View
216
Download
0
Category
Preview:
Citation preview
ambiente s.c. ecologia industriale ed igiene ambientale
Capitolo 2 – Descrizione dell’Ambiente
STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Impianto di termovalorizzazione “I Cipressi”
cod. doc. SIA-02-05 rev. 04 data 31/08/2005 Pag. 1 di 16
Università degli Studi di Firenze -Dipartimento di Energetica - Sergio Stecco
INDICE
2.5 SUOLO E SOTTOSUOLO ................................................................................................. 2
2.5.1 Caratterizzazione geologica e geomorfologica del sottosuolo.....................................2
2.5.2 Descrizione della componente suolo......................................................................4
2.5.3 Uso del suolo ....................................................................................................8
2.5.4 Caratterizzazione del terreno attraverso la sua permeabilità................................... 13
2.5.5 Valutazione sintetica della componente ambientale ............................................... 16
ambiente s.c. ecologia industriale ed igiene ambientale
Capitolo 2 – Descrizione dell’Ambiente
STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Impianto di termovalorizzazione “I Cipressi”
cod. doc. SIA-02-05 rev. 04 data 31/08/2005 Pag. 2 di 16
Università degli Studi di Firenze -Dipartimento di Energetica - Sergio Stecco
2.5 SUOLO E SOTTOSUOLO
2.5.1 Caratterizzazione geologica e geomorfologica del sottosuolo
L'Appennino Settentrionale risulta dalla sovrapposizione tettonica di due grandi insiemi, diversi per
litologia, struttura ed origine paleogeografica: un insieme esterno Umbro-Toscano ed un insieme
Interno Ligure-Emiliano. L'insieme Esterno è costituito essenzialmente da uno zoccolo continentale,
appartenente alla Placca Adriatico-Padana su cui poggiano, anche se scollate e deformate, le
successioni mesozoico-terziarie che ne rappresentano l'originale copertura sedimentaria.
L'insieme Interno consta di una serie di unità tettoniche che, per la presenza di ofioliti (rocce ignee
basiche ed ultrabasiche tipiche della litosfera oceanica) si sono invece originate in un oceano
estendendosi eventualmente anche sulla parte più assottigliata dei margini continentali adiacenti.
Queste unità hanno comunque abbandonato il loro substrato originario, che è scomparso in
subduzione, per sovrascorrere da ovest verso est (vergenza appenninica) sull'Insieme Esterno, che
ha avuto ruolo di avampaese, costituendo perciò una coltre alloctona.
Ricostruendo l’Appennino Settentrionale in una successione da ovest a est, possiamo riconoscere
cinque domini principali, di cui tre appartenenti all’insieme Ligure-Emiliano e tre appartenenti
all’insieme Umbro-Toscano:
1) Il Dominio Ligure comprensivo di relitti di basamento oceanico e relative coperture
sedimentarie pelagiche del tardo Giurassico-Cretaceo inferiore e flysch cretaceo-paleogenici scollati
dal loro substrato (ad esempio Unità Liguri esterne: Flysch ad Elmintoidi).
2) Il Dominio Subligure documentato solo da una successione sedimentaria paleogenica
profondamente tettonizzata e di cui non si conosce né l’originaria ampiezza né la natura del suo
substrato. E’ verosimile che questa successione si sia sedimentata in un’area di transizione tra la
crosta oceanica del Dominio Ligure e il substrato continentale del Dominio Toscano.
3) Il Dominio Toscano attualmente documentato da successioni deformate a livelli strutturali
differenti:
i) il Dominio Toscano Interno (Falda Toscana) comprende termini da archimetamorfici a non
metamorfici di età variabile dal Trias superiore all’Oligocene superiore;
ii) il Dominio Toscano Esterno (Complesso Metamorfico Toscano: Autoctono delle Alpi
Apuane, metamorfiti del M. Pisano e della Montagnola senese, ecc.), con metamorfismo in
facies scisti verdi che oltre ad una copertura mesozoica e terziaria, comprende anche
formazioni paleozoiche del suo basamento ercinico.
ambiente s.c. ecologia industriale ed igiene ambientale
Capitolo 2 – Descrizione dell’Ambiente
STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Impianto di termovalorizzazione “I Cipressi”
cod. doc. SIA-02-05 rev. 04 data 31/08/2005 Pag. 3 di 16
Università degli Studi di Firenze -Dipartimento di Energetica - Sergio Stecco
iii) L’Unità di Massa (esterna al bacino dell’Arno) che è costituita esclusivamente da termini
Paleozoici e del Trias inferiore e medio.
4) L’Unità di M. Cervarola è costituita esclusivamente da un flysch del Miocene medio deposto in un
bacino al fronte dell’alloctono e, attualmente, in parte accavallato sul Dominio Umbro-Marchigiano.
Il suo substrato, intermedio tra il Dominio Toscano Esterno e il Dominio Umbro-Marchigiano, non
affiora nell’Appennino settentrionale.
5) Il Dominio Umbro-Marchigiano, un fold belt scollato a livello delle evaporati triassiche, affiora in
Umbria e Marche ed è sepolto dalle coltri liguri sulla trasversale dell’Appennino tosco-emiliano.
Esso rappresenta la zona più esterna della catena con una successione sedimentaria che arriva fino
al Miocene superiore.
L’area interessata da questo studio è compresa entro la pianura alluvionale del Fiume Sieve, in loc.
Selvapiana, all’interno del Comune di Rufina, sulla sinistra idrografica del fiume, a circa 97 metri
s.lm..
Nei pressi dell’area analizzata troviamo alluvioni recenti, formazioni appartenenti alle Unità Ligure
e, precisamente appartenenti alle Unità di Monte Morello, e affioramenti che appartengono alle
Unità Toscane, in particolare le Arenarie del Monte Falterona e le Arenarie di Pratomagno.
La alluvioni recenti risultano essere depositi coerenti ed incoerenti come sabbie, ghiaie, ciottoli ed
argille sabbiose. Il loro spessore varia dai 5.90 metri agli 8.50 metri.
Le Unità di Monte Morello che affiorano all’interno dell’area studiata sono costituite dalla formazione
Alberese e dalla formazione del Sillano. Sono unità alloctone e perciò risultano fortemente
fratturate e tettonizzate.
La formazione di Alberese affiora in destra idrografica del Fiume Sieve e rappresenta l’unità più
orientale del Dominio Ligure. E’ costituita da calcari marnosi bianchi e grigio-giallastri a frattura
concoide, da marne torbididiche di colore biancastro e giallastro e di arenarie quarzose e calcaree.
Saltuariamente sono presenti anche strati di selce nera.
La formazione del Sillano è costituita da alternanze di calcari marnosi a grana fine da sottili a molto
spessi di colore grigio-verde e nocciola o giallastri per alterazione, marne marroni e grigie,
calcareniti grigio-scure, arenarie quarzose e calcaree e argilliti siltose.
Le Arenarie di Falterona e Pratomagno sono formazione di origine terziaria che affiorano sia sulla
destra che sulla sinistra idrografica del fiume Sieve. Sono costituiti principalmente da arenarie con
presenza di argilliti e siltiti. E’ caratterizzata da un’alternanza di strati di torbiditi arenacee, e di
strati più sottili siltoso-marnosi.
ambiente s.c. ecologia industriale ed igiene ambientale
Capitolo 2 – Descrizione dell’Ambiente
STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Impianto di termovalorizzazione “I Cipressi”
cod. doc. SIA-02-05 rev. 04 data 31/08/2005 Pag. 4 di 16
Università degli Studi di Firenze -Dipartimento di Energetica - Sergio Stecco
Anche la carta geologica del Piano Territoriale di Coordinamento della provincia di Firenze,
evidenzia nell’area oggetto del presente studio, al di sotto di alluvioni recenti costituite da ciottoli,
sabbie ed argille sabbiose, la presenza di calcari marnosi bianchi a frattura concoide e grigio-
giallastri granulosi teneri con elevato tenore di carbonato di calcio, alternati a marne laminate e
calcariniti.
Per quanto riguarda lo studio della morfologia del territorio. questa è stata effettuata analizzando i
quadri conoscitivi in relazione alle unità territoriali dei comuni compresi nell’area sensibile.
La morfologia generale del territorio si esplica principalmente in 3 differenti unità fisiografiche:
1. Fascia di territori pianeggianti di fondovalle, corrispondenti alle pianure alluvionali dei
principali corsi d’acqua, ove sono ubicati anche i principali centri urbani;
2. Fascia pedemontana collinare che connettono la fascia della pianura alluvionale con la
fascia montuosa, caratterizzati da pendii di debole acclività con litologia prevalentemente
argillitica;
3. Fascia montana con aumento della pendenza dei versanti, caratterizzata dalla bassa
concentrazione di abitati e dalla prevalente copertura boschiva;
Le 3 fasce qui sopra descritte presentano caratteristiche di copertura del suolo e composizione
vegetazionale differenti, condizionate oltre che dalla differenza esposizione e corrispondente
condizione climatica, anche dalla natura geologica del substrato e dal grado antropizzazione
presente nel territorio. L’uomo ha naturalmente concentrato la sua attività là dove le condizioni di
lavorabilità del terreno sono migliori e le pendenze sono più dolci. E’ chiaro che evidentemente
l’azione antropica ha interessato in misura maggiore le aree di fondovalle, caratterizzate
principalmente da terreni sabbiosi-argillosi alluvionali, mentre nelle aree montane, caratterizzate
da un substrato principalmente calcareo o arenaceo, sono i boschi ad avere la predominanza.
2.5.2 Descrizione della componente suolo
Il suolo, secondo la definizione proposta dalla Soil Conservation Society of America (1986) è un
corpo naturale costituito da particelle minerali ed organiche, che si forma dall’alterazione fisica e
chimico-fisica della roccia e dalla trasformazione biologica e biochimica dei residui organici. Esso
non è un strato detritico privo di vita che si è formato grazie all’accumulo progressivo durante il
corso del tempo, ma un corpo dinamico, in continua evoluzione in cui si verificano costantemente
tutta una serie di complesse attività chimiche, fisiche e biologiche. I suoli sono strettamente
collegati con la litologia, alla forma e alla esposizione del rilievo, al clima e alla vegetazione che lo
ricopre e sono soggetti a modificazioni qualora cambino tali condizioni.
ambiente s.c. ecologia industriale ed igiene ambientale
Capitolo 2 – Descrizione dell’Ambiente
STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Impianto di termovalorizzazione “I Cipressi”
cod. doc. SIA-02-05 rev. 04 data 31/08/2005 Pag. 5 di 16
Università degli Studi di Firenze -Dipartimento di Energetica - Sergio Stecco
I pedologi attribuiscono il termine suolo, esclusivamente al materiale superficiale che in un lungo
periodo di anni si è trasformato in strati differenziati o orizzonti, che presentano caratteristiche
fisiche, chimiche e biologiche che gli permettono di alimentare lo sviluppo della vegetazione e che
lo distinguono dal substrato sterile sottostante che è costituito dalla roccia madre. Il suolo è
costituito da sostanze che si trovano nei tre stati fisici della materia e cioè nello stato solido, fisico
e gassoso.
La porzione solida del suolo è costituita sia da sostanza inorganica che da sostanza organica. Il
disfacimento meteorico delle rocce produce le particelle inorganiche che forniscono al suolo la parte
principale del suo volume e del suo peso. La parte solida organica è invece costituita da organismi
vegetali, da organismi animali e dai loro resti. Si tratta principalmente di radici, funghi, batteri,
vermi, insetti e piccoli roditori.
La porzione liquida del suolo è una soluzione chimica complessa fondamentale per tutte le reazioni
chimiche e biologiche che avvengono al suo interno. Si tratta di un composto formato da numerose
sostanze chimiche quali i bicarbonati, solfati, clorati, nitrati e i silicati di calcio, magnesio, potassio,
sodio e ferro. In un suolo senza acqua, non è possibile che si sviluppi la vita.
Infine la porzione gassosa è composta dai gas che occupano i pori e gli spazi all’interno del suolo.
Si tratta prevalentemente di gas presenti nell’atmosfera e di quelli liberati dalle varie attività
biologiche e chimiche.
Per terminare questa piccola introduzione al comparto suolo è necessario elencare brevemente le
sue proprietà chimico-fisiche e biologiche e i processi che generano e mantengono i materiali di cui
esso è composto.
Analizzando il sistema suolo da un punto di vista chimico, la prima caratteristica che vediamo è il
cosiddetto colore del suolo, che indica la fase della genesi del suolo e gli elementi che lo
compongono. I vari orizzonti del suolo sono facilmente distinguibili proprio dal colore che essi
possiedono, colore che varia dal bianco, al bruno, fino al nero che sta a testimoniare in primo luogo
la quantità di humus nel suolo presente. L’humus è una sostanza organica finemente suddivisa e
parzialmente decomposta fondamentale per lo sviluppo vegetale ed infatti dove lo strato umifero è
abbondante troviamo sempre un terreno fertile. Una delle principali caratteristiche del suolo è la
sua tessitura ovvero la dimensione delle particelle e dei granuli che lo compongono. La tessitura è
un elemento importantissimo nell’analisi del suolo, in quanto determina le proprietà di ritenzione e
particolazione dei liquidi: un suolo sabbioso può lasciar filtrare l’acqua molto più rapidamente di un
suolo argilloso dove gli spazi dei pori sono troppo piccoli per un drenaggio adeguato. Il pH del suolo
esprime il grado di acidità e di alcalinità del terreno ed è collegata strettamente con le tipologie
vegetazionali e flogistiche che lo colonizzano. La struttura del suolo si riferisce al modo in cui i suoi
granuli sono aggregati in elementi più grandi tenuti assieme dai colloidi presenti. Influisce la
quantità d’acqua che può assorbire, la predisposizione all’erosione e la facilità con cui può venire
coltivato. Il profilo del suolo descrive la suddivisione del suolo in orizzonti o strati, che differiscono
ambiente s.c. ecologia industriale ed igiene ambientale
Capitolo 2 – Descrizione dell’Ambiente
STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Impianto di termovalorizzazione “I Cipressi”
cod. doc. SIA-02-05 rev. 04 data 31/08/2005 Pag. 6 di 16
Università degli Studi di Firenze -Dipartimento di Energetica - Sergio Stecco
per struttura, tessitura, colore e consistenza. I pedologi distinguono i vari orizzonti con le lettere
dell’alfabeto, dall’alto verso il basso. Una breve descrizioni dei vari orizzonti è riassunta qui di
seguito:
• Orizzonte O: accumulo di materiale organico deposto in superficie (lettiera) con più
del 35% di materiale organico;
• Orizzonte A: si forma in superficie, vi è la totale obliterazione della roccia da cui si è
formato il suolo e mostra un accumulo di sostanza organica umificata intimamente
associata con la frazione minerale;
• Orizzonte B: anche qui vi è la totale o quasi obliterazione della roccia madre con
presenza di argilla, ferro, alluminio, carbonati, gesso, silice e humus, soli o i
combinazione;
• Orizzonte C: orizzonte minerale di materiali non consolidati, simili a quelli da cui si
sono formati gli orizzonti A e B, con scarsa influenza dei processi pedogenetici;
• Orizzonte R: roccia madre più o meno coerente.
Abbiamo parlato di pedogenesi, e cioè dello sviluppo e della trasformazione nel tempo del suolo.
Essa è regolata da quelli che sono denominati come processi pedogenetici, ovvero i processi che
interagiscono singolarmente o combinati nella formazione e sviluppo del suolo. Possono essere
passivi o attivi. Tra i fattori pedogenetici passivi vi è la roccia madre, ovvero il materiale base su
cui, attraverso trasformazioni chimiche e fisiche, si sviluppa il suolo. Un altro fattore passivo è
costituito dal tipo di rilevo e dalla forma della superficie del terreno: laddove vi è un versante ripido
il ruscellamento e l’erosione meteorica sarà maggiore rispetto ad una zona pianeggiante e quindi lo
sviluppo degli orizzonti sarà più lenta ed essi saranno meno profondi. Il terzo ed ultimo fattore
passivo è costituito dal tempo e cioè dalla durata della pedogenesi.
I fattori attivi sono costituiti dal clima, e quindi secondariamente da umidità, temperatura e vento,
e dai processi biologici che all’interno del suolo hanno luogo. Questi ultimi sono costituiti
dall’insieme degli organismi animali e vegetali che nel suolo vivono, si alimentano e si riproducono.
Il suolo appare quindi come un complesso laboratorio biologico nel quale si succedono
ininterrottamente generazioni di organismi di dimensioni e entità variabile, le cui attività regolano
lo sviluppo e la sua evoluzione. I microrganismi del suolo riciclano la sostanza organica e
concorrono alla formazione dell’humus essenziale per la vita dei microrganismi stessi e delle piante.
Scendendo in dettaglio nell’analisi delle diverse tipologie biologiche che popolano l’ecosistema suolo
possiamo innanzitutto distinguere le 2 principali categorie (di costituzione empirica) su cui si basa
l’intero regno vegetale, e cioè la macroflora, e la microflora. La macroflora è costituita dal popolo
vegetale facilmente osservabile ad occhio nudo, e quindi dagli alberi, gli arbusti, le erbe, i prati ecc.
E’ importante ricordare come le varie specie vegetali si sviluppano in alcune zone piuttosto che in
ambiente s.c. ecologia industriale ed igiene ambientale
Capitolo 2 – Descrizione dell’Ambiente
STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Impianto di termovalorizzazione “I Cipressi”
cod. doc. SIA-02-05 rev. 04 data 31/08/2005 Pag. 7 di 16
Università degli Studi di Firenze -Dipartimento di Energetica - Sergio Stecco
altre a causa delle caratteristiche del substrato e come esse stesse modifichino tali caratteristiche
in un ciclo privo di soluzioni di continuità. Ad esempio, i boschi di conifere come abete bianco, rosso
o i pini mediterranei crescono bene su suoli più o meno acidi, ricchi di ferro o alluminio, ma la loro
presenza provoca una forte produzione di lettiera formata perlopiù dagli aghi che cadono dai rami,
che tende ad acidificare ulteriormente il terreno, limitando lo sviluppo del sottobosco. Le erbe ed i
cereali hanno bisogno di abbondanza di calcio e magnesio e perciò crescono bene nei suoli ricchi di
calcio dei terreni semi-aridi. I resti vegetali che cadono sul terreno subiscono un lento processo di
ossidazione e forniscono il cosiddetto humus (processo di umificazione). Durante tale processo si
formano gli acidi organici che favoriscono l’ulteriore decomposizione della porzione minerale del
suolo.
La microflora è formata da funghi e batteri, indispensabili nel sistema ecologico del suolo in quanto
concorrono alla formazione e al riciclo della sostanza organica, e permettono, tra le altre cose, il
fissaggio dell’azoto atmosferico e renderlo così utilizzabile dalle piante.
Il mondo animale è rappresentato tra gli strati del terreno principalmente da artropodi (insetti e
crostacei), molluschi (lumache), anellidi e nematodi(vermi), ma anche rettili e mammiferi. La
funzione che essi svolgono è essenzialmente di tipo meccanico, ma non per questo meno
importante di altri fattori. Essi infatti rielaborano continuamente la matrice del suolo, scavando e
trasportando materiale podologico sia orizzontalmente sia verticalmente e cioè attraverso i vari
orizzonti. Permettono così il rimescolamento, l’areazione, e la modifica della struttura e della
tessitura del suolo permettendo così l’instaurarsi di nuove forma di vita e la conseguente variabilità
genetica.
Concludendo questa breve trattazione sulle caratteristiche principali del suolo è necessario
ricordare che suolo è una risorsa naturale fondamentale, non rinnovabile nella scala temporale
umana, (rinnovabile solo in tempi molto lunghi). Purtroppo è una risorsa soggetta a elevato rischio
di perdita e di degrado, per modalità d'uso scorrette, come l'eccessivo sfruttamento, il
disboscamento, l'utilizzo non coerente con le altre opportunità offerte dall'ambiente, le
trasformazioni improprie, la cementificazione e l'introduzione nel sistema di sostanze estranee non
compatibili. Le conseguenze, facilmente identificabili e spesso disastrose, sono erosione,
inquinamento, salinizzazione e perdita di fertilità, processi per lo più irreversibili o contrastabili solo
con costosissimi interventi di recupero.
Un indice che permette di valutare lo stato di sfruttamento del suolo e la variazione quantitativa
delle varie aree omogenee è l’uso del suolo. Esso è l’unico indicatore che permette di visualizzare
l’estensione e l’entità delle attività antropiche presenti sul territorio ed è in gradi di individuare i
cambiamenti nell’uso del suolo in agricoltura.
ambiente s.c. ecologia industriale ed igiene ambientale
Capitolo 2 – Descrizione dell’Ambiente
STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Impianto di termovalorizzazione “I Cipressi”
cod. doc. SIA-02-05 rev. 04 data 31/08/2005 Pag. 8 di 16
Università degli Studi di Firenze -Dipartimento di Energetica - Sergio Stecco
2.5.3 Uso del suolo
Per l’analisi dell’uso del suolo all’interno del bacino della Val di Sieve abbiamo attinto dai dati
relativi al progetto europeo Corine-Land-Cover che descrive lo stato di copertura del suolo
attraverso una codificazione su scala a 1:100000 e che fotografa la situazione all’estate del 1995.
Le tipologie utilizzate per una descrizione a livello di bacino sono quelle del livello II del Corine e
sono descritti brevemente nella tabella che segue:
CODICE DESCRIZIONE CATEGORIA
11 Zone urbanizzate
12 Zone industriali - zone commerciali e reti di
comunicazione
13 Zone estrattive - discariche e cantieri
14 Zone verdi artificiali non agricole
21 Seminativi
22 Colture permanenti
23 Prati stabili
24 Zone agricole eterogenee
31 Zone boscate
32 Zone caratterizzate da vegetazione arbustiva
e/o erbacea
33 Zone aperte con vegetazione rada o assente
41 Zone umide interne
51 Acque continentali
Tabella 2.5. 1 - Tipologie di suolo utilizzate per la descrizione del bacino
Il bacino della Val di Sieve ha una copertura del suolo dominata largamente da formazioni boschive
che rappresentano ben il 60,7 % del totale. All’interno di questa percentuale i boschi decidui sono
nettamente prevalenti coprendo da soli il 50,1 % del territorio del bacino, seguite dalle formazioni
miste e dai boschi di conifere che comprendono solamente il 10,6 %. Risultano marginali le zone
con copertura erbacea o arbustiva (intorno al 4,4 %). Sensibile è invece la presenza di seminativi
(15,1 %) e le superficie a colture permanenti come le colture erborate di vigne, olivi e alberi da
frutto (2,8 %) anche se non ancora paragonabili ad altri sistemi territoriali come la zona del
Valdarno o quella della Val di Chiana. Essenzialmente scarso e paragonabile ad altri territori
ambiente s.c. ecologia industriale ed igiene ambientale
Capitolo 2 – Descrizione dell’Ambiente
STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Impianto di termovalorizzazione “I Cipressi”
cod. doc. SIA-02-05 rev. 04 data 31/08/2005 Pag. 9 di 16
Università degli Studi di Firenze -Dipartimento di Energetica - Sergio Stecco
prettamente boscosi come è il Casentino è la presenza di zone agricole eterogenee (10,8 %) e la
presenza di superfici a prato permanente (3,3 %). Infine è necessario citare la superficie
urbanizzata, pari allo 1,3 %, e della superficie occupata dal recente invaso del Bilancino, e cioè pari
allo 0,4 %.
Analizzando la copertura del suolo più in dettaglio, e ricollegandosi all’empirica divisione in fasce
fisiografiche del territorio, vediamo come in corrispondenza della fascia di pianura di fondovalle
risultano prevalenti i seminativi e le coltivazioni erbacee.
Nella fascia pedemontana presentano una differenziazione della copertura del suolo direttamente
proporzionale all’aumentare dell’acclività dei versanti. Nella parte più bassa sono dominanti le
coltivazioni arboree della vite e dell’olivo, oppure zone relativamente urbanizzate. Salendo
troviamo una fascia dove è presente un’agricoltura più specializzata, a causa della maggiore
asperità dei versanti. Qui sono presenti tutti quegli elementi tipici del paesaggio agricolo
tradizionale, come i muretti a secco, pozzi, case sparse ecc. Proprio i muretti a secco hanno un
significato importante dal punto di vista della stabilità idrogeologica: infatti dove questi sono
presenti assicurano una forte stabilità dei versanti, grazie proprio ai loro principi costruttivi, infatti il
muretto a secco, essendo privo di una matrice impermeabile per unire le rocce che formano il
muretto stesso, permette al terreno di assorbire l’acqua permettendo contemporaneamente la
fuoriuscita dell’acqua in eccesso senza compromettere l’integrità del terrazzo. Sopra questa parte
intermedia, vi è una parte caratterizzata da un’estensione delle trasformazioni delle aree boscate in
coltivazioni arborate, in zone caratterizzate da dissesti geomorfologici attivi.
La fascia montana, come già accennato in precedenza, risulta coperta prevalentemente da
formazioni boschive, tipicamente formate da boschi termofili di cerro, roverella e carpino nero o
boschi mesofili a dominanza di castagno.
L’impianto de I Cipressi, è situato in una parte di territorio chiaramente appartenente alla prima
fascia, ovvero la fascia di pianura di fondovalle. Ad Ovest dell’impianto, e quindi nella zona che
ricade all’interno del Comune di Pontassieve, la copertura del suolo comprende iniziando l’analisi
nei pressi dell’impianto per poi allontanarsi progressivamente:
Seminativi di fondovalle costituiti da sistemi colturali o particellari complessi, ovvero un
insieme di piccoli appezzamenti di varie colture senza che ognuna di questa acquisti
carattere di dominanza;
Coltivazioni arboree con prevalenze della coltivazione dell’olivo e della vite, frammiste ad
elementi lineari vegetazionali come siepi o piccoli fossi, piccole estensioni di prati ed arbusti
e boschi misti (ricordiamo che un bosco è definito di tipo “misto” quando al suo interno la
percentuale di latifoglie o conifere non supera rispettivamente il 75 %);
Boschi di latifoglie frammisti a porzioni di seminativo o colture arboree;
ambiente s.c. ecologia industriale ed igiene ambientale
Capitolo 2 – Descrizione dell’Ambiente
STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Impianto di termovalorizzazione “I Cipressi”
cod. doc. SIA-02-05 rev. 04 data 31/08/2005 Pag. 10 di 16
Università degli Studi di Firenze -Dipartimento di Energetica - Sergio Stecco
Analizzando la porzione di territorio ad Est dell’impianto e proseguendo con il medesimo iter
analitico troviamo:
Aree caratterizzate da una copertura formata da coltivazioni arboree dell’olivo, frammiste a
boschi misti, a boschi a latifoglie e a coltivazioni erbacee soprattutto nei pressi della
confluenza con il fiume Arno;
Fascia dominata da oliveti e vigneti, frammisti a boschi misti e con qualche sporadica
presenza di prati pascolati;
Estesi rimboschimenti di conifere formati principalmente da pini marittimi e cipressi.
Il grafico qui di seguito mostra le tipologie principali di uso del suolo all’interno dell’area analizzata,
utilizzando un raggio di 5 km dall’impianto de I Cipressi.
Uso del suolo zona sensibile a 5 km
89.8%
6.7%1.6%
1.3%0.7%
Seminativi
Vigneti
Oliveti
Boschi di latifoglie
Boschi misti
Figura 2.5. 1 - Uso del suolo della zona sensibile a 5 km
Come è evidente la tipologia di copertura del suolo prevalente è quella relativa alle aree boscate,
precisamente ai boschi di latifoglie, che da soli coprono quasi il 90% dell’area analizzata. La
relativa scarsità della fascia alluvionale del Fiume Sieve non da la possibilità di sfruttare terreni
idonei alla coltivazione erbacea, infatti i seminativi occupano solamente lo 0,7%. Rilevante invece
la percentuale del territorio occupato da coltivazione arborea, oliveti e vigneti assieme fanno l’8%
del totale. Se confrontiamo tali dati con la copertura del suolo a livello dell’interno bacino dell’Arno,
vediamo come sia ancora più rilevante la cospicua presenza delle aree boscate rispetto ai
seminativi e alle altre colture all’interno dell’area in esame, a testimonianza del situazione
ambiente s.c. ecologia industriale ed igiene ambientale
Capitolo 2 – Descrizione dell’Ambiente
STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Impianto di termovalorizzazione “I Cipressi”
cod. doc. SIA-02-05 rev. 04 data 31/08/2005 Pag. 11 di 16
Università degli Studi di Firenze -Dipartimento di Energetica - Sergio Stecco
particolare del bacino della Sieve, formata da un corso d’acqua molto giovane, che non permette il
formarsi di adeguate superfici atte alla coltivazione.
Uso del Suolo - Bacino dell'Arno
41%
30%
22%
1%3%3%
Aree Boschive
Colture
Seminativi
AreeProduttiveAree Urbane
Alt
Figura 2.5. 2 - Uso del suolo della zona relativa al Bacino dell’Arno
ambiente s.c. ecologia industriale ed igiene ambientale
Capitolo 2 – Descrizione dell’Ambiente
STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Impianto di termovalorizzazione “I Cipressi”
cod. doc. SIA-02-05 rev. 04 data 31/08/2005 Pag. 12 di 16
Università degli Studi di Firenze -Dipartimento di Energetica - Sergio Stecco
ambiente s.c. ecologia industriale ed igiene ambientale
Capitolo 2 – Descrizione dell’Ambiente
STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Impianto di termovalorizzazione “I Cipressi”
cod. doc. SIA-02-05 rev. 04 data 31/08/2005 Pag. 13 di 16
Università degli Studi di Firenze -Dipartimento di Energetica - Sergio Stecco
2.5.4 Caratterizzazione del terreno attraverso la sua permeabilità
La permeabilità delle formazioni rocciose e dei terreni alluvionali è un parametro che fornisce,
seppur a livello qualitativo, indicazioni immediate sulle caratteristiche idrogeologiche dei terreni di
sottosuolo, e dunque può rappresentare un criterio di valutazione circa la presenza e
eventualmente, il grado di protezione di un acquifero.
La determinazione tuttavia del parametro "permeabilità" è molto complessa e presuppone oltre ad
una notevole mole di dati da acquisirsi in sito attraverso misure dirette, processi di modellazione
idrogeologica estremamente complessi. Le misure che normalmente vengono effettuate in
laboratorio su campioni di terreno forniscono peraltro dati puntuali che non possono essere
estrapolati ad intere formazioni rocciose che affiorano per superfici molto ampie e che hanno
caratteristiche litologiche e strutturali rapidamente variabili in spazi brevi. Pertanto non potendo
seguire rigorosamente criteri scientifici per suddividere realmente il territorio in classi di
permeabilità, si è optato per elaborare e proporre una zonazione di permeabilità di carattere
meramente qualitativo, con indicazione di massima sulle caratteristiche idrogeologiche delle
litologie in affioramento derivanti dai soli dati di letteratura esistenti. Le formazioni presenti
nell'area studiata sono state classificate a seconda della loro permeabilità media, distinta tra
primaria e secondaria. La permeabilità primaria è quella determinata dalla porosità in depositi
alluvionali e detritici o comunque in tutti i tipi di sedimenti sciolti; la permeabilità secondaria è
invece quella controllata dalla presenza di discontinuità all’interno degli ammassi rocciosi: la
densità incide sulla maggiore o minore circolazione di acqua nonché sulla possibilità di accumulo. Il
criterio di accorpamento tra varie litologie è riportato nella tabella in essa sono riportate le
principali litologie riconosciute in affioramento, suddivise per classi di permeabilità secondo gli
schemi noti in letteratura.
Rocce a permeabilità scarsa o nulla
Rocce a permeabilità media Rocce a permeabilità
elevata Permeabilità
primaria Permeabilità secondaria Permeabilità primaria
Permeabilità secondaria
Permeabilità primaria
Permeabilità secondaria
classe 1 classe I classe 2 classe II classe 3 classe III
Depositi alluvionali
limo argillosi Argilliti e siltiti
Depositi di frana
Detrito di falda e conoidi
Arenarie
Depositi alluvionali ghiaie e sabbie
Calcare cavernoso,
tufi
Rocce ignee e metamorfiche
Depositi alluvionali
limo sabbiosi
Alluvioni recenti
Calcari Detrito di conoide
Tabella 2.5. 2 - Classificazione della permeabilità dei terreni in affioramento
ambiente s.c. ecologia industriale ed igiene ambientale
Capitolo 2 – Descrizione dell’Ambiente
STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Impianto di termovalorizzazione “I Cipressi”
cod. doc. SIA-02-05 rev. 04 data 31/08/2005 Pag. 14 di 16
Università degli Studi di Firenze -Dipartimento di Energetica - Sergio Stecco
Il conteggio e la suddivisione sono state acquisite direttamente dalla cartografia tematica.Tutti i
dati si riferiscono alla stima della permeabilità dei terreni affioranti.
Permeabilità dei terreni in affioramento
II48%
326%
226%
II32
Figura 2.5. 3 - Ripartizione dei terreni affioranti in base alla permeabilità.
Come desumibile dalla figura, nel territorio analizzato non vengono evidenziate situazioni con rocce
aventi permeabilità di classe III. La zona è fortemente caratterizzata da una permeabilità media
dovuta in particolare a depositi alluvionali non recenti.
La zona interessata dallo studio è stata in questo caso, come per l’analisi dell’uso del suolo, un’area
di raggio 5 chilometri. Tale zona viene riportata nella figura sottostante.
ambiente s.c. ecologia industriale ed igiene ambientale
Capitolo 2 – Descrizione dell’Ambiente
STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Impianto di termovalorizzazione “I Cipressi”
cod. doc. SIA-02-05 rev. 04 data 31/08/2005 Pag. 15 di 16
Università degli Studi di Firenze -Dipartimento di Energetica - Sergio Stecco
a6 Deposito di detrito di falda: areniti e ruditi in depositi accumulati alla base di scarpate o sparsi lungoversante; si tratta di blocchi di varie dimensioni immersi in matrice sabbiosa sporca. A luoghi possonoessere associati a depositi di paleoconoide prossimale.
mgM Macigno del Mugello: siltiti laminate, subordinatamente marne e arenarie fini quarzoso-feldspatiche e calcaree.
mPl Marne di Pievepelago: marne scheggiose grigio-giallastre.
mgC Macigno del Chianti: arenarie turbiditiche quarzoso-feldspatiche con calcite e fillosilicati alternanti con siltiti laminate.
bnS Calcari e brecciole di Monte Senario: brecciole e calcareniti con selci, argilloscisti calcari marnosi.
al Alberese: calcari marnoso bianchi a frattura concoide e grigio giallastri granulosi teneri prevalenti; argilloscisti e marnoscisti.
q Alluvioni ghiaioso sabbiose a ciottoli appiattiti prevalentemente arenacei, in terrazze.
c Complesso caotico.
i Complesso indifferenziato.
Figura 2.5. 4 - Carta geologica della zona di interesse
ambiente s.c. ecologia industriale ed igiene ambientale
Capitolo 2 – Descrizione dell’Ambiente
STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Impianto di termovalorizzazione “I Cipressi”
cod. doc. SIA-02-05 rev. 04 data 31/08/2005 Pag. 16 di 16
Università degli Studi di Firenze -Dipartimento di Energetica - Sergio Stecco
2.5.5 Valutazione sintetica della componente ambientale
Da ciò che è stato analizzato nei paragrafi precedenti emerge la seguente valutazione sintetica (con
riferimento ai simboli della tabella 2.1.2 pagina 10 SIA-02-01.doc):
Componente ambientale Capacità di carico Sensibilità ambientale
morfologia e geomorfologia = NP
idrogeologia = NP
geologia e geotecnica = NP
pericolosità geomorfologica + NP
pericolosità idraulica - P
geochimica = NP
pedologia = NP
Suolo e sottosuolo
uso del suolo = NP
Recommended