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LA TERZA CAMPAGNA DI SCAVI SULLtACROPOLI DI ÀMMÀN
Dal gennaio all'aprile 1933 si è condotta sull'acropoli di Àmmàn la terza campagna di scavo. Era con me, come assistente, il sig. Pasquale Finelli, cedutomi per l'occasione dagli Scavi di Leptis Magna, grazie all' interessamento di S. E. Pari beni Direttore delle Missioni Scientifiche Ita-liane in Levante, e alla cortesia del Ministero delle Colonie.
Per la manovalanza si è avuta larga facoltà di scelta, data la crisi che imperver-
tata a braccia dal magazzino situato nella città, sottostante di duecento metri all'acropoli, e vi correvano i primi carrelli: i vecchi operai, spronati dall' esempio dell'assistente Finelli, tennero a mostrare che nulla avevano dimenticato degli insegnamenti loro impartiti
nelle campagne precedenti. Non potevo desiderare miglior compenso ai disagi allora sopportati per addestrare una manovalanza ignara dei più elementari principi di lavoro metodico e del nostro attrezzamento tecnico, di tipo completamente europeo.
Gli obbiettivi della terza campagna erano stati da me così fissa ti:
l ° - Seguitare l'esplorazione della grande cisterna a valle dell' agorà (così ormai chiamerò quello che prima definivo "cosiddetto quadriporto '" per seguire la nomenclatura di chi aveva descritto il luogo prima di me).
2 ° - Approfondire ed estendere i saggi intorno alle mura ellenistico-romane.
3° - Proseguire l'indagine nella prima terrazza, entro la cerchia delle mura dell' età del bronzo.
sa anche in Transgiordania nel campo del lavoro. L'atteggiamento corretto, ma altrettanto fermo, dei dirigenti ha im pedi to che si verificassero casi di indisciplina nell'amalgama eterogeneo degli operai, evidentemente eccitato dal disagio economico e da un latente fermento politico. In questa campagna, come mai in addietro, tutto il mondo musulmano era rappresentato sull' acropoli di Àmmàn: giavanesi, zanzibarini, somali, eritrei, iemeniti, irakiani, drusi, siriani, circassi, tripolini, tunisini, egiziani, una piccola torre di Babele, complicata da indigeni già immigrati nell'America del Sud, i quali tenevano, davanti ai compagni, di far credere d'essere quasi ... 'italiani, perchè ci parlavano
ÀMMÀN - SCAVO DELLA PORTA OCC. (ESTERNO)
4° - Estendere lo sgombero dell'agorà, puntando sull' edificio arabo, che vi sarebbe stato eretto, secondo
spagnolo o portoghese! Squisite, al solito, le accoglienze di S. A. l'Emiro Abdallah e del col. Cox, residente inglese, improntate a buon cameratismo quelle dei colleghi Horsfield ed Head del locale servizio archeologico. Grande il piacere di trovare al posto di nostro Console generale a Gerusalemme il comm. Mariano De Angelis, al quale già da alcuni anni sono legato da stima deferente e cordiale e che è stato sempre largo di appoggio e di ospitalità per la nostra Missione; ormai fraterna l'affettuosa accoglienza del dotto Fausto Tesio, Direttore dell'Ospedale Italiano di Àmmàn, e della sua famiglia.
Molte le visite di studiosi, componenti delle Missioni scientifiche sparse per la valle del Giordano ed in Palestina, che ho ricambiato con grande vantaggio delle mie personali cognizioni in fatto di archeologia biblica.
Dato l'ordine di iniziare i lavori, dopo sole sette ore era montata la linea principale di decauville, traspor-
la dizione più comune, dai sassanidi, per sterrarlo, restaurarlo e studiarlo a fondo.
La prima ricerca ha avuto una sollecita ed inattesa soluzione. Il sotterraneo che conduce nella grande cisterna ha la sua imboccatura fuori dell'attuale cinta di mura; deve quindi presumersi che questa sia stata eretta quando quella più non funzionava o che, per un errore di calcolo, il condotto di comunicazione con la fortezza avesse affiorato troppo presto e ne fosse stata quindi abbandonata l'ulteriore perforazione.
Da un attento esame del piede della collina mi sembra però che si possa per lo meno sospettare la probabilità di una terza ipotesi: che, cioè, esistesse una cinta di mura più avanzata, coeva di quella della prima terrazza, da datarsi cioè all' epoca del bronzo, e che la cisterna fosse stata scavata mentre ancora questa linea di difesa era in efficienza, e forse doppiata da :m'altra •
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ÀMMÀN - CIPPO IN BASALTO, CON IMMAGINE
DIOSIRIDE
più arretrata, dato che in quel punto il pendio della collina non è molto sensibile, a simiglianza di casi simili riscontrati in scavi di monumenti coevi. Durante la prossima campagna conto appunto di condurre nuove ricerche sul posto, in base all'ipotesi ora emessa, e che, se confermata, contribuirebbe con importanti elementi di fatto ad una più esatta datazione delle muraglie oggi dominanti in quel punto. Ognuno ben comprende quanto sia importante e necessaria un'indagine simile. Il largo saggio nelle mura che già aprii due anni fa e che ho fatto adesso approfondire maggiormente, in direzione dell' edificio arabo, verso occidente, ha rivelato molteplici frequenti rifacimenti delle difese erette intorno alla terza terrazza, la più alta dell' acropoli; materiali e tecniche differenti, variazioni di allineamento e di livello tra filari di blocchi sovrapposti o consecutivi, sono tutti segni della lunga e laboriosa carriera di questi baluardi più volte scossi da assalti nemici o da movimenti tellurici, frequenti nella regione eminentemente vulcanica.
Problema aperto, quindi, e nel quale ritengo opportuno procedere con prudenza, fino a quando le prove ed i confronti che andrò raccogliendo non mi daranno in mano elementi tali da poter stabilire una cronologia meno incerta dell' attuale per le fortificazioni dell' acropoli.
ÀMMÀN - CEPPO IN BASALTO, CON IMMAGINE
DELLA DEA BASTIT
Coll'approfondirsi degli scavi sull'agorà si può sperare che anch' essi contribuiranno a risolvere molti dei dubbi che ancora sussistono sulla questione che ho esposta or ora, ma occorrerà del tempo per giungervi. Le modifiche e i rimaneggiamenti di cui è stata oggetto dopo la conquista araba, hanno accumulato sull'antica platea tante di quelle macerie, che il solo sgombero di esse costituisce una impresa non semplice nè facile.
Si tratta, come già dissi nella passata relazione, di costruzioni modeste, in gran parte messe su con sassi legati appena con terra; ma, qua e là, si affacciano nei muri blocchi sottratti ad edifici più antichi ed allora bisogna procedere con cautela, perchè i manovali non portino via qualche cosa di utile per le nostre indagini. Si può dire che non parte un sasso verso lo scarico, se non è stato prima visto e controllato da me o dall'assistente. Questo, bene inteso, per le parti cadute, giacchè quanto resta in piedi di siffatte costruzioni si è voluto invece per ora conservare in situ; ciò rende più penoso lo scavo, ma tengo a farmi un'idea precisa dell'esatto loro rapporto topografico e cronologico con il grande monumento arabo. Quando mi avranno detto tutto ciò che mi serve le farò demolire, ma non prima, anche se in qualche momento mi assilla la quasi certezza che in
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ÀMMÀN - L'INGRESSO PRINCIPALE ALL' AGORÀ ÀMMÀN - LO SCAVO DEL LATO ORIENTALE DELL'AGORÀ
ÀMMÀN - LO SCAVO DEL MONUMENTO ARABO ÀMMÀN - LO SCARICO DELL'AGORÀ
ÀMMÀN - SCAVO DELLA PORTA OCCIDENTALE (INTERNO) ÀMMÀN - RIPRESA DELLO SCAVO NELL'AGORÀ
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ÀMMÀN - SCAVO SULLA I TERRAZZA, aVE SI PRESUME
FOSSE LA RABBATH ÀMMÀN PR,E-Di. VIDICA
quei muri informi sono celati documenti, che non ho fino a questo momento rinvenuti.
Per esempio mancano ancora le iscrizioni, per quanto annunciate da qualche piccolo frammento. In compenso si sono ricuperati (durante l'attuale campagna) due interessanti cippi in basalto, anepigrafi, ciascuno con l'immagine di una divinità. Il primo di essi si rinvenne presso la porta sulle mura, nello scavo di cui ho già parlato, e il secondo disfacendo parte del grande muro tardo che dal monumento arabo va diritto all'ingresso dell'agorà, e del quale dirò fra poco. Una delle figure è foggiata a guisa di mummia con l'uraeus sul capo e tracce della frusta e dello scettro che stringeva nelle mani; l'altra, incedente di fianco, ha la testa di gatto adorna dell'uraeus, i seni scoperti al di sotto dell'egida che le cinge il sommo del torace ed il resto del corpo drappeggiato in una lunga veste aderente; con la mano sinistra impugna una spada e con l'altra agita un oggetto, che non si può bene identificare. Innanzi al viso della dea, sul fondo, si eleva una insegna, sulla quale sembra che stia, accovacciata, una piccola figura umana, a meno che non si tratti di un cinocefalo.
Per lo stile e le anomalie intrinseche delle due sculture, vi si devono riconoscere due divinità del pantheon
ÀMMÀN - I MURI ARABI NELL'AGORÀ
ÀMMÀN - SCAVO SULLA I TERRAZZA, aVE SI PRESUME
FOSSE LA RABBATH ÀMMÀN PRE-DAVIDICA
siro-palestinese, influenzate da correnti artistiche egiziane; riterrei di poterle assegnare al IV-III sec. av. Cr.
Lo scavo dell'agorà, per ora fermato sempre al piano romano, giacchè intendo sgomberare questo prima di procedere a ricerche in profondità, ha dato anche questo anno interessanti risultati.
È adesso chiaro che tutta la sua area fu occupata, in epoca che cercherò poi di determinare, da un insieme di costruzioni private, cronologicamente posteriori alla conquista araba, e, topograficamente, al grande monumento finora attribuito ad un principe di stirpe sassanide. M entre questo, infatti, ha assunto con la sua fronte settentrionale lo stesso allineamento della parete che chiudeva l'agorà da quel lato, sostituendosi ad uno degli ingressi maggiori, e mostra di aver trovato ancora intatta la muraglia romana, e di averne imitata la struttura a grandi blocchi, sia pure qua e là prendendone a prestito da edifici anteriori, il resto delle costruzioni è di rozza fattura e già poggia sopra uno strato di terra e rottami che aveva coperto l'antico basolato. Vi è quindi un intervallo, che non può essere calcolato solo di pochi anni, tra l'erezione del monumento ed il resto. Questo, d'altra parte, dovè sembrare cosi antiestetico anche ai
ÀMMÀN - LO SCAVO DELL'AGORÀ
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ÀMMÀN - LO SCAVO SI SVOLGE ALLA P{lESENZA
DI FOLLE DI CURIOSI
signori del luogo, che sentirono il bisogno di occultarlo dietro due alti muri paralleli colleganti le estremità del monumento con la cinta romana, cui si appoggiavano ad eguali distanze dagli stipiti del portale maggiore. Il tutto fu poi abbellito con un doppio colonnato, del quale abbiamo rinvenuto la base continua e qualche spezzone di colonna calcarea che si è rialzato. Il monumento maggiore era infatti in intima relazione con un edificio coevo eretto fuori dell'agorà, quasi al limite della cinta fortificata dell'acropoli; dissi già, nella passata relazione, che avevo cominciato a scavarlo, ma questo anno ho voluto dedicarmi tutto al maggiore dei due edifici e quindi non vi ho fatto altre ricerche. È evidente però l'intenzione di collegarli e la successione di esse rispetto ai visitatori. Il grande costituiva quasi l'ingresso dell' insieme e a tal fine ai lati della porta di accesso vennero appoggiati due corti sedili per i custodi; un adattamento simile fu fatto presso il vecchio ingresso dell 'agorà e vedremo come. Il dislivello tra la soglia del portale ed il basolato romano fu addolcito con una scalinata ad alzate minime, 'sovrapposta a quella più antica, che però non ho ancora veduta, data la necessi tà di non creare, alla fine della campagna, uno stato di cose che avrebbe potuto nuocere alla conservazione dello scavo.
Ricapitolando e completando le notizie che ho dato, così, in modo sommario, noi, nell'agorà, abbiamo accertato quanto segue:
ÀMMÀN - IL MURO DI REC INZIONE DELL'AGORÀ
AD ORIENTE
un'area di m. 38 per m. 53 di larghezza (da est ad ovest), racchiusa da un muro di recinzione sorgente da una banchina più alta del piano di circa un metro. Esso era interrotto ed aggraziato da nicchie e lesene con capitelli corinzi; soltanto a ridosso del portale maggiore, verso l'interno, si alzava un doppio stilobate su cui insistevano due colonne per lato, di un calcare verdastro segnato da venature e chiazze ramigne, le quali, riunite forse sopra da un architrave od altro elemento architettonico simile, v'enivano a costituire una specie di protiro.
Nessuna traccia di questo appariva prima e dopo lo scavo e solo quando decisi di demolire parte del muro seriore a ridosso dell'ingresso dell'agorà, sul lato destro, si rivelò quanto rimaneva dello stilobate, e precisamente la sua estremità esterna. Il resto, per una metà dell'altezza, era stato invece letteralmente asportato dagli arabi, i quali poi, per chiudere le falle prodottesi nel muro, le avevano richiuse con muratura in malta, e, con l'aggiunta di una specie di fiancata, era stato convertito in un lungo sedile, ad uso degli uomini di guardia.
2° - L' agorà aveva un secondo colonnato esterno che, distando circa tre metri dal muro, doveva formare un portico vero e proprio. Esso fu poi in parte rifatto o rimaneggiato dagli arabi, per inquadrarvi il loro secondo edificio.
l ° - L'agorà romana, probabilmente stabilita durante il regno di un imperatore della dinastia degli Antonini, comprendeva
ÀMMÀN - IL MONUMENTO ARABO VISTO DALL' INTERNO
3° - Almeno il lato orientale dell'agorà era occupato da magazzini, pavimentati in mosaico a grossi tasselli bianchi, cui si accedeva da larghe aperture. Per quanto ancora non si possa accertare con chiarezza la decorazione del muro, essa, da DELL'AGORÀ
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ÀMMÀN - BASI IMMESSE NEI MURI ARABI
questo lato, differiva certo dal resto. Si è ricuperata una serie di mensole, che dovevano sostenere pezzi di scultura; ne conosciamo finora un grosso phallus alato.
4° - Alle spalle dell'agorà, cioè tra questa ed il tempio già scavato, sulla seconda terrazza, dovevano esservi altri edifici di mole cospicua. Da essi devono provenire alcune grandi basi, in parte quadrate e in parte ottagonali, incastrate nei due grandi muri limitanti la strada colonnata araba.
SO - Nell'area occupata dai fabbricati minori si è seguitato a raccogliere un'ampia messe di frammenti delle ceramiche descritte già nella passata relazione. Ma dovrò ritornare sulla datazione allora proposta, per i nuovi elementi acquistati nei confronti del grande monumento, che necessariamente devesi mettere in relazione cronologica con esse.
E vengo a questo interessante e misterioso edificio. Abbastanza ben conservato, dominante sull'alto dell'acropoli, esso aveva sempre attirato l'attenzione dei visitatori e degli studiosi che si erano succeduti ad Àmmàn.
Una tradizione, riportata da el-Mukaddasi, asseriva che esso fosse una moschea, eretta sulla tomba di Uria. Lasciando stare la storiella della sepoltura del famoso capitano di David, va assolutamente escluso che
ÀMMÀN - LO SCAVO DEL MONUMENTO ARABO
nel monumento si possa riconoscere una moschea. Manca l'orientamento, mancano gli elementi rituali indispensabili (mihrab, ecc.), e la stessa sua pretesa funzione appare impossibile, quando si consideri che l'ambiente è obbligatoriamente di passaggio.
Se stanze vi fossero state, avrebbero dovuto essere al piano Isuperiore, cui si accedeva da due scale praticate sull'a fronte settentrionale, aperte, cioè, verso l'agorà. Ma ne dubito, dato che la copertura dell'aula doveva occupare quasi tutta la superficie superiore, lasciando appena lo spazio per una terrazza o galleria all' intorno.
Tutto induce quindi a credere che si trattasse semplicemente di un padiglione, in cui il capo, che dimorava al di là della piazza, nell' edificio sulle mura, che ancora si deve finire di scavare, riceveva i postulanti: vale a dire un diwan.
I partiti decorativi, che adornano l'interno dell'edificio, dovevano ripetersi anche esternamente, nella parte più alta, giacchè quella inferiore era solo intonacata, e non sempre in pietra, poichè abbiamo raccolto diversi frammenti in un grossolano . impasto di calce e gesso. Ho parlato di una galleria, forse anche aggettante dal corpo del monumento, giacchè nello scavo si sono ricuperati molti pezzi di colonne e di
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ÀMMÀN - LA BASE DEL PROTIRO TRASFORMATA IN SEDILE
mensoloni che dovevano sostenerle, ma avrebbe potuto trattarsi anche di una semplice archeggiatura cieca, non nuova già nelle costruzioni del tardo impero. Non mancano neppure tracce di ritocchi dei rilievi con colori, tra i quali predomina il rosso. . Per la datazione di questo padiglione non si devono citare opinioni troppo contrastanti. I più lo attribuiscono, come dicevo sopra, ad un principe di dinastia sassanide, più che altro considerando il carattere delle sculture, tutte di carattere geometrico o floreale, nelle quali si vorrebbe riconoscere un influsso persiano. Con ciò non si scenderebbe più giù del 632, data che segna la fine di quel dominio, ma, purtroppo, si tratta di un termine cronologico molto vago e perciò non persuade. Dal punto di vista artistico si è voluto riavvicinare il nostro monumento al celebre castello, o palazzo, di Mchatta, la cui fronte, adorna di interessantissime e vaste zone a rilievi, è stata in gran parte trasportata nel Kaiser Friedrich Museum di Berlino. Ma anche per questo edificio si sono emesse le ipotesi più varie. Lo Strzygowskì lo assegna al IV secolo, il Brunnov al V, il Diehl propende per il VI e non è mancato chi scende fino all'VIII. Sarebbe stato desiderabile che, prima di giungere a simili conclusioni, si fosse proceduto ad un
accurato studio comparativo di tutti i monumenti arabi della regione, in base a dati positivi e non a preconcetti teorici.
Si tratta infatti, a parer mio, di uno dei più ardui problemi stilistici che sia dato di affrontare ad uno studioso di arte.
Non bisogna dimenticare che ci troviamo in uno degli ambienti più complessi dal punto di vista degli influssi artistici. Vi domina ancora la Grecia, per quanto modificata dagli apporti delle officine dell'Asia Minore e potenziata dai vasti ed imponenti programmi edilizi romani; vi permane lo spirito fenicio ed egizio attraverso le forme stati che palestinesi e vi si affacciano già le forme proprie di paesi più lontani, quali la Mesopotamia e la Persia. È una visione complessa, e non unilaterale, che bisogna quindi tenere presente allorchè si tratta di un monumento che sorge in terre orientali in un periodo di transizione storiCa e culturale.
Per Mchatta, ad esempio, non ho difficoltà a consentire con lo Strzygowskì che si possa datare al IV secolo, ma per il padiglione di Àmmàn, ritengo si debba discendere alla seconda metà del VII secolo, in quanto, pur essendovi evidenti le reminiscenze di motivi bizantini
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confini dell' impero e quindi esp~sta a-tuiiti -ris~hi -delle frequenti incursioni delle genti nomadi confinanti, presenta spesso delle lacune tali, che solo un accurato e necessariamente lungo studio archeologico potrà colmare con i suoi apporti positivi.
ÀMMÀN - RESTI DEL PROTIRO ALL ' INGRESSO PRINCIPALE DELL'AGORÀ
L'edificio arabo è stato da noi raggiunto dopo una rapida e intensa opera di scavo attraverso l'agorà. L ' ingresso principale da questo lato è stato trovato chiuso e tutto l'interno apparve rimaneggiato con divisioni di epoca tardissima, opera evidente di povera gente annidatasi lassù quando era già caduta la volta dell'aula centrale, e che sfruttò gli ambienti periferici ed i vani laterali per i suoi limitati bisogni. Scarsissimi e di poco conto sono stati infatti i rinvenimenti di ceramica all'interno. I danni apportati da questi abitatori all' edificio erano notevoli. I muri costruiti con due pareti parallele di blocchi, riempite poi con scaglie di pietra e malta povera, erano stati in più punti svuotati di questo materiale cementizio e si reggevano più solo su deboli punti di appoggio. Già prima che fosse data a noi la concessione di lavorare ad Àmmàn il servizio archeologico locale si era
in alcuni dettagli di fasce divisorie, di scomparti e di cornici, ha una fisionomia complessiva che lo distacca dal vecchio mondo classico, riavvicinandolo ai prodotti tipici dei primordi dell'architettura araba.
È anzi, a questo proposito, l'edificio che più si avvicina a Qosr-el-Qarani, per quant,o io ritenga questo più tardo di almeno due secoli.
Concludendo, non attribuirei ai sassanidi questo nostro monumento, ma ad uno dei primi signori arabi della regione. E la ceramica rinvenuta all'intorno andrebbe arretrata cronologicamente al IX-X secolo. Ma non esito a dire che non ritengo queste mie asserzioni come definitive. La storia della regione, posta ai
preoccupato di questo stato di cose ed aveva fatto eseguire dei puntellamenti in mura tura, ma, affidati ad operai inesperti e condotti senza qualche assaggio preventivo, erano per lo più stra piombati o basati su terriccio o su pietre ormai sgretolate. Ne ho fatto così rifare alcuni, e altrove, invece, ho fatto eseguire delle murature solide e regolari per chiudere tutte le brecce più pericolose. Nei due ambienti meglio conservati ho sistemato il materiale recuperato, difendendolo con cancelli di legno.
Si tratta di frammenti architettonici e decorativi, dei quali dò qui anche qualche fotografia, in quanto ritengo che possono confermare quanto sopra ho esposto sulla loro datazione:
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a) elementi di cornice con dentelli e fuseruole, e doppia fila di foglie ricorrentisi, contrapposte;
b) elemento angolare con palmette affrontate ai lati di un corpo fusiforme, dal cui piede sorgono;
c) modiglione con tri-plice ordine di elementi, ovoidi, terminanti a volute appena accennate, sul fianco sporgente e proseguenti invece in unica serie con direzione perpendicolare alla prima sul lato del blocco che s'allineava col resto del muro;
d) mensola con cornice come in a, e cassettonatura con motivi principali a doppi esagoni inscritti, con fiorone centrale ed elementi floreali interposti;
e) frammenti di archetto rientrante con decorazione a quadruplici linee intersecantisi a rombi, con fiore quadrilobato al centro;
f) idem come sopra, con rosone quadrilobato;
g) idem come sopra, con intreccio ad elementi graniformi costituenti rombi nel cui centro è un globetto forato;
h) idem come sopra, con ramo a larghe foglie spa toliformi (simile ad lppocastano) disposte con senso naturalisti co ;
i) piano incassato fra due colonnette, decorato con un ramo di pianta
ÀMMÀN - LA FRONTE DELL' AGORÀ, AD ORIENTE
mista a palmette, foglie di ippocastano, melagrano, ecc. ; l) idem come sopra, ma senza le colonnette, con serie
sovrapposta di rombi, decorati ad anellini, intrecciati per gli angoli tangenti e con fioroni negli spazi liberi;
m) idem come sopra, con grandi rosette inscritte in doppi cerchi tangenti verticalmente;
n) idem come sopra, con doppie sinuose intrecciantisi in modo da delimitare spazi ovali occupati da pine (?) stilizzate; nel punto d'intersezione delle sinuose, fermaglio a testa quadra con castone;
o) idem come sopra, con serie sovrapposta verticalmente di palmette affrontate, sorgenti da un fusto mediano;
p) idem come sopra, con tralcio di vite, saliente a sinuosa con grappoli e foglie disposti ai due lati;
q) idem come sopra, con scacchiera a filo doppio di tre spazi orizzontali, contenenti palmette trilobate.
È, come ben si vede, un complesso di grande interesse, anche se non tecnicamente perfetto, ispirato ai più vari ambienti artistici che, sia pure in una affrettata rassegna, si possono così distribuire:
l° - Elementi classici romani e romano-ellenistici, specialmente in a, b, d, e, g e p.
2° - Di transizione (tarda romanità e bizantinismo) in h, l e o.
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anni di dura lotta, potè essere conquistata e distrutta da David.
Già dissi nella mia seconda relazione come pensassi che la sede del primo nucleo di Ammoniti dovesse trovarsi sulla prima terrazza, quella più bassa. Vi sono in quel punto cospicui avanzi di mura, che si possono assegnare circa al 15°0 avo Cr., e la mia attenzione fu attirata dalla particolarità che, in un tratto di esse, appariva nettamente una divisione nei filari dei blocchi, come se in un secondo tempo si fosse richiusa una porta ivi esistente. Di qui la decisione di fare di questa parti colarità il punto di partenza delle mie ricerche.
Iniziate due anni fa, verso la fine della campagna, le ho riprese questa volta fin dall' inizio, con una forza aggirantesi intorno alle 60 persone, una per una istruite nello speciale lavoro dello scavo a strati, e continuamente sorvegliate.
I ritrovamenti vanno per ora così suddivisi:
l ° - Un alto strato di terra vegetale mista a frammenti numerosi di ceramica, fra cui abbonda quella romana caratterizzata dalla presenza di aretini, dei quali diversi con: marca,:e anse di anfore rodie.
ÀMMÀN - LAVORI DI RAFFORZAMENTO NELL'EDIFICIO ARABO
2° - Murature tarde, bizantine, connesse con lo sfruttamento agricolo della
quindi in cisterne e canali per 3° - Più tipicamente arabi, in quanto desunti dal repertorio popolare e provinciale, e fatti propri dalla nuova corrente artistica creata dalla fortuna delle armi mussulmane, in I, h, i, m, n e q. Quest'ultimo, è già stato notato, appare soprattutto ispirato dalla scrit tura cufica, per cui costituirebbe un termine cronologico di una certa importanza nel compito propostomi di datare, con la maggiore approssimazione possibile,
• il nostro monumento. Uno dei problemi più appassionanti, per la nostra
missione, è certo costituito dalla ricerca e dalla identificazione sull'acropoli di Àmmàn del più antico centro di vita, di quella Rabbath Àmmàn, che, solo dopo lunghi
terrazza, e consistenti irrigazione.
3° - Sotto la cisterna più grande, ottimamente costruita con buona malta, così che si è dovuto molto faticare per demolirla, è affiorata la roccia, nel punto che deve segnare il culmine della collina. Essa degrada infatti subito, almeno verso nord dove per ora si è esteso lo scavo, e sui suoi fianchi cominciano ad apparire delle costruzioni più profonde.
La roccia presenta sulla sommità i caratteristici fori artificiali che i semitisti chiamano, con termine francese, coupoles. Ve ne sono di piccoli e di dimensioni rispettabili, più o meno profondi. Attentamente esplorati,
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solo in uno si sono rinvenuti un frammento di ceramica di rozzo impasto, che assegnerei all'epoca del bronzo, ed un residuo di mascella di animale, forse pecora. Sul fianco di questo banco roccioso è ricavata un'ampia cisterna a doppio ambiente, sostenuta da otto pilastri e da una colonnetta poligonale, che dimostra il lungo uso del serbatoio.
La presenza delle coupoles e della Cisterna riporta in discussione lo scopo e l'uso di tali fori; il loro fine rituale, affermato e sostenuto dai più noti studiosi di archeologia palestinese, è parso ad un certo momento scosso dai risultati degli scavi americani di Megiddo, dove numerosissime coupoles sono state riscontrate su ripiani di caverne, che servirono per abitazione nel periodo neolitico e nella prima età del bronzo e con caratteri tali che le farebbero ritenere dei semplici e modesti focolari.
Si deve però notare che in quegli scavi è sempre evidente la connessione tra focolare e dimora, mentre nel caso nostro, e in molti altri segnalati nei vari campi di ricerche in Palestina, le coupoles appaiono disgiunte da qualunque traccia di abitazione o di costruzione in genere, così che, pur non ostando nulla al fatto di riconoscervi dei focolari, si dovrebbe ammettere che essi sono stati creati per uno scopo che non è quello di una semplice necessità domestica. E quando si pensa quanto sia breve il passo., presso. gli antichi popoli, tra il focolare della famiglia e quello del clan nel rituale religioso, si arriverà ad ammettere che lo stesso mezzo po.tesse essere indifferentemente impiegato, in luoghi e con fini diversi, secondo che serviva per usi privati o per le cerimonie del culto alla divinità.
Ecco quindi anche qui un campo aperto alle indagini più ampie, i cui risultati possono arrecare alla giovane archeologia biblica non solo un contributo di esemplificazione, ma, se attentamente condotti e, diciamolo pure, assecondati da quel tanto di fortuna che è indispensabile nel nostro speciale lavoro, anche una parola definitiva in questioni tuttora dibattute ed oscure.
E se si pensa alla pochezza dei nostri mezzi, in con-. fronto a quelli cospicui (e quanto!) delle altre Missioni che si dividono il campo nella Palestina, e che tendono ora a straripare nella Transgiordania, credo non si debba essere Il).a1contenti dei risultati ottenuti in queste tre brevi campagne, dalle quali sono ormai emersi
ÀMMÀN - LA STRADA COLONNATA
VISTA DALL' EDIFICIO ARABO
tutti gli elementi necessari per un maggiore ulteriore sviluppo di questa eletta manifestazione della cultura italiana. RENATO. BARTo.CCINI
RESTAURI A MONUMENTI DELLA SARDEGNA
Nel corso dell'esercizio finanziario I932-33 la Direzione dei Monumenti ed Opere d'Arte della Sardegna ha provveduto, coi mezzi limitati di cui disponeva, ai lavori più urgenti di tal uni edifici monumentali della Sardegna, dando la precedenza a quelli che, per effetto di un violento ciclone, che colpì la parte settentrionale e centrale dell' isola nell'ottobre del I932, richiedevano più immediati provvedimenti. Furono questi modesti
lavori alle coperture dei tetti, che però fu necessario riparare senza indugio, per consentire l'uso del culto ed impedire ulteriori danni alle antiche strutture degli edifici.
La chiesa di S. Maria del Regno di Ardara, pregevole opera del primo periodo romanico, ebbe in passato le cure della Direzione dei Monumenti, mercè l'opera indimenticabile del chiaro ing. Dionigi Scano, benemerito
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