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Home » Il falsificazionismo di Popper
Il falsificazionismo di Popper
Premessa
Secondo Popper la scienza si distingue dalle altre forme di sapere in
quanto conoscenza falsificabile. Questa idea, anche se contraria ad
un’opinione corrente che vede nella scienza un modello di conoscenza
indiscutibile, è tuttavia dotata di una sua forza persuasiva ed è quasi
diventata, almeno per le persone culturalmente informate, un nuovo
senso comune.
L’epistemologia di Popper e il suo criterio di demarcazione della scienza
sono molto conosciuti anche perché apparentemente semplici e
facilmente divulgabili. Ad un’analisi appena ravvicinata, tutto il discorso
di Popper, che muove da alcune intuizioni giovanili a cui egli (pur con
aggiustamenti e integrazioni) volle restare sempre fedele, dà però
origine ad una proliferazione di problemi e di sottoproblemi dei quali era
consapevole lo stesso Popper e che sono ancora oggetto di critiche e di
discussioni.
La genesi del criterio di demarcazione
Il criterio di demarcazione di Popper, che fa coincidere la scientificità
delle teorie con la loro falsificabilità, nasce – come ricorda Popper
stesso – sotto l’impressione del grande rivolgimento portato nella
Fisica dalla teoria della relatività di Einstein. La teoria della gravitazione
di Newton (basata sull’azione a distanza delle masse) che aveva
conosciuto grandi successi per più di due secoli, trovando conferme
nella caduta dei gravi, nel moto dei pianeti e delle maree, nelle misure
di Cavendish con la bilancia di torsione, nella scoperta del pianeta
Nettuno, fu soppiantata all’inizio del Novecento dalla Fisica relativistica.
Le spedizioni nell’emisfero australe, organizzate dall’astronomo inglese
Sir Arthur Eddington durante l’eclissi di Sole del 1919, in cui fu
constatato che i raggi luminosi delle stelle, pur privi di massa in senso
classico, incurvano la loro traiettoria quando passano in prossimità
della grande massa del Sole, costituirono l’evidenza più rilevante per la
confutazione della teoria della gravitazione di Newton in favore di
quella di Einstein. Non si può dunque escludere che ogni teoria,
indipendentemente dalla affidabilità che sembra possedere, possa
andare incontro al rischio della confutazione. Anche la Fisica
relativistica potrebbe essere a sua volta confutata e lo stesso Einstein
ne era consapevole.
L’anno 1919, fondamentale per l’affermazione della relatività generale,
fu anche un anno cruciale per la formazione del pensiero di Popper. In
HOME CHI SIAMO CONTATTI
Carlo Veronesi
Ha insegnato Matematica e Fisica
nei licei e ha tenuto corsi di
Epistemologia nelle Scuole di
Specializzazione per
l'Insegnamento Secondario
(SSIS). Attualmente è cultore
della materia di Logica e Filosofia
della scienza presso l'Università di
Verona. Fra le sue pubblicazioni
ricordiamo la monografia Popper
filosofo della matematica della
collana Pristem/Storia (2007).
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quello stesso anno Einstein tenne una conferenza a Vienna, a cui il
giovane Popper ebbe modo di assistere e da cui confessa di essere
rimasto sbalordito, sia per il fatto che fosse venuta alla ribalta una
nuova teoria della gravitazione che sembrava un reale miglioramento
rispetto a quella di Newton, sia per il fatto che Einstein non avesse
presentato la sua teoria come definitiva (cfr. [4], pp. 39-40). In effetti,
in un’opera pubblicata nel 1916, cioè qualche anno prima delle
spedizioni britanniche di cui abbiamo detto, Einstein aveva già scritto
che in base alla sua teoria un raggio di luce avrebbe dovuto subire una
deflessione passando accanto ad un corpo celeste e che, durante
un’eclisse di sole, sarebbe stato possibile controllare la “correttezza o
non correttezza di questa deduzione” ([7], p. 101). Einstein aveva
individuato anche un’altra conseguenza controllabile della relatività
generale: “uno spostamento dello spettro della luce proveniente dalle
grandi stelle, in confronto a quello della luce prodotta sulla terra in
maniera analoga (cioè da corpi della stessa struttura molecolare)”
(ibid., p. 122). Anche questo effetto sarebbe stato confermato negli
anni successivi ma già nel 1916 Einstein aveva scritto esplicitamente
che, “se non esistesse lo spostamento delle righe spettrali verso il
rosso a opera del campo gravitazionale, allora la teoria della relatività
generale risulterebbe insostenibile” (ibid., p. 140).
Fu questo atteggiamento di Einstein, disposto a prendere in
considerazione situazioni che avrebbero potuto sia sostenere che
confutare la sua teoria, ad impressionare Popper, specialmente se
messo a confronto con l’atteggiamento dei seguaci di teorie che pure
aspiravano alla qualifica di scienze come il marxismo, la psicanalisi di
Freud e la psicologia individuale di Adler. Popper aveva familiarità con
queste dottrine, essendo stato membro di una associazione di studenti
socialisti delle scuole secondarie e avendo collaborato con lo psicologo
Alfred Adler in un progetto di orientamento sociale per ragazzi dei
quartieri operai di Vienna (cfr. [4], p. 35; [2], pp. 62-63). E tuttavia ad
un certo punto si convinse che questi sistemi teorici sembravano come
impermeabili ai fatti: i loro sostenitori vedevano conferme delle loro
credenze praticamente in ogni avvenimento e in ogni notizia ma non
avrebbero saputo specificare situazioni in cui queste teorie sarebbero
cadute in difetto. Proprio il confronto fra questa diversità di
atteggiamenti tra Einstein e i seguaci del marxismo e della psicanalisi
portò Popper alla conclusione che per la scienza fosse essenziale un
atteggiamento critico, diverso dall’atteggiamento dogmatico, proprio
perché non va alla ricerca di verifiche delle proprie teorie ma piuttosto
di situazioni che possano eventualmente confutarle (cfr. ancora [2], p.
90). Dunque, secondo Popper, un sistema teorico deve essere
considerato scientifico soltanto se fa asserzioni che possono entrare un
conflitto con i fatti e con le osservazioni. Altrimenti deve essere
trattato come una dottrina metafisica o una pseudoscienza.
L’idea che la falsificabilità debba essere una caratteristica essenziale
delle teorie scientifiche può nascere anche per motivi puramente logici,
cioè dalla constatazione di un’asimmetria logica fondamentale fra la
verifica e la confutazione di una teoria. Se da una legge L segue un
fatto f, l’occorrenza di f non garantisce la verità di L: la regola
sarebbe una fallacia dal punto di vista logico (fallacia dell’affermazione
del conseguente). Invece, dalla falsità di f posso inferire la falsità di L.
Lo schema deduttivo:
è una regola di inferenza corretta, il modus tollens. Questa asimmetria,
a cui “siamo costretti dalla logica” ([5], p. 201), è evidente se
pensiamo che le leggi di natura sono generalmente asserti universali
del tipo “Tutte le orbite dei pianeti sono ellittiche” oppure “Ogni carica
elettrica è multipla della carica elementare” o “Tutti i cigni sono
bianchi” (l’esempio ornitologico preferito da Popper). L’osservazione di
un numero qualsiasi, ma finito, di cigni bianchi non può servire
secondo Popper a formulare o a giustificare con un procedimento di
induzione una legge universale, cioè valida per un insieme
potenzialmente infinito di casi. L’osservazione di un cigno che non sia
bianco, l’osservazione per esempio di un cigno nero proveniente
dall’Australia, può invece falsificarla.
Karl Popper
L’antiinduttivismo estremo di Popper
Secondo Popper, il metodo induttivo non può servire in nessuna fase
dell’impresa scientifica. In primo luogo non serve nel contesto della
scoperta. La scienza non ricava le proprie leggi partendo
dall’osservazione ripetuta di fatti puri; una serie di osservazioni è
sempre preceduta da una ipotesi, da una aspettativa almeno inconscia.
Popper sostiene che l’atto del concepire o inventare una teoria
scientifica non è di natura logica. Può essere frutto di un “elemento
irrazionale” o di una “intuizione creativa” nel senso di Bergson o, per
dirla ancora con le parole di Einstein, di una sorta di
“immedesimazione” con gli oggetti di esperienza (cfr. [1], p. 11). Il
processo misterioso attraverso cui gli scienziati arrivano a formulare
processo misterioso attraverso cui gli scienziati arrivano a formulare
nuove ipotesi riguarda più la psicologia che la logica della scienza. Più
tardi Popper avrebbe scritto che, avendo insegnato Logica e metodo
scientifico, era stato professore di una disciplina inesistente (cfr. [5], p.
35). Seguendo quest’ordine di idee, la stessa sua opera principale –
Logica della scoperta scientifica o Logic of Scientific Discovery
nell’edizione inglese del 1959 – sarebbe stata intitolata
impropriamente perché il metodo della scoperta non è suscettibile di
analisi logica. (Il titolo dell’edizione originale tedesca Logik der
Forschung (1935), letteralmente “Logica della ricerca”, non sarebbe
molto migliore).
Ma il compito dello scienziato – chiarisce Popper – non è solo quello di
scoprire teorie. È anche quello di metterle alla prova. Perciò la teoria
sviluppata nella sua opera fondamentale può essere descritta come
un’analisi dettagliata dei metodi dei controlli deduttivi (cfr. ancora [1],
p. 9 e p. 13). Le ipotesi scientifiche, ovviamente, possono essere
controllate soltanto dopo che sono state proposte. Tuttavia, secondo
Popper, l’induzione non può servire nemmeno a questo scopo, cioè nel
cosiddetto contesto della giustificazione. La scienza, come già detto, è
interessata a proposizioni universali del tipo “Ogni carica elettrica è
multipla della carica elementare” o “Tutti i cigni sono bianchi”. Per
rendere più chiaro il fatto che un’asserzione universale non può mai
essere provata, cioè verificata in modo conclusivo, dalle osservazioni
particolari, per quanto elevato sia il loro numero, Popper ricorre ad
un’equivalenza della Logica classica. L’asserzione “Ogni carica è
multipla della carica elementare” equivale a “Non esiste una carica che
non sia multipla
della carica elementare”. L’asserzione universale “Tutti i cigni sono
bianchi” è logicamente equivalente a ”Non esiste un cigno non-bianco”
o “Non esiste un cigno scuro” (in simboli ∀x (C(x) => B(x)) è
equivalente ¬∃ x (C(x) ^ ¬ B(x)), dove C(x) sta per “x è un cigno”,
B(x) sta per “x è bianco”, ¬ B(x) sta per “x è scuro”). Dunque,
un’affermazione universale affermativa è logicamente equivalente a
un’affermazione esistenziale negativa. Ma un’affermazione esistenziale
negativa – argomenta Popper – è un’affermazione di non-esistenza.
Mentre l’esistenza può essere verificata in modo conclusivo e la ricerca
di un cigno scuro può giungere a una conclusione, l’inesistenza non
può essere provata: non posso setacciare tutto l’universo spazio-
temporale per affermare che una certa cosa, cioè un cigno scuro, non
esiste, non è esistita o non esisterà mai (cfr. [1], pp. 54-56). A questo
punto, anche se si può essere d’accordo con Popper sul fatto che gli
esempi a favore non possano stabilire con certezza la verità di una
asserzione universale, sembra tuttavia ragionevole pensare che la
probabilità di una legge, in assenza di esempi negativi, cresca con il
numero degli esempi positivi trovati. Popper nega anche questa
ulteriore possibilità: in un universo infinito la probabilità di una legge
universale dovrà risultare sempre zero, se si parte dall’idea che le
prove favorevoli non possano essere altro che in numero finito, mentre
le prove possibili della legge o delle sue conseguenze sono
potenzialmente infinite (cfr. ancora [1], p. 407 e segg.).
Pertanto, Popper non crede che l’induzione possa fornire in alcun modo
il metodo della scienza. Tuttavia ritiene che questo non debba spingere
allo scetticismo riguardo alla possibilità della scienza empirica. Esiste,
infatti, un “tipo di inferenza strettamente deduttiva che proceda, per
così dire nella «direzione induttiva»; cioè da asserzioni singolari ad
asserzioni universali” ([1], p. 23) e questo è il modus tollens. Questo
principio, come tutta la logica deduttiva, secondo Popper, è “fuori
discussione” (ibid., p. 25). Proprio dalle possibilità che ci offrono la
logica deduttiva (di ricercare i punti deboli di una teoria che
generalmente si trovano nelle sue conseguenze logiche più remote) e
il modus tollens (di falsificare una legge generale) parte tutta
l’elaborazione di Popper. Si potrebbe anche dire che il manifesto
programmatico di Popper è quello di esplorare i confini estremi a cui si
può giungere nell’analisi dell’impresa scientifica facendo soltanto uso
della logica deduttiva classica.
Problemi della corroborazione
Popper, ritenendo che gli esempi a favore non possano rendere né vera
né probabilmente vera una teoria scientifica, deve comunque trovare
un modo per indicare almeno il suo grado di accettabilità provvisoria.
Per dare una stima di come una teoria ha retto ai controlli e ai tentativi
di confutazione, Popper usa il termine corroborazione (e non conferma,
onde evitare connotazioni verificazioniste). Secondo il suo punto di
vista, gli esempi favorevoli non possono rendere più probabile una
teoria universale, ma le confutazioni fallite possono aumentare il suo
grado di corroborazione. Tuttavia si potrebbe subito obiettare che
anche una confutazione fallita è pur sempre una verifica, un esempio a
favore. Dunque un problema dell’elaborazione di Popper è quello di
precisare in cosa un tentativo fallito di confutazione sia diverso da un
esempio favorevole puro e semplice.
E.L. Kirchner, Cinque donne per strada (1913)
Per argomentare a favore del fatto che le verifiche banali non contano,
Popper utilizza anche il paradosso della conferma di Hempel.
L’asserzione “Tutti i cigni sono bianchi” è logicamente equivalente a
“Se una cosa non è bianca, allora non è un cigno”. In simboli: ∀x (
C(x) => B(x)) è equivalente a ∀x (¬ B(x) => ¬ C(x)). Ora l’ultima
asserzione può essere positivamente esemplificata da un cormorano
nero, da una rosa rossa o da un’auto blu. Ma allora un cormorano nero
e una rosa rossa dovrebbero essere esempi a favore anche
dell’affermazione che tutti i cigni sono bianchi. Questo tipo di esempi
confermanti, imbarazzanti e paradossali per i sostenitori della logica
induttiva, non crea nessun disagio a Popper che anzi ne ricava un
argomento a favore delle sue tesi antiverificazioniste: “un
argomento a favore delle sue tesi antiverificazioniste: “un
verificazionista coerente dirà che anche l’osservazione di un cormorano
nero fornisce un sostegno all’osservazione che tutti i cigni sono
bianchi” ([5], p. 250).
Gli esempi confermanti suggeriti dal paradosso di Hempel sono ”troppo
a buon mercato” per contare qualcosa per la corroborazione, non
essendo in generale il risultato di seri tentativi di confutazione. Per la
stessa ragione Popper ritiene, come detto, che ai fini della
corroborazione generalmente non serva nemmeno un esempio
favorevole, a prima vista più serio, come l’osservazione di un cigno
bianco. Tuttavia, in particolari circostanze, sia l’osservazione di un
cigno bianco, sia l’osservazione di un cormorano nero, possono
entrambe sostenere la tesi che tutti i cigni siano bianchi. “Così se, ad
esempio, abbiamo delle buone ragioni per pensare – alla luce di teorie
precedentemente accettate – che la cosa in questo stagno è un cigno
nero, allora il fatto di scoprire che si tratta di un cigno bianco o di un
cormorano nero potrebbe realmente fornire sostegno alla teoria che
tutti i cigni sono bianchi” (ibid.). Ai fini della corroborazione non conta
tanto il numero delle verifiche, quanto il loro “peso”: gli esempi a
favore diventano “dati corroboranti” se sono il risultato di previsioni
rischiose o se possono essere presentati come il risultato di controlli
severi, cioè di tentativi seri, benché falliti, di confutazione (cfr. [2], pp.
66-67). Un controllo conta quanto più è severo e la severità di un
controllo si collega al verificarsi di un evento inaspettato: se si verifica
un evento f che non dovremmo attenderci in assenza della teoria L,
allora il fatto corrobora positivamente L. La previsione che la distanza
angolare fra due stelle fisse in posizioni opposte rispetto al disco del
Sole, se misurata di giorno, dovesse essere diversa da quella ottenuta
con misurazioni del cielo notturno sarebbe stata del tutto impensabile
senza la teoria della gravitazione di Einstein (che prevedeva che la luce
dovesse essere attratta dal Sole esattamente come i corpi materiali).
La posizione delle due stelle, inosservabile di giorno a causa
dell’eccessivo splendore del Sole, fu fotografata proprio durante
l’eclisse del 1919 e il confronto fra le diverse posizioni – notturna e
diurna – delle due stelle permise di confermare la deviazione prevista
dalla teoria einsteniana. Questa previsione, incompatibile con i risultati
che tutti si sarebbero aspettati prima di Einstein, conteneva secondo
Popper un elemento di rischio impressionante e il suo successo,
difficilmente attribuibile a una coincidenza casuale, aumentò
enormemente il grado di corroborazione (cfr. [2], p. 66; [5], p. 261).
Dunque, un controllo è corroborante se scaturisce da una previsione
rischiosa o – come dice Popper per rendere più preciso il concetto –
dalla previsione di un fatto improbabile rispetto alla sola conoscenza di
sfondo, cioè alla conoscenza non illuminata dalla teoria sotto controllo.
Il grado di corroborazione fornito a una legge L da un fatto f viene
definito, in prima approssimazione, a partire dalla differenza p(f, L γ) -
p(f, γ) o, con notazione più usuale, p(f/L^γ) - p(f/γ). Il primo termine
della differenza indica la probabilità di f in presenza della legge L e del
resto della conoscenza γ; il secondo termine indica la probabilità di f
data la sola conoscenza di sfondo γ. Si noti che, nel caso che f sia una
conseguenza logica di L e γ, risulta p(f/L^γ) = 1 e che la
corroborazione è alta se la seconda probabilità della differenza è bassa.
Il successo di previsioni vaghe e imprecise, come quelle di indovini e
astrologi, ha scarso potere corroborante perché la mancanza di
precisione si accompagna usualmente a un’alta probabilità dei fatti
previsti (cfr. ancora [5], p. 261). Tuttavia queste probabilità sono
difficili da stimare e anche la corroborazione risulta difficile da definire o
formalizzare, come dimostrano le tre appendici alla Logica della
scoperta scientifica ad essa dedicate e le successive precisazioni di
Popper sull’argomento. Il concetto di corroborazione è problematico
non solo dal punto vista formale, ma anche da quello filosofico. Popper,
infatti, afferma che il grado di corroborazione di una teoria è un
infatti, afferma che il grado di corroborazione di una teoria è un
resoconto valutativo dei controlli superati, delle prove passate, che non
dice nulla sulla sua “affidabilità” cioè sulla sua idoneità a sopravvivere
ai controlli futuri (cfr. [3], p. 38). Se affermasse il contrario, Popper
potrebbe essere accusato a ragione di far uso a sua volta, nonostante il
conclamato rifiuto, di una inferenza di tipo induttivo. Tuttavia Popper
ritiene che una teoria altamente corroborata possa almeno candidarsi
ad essere una buona approssimazione della verità o ad essere più
vicina alla verità di una teoria con un minor grado di corroborazione.
“Se due teorie rivali – scrive Popper – sono state criticate e controllate
nel modo più completo possibile, con il risultato che il grado di
corroborazione di una è maggiore di quello dell’altra, avremo, in
generale, motivo di credere che la prima è una migliore
approssimazione alla verità della seconda” ([5], pp. 83-84). Ma anche
questa tesi, a prima vista ragionevole ed anche fondata sul piano
storico, è piuttosto impegnativa e sembra non sfuggire del tutto al
rischio di ricadere nell’induzione.
Problemi della confutazione
Se è vero che sia la conferma, sia la più debole corroborazione, sono
entrambe problematiche, le cose non vanno molto meglio per la
confutazione.
Pierre Duhem
Prima di Popper, Pierre Duhem (1861-1916) aveva osservato che
generalmente al vaglio dell’esperienza non viene sottoposta una legge
fisica isolata ma tutto un insieme di ipotesi (cfr. [6], p. 211). Quando i
fatti non si accordano con una teoria, il modus tollens non ci dice quale
parte della teoria debba essere rigettata. Solo il “bon sens” dello
scienziato riesce talvolta a individuarla. Seguendo Duhem, si può
vedere che il modus tollens potrebbe non essere conclusivo per la
refutazione se la teoria L sotto controllo si accompagna ad ipotesi
ausiliarie Hi e a condizioni iniziali Ci:
La falsità di f implica la falsità della congiunzione (L^H1^….^Cn) e
questa può essere falsa non solo se è falsa la legge L sottoposta a
controllo, ma anche se lo è qualcuna delle ipotesi ausiliarie o delle
condizioni iniziali. Si può imputare la falsità di f alla falsità di L solo se si
è certi che le Hi e le Ci sono vere, cosa non sempre scontata. Se, per
fare ancora lo stesso esempio, sottoponiamo a controllo la teoria della
gravitazione di Newton con osservazioni astronomiche, è probabile che
vengano usati telescopi o altri strumenti che presuppongono
quantomeno le leggi dell’Ottica. Perciò le osservazioni che non si
accordano alla teoria di Newton potrebbero trovare spiegazioni che non
mettono in dubbio la teoria stessa.
Per chiarire il discorso, si può ricordare che John Flamsteed (1646-
1719), astronomo di Greenwich, comunicò a Newton una tabella di
dati sul moto lunare che mostrava come le teorie newtoniane fossero
errate. Newton lo invitò a rifare i calcoli tenendo conto dell’effetto della
rifrazione dei raggi di luce lunari nell’atmosfera terrestre. In questo
modo i calcoli tornarono e l’anomalia sparì. Un’altra anomalia storica
della teoria newtoniana emerse qualche secolo dopo relativamente
all’orbita di Urano, settimo pianeta del sistema solare. Qualche
decennio dopo la sua scoperta, era stato notato che il nuovo pianeta
deviava dall’orbita prevista ricavabile dalla Meccanica celeste di Newton
e dalle condizioni iniziali accettate fino a quel momento, cioè che i
restanti pianeti fossero sei. Tuttavia, se si fosse postulata l’esistenza di
un ulteriore pianeta, la deviazione di Urano si sarebbe potuta spiegare
salvando la teoria newtoniana. J.C. Adams (1819-1892) e U.J. Le
Verrier (1811-1877) giunsero entrambi, in modo indipendente l’uno
dall’altro, alla soluzione del problema individuando massa e posizione
di un nuovo pianeta sconosciuto. La ricerca dell’ottavo pianeta ebbe
successo e portò alla scoperta di Nettuno. L’anomalia del perielio di
Mercurio, osservata successivamente, diede ancora luogo a ricerche di
un nuovo pianeta che sarebbe stato chiamato Vulcano, ma questo
pianeta non fu mai scoperto. Nel 1915 Einstein riuscì a spiegare
l’anomalia dell’orbita di Mercurio sulla base della sua teoria della
relatività generale e senza ricorrere ad ipotesi supplementari. E questa
fu realmente una prima evidenza che portò a scalzare la teoria di
Newton a favore di quella di Einstein.
Popper riconosce che la falsificazione può essere difficoltosa e che in
effetti sono generalmente i sistemi di teorie ad essere sottoposti al
controllo dell’esperienza, più che singoli asserti isolati da un contesto.
L’attribuzione della falsità ad un singolo asserto nell’ambito di un
sistema teorico è sempre estremamente incerta e l’intuito dello
scienziato gioca un grande ruolo nell’indirizzare la confutazione verso
una parte o un’altra del sistema. Questo anche se Popper ritiene che
generalmente si riesca a individuare quali parti delle teorie implicate in
un controllo siano più rischiose e più esposte alla confutazione e quali
invece si possano trattare come una sorta di “conoscenza di sfondo”,
relativamente non problematica. Comunque le difficoltà della
falsificazione empirica delle teorie - aggiunge Popper - non possono
toccare la falsificabilità logica. Il fatto che “non tutto sia logico”
nell’impresa scientifica non deve impedirci di usare la logica per gettare
su di essa la maggior luce possibile (cfr. [5], pp. 204-205).
Alle difficoltà della falsificazione empirica si deve aggiungere il fatto che
una teoria può sempre essere salvata dalla confutazione mediante
l’aggiunta di opportune ipotesi ausiliarie. Per fare un esempio vicino ai
casi storici che abbiamo citato, la perturbazione dell’orbita di un
pianeta p rispetto a quella calcolabile con le leggi di Newton potrebbe
essere attribuita alla presenza di un pianetino perturbatore p’; se però
questo nuovo pianetino non fosse scoperto nella posizione prevista, lo
scienziato newtoniano potrebbe pensare che i telescopi non siano
abbastanza potenti da osservarlo. Se nemmeno un telescopio di nuova
abbastanza potenti da osservarlo. Se nemmeno un telescopio di nuova
costruzione e più potente dei precedenti riuscisse ad osservare il
pianetino, il fisico newtoniano potrebbe ipotizzare che una nube di
polvere cosmica nasconda il pianeta sconosciuto. Se fosse lanciato un
satellite artificiale a cercare la nube e se questa non fosse trovata, si
potrebbe ancora pensare che gli strumenti del satellite siano disturbati
da un campo magnetico nelle vicinanze della nube. Dunque, si
potrebbe decidere di inviare un altro satellite per una nuova ricerca e
così via. Questo esempio immaginario (cfr. [8], pp. 174-175) dovuto a
Imre Lakatos, l’allievo più noto di Popper, spesso polemico con il suo
maestro, illustra in modo colorito come possano essere adottate molte
strategie di salvataggio nei confronti di una teoria scientifica. Di fronte
a questa possibilità, la raccomandazione di Popper è che le ipotesi
aggiuntive non siano ipotesi ad hoc, cioè non siano ipotesi che si
fermino alla spiegazione del solo fatto contrario, ma che aumentino il
contenuto empirico della teoria. “Per quanto riguarda le ipotesi
ausiliarie, – scrive Popper – decidiamo di enunciare la regola secondo
cui sono accettabili soltanto quelle la cui introduzione non diminuisce il
grado di falsificabilità o di controllabilità del sistema in questione, ma al
contrario l’accresce” ([1], p. 72).
Problemi della demarcazione
Popper ritiene che le critiche viste nel precedente paragrafo non
possano scalfire né la fondamentale asimmetria logica fra verifica e
confutazione, né il criterio di demarcazione della scienza che si basa su
di essa. Ma a questo punto si può osservare che proprio il criterio di
demarcazione, basato sulla falsificabilità, rischia di essere al tempo
stesso troppo forte e troppo debole. Troppo forte perché, per esempio,
esclude dalla scienza, in quanto non falsificabili, gli asserti
strettamente esistenziali: infatti, per falsificare un asserto esistenziale,
cioè per escludere che una certa cosa esista, si dovrebbe riuscire a
scandagliare tutto l’universo spazio-temporale e questa impresa è
manifestamente impossibile. In questo modo si escludono dalla
scienza sia asserti screditati come “Esiste l’araba fenice”, sia asserti
banalmente veri come “Esiste un cigno bianco”, sia un enunciato come
“Esiste un elemento con numero atomico 72” che, oltre che vero, è
considerato da tutti genuinamente scientifico (cfr. [1], p. 56). Il
criterio di demarcazione di Popper può anche sembrare troppo debole
perché rischia di includere tutte le leggi che sono state dimostrate
false: se una teoria è stata falsificata, è certamente falsificabile e
perciò è scientifica. E questo dovrebbe riguardare sia teorie grandiose
come la Meccanica newtoniana, sia le falsità più banali.
Popper risponde in vario modo a queste obiezioni. Il suo criterio di
demarcazione esclude dalla scienza solo gli asserti esistenziali “isolati”.
Anche un asserto esistenziale può essere falsificato, se è parte
integrante di un sistema teorico: l’asserzione che esiste un elemento
con numero atomico 72 è scientifica perché non è isolata, ma è stata
avanzata all’interno di una teoria che permise di specificare come
trovare questo elemento (cfr. [5], p. 195). Inoltre l’asserto
strettamente esistenziale, cioè l’asserto isolato “Esiste un cigno
bianco”, anche se vero, non è interessante per la scienza a causa del
suo scarso contenuto informativo. Il fatto che esista un cigno bianco
da qualche parte è un’affermazione poco impegnativa e per esempio è
logicamente più debole dell’affermazione singolare “Il cigno che
osservo in questo luogo e in questo momento è bianco”. Anche questa
proposizione fattuale elementare, che è sia verificabile sia falsificabile,
non fa parte secondo Popper della scienza teorica ma soltanto della sua
“base empirica”. A differenza degli asserti universali, che hanno
rilevante potere esplicativo (in correlazione a condizioni iniziali,
possono spiegare eventi o asserti singolari) gli asserti esistenziali sono
troppo deboli per spiegare qualcosa e quindi non sono interessanti per
lo scienziato (cfr. ancora [5], p. 200).
E.L. Kirchner, Postdamer Platz (1914)
Seguendo lo stesso ordine di idee si può rispondere anche alla seconda
obiezione avanzata all’inizio di questo paragrafo, cioè che la scienza
falsificabile debba includere anche leggi false a prima vista. Così come
la scienza non è interessata a verità banali del tipo “Esiste un cigno
bianco”, allo stesso modo non può comprendere teorie banalmente
false. Perché una teoria sia accettata nella scienza occorre che superi
controlli severi, serve cioè un po’ di corroborazione. Questo discorso
viene sviluppato da Popper specialmente negli scritti a partire dal
1960: “se avessimo successo soltanto nel confutare le teorie e non
nell’ottenere verifiche delle previsioni di nuovo tipo, dovremmo certo
riconoscere che i problemi scientifici sono diventati per noi troppo
difficili, perché la struttura del mondo (se ve ne è una) va oltre le
nostre capacità di comprensione. (…) Credo, tuttavia, che dovremmo
renderci conto che (…) sono essenziali entrambi i tipi di successo: il
buon esito della confutazione delle teorie, e il successo di alcune di
queste nel resistere almeno ad alcuni dei più risoluti tentativi di
confutarle” ([2], p. 420). Quest’ultimo requisito è necessario non solo
per eliminare le teorie banali, ma anche per una ragione non meno
importante: lo scopo della scienza, attraverso congetture, confutazioni
e corroborazioni, è quello di portare ad una sempre maggiore
approssimazione alla verità. Allora “se è nostra intenzione rafforzare la
verosimiglianza delle teorie, cioè avvicinarci alla verità, dovremmo
aspirare non solo a ridurre il contenuto di falsità delle teorie, ma anche
a rafforzarne il contenuto di verità” (ibid., p 421). Con questo discorso
Popper cerca di precisare l’idea intuitiva di avvicinamento alla verità, o
di “verosimiglianza”, a partire dal “contenuto di verità” (insieme delle
conseguenze vere di una teoria) e dal “contenuto di falsità” (insieme
delle conseguenze false), ma nello stesso tempo apre un nuovo fronte
di difficoltà. Proprio partendo da questi contenuti, di verità e di falsità,
Popper ritiene di poter confrontare formalmente la verosimiglianza di
due teorie, anche se sono entrambe false, e di definire inoltre una
misura della verosimiglianza di una singola teoria. Sfortunatamente
alcuni critici hanno mostrato che le proposte di Popper non sono
logicamente sostenibili e quindi non sono idonee a catturare l’idea
intuitiva di avvicinamento alla verità. Popper riconosce l’insuccesso
scrivendo di aver accettato le critiche alla sua proposta pochi minuti
dopo che gli furono presentate. Tuttavia si dice convinto del fatto che
una definizione formale di verosimiglianza potrebbe non essere
necessaria per parlarne sensatamente e che l’idea di verosimiglianza
potrebbe essere usata nell’ambito della sua teoria come concetto non
definito (cfr. [5], p. 25).
Osservazioni finali
A questo punto è lecito chiedersi se si possa trarre qualche conclusione
da questa analisi dei problemi e delle difficoltà del falsificazionismo.
Popper, anche negli scritti della maturità, ha sempre difeso la sua
intuizione giovanile che nella scienza hanno diritto di cittadinanza solo
quelle teorie che prestano il fianco alla falsificazione e possono essere
accettate provvisoriamente solo quelle che sono passate indenni
attraverso i tentativi di confutazione. Queste tesi di Popper sembrano
molto ragionevoli. Così come sembra plausibile l’idea che la scienza,
attraverso la sostituzione di congetture confutate con altre ancora
confutabili, ma non allo stesso modo delle precedenti, porti a una
sempre migliore approssimazione della verità. Ma abbiamo visto che
molti aspetti dell’elaborazione di Popper sono stati criticati o giudicati
impraticabili. Ovviamente è difficile dire se queste lacune siano fatali
per l’impianto generale del suo pensiero. Molti ritengono che la
concezione di Popper, nonostante le difficoltà, continui a gettare molta
luce sull’impresa scientifica e che da essa ormai non si possa
prescindere. Potrebbe essere ancora attuale un giudizio espresso da
Lakatos all’inizio degli anni Settanta (cfr. [9], p. 177, n. 2) quando
scrive di aver ripetutamente criticato la filosofia di Popper proprio
perché convinto che essa rappresenti la filosofia più avanzata del
nostro tempo e che qualsiasi progresso filosofico possa essere basato
solo, anche se “dialetticamente”, sui suoi risultati.
BIBLIOGRAFIA
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1978; trad. it. La metodologia dei programmi di ricerca scientifici:
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