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maurizio bolognini – selected works
[post-schermo]
1. Computer sigillati, Atelier de la Lanterne, Nizza, 1997, visione parziale
“Le installazioni di Computer sigillati sono come officine metafisiche, ambienti-processo con centinaia di macchine programmate per generare flussi di immagini inesauribili e lasciate funzionare senza schermo.”
“Il desiderio di creare immagini immense ricorre nella storia dell'arte, ma è irrealizzabile nel tempo di cui dispone l'artista: in queste installazioni l'azione artistica è delegata al tempo infinito della macchina.”
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2. Computer sigillati (dettaglio), 1992-
“Nei Computer sigillati le porte dei monitor bus (le prese per la connessione allo schermo) sono state chiuse con del silicone, rendendole inservibili. Questo impedisce alle immagini – pur continuamente prodotte – di diventare oggetti fisici.”
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3. Computer sigillati. Courtesy Museo Laboratorio di Arte Contemporanea, Roma, 2003
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4. Computer sigillati, Courtesy Istituto Italiano di Cultura, Parigi, 1998
5. Computer sigillati. Courtesy Galleria Neon, Bologna, 1998
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6. Computer sigillati. Courtesy Centro di Arte Contemporanea Ticino, Bellinzona, Svizzera, 2003. (Foto Thomas Banfi)
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7. Computer sigillati. Courtesy Museo di Arte Contemporanea di Villa Croce, Genova, 2005. (Foto Mario Parodi)
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8. Computer sigillati. Courtesy Williamsburg Art & Historical Center, New York, 2003. (Foto Sam Bullock)
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9. Computer sigillati. Courtesy PAN-Palazzo delle Arti, Napoli, 2005. (Foto Gino Gianuizzi)
10. Computer sigillati, installazione all'Istituto Italiano di Cultura, Parigi, 1998 (dettaglio)
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11. Computer sigillati, S. Maria delle Grazie, Ferrara, 1999
12. Computer sigillati. Courtesy Roger Smith Lab, New York, 2006, visione parziale. (Foto Matt Semler)
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13. Computer sigillati (“Muro”), 2016
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[immagini/flussi]
14. Laptop, schermo firmato , 1996, lambda print, cm 27 x 36
“Negli anni '90 firmavo anche gli schermi dei laptop per appropriarmi di qualsiasi cosa potesse apparirvi sopra.”
“Le Interferenze e Flesh erano esperimenti di glitch art in cui manipolavo dispositivi digitali e analogici cercando di provocarneerrori visivamente interessanti. Nella serie Flesh (1989) usavo lo schermo per improbabili alterazioni del corpo, analizzato come attraverso l'apparato visivo di qualche insetto. Nella serie Interferenze (1992-) fotografavo gli schermi di televisori fuori sintonia.”
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15. Senza titolo (Flesh), 1990, lambda print, cm 16 x 24
16. Senza titolo (Flesh), 1990, lambda print, cm 16 x 24
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17. Senza titolo (Interferenze), 1992, lambda print, cm 40 x 60
18. Senza titolo (Interferenze), 1992, lambda print, cm 40 x 60
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19-20. Senza titolo (Interferenze), 1992, light box (off/on), cm 40 x 60
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21-24. Serenità del fuori, installazione di Macchine programmate (IMachines),Sala di Santa Caterina, Arezzo, 2008, visione parziale
“Non mi interessavano le caratteristiche formali delle immagini prodotte da queste macchine, ma il loro flusso, la loro illimitatezzanello spazio e nel tempo.”
“La conclusione a cui ero arrivato è che il mio lavoro è la macchina, programmata e funzionante, e quindi se non è sigillata, e puòessere collegata a un videoproiettore, questaoperazione può essere eseguita anche da altri e con qualsiasi criterio: una voltaprogrammata, la macchina è autosufficiente ecome viene usata non mi riguarda più.” 25. IM#16, 1996
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26-27. IMachine #16 (1996), videoproiezione, Palazzo dei Priori, Arezzo, 2010
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28. IMachines, installazione interattiva (computer, motion detection, videoproiezione). Courtesy Macro, Roma, 2011. (Software con Nicola Saponaro)
29. IM#9, Roger Smith Lab, New York 2006. (Foto Matt Semler)
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30. IMachines. Courtesy Macro, Roma, 2011
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31. Schermologia 7 (Mappe), 2006, collage su pvc, schermo, cm 200 x 300
“Agli schermi collegati alle mie macchine ho sempre fatto molte fotografie e stampe – a matrice di punti, laser o ink-jet –, anche susuperfici diverse: giornali, pagine di libro, mappe geografiche. Si trattava soprattutto di materiale di lavoro, che tuttavia più tardi horiusato in alcune Mappe. Anche queste si possono vedere come delle schermologie – quasi una genealogia degli schermi usati dal 1992 –, oppure come una discarica digitale (il titolo di una serie di fotografie che nello stesso periodo facevo ai cubi di carta da riciclaggio in un impianto dove avevo consegnato una parte di queste immagini).”
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32. Senza titolo (Discarica digitale), 2006, lambda print, cm 25 x 34
33. Schermologie. 2012, progetto di installazione, tecnica mista, cm. 20 x 40
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34. Senza titolo (Mappe), 2002, stampa laser su carta geografica, cm 30 x 40
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35. Senza titolo (Mappe), 2002, collage su poster, cm 40 x 60
36. Senza titolo (Mappe), 2002, stampa laser su carta geografica, cm 50 x 50 x 50,2 el.
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37. Senza titolo (Mappe), 2009, stampa laser su giornale, cm 31 x 43
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38. Senza titolo (Mappe), 2009, stampa laser su giornale, cm 31 x 43
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“E poi ci sono gli specchi, le cui immagini (come quelle dello schermo) si trovano in una zona limite tra materiale e immateriale.”
“A volte usavo anche superfici riflettenti (alluminio, plexiglas, policarbonato) per scomporre il flusso generativo con effetti tridimensionali .”
39. Senza titolo, 2006, lambda print, cm 28 x 25
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40. IMachines, installazione. Courtesy Museo di Arte Contemporanea di Villa Croce, Genova 2005. (Foto Mario Parodi)
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41. Senza titolo (Stanza #11), 2007, incisioni laser su libro (Olanda), cm 28 x 25 x 3
“Stanza #11 è una raccolta di oggetti incisi, graffiati, bruciacchiati dalle traiettorie casuali di un'apparecchiatura laser controllata dalla Macchina #11. Si tratta di libri, riviste, lp, dischi da juke-box, un tavolo, cartoni da imballaggio e altri oggetti presi dal mio studio...”
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42. Senza titolo (Stanza #11), 2009, incisioni laser su libro (Ermitage), cm 35 x 27 x 3
43. Senza titolo (Stanza #11), 2007, incisioni laser su lp, cm 30
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44. Senza titolo (Stanza #11), 2009, incisioni laser su cartone, cm 123 x 100
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45. Senza titolo (Stanza #11), 2009, incisioni laser su fotografie e cornice, cm 30 x 21 x 2
46. Superficie circolare nera (Stanza #11), 2006, incisioni laser guidate dalla IMachine #11, cm 56 x 0,5
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47. Senza titolo (Stanza #11), 2009, incisioni laser su Newsweek e vari oggetti, cm 40 x 50
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48. Senza titolo (Game Addiction), 9 schermi, 2016, ink-jet su vinile, cm 25 x 410, 3 el.
“Game Addiction funziona come una slot machine e come la speculazione finanziaria: c'è lo stesso tipo di esperienza (del caso e del tempo), che consiste nell'affidarsi compulsivamente a eventi casuali futuri.”
“In Game Addiction l'interfaccia mediale è azzerata e ci si può affidare solo al caso e all'istante successivo, come in una scommessa o in un gioco d'azzardo: un computer senza schermo è programmato per scegliere ciecamente un numero prestabilito di immagini e segni, memorizzando ogni x secondi altrettanti istanti del flusso generativo (prodotto da vari software, di periodi diversi). Le immagini vengono quindi ordinate, una accanto all'altra, secondo la sequenza stabilita dalla macchina, e stampatesu fogli di vinile, diventando un'opera che può piacerti o no.”
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“a volte sono come paesaggi intricati e continuamente diversi, a volte sono indecifrabili segni grafici (quasi unascrittura automatica), piccoli incidenti irripetibili che diventano anche progetti di oggetti tridimensionali.”
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49. Senza titolo (Game Addiction), 79 schermi, 2016, ink-jet su vinile, cm 150 x 100
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[video/infovideo]
“Centinaia di macchine programmate per produrre immagini inesauribili e centinaia di persone che disegnavano nell'aria...”
50. Machine Art, 2006-, video
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51. Computer sigillati e video Machine Art, Sala di Santa Caterina, Arezzo, 2008, visione parziale
52. Extratempo, 2014, infovideo (durata illimitata)
“Extratempo fa coesistere i flussi generativi delle Macchine programmate e i flussi video di Machine Art, in cui delle persone disegnano nell'aria.”
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53. Extratempo, 2014, installazione interattiva (computer, motion detection, monitor, videoproiezione), visione parziale. Courtesy Galleria Bonelli, Milano
“forse nell'esperienza soggettiva del tempo si sta delineando un extratempo tecnologico, basato sulla delega dell’azione al tempo infinito della macchina e sulla delega della memoria al tempo circolare di riproduzioni sempre più sofisticate. Naturalmente si tratta di uno pseudo-tempo, un tempo surrogato, allo stesso modo in cui anche la comunicazione a distanza è una forma di presenza surrogata. Sono surrogati perché sostituiscono l'originale ma sono di qualità inferiore.”
“nei 'video' usati in queste installazioni (che chiamo infovideo) il tempo viene frammentato dalla macchina, generando sequenze sempre diverse e imprevedibili, che possono anche essere ripetute e moltiplicate su più schermi.”
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1.6. Extratempo, installazione interattiva (computer, motion detection, monitor, videoproiezione), 2014. Courtesy Galleria Bonelli, Milano
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54. Funerali di Mao, 2011, infovideo (durata illimitata)
“Con infovideo come Tahrir (realizzato usando alcune riprese al Cairo, durante la primavera araba) e come Funerali di Mao (che usa un famoso documentario prodotto dal Partito Comunista Cinese) volevo anche sperimentare la tensione tra queste immaginifortemente simboliche e l'estetica non-simbolica del flusso generativo.”
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55. Funerali di Mao, 2011, infovideo (durata illimitata)
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56. Tahrir, 2011, infovideo (durata illimitata)
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[videosorveglianza/televisione]
57. Altavista (homepage), 1997. Courtesy Artmedia, Università di Salerno
“Altavista non era solo net art (un disorientamento dadaista del senso comune, una mappa su cui avevo scambiato i nomi dei luoghi). Era anche un panopticon personale, dove tutto era osservabile, in tempo reale e on-demand, ed era soprattutto una macchina per la visione.”
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58. Senza titolo (Altavista), 1997, lambda print, diasec, dibond, cm 180 x 100
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59. Horizon 6 (Altavista), 1997, lambda print, diasec, dibond, cm 70 x 150
“Sia in Altavista che in Antipodes c'era una poetica del cyberspazio, ma inteso come nuovo spazio macchinico, di cui studiare le relazioni e le interferenze con lo spazio fisico (come nelmondo rovesciato di Antipodes) o usare le immagini semplificate edeformate (come nei dettagli ingranditi di Altavista).”
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60. Kotel 4 (Altavista), 1997, lambda print, diasec, dibond, cm 180 x 100
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61. 658 secondi (85TH ST NE 06-28-97 12:39:01-12:49:59) (Altavista), 1997, lambda print, diasec, dibond, cm 210 x 300, 7 el.
“In Altavista ogni immagine era etichettata dal proprio tempo, conuna precisione al secondo. Questo consentiva di lavorare anche supiù immagini, ricevute a intervalli di pochi istanti.”
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62-65. 12/19/98 12:32 AM / 10:32 AM / 08:32 AM / 07:32 AM (Antipodes), 1998, lambdaprint, diasec, dibond, cm. 35 x 50 ciascuno
“Il progetto Antipodes era iniziato tentando di capovolgere per un giorno le webcam dell'emisfero australe (allora pochissime), orientandole secondo la mia posizione nell'emisfero nord. Questo riuscì solo in un caso, in Nuova Zelanda (per le altre postazioni il risultato fu comunque raggiunto capovolgendo i monitor usati nell’installazione).”
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66. Senza titolo (Installazione demoscopica). Courtesy Istituto Italiano di Cultura, Parigi, 1998
“Il pubblico osservava il proprio comportamento attraverso sensori radar e contatori elettromeccanici che erano situati in corrispondenza degli oggetti esposti e avanzavano ogni volta che uno spettatore si avvicinava a un oggetto. Nella sala espositiva si sentivano distintamente i click dei contatori.”
“In altri casi questo avveniva attraverso monitor collegati a sistemi di TV a circuito chiuso.”
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67. Re/presentation, progetto di installazione per il Housatonic Museum, tecnica mista, cm 35 x 25, 2014
68. Computer sigillati. Courtesy Leonardi V-Idea, Genova, 1997
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[interattività/comunicazione]
69. SMS Mediated Sublime, installazione interattiva (computer, telefoni cellulari, videoproiezione), Rocca Sforzesca, Imola, 2006. Courtesy Musei Civici di Imola
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70. SMS Mediated Sublime, installazione interattiva (computer, telefoni cellulari, videoproiezione). Courtesy CACTicino, 2003. (Foto Thomas Banfi)
“Pensavo a grandi immagini situate in postazioni diverse, coordinate attraverso la rete telefonica e capaci di evolvere reagendo da sole e istantaneamente a messaggi ricevuti dal pubblico via telefono.”
“Tuttavia non volevo che queste immagini si adattassero semplicemente alle scelte dell'ultimo spettatore, ma che tenessero conto delle scelte di tutti, come in certe tecniche di democrazia elettronica. Volevo sperimentare un’arte generativa, interattiva e pubblica, usando non la semplice interattività ma il decision-making interattivo, cioè la democrazia.”
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71-74 SMS Mediated Sublime, installazione interattiva (computer, telefoni cellulari, videoproiezione), Art Palace, Cairo, 2006. (Foto Khaled Zayan)
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75-77. CIM (Collective intelligence Machine), installazione interattiva (computer, telefoni cellulari, videoproiezioni) in due postazioni diverse, coordinate attraverso la rete telefonica, Genova, 2005. Sito 1: Museo di Arte Contemporanea di Villa Croce (in basso). Sito 2: una strada nel centro di Genova. Courtesy Museo di VillaCroce. (Foto Mario Parodi)
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78-82 Installazioni interattive a Genova (Museo di Villa Croce), a Bologna (Galleria Neon) e al Cairo (Art Palace)
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83. Galerie Depardieu, Nizza, 2006
“I Democratic Blues sono una serie di quadri blu che documentano la sequenza di colori prodotti dall'installazione ICB (Interactive Collective Blue), realizzata collegando alla rete telefonica mobile una macchina programmata per generare variazioni di luce blu (usando il modello di colori RGB). Il pubblico poteva modificare continuamente i valori RGB fino a raggiungere un certo grado di consenso su un ristretto numero di Blu democratici. Ogni quadro di questa serie indica al centro dellacampitura blu il numero di round impiegati per ottenere il consenso del pubblico e i valori RGB del colore rappresentato.”
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84. ICB (Interactive Collective Blu), schema d'interazione
85. Round 131 (72, 125), (Democratic Blues), 2008, stampa ink-jet, cm 33 x 40 x 3
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86. Round 144 (43, 16), (Democratic Blues), 2008, stampa ink-jet,cm 33 x 40 x 3
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“Per le immagini prodotte in tempo reale sul sito thevirtualgallery.org avevo usato l'interattività più comune nell'arte (basata sulla comunicazione verticale spettatore-opera): ciascuno poteva modificare le caratteristiche delle immagini in tempo reale dal proprio computer, e questo naturalmente poteva essere fatto anche collegandosi al website da una galleria.”
87. thevirtalgallery.org, website, 2000. Programma (Java) per generare on line immagini random con caratteristiche stabilite dagli utenti.
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88. thevirtualgallery.org, installazione. Courtesy Centro di Arte Contemporanea Ticino, Bellinzona, 2003. (Foto Thomas Banfi)
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“Le WMachines (o Word Machines, dal 1988) erano macchine programmate per produrre flussi di testo e (più tardi) voci che potevi ascoltare in tempo reale nello spazio espositivo o via internet e radio locali. Potevano funzionare autonomamente, comele IMachines, oppure collegate alla rete telefonica, consentendo al pubblico di integrarne il vocabolario inviando alla macchina messaggi di testo con nuove parole” “La vicinanza casuale delle parole, scritte o pronunciate dal dispositivo determinava continuamente relazioni di senso. Ho fatto molte fotografie agli schermi collegati a queste macchine,limitandomi a volte a cancellarne alcune parole.”
89. WMachines #16-20, 2004, cm 24 x 21 x 3,5
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90. Senza titolo (gettare piazza giallo pensiero), 1992, lambda print, cm 20 x 30
91. Senza titolo (e aggia io), 1994, lambda print, cm 20 x 30
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“Alcuni anni prima avevo fatto altri lavori interattivi usando i caratteri dell'alfabeto: gli Autoritratti interattivi (Interactive Self-Portraits, 1995) erano un lavoro pre-web realizzato postando sui Newsgroup di Usenet un 'autoritratto' in caratteri ASCII (viso, mani e piedi in formato A4), consentendo a chiunque di modificarlo, restituendo il risultato per posta elettronica.”
92-93. Senza titolo (Autoritratti interattivi) (dettagli), 1995, stampa laser su carta, cm 20 x 30 ciascuno
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94. Installazione di WMachines (computer, schermi, altoparlanti), 2004. Courtesy Galleria Neon, Bologna
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[fuori schermo]
“Con l'azione Museophagia Planet Tour avevo coinvolto molte gallerie d'arte, prelevando oggetti (arredi, telefoni, strumenti di misura) e trasportandoli da una galleria all'altra e da un continente all'altro, fino a compiere un completo giro del mondo. Mi interessavano il vuoto delle gallerie e la visione satellitare.”
95. MPT, 1999, stampa su tessuto, cm 110 x 155, 3 es.
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96. Auckland Airport, 1999
97. Museophagia (Galleria Cavellini), 1998, lambda print, cm 30 x 40
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98-101. Museophagia: About Studio, Bangkok, 1999, lambda print, cm 29 x 97, 2 el.; Musée Gauguin, Papeete (Tahiti), 1999, lambda print, cm 29 x 97, 2 el.; Sandra Gering, New York, 1999, lambda print, cm 29 x 97, 2 el.; Air de Paris, Parigi, 1999, lambda print, 29 x 97 cm, 2 el.
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102. Museophagia (Raptus). Courtesy Museo di Arte Contemporanea di Villa Croce, Genova, 2005, visione parziale. (Foto Mario Parodi)
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103. Museophagia (Raptus), installazione al Palazzo Ducale, Genova, 2000, visione parziale
104. thevirtualgallery.org (website), 1999
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105. Oltrearte, Galleria Leonardi, Genova, 1998 (con Angelo Candiano)
“Nel 1997, con Angelo Candiano, ci eravamo rivolti all'Ufficio Internazionale Brevetti Manzoni & Manzoni (scelto per il nome) per registrare la proprietà del termine Oltrearte. Per alcuni anni abbiamo poi fatto 'mostre' in cui esponevamo la scritta Oltrearte insieme con il brevetto, serigrafato su lastre di acciaio lucidato, oppure contrassegnavamo oggetti di largo consumo che poi venivano esposti in grandi centri commerciali. Alcune volte abbiamo anche ceduto il diritto d'uso per una sola opera ad altri artisti, come Daniel Rothbart, e non artisti, come Tullio Regge.”
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106. Brevetto Oltrearte, 1997, serigrafia su acciaio lucidato, cm 26 x 37, 3 es. (con Angelo Candiano)
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107. Oltrearte (terra, aria, acqua, fuoco), 1998, Centro Commerciale Auchan, Venaria Reale, Torino (con Angelo Candiano)
108. Oltrearte, 2016, scritta scorrevole su insegna led programmabile (con AngeloCandiano)
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“Gli E-gouttoirs (dal 1999) sono installazioni visive e tattili: toccandole prendi effettivamente una leggera scossa. Si tratta di oggetti metallici ready-made (scolabottiglie, scale, cancelli, reti per letti...) che collegavo a elettrificatori comunemente usati nei recinti per mucche e cavalli.”
109. E-gouttoir, installazione (scolabottiglie, elettrificatore per recinti), 2000
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