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LA SOR-
Anno XXVII - N. 217
La Sorgente APPUNTI DI VITA DELLA PARROCCHIA DI POVEGLIANO VERONESE
2 LA SORGENTE - Ottobre 2012
C arissimi fratelli e sorelle,
abbiamo iniziato uno straordi-
nario tempo di grazia: l'Anno
della fede. Il Papa Benedetto XVI ha
indetto questo Anno perché riscopriamo
la gioia del credere e ritroviamo l'entu-
siasmo nel comunicare la fede.
«La fede è un dono da riscoprire, da col-
tivare e da testimoniare», perché il Si-
gnore «conceda a ciascuno di noi di vi-
vere la bellezza e la gioia dell'essere
cristiani». Questo Anno di grazia si
svolge nel cinquantesimo anniversario
dell'apertura del Concilio Ecumenico
Vaticano II, e terminerà il 24 novembre
2013, Solennità di Gesù Cristo Re
dell'Universo.
L'Anno della fede ci invita a riscoprire
il fondamento della nostra fede, Gesù
Cristo, e a convertirci a Lui, unico Sal-
vatore del mondo. Egli dà alla nostra
vita un nuovo orizzonte e la direzione
decisiva. Nel mistero della sua morte e
risurrezione, si rivela in pienezza l'A-
more che salva. Ma l'Anno della fede ci
chiede anche di annunciare l'amore di
Dio agli uomini del nostro tempo. L'amore di
Cristo, che colma i nostri cuori, ci spinge ad e-
vangelizzare. Egli ci invia per le strade del mon-
do per proclamare il suo Vangelo a tutti i popoli
della terra (cf. Mt 28,19).
Per rivivere la gioia del credere e l'entusiasmo
nel comunicare la fede, in questo Anno siamo
invitati a riscoprire i contenuti della fede
«professata, celebrata, vissuta e pregata». Ce lo
ricorda il Papa Benedetto XVI nella Lettera Apo-
stolica Porta Fidei: «La conoscenza dei contenuti
di fede è essenziale per dare il proprio assenso,
cioè per aderire pienamente con l'intelligenza e la
volontà a quanto viene proposto dalla Chiesa».
Carissimi fratelli e sorelle, accogliamo l'invito
del Papa, facciamoci testimoni dell'amore di Dio
e rendiamo ragione della speranza che c'è in noi.
Mostriamo ai nostri fratelli come la fede in lui
rende più vera, più giusta e più bella la nostra
vita personale, familiare e sociale, rinnova i rap-
porti di amicizia, dà senso alla fatica del lavoro,
all'impegno educativo e all'azione sociale, sostie-
ne nelle prove e nella malattia, ci aiuta a dare un
senso pieno alla nostra vita.
A tutti voi, carissimi fratelli e sorelle, auguriamo
di vivere nel modo migliore possibile questo stra-
ordinario Anno della fede, per ravvivare, purifi-
care, confermare e confessare con gioia la vostra
fede a tutte le persone che incontrate, in tutti i
giorni della vostra vita.
I vescovi del Triveneto
Lettera dei Vescovi del Triveneto
per l'anno della fede
LA SORGENTE - Ottobre 2012 3
ADDIS ABEBA 17 settembre 2012
C arissimi amici della Parrocchia di Pove-
gliano, eccomi di nuovo, dopo sette anni,
nella stanza in cui avevo soggiornato pri-
ma di prendere il volo di ritorno per l’Italia nel giu-
gno 2005. Ad Addis Abeba, capitale in piena e-
spansione dell’Etiopia, nelle strade dove migliaia di
pedoni si destreggiano nel traffico selvaggio tipico
di tutte le metropoli africane, si respira al tempo
stesso l’eccitazione per le celebrazioni dello scorso
11 settembre, primo giorno del nuovo anno etiopi-
co, e il senso di lutto per la recente scomparsa del
Primo Ministro Meles Zenawi e del Patriarca orto-
dosso Abuna Paulos. Sono felice di ritrovarmi in
questa confusione! So che tra qualche settimana il
frastuono mentale del reinserimento terminerà.
Invio questa lettera alla “Sorgente” per estendere a
tutti di Povegliano un grande saluto, non avendone
avuto né tempo né possibilità prima di partire, e un
sentitissimo ringraziamento: a don Osvaldo e don
Emanuele, che insieme ai fratelli del Santuario mi
hanno dato un grande esempio di generosa dedizio-
ne alla Chiesa e alla Comunità cristiana e per a-
vermi concesso, negli anni spesi in Italia, di eserci-
tare (pur se solo le domeniche e i tempi liturgici
importanti dell’anno) il mio “essere prete e missio-
nario”. Ringrazio tutti coloro che, a volte con pa-
zienza, hanno accolto la Parola di Dio da me com-
mentata in omelie volutamente un po’ “calorose”
ma sempre allo scopo di aiutare a vivere la Parola
nella propria quotidianità. Ringrazio il Gruppo
Missionario, sia senior che junor… ma soprattutto
quest’ultimo, perché quei ragazzi sono il segno più
concreto che c’è un futuro per la “Chiesa missiona-
ria”, e ci si può e ci si deve ancora impegnare anche
per la “missione lontana”, non solo per quella cui si
è chiamati laddove si vive. Il loro aiuto morale e
materiale mi ha commosso, come anche quello di
decine e decine di persone e famiglie che – in totale
anonimato – mi hanno fatto pervenire la propria
solidarietà e aiuto concreto. Oltre che promettere di
pregare per tutti, non posso che garantirvi che le
offerte raccolte da persone singole e dalle Sante
Messe celebrate il 9 settembre andranno a beneficio
dell’ambizioso nuovo programma per tanti giovani
etiopici nel Centro Cattolico Giovanile cui cerche-
remo di dare vita.
Don Osvaldo mi aveva chiesto, nella sua intervista
domenica 9 settembre, durante l’Eucaristia delle
9,30, cosa mi spingesse a “imbarcarmi” per
l’Africa a 60 anni, con i capelli bianchi e con tanto
da fare anche in Italia. Nella sua domanda si riassu-
meva la stessa postami da tanta gente che mi cono-
sce. Nei sette anni spesi in Italia dopo oltre 20 di
lavoro in Etiopia, a volte me lo sono chiesto
anch’io, specie di fronte allo scenario di una società
che pare scivolare sempre più verso la scristianizza-
zione e l’indifferenza religiosa. Nonostante ciò,
trovo ancora validi tutti i motivi che mi spinsero a
farmi prete e missionario nel lontano 1979: il biso-
gno di annunciare il Vangelo a chi ancora non ne
ha sentito parlare (e sono tutt’ora molti milioni di
persone in Africa); il sapere che mentre in Italia le
possibilità di vivere e crescere nella fede sono im-
mense (nelle parrocchie, nei gruppi e movimenti
ecclesiali, in convegni d’ogni sorta…) e ci sono
tuttora migliaia di religiosi e sacerdoti impegnati e
decine di Centri pastorali e strutture ecclesiali, nella
diocesi di Awassa, nel sud Etiopia, dove torno a
lavorare,
vivono oltre 8 milioni di persone di cui solo
200.000 cattolici, su un territorio vasto quanto Ve-
neto, Lombardia e Piemonte, e offrono il loro servi-
zio pastorale, coadiuvati per fortuna da molti laici,
non più di 100 tra sacerdoti e religiosi/e. Poter inol-
tre fare ancora uso delle tre lingue, piuttosto osti-
che, che ho dovuto imparare per lavorare nei vari
luoghi in cui avevo speso i primi 20 anni di missio-
ne, mi dà grande soddisfazione, perché si tratta di
un patrimonio ricco, che ha richiesto uno sforzo
notevole da parte mia e che in Italia non avrebbe
senso alcuno. E infine, sono ripartito perché con-
vinto che essere comboniano e non sentire la spinta
a “uscire dai propri confini” seguendo l’esempio di
san Daniele Comboni, che lasciò in Sudan la sua
vita, significa vedere ridursi di molto il senso della
PADRE GIUSEPPE CAVALLINI:
Perché essere missionario oggi
4 LA SORGENTE - Ottobre 2012
propria identità!
Voglio tuttavia anche dirvi con forza che davvero
la “missione” è ormai una faccenda “universale”.
“Vivere la missione”, come siamo invitati a fare in
questo Ottobre, mese missionario, non è più una
questione di “geografia”, bensì di “stile di vita” e di
atteggiamento interiore, testimoniando la nostra
fede dove ci troviamo a vivere, senza differenza
alcuna di luogo, di lingua, di cultura o di fede.
La “missione” è ogni persona che incontro, ogni
situazione che vivo, ogni gioia e ogni sofferenza
che provo, ogni dubbio e ogni certezza di fede che
esperimento. E’ credere in Gesù Cristo e assumere
e vivere i valori che ha insegnato:
- altruismo invece che egoismo;
- accoglienza invece che chiusura;
- comprensione invece che giudizio;
- perdono invece che vendetta;
- riconciliazione e pace invece che con-
flitto e guerra;
- solidarietà invece che respingimento;
- amore invece che odio;
- speranza invece che disperazione! Basta rileggere il quinto capitolo del Vangelo di
Matteo, le Beatitudini, e si trova il programma che
ogni cristiano dovrebbe seguire. E soprattutto, ci ha
detto Gesù che “non possiamo servire a due padro-
ni”: se non diamo il primo posto a Dio e al Vange-
lo, lo daremo a noi stessi e a mammona (che vuol
dire: soldi, interessi egoistici, vanagloria, com-
petizione e ricerca del primo posto, disprezzo,
sfruttamento degli altri in tutte le sue forme).
Andare controcorrente e vivere in fedeltà alle esi-
genze della nostra fede non è facile. E in questi an-
ni la Chiesa-Istituzione e tanti credenti sono entrati
in crisi profonda, anche per le situazioni di compro-
messo di molti operatori ecclesiali, tra i quali reli-
giosi e sacerdoti, e perfino Vescovi e personalità
ecclesiali ai più alti livelli.
Tutto ciò si aggiunge all’influsso negativo prodotto
dai mass media, tradizionali e moderni, nel dipin-
gere in modo negativo quanto riguarda la Chiesa e
la vita di fede, portando all’abbandono della pratica
religiosa tantissime persone; soprattutto tra i giova-
ni, prime vittime e schiavi inconsapevoli di una
generazione adulta che in ogni campo ha preferito
credere e seguire più mammona che il Vangelo e i
valori prima elencati.
Ha dunque ragione chi afferma che è tempo di ri-
evangelizzare l’Italia, l’Europa e l’Occidente in
genere. Forse l’esperienza delle “giovani Chiese”
che stanno raggiungendo la propria maturità potrà
aiutarci in quest’opera, e sinceramente mi sento
molto contento di essere ancora una volta, con tanti
altri missionari, una sorta di “ponte” nello scambio
di fede tra le Chiese dei vari continenti.
Vorrei invitarvi tutti a sentirci davvero in comunio-
ne, accompagnati dal Signore e dalla sua Parola,
nel dare ragione della nostra fede a chi ci sta intor-
no, e a contribuire in tal modo alla costruzione di
un mondo in cui le relazioni tra le persone siano
finalmente caratterizzate dalla ricerca del miglior
bene per tutti.
Assicurandovi il mio ricordo nella preghiera esten-
do un augurio sincero per il nuovo anno pastorale,
colmo di ogni benedizione, a don Osvaldo e don
Emanuele, e a tutti voi amici di Povegliano.
LA SORGENTE - Ottobre 2012 5
L ’11 ottobre si festeggia un compleanno
molto particolare per la Chiesa Cattolica:
infatti esattamente quel giorno, però
dell’anno 1962, Papa Giovanni XXIII nella Basi-
lica di San Pietro in Vaticano ha pronunciato il
discorso di apertura del Concilio Ecumenico Va-
ticano II: un evento che ha visto la partecipazione
di oltre duemila tra vescovi, cardinali, patriarchi
di tutto il mondo che per tre anni si sono riuniti a
Roma, divisi in varie commissioni, per affrontare
varie tematiche legate alla fede e
all’organizzazione della struttura ecclesiastica (il
discorso di chiusura è stato pronunciato da Papa
Paolo VI il 7 dicembre 1965).
Per la Chiesa Cattolica si tratta del ventunesimo
Concilio Ecumenico. Gli ultimi svolti sono stati
il Concilio di Trento (1545-1563), che attuò una
profonda riforma della Chiesa in reazione anche
alla riforma protestante, e il Concilio Vaticano I
(1870), che istituì in particolare il dogma del pri-
mato e dell’infallibilità del Papa.
Chiaramente per chi, come me, è nato dopo gli
anni sessanta è difficile cogliere le implicazioni e
il ruolo rivestito dal Concilio Vaticano II nella
storia della Chiesa. Abbiamo sempre vissuto la
nostra vita di credente all’interno di una Chiesa
che si era già adeguata ai cambiamenti introdotti
da quell’evento. Forse il cambiamento visivo più
immediatamente evidente fu l’introduzione
dell’uso della lingua italiana nelle celebrazioni
liturgiche; ma sarebbe limitativo ridurre la porta-
ta del Concilio Vaticano II soltanto a questo.
Ma intanto facciamo un passo indietro. Quando
parliamo in senso generico di Concilio Ecumeni-
co ci riferiamo ad una riunione di tutti i vescovi
della cristianità; è indetto dal Papa per sua libera
scelta quando ritiene opportuno definire alcuni
argomenti controversi in termini di fede o di mo-
rale, per consentire alla Chiesa di confrontarsi, di
discutere al fine di ritrovare sempre l’unità della
propria missione.
Veramente ecumenici (ecumene significa casa in
cui viviamo) possono essere definiti soltanto i
primi Concili, quelli tenuti prima dello scisma
della Chiesa orientale nel 1054. Indubbiamente il
Concilio Vaticano II ha segnato un notevole cam-
biamento rispetto ai precedenti, sia per il numero
di partecipanti, sia per la presenza di fatto di de-
legazioni provenienti da tutto il mondo (America,
Africa, Asia), che hanno avuto la possibilità di
far conoscere le loro realtà specifiche e i loro
problemi, facendo in modo quindi che questo
Concilio non fosse di fatto soltanto eurocentrico.
Giovanni XXIII assunse al trono di Pietro nel
1958 e già il 25 gennaio 1959 annunciò
l’indizione di un nuovo Concilio.
Indubbiamente la notizia fu sorprendente consi-
derato che erano trascorsi neanche cento anni
dall’ultimo. Però furono cento anni che cambia-
rono completamente la storia del mondo: le due
guerre mondiali con tutta la cornice di violenze e
orrori, in termini di genocidi, di distruzioni, di
folli ideologie; l’affermazione definitiva
dell’industrializzazione che cambiò la struttura
della società; le scoperte scientifiche che mutaro-
no il modo di concepire l’uomo e la natura; il do-
poguerra con l’avvento del primo benessere dif-
fuso. Indubbiamente tutti questi fattori influenza-
rono anche il rapporto tra l’uomo e Dio e la Chie-
sa fu chiamata a confrontarsi con tutte queste te-
matiche. Infatti nel discorso di apertura del Con-
cilio Giovanni XXIII affermò che “perché questa
dottrina (quella di Dio n.d.r) raggiunga i molte-
plici campi dell’attività umana, che si riferiscono
ai singoli, alle famiglie, e alla vita sociale, è ne-
cessario anzitutto che la Chiesa non si discosti
dal sacro patrimonio della verità, ricevuta dai
padri, ma al tempo stesso essa deve anche guar-
dare al presente, alle nuove condizioni e forme di
vita introdotte dal mondo moderno, le quali han-
no aperto nuove strade all’apostolato cattolico”
e che “una cosa è infatti il deposito della Fede,
cioè le verità contenute nella nostra veneranda
dottrina, e un’altra è il modo col quale esse sono
enunziate”.
(Continua)
I PRIMI 50 ANNI
DEL CONCILIO VATICANO II
6 LA SORGENTE - Ottobre 2012
N ei tuguri della gente più disgraziata; nelle
soffitte di Parigi dove si consumano in silen-
zio sofferenza e miseria; lungo le strade do-
ve le guerre hanno seminato lutti, fame e disperazio-
ne, si aggirano gruppi di donne silenziose che cerca-
no di alleviare le pene e i disagi delle popolazioni più
colpite. Lasciano un po' di cibo, puliscono e curano i
malati. Cercano di ridare dignità e speranza a uomini
e donne che, pur raschiando il fondo della loro ani-
ma, non ne trovano più.
La storia ufficiale non ne parla. Si erigono monu-
menti a chi ha movimentato la storia come i condot-
tieri, pensatori etc. E la povera gente, che durante i
secoli è vissuta ai margini: i senza parole, i senza
gloria, i dannati della terra, che se ne vanno come
assorbiti da un oblio senza speranza, sono vissuti in-
vano? No! Fanno parte della Città di Dio, costruita
sulle fondamenta dell'amore che lungo i secoli li ha
raccolti e contati uno a uno.
Qui siamo nei primi decenni del 1600 e quei gruppi
di donne, silenziose e discrete, sono nate dal cuore di
un prete che fino a 15 anni, in un paesino della Fran-
cia, aveva fatto il contadino e il guardiano di porci.
Fattosi prete con l'aiuto di un avvocato che aveva
intravisto in lui grandi doti d'intelligenza e di cuore,
fece il precettore, il parroco, ma soprattutto fu un
genio della carità che si accorse della fame materiale e
spirituale delle folle dei poveri. Fondò nel 1617 le
Serve dei poveri, il primo nucleo di un laicato fem-
minile dedito all'aiuto dei più miseri. E’ il primo
nucleo della San Vincenzo. Nel 1625 fondò i Preti
della Missione dediti all'educazione religiosa dei
contadini. Nel 1633 diede vita alla Congregazione
delle Figlie della carità, che si dedicarono alle attivi-
tà negli ospedali, orfanotrofi etc.
Questa, in poche righe insufficienti, la storia esterio-
re di S. Vincenzo de Paoli. La sua Opera fu comple-
tata nel 1800 a Parigi dal prof. Ozanam e altri, che
muovendosi nel solco della sua spiritualità, diedero
vita alle Conferenze di S. Vincenzo con l'apporto del
laicato maschile. Ai tempi di S. Vincenzo non era
stato possibile.
Oggi Federico Ozanam è beato e la sua opera conti-
nua. La sua vita
fu breve, ma
intensa. Nato
nel 1813, morì
nel 1853. Fu
padre di fami-
glia e professo-
re alla Sorbona,
pubblicò libri
di grande spes-
sore storico e
sociale, cui attingono ancora oggi gli studiosi. La sua
passione, però, furono i poveri. Li incontrava, li rice-
veva a casa sua non con la fretta dello studioso, che
"regala" loro qualche briciola del suo prezioso tem-
po, ma come i veri padroni delle sue intense giorna-
te.
E qui è il mistero che sconvolge il nostro modo di
pensare. Come faccio ad abbracciare con il cuore un
volto sfigurato dalla pazzia, a tendere la mano al
moncherino del lebbroso, io che faccio a pezzi le per-
sone antipatiche e magari guardo al mio prossimo solo
per trarne un vantaggio e fuggo davanti al dolore al-
trui? Come hanno fatto il prete Vincenzo, il laico
Ozanam a superare la barriera che ci separa e ci fa
fuggire da chi è violentato nel corpo e nell'anima da
sofferenze anche atroci? Hanno indossato il grembiu-
le di Gesù e gli occhi perduti nella morsa della pazzia
sono diventati il volto sfigurato, ma bellissimo, di
Cristo e il moncherino ripugnante del lebbroso la ma-
no di Dio inchiodata alla croce per noi. Hanno con-
templato al di là del muro di ribrezzo e di paura una
bellezza che a noi sfugge.
La S. Vincenzo testimonia anche ai nostri giorni la
compassione di Dio per i diseredati e i disperati con
interventi caritativi semplici, ma che sono la mano di
Dio che evade dall'eterno per incontrare l'uomo se-
gnato dal male. Noi, giovani o vecchi, possiamo es-
sere quella mano tesa verso il sofferente che Cristo ci
pone accanto come immagine di Sé per la nostra sal-
vezza. Anche un piccolo atto di compassione può a-
prirci il Regno.
Marcello Montagnoli
Il giovane guardiano di porci e il professore universitario
LA SORGENTE - Ottobre 2012 7
O ggi si dovrebbe dire: ”La speranza è la prima a morire”. I tempi non sono più quelli di una volta: se fino a cinque-dieci anni fa la
settimana in vacanza per una famiglia era d’obbligo, oggi uno o due giorni di vacanza fuori casa bastano e avanzano. Signori miei i soldi non piovono dal cielo. Dopo anni di spreco e consumo siamo arrivati alla tri-ste e amara conclusione: siamo con l’acqua alla gola e ce ne inventiamo di tutti i colori per fare finta che tutto vada bene. Mi accorgo sempre più spesso di quanto le persone non rispondano più “va tutto bene grazie” ma con un “si tira avanti…”. E,purtroppo, questa frase si sente anche sulla bocca dei giovani. Perché è sulle loro spalle che il peso della crisi grava di più. Serata con le amiche: si parla del più e del meno. Do-po il classico e odiato argomento scuola (che voti hai preso,la profe aveva le scatole girate ecc) arriviamo a una domanda che ovviamente si fa a persone che so-no in quinta: “cosa fai dopo? Vai all’università o a lavo-rare?” Risposta: “bè adesso tanto vale che uno vada all’università siccome non c’è lavoro; è sicuramente meglio di rimanere a casa a non fare niente. Almeno i tuoi ti mantengono per qualcosa, poi se trovo qualcosa mollo e vado a lavorare anche se non credo di trovare visto che non c’è niente in giro”. Oppure: “oggi ho letto un articolo di un ragazzo ricercatore che ha trovato lavoro all’estero. Faccio così anch’io tanto non ci per-do niente: l’Italia fa schifo, il mio futuro non è qui. Me-glio l’università all’estero piuttosto che in Italia: impari la lingua e se ti piace vivere lì non torni indietro tanto prima che ci riprendiamo dovrà passarne di tempo”. Altro tema gettonato consiste nelle agenzie di lavoro: “oggi ho girato un sacco di agenzie,ho lasciato i curri-culum, biglietti con i numeri di telefono. MI hanno liqui-dato con un “le faremo sapere”, tanto alla fine so che non chiamerà mai nessuno, penso proprio che butterò via la mia collezione di illusioni”. Ecco l’ultimo arrivato della serata: si siede, un sorriso smagliante stampato in faccia, pronuncia la frase tanto desiderata da milioni di giovani: “mi hanno preso,ho trovato lavoro. Mi hanno chiamato stamattina, inizio
lunedì. È un lavoro semplice ma mi accontento anzi mi ritengo proprio fortunato. È un sacco di tempo che non chiedo altro”. Lo guardiamo tutti increduli e dopo un minuto di silenzio ad ascoltare i minimi dettagli della tanto sognata telefonata diciamo: “ siamo proprio con-tenti per te, te lo sei meritato con tutte le agenzie che hai girato e i colloqui che hai fatto!”. Sul suo viso uno sguardo che spiega tutto: orgoglio, determinazione e soprattutto voglia di continuare a cercare anche se le porte sono quasi tutte chiuse. Quasi tutte però non vuol dire tutte.
Molti dicono che ci vuole pazienza: ditelo ad un preca-
rio, ad un neolaureato, ai giovani, ai disoccupati, a
quelli che non sanno come mantenere la famiglia, ai
ricercatori talentuosi che sono costretti ad “emigrare”
come accadeva nel dopoguerra (peccato che siamo
nel 2012), lasciando l’Italia priva di grandi menti. Le
porte chiuse e i continui “NO” sono demoralizzanti e di
certo non fanno ben sperare ma bisogna comunque
non arrendersi mai perché la vita riserva sempre sor-
prese inaspettate anche in un periodo difficile come
quello che stiamo vivendo che comunque ci insegna
ad affrontare situazioni complicate.
CRISI
“La speranza è la prima a morire”
Il fa
tto
Vanessa Bertaiola, portavoce di un gruppo di giovani che mensilmente commenteranno avvenimenti di grande attualità..
8 LA SORGENTE - Ottobre 2012
C omincia un nuovo
anno scolastico.
Per chi lavora da
anni nella scuola, questo
vuol dire riprendere una rou-
tine: le lezioni la mattina, gli
impegni collegiali, la prepa-
razione delle lezioni, la cor-
rezione delle verifiche. Non
per me quest’anno.
Quest’anno io lavoro ancora
nella scuola, ma in una posi-
zione nuova, che mi offre
una prospettiva diversa su
tutto quello che fa parte del-
la routine dell’insegnante,
perché sono diventata diri-
gente scolastico presso l’Istituto Comprensivo
“Arrigo Balladoro” di Povegliano Veronese. Ed allora
è meglio che mi presenti come si deve.
Mi chiamo Anna Capasso, ho 46 anni, una laurea in
lingue e letterature straniere e una seconda, consegui-
ta l’anno scorso, in giurisprudenza. Fin da piccola ho
voluto fare l’insegnante, e nel 1992 vinsi il concorso
ordinario a seguito del quale cominciai ad insegnare
inglese alle scuole superiori. A parte 3 anni in istituti
professionali e tecnici, la maggior parte dei 20 anni di
insegnamento li ho trascorsi al liceo scientifico. È
stato il preside Marcello Schiavo, il dirigente scolasti-
co del liceo in cui ho lavorato fino all’anno scorso (G.
Fracastoro), a spingermi a tentare il concorso per diri-
genti scolastici: “secondo me, Lei lo vincerà”, mi dis-
se. E aveva ragione!
Così, l’1 settembre scorso è cominciata per me una
nuova avventura. Non ci è voluto molto per accorger-
mi che il nuovo lavoro non comporta soltanto respon-
sabilità e ritmi intensi di lavoro, come mi figuravo
nei mesi passati, ma soprattutto entrare in una comu-
nità ampia e composita, che nutre aspettative nei con-
fronti della scuola, e di conseguenza nei confronti del
dirigente. Ed ecco che veramente il cambiamento di
prospettiva di cui parlavo all’inizio mi porta a consi-
derare quanto le mie scelte potranno incidere signifi-
cativamente nella loro crescita. Da quelle che oggi si
suole chiamare “agenzie formative” – la famiglia, la
scuola, i gruppi sportivi, il volontariato, la parrocchia,
eccetera – i giovani apprendono modelli comporta-
mentali, e scoprono nel confronto con i coetanei e con
gli adulti la loro identità futura, quello che sono e
quello che vogliono diventare. Tutto questo, secondo
me, è il contenuto profondo della responsabilità del
dirigente scolastico: la formazione dei ragazzi che le
famiglie affidano alla scuola.
Si tratta allora di un’attenzione quotidiana alla mag-
gior qualità possibile dell’offerta formativa della
scuola, che si dirige prioritariamente verso l’attività in
classe, ma non può esaurirsi a questo punto. La scuola
deve cogliere le sollecitazioni culturali e sociali che
provengono dall’esterno, per formare cittadini che nel
futuro sappiano analizzare problemi e situazioni da
diversi punti di vista e sappiano sempre compiere
scelte consapevoli.
Non potevo perciò che accettare, quando mi è stato
chiesto di intraprendere un’attività che coinvolgesse
gli alunni della secondaria di primo grado nella scrit-
tura di qualche articolo per questo giornalino, dando
loro la possibilità, oltre che di esercitarsi sulla scrittu-
ra dell’articolo, di riflettere insieme su temi di attuali-
tà.
Il mio impegno a Povegliano è quello di continuare il
percorso che l’Istituto Comprensivo ha cominciato
prima del mio arrivo, grazie soprattutto alla notevole
sensibilità dei suoi insegnanti, nella continua realizza-
zione di collaborazioni con gli enti del territorio per
contestualizzare e rendere attuale e personale il per-
corso formativo di ogni alunno.
Anna Capasso
ISTITUTO COMPRENSIVO “ARRIGO BALLADORO” DI POVEGLIANO VERONESE
Anna Capasso, nuovo dirigente
LA SORGENTE - Ottobre 2012 9
L a notizia della radiazione di Lance Armstrong e della privazione dei suoi 7 Tour
de France è stata una notizia che ha sconvolto il mondo del ciclismo. L’Agenzia dell’antidoping francese (Usada) ha annunciato di prendere dei drastici provvedimenti nei con-fronti dell’atleta texano, dopo che lui stesso ha annunciato di non volersi più opporre alle accuse di aver fatto ricorso per anni a sostanze proibite. “Arriva un momento nella vita di ogni uomo in cui si deve dire: quando è troppo è troppo. Per me questo mo-mento è ora”. Lance, nell’arco della sua lunga carriera, ha subito più di 500 controlli, di routine e a sorpresa. Non è mai stato trovato positivo. E’ questo il punto cruciale su cui si bat-te la sua difesa. “Negli ultimi tre anni ho subito due indagini penali federali in seguito alla caccia alle streghe di Travis Tygart. Io so chi ha vinto quei tour, nessuno può cambiarlo”. Nono-stante la sua presunta innocenza, le accuse contro di lui sono numerose, soprattutto dagli ex compagni di squadra (Hamilton) e dai suoi rivali, che hanno affermato di aver visto loro stessi Armstrong usare sostan-ze vietate. Un’accusa rilevante arriva dalla Francia: la AFLD, agenzia fran-cese di lotta al doping, tramite il suo consigliere scientifico Michel Rieu che, in un’intervista a Le Mode ha ricordato: “Armstrong era avvisato prima dei controlli. Gli ispettori han-no avuto difficoltà a effettuarli a sor-presa senza che Armstrong riuscis-se sempre a beneficiare di un ritardo di 20 minuti. In 20 minuti sono possi-bili molte manipolazioni. Armstrong aveva molte fonti per essere infor-mato, che uscivano dall’Uci e dal
Cio. Si diceva che facesse arrivare il sangue con un jet privato”. Un’accusa che conferma quella dell’avvocato Thibault de Montbrial: “Al tour 2005 l’Us Postal avrebbe dovuto subire una perquisizione in albergo. Ma una buona fonte mi dis-se che quando gli investigatori erano arrivati all’hotel sono stati fermati all’ultimo momento. Armstrong in Francia era molto ben protetto”. Ac-cuse che non “piegano” minimamen-te lo statunitense, che continua a proclamarsi innocente: “Mi sento innocente ed estraneo alle accuse che mi vengono fatte”. I suoi tifosi, non smettono di osannarlo. Per gli americani Lance Armstrong rimane un eroe. L’uomo dei miracoli che ha saputo sconfiggere il cancro. Gli hanno espresso la loro solidarietà tramite il sito della sua fondazione Livestrong, che in un solo giorno ha ricevuto 78 mila di dollari (62 mila euro) per la ricerca contro il cancro. In 15 anni di attività, l’organizzazione ha raccolto più di 470 milioni di dollari e ha assistito oltre 2,5 milioni di persone. Nume-ri da capogiro, che dimostrano quan-to le accuse di doping per i tifosi non scalfiscano l’immagine del loro idolo.
L’Usada al contrario sostiene che per anni Armstrong abbia preso in giro gli avversari, i tifosi e anche coloro che vedevano in lui un paladi-no di impegno e sincerità sportiva e umana. Per alcuni la scelta di non opporsi più alle accuse è una vera e propria strategia. In questo modo si sottrae ai pericoli di un processo in cui avrebbe rischiato un’incriminazione per falsa testimo-nianza, ponendosi nella posizione di perseguitato. Tra gli ex corridori c’è chi lo condanna e chi lo assolve. Eddi Merchx ha detto che “Armstrong è stato sottoposto ad un processo ingiusto”, Bernard Hinault si è limitato a dire che “il problema andava risolto dieci o quindici anni fa e non è stato fatto”. Limitarsi ai fatti in una vicenda del genere è pratica-mente impossibile: ognuno ha la sua opinione a riguardo e crederà a ciò che vorrà credere. Per alcuni Ar-mstrong è un atleta straordinario che ha battuto il cancro e che ha com-piuto qualcosa che in campo sporti-vo sarà irripetibile: vincere 7 volte il Tour de France. Per altri sarà sem-plicemente un imbroglione, un “cheater” che si è approfittato di chi-mica, farmaci, compagni di squadra accondiscenti e sponsor potenti per costruirsi un’immagine che lo ha reso inattaccabile e ricchissimo. Da-vanti ad una storia cosi eccezionale, perché da qualsiasi parte lo si guardi Lance Armstrong è un gigante, da difendere o da abbattere, da ammi-rare o da disprezzare, ognuno ha le sue certezze. Che cosa ricorderemo di lui alla fine dei processi, delle ac-cuse e delle polemiche? I 7 tour vinti o la lotta contro il cancro? Ed è giu-sto che indipendentemente da come vadano a finire le inchieste, anche quella bella storia pulita venga in-sozzata? Ci sono tanti motivi per sperare di no!
Matteo Zanon
LANCE ARMSTRONG
ANGELO o DEMONE?
10 LA SORGENTE - Ottobre 2012
IL BAMBINO
FORESTO
D ei miei primi giorni
vissuti a Povegliano
ricordo, con tutta
lucidità, il grande cortile della
nuova casa, e io, bimbo di
sei anni, che vi giocavo con
un pallone dì gomma.
Niente di speciale, dunque,
se non fosse per il fatto che
mi sforzavo, senza riuscirvi,
dì gettare il pallone oltre il
cancello che chiudeva l'en-
trata grande a lato dell'abita-
zione. Non ricordo nulla, in-
vece, del perché di questo
mio strano impegno, quasi
un accanimento. Forse per-
ché volevo in qualche modo
cimentarmi in un'impresa dif-
ficile? Perché mi sentivo pri-
gioniero nonostante tutto
quel largo? Non lo so. Pen-
sandoci ora, dopo quasi ot-
tant'anni, credo che proprio
dì prigione si trattasse: vole-
vo gettare il pallone nella
piazza per farmi conoscere
dai ragazzini miei coetanei
che passavano davanti a me
e mi guardavano con sguardi
strani, come si fa verso qual-
cuno che non si conosce e
sul quale, prima di qualsiasi
approccio, serve una valuta-
zione. Era proprio così: mi
sentivo oggetto d'esame, e il
pallone era lo strumento per
proclamare ciò che non ave-
vo il coraggio di esprimere
parlando.
Anche il nome del primo che
ruppe il ghiaccio ricordo: era
un piassaroto di nome Car-
melo, che in seguito mi com-
binò diversi guai prendendosi
gioco della mia inesperienza.
Solo ora capisco che quella
vera "prova del fuoco" finì per
tornarmi utile: imparai a de-
scantàrme, a essere via via
meno baùco, a capire che
non sempre chi ti si mostra
nemico ti danneggia e, per
contrario, non sempre chi ti si
mostra amico lo fa per il tuo
bene.
Grazie alla sensibilità dei
miei genitori, in modo parti-
colare della mamma, in po-
che settimane quel cortile da
deserto che era divenne il
ritrovo dì tanti ragazzi del pa-
ese, la gran parte figli di fa-
miglie povere. E mi trovai be-
nissimo in mezzo ai nuovi
amici. G. P.
Quando mi venne proposto di collaborare con il simpati-
co notiziario parrocchiale di Povegliano ”LA SORGEN-
TE”, accettai subito con entusiasmo. Per tante ragioni, ma
soprattutto per due: prima di tutto perché questo resta il
mio paese, nonostante i molti anni trascorsi altrove: è il.
luogo dove, nella prima parte della mia esistenza (da cin-
que a trent'anni), ho imparato a vivere. In secondo luogo
ho accettato l'invito con entusiasmo per riconoscenza ver-
so quanti hanno operato nel riconfermarmi, sia pure in mo-
do diverso, "cittadino di Povegliano", riconoscimento che
considero il migliore per me.
I ricordi dei quali narrerò di mese in mese rievocheranno
fatti semplici, come dice il titolo che ho scelto per la
"rubrica" affidatami. Semplici, belli e brutti ma veri: fatti
che mi sono rimasti nella mente e nel cuore, e che forse
saranno graditi non solo a chi li ha vissuti ma anche e quei
giovani che mantengono il gusto della storia della propria
terra, della propria gente.
Glauco Pretto
LA SORGENTE - Ottobre 2012 11
E’ la speranza che quest’anno ha guida-to i seimila del Palasport: adolescenti di prima, seconda e terza superiore, di-
ciassettenni che partecipavano alla Festa del Passaggio e diciottenni pronti a visualiz-zare la loro partenza per la vita. Per gli adolescenti e per le annate del bien-nio della fede i percorsi in preparazione alla grande festa di Domenica 30 settembre so-no stati diversi, infatti mentre le prime tre an-nate delle superiori sono partite domenica mattina con un elegante cappello di paglia, il ’95 e il ’94 hanno vissuto il sabato pomerig-gio e la notte del 29 settembre insieme, di-slocati in varie strutture della città messe a disposizione dagli Istituti scolastici. Ma per ognuno dei ragazzi si è trattata di un’esperienza singolare e grazie anche all’animazione e alla guida spirituale del Centro di Pastorale Giovanile, quei momenti sono stati l’occasione di conoscere (anche se per poco) giovani e animatori di altre par-rocchie, alcune veramente lontane, con le quali condividere il significato del diventare adulti e dell’essere proiettati ad una vita pie-na e ricca di scelte. Stiamo parlando del 39° Meeting Adole-scenti di Verona del 30 settembre 2012, uno spettacolo di evento a cui abbiamo par-tecipato numerosissimi anche noi di Pove-gliano (e diciamo pure che eravamo i più belli).
Proprio per le due annate più grandi si è sentito lo spirito del Meeting poiché, grazie all’animazione e alla guida spirituale del Centro Pastorale Giovanile hanno potuto af-frontare diversi temi anche se il più impor-tante (e forse quello che faceva più paura) era il significato di diventare adulti e dell’essere proiettati verso una vita piena e ricca di scelte, oltre che alla grande occasio-ne avuta di conoscere giovani e animatori di parrocchie vicine e lontane dalla nostra, e le loro relative realtà. Gesù ci dà ogni singolo secondo per sperare in qualcosa di più, se non abbiamo speranza non abbiamo nem-meno Gesù nel cuore. Si è iniziato con una provocazione con tanto di corpo di ballo sul brano del giovane ricco, poi Messa e per concludere con l’animazione degli N-Joy, Frequence, Cpg Band. Ora si riparte in quarta per l’anno catechisti-co, verso al Meeting dell’anno prossimo, il 40°. IN ARENA.
Meeting Adolescenti di Verona - 30 settembre 2012 - 39°
12 LA SORGENTE - Ottobre 2012
I l lungo tempo estivo vede il
Santuario vivere due velocità:
quella silenziosa e accaldata
delle lunghe giornate di giugno,
luglio e settembre e quella vivace-
mente animata di agosto, con la sua
sagra e la sua osannante festa intor-
no alla Madonna della Dormizione.
Anche quest’anno è stato così. Non
sono mancati, anche durante i tem-
pi tranquilli, visitatori e “fedeli”, e
l’abituale ritmo degli appuntamenti
non è mai venuto meno.
Il Santuario è una realtà viva, anche
se discreta e poco incline alla spet-
tacolarità. E’ il suo ca-
rattere: quello di pre-
starsi per un incontro
personale con Dio, fa-
vorito dall’atmosfera
orante che permea i
muri e l’ambiente cir-
costante. L’estate, in questo senso,
è un tempo propizio.
Qualcuno si ferma anche all’ombra
del grande albero sul lato nord: un
ombrello che protegge dalla calura
e permette soste di riposo e di me-
ditazione e, a volte, dialoghi pro-
fondi tra persone.
In agosto, però, la scena cambia: il
mese si presenta ricco di animazio-
ni varie: dalle serate del triduo a
quelle della sagra, e, quest’anno,
anche da interessanti scavi archeo-
logici.
Su questo evento eccezionale certa-
mente molti hanno potuto leggere
sul giornale o vedere alla Tv locale
delle informazioni illustrative. In
tanti sono venuti di persona a vede-
re e a chiedere.
Anche questa circostanza ha con-
tribuito a rendere vivo il Santuario:
vivo di una presenza lontana e anti-
ca, ma non per questo meno fami-
liare. Prima di noi tanti altri hanno
trovato intorno alle mura del Santu-
ario dei grandi motivi per vivere,
per sperare, per operare. Li sentia-
mo in qualche modo vicini; sono i
nostri antenati. Ci apparteniamo a
vicenda. Essi ci parlano attraverso
alcune tracce dei loro percorsi; noi
rispondiamo loro con le nostre do-
mande e con il nostro sguardo pie-
no di stupore. Misterioso stimolo
che viene dalla storia! Prezioso ba-
gaglio di umanità! E così, tra silen-
zi, celebrazioni e retroproiezioni
storiche, il Santuario continua a
riproporsi a noi come luogo che
aiuta a fare sintesi e a decidersi per
sempre nuovi e necessari orienta-
menti.
CRONACHE
Santuario
dal
a cura di Fratel Vincenzo
E tu, Maria, continua a vigilare
sulle nostre esistenze;
sostieni i nostri passi
e donaci un po’ della tua capacità
di ascolto e di meditazione. Amen!
Il sole tramonta sull’antico
Santuario, ma l’amore che
Gesù ci dona per mezzo di
sua Madre, non tramonta
mai.
LA SORGENTE - Ottobre 2012 13
I fatti di questi giorni, ma po-
tremmo anche dire i fatti della
nostra storia recente, ci pro-
pongono sempre più immagini di
persone che approfittano della loro
posizione di potere per arraffare e
arricchirsi personalmente.
Un malcostume prettamente italia-
no, una “usanza” che parte dallo
stato centrale e arriva capillarmente
fino ai paesi più piccoli. Non dob-
biamo limitare la visione ai soli fatti
di questi giorni: le ruberie sono an-
che lo scandalo rifiuti, regioni con
un numero di dipendenti folle, a-
ziende pubbliche in cui i dirigenti
incaricati vengono sorpresi con le
mani nel sacco. Non ultima, la sen-
tenza della Consulta che ripristina
stipendi d’oro per manager e giudi-
ci. Spese folli, vite agiate e nessun
rimorso. Quello che colpisce di più
è il fatto che nessun schieramento si
può dire al di sopra di questi eventi.
Dall’ex ministro di un colore
all’assessore regionale di un altro,
gente che si chiede come farà a vi-
vere con soli 4.000 € al mese….
Le domande da porsi sono svariate,
tutte plausibili: possibile che la
classe politica possa continuare in
questo modo ad oltranza? Possibile
che nessuno senta un malessere nel
perpetrare tale sperpero? Possibile
che nessuno di questi pensi alle fa-
miglie che faticano per guadagnarsi
il pane?
La fede in Dio, che a parole anima
la grande maggioranza dei partiti
italiani, è stata scalzata dai nostri
rappresentanti con valori molto più
comodi. La fratellanza, la comunio-
ne, la solidarietà, la coscienza han-
no fatto spazio all’arricchimento
personale, all’ingordigia, all’ego.
Questo distacco netto tra la vita cri-
stiana di tutti i giorni e quanto suc-
cede nei palazzi di potere induce a
riflettere seriamente. Papa Benedet-
to XVI ha appena espresso molta
preoccupazione in merito al
“deserto di fede” che si sta propa-
gando nel mondo. Il suo appello
non è semplicemente rivolto a chi
non va in chiesa, ma anche a chi,
con ruoli di rappresentanza e potere,
usa tutto questo a scopo personale.
E’ proprio diverso da una dittatura
un paese in cui chi è eletto a gover-
nare lo fa per proprio interesse?
La politica passa dall’uomo, è fatta
dall’uomo. Ma l’uomo non può pre-
scindere dalla propria coscienza,
non può esimersi dall’ascoltare e
mettere in pratica i precetti in cui
dice di credere.
Dobbiamo chiederci, a questo pun-
to, se è peggio approfittare oppure
sbandierare una cristianità di faccia-
ta rincorrendo l’ultimo voto. La vita
agiata può dare quella sensazione di
onnipotenza per la quale avendo
beni materiali di ogni genere rinun-
ciamo all’avere Dio come principio
fondante della nostra vita.
Possibile che, troppo spesso, sentia-
mo bisogno di Dio solamente nei
momenti di difficoltà? Possibile che
chi ha le leve del potere si ricordi
della propria cristianità solo quando
fa comodo?
Questa è la società della libertà,
dei lacci slegati, dell’impunità.
Siamo sicuri che abbattere la no-
stra fede e scolorire la nostra reli-
gione sia il viatico giusto per una
società civile?
Nascondere dietro il principio della
libertà (di espressione, di religione,
di drogarsi, ecc.) l’incapacità di
saper rinunciare e l’incoerenza ver-
so Dio è sicuramente una strada
molto più agevole rispetto a quella
in cui chiedersi se si sta facendo la
cosa giusta davanti al Cristo do-
vrebbe essere un dogma.
Ronald Reagan (ex presidente degli
Stati Uniti ebbe a dire: “La politica
è stata definita la seconda professio-
ne più vecchia al mondo. Certe vol-
te trovo che assomigli molto alla
prima”.
P.G.
CENTRO
PRELIEVI
AVVISO
Giovedì 1 Novembre
(Festività di tutti i Santi) Centro prelievi
CHIUSO.
I prelievi
si faranno
MERCOLEDI’
31 Ottobre
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POLITICA E CRISTIANITA’
CONVIVENZA IMPOSSIBILE?
14 LA SORGENTE - Ottobre 2012
ANAGRAFE
Vivono nel Signore
SCARAZZATO Giuseppina di anni 95
MARCHIORI Maria di anni 88
BOZZINI Maria di anni 91
ZANOTTO Adelmo di anni 75
APRILI Giulia di anni 88
PERINA Rina di anni 86
BERGAMINI Assunta di anni 100
RECCHIA Bruno di anni 84
Sposati in Cristo
NATALE Riccardo con PAVESI Erika
GAMBARETTO Daniele con BRUNELLI Sara
BARANA Fernando con GRIMALDI Anna
DE CARLI Massimo con TROIANI Giorgia
Rinati in Cristo
LORENZO Venturelli
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