Il riscatto di Sunita: ritrova il sorriso dopo la Bigattiera

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Il riscatto di Sunita:ritrova il sorrisodopo la BigattieraIl maestro Luca Randazzo ospita in casa la bimba rome ne ha raccolto i pensieri in un libro per Rizzolí

di Danllo Renzullo1 PISA

A Sunita i broccoli di Luca nonpiacciono. Anzi, a Sunita ibroccoli cucinati da Luca fan-no schifo. Preferisce le patati-ne, come tutti i bambini. A dif-ferenza degli altri deve però ac-contentarsi di patatine e pastifugaci preparati in una cucinaa legna, che per pochi minutiinebria di odori quel campobuio, dove i raggi del sole sonorespinti dagli alti pini maritti-mi e dove l'acqua e l'elettricitànon sono miraggi, ma solo unlontano ricordo.

Eppure Sunita è felice. Conun pallone gioca scalza, anchecon la pioggia che trasforma laterra mista a sabbia in fango.Con una bicicletta scorrazzaavanti e indietro tra le barac-che e i cumuli di rifiuti, di pan-cali e di metallo raccolti e stoc-cati nel campo per poi essererivenduti a qualche fonderia oa chiunque sia disposto a paga-re qualcosa. Non occorre unosmartphone. Non servono abi-ti griffati, né i giocattoli dellepubblicità. Basta poco perstrapparle un sorriso. La televi-sione quando il generatore èimbottito di benzina o «gioca-re al solletico» con la sorella.Sunita non piange mai. Ha laspensieratezza di una banibi-na di dieci anni (oggi ne ha 13),ma la tempra di un adulto.

Qualcosa, però, nella sua vitainizia a mancare: la scuola.

Dopo lo sgombero del cam-po rom di Coltano («ricordo leruspe, che facevano molta im-pressione e i giornalisti che fo-tografavano che mi facevanorabbia: le foto si fanno alle co-se belle e lì invece era tuttobrutto»), la famiglia di Sunitasi trasferisce in quello della Bi-

gattiera. Ma il Comune decideche il pulmino che tutti i giorniaccompagna i tanti bambini ascuola "caricherà" solo quelli"regolari". Alla fine ne porteràsolo tre. Altre decine rimarran-no a casa, se così possono esse-re definite quelle baracche dilamiere e compensato che fi-no allo sgombero dello scorsosettembre popolavano il cam-po di Tirrenia. Ed è qui che ini-zia la storia della bambina na-ta a Foligno e arrivata a Pisa in-sieme alla sua famiglia di origi-ni macedoni. Come tutti ibambini della sua età, ama gio-care e divertirsi, ma dentro nu-tre il forte desiderio di finire lescuole elementari ed approda-re alle medie.

È la storia impressa nel"Diario di Sunita. La scuola èuna pizza ma io ci vado lo stes-so" scritto da Luca Randazzo,maestro e scrittore per passio-ne che ha raccolto in un libroedito da Rizzoli i pensieri, i so-gni e la quotidianità che, trasettembre 2012 e giugno 2013,

Sunita ha lasciato sulle paginedi un quaderno-diario che lasua maestra l'ha spinta a rea-lizzare perché si esercitassenella scrittura. La storia di Su-nita non è solo la sua storia.Ma anche, e soprattutto, quel-le di due famiglie. Quella di Lu-ca (composta dalla moglie Cle-lia e le figlie Marta e Bianca di12 e 9 anni), che decide di ospi-tare Sunita a casa propria percinque giorni a settimana perpermetterle di raggiungere efrequentare la scuola, e la fami-glia di origine, dalla quale labambina torna nei weekend.Un po' come l'Odissea, che Su-nita - come racconta nel diario

- inizia a leggere il 29 novem-bre. Vaga, tra mille avventure,per raggiungere l'obiettivo pre-fissato e terminare la scuola.Luca e Clelia, i gadzè (inon-rom) come li definisce Su-nita, frequentano spesso ilcampo della Bigattiera, per poitrasformarsi in «genitori in pre-stito». «Quando venivano a tro-varci - racconta Sunita - lorodicevano sempre: Ti verrestidavvero?" E io rispondevo disì. Però non è che poi succede-va davvero. Invece quella vol-ta, quando ho detto di sì, si so-no guardati e io ho pensato:ora mi prendono davvero. Perun attinio volevo rimangiarmi

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Da sinistra a destra della, Bianca, Luca, Sunita e Marta (fotoseruizic Muzzi/Renzullo)

Il diario uscirà in tutta Italia il 28 aprilea Pisa la presentazione Il 12 maggio

"Diario di Sunita. La scuola è una pizza ma io ci vado lo stesso",editoda Rizzoli , usciràin tutte le librerie d'Italia il prossimo 28aprile.Il 12 maggio , alle 17.30, presso la Gipsoteca di arte anticadell'università di Pisa di piazza San Paolo all'Orto, incollaborazione con la "Libreria dei ragazzi "', si terrà lapresentazione dei libro alla presenza dell'autore Luca Randazzo,44enne trentino di nascita, ma pisano di adozione , alla sua ultimafatica letteraria dopo la pubblicazione di "Le città parallele"(Salani Editore); "Il principe sultano " (Edizioni Campanila) e"L'estate di Giacomo" (Rizzoli). Insegnante della scuola primaria"Don Milani ", si diletta nella scrittura.«Una passione -spiega Randazzo - nata dalla voglia d i raccontaredelle storie ai miei alunni e poi anche a tutti gli altri».i diritti d'autore di "Diario di Sunita" saranno interamentedevoluti all'associazione Articolo 34, gruppo di alcune decine divolontari , tra i quali Lucae la sua famiglia , nata per promuovere«attivamente il diritto allo studio e l'accompagnamento dellefamiglie rom e delle famiglie in stato di grave disagio economico edemarginazione sociale e dei loro bambini nel raggiungimento deipropri obiettivi scolastici». (d.r.)

La ragazzina stringe a sé per la prima voltaquel volume e non riesce a non piangere

Piange Sunita. Non riesce a trattenere le lacrime quando perlaprima volta tocca quel libro nato dai suoi appunti impressi su unquaderno-diario . Adesso che è approdata in terza media («I nqualche modo ci sono arrivata - dice • , ma è soprattutto grazie a Lucae Cielia che mi hanno permesso di studiare»), si emoziona aripercorrere il suo passato e a raccontare quella storia di tenacia edintegrazione che, a distanza di tre anni, continua a vivere. Dopo losgombero dei campo rom della Bigattiera («anche senza l'acqua el'elettricità, lì eravamo felici • racconta Sunita -. Quando siamousciti dal campo ognuno ha preso una direzione diversae ci siamoquasi tutti persi»), Luca Randazzo e la sua famiglia hanno deciso diospitare temporaneamente anche i familiari di Sunita (settepersone in tutto) perché non riescono a trovare un'altrasistemazione: «Quando telefoniamo per chiedere un appartamentoin affitto , le case ci sono sempre - dice Randazzo -. Quando poispieghiamo chi sono gli interessati a prenderle in locazione, gliimmobili non sono più disponibili ». Differenze e pregiudizi trapopoli e culture che abitano lastessa città , a pochi chilometri didistanza, che nel libro si annullano , trovando punti di incontro,interessi, sogn i e speranze simili. «Spero che questo libro riesca adaprire una riflessione su un mondo a pochi passi dal nostro, spessovisto e giudicato con disprezzo • prosegue Randazzo -. il libro, che hoscritto perché quella che abbiamo vissuto è secondo me una storiainteressante, vuole essere un mezzo per avvicinare il lettore allepopolazioni rom che vivono sul nostro territorio in manierascherzosa, leggera e non moralista. U n'opportuniità - aggiungel'autore di "Diario di Sunita " - per allargare lo sguardo e guardare lecose da un punto di vista diverso, quello che io e la mia famigliaabbiamo avuto la fortuna di vivere . Quella con Sunita è stata per noiun'esperienza molto bella, che ci ha arricchito molto e che ho decisodi raccontare soprattutto perché lei ha vissuto questi due mondi inmaniera naturale, senza troppe differenze. E forse l'aspetto piùinteressante è proprio questo : perla protagonista, le due realtà(quella dei campo e quella della casa dei Randazzo, ndr) sonocomplementari , mentre per il lettore la differenza è netta emarcata». (d.r.)

quella parola che avevo appe-na detto: sì. Ma ormai l'avevodetta. E comunque io ci volevoandare davvero da loro. In-somma ci volevo andare, manon ci volevo andare. Voglioandare a scuola e per questosono andata a vivere a casa lo-ro».

I genitori "veri" decidono amalincuore di affidarla ai gad-zè. «Noi non abbiamo avutol'opportunità di studiare: tu cel'hai, non fartela scappare», ri-petono a Sunita. Semplice. Co-me l'innocenza di una bambi-na di dieci anni con la passio-ne del calcio, quello giocato -tanto da mettersi alla provanella squadra degli Ospedalie-ri -, e l'amore per gli One Direc-tion che la unisce alle sue coe-tanee, ai loro sogni e alle lorovite. Maturo. Come un fanciul-lo dei campi rom, che più deicoetanei sembra scalare in an -ticipo le difficoltà della vita. Di-retto. Nonostante i toni dram-matici della sua vita, il Diariodi Sunita è scritto con un tonofresco e autoironico, rispec-chiando la grande forza vitaledi questa ragazzina. Il diarionon racconta uno spaccato diPisa, o almeno non solo. È unacronistoria che narra la diffici-le integrazione tra i popoli ve-nuti più o meno da lontano,

Il maestroe scrittoreLucaRandazzoinsiemea Sunita(1B anni)la ragazzinaappartenentead unafamigliad i origineromresidentefinoallo scorsosettembreal camponomadidellaBigattiera

spesso senza valigie nia ac-compagnati da quel bagaglioculturale che quasi semprestentano a mollare, e di una fa-miglia italiana che pratica con-cretamente quegli appelli ail'accoglienza e all'integrazioneche troppo spesso restano so-lo slogan.

Il libro è anche una storia dicontrasti, fatta di due vite. Su-nita non ama più una o più l'al-tra. Non preferisce una fami-glia all'altra. Per lei non sonomondi paralleli, ma comple-mentari. Con differenze mar-cate che, «cibo a parte», laspensieratezza di una fanciul-la non riescono a cogliere, mache il lettore percepisce in ma-niera netta. Quelli tra la vita inuna casa "normale", in cui l'ac-qua, l'elettricità e la tecnologiasembrano elementi scontati, equella nel campo, dove il tem-po sembra essersi fermato edove il sole, come tutti icomfort delle classiche abita-zioni, non sono mai entrati.«Nella baracca la doccia non sipuò fare. Non c'è proprio. Nonc'è nemmeno l'acqua. Cioè,c'è ma esce piano piano - rac-conta Sunita -. Ogni tanto lamia mamma scalda il pentolo-ne e ci fa il bagno nella tinozza.L 'divertente anche così. Però acasa dei gadzè è più comodo.

Qualche volta, Luca mi viene aprendere un po' presto e allorainvece della doccia riempia-mo la vasca da bagno. Io ci sta-rei per sempre dentro l'acquacalda». L'acqua. Al campo, ècome l'elettricità: inesistente.E allora anche per fare il buca-to bisogna ingegnarsi. C'è untubo - il vecchio collegamentopoi chiuso dal Comune, cheportava l'acqua nel campo -che gocciola e quel poco vieneraccolto in grandi pentolonidove vengono adagiati i vestitidi tutta la famiglia. A casa,quella "adottiva", c'è inveceanche l'asciugatrice e il bucatoè facile da fare anche nei giorni

di pioggia. Non c'è l'acqua, nél'elettricità, figurarsi i riscalda-menti. Al campo sono rappre-sentanti da una stufa artigiana-le che «fa un odore buonissi-mo: un po' legno, un po' fumo.L'unica fregatura è la mattinapresto, perché la stufa è spen-ta e si congela». In casa i ter-mosifoni assicurano inveceuna temperatura costante.Una vita in bilico, come quella"spericolata" di Vasco Rossiche Sunita canta e sembra an-che vivere, che per un interoanno scolastico trova un appi-glio nei Randazzo, seppur pre-gna di contrasti e contraddizio-ni.

«La settimana scorsa sonoarrivate le denunce - raccontaSunita il 5 marzo 2013 -. Lehanno portate i carabinieri atutte le famiglie del campo. Di-cono che i genitori dovevanoportare a scuola i bambini. Mascusa, come ce li portano senon c'è il pulmino?». Quelloscuolabus diventato anchel'oggetto di manifestazioni, ap-pelli e di una mozione appro-vata nel giugno 2013 dal consi-glio comunale («che è un'as-semblea di gadzè importanti»)che impegnava l'amministra-zione a ripristinare il servizio.Un dovere rimasto solo sullacarta che, al termine dell'annodi "adozione", costringe Cle-lia, insieme ad alcune inse-gnanti, a fare la staffetta per ac-compagnare Sunita ed altri ra-gazzi alla scuola media, il so-gno perseguito e raggiuntocon forza e tenacia.

Il Diario di Sunita non è la fa-vola a lieto fine tanto amatadai bambini, né una di quellestorie tragiche di cui si nutrel'insoddisfazione adulta. Il rac-conto di Sunita è una storiadensa di sentimento e di quel-la voglia di riscatto che la spin-gono a riflettere, più che a so-gnare, su quelle azioni concre-te che giorno dopo giorno inse-gnano a superare i pregiudizi ele differenze.

Oggi Sunita mangia i broc-coli, anche quelli cucinati daLuca. L'unica diversità perce-pita, quella culinaria, è anch'essa superata.

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