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UNIONESINDACALE
ITALIANA1912 a1970 »
0s1NDACALIS
MNuclei Libertari di Fabbrica o- viale Monza, 255 - 20126 Milano
Editrice "L'Impulso"- Borgo Cappuccini, 102 - Livorno
PREFAZIONE
Da alcuni anni all'interno del movimento libertario continua a svilupparsi una serrata discussione sul sindacalismo che sta ad indicare una sempre più ritrovata identità degli anarchici nel movimento degli sfruttati: in loro, tra loro, con loro le idee libertarie sono nate ed al di fuori della loro realtà l ’anarchismo muore o si riduce (per dirla come gli anarcosindacalisti deU’USI) ad una mera filosofia, patrimonio di qualche élite intellettuale.
Questa ricerca sull’Unione Sindacale Italiana si inserisce proprio in questo dibattito, per dare elementi di conoscenza a tutti quei compagni e soprattutto a quelli che si sono avvicinati in questi ultimi tempi alle idee libertarie, i quali debbono conoscere il patrimonio storico e teorico dell'anarcosindacalismo e del sindacalismo rivoluzionario. Solitamente si ricordano dell’USI solo pochi aspetti che saltuariamente appaiono nella stampa anarchica o in quella specializzata: che è stata un grosso movimento di massa con mezzo milione di aderenti, che ha avuto una pratica libertaria, che l’anarchico Armando Borghi ne è stato segretario, che al suo interno non vi erano burocrati stipendiati e che infine si è esaurita come movimento non avendo avuto (dopo un ventennio trascorso tra confino ed esilio) la forza di rinascere nel 1945.
In questo opuscolo non si parla dei grossi momenti che ormai sono passati alla storia (e in cui l ’USI ha agito o ne è stata promotrice) come l ’occupazione delle fabbriche e il biennio rosso (1919-1920), la "settimana rossa" e la conquista delle 6 ore nel corranno (tutti momenti che appartengono al movimento anarchico e anarcosindacalista); non se ne parla perchè sono notizie che spesso appaiono sulla stampa libertaria e bene o male ognuno conosce. Si parla invece della "storia” dell'USI a partire dal suo primo consolidarsi come minoranza organizzata all'interno della Confederazione Generale del Lavoro (CGL), delle differenti vedute sull’autonomia che la futura USI avrebbe
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avuto rispetto alla Confederazione, della rottura tra i sindacalisti rivoluzionari e l'organizzazione riformista nel 1919. Si toccano quindi tutti i momenti salienti della sua vita, le sue lotte, i suoi convegni visti come punti d'arrivo di quel che s'era fatto e come punti di partenza di nuova forza, di nuove idee, di nuove pratiche sperimentate quotidianamente nelle singole realtà. Si parla delle differenti vedute all'interno della stessa USI, delle posizioni deviazioniste di alcuni suoi leader, di De Vittorio (che finirà poi a fare il segretario della CGIL dal 1943 in poi), dell'unità sindacale, dell'antimilitarismo, dell’unità alla base, dei progetti non portati a compimento a causa della repressione fascista (solo nel 1922 sono circa 300 i compagni assassinati dalle squadre nerocamiciate), dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori (A1T) e del dibattito se aderire o meno all'internazionale sindacale rossa (legata a Mosca).
Con il 1922 si conclude la prima fase dell'esistenza dell'USI, di un movimento realmente di massa, libertario, autogestionario; poi verrà il periodo di buio dell'esilio, della clandestinità, del confino.
Due parole ancora: il materiale della prima parte di questa ricerca è stato tratto dalla chiarissima “Bre ve storia dell'USI" di Ugo Fedeli; la difficoltà a reperire questo scritto (nel 1957 è stato pubblicato a puntate sulla rivista '"Volontà"; nel 1973 è stato ciclostilato a Milano da Lotta Anarchica; nel 1976 ancora ciclostilato a Torino dal compagno Assandri) ha fatto ritenere giustificato il suo inserimento in questo opuscolo, insieme ad altro materiale di epoca posteriore; in questo modo si ha sotto mano quasi tutta l'esperienza USI dal 1912 al 1970. Se la prima parte non ha comportato notevoli difficoltà di ricerca, la stessa cosa non si può dire per la seconda parte (1945- 1970) per il semplice motivo che tutta la storiografia anarchica ed anarcosindacalista si ferma immancabilmente al 1922 e non esiste un solo documento (eccezion fatta per il libro di Borghi "Un biennio di attività anarchica" che descrive minuziosamente
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la realtà anarchica italiana nel 1945-1947 e per alcuni articoli del compagni Umberto Marzocchi, già appartenente al Comitato Direttivo della CGIL nel dopoguerra, particolarmente significativi per comprendere i motivi della scelta unitaria degli anarchici nel 1945) che abbozzi un’analisi o semplicemente riporti un di-
'battito avvenuto dal 1945 in poi (ma anche nel periodo della clandestinità). A nostro avviso è una lacuna se non altro per dare materiale di dibattito (e quindi di chiarezza) a tutti i compagni che sono quotidianamente impegnati nella prospettiva della rivoluzione sociale. Certamente l'esprienza USI dal dopoguerra in poi non è la stessa che si è avuta fino al '22. Nessuno può negarlo. Cosi come non si può negare il carattere del dibattito che si è avuto negli anni '50 '60 e che è lo stesso dibattito che i nostri compagni avevano affrontato all’inizio del secolo nell’ambito della costruzione dell'organizzazione sindacale: anarchismo, sindacalismo o anarcosindacalismo? Deviazionismo a causa della presenza di militanti operai non anarchici? Movimento prettamente anarcosindacalista o comprendente settori marxisti rivoluzionari? Anarcosindacalismo o sindacato degli anarchici?
Una volta di più il movimento si deve compieta- mente chiarire in merito a queste problematiche, abbandonando prevenzioni, qualche settarismo, "purismi” fini a sè stessi, per andare avanti con una sempre maggiore incidenza. Occorre capire che oggi realmente si presentano delle possibilità concrete per una pratica anarcosindacalista nelle masse sfruttate; tutta una serie di sintomi lo dimostrano: le lotte degli ospedalieri, dei ferrovieri, i comitati che si organizzano alla base, i collettivi che abbandonano la strada battuta dal sindacalismo di stato, i giovani, i disoccupati, i “non garantiti", il movimento delle donne... Tutti sintomi che vanno verso la costruzione di un vasto fronte di opposizione politica, economica e sociale alle forze dello stato e della conservazione che devono assolutamente scrollarsi di dosso tutte le illusioni parlamentari, centraliste, avanguardiste se si vuole realmente
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uscire vincenti da questa fase di scontro di classe. In questo il metodo e la teoria anarcosindacalista possono offrire un fondamentale contributo per l'avanzamento del fronte di lotta. Ai militanti anarcosin- dacalisti un motivo di più per impegnarsi maggiormente nella costruzione di un movimento libertario di massa che abbia nelle fabbriche, nelle aziende, negli uffici, nei quartieri e nelle scuole i suoi punti di aggregazione e di organizzazione.NUCLEI LIBERTARI DI FABBRICA E DI AZIENDA
MILANO
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Quando Ugo Fedeli aveva tracciato la “Breve Storia dell ’Unione Sindacale Italiana” l’aveva fatto partendo da alcune considerazioni e da dati di fatto presenti all’ interno del movimento sindacale post-bellico che avevano alcune attinenze fondamentali (e in un certo senso la storia si ripeteva con gli stessi nodi da sciogliere) con la realtà che aveva portato alla nascita della CGL prima (1906) e della USI dopo (1912): superare le condizioni che erano (e sono) state create nel mondo operaio ridiscutendo formule, metodi, direttive portate avanti all’interno dei sindacati e che hanno portato al disastro (U. Fedeli, Breve storia dell’USI); sempre all’epoca, come oggi, il problema dell’unità sindacale era all’ordine del giorno nella stessa misura in cui era all’or- done del giorno nel 1906 (nascita della CGL) e nel 1912 (nascita dell’USI).
Nel 1906, a Milano, si tiene il congresso della Resistenza in cui viene creata la CGL: un punto di controversia emerso al congresso è quello di come stabilire i rapporti tra Camere del Lavoro, le Federazioni di Mestiere e il nuovo organismo. Poiché la CGL è nella sostanza accentratrice ponendosi come organo centrale, si viene a creare una frazione di minoranza all’in-
NASCITA DELL 'USI: 1912-1922
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temo del nuovo organismo: tale minoranza redige un numero unico in cui vengono ribadite le proprie posizioni rispetto alla maggioranza, i punti di vista, le “direttive” e le ragioni della posizione assunta. Questo gruppo di minoranza in un congresso a Parma (1907) prenderà il nome di “Comitato di Azione Diretta” con la intenzione di “salvare e correggere l’autonomia del Sindacato” (convegno sindacale di Parma, 3/11/1907). Dalla Camera del Lavoro di Parma parte l’iniziativa di chiarire a congresso tutte le forze dissenzienti della CGL e a tal proposito viene redatta la seguente circolare:
"Il Congresso Provinciale delle Organizzazioni Operaie del parmense — presenti le rappresentanze di 458 leghe con più di 31 mila iscritti e le rappresentanze delle Camere del Lavoro di Ferrara (40 mila iscritti) e di Piacenza (12 mila iscritti) — deliberava in sua seduta del 20 corrente di sospendere ogni adesione alla Confederazione Generale del Lavoro in seguito all'atteggiamento da questa assunto, incaricando in pari tempo la sottoscritta Commissione di convocare subito un Convegno delle Organizzazioni che non consentono coll'attuale indirizzo della Confederazione per deliberare d'accordo il da farsi. Ben sapendo che voi dividete in proposito le nostre idee, vi comunichiamo che la C.E. di questa Camera del Lavoro ha deciso d'indire il Convegno sopraccennato per il giorno 3 novembre P.V. invitandovi a partecipare con almeno un vostro rappresentante. Non abbiamo bisogno di dirvi quale e quanta necessità vi sia d'intenderci sulla vitalissima questione che forma oggetto del Convegno. Essa interessa tutto il proletariato italiano ed è divenuta oramai di attualità urgente, dopo la riunione di Firenze — nella quale si negava ogni autonomia alle organizzazioni — e dopo il tradimento compiuto dalla Confederazione a danno dei ferrovieri.
Crediamo superfluo ogni incitamento: se non volete perpetuare uno stato di cose indecoroso e dannoso per tutti dovete aderire al convegno da noi indetto e fare qualunque sacrificio per parteciparvi. Attendiamo ad ogni modo una immediata risposta. Saluti fraterni. ”
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Il convegno ha luogo nella Camera del Lavoro di Parma dove sono convenuti i rappresentanti di 201.168 soci (16 Camere del Lavoro, 2 Sindacati e Federazioni — ferrovieri e lavoratori pelli —, 19 leghe e sezioni di mestiere, 16 altre organizzazioni). I “Rapporti colla Confederazione del Lavoro” è il problema centrale: partendo dal tradimento della CGL contro i ferrovieri (che avevano aderito allo sciopero generale proclamato dopo l’eccidio di Milano) che li aveva abbandonati alle rappresaglie governative si arriva al problema più profondo di divergenza e opposizione tra CGL e Camere del Lavoro dissenzienti: un convegno tenuto a Firenze tra CGL e rappresentanti del Partito Socialista. In questa occasione saltando le Organizzazioni locali, non riconoscendo loro alcuna autonomia nei propri movimenti ed avocandone l’iniziativa e la direzione, la CGL le subordinava agli interessi elettorali del Partito Socialista. Cosi si esprimeva Alceste de Ambris nella sua relazione al congresso di Parma:
“Cosa sarebbe avvenuto se la Confederazione avesse dovuto prendere l'iniziativa o dare il nulla o- sta a tali agitazioni? (nota: si riferisce alle agitazioni — 34 scioperi nel 1907 — promosse della C.d.L. di Parma, agitazioni attuate autonomamente e “tutte vittoriose meno una".) Si sarebbe sicuramente verificato l'identico caso dei ferrovieri. Si deve cominciare con l'affermare la completa autonomia delle organizzazioni sindacali da qualsiasi partito politico, e che alle organizzazioni locali sia riservata la più ampia libertà d'azione e non si deve mai permettere che pochi uomini le facciano da padroni legiferando e disponendo a loro talento della volontà del proletariato. Perciò, data l'attuale situazione della Confederazione del Lavoro, si deve vedere se SIA PIU' UTILE L'ENTRATA IN MASSA NELLA CONFEDERAZIONE PER TRASFORMARLA, OPPURE SE SI DEBBA CREARE UN NUOVO ORGANISMO INDIPENDENTE DALLA CONFEDERAZIONE ATTUALE. "
Le relazioni fanno emergere due punti di vista:
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1) entrismo in massa nella CGIL per conquistarla2) creazione di un organismo nuovo.
Non esistendo accordo generale nè sul primo nè sul secondo punto si arriva ad un compromesso (accettato): la creazione, cioè, di un “Comitato di Resistenza” per coordinare l’azione dei sindacalisti. Questo l’ordine del giorno presentato da Badiali — De Ambris ed accettato dai congressisti:
“/ rappresentanti di oltre 200.000 lavoratori organizzati d ’ogni regione d'Italia, convenuti a Parma constatano che l'indirizzo assunto dalla Confederazione Generale del Lavoro non corrisponde in alcun modo all'interesse ed al sentimento del proletariato italiano, poiché i dirigenti di essa con aperta violazione statutaria, ne hanno legate le sorti a quello di un partito politico e pretendono di farne un organismo accentratore con intenti di conservazione coartando la liberainiziativa delle organizzazioni aderenti ed impedendo costantemente ogni affermazione di virile volontà collettiva, nella presunzione di dover essi imporre la loro legge alla massa in luogo di essere gli esponenti ed i coordinatori del pensiero e dell’azione di questa — e perciò — mentre negano risolutamente alla CGIL, così come è composta, il diritto di dirsi legittima interprete e rappresentante del proletariato che più volte ha dimostrato di seguire concetti ben diversi cui si ispira le Confederazione Riaffermano
1) Che l'organizzazione operaia deve accogliere nel suo seno quanti intendono combattere la lotta per la sparizione del salariato e del padronato, all'infuori di ogni scuola o partito politico;
2) che la maggiore autonomia e la più completa libertà d'iniziativa deve essere lasciata alle organizzazioni locali o di categoria per movimenti di resistenza che le riguardano;
3) che i dirigenti dell'organizzazione sindacale possono considerarsi soltanto come Comitato esecutivo della collettività operaia e non come i legislatori ed i padroni di questa;
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4) che deve essere speciale incarico dei dirigenti coordinare le forze e gli intenti per sanzionare mediante l'azione diretta — culminante in supremi momenti nello sciopero generale — la volontà proletaria sia nella difesa che nella protesta o nella conquista;
Deliberanodi costituire un Comitato Nazionale della Resistenza con incarico preciso di raggruppare tutte le organizzazioni nazionali che — seguendo la direttiva tracciata nel presente ordine del giorno — intendono svolgere d ’accordo un'azione comune di lotta incessante all’odierno ordinamento capitalistico con tutti quei mezzi — nessuno escluso — che la pratica sindacale ha indicati come efficaci per indebolire, eliminare la classe e lo stato borghese.
Il Comitato Nazionale della Resistenza — la cui composizione verrà determinata dal presente convegno — ha pure l ’incarico di attuare praticamente le deliberazioni prese dal convegno stesso, funzionando come organo esecutivo e consultivo per tutte le organizzazioni che ad esso fanno capo. ”
Concezione e tattica sindacale risultano ormai diverse tra CGIL e USI, anzi è diversa la stessa concezione del sindacato. Per i sindacalisti (USI) il sindacato è un nuovo principio di civiltà che si pone al di fuori e contro la civiltà borghese lottando per la sua eliminazione; il sindacalismo si arricchisce nella pratica che esso stesso sceglie attraverso l’autogoverno (insofferente d ’ogni autorità tutelatrice e superiore) che esso stesso sceglie attraverso la propria pratica politica. Per scorgere dei punti di differenza tra i compiti e le funzioni del “Comitato Nazionale di Resistenza” e i compiti e funzioni del C.C. della CGIL occorre rifarsi allo statuto del “Comitato di Resistenza” :
1) “Il Comitato Nazionale della Resistenza si compone di una Giunta esecutiva di 3 membri scelti fra gli organizzatori nella Camera di Lavoro di Bologna e di un Consiglio con un rappresentante per o-
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gnuna delle camere di Piacenza, Parma, Ferrara ed A ncona, più un rappresentante del Sindacato dei ferrovieri quando e dove questo aderisca ufficialmente.
2) è suo mandato di dar corso a quanto venne deciso dal convegno di Parma (3 novembre 1907) preparando per l'epoca che le organizzazioni aderenti interpellate per referendum riterranno più opportuno un congresso Nazionale della Resistenza fra tutte le organizzazioni d ’Italia.
Il congresso — ove se ne presenti la necessità — potrà essere convocato d ’urgenza di iniziativa del Comitato.
3) per il suo funzionamento le organizzazioni aderenti contribuiscono con una quota fissa di centesimi uno per ogni iscritto e per semestre. La prima quota dovrà essere versata entro il corrente mese di novembre e sarà ritenuta saldo dell'anno 1907.
4) la sede del Comitato Nazionale della Resistenza è in Bologna".
Dicembre 1910: secondo congresso sindacale a Bologna. In realtà a Bologna avvengono due congressi, uno teorico e l’altro pratico. Nel primo intervengono i vari E. Leone e A. Labriola che discutono di teoria e di polemica ideologica. Subito dopo si riuniscono gli attivisti, i militanti del movimento dei lavoratori che discuteranno di problemi tattici e pratici della lotta sindacale; in questa sede trasformando il “Comitato Nazionale dell’Azione Diretta” in “Comitato della Resistenza” pongono le basi per la costituzione di un vero e proprio organismo sindacale a carattere nazionale che come scopo avrà quello di coordinare le forze sindacaliste rivoluzionarie aderenti alla CGIL collegandole con quelle ormai autonome. Passeranno ancora due anni di lotte intense prima che sorga un organismo sindacalista a carattere nazionale. Tra le lotte, oltre a quelle prettamente sindacali, il Comitato della Resistenza organizza le manifestazioni contro le imprese coloniali e la guerra libica; è in occasione della guerra libica che avviene una prima frattura del
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movimento sindacalista tra i “teorici” del movimento e le masse. I teorici (Labriola, Orano,..) rinnegando le premesse antimilitariste si trovano a sostenere l’impresa libica.
Si arriva quindi al 1912 quando a Modena si ritrovano a congresso tutte le organizzazioni aderenti al “Comitato della Resistenza”. Anche a Modena (23, 24, 25 novembre 1912) i 154 congressisti discuteranno il problema se entrare in massa nella confederazione per conquistarla dall’interno o se provocare una scissione e creare un secondo sindacato che raccolga tutte le organizzazioni di tendenza sindacalista rivoluzionaria. Le ragioni di chi è contrario alla formazione di due sindacati consistono nel fatto che oltre a provocare dissidi interni al proletariato (lotte e contrasti) la costituzione di un secondo sindacato sarebbe stato il presupposto di creazione di altri sindacati specifici (repubblicani, anarchici...) a danno di tutti i lavoratori, a danno della massa. Per non creare tale situazione si ribadisce che il “Comitato della Resistenza” debba lavorare nella Confederazione coordinando la minoranza rivoluzionaria, promuovendo l’entrismo della CGIL di chi ne era ormai fuori e dimostrare, con la pratica e l’impegno dei rivoluzionari, la supremazia del sindacato (strumento della lotta di classe) rispetto al sindacato riformista.
Da parte di chi è favorevole alla creazione di un secondo organismo fuori della GGIL si sostiene che è impossibile fare un lavoro efficace sul terreno rivoluzionario, restando e entrando nella Confederazione; inoltre la Confederazione era nata da un inganno e i rivoluzionari si sono lasciati giocare: riparare all’errore significa scegliere la scissione. La conclusione avviene col seguente ordine del giorno :
"Il Congresso Nazionale dell’Azione Diretta, riaf- fema innanzitutto il principio dell’Unità operaia necessaria ai proletariato per completare le sue conquiste e conseguire i suoi destini;Rileva che la Confederazione Generale del Lavoro,
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come non ha saputo fin qui realizzare l'Unità, si dimostra evidentemente incapace di realizzarla in fu turo per la sua tendenza sempre più spiccata a diventare un vero e proprio partito parlamentare, chiuso ed esclusivista, tanto da negare alle organizzazioni che non vogliono accettare senza discussione i dogmi politici e sindacali imposti da quella minoranza che per fortuito caso e non senza traccia di frode si è impossessata di essa;Ritiene superfluo e improduttivamente dilatorio in base alla esperienza degli ultimi anni insistere ancora nella risoluzione adottata al convegno sindacale tenuto a Bologna il 12/12/1920 (nel quale venne deliberato un tentativo unitario con l'entrata nella Confederazione delle forze sindacaliste; tentativo che i riformisti impedirono, rifiutando l'ammissione alla Confederazione del Lavoro della Camera del Lavoro di Parma e di altre) risoluzione resa inutile dal contegno della Confederazione Generale del Lavoro che ha rifiutato, con settario abuso mal mascherato da cavilli procedurali, l ’adesione delle più notevoli e meglio organizzate forze sindacaliste; riconosce che un vero organismo di unità operaia non può esistere in Italia se non si ispira ai principi dell'indifferenza di fronte a tutte le confessioni religiose, della neutralità di fronte a tutti i partiti politici, e dell’autonomia sindacale;
Delibera quindi:in omaggio a questi criteri di dar vita ad un nuovo
organismo nel quale d ’accordo con tutte le forze operaie organizzate — estranee alla Confederazione Generale del Lavoro —sia possibile attuare seriamente la realizzazione dell’Unità Proletaria Italiana, sulle indicate basi dell’aconfessionalismo, dell’apolitici- smo di partito e dell’autonomismo sindacale.
Il congresso fa però invito alle organizzazioni che accettano questo ordine di idee di aderire senz’altro al nuovo Istituto Unitario lasciandole libere di tenere verso gli organismi nazionali esistenti quell'atteggiamento che crederanno più conveniente ai fini
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della conservazione dell'unità locale. ”
Si mettono ai voti due mozioni: quella di Bitelli (favorevole all’entrismo) e quella di De Ambris (favorevole alla scissione e per la creazione di un secondo sindacato).
Il risultato:De Ambris voti 42.114
Bitelli voti 28.856 astenuti voti 6.253
NASCE COSI’ L’UNIONE SINDACALE ITALIANA AVENDO COME SEDE PARMA E COME ORGANO UFFICIALE IL PERIODICO “L ’INTERNAZIONALE” (già pubblicazione del “Comitato della Resistenza”) .
Il comitato centrale dell’U.S.I. viene formato da sindacalisti di ogni Camera del Lavoro aderente su tutto il territorio nazionale. Viene accettato dal convegno un altro ordine del giorno (di Corridoni) contro i pericoli di una guerra:
"Il convegno delle organizzazioni operaie rivoluzionarie italiane, in vista della oscura situazione internazionale che presenta la minacciosa possibilità d ’una conflagrazione Europea;
Richiama il proletariato al dovere di opporsi ad ogni costo e con tutti i mezzi al fratricida macello cui lo si vorrebbe mandare in omaggio ad interessi che riguardano soltanto la classe nemica;
invita i sindacati aderenti a promuovere manifestazioni pubbliche e a prestare il loro soccorso a tutti quei movimenti nazionali e internazionali che fossero per sorgere accentuandone il carattere in senso risolutamente rivoluzionario.
Dà mandato al Comitato Centrale di prendere le iniziative e i provvedimenti che le circostanze consiglieranno qualora la minaccia di una conflagrazione Europea dovesse diventare più concreta e imminente”.
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La relazione De Ambris enuncia alcuni punti programmatici del nuovo organismo. Tra l’altro si afferma:
Non è soltanto una questione di metodo che ci divide dai riformisti. Il diverso metodo è determinato dal fatto che essi mirano ad uno scopo diverso. Noi vogliamo lo sviluppo integrale, completo, autonomo del sindacato operaio fino a farne l'elemento costitutivo principale e l'organo direttivo della nuova società dei produttori liberi ed eguali per la quale combattiamo. Essi intendono che il sindacato non abbia da essere che uno strumento per i miglioramenti parziali ed illusori, che la classe operaia può ottenere dalla benevolenza della classe padronale e dell'intervento statale, che dalla propria forza, rivolta ad una audace conquista.
La vera trasformazione sociale essi intendono che debba essere compiuta nello Stato e dallo Stato, con una serie di misure legislative e con una estensione sempre crescente dei poteri dello Stato che dovrebbe arrivare a sostituirsi al capitalismo privato, avocando a sè la dirigenza di tutta la produzione e di tutto lo scambio, nonché la distribuzione della ricchezza.
Quale punto di contatto vi è fra questa concezione statolatra ed autoritaria del divenire sociale, e la concezione sindacalista antistatale e libertaria? Nessuna.
Noi andiamo dunque, per opposta via, ad un mèta opposta a quella dei riformisti. Noi vogliamo annullare il potere oppressivo dello Stato; essi vogliono moltiplicarlo fino a farne il regolatore supremo di tutta la vita sociale.
,Noi miriamo alla conquista dell'autonomia e della libertà integrale dei gruppi produttori e dell'individuo in seno a questi gruppi; essi mirano ad instaurare la più terribile tirannia che abbia mai visto il mondo".
Principi ribaditi nel programma dello statuto ac-
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“Non è superfluo ricordare che — da quando l ’organizzazione operaia ha preso un ’importanza preponderante nel movimento sociale — si sono tosto manifestati due modi essenzialmente diversi d'intendere l ’azione sindacale. Ciò ha prodotto per logica conseguenza il crearsi di due forme diverse d'organizzazione ed iL sorgere, in pratica, di due sindacalismi: il sindacalismo riformista ed il sindacalismo rivoluzionario’’...
Le caratteristiche dell’uno e dell’altro eccole a grandi linee:
“Il sindacalismo riformista-politicante, accentra- tore, burocratico, pacifista, adoratore delle grosse casse produce naturalmente una organizzazione senza iniziativa, snervata, egoista, corporativista, divisa e sfiduciata delle sue forze, illusa di ottenere dal gioco dei partiti quel che non sa strappare con la propria energia.
Questo nella pratica del presente. Ma è lecito prevedere un altro danno per il futuro, poiché se con una simile-organizzazione si arrivasse a trasformare la società, noi non avremo quella società di liberi e di uguali che è il nostro sogno radioso; ma una società ancor composta di servi. Con la sola differenza che in luogo degli attuali padroni, il proletariato avrebbe sul collo una oligarchia di funzionari sindacali e di politicanti con l'etichetta sindacalista".
Il sindacalismo rivoluzionario,
“che vuole abilitare il proletariato ad avere fede solo nelle proprie forze, e non attendere alcun beneficio all'infuori della sua azione direttamente esplicata. Cosi si toglie implicitamente al lavoratore il feticismo legislativo e si mette il sindacato in condizioni di neutralità tra i partiti politici, che gli sono e-
cettato, che fra l ’altro dice:
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stranei tutti, non esclusi quelli che si dicono socialisti. Il proletariato deve sapere che tanto avrà quanto saprà conquistare e che non può e non deve chiedere nulla a chicchessia se non alla sua volontà ed alla sua unione” ... “Il sindacalismo rivoluzionario antipoliticante, decentratore, autonomista, libertario, non burocratico, combattivo, non idolatra dei mezzi finanziari, forma nel presente un'organizzazione ricca di iniziativa, vigile, audace, con un forte sentimento di classe, fiduciosa delle proprie forze, senza illusioni parlamentaristiche; e per il futuro prepara l' avvento di una società in cui vi siano nuovi padroni in sostituzione degli attuali; ma una uguaglianza, una libertà che non siano soltanto parole vuote di significato; ma realtà concrete ”
Per capire ancora più a fondo quali sono i principi della nuova organizzazione è interessante conoscere il contenuto di un manifesto nazionale dell’USI del 1913:
“E ’ una vecchia gloriosa bandiera quella che risolleviamo. Essa copre l'opera paziente della preparazione e si spiega nelle audacie sante della rivolta, il suo drappo si tinge col sanguedei martiri e non si sbiadirà nei languidi colori della pace sociale.
Vessillo di speranza e di battaglia. A ll’ombra sua si raccolgono solo i forti cui non impaurisce il sacrificio, i combattenti che sanno affrontare la lotta con gioia.
E ' l'insegna della I Internazionale, quella che risolleviamo, compagni!
Quanti sentono la vergogna dell'avvenimento presente, quanti nutrono ancora fede nei destini del proletariato, vengano con noi, in questo esercito di liberi che vqol muovere verso le rosse aurore della Rivoluzione Sociale.
Viva l'organizzazione operaia! Viva l'Unione Sindacale Italiana!
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L’importanza che assume immediatamente l’Unipne Sindacale Italiana lo dimostrano le colossali lotte sopratutto in alcuni centri agricoli e gli scioperi generali in tutta Italia. Nel 1913 vengono sostenuti scioperi agricoli nel ferrarese e nelle puglie, scioperi generali dei mettallurgici e dei gasisti a Milano, a Carrara tra lavoratori del marmo. Intanto si creano nuove sezioni: Sestri Ponente, Bari, Cerignola, Rovigo, Mantova, Cremona...
Il secondo congresso dell’USI che ha luogo a Milano (4-5-6-7 dicembre 1913) alla presenza di 191 congressisti in rappresentanza di 1003 leghe e 98.037 organizzati, accoglie militanti come Giuseppe di Vittorio, A. Meschi, De Ambris, Filippo Corridoni. Si discute dell’arnia dello sciopero generale: Armando Borghi, relatore del punto, ennuncia l’efficacia dello sciopero generale come metodo di difesa e di conquista per i lavoratori “miranti alla vittoria definitiva della classe lavoratrice con l’espropriazione della classe capitalista” . Altro problema importante in ogni congresso dell’USI è l’antimilitarismo: l’impegno di ogni organizzazione su questo tema viene ancora ribadito, non solo lotta sindacale ma anche lotta antimilitarista, antipatriottica: un campo necessario di agitazione antistatale del proletariato.
Si decide di trasferire l’USI a Milano dove è sorta una combattiva Unione che avrà nel 1914, durante la storica “Settimana Rossa”, un primissimo piano nell’ organizzazione delle lotte arrivando a far smuovere anche la CGL. Nel 1914, l ’anno della conflagrazione europea, all’interno dell’USI c’è chi si schiera a favore dell’interventismo dell’Italia a fianco della Francia e dell’Inghilterra, tradendo in questo modo i principii antimilitaristi che l’Organizzazione ha sempre fatto propri. La posizione interventista, dei fratelli De Ambris, Bianchi, Masotti, Corridoni ecc., non è proprio condivisa dalla massa: e per chiarire la posizione dell’ organizzazione proletaria viene convocata una assemblea del consiglio generale in cui, sopratutto da parte
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dell’anarchico A. Borghi, viene rilevato che “dalla guerra avrebbero tratto tutti i vantaggi non i lavoratori, ma i padroni, la monarchia”. E’ singolare che da parte di coloro i quali hanno sempre denunciato le frodi della diplomazia, in questo momento venga fatto affidamento sulle promesse delle stesse diplomazie e degli stessi stati; la riunione ha toni molto animati e alla fine viene accettato un ordine del giorno di A.Meschi che ribadisce e riafferma i principi antimilitarismi e antistatali:
“Il Consiglio Generale dell'USI esprime la fiducia che il proletariato di tutti i paesi belligeranti e neutrali sappia ritrovare in se stesso lo spirito di solidarietà di classe e le energie rivoluzionarie per profittare dell'inevitabile indebolimento delle forze statali e della crisi generale derivante dalla guerra stessa per una azione comune intesa a travolgere gli stati borghesi e monarchici che in questa guerra furono per un cinquantennio i coscienti e i cinici preparatori Delibera che gli organi direttivi e il giornale si uniformano a tali concetti
Messi in minoranza, Alceste De Ambris e Tullio Masotti (ex segretario) si dimettono e come segretario dell’USI viene nominato l ’anarchico Armando Borghi; la sede passa a Bologna e il giornale “L’Intemazionale” non è più organo ufficiale; al suo posto (il 17 aprile 1915) si pubblica il nuovo organo “Guerra di Classe”. Subito dopo la guerra del 15-18 l’USI riprende intensamente l ’attività con la fondazione di sezioni in ogni località e i militanti partecipano, oltre ad essere anche gli animatori, a tutte le agitazioni dell’epoca. Solo nel dicembre del 1919, a Parma, l ’USI si ritrova a congresso, il terzo dalla sua fondazione e il primo del dopo guerra.
Il 20-21-22-23 dicembre 1919 Parma accoglie i delegati di 300.000 organizzati. Problema più importante è quello che tratta dei “Consigli di Fabbrica” in seguito alle notizie che giungono dalla Russia (f Soviet), Germania e Ungheria, notizie che hanno vasta risonanza tra le masse proletarie italiane (specie di Torino). Relatore sui “Consigli di Fabbrica” è un operaio torinese che ruota attorno all’“Ordine Nuovo” (di Gramsci) e la
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risoluzione dell USI su questo tema é la seguente:"Il congresso dichiara tutta la sua simpatia e in
coraggiamento a quelle iniziative proletarie, come i Consigli di Fabbrica, che tendono a trasferire nella massa operaia tutta la facoltà di iniziativa rivoluzionaria e ricostruttiva della vita sociale, mettendo però in guardia i lavoratori da ogni possibile deviazione per lo escamotage riformista contro la natura rivoluzionaria di tali iniziative, contrariamente anche alle intenzioni avanguardiste della parte migliore del proletariato.
Invita questa parte del proletariato specialmente a considerare la necessità di preparazione delle forze di attacco classista-rivoluzionario, senza di che non sarebbe mai possibile l'assunzione della gestione sociale da parte del proletariato".
E in merito agli avvenimenti della rivoluzione Russa e la creazione dei Soviet come autoorganizzazione del proletariato russo viene emanata una dichiarazione riassuntiva:
"Il congresso dell'USI saluta ogni passo in avanti del proletariato e delle forze politiche verso la concezione del socialismo negante ogni capacità positiva e ricostruttiva alla istituzione storica tipica della democrazia borghese che è il parlamento, cuore dello stato. Considera la concezione Sovietica della ricostruzione sociale come antitetica dello stato e dichiara che ogni sovrapposizione alla autonomia e libera funzione dei Soviet e di tutta la classe produtrice, va considerata dal proletariato come un attentato allo sviluppo della rivoluzione e alla attuazione dell'ugualianza nella libertà".
Come si è detto, la rivoluzione Russa ha una vasta eco nel proletariato italiano: essa è la prima grande rivoluzione a carattere socialista e di massa che entusiasma il proletariato mondiale. A livello sindacale si costituiscono i “Consigli” sul parametro dei “Soviet” russi: il “Soviet” è visto come organo di autoorganizzazione proletaria in cui i lavoratori delle fabbriche e dei campi si riconoscono perchè fondato non su basi autoritarie o legato a qualsiasi voglia di partito, bensì come organo autonomo è collegato con gli altri, in cui
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le decisioni vengono prese assemblearmente e diretta- mente dai lavoratori stessi. Solo in un secondo tempo i Soviet saranno svuotati del loro significato libertario : quando cioè i bolscevichi (preso il potere) se ne impadroniranno e li legheranno al partito annullando ogni diritto autodecisionale alle masse organizzate autonomamente.
E ’ comprensibile l ’entusiasmo che provocano i Soviet nelle masse rivoluzionarie italiane e nell’USI in particolare. Un entusiasmo che a poco a poco nel futuro svanirà quando dalla russia cominiceranno ad arrivare le notizie della repressione contro i rivoluzionari, gli anarchici e i Soviet che non si piegano al nuovo potere (Kronstadt, Ucraina...).
Intanto il congresso di Parma riconferma A. Borghi come segretario e la sede viente trasferita a Milano dove rimarrà fino a quando i fascisti la distruggeranno.
Il biennio 1919-1920 (conosciuto anche sotto il nome di “biennio rosso” per la carica rivoluzionaria che le masse esprimono contro lo stato tanto da far pensare che la rivoluzione fosse “dietro l’angolo”) esprime tutta una serie di iniziative sindacali con scioperi tendenti ad aumenti salariali e ad una migliore condizione di vita. Le forme di lotta intese nel senso tradizionale non sono più efficaci e si trova ora un nuovo modo di combattere contro i padroni, un modo di verso, più efficace che viene adottato a livello di massa: ostruzionismo e occupazione delle fabbriche. Le prime occupazioni delle fabbriche avvengono in Liguria (Sestri Ponente e Cornigliano ad opera dei metallurgici). L’occupazione — che dura pochi giorni — dei metallurgici aderenti all’USI provoca un enorme effetto morale tra il proletariato. L’esempio è stato dato e dalla Liguria le occupazioni delle fabbriche si allargano a Torino fino a Napoli; e nel momento in cui i metallurgici di tutta Italia evitano una sconfitta delle loro agitazioni del contratto, ricorreranno alla occupazione di tutte le fabbriche (agosto 1920).
L’esempio delle occupazioni è un fatto molto im-
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portante nella storia della emancipazione proletaria, un fatto ormai leggendario su cui occorre soffermarsi. L’agitazione dei metallurgici italiani si trascina da tempo quando il 21 agosto 1920 la FIOM e il sindacato nazionale metallurgici aderenti all’USI dichiara no l ’inizio della lotta ostruzionistica. Dopo alcune settimane passate con pochi risultati, l ’USI lancia un appello ai lavoratori:
“A noi è sembrato non adeguato alla gravità del momento ed alla formidabile resistenza padronale questa forma di lotta che può prolungarsi all’infinito, stancare le masse, affievolire il loro spirito di combattività, esautorare le loro energie senza perciò colpire la classe industriale in modo decisivo. L'ostruzionismo può anche indurre gli industriali alla pronta repressione con la serrata generale o parziale che rende più difficile la presa di possesso delle officine da parte dei lavoratori quando ad essi verrà impedito l ’accesso con la forza pubblica concentrata nei punti voluti dal padronato"...
"... Potremmo attendere ancora qualche giorno l ’esito deU’esperimentato ostruzionismo; non oltre. La lotta deve essere, secondo noi, di breve durata e che seriamente e gravemente colpisca nei suoi interessi la classe padronale... "
"La presa di possesso delle fabbriche da parte dei lavoratori deve compiersi simultaneamente e con prontezza, prima ancora di essere cacciati con la serrata, e difenderla poi con tutti i mezzi e con tutte le forze di cui dispone il proletariato organizzato. ’’
"... Noi siamo decìsi a far entrare nella lizza anche i lavoratori delle altre industrie e dell'agricoltura. Alle altre organizzazioni, quindi, il dovere di prendere posizione, di tenersi pronte all’attacco coll'arma al piede".
Il 29 luglio a Sestri viene approvato il seguente ordine del giorno:
"Considerato che lo sciopero non è attuabile nelle contingenze attuali di fronte all’atteggiamento degli industriali che hanno interesse di esautorare le ener
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gie proletarie; che l'ostruzionismo incontra notevoli difficoltà pratiche;
Considerato che per fronteggiare energicamente e con prontezza la resistenza padronale si debba ricorrere ad ogni mezzo e SOPRATTUTTO ALLA SIMULTANEA E GENERALE INVASIONE DELLE FABBRICHE DA PARTE DEGLI OPERAI".
Il 31 agosto 1920 l ’Alfa Romeo fa la serrata e le
Il 31 agosto 1920 l’Alfa Romeo fa la serrata e le officine vengono occupate dalla forza pubblica: è l’episodio che fa scoccare la scintilla della famosa occupazione delle fabbriche del settembre. Due anni dopo, nel congresso nazionale che si terrà a Roma, l ’USI preciserà il suo punto di vista in merito alla occupazione delle fabbriche :
"La partecipazione attiva, febbrile dell’USI nella epica battaglia metallurgica, come corpo di avanguardia rivoluzionaria, è nota al proletariato d ’italia ed anche all'estero. Sonò conosciuti pure i primi atteggiamenti irriducibilmente classisti ed intransigenti sia durante le discussioni preliminari come nel corso della prima fase di lotta.
In merito alla famosa pregiudiziale sulle condizioni dell'industria, l ’USI fu chiara ed esplicita. Considerato che il “sistema economico vigente, basato non sugli interessi della collettività umana e produttrice, ma su quelli individuali con esclusione quasi assoluta dei veri produttori — gli operai — è la causa prima dei continui perturbamenti della vita industriale, economica e politica della società, i lavoratori non hanno quindi nessuna responsabilità delle conseguenze or liete, or funeste di questo ordinamento sociale; non possono tener conto in nessun modo delle condizioni dell’industria monopolizzata e gestita da coloro che considerano gli operai come merce, anziché come uomini che hanno diritto di vivere e di godere il frutto del proprio lavoro.
E conseguente a queste premesse FUSI si rifiuta di intervenire alla oziosa e dilatoria discussione sul-
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le condizioni dell'industria, reale o artificiosamente create con dati falsi e le elucubrazioni degli esponenti le industrie più speculative e bacate d ’Italia, come venne poi constatato attraverso gli scandali dell’Il- va, dell'Ansaldo, e della Banca di Sconto.
Ma il compito più importante e grave che l ’USI s ’impose in quel grandioso movimento fu quello di precederlo e di incanalarlo imprimendogli un carattere quale la situazione eccezionale esigeva di fronte alla aperta e dichiarata posizione di attacco del capitalismo; carattere cioè di vera guerra guerreggiata senza esclusione di colpi e fino alle ultime conseguenze”.
Il quarto congresso di Roma (1U-11-12 marzo 1922) è l’ultimo prima della distruzione che il fascismo attuerà contro le organizzazioni operaie. Non si discute soltanto di quel che si è fatto bensì si cerca di precisare alcune posizioni ideologiche e tattiche; si guardano i rapporti internazionali, ci si domanda se aderire alla Internazionale Sindacale Rossa (creata a Mosca) o se creare una nuova Intemazionale; infine si prospetta una riorganizzazione del movimento basata sulla creazione di Sindacati di Fabbrica. Sul primo punto (aderire o no all’Internazionale di Mosca) vengono presentate due mozioni che sono poi due tendenze all’interno dell’Unione Sindacale Italiana: la prima mozione, favorevole all’adesione a Mosca, è rappresentata da Di Vittorio; la seconda mozione, presentata da Armando Borghi, è contraria all’adesione mentre è favorevole a una nuova Intemazionale Sindacale, l’AIT (Associazione Intemazionale dei Lavoratori), da poco creata a Berlino. Due sono le risoluzioni presentate. La prima (Vecchi — Di Vittorio):
“Il quarto Congresso dell’USI chiamato a discutere ed a deliberare sulla questione dei rapporti fra l ’USI e le organizzazioni internazionali: considerato che i deliberati del Congresso Costituente dell’Internazionale Sindacale Rossa tenutosi a Mosca nel luglio dello scorso anno, con cui si stabiliscono i rapporti di collaborazione che devono intercorrere fra l'Internazionale sindacale e l ’Internazionale Politica, non vedo-
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no in alcun modo l ’autonomia ed indipendenza dei Sindacati;
che nessuna deliberazione del citato Congresso impedisce che accordi, volta in volta, possano essere presi con altri partiti politici; delibera di dare la propria a- desione all’Internazionale dei Sindacati Rossi’’.
La seconda (Giovannetti — Borghi), che raccoglierà la maggioranza, è contraria a tale adesione:
“Il quarto Congresso dell'USI premesso che l ’USI ha da molti anni con fede ed entusiasmo spiegato un ’ attività febbrile per la riorganizzazione delle forze proletarie internazionali sul terreno dell’azione diretta rivoluzionaria ispirandosi alla I Internazionale dei Lavoratori; Ritenuto che il blocco internazionale di queste forze non si è potuto conseguire per il carattere esclusivamente di partito dato prima alla III Intemazionale dei Sindacati Rossi strettamente legata al Partito Comunista ed a questo resa subordinata in tutta la sua attività sindacale e politica; richiamandosi ai principi ed ai metodi del sindacalismo rivoluzionario antipoliticante, antiautoritario, anti accentra- tore e per l ’assoluta autonomia dei sindacati dagli aggruppamenti politici; delibera di subordinare l ’adesione dell'Internazionale Sindacale alle seguenti condizioni:
1 — Azione diretta e rivoluzionaria di classe per l ’abolizione del padronato e del salariato;
2 — Esclusione assoluta di qualsiasi legame con l ’Intemazionale comunista e con qualsiasi altro partito o raggmppamento politico, completa autonomia e indipendenza sindacale da questi organismi di parte;
3 — Esclusione dell’Internazionale Sindacale di quei sindacati o raggruppamenti sindacali maggioritati che aderiscono all’organizzazione gialla di Amsterdam anche se per tramite delle Federazioni professionali;
4 — Limitazione dell’attività e della direzione dell'Internazionale sindacale ai problemi e nell'azione di carattere intemazionale;
5 — Intese eventuali tempomnee con altre organizzazioni sindacali e politiche proletarie potranno esse-
re stabilite volta per volta per determinate azioni internazionali d ’interesse della classe lavoratrice;
dà mandato al Comitato Esecutivo di prendere accordi con le organizzazioni sindacaliste di tutto il mondo per organizzare saldamente una internazionale sindacalista nel caso previsto che l ’ISR si rifiuti di accettare le suesposte ed irrevocabili condizioni”.
Altro problema di discussione riguarda la Unità proletaria, C’è chi ripropone lo scioglimento dell’Unione Sindacale Italiana per aderire alla CGL e tale tesi è sostenuta da due neo-deputati protesta (Di Vittorio e Faggi); viene presentata una risoluzione da Gaetano Gervasio il quale ammette la possibilità solo di accordi di unità temporanea e su basi classiste e rivoluzionarie:
“Il Congresso dell’USI ritenuto che l ’Unità delle forze sindacali proletarie d'Italia non può essere che il risultato di un accordo sincero e spontaneo delle masse lavoratrici organizzate sul terreno della lotta di classe e detrazione diretta con obiettivi rivoluzionari escludendo ogni intromissione di partiti e gruppi politici ed ogni forma di collaborazione con la classe borghese;considerato che tutti i passati tentativi di unità proletaria fallirono per l ’opposizione sistematica della frazione social-riformista la quale tende alla sua egemonia sul proletariato per una politica di collaborazione sindacale, parlamentare e governativa, con la classe dominante;considerato inoltre che nelle condizioni odierne del movimento operaio l'Unione Sindacale Italiana è l’unica organizzazione massima che ha mantenuto inalterate le proprie direttive classiste e rivoluzionarie;
delibera:1) Che gli eventuali rapporti con la Confederazione
Generale del Lavoro e con gli altri organismi sindacali siano a base di intese per questioni contingenti e per la difesa della libertà e delle conquiste proleta: rie; *
2) che ogni iniziativa di fusione dei vari organismi
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sindacali generali potrà essere assecondata informandosi ai criteri su esposti;
3) Che le organizzazioni locali e nazionali (Camere del Lavoro, sindacati professionali o d ’industria, ecc.) attualmente autonomi o già facenti parte dell'USI possono aderire a questa senza altra condizione che l ’osservanza del suo statuto e delle decisioni dei suoi congressi”.
Ultimo importante punto di decisione riguarda l ’adesione di una nuova struttura organizzativa basata sui sindacati di fabbrica, un punto sul quale l ’USI già da tempo si batte. Questa la mozione presentata da Giovannetti:
“premesso che i lavoratori delle industrie sono costretti nella grande maggioranza ad essere riuniti per necesstà di lavoro nella fabbrica o nell'azienda, qualunque sia il loro mestiere o professione, la loro categoria o condizione, tutti cooperando ad ottenere un unico genere di produzione:ritenuto che la struttura dell’organizzazione sindacale del proletariato debba essere basata sulla fabbrica o azienda e sull’industria affinchè possa rispondere agli scopi immediati di difesa e di conquista proletaria ed ai fini di emancipazione completa della classe lavoratrice dal dominio economico e politico del capitale;considerato che tale forma di organizzazione operaia basata sulla fabbrica e sull'industria risponde alle esigenze della vita moderna del lavoro e crea di fatto il nucleo operaio produttore e gestore della fabbrica che dovrà compiere il processo storico del passaggio della forma capitalistica di produzione a quella sociale dei sindacati di lavoratori attraverso l ’espropriazione e la presa di possesso delle fabbriche da parte dei sindacalisti;constatato che nelle organizzazioni aderenti all’USI si è già iniziata da tempo un'opera tendente alla trasformazione delle Leghe professionali in sindacati locali e nazionali d ’industria:rilevato però che tale compito, per varie e complesse
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ragioni non è stato ancora completamente assolto, DELIBERA di impegnare formalmente le Camere del Lavoro e le Unioni locali a riorganizzare le Leghe e i sindacati dove non l'hanno ancora fatto, sulle seguenti basi:
A) costituzione del sindacato fra gli operai di ciascuna fabbrica o azienda.
B) aggruppamento locale dei vari sindacati operai di fabbrica per ciascuna industria.
C) Costituzione di un unico sindacato d'industria per quei centri nei quali il numero degli operai di ogni officina o azienda è esiguo
D) adesione di fatto e di diritto nei sindacati locali all'organizzazione nazionale d ’industria conservando l ’autonomia dei sindacati medesimi per ogni e qualsiasi attività e per il movimento che non interessano più industrie diverse o più centri industriali, o che rivestono un carattere generale di classe;
DEMANDA agli organi esecutivi dell'USI l'incarico di far funzionare quei Sindacati Nazionali d ’industria che per ragioni diverse hanno dovuto sospendere la loro attività e di creare gli altri sindacati che raggruppano le forze proletarie d ’ogni industria non ancora organizzate nazionalmente;
APPROVA lo schema di organizzazione dei sindacati allegato alla relazione lasciando la piena facoltà delle organizzazioni locali di adottarlo con quei temperamenti che da esse possono essere reputati necessari”.
La reai tè vede ormai la presa di potere da parte dei fascisti (ottobre 1922) e l ’attività sindacale risulta sempre più difficile, impossibile il semplice riunirsi. Le Camere del Lavoro, le sedi dell’Unione Sindacale Italiana vengono distrutte, i militanti imprigionati o costretti all’esilio.
Ogni attività cessa. La segreteria si riforma in Francia tra gli esuli dove manterrà viva tra i lavoratori fuoriusciti il senso della libertà.
Il sindacalismo libertario e rivoluzionario (anarco- sindacalismo) erede dello spirito della I Internazionale si concretizza dunque (in Italia) nella UNIONE SINDACALE ITALIANA GIUNGENDO A COAGULARE (all’inizio degli anni ’20) 500.000 ADERENTI.
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CONSIDERAZIONI SULLA ESPERIENZA DEL- L'USI
Le imponenti lotte agrarie del periodo tra il 1906 e il 1908 rappresentano il momento che determina il passaggio dal sindacalismo rivoluzionario interno alla organizzazione CGL come minoranza rivoluzionaria (comprendente sindacalisti e militanti politica- mente inseriti in un movimento che va dalla sinistra del Partito Socialista fino agli Anarchici) all’organizzazione alternativa (Comitato di Azione Diretta prima e quindi USI).
Dopo la rottura e l’uscita dei sindacalisti dal PSI, i nuclei rivoluzionari basano la loro strategia sulle Camere del Lavoro come momenti di organizzazione e di lotta; il problema centrale diviene ben presto l ’unità e la fusione tra il proletariato industriale e agricolo; il problema che trae origine da un dato di fatto: i primi anni il sindacalismo rivoluzionario fa presa maggiormente tra il proletariato agricolo che diviene la spina dorsale del movimento e la classe contadina ha un peso nella popolazione attiva dell ’epoca ( contrariamente a quel che avviene in altri paesi). Le lotte del 1913 non diventano un momento di crescita e di conquista di nuovi obiettivi ma rimangono una difesa di conquiste fatte: in sostanza se non come una
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stasi esse vengono interpretate come un arretramento del movimento. La causa è da ricercarsi, secondo un’ analisi degli stessi sindacalisti, probabilmente nel mancato passaggio ad una agricoltura capitalistica; di conseguenza la mancata crescita del movimento indirizza l’opera dei sindacalisti rivoluzionari sul terreno industriale. Tale cambiamento di rotta si delinea nel secondo congresso dell’USI (1913) pur se il proletariato agricolo rappresenta il 38,5 per cento della forza del movimento, mentre i metallurgici rappresentano il 14,2 per cento, gli edili il 26,9 per cento, gli addetti ai trasporti 1 ’8,8 per cento.
Il legame tra proletariato agricolo e proletariato industriale è rappresentato da quella fascia di lavoratori con mansioni meno qualificate all’interno del settore delle costruzioni e il rapporto iniziale dell’USI col proletariato industriale viene provato a Milano e Torino, due grossi centri industriali.
Il tipo di organizzazione, le Camere di Lavoro, è in effetti un modello organizzativo di potere decentrato che propende a rompere le divisioni di categoria e di settore operate dalle federazioni di mestiere sulle quali punta la linea riformista della CGL in modo da ricomporre una unità di base rivoluzionaria e di classe. Il modello organizzativo della Confederazione in effetti, ricalca a grandi linee la struttura fatta dal Capitale, le sue articolazioni in canali produttivi e le stesse forme e metodi di lotta accettano gli schemi di inquadramento proposti dai settori d ’avanguardia del Capitale stesso. Al contrario le Camere del Lavoro rivoluzionarie coagulavano vasti settori dequalificati tendendo a coagulare anche l’altro settore sottoproletario e dei “non garantiti” o “disorganizzati”, i quali* sono un elemento di tensione che non si riconoscono nel sindacalismo della CGL ma anzi lo scavalca: contando su questi settori, i sindacalisti rivoluzionari riescono a produrre continui processi di insubordinazione spontanea. Rappresenta quindi, la Camera del Lavoro, un centro organizzativo di lotte tendenti a organizzare lo sciopero politico generale da cui sor-
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tisce la diretta contrapposizione tra Stato e proletari.Con l’entrata in guerra dell’Italia si determina una
nuova situazione di tipo industriale tanto che si può parlare di controllo dell’economia da parte dello Stato; iniziano una serie di provvedimenti e di ristrutturazioni che innescano un processo di crescita enorme delle strutture portanti dell’industria. Ed è proprio nel settore siderurgico, durante la guerra, che si forma lo strato trainante di classe dell’UNIONE SINDACALE ITALIANA ( ad esempio in Liguria su 60.000 operai ben 20.000 sono organizzati nel sindacalismo rivoluzionario) che in quel momento subisce un calo di aderenti per via della guerra, dello spopolamento e delle campagne e delle industrie non militarizzate; inoltre la crescita significativa dell’USI nel settore diretta- mente impiegato nello sforzo bellico sta a dimostrare un rifiuto diffuso della guerra nella classe operaia che va a praticare il sabotaggio e il boicottaggio della produzione nella convinzione che la guerra è guerra antiproletaria.
E’ nota la posizione dell’USI nei confronti della guerra e del militarismo in generale. La stessa entrata in guerra dell’Italia vede all’interno del movimento sindacalista un settore favorevole all’intervento nella stessa misura in cui, nel 1914, (guerra Tripolina), alcuni teorici si erano fatti interventisti; la posizione maggioritaria, contro la guerra, provoca la scissione degli elementi nazionalistici (o meglio: di una risoluzione nazionalistica della crisi) i quali si troveranno con il Comitato di Mobilitazione Industriale (di cui fanno parte: industriali, esercito, CGL) propenso ad collaborazionismo di classe.
Infine l̂’USI rappresenta l ’unico tentativo in Italia di fondere i due momenti (l’economico ed il politico) in un tu tt’uno che tramite l’omogeneità economica di classe, lo sciopero generale e l’insurrezione va direttamente a porsi come scontro con lo Stato.
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Alberto Meschi
L ’USI NEL SECONDO DOPOGUERRA 1949-1970
Gli antifascisti in esilio, e soprattutto coloro i quali sono costretti al confino, già dal 1943 si accordano di ricostruire (alla caduta del fascismo) un solo sindacato unitario; tale accordo viene preso tra gli esponenti dei partiti, dei movimenti antifascisti e di conseguenza anche dagli anarchici, i quelli rinunciano alla ri- costruzione dell’USI che prima del fascismo ha organizzato mezzo milione di lavoratori. Infatti l’USI (in un ingenuo omaggio all’unità sindacale, unità ta ttica dei vertici, non degli sfruttati) dopo la liberazione si fonde nella CGL unitaria e sarà forse proprio questa fusione che determinerà la fine, la morte dell’ anarcosindacalismo, come movimento organizzato, nel periodo post-bellico fino ai nostri giorni poiché la tanto decantata unità sindacale nel 1947 si frantuma provocando successivamente la nascita CGIL CISL UIL.
Gli anarcosindacalisti dell’USI restano (nel tentativo di un’impossibile unità reale) all’interno della CGIL, socialcomunista, organizzati nella “corrente anarchica di difesa sindacale’’.
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Nel 1950 un pugno di anarco-sindacalisti ricostruisce l’USI, una ricostruzione che fallisce dal momento che solo una esigua minoranza rientra nella rinnovata organizzazione mentre il grosso dei sindacalisti libertari rimane alPinterno della CGL (nella corrente dei “Comitati di Difesa Sindacale); un fallimento che si consuma nel giro di pochi anni e che provoca una sfiducia (tra i più) della militanza del movimento operaio, anche se l’esperimento raccoglie qualche nucleo consistente nelle toriche zone di influenza sindacalista libertaria (Carrara tra i lavoratori del marmo, Genova Sestri tra i metallurgici ecc.) vivendo all’ombra dell’antica forza. La tenacia dunque di qualche vecchio militante riesce solo a mantenere in vita il simulacro dell’Unione Sindacale Italiana che, anziché crescere, negli anni ’50-’60 va ancor più estinguendosi.
Alla fine degli anni ’60 c’è una riscoperta del sindacalismo rivoluzionario da parte di consistenti minoranze proletarie che cominciano a contestare il burocra- ticismo delle centrali “riformiste” criticandone l ’arrendevolezza ed il loro verticismo. Questo avviene sull’onda della “contestazione globale” che nasce tra gli studenti e i giovani per allargarsi poi ai lavoratori che riscoprono le armi della democrazia diretta, l ’organizzazione autonoma di base e l’azione diretta come metodi di lotta per la conquista degli obiettivi proletari. Ma il rilancio dell’azione sindacalista rivoluzionaria non avviene ad opera del barlume di Unione Sindacale Italiana che ancora esiste, bensì avviene per opera dei gruppi e dei movimenti che pur richiamandosi idealmente al Marxismo-Leninismo nella pratica adottano metodi di lotta che appartengono alla tradizione libertaria muovendosi su un piano di rifiuto della delega (“siamo tutti delegati”), di rifiuto del burocraticismo e verticalismo a favore dell’assemblearismo affinchè le decisioni e le lotte vengano prese e portate avanti dagli sfruttati stessi. E’ indubbia la matrice libertaria di tale modo di porsi come è pure nota la partecipazione e l ’adesione di larghi strati libertari della nuova generazione (alla fine degli anni
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’60) a tali movimenti, i quali sulla matrice libertaria cresceranno, si svilupperanno e andranno a parare in tu tt’altre direzioni (politicamente).
Proprio sull’onda della spinta di base operaia ribelle ed antiburocratica avviene qualche tentativo, da parte di gruppi anarchici, di far rivivere l’USI come ad esempio a Milano dove (primavera 1969) viene costituita una “Sezione USI” — Bovisa che collega tra loro alcuni Comitati Unitari di Base (CUB) tra i quali quello attivissimo dell’ATM (tranvieri). Il felice tentativo di Milano e altre zone di incrementare la nascita di un’organizzazione proletaria di base fuori della influenza sindacale, viene interrotto bruscamente dalle bombe del 25 aprile 1969 di cui vengono incolpati ingiustamente gli Anarchici. Da questo momento e durante gli anni successivi ogni sforzo dei lavoratori libertari sarà dedicato alla controinformazione nei luoghi di lavoro per dimostrare e far capire all’ opinione pubblica narcotizzata dalla stampa di regime il perchè delle bombe e dell’accusa agli Anarchici. Uno sforzo enorme che porta al Movimento nuove simpatie; e nel momento in cui l ’opera di controinformazione arriva a dei risultati positivi riaffiora nel movimento la necessità impellente di un’inserimento libertario nelle lotte, di una organizzazione nazionale strettamente anarco-sindacalista.
Rispetto al periodo che va dal dopoguerra ai giorni nostri, oggi non si tratta più di calare dall’alto (o dal di fuori) un’ennesima “rifondazione” dell’USI che servirebbe ben poco se non fosse sorretta da una forza reale; a questo scopo esiste un fiorire d ’iniziative spontanee o organizzate (come i Nuclei Libertari di Fabbrica, il Collegamento Lavoratori Anarchici, chi propugna la rifondazione delle strutture di base come i Consigli di Fabbrica e i CUZ, chi si organizza già in nuclei dell’Unione Sindacale Italiana) sparse lungo tutto il territorio nazionale proiettate alla crescita dell’anarcosindacalismo per sfociare poi, nel futuro, in un movimento di massa, organizzato come lo è stato in passato FUSI. L’azione anarco-sindacali-
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sta non è dunque morta tra i lavoratori italiani tanto che le “deviazioni Anarco-sindacaliste” sono costantemente temute periodicamente denunciate, condannate dai vertici sindacali.
Come USI alla fine degli anni ’60, vengono prese diverse iniziative come ad esempio quella fra i lavoratori del marmo di Carrara dove gli operai libertari in un’assemblea stendono un documento in cui, dopo aver ricordato le lotte di un secolo per la conquista delle otto ore lavorative e poi quelle per la conquista delle sei ore (a Carrara) propongono una discussione fra tutti i lavoratori del marmo per arrivare all’ obiettivo della conquista di cinque ore come giornata lavorativa. Il documento dopo aver analizzato la situazione specifica del carrarese e la fuga di manodopera si sofferma sul sindacato o meglio sul “movimento sindacale”: "... Il movimento sindacale ha finalmente compreso che i suoi compiti e i suoi obiettivi sono più politici (riduzione dell'orario di lavoro, trasporti pubblici, casa, sanità, scuola, partecipazione alla vita aziendale) che, invece, prettamente rivendicativi, inevitabilmente riassorbibili dal sistema...” e, secondo i sindacalisti libertari dell’USI di Carrara, il movimento sindacale ha compiuto il salto qualitativo (“puntando più sulle riforme di carattere strutturale”) che porterà a rivendicare la socializzazione integrale dei beni di produzione: all’autogestione operaia. Naturalmente viene fatta una netta scissione tra Movimento Sindacale e demagogia dei vertici sindacali: questi ultimi alla spinta unitaria delle masse non hanno fatto seguito con una politica sindacale corrispondente ma anzi hanno risposto con una azione “insufficientemente cosciente” nella conduzione delle lotte per i contratti.
Si denota che l’atteggiamento dell’USI carrarese non è di aperta ostilità verso le confederazioni sindacali, non porta avanti il discorso del lottare al di fuori delle mediazioni confederali; ed è comprensibile visto il momento (autunno caldo e scavalcamento proletario delle centrali sindacali CGIL-CISL-UIL) di dure lotte sul territorio nazionale che vedono il proletariato riversarsi
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sulle piazze e agire in prima persona nella conquista dei propri obiettivi. L’analisi continua andando a chiarire il genere delle rivendicazioni proletarie: l ’aumento del premio di produzione, la quattordicesima mensilità, i comitati antiinfortunistici, gli impianti igienici. Pur non essendo richieste sbagliate sono però richieste “zoppe”, facilmente e puntualmente riassorbibili dal sistema: sono “zoppe” perchè si deve avere il meno possibile bisogno dell’ospedaletto sul posto del lavoro o del comitato antiinfortunistico. Occorre quindi individuare l ’obiettivo giusto, obiettivo che rappresenti una conquista inalienabile, cioè non recuperabile dal sistema; tale obiettivo consiste nella riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario (nel caso specifico di Carrara si punta alla giornata lavorativa di 5 ore : infatti già dal 1911 con le lotte anarco-sindacaliste i cavatori avevano conquistato le 6 ore lavorative al giorno). La riduzione della giornata lavorativa si impone non solo per dimezzare gli infortuni sul lavoro ma anche “ ... per tenere il passo con le generali istanze di migliori condi- zini di vita che da tutte le parti del mondo si manifestano, sia nell’ambiente di lavoro, sia fuori di esso, in modo che ognuno possa godere di un maggior tempo libero per dedicarsi con maggiore partecipazione agli avvenimenti culturali, politici e sociali.”
Un altro esempio, oltre a Carrara, è quello di Genova (altra zona di tradizione storica dell’USI) dove “gli Anarco-Sindacalisti dell’USI” (cosi si firmano in una serie di volantini e documenti) sentono la necessità di scuotersi e scuotere il movimento dal torpore in cui vive oramai da molti anni in modo da reinserirsi nella quotidianità delle lotte proletarie : veniamo definitiingenui sognatori. Lo sono piuttosto coloro i quali sperano di poter scardinare il meccanismo capitalista, che va sempre più perfezionandosi, concentrandosi a livello intemazionale, con qualche riforma che non intacca minimamente i rapporti di potere, che non cambia la nostra condizione di sfruttati, ma che è uno strumento nelle mani del capitalismo avanzato, un tentativo di integrarci sempre più nel processo produttivo, il cui
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costo ricade sulle spalle del proletariato stesso...” . E ’ sentito, dunque, l ’impegno della “propaganda contro le illusioni riformiste ed autoritarie, nella organizzazione dei consigli, delle realtà diverse in cui agisce lo sfruttamento (fabbrica, quartiere, scuola, esercito), nella lotta contro il sistema borghese su obiettivi che garantiscono l ’Autonomia Operaia dai tranelli del capitale” .
A differenza dei sindacalisti di Carrara, quelli di Genova puntano alla alternativa libertaria. Ed è una conseguenza logica, rispetto alle posizioni carraresi, poiché ormai i sindacati hanno recuperato quasi tutta la potenzialità rivoluzionaria espressa dalle masse giovanili e proletarie del periodo pre e post autunno caldo.
La propaganda e le lotte degli “Anarco Sindacalisti dell’USI” sono protese a far penetrare nella massa degli sfuttati le lotte contro la differenziazione delle categorie (arma in mano al padronato per dividere ancor più la classe), la coscienza del rifiuto dello straordinario e per l’otteniemnto immediato (invece che a scadenze) della riduzione dell’orario di lavoro (40 ore settimanali). Immersi nelle realtà si muovono all’interno delle medesime propagandando e spingendo su determinati problemi quali la nocività, il cottimo, sulla funzione dei delegati di reparto, sui C.d.F. e sui consigli di quartiere: strumenti originariamente nati dal basso ma recuperati in un secondo tempo sia dai sindacati che dalle autorità civili che li hanno trasformati in cinghie di trasmissione tra i vertici e la base.
Negli anni che vanno dalla rifondazione dell’USI (1950) al 1969 la produzione di lotte in pratica non c’è stata, nel senso che i singoli militanti hanno agito nelle proprie realtà senza aggregare situazioni reali consistenti. E questo fatto è dimostrabile anche scorrendo i bollettini dell’USI (USI: Bollettino d ’informazione, Geno- va-Pegli), ciclostilati che vengono prodotti 3-4 volte all ’anno. La buona volontà dei pochi compagni è tesa, in mancanza d ’altro, a fare della controinformazione sindacale riproponendo scritti di figure storiche come A. Meschi, a informare dei fatti che accadono nel mondo
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(massacri del Congo), a scuotere dal torpore le masse per indirizzarle ad esprimere solidarietà verso gli Anarchici della Spagna franchista come nel caso dell’arresto in Spagna e della condanna di S. Christie. Ed è proprio sui fatti di Spagna che PUSI (soprattutto la sezione di Genova-Pegli) organizza alcuni “convegni antifranchisti” tramite un “Comitato di Liberazione per la Spagna Libera” : chiara dimostrazione di come, da sempre, i lavoratori libertari guardano alla Spagna e all’insegnamento che essa ha dato nella breve “estate dell’Anarchia” del 1936-’39.
In pratica le pubblicazioni dell’USI contengono, oltre agli avvenimenti quotidiani, tutta una serie di articoli storici (dalle “Soluzioni” del congresso di S. Imier alla pubblicazione integrale a puntate di opuscoli tipo “La rivoluzione sociale in Italia”), imperniati sempre in un ambito di discorso libertario in modo da offrire degli strumenti alle masse, strumenti tratti dalla esperienza proletaria.
Nell’azione pratica, oltre alla presenza libertaria in alcune fabbriche (come nell’Ansaldo a Genova), è molto attiva la sezione dell’USI di genova-Sestri la quale organizza e avvicina varie iniziative come la vertenza degli impiegati tecnici licenziati per limiti di età mettendo a disposizione oltre ai locali anche gli strumenti per la lotta (avvocato, stampa, circolazione nel territorio delle notizie). Altro campo di intervento è “la denuncia del malcostume negli “Enti associativi” e la corruzione determinata dalla burocrazia e partitocrazia; in questo ambito vengono denunciate le municipalizzazioni romane e bolognesi dove viene fatta una politica di assunzioni clientelari da parte dei partiti che si dividono la torta.
Nel 1966 in vista del 4° congresso dell’USI i militanti sindacalisti sono impegnati in un dibattito pre-con- gressuale a cui partecipano, oltre ai singoli lavoratori sparsi in tutta Italia, tutte le sezioni presenti nel territorio: USI di Forlì, USI di Carrara, USI di Genova-Pegli, USI di Piombino, USI di Sestri. Argomento base è lo statuto o, preferibilmente, i Principi dell’Unione
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Sindacale Italiana che sono i seguenti fin dalla rifondazione avvenuta nel 1950:
PRINCIPI DELLA UNIONE SINDACALE ITALIANAl a parte
1 - L'Unione Sindacale Italiana, aderente alla A.I.T. (Associazione Internazionale dei Lavoratori) è costituita;2 - L'Unione Sindacale Italiana è l'organizzazione nazionale di tutti i lavoratori del braccio e del pensiero, di ogni sesso e nazionalità residenti in Italia che si propongono di raggiungere con le proprie forze l'emancipazione dell’uomo liberandosi da qualsiasi dominio economico, politico, morale;3 - Essa ha per scopo di sostituire alla presente società autoritaria e capitalista, l'organizzazione federalista e razionale della produzione e della ripartizione, alla lotta fra gli uomini, la solidarietà umana;4 - Mentre tende alla socializzazione dei mezzi di produzione e di scambio, l ’abolizione dello Stato e dei dogma, la Unione Sindacale Italiana si adopera a realizzare per i lavoratori tutti quei miglioramenti materiali e morali immediati: DIMINUIZIONE DELLA GIORNATA LA VORATIVA, A UMENTO DEL POTERE D'ACQUISTO, RISPETTO ED IGIENE SUL POSTO DI LA VORO, ecc. che il proprio rapporto di forza consente per tempo e per luogo;5 - L ’Unione Sindacale Italiana è autonoma. Non è tributaria di nessun partito politico, movimento specifico, filosofico, religioso ecc., e si rifiuta di seguire chicchessia in azioni non concordate, rifiuta ogni alleanza permanente. Si impegna solo per fatti ed azioni limitati e ben definiti; pertanto qualunque aderente che si lasciasse portare candidato politico o di pubblici poteri cessa automaticamente di far parte della Unione Sindacale Italiana;6 - L ’Unione Sindacale Italiana combatte la gerarchia dei salari e stipendi, fattore — tale gerarchia — di disunione tra i lavoratori; non riconosce la scala dei valori, perchè, oltre ad essere una creazione artificiale, essa non può esistere che in una società fondata sull'antago-
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msmo degli interessi;7 - La struttura organica e il funzionamento dell'USI sono di tipo federalista, contrari ad ogni accentramento burocratico e corporativista;8 - Nel caso in cui l'afflusso di elementi eterogenei desse luogo ad una votazione maggioritaria a scopo deviazionista dal carattere originario dell'USI, questa è automaticamente sciolta e la si intende ricostituita seduta stante secondo le norme e lo spirito del presente statuto con diritto esclusivo a tutto il capitale sociale;9 - Qualora una sezione di località o categoria dovesse scioglersi il suo capitale sociale sarà devoluto all'USI e, se l'USI dovesse sciogliersi, il suo capitale sociale sarà devoluto all'AIT;10 - Il presente statuto può essere modificato dal solo congresso nazionale sempre che questo non significhi una deroga dello spirito informatore dei principi del- l'USI.
//“ parte11 - Gli incaricati alle mansioni organizzative per il funzionamento dell'USI, liberamente eletti dagli organizzati, svolgono il loro mandato eseguendo volta a volta i deliberati delle assemblee;12 - Gli organi dell'USI (commissioni di categoria, sezionali, provinciali, regionali, nazionali) sono esecutivi mentre sono deliberativi: le assemblee di categoria e sezionali, i convegni provinciali, regionali e nazionali;13 - Ogni commissione o delegato è organo esecutivo dell’assemblea che lo ha nominato ed esplica solo quelle mansioni di cui è mandatario;14-1 membri della commissione nazionale vengono eletti direttamente dagli organizzati i quali possono sostituirli ogni qualvolta lo ritengono opportuno;15 • La commissione nazionale funge anche da commissione di controllo dell’organo ufficiale dell’USI (giornale);16-11 congresso dell'USI, che avrà luogo ogni anno, viene organizzato dalla commissione nazionale in funzione esecutiva dei deliberati delle assemblee sezionane
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e di categoria;17-11 congresso nazionale può essere inoltre, convocato straordinariamente ogni qualvolta richiesto dalla maggioranza degli aderenti, ferme restando le disposizioni del punto 16:18 - L ’USI trae i mezzi finanzari dal tesseramento;19 -11 capitale sociale dell’USI serve esclusivamente per l'attività sindacale.
Nel dibattito precongressuale da parte della sezione USI di Sestri Ponente viene avanzata la proposta di incentrare l ’incontro su alcuni temi centrali quali:- problemi dei lavoratori, contratti, metodi di lotta, rivendicazioni;- stampa: necessità di pubblicare un giornale “organo dell’USI”;- posizione dell’USI di fronte al flagello della guerra.
La praticità operante che può avere una organizzazione dei lavoratori nel far capire le impostazioni che dovrebbero avere le sezioni di lotta è vista, dai militanti di Sestri-Ponente, come necessità impellente (nel momento in cui tutta la classe è in lotta per i rinnovi contrattuali) che vada al di là della conquista di pochi soldi (subito recuperabili dal sistema stesso); è necessario far capire quali siano le azioni consistenti: togliere le sperequazioni, livellare i salari più bassi alla pari dei più alti determinando in questo modo la “solidarietà fattiva” fra gli sfruttati. Obiettivi da raggiungere impostando la azione diretta e decisa ” ... ed incamminarci verso altri traguardi che ci stanno davanti...”
In questi ultimi anni il movimento libertario ha sempre avuto paura di “sporcarsi le mani” andando a fare dell’interventismo sindacalista assieme alle confederazioni (o come le confederazioni), ha sempre avuto paura di non essere più “purista” accettando un certo terreno d ’intervento. Questo dato di fatto viene affrontato dai lavoratori libertari di Sestri-Ponente i quali fanno notare la loro esperienza d ’intervento nella zona e soprattutto nel caso specifico tra i lavoratori della Bruzzo licenziati: tra questi lavoratori la solidarietà che
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l’USI ha portato, oltre alla presenza nella lotta contro i licenziamenti, ha permesso che un gran numero di persone si avvicinasse e venisse a conoscienza di un modo diverso di fare sindacalismo. Basta, dunque, con lo “stare alla finestra” a guardare giudicando quel che succede attorno (caratteristica di una fase del movimento libertario), occorre essere presenti senza paura di perdere il “purismo” ideologico, occorre che tutte le sezioni si mettano d ’accordo per un intervento unitario non solo di solidarietà ma di pratica, di lotta: “ ... sorge la necessità dell’intervento collettivo — Genova Sestri. Piombino, Livorno, Carrara, Forlì, Roma, Ventimiglia, Bologna, ovunque vi è anche un singolo compagno del- l ’USI. Provvedere simultaneamente e collegialmente di identico materiale a seconda della circostanza...” In pratica i compagni di Sestri-Ponente spingono affinchè da posizioni codiste, L’USI si trasformi in agitatore e trascinatore di situazioni di lotta.
Ma non tutte le sezioni ritengono utile un congresso a breve scadenza (Roma, Ventimiglia) soprattutto a causa della poca chiarezza che vi è tra gli Anarchici in merito all’anarco-sindacalismo. Infatti nell’organizzazione specifica nazionale (Federazione Anarchica Italiana) è prevalente il dubbio che il sindacalismo rivoluzionario possa apportare alle masse l’ideale anarchico (questo campo è ritenuto fattibile solo dalla organizzazione specifica); ne consegue perciò una differente veduta tra i settori libertari circa l ’intervento nel sociale. Da parte degli anarco-sindacalisti si ritiene necessaria l’azione sindacalista poiché se questa mancasse (non apportando tra il proletariato le idee di azione diretta, di rifiuto della delega...) lo stesso ideale anarchico si ridurrebbe solo ad una idea accessibile ad una élite ma al di fuori delle masse: e come è noto solo le masse possono cambiare le proprie sorti (l’emancipazione del proletariato sarà opera del proletariato stesso). Fatta questa chiarezza nel movimento specifico si potrà andare avanti più uniti ed incisivamente.
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SEI DOMANDE AGLI ANARCHICI
1) — E ' il problema operaio fondamentale per la vita del Movimento? Perchè?
2) — Ritieni da un punto di vista pratico ancora valida la lotta sindacale?Perchè?
3) — Ritieni che un sindacato ad ispirazione anarchica, come ad esempio la CNT spagnola, possa dare al Movimento anarchico italiano una maggiore possibilità di penetrazione tra le masse senza venir meno ai principi fondamentali dell’Anarchismo?
4) Ritieni coerente che ogni compagno si occupi del problema operaio aderendo a questo o a quel sindacato?
5) — Ritieni che, nelle condizioni in cui si muovono attualmente le organizzazioni sindacali siano ancora validi — per le masse operaie italiane — i concetti della guerra di classe rivoluzionaria e possibile la fondazione di un'organizzazione sindacale a tendenza soreliana, che ebbe i suoi teorici italiani in Enrico Leone e Arturo Labriola prima maniera in quanto fini ministro del lavoro).
6) — Esaminando le attività che da anni svolgono gli anarco-sindacalisti italiani e le loro pubblicazioni, ritieni siano più vicini a quello che praticano gli anarco-sindacalisti della CNT o a quelle di ispirazione soreliana ?.
Con questa iniziativa dei lavoratori libertari laziali (“ appunti sul Movimento Operaio”) e allargata a tutte le sezioni dell’USI incomincia un altro dibattito per fare, una volta di più, chiarezza di ciò che pensano gli anarchici italiani sulla questione del movimento operaio e il sindacalismo rivoluzionario in un momento, come è apparso nel dibattito precongressuale più sopra riportato in cui all’interno della organizzazione specifica, la FAI, è prevalente la sfiducia nei confronti del sindacalismo: anche in quello libertario.
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In ogni sezione si sviluppa il dibattito e le posizioni risultano pressoché identiche soprattutto per quanto riguarda il primo punto: è fondamentale il problema operaio per la vita del movimento? Certo, è fondamentale. Esso fa parte integrante della vitalità del movimento, su questo sono concordi i sindacalisti libertari i quali si richiamano, per dare più corpo alle loro posizioni, alle deliberazioni del Congresso di S. Imier (1872) e soprattutto al IV punto dei principii. A S. Imier (nello Jura svizzero, zona di tradizioni anarchiche, le cui idee erano diffuse tra i lavoratori degli o- rologi) nel 1872 si riunirono i delegati antiautoritari della Prima Intemazionale per prendere le decisioni in merito al colpo di mano attuato dagli “autoritari” (e specialmente da Marx) i quali, in un congresso all’Aja convocato in gran segretezza e in assenza degli antiautoritari, capovolsero uno dei principi fondamentali dell’Internazionale, quello riguardante 1’“abbattimento” dello Stato: per loro non valeva più 1’“abbattimento” dello Stato ma la “conquista” dello Stato dando cosi origine alla teoria della “dittatura del proletariato”. E’ questa la causa che ha provocato la scissione tra gli autoritari e gli antiautoritari; questi ultimi si riunirono a S. Imier riconfermando i principi antiautoritari che saranno fatti propri dal movimeto anarchico internazionale.
Qui di seguito è riportato il IV punto delle deliberazioni di S. Imier che riguardano il movimento dei lavoratori e a cui si richiamano i sindacalisti deU’USI per spingere tutti gli anarchici ad entrare nel vivo delle lotte e uscire dall’isolamento in cui si sono rinchiusi:
"... la libertà e il lavoro sono la base della morale, della forza, della vita e della ricchezza dell'avvenire. Ma il lavoro, se non è liberamente organizzato, diventa oppressivo e improduttivo per i lavoratori ed è per questo che l'organizzazione del lavoro è la condizione indispensabile della reale e completa emancipazione dell'operaio...'' "... nonostante il lavoro non
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può esercitarsi liberamente senza il possesso delle materie prime e di tutto il capitale sociale, e non può organizzarsi se l'operaio emancipandosi dalla tirannia politica ed economica non conquista il diritto di svilupparsi completamente con tutte le sue facoltà. Ogni Stato, e precisamente ogni governo ed ogni amministrazione delle masse popolari, esercitanti il loro potere dall’alto al basso, essendo necessariamente basati sulla burocrazia, sull’esercito, sullo spionaggio, sui preti, non potranno mai stabilire la società organizzata sul lavoro e sulla giustizia, poiché, per la sua natura stessa, l ’organismo statale è fatalmente spinto ad opprimere questo ed a negare questa. L ’operaio non potrà mai emanciparsi dall’oppressione secolare se allo Stato assorbente, demoralizzante, non sosti tuirà la libera federazione di tutti i gruppi produttori basati sulla solidarietà e sull’uguaglianza...”.
"... Infatti in diversi luoghi si è già tentato di organizzare il lavoro per migliorare la condizione del proletariato, ma anche la minima miglioria è immediatamente assorbita dalla classe privilegiata che continuamente tenta, senza freni nè limiti, di sfruttare la classe operaia. Ma il vantaggio di questa organizzazione è tale che, anche nello stato attuale delle cose non si saprebbe rinunciarvi. Essa fa fraternizzare sempre più il proletariato nella comunità degli interessi, l ’esercita alla vita collettiva, lo prepara alla lotta suprema.
Più ancora, l ’organizzazione libera e spontanea essendo quella che deve sostituire l'organismo privilegiato e autoritario dello stato politico, essa sarà, una volta instaurata, la garanzia permanente del mantenimento dell’organismo economico contro l ’organismo politico. Per conseguenza, lasciando alla pratica della rivoluzione sociale i dettagli dell'organizzazione positiva, noi intendiamo organizzare e rendere solidale la resistenza su larga scala... ”
Nonostante il periodo (inizio anni ’60) di riflusso della classe lavoratrice, un riflusso causato dalla sven
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dita della lotta da parte dei sindacati tramite gli accordi antiproletari col patronato (come nel caso della “giusta causa” nei licenziamenti) che porta un gran numero di lavoratori a stracciare la tessera e disinteressarsi di tutte le questioni sindacali, i sindacalisti libertari vedono nello strato proletario d ’avanguardia (che non si riconosce più nel sindacalismo ufficiale) il soggetto principale con cui aggregarsi sindacalmente in sesnso rivoluzionario.
La conclusione, dunque, è che la “lotta sindacale è ancora valida, anzi maggiormente validissima tenendo conto che i problemi debbono essere affrontati dai lavoratori...”; la lotta operaia, nel suo concetto praticato dagli anarchici, ha una positiva esperienza, che, “molto può influire su quelle forze rimaste sulla breccia. E’ lì che dobbiamo guardare, intervenire con tutte le nostre energie per riscattare i veri diritti della classe lavoratrice”. Per questo la struttura sindacale dell’USI ricalca quella adottata dalla CNT spagnola; essa è l ’organizzazione rivoluzionaria che si pone come coagulo di tutte quelle iniziative come i “Comitati di Agitazione” e i “Comitati di Azione Diretta” che sono sorti per iniziativa di compagni libertari in diverse località del territorio sull’onda di azioni e momenti specifici come la salvaguardia del posto di lavoro. Non avendo tali “Comitati di Agitazione” e “Comitati di Azione Diretta” la possibilità di porsi come momento globale rivoluzionario contro il patronato ma agendo solo in determinate circostanze ed isolati, rimangono sterili perchè non compresi e si esauriscono da sè: da qui la necessità dell’USI come organizzazione che allarghi il fronte delle lotte proletarie e raccolga tutto il potenziale rivoluzionario delle masse senza mettersi in contraddizione coi principi libertari dal momento che non è e non può divenire autoritaria, perchè sono i lavoratori stessi organizzati che prendono le decisioni gestendo in prima persona le lotte e gli strumenti attraverso l’azione diretta.
Dunque un sindacato di ispirazione anarchica non è solo un mezzo valido di penetrazione nella massa
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lavoratrice ma anche di preparazione e formazione cosciente del lavoratore ignaro delle concezioni anarchiche, che gradualmente può acquisirne coscienza fino a divenire parte integrante dell’anarchismo man mano che diventa parte operante del sindacalismo rivoluzionario come lo persegue la Unione Sindacale Italiana: “l ’Unione Sindacale che è risorta dalle macerie fumanti di una immane distruzione, col peso dell’ esilio, carcere, persecuzioni di quanti si sono dedicati alla lotta per la libertà, giustizia sociale del paese e del mondo intero. A farla risorgere sono stati gli stessi militanti della gloriosa USI del passato che ne hanno deciso la ripresa nel 1950 poiché le esigenze della situazione operaia erano prementi come lo sono tu tto ra prementi per una USI maggiormente sviluppata e potenziata, ed è questo uno fra i tanti motivi che determinano la legittimità della esistenza di un’anarcosin- dalismo in un paese capitalistico come l’Italia ove il lavoratore è sfruttato, vilipeso, mortificato ed affronta continuamente la lotta per una totale liberazione dalla schiavitù”.
Da tutto il dibattito fatto nelle sezioni della USI emerge non solo la volontà ma anche l’invito rivolto a tutti gli anarchici italiani affinchè si impegnino nelle lotte quotidiane come nel passato poiché dalle lotte, dal quotidiano, dalla realtà e non fuori di essa l ’idea libertaria trae forza per rimanere ancorata nella massa. In caso contrario diventa un modo filosofico di intendere la vita. Di conseguenza, la sezione Usi di Genova Sestri presenta una mozione, conseguenza del dibattito tra tutte le sezioni e sulla quale i lavoratori dell'USI sono concordi,rivolta al Movimento Anarchico:
TENUTO CONTO che l'interessamento degli anarchici sul movimento operaio è parte integrante, come le altre attività, alla vitalità del Movimento Anarchico;
CONSIDERATO che il sindacalismo da tempo ed attualmente praticato dalle centrali sindacali partitiche, direttamente o indirettamente risulta sulla linea di sfacciato collaborazionismo col capitalismo di Sta-
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to e privato, i quali riflessi portano al completo e graduale svuotamento del Movimento Operaio;
CONSIDERATO per il motivo di cui sopra, l ’impotenza di dette centrali sindacali, l'impotenza appunto che permette l ’intransigenza padronale a raggiungere i propri obiettivi e scopi, imponendo massicci licenzia- meti, sospensioni dal lavoro di forti aliquote di lavoratori ed altre non meno gravi ingiustizie che pregiudicano il diritto umano di vivere a quanti tutto producono;
TENUTO CONTO che il rapporto agli innumerevoli Enti strutturati e surrogati di Stato oggi esistenti è in atto la strumentalizzazione delle centrali sindacali, cosiddette ufficiali, che sono per la loro caratteristica più volte evidenziata sulla stessa linea del triste corporativismo fascista convergente alla concezione di stato o coesistenza dir si voglia così dicasi per i sindacati “autonomi”, determinando una nuova classe di élite sindacai partitica con gravi conseguenze per i lavoratori;
TENUTO CONTO del reale malcontento esistente fra i lavoratori contentativi di insubordinazione e ri- bellione al dirigismo padronale e sindacai partitico;
VALUTATO alla vera luce dei fatti il proficuo operato degli anarcosindacalisti della UNIONE SINDACALE ITALIANA che dal 1950 operano nella vitalità del movimento operaio; volti alla trasformazione integrale dell’attuale società in una dei liberi e degli eguali per opera dei lavoratori stessi, quindi per propria natura fa parte al patrimonio di affinità convergente al potenziamento della F.A.I.;
CONSTATATO che vi sono sintomi di viva espressione e volontà volti a dar vita a sezioni sindacali aderenti alla USI, nelle varie località ove compagni anarchici di già si pronunciano alfa concretizzazione delle loro aspirazioni di anarcosindacalismo, per l ’azione diretta di tutti gli sfruttati;
SI RITIENE che queste delucidazioni ed istanze siano oggetto di dibattito congressuale, non solo ma anche in seguito al quale vi partecipano i compagni
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di tutte le località che si interessano di tale materia; quindi risulta indispensabile che dette iniziative e vive forze acquistino corpo evitando spreco di energie e, a tal uopo si può raggiungere se la FAI predispone gli elementi preparati al coordinamento collegante ed informativo, incoraggiando, suggerendo nel senso positivo, quanti intendono approfondire la partecipazione diretta al Movimento Operaio;
E ' SUPERFLUO sostenere che la stampa anarchica, massimamente l'organo della FAI, dedichi spazio per il movimento operaio, nello spirito di una attività coordinata, penetrante, educatrice alle lotte operaie, anche se provenienti dai compagni dell'Unione Sindacale Italiana — inteso che tutto ciò che non è pubblicabile sia inviato al Bollettino Interno per maggior chiarificazione ed apertura di dibattito sull’argomento al quale possono partecipare tutti i compagni, divenendo in tal modo una palestra educativa di preparazione del militante anarchico.
Su detti punti gli anarchici del Genovesato aderenti all’Unione Sindacale Italiana, sezione di Sestri P., si impegnano col proprio contributo materiale e morale a far sì che l ’operato degli anarchici diventi maggiormente consistente in avvenire: la situazione lo esige, rivendichiamo l'essenza e la vera figura del movimento operaio;
UNITI SAREMO UNA FORZA.
La volontà di un pugno di vecchi militanti della storica USI, continuatori e propugnatori nella difficile situazione post-bellica di un movimento sindacalista libertario (lungi dall’essere quel movimento di massa che si è espresso fino al 1922), vedrà rifiorire alla fine degli anni ’60 quell’azione diretta tra il proletariato dei grossi centri industriali a livello nazionale; nel 1968, alla vigilia dell’autunno caldo ma nel pieno della rivolta giovanile, i vecchi bollettini deinJSI lasciano il posto ad un vero e proprio giornale :**LOTT A DI CLASSE” organo della Unione Sindacale Italiana: in essa già si comincia ad intravedere un salto qualitativo del movimento e questo per la realtà delle situa
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zioni in cui si muove (come nei C.U.B. dell'ATM a Milano, alla Ferrari di Maranello, nelle fabbriche di Sestri...). Un salto qualitativo che verrà (momentaneamente) stroncato dalla caccia all’anarchico che il potere sta preparandosi ad effettuare con le bombe di Milano.
Questa a larghissime linee l’esperienza dell’USI prima e dopo il fascismo fino alla fine degli anni '60. Da questo momento fino ai nostri giorni l’USI è stata superata (nel senso della incisività delle lotte nelle situazioni) da tutta una serie di iniziative autonome (comitati di lotta, CUB, assemblee autonome, Nuclei Libertari di Fabbrica...) radicate nello scontro di classe e tendenti alla creazione di un’area rivoluzionaria, autonoma tra lo strato proletario.
E’ giunto il momento della scelta per i lavoratori libertari: continuare ad essere reggicoda dei vari parti- ni, movimenti, centrali sindacali oppure essere nuovo soggetto aggregante proiettato alla costruzione autonoma libertaria di classe. Sulla scelta di quest’ultimo punto non ci sono dubbi e già da tempo è in atto una serrata discussione per i tempi e i metodi con cui arrivarci.
E questa volta non si comincia col vuoto ma con un bagaglio di esperienze reali.
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Iericomeoggii carabinieri fermano i sovversivi
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Per l’Azione Diretta, mensile, Firenze; giornale anarcosindacalista.
Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe; quadrimestrale, Milano.
COMITATI di difesa sindacale; ciclostilati periodici dell’OCL, Milano.
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INDICE
UNIONE SINDACALE ITALIANA: dalla creazionedell’USI all’avvento del fascismo.1912-1922...............................................................p. 7
CONSIDERAZIONI sulla esperienza della UNIONE SINDACALE ITALIANA.......................... p. 31
L’UNIONE SINDACALE ITALIANAnel secondo dopoguerra. 1945-1970 ..................... p. 35
Fonti....................................................................... p. 55
Bibliografia dell’anarco-sindacalismo.......................... p. 61
Indice.......................................................................... p. 63
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F in i to d i s ta m p a r e n e l m e s e d i a p r i le
p r e s s oL a C o o p e r a t iv a T ip o l i to g r a f ic a
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