio o singolo alunno).
La parola curricolo assume nella recente terminologia ministeriale, introdotta con la
legge sull'autonomia scolastica, una molteplice connotazione: si parla di curricolo
d'istituto: quale organizzazione dei saperi disponibili nell'offerta formativa di
un'istituzione scolastica, di curricolo di ciclo o di indirizzo, come può essere il
curricolo della scuola di base o quello per dipartimenti come il dipartimento
linguistico o storico – sociale, di curricolo di scuola obbligatorio, comprensivo
della quota nazionale e di quella riservata alle singole istituzioni scolastiche e, infine,
di curricolo disciplinare: quale organizzazione dei saperi interni alle singole
discipline o materie. Il curricolo va perciò considerato da questo duplice punto di
vista che determina anche una precisa divisione dei compiti e delle rispettive sfere di
competenza dei soggetti che concorrono alla sua elaborazione e realizzazione.
Breve storia del curricolo. Il curricolo in generale viene descritto come
“l’organizzazione sequenziale e programmata di tutti gli aspetti strutturali e didattici
di un corso di studi”1. Tale tipologia di curricolo non deve essere confusa con il
curriculum vitae di una persona, benché anch’esso riguardi l’illustrazione di un
percorso formativo e professionale. Infatti mentre il curricolo personale individua
come principale caratteristica la definizione del cammino già svolto da un singolo
professionista e ne delinea quindi capacità e competenze acquisite, il curricolo di
scuola individua, come sua specificità, il sistema articolato e coerente dell’offerta
riguardante l’apprendimento resa disponibili da una scuola.
Quando parliamo di curricolo intendiamo, quindi, affrontare il problema della
formazione sistematica di uno o più soggetti, riuniti in un gruppo – classe e in età
scolare, attraverso l’uso di strutture cognitive e pedagogiche codificate. Tale
questione è sempre stata presente nella storia della didattica, almeno dal Settecento in
avanti. Infatti la parola curriculum risale a quel secolo, in seguito all’esigenza di
fornire norme per la delineazione di itinerari formativi, nell’Inghilterra della prima
Rivoluzione Industriale. Tuttavia ben prima di questo uso, nel mondo di cultura
latina, il curriculum vitae o i curricola già designavano la descrizione delle
esperienza di vita formativa e di studio che una persona in una arco di tempo
delimitato svolge. L’illuminismo della Rivoluzione francese sostituisce al termine
curricolo il termine piano perché ritenuto più lineare e più indicativo della unitarietà
e sequenzialità del cammino. L’Ottocento, con la nascita della società borghese
fondata sul lavoro, fa grande uso dei due termini e li applica anche agli itinerari
lavorativi e professionalizzanti dei giovani. Agli inizi del Novecento, nell’area
anglosassone, il filosofo e pedagogista Dewey, in Scuola e società, fa esplicito
riferimento alla coniugazione tra conoscere e fare, che offre allo studente la
possibilità di prepararsi alla vita professionale e di rendere concreta la sua
1 M. Laeng (diretta da) Enciclopedia Pedagogica, Brescia 1989 vol. II p. 3433
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preparazione evitando le trappole del nozionismo e dell’istruzione solo teorica.2
Nella tradizione anglofona troviamo i primi studi scientifici sul concetto di curricolo
e sulle sue finalità. Con John Franklin Bobbit pedagogista americano, giungiamo
ad una definizione di curricolo che più si avvicina al nostro modo di pensare; lo
scrittore esponente dell’efficientismo, pubblica un libro nel primo decennio del
Novecento (1918), The curriculum, che definisce il curricolo come un itinerario
strutturato delle esperienze formative. Tali concettualizzazioni si diffondevano nel
contesto dell’attivismo e di un positivismo, che guardava all’aspetto pratico e di
gestione logica dell’insegnamento, come alla risposta più concreta e risolutiva delle
problematiche inerenti l’estraneità della scuola alle trasformazioni sociali. La scuola
deve fornire l’esperienza di una comunità reale a stretto contatto con l’ambiente e
con la realtà del lavoro3.
Bisognerà però aspettare gli anni del secondo dopoguerra, tra il quaranta e il
cinquanta per avere una teorizzazione dell’uso e della strutturazione del curricolo,
con gli studi di Ralph W. Tyler. Il pedagogista americano noto per il suo lavoro nel
campo della valutazione, già durante i suoi studi universitari è impegnato in ricerche
con gli insegnanti statali per l’elaborazione dei loro curricola. E’ conosciuto per
essere stato l’iniziatore dell’uso del portfolio come strumento di valutazione.
Secondo Tyler i curricula devono rispondere alle domande sulle finalità educative
della scuola, su quali sono le esperienze educative che sono utili per raggiungere gli
obiettivi progettati, su come sono organizzate tali esperienze, perché risultino
veramente efficaci e come esse possono essere verificate per l’accertamento del
raggiungimento degli obiettivi4.
Le tassonomie. I principi e le teorie di Tyler trovano largo consenso nella società
intellettuale americana e nell’area anglosassone, a tal punto che nascono veri e propri
report per lo studio delle sequenze di obiettivi riguardanti la costruzione di scale per
la definizione dei curricola, famosi tra questi studi quelli sulle tassonomie5.
La tassonomia è la predisposizione di uno schema nel quale l’ordine dei criteri per
formare un obiettivo corrisponde all’ordine che nella realtà esperienziale troviamo
nei fenomeni, nelle regole e negli oggetti intorno a cui sviluppiamo il nostro
apprendimento. La tassonomia è coerente con la struttura della conoscenza e ad essa
fa riferimento nella individuazione dei livelli di complessità.
2 “Se noi avessimo dello scopo e della meta dell’educazione un’idea meno esclusiva, se noi
introducessimo nei processi educativi le attività che si indirizzano a coloro in cui predomina
l’interesse per il fare e per il costruire, ci accorgeremmo che la scuola eserciterebbe sui suoi
membri un’azione molto più vitale, più prolungata, più effettivamente cultura le di quel che
non accada oggi.” Dewey J., Scuola e società, Firenze 1985 p. 19
3 Cfr la voce Curricolo in Dizionario di Scienze dell’Educazione Torino 1996 p. 265 4 http://www.edurete.org/pd/sele_art.asp?ida=831 5 Bloom, Krathwohl, Masia, Tassonomia degli obiettivi educativi, la classificazione delle mete
dell’educazione Teramo, 1984
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Gli elementi di una tassonomia cognitiva possono essere sintetizzati secondo questa
sequenza processuale: conoscenza – comprensione – applicazione – analisi – sintesi -
valutazione (tassonomie di Bloom – Cagnè – Meril).
Gli elementi di una tassonomia affettiva possono essere sintetizzati secondo questa
sequenza processuale: ricezione – risposta – valutazione – organizzazione –
caratterizzazione di un valore, sistemazione organica dei valori (tassonomia di
Krathwoll).
Gli elementi di una tassonomia psicomotoria possono essere sintetizzati secondo questa
sequenza processuale: movimenti riflessi – movimenti di base – abilità percettive –
abilità fisiche – movimenti specializzati – comunicazione non verbale (tassonomia di
Harrow).
Le categorie a cui ci riferiamo per costruire una tassonomia vanno da processo
cognitivo più semplice a quello più complesso. Per esempio mentre la conoscenza si
definisce come la capacità di richiamare informazioni alla mente già memorizzate,
senza badare al fatto che l’allievo le abbia capite, la comprensione è la capacità di
individuare e descrivere i significati posti nell’area dell’oggetto o argomento di
studio: una cosa è conoscere l’autore di un dipinto altra è comprendere il suo
contributo alla storia dell’arte e saper esprimere tale significato. L’uso delle
tassonomie6 ebbe un grande successo anche nell’Italia degli anni Settanta; i repertori
tassonomici furono visti dagli insegnanti come uno strumento efficace per la
costruzione delle Programmazione. Essi infatti rispondevano alla richiesta di
articolare la programmazione didattica in termini di abilità generali e di relativi sotto-
obiettivi. Le tassonomie coglievano alcune istanze pedagogiche relative al rapporto
tra le caratteristiche cognitive, affettive e psicomotorie dell’allievo e il livello di
apprendimento in termini di qualità, risultati e ritmi. Il sistema tassonomico è preso
in prestito dagli studi naturalistici, in quanto serve a classificare in maniera ordinata e
graduale gli organismi vegetali o animali; lo fa per stratificazione, allargando
ordinatamente i gruppi classificatori fino alla più ampia comprensione e ponendo al
vertice della graduatoria gli elementi tassonomici più complessi. L’applicazione di
tale sistema alla definizione di un obiettivo risolveva molti problemi; per esempio
impediva la frammentazione, lasciava poco margine alla discrezionalità
dell’insegnante e promuoveva l’esigenza della coerenza tra capacità cognitiva e
individuazione dell’obiettivo. Tuttavia ben presto divennero manifeste le incongruità
di un tale sistema, individuabili in particolare nella convenzionalità dello schema,
nella impossibilità di considerare i criteri da soli, in quanto essi sono caratterizzati da
un’assoluta interdipendenza e reciprocità e, infine, nell’ordine da dare alla
tassonomia stessa, come per esempio avviene tra l’applicazione e l’analisi o ancora
nella determinazione ad inserire all’apice della scala la valutazione. Infine rimaneva
il problema della separazione dei tre livelli cognitivo, psicomotorio e affettiva e della
6 In campo educativo e didattico per tassonomia (dal greco τάξιϚ, "ordine", "disposizione" e -
νομία, derivato di νέμω, "suddividere", "ripartire") s'intende la classificazione sistematica
secondo una gerarchia ascendente, che va dalle abilità elementari a quelle più complesse, basata
sulla descrizione accurata di comportamenti pedagogici d'insegnamento-apprendimento: in tal
senso si parla di "tassonomia degli obiettivi educativi e didattici" Fonte:
http://www.treccani.it/enciclopedia/tassonomia-degli-obiettivi-educativi_%28Enciclopedia-
Italiana%29/
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classificazione in ciascuna di questi aspetti dei prodotti degli allievi, che in genere,
possono essere definiti e descritti come rispondenti a più di un’area.
Tuttavia le tassonomie sono fondamentali per avere diffuso e chiarito l’esigenza
scientifica di sviluppare un itinerario curricolare, in grado di tradursi in una
formalizzazione accettabile e ordinata degli obiettivi e di collegare l’apprendimento a
criteri oggettivi, non dipendenti dall’intenzionalità del docente.
Gli obiettivi. La parola “obiettivo” è stata al centro di una notevole serie di
trasformazioni concettuali, dovute ai cambiamenti dei modelli didattici, lungo il
tempo, che gradualmente si andavano sviluppando. Dalle ridicole distinzioni tra
obiettivi cognitivi ed obiettivi non cognitivi, che consegnavano la palma di veri
obiettivi a quelli mentali e razionali, riducendo ad un’indegna subalternità quelli
cosiddetti affettivi e psicomotori, si è passati alla definizione di obiettivi formativi
distinti da quelli educativi in una confusione che a lungo ha tenuto in scacco la
pratica progettuale degli insegnanti. Perfino nell’ambito del linguaggio normativo,
che pure di per se stesso non dovrebbe consentire ambiguità interpretative, si è
parlato di obiettivi specifici di apprendimento, composti a loro volta da conoscenze
(identificate con il sapere) e abilità (identificate con il saper fare) e distinti dagli
obiettivi formativi.
Un obiettivo per essere efficace e costituire un criterio di valutazione deve esplicitare
alcuni elementi inerenti la prestazione, le condizioni, la situazione problematica da
risolvere e i criteri per la sua formalizzazione. Per raggiungere l’obiettivo, quindi si
deve definire chiaramente cosa deve essere in grado di fare l’allievo per dimostrare di
aver raggiunto quell’obiettivo (prestazione, performance); deve individuare in quali
condizioni l’allievo deve dimostrare di aver raggiunto quell’obiettivo (condizioni);
descriverà cosa deve fare l’allievo per risolvere il problema posto dalla domanda e,
infine dovrà elencare quali indicatori/parametri bisogna adottare per
correggere/valutare il raggiungimento di quell’obiettivo (criterio). Il processo di
essenzializzazione e di semplificazione ha avuto termine, per il momento, con la
definizione di obiettivi di apprendimento che fissano l’attenzione sui processi
conoscitivi degli alunni e ne descrivono la capacità di maturare competenze da
utilizzare in tutte le sequenze apprenditive in cui essi si trovano coinvolti. La
funzione degli obiettivi di apprendimento è quella di predisporre il curricolo,
collegando il raggiungimento di mete graduali di prestazione ai cosiddetti traguardi
di sviluppo delle competenze e disegnando i nuclei tematici che riguardano i campi
del sapere, le conoscenze e le abilità. Essa si realizza quando il docente, misurandosi
con ciò che gli alunni devono apprendere, anche orientandosi nella complessità del
reale, definiscono i domini disciplinari in cui muoversi.
Gli obiettivi, chiaramente definiti, indicano, quindi, il cosa valutare e fanno
riferimento ai diversi livelli di apprendimento che gli studenti dovrebbero
raggiungere. Di grande aiuto nell’organizzazione della programmazione curricolare
dei docenti fu la messa a punto di tassonomie di obiettivi educativi. In particolare per
gli obiettivi cognitivi, molto prima degli anni Settanta, già negli anni Sessanta, inizia
a diffondersi la tassonomia di Bloom, uno strumento concettuale che offre una
gerarchia di compiti o abilità di ordine cognitivo. Il fermento di ricerca e di studio
manifestato in questi decenni ben presto fece il suo esordio anche in Italia dove negli
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anni Settanta, subito dopo l’approvazione dei Decreti Delegati, viene introdotto nel
costume degli operatori scolastici la prassi comunitaria della programmazione e della
condivisione sociale degli itinerari relativi all’apprendimento. Tale
democratizzazione didattica dovrà aspettare un ventennio per trovare sbocco nella
produzione legislativa, sviluppare una metodica operativa e soprattutto formalizzare
la prassi. Il passaggio della formalizzazione dell’insegnamento ad uno schema
operativo chiaro avverrà in maniera graduale anche in consonanza con quello che
accadeva in Europa dove i paesi anglofoni avevano da tempo sperimentato un
itinerario curricolare esplicito. Un primo abbozzo di programmazione si ha in Italia
con la Legge 4 agosto 1977 n. 517 che approderà nel 1985 ai Programmi didattici per
le scuole elementari e nel 2004 (D L.vo 59/2004 recante negli Allegati A, B, C, D i
P.S.P.) con i cosiddetti Piani di Studio Personalizzati fino alle più recenti Indicazioni
Nazionali del Curricolo del 2007 e poi del 2012.
Curricolo implicito e curricolo esplicito. Nell'organizzazione del lavoro dobbiamo
tener presente che, oltre al curricolo (percorso) esplicitato il cosiddetto curricolo
esplicito, nella programmazione attraverso gli obiettivi, gli strumenti, i contenuti e le
azioni che si intendono intraprendere, esiste un contesto di riferimento che va
organizzato pur non essendo esplicitato o esplicitabile nel documento
programmatico, quello che si chiama curricolo implicito. Quando si parla di
Curricolo Implicito, si intende quella organizzazione degli spazi e dei tempi che
permetterà successivamente di praticare le azioni specificate nella progettazione
didattica. Mentre il curricolo implicito riguarda le scelte intenzionali del docente e
della comunità scolastica in merito agli obiettivi, ai contenuti e alle metodologie
dell’azione didattica con l’espressione “curricolo implicito” si indica l’ambiente di
apprendimento creato dall’insieme delle componenti dell’azione formativa della
scuola non oggetto di una progettualità esplicita.
Siamo di fronte quindi ad un altro tipo di programmazione, quella riguardante il
piano che permette a tutti l’uso e la fruibilità di spazi comuni; l’organizzazione dei
tempi di lavoro (per esempio l’organizzazione di lavori in gruppo su attività
specifiche in momenti di compresenza che permettano di seguire piccoli gruppi); la
gestione di spazi speciali per laboratori, frequentabili a rotazione da tutti gli alunni
della scuola; l’organizzazione degli spazi interni all’aula per poter svolgere routines
di classe o attività particolari sia quotidiane che periodiche, come può essere nella
scuola dell’infanzia lo spazio per il gioco funzionale e per le costruzioni, lo spazio
per il gioco simbolico, lo spazio per le attività espressive e costruttive, lo spazio per
la manipolazione, lo spazio per le attività motorie, lo spazio conversazioni.
Cosa si trova nel curricolo. Nel curricolo si trovano esposti i nuclei fondanti e i
contenuti imprescindibili intorno ai quali il legislatore ha individuato un patrimonio
culturale comune condiviso. Le Indicazioni nazionali in merito a tale patrimonio
sono state recepite dalla scuola attraverso un percorso di analisi che ha portato alla
redazione del curricolo. Il contenuto del curricolo riguarda l’esplicitazione delle
competenze relative alle materie di studio poste in relazione ad argomenti del piano
di studio di cui si tratteggiano i contenuti irrinunciabili e l’eventuale indicazione di
approfondimenti da compiersi per classi parallele, fermi restando i criteri costitutivi
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delle Indicazioni nazionali che riguardano, tra l’altro, l’unitarietà della conoscenza da
realizzarsi tramite il dialogo fra le diverse discipline di studio e il rifiuto del
nozionismo. Lo sviluppo e l’affinamento di conoscenze ed abilità disciplinari
attivano l’esercizio di competenze utili per il trasferimento di quanto appreso ad altri
e nuovi ambiti di applicazione e problemi. Il curricolo presenta una sequenza di
elementi comuni ad ogni tipologia di percorso: le finalità, gli obiettivi di
apprendimento, dai contenuti di apprendimento che possono anche non essere
coincidenti con le materie di studio, dalla tipologia di intervento didattico che si
estrinseca nelle procedure adottate, nella scelta dai metodi, degli strumenti e delle
tecniche, le verifiche delle attività, degli apprendimenti e del contesto esperienziale,
il monitoraggio delle sequenze; la valutazione dell’impostazione e del quadro
d’insieme.
Le finalità del curricolo. Le finalità formative del curricolo sono individuabili
attraverso due aspetti: governare le logiche pedagogiche del soggetto che apprende e
interpretare le logiche culturali degli oggetti di apprendimento. Il curricolo
assicura autonomia formativa e dignità scientifica ai percorsi di
insegnamento/apprendimento. L’autonomia formativa consiste nella consapevolezza
delle singolari e molteplici caratteristiche che ciascun soggetto che apprende possiede.
Per il soggetto dell’insegnamento è necessario predisporre oggetti di
apprendimento consoni a tali caratteristiche e tipici, per quanto riguarda lo sviluppo
psicologico, di un determinato grado scolastico. La dignità scientifica è data dalla
possibilità di costruire itinerari culturali peculiari ad ogni ordine scolastico, i quali,
attraverso l’intenzionalità formativa, tenendo in particolare conto gli aspetti dei processi
cognitivi e relazionali, siano in grado di innescare procedure di osservazione
sistematica sulle conoscenze degli allievi e procedure di misurazione/valutazione degli
studenti orientate sia al rendimento/profitto cognitivo sia all’efficacia/efficienza della
scuola.
Curricolo per competenze. Il percorso delineato dai Curricoli può essere
caratterizzato da elementi didattici diversi; per esempio esso può essere centrato sugli
obiettivi di conoscenza da raggiungere o sulle competenze. Questo secondo
elemento è quello più diffuso a livello europeo, perché valorizza non solo
le conoscenze e le abilità declinate come pratica apprenditiva e come applicazione di
regole, sulla scorta di una guida, ma anche la capacità di sapersi orientare
autonomamente e di individuare strategie per la soluzione dei problemi in contesti
reali o verosimili. La capacità di orientamento, di interpretazione e di lettura della
realtà circostante è modulata sui contesti delle prestazioni inerenti i linguaggi (lingua
italiana, lingua straniera, altri linguaggi), la matematica, la scienza e la tecnologia, la
storia e i contesti socio antropologici (quelli che vengono chiamati assi).
L’approccio per competenze nei Curricoli affonda le sue radici nella individuazione
di nuovi bisogni formativi, cognitivi e didattici che i nostri alunni e la società della
conoscenza esprimono. Bisogni che non possono essere ignorati da chi ha
responsabilità educative per non correre il rischio di fornire una formazione
dimezzata. Se consideriamo il bisogno come una “anticipazione di future necessità”
non si può non riconoscere che i giovani nel futuro andranno incontro
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all’obsolescenza delle conoscenze e saranno costretti a rinnovare continuamente il
loro “bagaglio conoscitivo” che risulterà sempre più inadeguato e superato. Per fare
ciò dovranno disporre di un adeguato “potenziale conoscitivo”, che consiste
nell’insieme di procedure, di schemi mentali, di condotte e di processi cognitivi per
ricercare, selezionare e organizzare le conoscenze di cui avranno bisogno per
affrontare situazioni di studio o di lavoro e per risolvere problemi.
Per un curricolo delle competenze: disciplinarità e interdisciplinarità.
L’elaborazione di un curricolo è legata alla relazione tra disciplinarità e
interdisciplinarità. La richiesta sociale alla scuola è di formare alunni in grado di
analizzare correttamente i dati inerenti la propria realtà, di elaborarne diagnosi e
valutazioni, di studiarne gli elementi di criticità e trovarne soluzioni efficaci; nei casi
più elementari, si domanda loro di applicare con proprietà e coerentemente le strategie
risolutive elaborate da altri. Si richiedono dunque persone efficienti, collaborative,
disposte al cambiamento, capaci di trasferire competenze da un ambito ad un altro. Ora
le capacità operazionali e contestuali non possono darsi di per sé, al di fuori degli
oggetti specifici di ogni scienza e dei paradigmi culturali che la strutturano, né possono
darsi al di là degli ambienti di apprendimento individuale e collettivo della scuola,
poiché una società democratica nella sostanza non vorrà esecutori di procedure, ma
cittadini che pensano e liberamente scelgono. Occorrerà allora interrogarsi sia su quali
discipline e, nei primi anni scolari, su quali campi disciplinari e/o di attività orientare
l’insegnamento e l’apprendimento, sia, soprattutto, su come insegnarle e come metterle
in relazione reciproca, facendo emergere non solo le specificità, ma le interconnessioni,
specialmente dal punto di vista del metodo, dei linguaggi, delle operazioni cognitive
messe in opera. Il compito che la scuola non può delegare a nessuno, consiste nel
fornire a tutti non solo l’accesso all’istruzione e alla formazione, ma gli strumenti per un
apprendimento efficace, sempre più autonomo e capace di misurarsi in terreni nuovi e di
elaborare criticamente quanto appreso, e dunque un corredo di competenze strutturate
su conoscenze salde ed abilità operative, sul piano cognitivo innanzi tutto,
indispensabili per decifrare il mondo nel quale viviamo nelle sue coordinate
spaziotemporali, sia fisiche sia antropiche, risalendo alle sue radici e valorizzando il
bisogno di comprensione del presente, per parteciparvi con consapevolezza piena sul
piano culturale, politico e sociale, e per inserirsi fruttuosamente, capitalizzando quanto
appreso, in altri segmenti del sistema formativo e nel mondo del lavoro. Da questo
punto di vista il processo di costruzione della conoscenza non può essere visto come
immagazzinamento, ma quale rete da arricchire progressivamente di nuovi nodi e
interconnessioni, di cui l’insegnante sia regista e sappia favorire i processi di
apprendimento anche autonomo e critico. La geografia del sapere si configurerà allora
non come un territorio già esplorato del tutto, di cui allo studente non resta che prendere
atto, bensì come una regione di cui acquisire certo ‘testi’, ‘strumenti’ e ‘linguaggi’
preesistenti, ma per utilizzarli al fine di esplorare zone nuove, di farle proprie partendo
anche dalla propria esperienza, di rinegoziare volta a volta, attraverso una didattica che
sia, a pieno titolo, attività di ricerca. Tutta la ricerca sul curricolo ci insegna ch’esso è
l’itinerario di ogni studente, è il suo percorso: esso deve pertanto sapere coniugare la
centralità dei saperi con la centralità della persona in formazione, e fare incontrare le
discipline sul piano dello sviluppo delle competenze. In questa prospettiva, perciò,
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le discipline, gli ambiti disciplinari e i campi di esperienza non solo devono essere
ripensati come campi di significato che forniscono un orizzonte intersoggettivo, ma
devono acquistare anche un significato personale per chi impara e sapersi tradurre in
operatività.
Essenzialità e ricorsività delle discipline nel curricolo verticale. Viene di qui la
necessità di rimeditare cosa si insegna in termini anche di quantità, perché porgere
attenzione ai processi, alle difficoltà di apprendimento ed agli interessi dei singoli
chiede tempi lunghi. Va favorito allora un insegnamento capace di concentrarsi
su elementi essenziali e prioritari, da trattare a fondo, ritornandovi più volte, a gradi
diversi di complessità, nel corso del curricolo, che va concepito nella sua dimensione
verticale, così da ridare un senso pieno alle idee di continuità e ricorsività, selezionando
dunque i contenuti in base ai nuclei concettuali fondanti dei saperi e alla significatività
degli apprendimenti. Non si tratta pertanto di ‘ridurre’ meramente il sillabo tradizionale
dei saperi, ma di riorganizzarlo attorno ai suoi concetti generatori, cioè (secondo l’ottica
della disciplina) attorno ai suoi nuclei fondanti, ma in modo che (assumendo anche la
prospettiva di chi apprende) la selezione e la scansione dei contenuti tengano conto
delle effettive possibilità di apprendimento degli allievi, e non avvengano secondo un
ordine a priori dettato solo dal campo di sapere in oggetto.
Competenze trasversali alle discipline e nuclei fondanti dei saperi disciplinari. La
costruzione di un curricolo per competenze rende possibili queste operazioni. Se fino a
qualche tempo fa questa sembrava essere soprattutto una petizione di principio, ora
l’elaborazione e la sperimentazione di curricoli così concepiti da parte di moltissime
scuole o reti di scuole italiane (massime gli istituti comprensivi) ne mostra la
praticabilità.
Il termine “competenza”, come abbiamo esplicitato nella dispensa precedente, sta ad
indicare ciò che, in un contesto dato, si sa fare (abilità) sulla base di un sapere, cioè di
conoscenze sia esperite sia concettualizzate, per raggiungere l’obiettivo atteso e
produrre conoscenza; è quindi la disposizione a scegliere, utilizzare e padroneggiare le
conoscenze, capacità e abilità idonee, in un contesto determinato, per impostare e/o
risolvere un problema dato. Si tratta di competenze trasversali o generali o macro
competenze: esse sono comuni a più discipline non in quanto astraggono dalle
discipline, ma perché attengono a più discipline o a tutte, declinandosi diversamente in
ciascuna di esse nelle competenze specifiche o settoriali.
Il percorso. Un percorso orientativo sul sapere come processo e sul sapere come
prodotto, ci conduce a definire le competenze chiave come quelle di cui tutti hanno
bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione
sociale e l’occupazione. A partire da questa definizione delle Raccomandazioni Europee
possiamo ricordare gli otto ambiti di competenze chiave, individuati.
1. Comunicazione nella madrelingua;
2. Comunicazione nelle lingue straniere;
3. Competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia;
4. Competenza digitale;
5. Imparare ad imparare;
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6. Competenze sociali e civiche;
7. Spirito di iniziativa e imprenditorialità;
8. Consapevolezza ed espressione culturale.
Queste competenze dovrebbero essere acquisite durante il percorso dell'istruzione e fare
da base al proseguimento dell'apprendimento nel quadro dell'educazione e della
formazione permanente.
In Italia tali competenze sono state richiamate nell'ambito del Decreto n.139 del 22
Agosto 2007 "Regolamento recante norme in materia di adempimento dell'obbligo di
istruzione" che ha individuato le otto competenze chiave di cittadinanza che ogni
cittadino dovrebbe possedere dopo aver assolto al dovere di istruzione:
Imparare ad imparare: organizzare il proprio apprendimento, individuando,
scegliendo ed utilizzando varie fonti e varie modalità di informazione e di formazione
(formale, non formale ed informale), anche in funzione dei tempi disponibili, delle
proprie strategie e del proprio metodo di studio e di lavoro.
Progettare: elaborare e realizzare progetti riguardanti lo sviluppo delle proprie
attività di studio e di lavoro, utilizzando le conoscenze apprese per stabilire obiettivi
significativi e realistici e le relative priorità, valutando i vincoli e le possibilità
esistenti, definendo strategie di azione e verificando i risultati raggiunti.
Comunicare comprendere messaggi di genere diverso (quotidiano, letterario, tecnico, scientifico) e
di complessità diversa, trasmessi utilizzando linguaggi diversi (verbale, matematico,
scientifico, simbolico, ecc.) mediante diversi supporti (cartacei, informatici e
multimediali)
rappresentare eventi, fenomeni, principi, concetti, norme, procedure, atteggiamenti,
stati d'animo, emozioni, ecc. utilizzando linguaggi diversi (verbale, matematico,
scientifico, simbolico, ecc.) e diverse conoscenze disciplinari, mediante diversi supporti
(cartacei, informatici e multimediali).
Collaborare e partecipare: interagire in gruppo, comprendendo i diversi punti di
vista, valorizzando le proprie e le altrui capacità, gestendo la conflittualità,
contribuendo all'apprendimento comune ed alla realizzazione delle attività
collettive, nel riconoscimento dei diritti fondamentali degli altri.
Agire in modo autonomo e responsabile: sapersi inserire in modo attivo e
consapevole nella vita sociale e far valere al suo interno i propri diritti e bisogni
riconoscendo al contempo quelli altrui, le opportunità comuni, i limiti, le regole, le
responsabilità.
Risolvere problemi: affrontare situazioni problematiche costruendo e verificando
ipotesi, individuando le fonti e le risorse adeguate, raccogliendo e valutando i dati,
proponendo soluzioni utilizzando, secondo il tipo di problema, contenuti e metodi
delle diverse discipline.
Individuare collegamenti e relazioni: individuare e rappresentare, elaborando
argomentazioni coerenti, collegamenti e relazioni tra fenomeni, eventi e concetti
diversi, anche appartenenti a diversi ambiti disciplinari, e lontani nello spazio e nel
tempo, cogliendone la natura sistemica, individuando analogie e differenze,
coerenze ed incoerenze, cause ed effetti e la loro natura probabilistica.
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Acquisire ed interpretare l'informazione: acquisire ed interpretare criticamente
l'informazione ricevuta nei diversi ambiti ed attraverso diversi strumenti
comunicativi, valutandone l'attendibilità e l'utilità, distinguendo fatti e opinioni.
Esse trovano il loro ambito di realizzazione all’interno e in riferimento ai seguenti assi,
di cui diamo le definizioni seguendo il documento ministeriale denominato “Gli assi
Culturali”7:
Asse dei linguaggi: L’asse dei linguaggi ha l’obiettivo di fare acquisire allo studente la
padronanza della lingua italiana come ricezione e come produzione, scritta e orale; la
conoscenza di almeno una lingua straniera; la conoscenza e la fruizione consapevole di
molteplici forme espressive non verbali; un adeguato utilizzo delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione.
Asse matematico L’asse matematico ha l’obiettivo di far acquisire allo studente saperi
e competenze che lo pongano nelle condizioni di possedere una corretta capacità di
giudizio e di sapersi orientare consapevolmente nei diversi contesti del mondo
contemporaneo.
Asse scientifico-tecnologico: L’asse scientifico-tecnologico ha l’obiettivo di facilitare
lo studente nell’esplorazione del mondo circostante, per osservarne i fenomeni e
comprendere il valore della conoscenza del mondo naturale e di quello delle attività
umane come parte integrante della sua formazione globale.
Asse storico-sociale: Le competenze relative all’area storica riguardano, di fatto, la
capacità di percepire gli eventi storici nella loro dimensione locale, nazionale, europea
e mondiale e di collocarli secondo le coordinate spazio-temporali, cogliendo nel
passato le radici del presente.
Tipologie di curricolo: il Curricolo per competenze disciplinari. Il curricolo di tipo
disciplinare propone le competenze specifiche in relazione a quelle che chiamiamo
“discipline”; esso sviluppa tale aspetto in coerenza con quello riguardante le
competenze chiave europee8, le quali rappresentano lo sfondo comune su cui viene
declinato l’insegnamento e il riferimento agli ambiti di apprendimento. Questo tipo di
curricolo promuove la mobilitazione delle conoscenze in occasione della risoluzione di
problemi, secondo le esigenze di ricerca e di studio. Cosi le conoscenze sono utilizzate
dagli alunni ai fini di perseguire e raggiungere i compiti di realtà previsti.
Il curricolo per competenze chiave sembra essere quello che più si avvicina alla
tradizione scolastica delle progettazioni dei percorsi educativi, tuttavia anch’esso non ha
ragione di essere se non all’interno di una chiara collocazione di cittadinanza. Infatti le
stesse competenze chiave declinate nel D.M. 139/2007 “Regolamento recante norme in
7 Decreto 22 agosto 2007, Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo
di istruzione. Allegati Gli assi culturali,
https://archivio.pubblica.istruzione.it/normativa/2007/allegati/all1_dm139new.pdf 8 Le competenze chiave per l’apprendimento permanente sono: comunicazione nella madre
lingua, comunicazione nelle lingue straniere, competenza matematica, competenze di base in
scienza e tecnologia, competenza digitale, imparare ad imparare, competenze sociali e civiche,
spirito di iniziativa e imprenditorialità, consapevolezza ed espressione culturale
(Raccomandazione del Parlamento Europeo del 18 dicembre 2006).
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materia di adempimento dell’obbligo di istruzione”, sono rese disponibili nella pratica
didattica solo a partire da una connotazione civile, denominata “cittadinanza”.9
In questa tipologia di curricolo bisogna disambiguare il termine disciplina, che sebbene
si possa confondere con l’area connotativa del comportamento sociale, attiene
all’applicazione del pensiero ad una determinata categoria di fenomeni, leggi, eventi,
regole e guida i processi, gli strumenti e i prodotti legati ai diversi ambiti del sapere.
Tali elementi sono individuati da una precisa forma e da un uso guidato di procedure
riguardanti le conoscenze, che noi denominiamo statuto della disciplina.
Infatti per ciascuna competenza chiave europea gli elementi caratterizzanti sono gli
strumenti espressivi ed argomentativi per gestire le situazioni, l’uso delle tecniche e
delle procedure, per esempio l’interazione comunicativa sia orale e scritta sia digitale,
l’analisi di un repertorio statistico, la lettura, la comprensione e l’interpretazione dei
testi sia in lingua madre, sia in lingua straniera, ma anche di testi intesi come elaborati
sequenziali di ordine scientifico, la riflessione sui vissuti, la produzione, la
rappresentazione, il confronto e l’analisi del calcolo, la rilevazione di dati significativi ai
fini della risoluzione di problemi di matematica e di geometria.
Comuni poi a tutte le discipline sono gli usi del linguaggio specifico, intendendo con
questo termine la capacità di organizzare il lessico disciplinare, di utilizzare gli
strumenti per ampliare le conoscenze di quel linguaggio, la capacità applicativa delle
regole grammaticali, sintattiche e fonologiche.
Altro aspetto fondamentale della competenze chiave, distribuite nelle cosiddette
discipline, riguarda inoltre la capacità di ciascun alunno di comprendere il proprio
mondo e di interconnetterlo con quello degli altri, di conoscere e di comprendere i
problemi fondamentali della contemporaneità, anche nelle sue forme artistiche,
musicali, letterarie, la capacità di conoscere e di collocare nello spazio e nel tempo i
fatti e gli eventi esperienziali, storici, civili e di individuare le trasformazioni che
ciascuno di questi fatti subisce nel corso del tempo.
Tipologie di curricolo: il Curricolo metacognitivo. Come sappiamo dalle lezioni sulla
metacognizione, la capacità di sviluppare la propria autonomia scolastica è direttamente
legata all’apprendimento strategico. L’alunno prima di acquisire le conoscenze e prima
di elaborarle deve imparare come si fa a conoscere e ad elaborare, deve cioè utilizzare
strumenti e procedure che ne promuovono l’arricchimento conoscitivo. La didattica
cognitiva non è altro che questo: padroneggiare le strategie, organizzare
l’apprendimento in funzione dei propri obiettivi. Ciò che importa è un contesto
generativo di riflessioni operative che privilegi non i contenuti, ma la modalità
dellìapprendimento, il “come” più che il “cosa”. Il funzionamento cognitivo non
riguarda infatti solo le conoscenze che si hanno sui propri meccanismi, ma anche come
usarli in maniera da priovilegiare un approccio creativo rispetto all’apprendimento. “La
didattica metacognitiva richiede allo studente di acquisare un atteggiamento attivo e
resposnabile rispetto all’apprendimento; l’allievo metacognitivo si propone di reare il
9 Le competenze chiave di cittadinanza sono le seguenti: Imparare ad imparare, progettare,
comunicare, collaborare e partecipare, agire in modo autonomo e responsabile, risolvere
problemi, individuare collegamenti e relazioni, acquisire e interpretare le informazioni.
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proprio bagaglio intellettuale attraverso domamnde , investigazione e problemi da
risolvere” (Fascicolo Rete di Scuoloe, Curricolo di cooperazione Territoriale, Mille
strade per pensare! A. s. 2015 – 2016 Napoli p.21 Distribuzione Ufficio di Segreteria
I.C. D’Aosta” Ottaviano).
Affinché la didattica metacognitiva sia attivata in maniera non episodica ma sistematica
è necessario formalizzare un curricolo che predisponga gli obiettivi e le tappe per
l’avvio di un articolato percorso di educazione alla metacognizione. Un curricolo di
questo tipo va armonizzato con il curricolo per competenze di cittadinanza e con i
curricoli disciplinari in maniera da creare sistema curricolare rispondente ai vari bisogni
della scuola. Il curricolo generale potrebbe anche essere composto dall’insieme
organizzato dei vari curricoli, in quanto presuppone che gli obiettivi di apprendimento
abbiano naturalmente nella loro definizione un aspetto disciplinare, un aspetto
metacognitivo e un aspetto cooperativo. Tuttavia non sempre è facile riuscire a creare
un curricolo che abbia tali caratteristiche, perciò spesso si preferisce, per comodità di
uso, sviluppare una serie di curricoli tra loro comunicanti. In tale maniera è come se si
creassero le mappe concettuali delle competenze rispetto ad un profilo atteso
dell’alunno.
Le dimensioni del curricolo metacognitivo. Le dimensioni costituenti un curricolo
metacognitivo si concentrano su pochi elementi.
Innanzitutto la riflessione didattica viene assorbita dalla posizione di un problema in
quanto la didattica metacognitiva è costruita sulla risoluzione dei problemi; quindi il
curricolo sarà attento a stabilire tra gli obiettivi il riconoscimento di un problema. Ciò
vuol dire che l’alunno dovrà sapere definire il suo piano di lavoro, rappresentandone le
tappe, pianificandone le fasi, motivando le sue scelte. E’ chiaro che tale lavoro
presuppone il riconoscimento delle capacità proprie e degli altri. In questa prospettiva
l’alunno dovrà sapere fare ipotesi e sapere individuare le possibili soluzioni; inoltre
dovrà imparare ad organizzare il suo lavoro, padroneggiando le procedure e imparando
a scegliere gli strumenti più adatti alla soluzione e i materiali di corredo che gli servono.
Riassumendo: Saper porre, riconoscere, gestire e risolvere un problema:
Saper riconoscere le proprie capacità: intelligenza, stile e strategie cognitive,
locus of control
Saper riconoscere le capacità altrui: metacognizione di gruppo e cooperazione
Fare ipotesi
Definire un piano di lavoro articolato per fasi
Rappresentare le tappe del piano di lavoro
Motivare le scelte e le opzioni
Pianificare l’implementazione del Piano di lavoro
Organizzare il Piano di lavoro
Padroneggiare le procedure
Scegliere strumenti adatti allo scopo
Scegliere e saper analizzare i materiali di corredo e di studio
Monitorare lo stato dei lavori e le procedure
Valutare i prodotti
Valutare le procedure
Valutare gli esiti delle strategie personali
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Un’altra dimensione curricolare importante per la metacognizione riguarda le relazioni
che il riconoscimento e la gestione di un problema comporta. Il problema è sempre
relativo ad un bisogno (apprendimento – servizio) che può essere personale, di gruppo,
comunitario e collocato nella classe, nella scuola o nel territorio di appartenenza. Da
questo punto di vista il curricolo assume una colorazione cooperative e di cittadinanza
che lo apre alle altre tipologie a cui abbiamo accennato. In questo ambito il curricolo
deve tener conto degli obiettivi sociali o pro sociali riguardanti le capacità di gestire le
competenze relazionali ai fini della definizione del problema. La metacognizione è
anche capacità di riflettere sull’importanza di attivare canali di progettazione condivisa
e quindi di gestire l’organizzazione del lavoro, riconoscendone le qualità e le difficoltà
della interlocuzione, di sapere come intervenire nei conflitti, di assumersi i ruoli e di
essere in grado di mantenerli, di avviare confronti, di saper utilizzare gli strumenti del
dialogo. Da queste brevi note si comprende come un curricolo metacognitivo s’incrocia
costantemente con un curricolo cooperativo.
Riassumendo: Gestire le relazioni che presuppongono e che conseguono alle
operazioni di posizione e risoluzione dei problemi (obiettivi pro sociali legati alla
metacognizione)
Saper gestire una progettazione condivisa di soluzione di un problema
Saper organizzare strategie gruppali
Saper riconoscere limiti e risorse del gruppo e degli interlocutori
Saper gestire un conflitto e descriverne le fasi per padroneggiarlo
Saper assumere i ruoli nella gestione del lavoro e nella gestione relazionale
L’intervento metacognitivo in classe. L’intervento metacognitivo in classe ha una
caratteristica strumentale, in quanto va a supportare la lezione d’aula ordinaria e non si
presenta come un contenuto proprio. Non si fa una lezione di metacognizione, a meno
che il docente non abbia deciso di impostare una Unità di Apprendimento che abbia
come scopo l’alfabetizzazione metacognitiva.
La metacognizione essendo trasversale agli ambiti disciplinari e il loro presupposto
didattico, rappresenta il clima di apprendimento dell’intero intervento o lezione di aula.
Preparare una lezione; occuparsi di approfondire un argomento; avviare un laboratorio o
semplicemente comunicare un intervento con un momento frontale necessita di una
serie di fasi operative che sostanziano l’ambito metacognitivo. Potremmo sintetizzare
tali fasi indicandone gli elementi in sequenza.
La prima domanda che l’insegnante si pone è: “Quali sono le strategie che devo attivare
in funzione del contenuto, dell’argomento, delle competenze da raggiungere?” E’
necessario iniziare l’intervento essendo ben consapevoli delle modalità cognitive che si
metteranno in campo; per esempio, se si avvia una lezione in cui si richiede l’analisi di
parti, bisogna attivare uno stile cognitivo analitico, che ha caratteristiche proprie rispetto
ad uno stile sintetico, il quale, per esempio, si addice di più ad una lezione che dovrà
avviare una valutazione di un’opera letteraria.
Successivamente si passa a spiegare al gruppo – classe quale può essere l’efficacia di
una o di un’altra strategia, motivandoli alla sperimentazione, mostrando loro le attività
che si potrebbero svolgere. Una volta riusciti nell’intento di “tirare dentro” il
meccanismo gli studenti, buona parte del lavoro è compiuta, in quanto saranno gli stessi
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alunni a suggerire prospettive e modalità. In questo modo si potrà passare alla fase del
monitoraggio della strategia usata, verificandone l’uso attraverso l’osservazione e in
tempo reale.
Un altro aspetto importante di un approccio metacognitivo riguarda la costruzione
paziente delle modalità relazionali con cui spieghiamo questi elementi in classe; esse
devono essere interattive e capaci di raggiungere l’allievo permettendogli di riflettere su
ciò che sta facendo. Da questo punto di vista quindi un’ulteriore fase di gestione attiene
alle operazioni di feed –back delle informazioni che gli alunni hanno appreso.
Se il docente si rende conto che lo studente usa bene le strategie metacognitive, sorge la
necessità di approfondirle, di rinforzarle e di consolidarle: questo è un momento
significativo dell’intervento, perché il docente può aiutare l’allievo a capitalizzare le sue
conquiste, stratificandole, tornandoci su spesso e mostrando nei fatti come gli usi
metacognitivi siano estremamente convenienti per le attività di studio, di applicazione e
di ricerca.
Per ultimo un intervento metacognitivo deve sviluppare la capacità autovalutativa.
Il curricolo per competenze cooperative. Il curricolo di cittadinanza è fra le tipologie
di curricolo quella più interessante, perché strettamente legata all’agire quotidiano nel
territorio di riferimento e quella che maggiormente rileva l’avvenuto collegamento tra
conoscenze e competenze per il raggiungimento dei saperi. Fra le competenze di
cittadinanza quelle cooperative sono centrali.
Le competenze cooperative sono presenti in maniera trasversale in tutte le attività di
apprendimento, perché utilizzano e finalizzano i contributi che ciascuna disciplina può
offrire alla definizione della propria autonoma identità e, ciò che più importa, del
proprio ruolo nella costruzione civile e comunitaria.
Le competenze di cittadinanza permettono di trasferire le conoscenze acquisite nei
contesti sociali, della vita relazionale e quindi in situazioni complesse nelle quali non
basta più l’enciclopedia o il vocabolario e forse non servono più neanche i motori di
ricerca sulla rete, ma è necessario padroneggiare i meccanismi cognitivi e logici grazie
ai quali avvengono e si manifestano le cose e gli eventi, i fenomeni e i tempi; così come
diventa fondamentale saper agire sui mondi che conosciamo con uno spirito divergente
e creativo, con la capacità cioè di cambiare la prospettiva dello sguardo educativo e di
prefigurarci nuovi orizzonti e nuove mete. Il curricolo di cittadinanza promuove in
definitiva la costruzione sociale dell’apprendimento perché punta alla valorizzazione di
quello che oggi si chiama capitale sociale di ciascun soggetto della scuola e sviluppa
l’unitarietà dell’apprendimento, impedendo alla pratica scolastica di frammentare il
sapere e anzi aiutando gli alunni ad aprirsi fiduciosamente alla interconnessione delle
esperienze, alla reticolarità delle sapienze e delle culture, al meticciamento delle visioni
culturali.
Le competenze cooperative all’interno delle competenze di cittadinanza sottolineano
l’aspetto della reciprocità dell’apprendimento e valorizzano il contributo che ciascun
soggetto può offrire per la definizione, la modulazione e l’arricchimento di ciascuna
competenza di apprendimento. Inoltre esse potenziano la maturazione delle relazioni
umane alla base dei processi di ricerca e di studio condivisi. Le abilità di cooperazione
sono eminentemente sociali e diventano fondamentali, come alternativa valida al
contesto competitivo e eccessivamente individualistico tipico della nostra società
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occidentale. Un curricolo per competenze di cooperazione costituisce perciò il
presupposto didattico per educare a rendere sereni e positivi i comportamenti, che la
persona manifesta nel contesto interpersonale e per consolidare e utilizzare
spontaneamente e con continuità tutti quei modelli sociali che coinvolgono l’avvio, la
gestione e il sostegno dell’interazione in gruppo. Esse fanno capo alla comunicazione
interpersonale, allo sviluppo della leadership, alla gestione dei conflitti, alla soluzione
dei problemi.
Le competenze comunicative sono legate sia al momento in cui ascoltiamo sia ai
momenti in cui rispondiamo o produciamo messaggi; esse si configurano come abilità
di rispetto dialogico e di interazione collaborativa. Una delle forme più nuove di
progettualità per avviare questo tipo di competenza è l’educazione al pensiero dialogico
e filosofico che tanto si sta diffondendo in Italia.
Le competenze di leadership sono legate alla gestione del gruppo e rivolte
all’esecuzione di un compito in modo da raggiungere un obiettivo con regolarità e
pianificazione organizzativa. Raggiunge questa competenza non solo chi assume il
ruolo di guida in un gruppo, ma anche tutti coloro che comprendono come il rispetto
delle regole è utile al miglioramento della convivenza civile.
Le competenze di gestione dei conflitti sono legate alla capacità di osservare, guidare e
controllare i conflitti, intesi come una risorsa preziosa per la crescita del gruppo. Tali
competenze sono utili per esempio a riconoscere e a individuare facilmente le proprie
dalle altrui emozioni, a distinguere un’emozione da un sentimento, a sviluppare
l’autocontrollo e l’assertività verbale e comportamentale, a identificare il terreno
comune per proporre soluzioni possibili, accettando le differenze e riconoscendo il
valore di tutti.
Le competenze di soluzione dei problemi sono legate alla definizione verbale e alla
caratterizzazione dei problemi, alla promozione di idee per risolverli e alla scelta
dell’idea più efficace; inoltre esse sviluppano i procedimenti mentali e i comportamenti
per diventare consapevoli degli errori e disponibili a correggerli.
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