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Antonella Pietta
SOSTENIBILITÀ A SCALA LOCALE E IMPRONTA ECOLOGICA:
CASI DI STUDIO NEL BRESCIANO
DSS PAPERS GEO 01-05
INDICE
1. Premessa ..................................................................................... Pag. 05
2. Le aree di studio ................................................................................ 07
2.1 L’individuazione delle regioni geografiche ................................. 07
2.2 Posizione geografica e principali caratteri socio economici della media Valle Trompia e della media Valle Camonica ......... 17
3. L’Impronta Ecologica ....................................................................... 22
3.1 I caratteri metodologici ................................................................ 24
4. L’Impronta Ecologica della media Valle Trompia e della media Valle Camonica .................................................................................. 33 4.1 Le Fonti e il modello di calcolo ................................................... 33
4.2 I risultati al 2001 .......................................................................... 37
4.2.1 L’Impronta per categorie di terreno ................................. 42
4.2.2 L’Impronta per categorie di consumo .............................. 44
4.2.3 Il confronto con le medie regionale e provinciale ............ 48
4.3 L’analisi diacronica 1994-2001 ................................................... 54
4.4 Alcuni scenari di Impronta Ecologica ......................................... 60
5. Considerazioni conclusive ................................................................. 69
Bibliografia ......................................................................................... 72
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 5
1. Premessa
Dal 1992 l’applicazione degli indicatori riguardanti le tematiche dello
sviluppo sostenibile ha ricevuto un grande impulso, grazie in particolare alla
loro introduzione ufficiale nel corso della Conferenza di Rio de Janeiro su
Ambiente e Sviluppo, che ha così contribuito a dimostrare l’inadeguatezza
di quelli economici tradizionali, quali il PIL, per esprimere fenomeni
complessi rappresentati dall’interazione tra fattori ambientali e socio
economici. Per contro, attraverso gli indicatori riguardanti lo sviluppo
sostenibile, come riportato nel capitolo 8 di Agenda 21, è possibile adottare
un approccio multidimensionale, che sappia integrare le varie tematiche
ambientali, sociali, economiche e istituzionali ai diversi livelli riguardanti i
processi decisionali, gestionali e di pianificazione e alle diverse scale
geografiche (locale, nazionale, regionale e internazionale) in una visione di
medio lungo periodo. Al capitolo 40 di Agenda 21 viene specificato lo
scopo degli indicatori riguardanti lo sviluppo sostenibile, quello di
contribuire, attraverso l’elaborazione di una serie di dati e informazioni, alla
valutazione della sostenibilità dei sistemi di sviluppo sia a scala locale, sia
globale, fornendo una solida base ai processi decisionali delle
amministrazioni. Con la “quantificazione” e la “semplificazione” delle
informazioni vengono inoltre rese più immediate ed agevoli la lettura e
l'analisi delle realtà oggetto di studio e vengono favorite la comunicazione e
il confronto (Musu, Ramieri, Cogo, 1998, p. 5). Attraverso l’utilizzo di tali
indicatori è possibile tentare di individuare la distanza che separa le società
da uno sviluppo effettivamente sostenibile e verso quale direzione si stiano
movendo, ossia se la tendenza è verso un futuro sostenibile o insostenibile,
con il fine ultimo di avvicinare il più possibile i concetti teorici alle
6 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
decisioni quotidiane. Tali indicatori consentono anche di determinare gli
andamenti che dal triplice punto di vista dell’equità, dell’ecologia e
dell’economia si considerano auspicabili e raggiungibili (Moldan, Billharz,
Matravers, 1997, p. 5; Moffatt, 2000, p. 361).
Ai fini di questa analisi, nel vasto panorama degli indicatori ne è stato
selezionato uno aggregato: l’Impronta Ecologica. Gli indicatori aggregati,
detti anche sintetici o indici, aggregano e convertono modelli di utilizzo
delle risorse e fenomeni complessi in un solo valore. Come in generale gli
indici, anche l’Impronta presenta al tempo stesso il vantaggio di essere
molto sintetica e quindi di essere immediatamente percepibile dal
destinatario, ma lo svantaggio di costituire un’ulteriore, e talvolta eccessiva,
semplificazione della realtà. Un punto a favore dell’Impronta è però
costituito dal fatto che è scomponibile (disaggregabile) nei singoli
componenti (Costanza, 2000, p. 342).
Il presente studio si pone due obiettivi principali. Il primo è
rappresentato dal tentativo di giungere a una lettura geografica del territorio
attraverso l’esame di un indicatore sintetico, mentre il secondo è dato dalla
possibilità di evidenziare come l’Impronta Ecologica, che trova in letteratura
ampia applicazione a scala nazionale, per il confronto fra stati, presenti
potenzialità rilevanti anche a scala locale. Il lavoro, svolto sotto la
supervisione del Prof. Giuseppe Staluppi e della Prof.ssa Oria Tallone, si è
avvalso anche dei preziosi suggerimenti del Dott. Giangiacomo Bravo e del
Dott. Marco Bagliani.
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 7
2. Le aree di studio
2.1 L’individuazione delle regioni geografiche
Le condizioni socio economiche di una provincia, nel nostro caso la
bresciana, sono relativamente omogenee, per cui l’analisi non è stata
centrata sulla provincia nel suo complesso, ma si è cercato di individuare
delle aree che presentassero significativi elementi di omogeneità al loro
interno e di eterogeneità con le altre e, al tempo stesso, nelle quali si
potessero identificare delle regioni geografiche “sostenibili”. La regione
geografica sostenibile è infatti considerata da buona parte della letteratura la
dimensione ottimale alla quale è possibile riconoscere i vari sistemi locali e i
loro milieu, come l’insieme delle condizioni socio economiche e naturali che
si sono prodotte, via via sedimentate e dotata di capacità di autoriprodursi e
di garantire la stabilità nel tempo (Dematteis, 2001, pp. 7-8; Dansero, 2001,
p. 32). La regione geografica sostenibile è anche la dimensione alla quale è
possibile realizzare una gestione efficace delle risorse affermando da un lato
i vantaggi competitivi locali e rendendo dall’altro accettabili alla comunità i
costi della sostenibilità.
Le difficoltà insite nel processo di identificazione della regione
sostenibile sono numerose, soprattutto dovute al fatto che essa non sempre
coincide con quella istituzionale e non è delimitata da una precisa linea di
confine. In particolare, assumendo l’integrità dell’ecosistema come obiettivo
primario, le complessità dell’individuazione degli ecosistemi locali, sono
spesso difficilmente superabili. Esse sono infatti legate in particolare
all’identificazione dei confini che derivano dalla contestuale considerazione
delle aree su cui si stendono reti trofiche, elementi abiotici, e cicli
biogeochimici (il ciclo dell’acqua, i cicli erosivi, quelli dei nutrienti quali
8 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
carbonio, azoto, fosforo, quelli degli inquinanti, ecc.) (Vallega, 1995, pp. 62,
138-144, 147-150), generatori di rapporti sinergici tra diversi ecosistemi che
arrivano ad abbracciare l’intero pianeta (Bagliani, Dansero, 2004). Si è
dunque optato per individuare dapprima i vari sistemi locali presenti nella
provincia. A tal fine si è tenuto conto del fatto che il tessuto economico
sociale appare assai fitto per la presenza di aree industriali e urbane che si
mescolano fra loro fino a formare un unicum territoriale. Tale risultato è
dovuto all’evoluzione integrata dei due sistemi, di cui quello industriale si è
rivelato la vera forza trainante, caratterizzato dalla crescita dell’industria
manifatturiera di dimensioni medio-piccole e dalla conseguente diffusione
sul territorio (Lando, Tallone, 2003, p. 551). Successivamente sono state
esaminate le relazioni che si instaurano fra i due moduli: la comunità umana
e gli ecosistemi presenti.
Le variabili socio economiche da considerare nel presente studio come
base di partenza per l’identificazione dei sistemi locali sono state
determinate dall’analisi dell’equazione
I = P x A x T
messa a punto dall’ecologo Paul Ehrlich e dal fisico John Holdren e
pubblicata per la prima volta sulla rivista Science nel 19711.
1 Il calcolo dell’impatto della specie umana sulla biosfera, indicato con I, viene ritenuto il
prodotto di tre grandezze chiave: - P indica la popolazione in termini di dimensione numerica, - A sta per “affluence”, che può essere tradotto in termini di reddito medio pro capite o
di consumo medio o di produzione media pro capite, - T sta per “tecnologia”, con la quale si intende l’impatto per unità di consumo in
termini di qualità tecnica delle merci prodotte, esprimibile ad esempio, in quantità di agenti inquinanti correlati alla produzione e al consumo di una certa quantità di beni materiali (Wackernagel, Rees, 1996, pp. 14-15).
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 9
L’equazione rappresenta un tentativo importante per la valutazione
scientifica dell’impatto della specie umana sulla biosfera, ma si tratta, come
è ovvio, di una semplificazione. Appare comunque chiaramente come gli
impatti di origine umana sull’ambiente naturale non derivino dalle singole
variabili, bensì dalla loro interrelazione e, come conseguenza, gli impatti
non siano attribuibili a una di esse soggetta ad una variazione in presenza di
valori costanti delle altre (York, Rosa, Dietz, 2003, p. 352). E’ possibile
affermare la difficoltà di rilevare a scala locale differenze di T ossia di
efficienza tecnologica, per cui tale variabile si può assumere come
omogenea. Si può invece fare leva su P, attraverso l’analisi diacronica della
dimensione demografica, che consente di individuare quali aree la
popolazione stessa giudica più o meno attrattive e quali più o meno
repulsive. Si può inoltre focalizzare l’attenzione su A, avvalendosi della
distribuzione del reddito pro capite e dei posti di lavoro nell’industria, data
l’importanza che tale settore riveste ancor oggi nel territorio provinciale.
Attraverso l’utilizzo dell’analisi statistica e in particolare dei Cluster
con metodo delle K-Medie2, si è cercato di individuare all’interno della
provincia la presenza di gruppi di comuni con caratteristiche omogenee dal
punto di vista socio-economico. Sono state prese in considerazione 3
variabili standardizzate, che assumono particolare rilevanza tenendo conto
dei possibili impatti sull’ambiente. Esse sono rappresentate da:
l’andamento demografico relativo al periodo 1961-2001, suddiviso in
due intervalli temporali, il primo compreso fra il 1961 e il 1981 e il secondo
compreso fra il 1981 e il 2001;
10 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
il reddito medio pro-capite al 1998;
il tasso di industrializzazione al 2001, determinato dall’incidenza dei
posti di lavoro nell’industria sulla popolazione.
Successivamente con l’utilizzo dei GIS ai risultati statistici riguardanti
le variabili socio-economiche, sono state sovrapposte le caratteristiche
territoriali, focalizzando l’attenzione sulle relazioni fra i diversi aspetti e
giungendo alla suddivisione in 3 gruppi.
Fig. 1 - Cluster per andamento demografico 1961-2001, reddito medio pro-
capite al 1998 e tasso di industrializzazione al 2001.
Il primo gruppo, che comprende quasi la metà dei comuni bresciani,
presenta caratteristiche intermedie, sulle quali non ci si sofferma. 2 L’analisi dei cluster con metodo delle K-medie è una tecnica per la classificazione di
casi o variabili in un numero ridotto di gruppi, da specificare, con l’obiettivo di
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 11
Nel secondo gruppo, si colloca un terzo dei comuni della provincia
bresciana, 68 casi, che evidenzia:
un decremento della popolazione nel periodo 1961-1981, particolarmente
accentuato, con perdite che raggiungono i due quinti della popolazione
residente al 1961, nelle zone montane delle valli, e nel caso della Valle
Camonica sino alla media valle. Alla fase regressiva è seguita una ripresa
nell’intervallo temporale successivo, che ha però interessato solo
marginalmente le aree caratterizzate dal più marcato esodo nel periodo
precedente,
un basso reddito, in media attorno a 11.000 euro pro capite e con punte
minime di 9.000 euro,
un tasso di industrializzazione relativamente poco elevato, pari in media
a circa 150 posti di lavoro nell’industria per ogni 1.000 residenti.
La concentrazione più forte di comuni con queste caratteristiche è ben
visibile nella media Valle Camonica, con l’esclusione di soli tre comuni,
Corteno Golgi, Cedegolo e Lozio; altri raggruppamenti si possono
distinguere, anche se in maniera meno netta e omogenea, nella bassa Valle
Camonica, nelle parti montane delle altre due valli bresciane, la Valle
Trompia e la Valle Sabbia, oltre a un gruppo di comuni della Bassa
occidentale.
All’estremo opposto, nel terzo gruppo, si colloca circa un quinto dei
comuni della provincia (36), che evidenzia:
un importante aumento della popolazione nel primo periodo analizzato,
che in molti comuni del gruppo supera i due quinti, generalmente
affievolitosi nell’intervallo temporale successivo,
un elevato reddito pro capite, attorno ai 15.000 euro,
massimizzare l’omogeneità all’interno dei cluster e l’eterogeneità fra i diversi cluster.
12 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
un alto tasso di industrializzazione, pari in media a 230 posti di lavoro
nell’industria per ogni 1.000 residenti.
Si tratta per lo più di comuni giunti alla saturazione degli spazi, in
particolare per motivi legati alla tradizione industriale, accanto ad alcuni di
più recente industrializzazione, ma si trovano anche alcune tra le più
rinomate località turistiche, oltre al capoluogo e ai centri più popolosi.
L’individuazione di gruppi omogenei dal punto di vista geografico risulta
dunque più difficoltosa rispetto al cluster precedente, anche se si rilevano
concentrazioni importanti nella media Val Trompia e nella media Val
Sabbia.
All’interno dell’ultimo gruppo evidenziato sembra nascondersi una
contraddizione, poiché fra i comuni che si caratterizzano per andamento
demografico inizialmente intenso e successivamente affievolito, redditi alti e
elevata densità industriale, rientrano anche comuni fortemente
contraddistinti dal turismo estivo dei laghi e altri noti per il turismo
invernale. Per spiegare tale apparente contrasto si è rivelata di grande utilità
un’ulteriore suddivisione della provincia in quattro gruppi che tiene in
considerazione solo due variabili: il reddito pro capite e la disponibilità di
posti di lavoro nell’industria.
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 13
Fig. 2 - Cluster per reddito medio pro-capite al 1998 e tasso di
industrializzazione al 2001
Un terzo dei comuni bresciani (68 comuni) presenta bassi redditi,
inferiori a 13.000 euro pro capite, e bassa industrializzazione, con meno di
180 posti di lavoro nell’industria per ogni 1.000 abitanti; essi sono
localizzati in gran parte della Val Camonica, nelle zone montane delle altre
due valli, in una parte della pianura occidentale e nei comuni montani
14 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
dell’Alto Garda. Questo cluster sembra dunque sovrapporsi quasi
perfettamente con il secondo gruppo della Fig. 1, per cui si ha la conferma
che le zone interessate da importanti decrementi demografici sono anche
caratterizzate da scarsa industrializzazione e bassi livelli di reddito.
Un sesto dei comuni (34 comuni) che compongono la provincia si
caratterizza per un’ampia disponibilità di posti di lavoro nell’industria,
superiore a 180 posti di lavoro nell’industria per ogni 1.000 abitanti, a fronte
della quale non si ritrovano però dei redditi elevati. In questo caso non si
rilevano delle concentrazioni territoriali, ma si può comunque evidenziare
come questi comuni siano quasi tutti localizzati nelle immediate vicinanze di
quelli con bassi redditi e bassi tassi di industrializzazione.
Nel terzo cluster si trova circa un quarto dei comuni (48), che si
contraddistinguono per elevati redditi e bassa industrializzazione: si tratta di
quei comuni dove le funzioni turistiche sono particolarmente sviluppate, si
va infatti dal turismo invernale delle località montane legato alla presenza di
impianti sciistici, al turismo estivo delle zone lacuali e a quello termale. A
questi si aggiungono anche il capoluogo e alcuni centri limitrofi, che negli
ultimi anni hanno favorito le funzioni terziarie a scapito di quelle industriali.
Ed è proprio tale cluster che consente di superare la contraddizione a cui si
faceva riferimento poco sopra: l’analisi riportata in Fig. 1 attribuisce uguale
peso alle tre variabili inserite, ossia andamento demografico relativo al
periodo 1961-2001, reddito medio pro-capite al 1998 e tasso di
industrializzazione al 2001 e dato che i comuni con forte presenza di turismo
sono anche “ricchi”, oltre che attrattivi dal punto di vista demografico, ai
fini statistici vengono raggruppati insieme, portando all’erronea conclusione
che siano anche fortemente industrializzati.
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 15
Nel quarto cluster ritroviamo infine i restanti comuni (56), oltre un
quarto del totale, che presentano elevati livelli sia di reddito sia di
industrializzazione. E’ possibile evidenziare delle concentrazioni dal punto
di vista territoriale comprendenti aree con secolare tradizione industriale,
quali la media Val Trompia e la media Val Sabbia, e aree di più recente
industrializzazione, tra le quali spiccano i comuni situati lungo le linee viarie
primarie in direzione est-ovest e parte della Bassa centrale e orientale. Come
molte zone del nord Italia, anche la provincia di Brescia ha infatti assistito
ad un processo diffusivo dell’industria, in particolare manifatturiera, dal
capoluogo e dalle aree con forte tradizione verso le aree circostanti e verso i
più lontani comuni di pianura, sia in seguito a fenomeni di rilocalizzazione
dalle aree centrali verso zone con ampi spazi prima destinati alle attività
agricole, sia per la nascita di nuove iniziative imprenditoriali in loco, con un
conseguente irrobustimento dell’intera struttura industriale (Lando, Tallone,
2003, p. 549).
In seguito alla sovrapposizione, con l’ausilio dei GIS, dei cluster socio
economici esaminati alla base territoriale e dunque ai caratteri morfologici
(rilievi, bacini idrografici, ecc.) e funzionali (i confini amministrativi
comunali, i comprensori, le comunità montane) si è giunti a un’analisi
realistica del territorio bresciano e in particolare all’individuazione di due
“regioni sostenibili” ben definite, nelle quali i caratteri geografici si
sovrappongono quasi perfettamente all’identità socio economica
sedimentata e che si possono dunque considerare dotate di un’elevata
capacità di autoriproduzione: la media Valle Camonica e la media Valle
Trompia. Il confronto fra queste due aree appare particolarmente
interessante considerando l’elevata eterogeneità a livello socio economico
fra i due gruppi, che li colloca agli antipodi nel panorama provinciale.
16 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
Fig. 3 - La collocazione delle due aree oggetto di studio all’interno della
provincia
La prima regione è compresa fra Edolo e Breno-Cividate Camuno
esclusi, in corrispondenza di due fra le strette più notevoli: il salto cristallino
sopra Edolo e il diaframma di calcare mesozoico di Breno, decidendo di
trascurare invece, ai nostri fini, il diaframma permiano-cristallino di
Cedegolo3 (Staluppi, 1996, p. 18); essa è caratterizzata in modo molto
3 Nella media Valle Camonica sono ricompresi i seguenti comuni: Berzo Demo, Braone,
Capo di Ponte, Cedegolo, Cerveno, Ceto, Cevo, Cimbergo, Corteno Golgi, Losine, Lozio, Malonno, Niardo, Ono San Pietro, Paisco Loveno, Paspardo, Saviore dell'Adamello, Sellero, Sonico.
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 17
omogeneo dall’esodo della popolazione, da bassi redditi e da un basso tasso
di industrializzazione. La media Valle Trompia, situata in prossimità del
capoluogo, è invece compresa fra Marcheno, dove cominciano ad affiorare
le dolomie del Trias superiore, e Villa Carcina4; essa si distingue per una
forte attrazione demografica nel primo periodo considerato, diventata molto
blanda nel secondo periodo a causa della progressiva saturazione degli
spazi, un elevato reddito e un’ampia disponibilità di posti di lavoro
nell’industria.
2.2 Posizione geografica e principali caratteri socio economici della media Valle Trompia e della media Valle Camonica
La Valle Trompia è compresa fra i 45°55'N del Dosso Betti, del M.
Crestoso e del M. Fra, i 10°25''E del Dosso Alto, i 10°07'W di Polaveno e i
45°35'S di Nave. La Valle è totalmente percorsa dal fiume Mella, per circa
40 Km dal Giogo del Maniva fino allo sbocco in pianura alle porte di
Brescia. Notevoli sono le valli confluenti, di cui le più importanti quelle di
sinistra, che, da monte a valle, sono: la valle di Marmentino, di Lodrino, di
Lumezzane e di Caino; non che a destra manchino valli confluenti, ma sono
certamente più ripide, più brevi, meno abitate, meno importanti, e solo
qualcuna un po’ notevole per il passaggio dalla Val Trompia al Sebino
(Nangeroni, 1958). Lo spartiacque verso N-W e verso W, che separa il
bacino della Val Trompia da quello della Val Camonica, è abbastanza ben
definibile e passa attraverso il Giogo della Bala, 2201 m, il M. Frà, 2180 m,
il M. Muffetto, 2060 m, il M. Guglielmo, 1949 m, diventando poi meno
definibile. Verso E la Val Trompia è separata dalla Val Sabbia attraverso
4 Fanno parte della media Valle Trompia i comuni di: Gardone V. Trompia, Lumezzane,
Marcheno, Sarezzo e Villa Carcina.
18 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
una linea che unisce il M. Ario, 2755 m, il M. Palo, 1462 m, il M. Prealba,
1270 m, il M. Pino, 806 m, il M. Ucia, 1169 m (Villa, 1980).
La parte della Valle qui in esame, la media Valle Trompia, vanta una
plurisecolare tradizione industriale nella lavorazione del ferro. I fattori che
favorirono lo sviluppo di tali attività furono principalmente la disponibilità
di forza motrice e di combustibile, la vicinanza delle materie prime e la
presenza di un particolare tipo di manodopera, legato alla cultura diffusa nel
territorio. Per quanto riguarda il primo fattore citato, la maggior parte delle
officine era dislocata lungo il corso d’acqua principale e lungo gli affluenti,
dove, mediante la creazione di canali di derivazione, si originavano rapide
cadute d’acqua capaci di muovere le grosse ruote di legno e dunque di
azionare macine, magli e folli. La presenza di materie prime in loco evitava
di sopportare la lentezza dei trasporti e gli elevati costi ad essi legati, mentre
il combustibile, dato dalla legna e dal carbone da essa ricavato, era
indispensabile nei forni fusori e nelle officine (AAVV, 1981; Simoni, 1994).
I lavoratori della Valle hanno sempre avuto l’”ossessione del lavoro” quale
unico strumento di sopravvivenza individuale e di emancipazione sociale ...
e una notevole abilità manuale, che gli ha permesso di intraprendere in
modo continuo nuove attività e nuovi mestieri (Fontana, 1995). Nel secondo
dopoguerra i comuni della media Valle formavano un apparato industriale
molto forte, che attraeva lavoratori dalla vicina alta Valle, inizialmente come
pendolari e successivamente, dato il perdurare della crisi delle tradizionali
attività minerarie ed agro-silvo-pastorali nell’area montana, come residenti.
La forza attrattiva dell’industria valtrumplina era tale da spingersi anche alle
zone economicamente più disagiate della provincia bresciana, e addirittura
al Mezzogiorno. Il motore di tali trasformazioni è dunque di natura
economica: innanzitutto un’occupazione remunerativa, a cui consegue uno
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 19
stile di vita più agiato, in località densamente popolate, non lontane dalla
città, con facile accessibilità ad un’ampia gamma di servizi scolastici e
culturali. L’industria manifatturiera rimane l’attuale settore trainante,
contraddistinta dalla forte etica del lavoro della popolazione, dall’attenzione
alle tecnologie di processo, da cui sono derivati flessibilità produttiva,
qualità dei prodotti e prezzi competitivi (Provasi, 1999, p. 42), oltre che dai
caratteri stessi del distretto industriale, rappresentato da un fittissimo
reticolo di piccole e piccolissime aziende del comparto metalmeccanico. Gli
ultimi anni mostrano una tendenza alla deindustrializzazione attraverso
delocalizzazioni produttive in altre aree del bresciano, soprattutto la
Franciacorta e la Bassa e anche all’estero, in particolare nei paesi dell’Est e
in Cina. Tali fenomeni sono imputabili a una serie di concause, fra le quali il
livello di saturazione ormai raggiunto per il progressivo esaurirsi degli spazi,
le carenze infrastrutturali, con il conseguente allungamento dei tempi per
raggiungere le principali arterie, oltre all’elevato costo della manodopera
rispetto ad altri stati. A queste si aggiunge il fatto che trattandosi di aree
altamente specializzate in alcuni comparti del manifatturiero, il sistema di
piccole imprese che si caratterizza per le relazioni infrasettoriali e
intersettoriali e per un’elevata divisione del lavoro fra imprese e circolazione
di informazioni, ha anche un elemento intrinseco di debolezza legato alle
crisi di settore (Doccioli 2001, p 61).
“La posizione assoluta della Valcamonica si pone fra i 45°48’N,
10°06’E di Pisogne, i 46°18’N del Passo Gavia ed i 10°35’E del Passo del
Tonale. Dal punto di vista amministrativo confina a nord con la provincia di
Sondrio, ad est con la provincia di Trento, a sud resta in provincia di Brescia
e ad ovest con la provincia di Bergamo. La posizione relativa è favorevole
20 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
soprattutto a sud per la vicinanza all’alta pianura padana, da cui la separa il
Sebino. Più disagevole a nord per lo sbocco in Valfurva, attraverso il Passo
di Gavia, 2.621 m, meno a nord est per lo sbocco in Val Vermiglio – Val di
Sole, attraverso il Passo del Tonale, 1.883 m. … La Val Camonica si allunga
in prevalenza trasversalmente al tronco centrale della catena alpina per circa
85 Km, dalle vette estreme del Gruppo Cevedale dell’Adamello fino alla
conca d’Iseo … La Valle è percorsa dal fiume Oglio, il quinto fiume italiano
per lunghezza, che nasce dal Corno dei Tre Signori (Cevedale) e dal Passo
del Gavia” (Staluppi, 1996, pp. 19-20).
Anche l’industria manifatturiera della media Valle Camonica vanta una
tradizione plurisecolare legata alla possibilità di sfruttare le risorse naturali
presenti in loco, in particolare l’acqua e i combustibili. A differenza di
quanto visto per la media Valle Trompia, il sistema produttivo camuno è
interessato da decenni da varie forme di sofferenza, da ricercarsi in una serie
abbastanza complessa di variabili, sia di ordine esterno, sia di ordine interno.
Tra le prime si evidenziano la fase di trasformazione e riconversione
che ha interessato l’industria su scala nazionale, (ad esempio con la
riorganizzazione del ciclo integrale della produzione dell’acciaio sin dalla
metà degli anni settanta) e la conseguente crisi di alcuni comparti produttivi,
quali il siderurgico e il tessile,
Tra le cause di ordine intrinseco si possono ricordare:
- la scarsa polisettorialità, con una specializzazione produttiva molto spinta
nei settori metallurgico, siderurgico (in particolare nei comuni a valle di
quelli oggetto di studio), chimico, tessile, abbigliamento e confezionamento,
tutti settori maturi, a basso valore aggiunto e caratterizzati in quest’area da
poche innovazioni di prodotto e di processo,
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 21
- la mancanza di un adeguato supporto di infrastrutture e di servizi. In
particolare le strozzature della viabilità primaria che dal Sebino conduce in
Valle Camonica originano pesanti allungamenti dei tempi di percorrenza e
conseguenti aggravi dei costi (solo nel 2004 è stata aperta al traffico una
nuova arteria a sud dell’area oggetto di studio),
- l’insufficiente e inadeguato ricorso a tecniche e strumenti di tipo
innovativo, sia nell’industria, sia nel terziario.
Alla crisi del settore industriale sono seguiti processi di
deindustrializzazione e di delocalizzazione, inizialmente verso il fondovalle
e successivamente anche verso paesi esteri a basso costo del lavoro. Tale
processo è stato spesso tamponato parzialmente con interventi di puro
assistenzialismo volti a contrastare la tendenza a localizzare l’industria
lungo il fondo valle (Tallone, 1996, pp. 55-67). Vi sono stati anche
interventi mirati di riconversione produttiva e di riassorbimento
occupazionale di alcuni siti industriali in parziale o totale abbandono.
Spesso sono stati sostituiti da attività produttive artigianali e, più in
generale, di piccole dimensioni, che hanno però compensato solo in parte il
declino delle industrie di dimensioni medio grandi. Si segnalano inoltre
interventi di più ampio respiro che agiscono su vari fronti: riqualificazione
dei comparti manifatturieri esistenti, riconversione dei settori economici non
competitivi, protezione e riqualificazione ambientale (Tallone, 1996, pp. 70-
71). Alla crisi industriale ha fatto seguito anche lo spopolamento della
popolazione residente, diretta soprattutto verso il fondovalle. Nonostante le
difficoltà l’industria camuna presenta però ancora un forte radicamento
sociale e culturale con il territorio, anche per il patrimonio di conoscenze e
tecnologia stratificato nel tempo (Tallone, 1996, p. 68).
22 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
3. L’Impronta Ecologica
L’Impronta Ecologica (IE) è un indicatore sintetico che misura l’area
totale di ecosistemi terrestri e acquatici, detta anche area ecologicamente
produttiva, o biocapacità, richiesta per produrre le risorse che la popolazione
umana consuma e per assimilare i rifiuti che produce. L’IE è stata introdotta
da Wackernagel e Rees presso la University of British Columbia in Canada
nella prima metà degli anni ’90.
L’analisi dell’IE fornisce uno strumento di calcolo per la stima del
consumo di risorse e dell’assimilazione di rifiuti da parte di una determinata
popolazione umana o di una determinata economia e permette di esprimere
queste grandezze in termini di superficie di territorio produttivo
corrispondente. Attraverso l’applicazione di tale metodologia si può così
tentare di costruire risposte per quesiti riguardanti, ad esempio, quanta
“natura” viene utilizzata da una popolazione per i propri consumi, la
dipendenza della popolazione considerata da risorse presenti altrove, la
capacità di assorbimento di rifiuti dei “sistemi ecologici comuni” e la
possibilità che la produttività della natura possa soddisfare le necessità della
crescente popolazione. Se si prescinde dalle eventuali importazioni ed
esportazioni di servizi naturali, il valore dell’IE indica se e a quale livello di
gravità la popolazione locale utilizza i servizi naturali locali a tassi superiori
a quelli di erogazione. Essa individua dunque il grado di dipendenza
dell’uomo dagli ecosistemi, poiché mette in luce di quanto l’umanità sta
vivendo al di sopra dei mezzi naturali di cui dispone. L’obiettivo finale
diventa la riduzione dell’IE del territorio considerato, finché i tassi di
fruizione delle risorse naturali eguagliano i tassi di erogazione. Tale livello
rappresenta la condizione necessaria e sufficiente per la realizzazione della
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 23
sostenibilità ambientale a scala locale (Bagliani, Ferlaino, 2003, p. 47;
Deutsch et al., 2000, p. 352). Attraverso l’IE è inoltre possibile individuare
quelle regioni geografiche che considerate singolarmente potrebbero
risultare sostenibili in termini di prelievo di risorse naturali e di immissione
di rifiuti nel proprio territorio. L’Impronta consente infatti di allargare
l’orizzonte e di individuare se dietro alla sostenibilità locale si celi
un’insostenibilità globale, determinata dall’importazione di risorse da altre
zone e dall’esportazione di inquinanti verso altre località. In ultima analisi,
l’IE viene considerata da larga parte della letteratura uno strumento che
consente di “calibrare” il modello di sviluppo socio economico a partire
dalle risorse proprie di un determinato territorio.
Il concetto di Impronta Ecologica è strettamente legato a quello di
Capacità di Carico (Carriyng Capacity). La Capacità di Carico rappresenta
la popolazione massima di una determinata specie che può essere supportata
da un territorio senza comprometterne in modo permanente la produttività.
L’Impronta Ecologica corrisponde alla quota di Capacità di Carico di cui si
è appropriata la popolazione umana residente nell’area considerata. L’analisi
dell’IE inverte in un certo senso il concetto di Capacità di Carico, poiché
non si considera la massima popolazione umana che un’area può supportare,
bensì la stima dell’entità dei servizi naturali, in termini di territorio
ecologicamente produttivo, utilizzati dalla popolazione residente in una
determinata area, indipendentemente dal fatto che la superficie utilizzata
coincida o meno con quella su cui la popolazione vive (Bagliani, Ferlaino,
Procopio, 2001, p. 11).
24 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
3.1 I caratteri metodologici
L'IE presenta caratteri simili a quelli di tutti gli indicatori: si tratta di un
modello che mira a rappresentare la realtà in maniera molto semplificata e
non la può quindi riprodurre esattamente (Farinelli, 2003, p. 25) e mostra un
margine non eliminabile di soggettività, che deriva in particolare dalla scelta
dell’oggetto da sottoporre ad analisi e dunque dall’attribuzione di
importanza a un aspetto del problema piuttosto che ad un altro (Sachs,
Loske, Linz, 1997, p. 37). A questo consegue una serie di punti di forza e di
criticità.
La letteratura attribuisce all’IE numerosi aspetti positivi:
• fornisce un messaggio chiaro, elemento fondamentale sia per gli
amministratori sia per il pubblico in generale,
• il calcolo è relativamente semplice e include non solo i consumi
famigliari, ma anche quelli derivanti dal settore terziario,
• la maggior parte dei dati è disponibile a differenti scale geografiche,
• è applicabile a casi concreti, e questo ne spiega il considerevole utilizzo
in letteratura (Moffatt, 2000, pp. 359-360),
• è molto utile per individuare la complementarità e l’interdipendenza fra
variabili naturali e socio economiche (Deutsch et al., 2000, p. 352),
• l’aggregazione dei dati è scomponibile per tutte le categorie, di consumo
e di terreno, utilizzate, consentendo un’analisi integrata.
I principali limiti imputati sul piano metodologico all’indicatore sono i
seguenti:
• vi sono dubbi sul fatto che l’unità di misura utilizzata, l’ettaro
equivalente, possa essere la misura più adeguata,
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 25
• si tratta di una misura statica, a fronte degli ecosistemi, sistemi complessi
e soggetti ad adattamenti discontinui, non lineari,
• ignora il ruolo del cambiamento tecnologico,
• viene espresso in termini di stock e non di flussi,
• non offre suggerimenti di policy, tranne per la riduzione della
popolazione o dei consumi pro capite (Moffatt, 2000, pp. 359-360; Deutsch
et al., 2000, p. 352).
Il metodo di calcolo si basa sui consumi medi della popolazione,
partendo dal presupposto che ad ogni unità materiale o di energia consumata
corrisponda un’estensione di territorio che garantisca l’apporto di risorse e
l’assorbimento delle emissioni. Vengono considerate cinque macro categorie
(ripartite in vari sotto-raggruppamenti) di consumo:
• alimenti,
• abitazioni,
• trasporti,
• beni di consumo,
• servizi.
ogni categoria comprende sia consumi diretti sia quelli indiretti, ossia
incorpora l’energia necessaria alla loro realizzazione.
Ad ogni categoria di consumo vengono fatti corrispondere uno o più
tipi di utilizzo di territorio ecologicamente produttivo, che si suddivide in sei
categorie:
• terreno per il consumo di energia: esistono diversi tipi di approcci per
convertire il consumo di energia fossile (il cui utilizzo eccessivo e poco
efficiente costituisce una delle principali cause delle elevate IE che
caratterizzano i paesi industrializzati) in una superficie corrispondente di
26 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
terreno produttivo, ma il metodo con la più bassa IE è quello relativo al
calcolo della superficie necessaria per assorbire la CO2 emessa dalla
combustione dei combustibili fossili. Tale metodo consente inoltre di
centrare il calcolo della componente energetica dell’IE sul problema
dell’effetto serra.
• terreno agricolo: terreno utilizzato continuativamente per funzioni
agricole, quali orti, serre, terreni arabili, ossia per la produzione di derrate
alimentari e di prodotti non alimentari di origine agricola.
• pascoli: terreno utilizzato per il pascolo e quindi per la produzione di
carne, latticini, uova, lana, e di tutti i prodotti derivati dall’allevamento, ecc.
• foreste: area dei sistemi naturali modificati per la produzione di legname.
• superficie edificata: terreno considerato inutilizzabile in quanto non più
biologicamente produttivo, utilizzato per fini residenziali, industriali, terziari
e per le infrastrutture.
• superficie marina: superficie necessaria per la crescita delle risorse ittiche
consumate.
E’ stato inoltre calcolato che il 12% della superficie terrestre dovrebbe
rimanere intatta per consentire la conservazione della biodiversità.
Inizialmente l’IE veniva espressa in ettari, il metodo è stato in seguito
affinato, con l’introduzione di un’operazione di normalizzazione che
consente di pesare le aree dei differenti tipi di terreno in base alla loro
produttività media mondiale e dunque di rendere tra loro comparabili gli usi.
Attualmente il calcolo viene effettuato per ettari equivalenti5 e rappresenta
dunque l’area equivalente che sarebbe necessaria per produrre, su un terreno
caratterizzato da una produttività uguale alla media mondiale, la quantità di
5 un ettaro equivalente è pari a 0,3 ha di terreno arabile, o 0,6 ha di foresta, o 2,7 ha di
pascolo, o 16,3 ha di superficie marina.
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 27
biomassa effettivamente usata dalla popolazione considerata. Accanto al
vantaggio derivante dalla comparabilità fra le diverse tipologie di terreno,
l’operazione di normalizzazione presenta un limite derivante dalla
trasformazione di superfici reali in superfici equivalenti: mentre nel primo
caso viene misurata l’area effettivamente utilizzata dalla specie umana,
senza distinguere fra le diverse produttività, nel secondo viene stimata
l’appropriazione della produzione primaria netta da parte della specie umana
(Wackernagel, Rees, 1996, pp. 85-93; Chambers, Simmons, Wackernagel,
2000, pp. 77-83; Bagliani, Ferlaino, Procopio, 2001, p. 13; Bagliani,
Ferlaino, 2003, pp. 21-22).
Per calcolare l’Impronta Ecologica di una determinata regione è
necessario procedere come di seguito:
- calcolo dei consumi medi Cn (espressi in Kg/anno) per ogni bene o
prodotto n consumato dalla popolazione residente;
- calcolo della superficie Sn (espressa in ha) necessaria per la produzione
del bene n, ottenuta dal rapporto fra il consumo medio annuale di quel bene
Cn e la sua produttività media annuale pn, (espressa in Kg/anno), che deve
essere comprensiva anche della quantità di sostanze inquinanti che possono
essere assorbite da un ettaro di terreno produttivo: Sn = Cn / pn
- calcolo dell’Impronta Ecologica F (espressa in ha), determinato dalla
sommatoria di tutti i contributi delle diverse superfici Sn relative a tutti gli n
beni consumati. Al valore così ottenuto si sottrae un 12% di terreno per
ecosistemi, considerata l’area minima indispensabile per preservare la
biodiversità;
- calcolo dell’Impronta Ecologica pro capite f (espressa in ha/persona),
dato dal rapporto fra l’Impronta Ecologica totale F e la popolazione P
presente nella regione in esame: f = F/P;
28 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
- calcolo della superficie equivalente: moltiplicando le aree dei sei diversi
tipi di terreno per i pesi proporzionali alla loro produttività media mondiale,
si ottengono l’Impronta Ecologica E espressa in ha equivalenti e l’Impronta
Ecologica pro capite e espressa in ha equivalenti pro capite (Bagliani,
Ferlaino, 2003, p. 22).
A questo punto si costruisce una matrice dove le righe riportano i
consumi e le colonne gli usi del territorio. E’ importante sottolineare che i
dati riflettono non solo le superfici direttamente occupate dai consumi
individuali, ad esempio terreno su cui sorge un’abitazione, comprensivo
della quota di area urbana occupata per le infrastrutture, ma anche il terreno
usato per la loro produzione e mantenimento, quale terreno per l’energia
necessaria alla produzione dei mattoni, terreno per l’energia necessaria per il
riscaldamento, ecc. Un’analisi completa dovrebbe inoltre tener conto della
superficie biologicamente perduta a causa di contaminazioni, radiazioni,
erosione, salinizzazione.
Tab. I - L’IE degli italiani (1993)
categorie di consumo
terreno per energia
terreno agricolo pascoli foreste superficie
edificata mare Totale
alimenti 0,15 0,26 0,55 0,03 0 0,9 1,89 abitazioni e infrastrutture 0,26 0,13 0,04 0,43
trasporti 0,36 0,02 0,38 beni di consumo 0,2 0,01 0,07 0,28 servizi 0,13 0,13 totale 1,1 0,27 0,55 0,23 0,06 0,9 3,11 Fonte: Wackernagel, Rees, 1996, p.166.
L’IE di una determinata popolazione si ottiene sommando i terreni
richiesti da ogni tipo di consumo e di scarto. Essa dipende da numerosi
fattori, tra i quali la popolazione intesa in termini numerici, i redditi medi, i
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 29
consumi pro capite, l’efficienza tecnologica, e rappresenta la superficie di
terreno necessaria per quella popolazione, che non sarà dunque più
disponibile per altri. Per molte città l’IE coinvolge una superficie ben più
vasta dell’area occupata fisicamente e per i paesi industrializzati va ben oltre
i confini dei singoli stati, per cui il duplice obiettivo da raggiungere può
concretizzarsi da un lato nella riduzione al minimo delle importazioni di
risorse naturali e dell’esportazione di rifiuti e dall’altro nell’ampliamento
della salvaguardia dei beni naturali.
Al fine di effettuare una stima del livello di sostenibilità/insostenibilità
ambientale, l’IE viene raffrontata alla biocapacità, ossia all’estensione di
territorio ecologicamente produttivo presente nell’area, che rappresenta la
capacità potenziale di erogazione di servizi naturali a partire dagli
ecosistemi locali. La biocapacità è data dalla produzione aggregata dei
diversi ecosistemi appartenenti all’area designata, che vanno dalle terre
arabili ai pascoli alle foreste, alle aree marine produttive e comprende, in
parte, aree edificate o in degrado. Essa dipende sia dalle condizioni naturali,
sia dalle pratiche agricole e forestali dominanti. Quando l’offerta locale di
superficie ecologica risulta inferiore alla richiesta della popolazione locale si
parla di deficit ecologico: i consumi di risorse naturali sono superiori ai
livelli di rigenerazione degli ecosistemi locali e si ha dunque una situazione
di insostenibilità ambientale (Bagliani, Ferlaino, 2003b, pp. 151-152). Il
confronto fra Impronta Ecologica e capacità biologica locale consente
dunque di evidenziare l’entità dei servizi utilizzati in eccesso o in difetto e
conseguentemente di definire e conteggiare le importazioni (esportazioni) di
servizi ecologici, che si traducono in importazioni (esportazioni) di
sostenibilità ambientale (Bagliani, Ferlaino, 2003, p. 34).
30 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
Fig. 4 - Deficit e surplus ecologico nazionale, in ha equivalenti pro-capite,
2000.
Fonte: elaborazione su dati UNEP-WCMC, WWF, Global Footprint
Network, 2004.
Nel grafico vengono evidenziati, a titolo di esempio, alcuni dei casi più
significativi dell’analisi dei deficit ecologici nazionali riportata dal Living
Planet Report 2004, la più recente delle pubblicazioni della serie Living
Planet, che analizzano gli impatti antropici sul pianeta terra. Tale studio
conferma quanto già sottolineato: gli stati con un deficit ecologico pro capite
elevato, superiore a 2 ha equivalenti pro capite, sono infatti tutti
industrializzati. Gli Stati Uniti e gli Emirati Arabi Uniti sono fra i paesi con
la più elevata IE pro capite, fra 9,5 e quasi 10 ha equivalenti pro capite, ma
-10,0 -8,0 -6,0 -4,0 -2,0 0,0 2,0 4,0 6,0 8,0 10,0 12,0 14,0 16,0 18,0 20,0
Gabon
Australia
Canada
Brasile
Argentina
Namibia
Angola
Romania
Cina
Messico
Estonia
Italia
Germania
Giappone
USA
Emirati A. U.
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 31
mentre gli Stati Uniti presentano una disponibilità ecologica notevole, negli
altri due casi la biocapacità è molto ridotta. Per contro, gli stati con un
surplus ecologico superiore a 2 ha appartengono all’area del sottosviluppo,
con l’eccezione di Canada e Australia; tutti si caratterizzano per la bassa
densità di popolazione e per la vasta bio disponibilità.
I paesi con un deficit ecologico percorrono, spesso
contemporaneamente, due strade:
- la compromissione della capacità ecologica nazionale,
- l’importazione della capacità ecologica dai paesi in via di sviluppo, sotto
forma di energia, legname, prodotti agricoli,… Dato che queste risorse
vengono depauperate, si può affermare che il commercio sposti l’impatto
ambientale di una determinata popolazione sulle aree che esportano, che si
vedono sottrarre il proprio surplus, con una conseguente compromissione
della capacità di carico globale. Tali azioni commerciali rappresentano
ormai una prassi consolidata, attraverso la quale i paesi ricchi cercano di
conservare il proprio capitale ecologico mantenendo elevatissimi i propri
consumi in termini di risorse.
Secondo le stime dell'ultimo Rapporto Living Planet, nel 2001 l’IE
mondiale è pari a 2,2 ha equivalenti pro capite, contro una biocapacità,
rappresentata dall’area biologicamente produttiva, di 1,8 ha equivalenti pro
capite. Il deficit ecologico, pari a 0,4 ha pro capite, indica che la superficie
necessaria per soddisfare i consumi mondiali supera del 20% l’area che
fornisce servizi naturali. L’IE totale della popolazione umana ha superato
per la prima volta la biocapacità disponibile alla fine degli anni ’70 e da
allora la forbice si è allargata con ritmi crescenti (Redefining Progress,
2004, pp. 7-8). Se l’IE della popolazione mondiale viene espressa in termini
di numero di pianeti, laddove per pianeta si intende la biocapacità annua
32 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
della terra, è possibile evidenziare come la richiesta sia notevolmente
aumentata nel periodo 1961-2001, da 0,49 a 1,21 pianeti; ciò conferma come
all’ultima data la biocapacità disponibile venga superata del 20%. I
principali fattori su cui far leva per ridurre il debito ecologico sono
rappresentati principalmente da:
- l’incremento della biocapacità attraverso la protezione, la conservazione,
il ripristino degli ecosistemi e della biodiversità, in modo da mantenere la
produttività biologica e i servizi ecologici;
- la riduzione della popolazione mondiale;
- la diminuzione del consumo pro capite di beni e servizi;
- l’incremento dell’efficienza nell’utilizzo delle risorse per la produzione
di beni e servizi (UNEP-WCMC, WWF, Global Footprint Network, 2004,
pp. 1, 10, 20).
L’IE dell’Italia è pari a 3,8 ha pro capite e con riferimento alla
biocapacità media mondiale ogni italiano ha dei consumi più che doppi
rispetto al tetto dei consumi che consentirebbe di rispettare i tre principi
canonici dello sviluppo sostenibile, ossia integrità dell’ecosistema,
efficienza economica e equità sociale. Se tutta la popolazione mondiale
avesse uno stile di vita pari a quello medio italiano, sarebbero necessari 2,1
pianeti per sostenere i consumi e assorbire i rifiuti che ne derivano. Dal
confronto con la biocapacità nazionale, il deficit ecologico nazionale è pari a
2,7 ha pro capite, ne consegue che meno di un terzo dei consumi della
popolazione italiana può essere sostenuto a partire dai servizi naturali
generati da ecosistemi presenti sul territorio nazionale.
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 33
4. L’Impronta Ecologica della media Valle Trompia e della media
Valle Camonica
4.1 Le Fonti e il modello di calcolo
Per l’elaborazione dello schema di calcolo, messo a punto dall’Istituto
Ricerche Economico Sociali del Piemonte con il contributo del Dott. Marco
Bagliani, sono stati utilizzati numerosi dati statistici di varia natura, di
seguito elencati, suddivisi per categorie di consumo e relative fonti
energetiche, dati demografici e territoriali, produzione di rifiuti:
• Consumi di beni alimentari, non alimentari e di servizi: la disponibilità
dettagliata di tali dati è limitata ai consumi famigliari mensili, raggruppati
per anno, a livello macroregionale, ossia con riferimento all’Italia nord-
occidentale. I consumi famigliari vengono suddivisi in base alla categoria
professionale di appartenenza del capo famiglia, in imprenditori e liberi
professionisti, lavoratori in proprio, dirigenti e impiegati, operai e assimilati,
ritirati dal lavoro, altri in condizione non professionale. I consumi dei beni e
servizi relativi alle macrocategorie sono disponibili anche a livello
regionale, mentre non si rileva alcun dato alla scala provinciale e a quella
comunale. Fonte: Istat.
I prezzi, limitatamente ad alcune voci di consumo, rappresentano la media
dei prezzi riferiti ad alcune catene di supermercati diffuse nella provincia
bresciana.
• Popolazione dell’area: è data dalla popolazione residente, suddivisa per
categorie professionali in imprenditori e liberi professionisti, lavoratori in
proprio, dirigenti e impiegati, operai e assimilati, ritirati dal lavoro, altri in
condizione non professionale. Ai residenti sono aggiunte le presenze
turistiche in esercizi alberghieri ed extra alberghieri espresse in abitanti
34 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
equivalenti, ossia ripartite sui giorni dell’anno. A causa della mancata
disponibilità di dati aggiornati circa la popolazione residente disaggregata
per categorie professionali, si è provveduto a riproporzionare i dati relativi al
Censimento della Popolazione del 1991. Il numero di componenti medi della
famiglia a cui si fa riferimento è quello riguardante l’Italia nord-occidentale.
La scelta del dato macroregionale è stata effettuata per ragioni di uniformità
con la base territoriale riferita ai consumi alimentari e di altri beni e di
servizi. Fonti: Istat, Anci.
• Dati territoriali: riguardano la superficie territoriale oggetto di analisi
suddivisa nelle componenti superficie agricola (superficie coperta da
seminativi e legnose agrarie, al netto delle foraggere), a pascoli
(rappresentata da prati permanenti e pascoli e foraggere), a foreste (data da
boschi, superficie agraria non utilizzata e altra superficie), superficie
edificata per usi residenziali, commerciali e sevizi in genere e suolo
edificato per usi produttivi, superficie coperta da acque (laghi e fiumi).
Fonti: Istat, Regione Lombardia, Provincia di Brescia.
• Consumi energetici: sono costituiti dal consumo di carburante, suddiviso
fra benzina, gasolio e GPL, per trasporto privato, consumo di energia
elettrica per utilizzi domestici e terziari, del settore pubblico e privato,
consumo di combustibili, rappresentati da gasolio, gas metano, GPL e
carbone, per riscaldamento e usi civili. Fonti: Provincia di Brescia, GNRT,
gestori vari del gas in provincia di Brescia, Aci, MICA.
• Consumi di acqua: sono dati dalla quantità di acqua erogata dagli
acquedotti per usi civili e commerciali e dall’acqua dispersa relativa ai
medesimi usi. Fonte: Provincia di Brescia.
• Produzione di rifiuti solidi urbani: rappresentano la produzione di rifiuti
solidi urbani, suddivisi nelle componenti differenziato e indifferenziato,
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 35
ottenuto dall’analisi della composizione media del “sacco nero”, a loro volta
ripartiti in carta, alluminio, metalli ferrosi, vetro, plastica organico, altro.
Fonti: Provincia di Brescia, ASM Brescia.
• Bilancio Energetico Nazionale: viene utilizzato il quadro di sintesi che
riporta il consumo interno lordo e gli impieghi finali annuali a scala
nazionale suddivisi per fonte energetica in solidi, gas naturale, petrolio,
rinnovabili, energia elettrica. Il consumo interno lordo deriva dalla
sommatoria di produzione e importazione, al netto delle esportazioni e delle
variazioni delle scorte. Al fine di individuare gli impieghi finali complessivi
è necessario aggiungere al consumo interno lordo i consumi e le perdite del
settore energetico, in particolare quelle relative alle trasformazioni in
energia elettrica. Fonte: Enea.
I consumi e le emissioni considerati sono relativi all’ambito domestico
e, per quanto riguarda i settori economici, solo al terziario. Tutti gli utilizzi
di risorse e le emissioni relativi alla produzione, in ambito industriale e/o
agricolo, vengono considerati indirettamente, poiché la metodologia
utilizzata per calcolare l’IE li incorpora nei prodotti finali.
Gli autori dell’IE hanno individuato due approcci per il calcolo: il
“modello aggregato” e il “modello disaggregato per componenti”. Con il
modello aggregato, particolarmente utilizzato a scala nazionale, il consumo
netto di un bene viene calcolato sommando alla produzione nazionale la
quota di beni importata e sottraendo quella esportata. Esso stima dunque i
consumi in base a statistiche sugli scambi e bilanci energetici. Il modello
disaggregato per componenti, maggiormente usato a livello locale, stima
invece l’IE di alcune attività considerate ad elevato impatto sull’ambiente.
In base a questo secondo approccio il consumo viene determinato mediante
l’analisi dei flussi di materiale e dei componenti le attività.
36 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
Il modello di calcolo impiegato in questa sede si può definire “misto”,
poiché coniuga entrambe i due modelli, anche se per la maggior parte dei
calcoli viene usato il modello disaggregato per componenti. Come illustrato
nel paragrafo precedente, le componenti di consumo comprendono consumi
di generi alimentari, di beni non alimentari, di servizi, di energia sotto varie
forme, di acqua, di suolo, ai quali va aggiunta la produzione di rifiuti. Per
ogni componente di consumo vengono utilizzati, laddove siano disponibili,
dati riferiti all’area oggetto di studio. Il modello aggregato viene introdotto
attraverso il calcolo del bilancio energetico, comprendente la quantità di
energia consumata e l’energia incorporata nei prodotti consumati.
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 37
4.2 I risultati al 2001
Fig. 5 - I valori della biocapacità, dell’IE, del deficit ecologico e della
superficie utilizzata nella media Valle Trompia e nella media Valle
Camonica al 2001, espressi in ha eq pro capite
In questo paragrafo si illustrano i risultati a cui si è pervenuti con il
calcolo dell’IE riferito alle due regioni geografiche oggetto di studio, ossia
la media Valle Trompia e la media Valle Camonica; i confronti vengono
inoltre estesi a scala provinciale e regionale. I dati sono riferiti al 2001.
In entrambe le valli si riscontra un’IE elevata e di gran lunga superiore
alla biocapacità, con un conseguente pesante deficit ecologico. La media
Valle Trompia evidenzia un’IE di 4,99 ha equivalenti pro capite, che a
fronte di una disponibilità ecologica molto modesta, origina un deficit
0,15 0,24
4,99
-4,75
-6,0
-4,0
-2,0
0,0
2,0
4,0
6,0
ha e
q pr
o ca
pite
Tabella riassuntiva delle superfici nella media Valle Trompia al 2001
Superficie utilizzata BiocapacitàImpronta Ecologica Deficit ecologico
1,652,12
4,90
-2,78
-6,0
-4,0
-2,0
0,0
2,0
4,0
6,0
ha e
q pr
o ca
pite
Tabella riassuntiva delle superfici nella media Valle Camonica al 2001
Superficie utilizzata BiocapacitàImpronta Ecologica Deficit ecologico
38 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
ecologico di 4,75 ha eq pro capite. Come conseguenza, solo una quota pari a
circa il 5% di IE, e dunque di servizi naturali utilizzati dalla popolazione
locale, viene coperta dalla dotazione di sistemi ecologici presenti nella zona
e il restante 95% viene importato da altre aree. La media Valle Camonica
evidenzia un’IE leggermente più contenuta, pari a 4,90 ha equivalenti pro
capite e, grazie a un’elevata biocapacità, presenta un deficit meno marcato
rispetto a quello triumplino, pari quasi alla metà, 2,78 ha eq pro capite. Da
questo deriva che la biodisponibilità dell’area camuna copre oltre i due
quinti dell’Impronta, lasciando il restante 57% all’importazione netta di
servizi naturali e dunque di sostenibilità ambientale. La superficie utilizzata
comprende non solo la superficie edificata, particolarmente estesa nella
media Valle Trompia, ma anche quella utilizzata per fini agricoli, quella
adibita a pascolo e quella coperta da boschi, le ultime due assumono
notevole rilievo nella media Valle Camonica. La superficie utilizzata per
persona nella media Valle Trompia risulta decisamente inferiore a quella
relativa alla media Valle Camonica, soprattutto per gli ampi differenziali in
termini di popolazione residente (la media Valle Trompia risulta molto
popolosa, con oltre 60.000 abitanti, mentre la media Valle Camonica supera
appena i 24.000 abitanti).
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 39
Fig. 6 - I valori della biocapacità, dell’IE e del deficit ecologico della media
Valle Trompia e della media Valle Camonica suddivisi nelle categorie di
terreno agricolo, pascoli, foreste e terreno per l’energia, acque interne e
superficie degradata al 2001, espressi in ha eq pro capite
Dall’analisi delle componenti di terreno produttivo emerge come la
maggior parte del deficit ricada sulle foreste e sul terreno per l’energia, con
un deficit ecologico pari a 3,12 ha eq nella media Valle Trompia e 1,43 ha
eq pro capite nella media Valle Camonica. Tale tipologia di terreno include
infatti l’intera fruizione dei servizi naturali necessari per assorbire l’anidride
carbonica prodotta dai combustibili fossili, dai quali deriva la maggior parte
dell’energia consumata per i più svariati utilizzi. Le categorie di consumo
con gli impatti più pesanti sono rappresentate da trasporti e abitazioni: sui
trasporti influisce in particolare la modalità di trasporto, motorizzato o meno
-4
-3
-2
-1
0
1
2
3
4
Agricolo Pascoli Foreste Acqueint.
Sup.degrad.
Deficit/surplus ecologico: ripartizione per categorie di terreno nella media
Valle Camonica al 2001
BiocapacitàImpronta EcologicaDeficit / Surplus Ecologico
-4
-3
-2
-1
0
1
2
3
4
Agricolo Pascoli Foreste Acqueint.
Sup.degrad.
Deficit/surplus ecologico: ripartizione per categorie di terreno nella media
Valle Trompia al 2001
BiocapacitàImpronta EcologicaDeficit / Surplus Ecologico
40 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
e nel primo caso pubblico o privato, il tipo di veicolo e il relativo consumo
di carburante; sull’altra categoria fortemente energivora rappresentata dalle
abitazioni, pesano il tipo di fonte e i quantitativi utilizzati per usi domestici e
terziari in genere e per riscaldamento. Anche le categorie di consumo altri
beni, servizi e rifiuti contribuiscono comunque, pur con impatti inferiori
rispetto alle precedenti, a generare il deficit sul terreno per energia e sulle
foreste. Tra i consumi di beni non alimentari spiccano abbigliamento,
calzature, mobili, detersivi, libri non scolastici, giornali e riviste e prodotti
per la cura personale. Tra i servizi si segnalano categorie quali telefono,
tempo libero, cultura, giochi e energia elettrica per pubblica
amministrazione, commercio e servizi vari. Tra i rifiuti pesano molto la
parte indifferenziata con carta, alluminio e plastica e la parte differenziata
con carta e metalli ferrosi. Il deficit ecologico relativo alle foreste e al
terreno per energia triumplino si presenta particolarmente alto anche a causa
della limitata biodisponibilità di servizi naturali forestali in loco. Come
conseguenza, l’elevato fabbisogno di tali consumi della popolazione
triumplina viene quasi totalmente fatto ricadere su altre aree, attraverso
l’importazione. La più ampia disponibilità di foreste è invece in grado di
dimezzare il deficit della media Valle Camonica.
Il deficit relativo ai terreni agricoli è pari a 0,58 ha eq pro capite nel
caso della media Valle Trompia e a 0,55 per la media Valle Camonica e
deriva in maniera quasi esclusiva dai consumi alimentari e in modo
marginale dai consumi di altri beni. Data la bassissima biodisponibilità di
terreni agricoli in entrambe le aree, praticamente tutta l’IE relativa alla
categoria si trasforma in deficit.
L’Impronta che ricade sulla componente di terreno per pascoli è quasi
identica nelle due zone: 0,82 ha eq pro capite per la media Valle Trompia e
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 41
0,81 ha eq pro capite per la media Valle Camonica, determinata quasi
totalmente dai consumi alimentari, sui quali hanno elevatissimo peso la
carne, in particolare bovina, il latte, i formaggi e i derivati, che da soli
raggiungono quasi il 97% della quota di consumi alimentari riferita al
terreno per pascoli. Mentre l’IE triumplina si trasforma però praticamente
tutta in deficit ecologico, l’ampia disponibilità di biocapacità sotto forma di
pascoli nell’area camuna riduce il fabbisogno da importare a 0,59 ha eq a
persona.
Il deficit che interessa la superficie coperta da acque interne, pari in
entrambi i casi a 0,16 ha eq pro capite, deriva totalmente dal consumo di
pesce che, data l’esigua biodisponibilità di tali tipologie di ecosistemi, si
considera derivante esclusivamente dall’importazione netta da altre zone.
L’impronta riguardante la superficie degradata è imputabile al suolo su
cui sorgono edifici, siano essi residenziali, commerciali o adibiti ad uso
terziario in genere, e infrastrutture e conseguentemente anche al traffico
veicolare. E’ interessante notare come i valori pro capite di tale componente
dell’Impronta siano inferiori in Val Trompia rispetto alla Val Camonica,
rispettivamente 0,14 e 0,18 ha eq pro capite, poiché nonostante il più elevato
consumo di suolo in termini assoluti, la maggiore densità di abitanti, con una
media di 531 ab/Kmq contro 43,1, ne riduce il livello pro-capite. Dal
confronto con la superficie interna all’area teoricamente disponibile, si tratta
per lo più di terreno agricolo, ma effettivamente utilizzata per edificazione,
si ottiene il deficit ecologico, con valori più elevati nel caso valtrumplino,
con 0,08 ha eq pro capite rispetto ai 0,06 camuni.
42 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
4.2.1 L’Impronta per categorie di terreno
Fig. 7 - Ripartizione percentuale dell’IE della media Valle Trompia e della
media Valle Camonica nelle categorie di terreno ecologicamente produttivo
al 2001
A riprova di quanto già descritto, attraverso la ripartizione percentuale
dell’IE nelle diverse categorie di terreno ecologicamente produttivo, viene
confermata l’elevatissima quota di terreno utilizzato per usi energetici, che
sfiora in entrambe le aree i tre quinti del totale dei terreni ecologicamente
produttivi. Dato l’imponente consumo di terreno utilizzato per usi energetici
è bene sottolineare nuovamente la vastità di utilizzi nei quali viene
implicato, ricomprendendo sia usi diretti di energia, sotto forma di consumi
di carburante per i veicoli, il riscaldamento e gli usi di combustibili fossili
per la produzione di energia elettrica, sia usi indiretti, rappresentati
dall’energia impiegata nella fabbricazione e nel trasporto di beni consumati
e quella utilizzata nell’esecuzione di servizi fruiti (Bagliani, Ferlaino, 2003b,
pp. 155-156). La componente energia arriva a sfiorare la quasi totalità per
quanto riguarda i trasporti e le abitazioni, settori notoriamente ad alto
Impronta Ecologica per categorie di terreno nella media Valle Trompia
Pascoli16,4%
Acque interne3,3%
Agricolo11,6%
Foreste6,8%
Sup. degrad.2,9%
Energia59,0%
Impronta Ecologica per categorie di terreno nella media Valle Camonica
Energia58,8%
Sup. degrad.3,8%
Foreste5,9%
Agricolo11,7%
Acque interne3,3%
Pascoli16,5%
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 43
utilizzo di energia e ha un grande peso nella categoria degli alimentari, che
incorporano molta energia legata in particolare all’imballaggio e al trasporto
su lunghe distanze (Bagliani, Ferlaino, 2003b, p. 157).
Fig. 8 - Ripartizione dell’IE della media Valle Trompia e della media Valle
Camonica nelle categorie di terreno ecologicamente produttivo e di
consumo al 2001, in ha eq pro capite
0,0
0,5
1,0
1,5
2,0
2,5
3,0
EnergiaAgricolo
PascoliForeste
Sup. degrad.
Acque int.
Impronta Ecologica per categorie di terreno nella media Valle Trompia
Consumi alimentari AbitazioniTrasporti Altri beniServizi Rifiuti
0,0
0,5
1,0
1,5
2,0
2,5
3,0
EnergiaAgricolo
PascoliForeste
Sup. degrad.
Acque int.
Impronta Ecologica per categorie di terreno nella media Valle Camonica
Consumi alimentari AbitazioniTrasporti Altri beniServizi Rifiuti
44 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
4.2.2 L’Impronta per categorie di consumo
Fig. 9 - Ripartizione percentuale dell’IE della media Valle Trompia e della
media Valle Camonica per categorie di consumo al 2001
La suddivisione dell’IE per categorie di consumo consente di
focalizzare meglio l’origine dei diversi contributi e dunque di evidenziare le
cause dell’insostenibilità ambientale. La quota più ampia di territorio
consumato deriva dai consumi alimentari, che ricadono in particolare sui
terreni utilizzati per energia, per uso agricolo e per i pascoli. La seconda
categoria di consumo per incidenza è quella dei trasporti e il tipo di territorio
interessato è quasi esclusivamente quello per energia, relativa ai
combustibili, e in parte minore quello riguardante la superficie degradata.
Seguono le abitazioni, che occupano anch’esse una rilevante quota di
territorio per energia e una parte di territorio degradato. Anche le restanti tre
categorie di consumo, rappresentate da beni non alimentari, servizi e rifiuti,
pur con un’incidenza inferiore rispetto alle precedenti interessano in misura
preponderante i terreni utilizzati per energia, seguiti dalle foreste.
Impronta Ecologica per categorie di consumo nella media Valle Trompia
Trasporti19,7%
Altri beni9,0%
Servizi5,0%
Rifiuti8,0%
Consumi alimentari
41,7%Abitazioni
16,5%
Impronta Ecologica per categorie di consumo nella media Valle Camonica
Abitazioni18,1%
Consumi alimentari
42,1%
Rifiuti6,4%
Servizi5,0%Altri beni
8,9%
Trasporti19,5%
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 45
Fig. 10 - Ripartizione dell’IE della media Valle Trompia e della media Valle
Camonica per categorie di consumo e per tipologie di terreno al 2001, in ha
eq pro capite
Se escludiamo i generi alimentari, che per evidenti motivi necessitano
quote rilevanti di terreni agricoli e a pascoli, è dunque possibile affermare
che la componente di terreno che riveste il peso preponderante in ogni
categoria di consumo è rappresentata dal terreno per l’energia, ossia da quel
tipo di terreno che fornisce i servizi naturali necessari per assorbire
l’anidride carbonica prodotta dai combustibili fossili. Se il suo impiego
emerge in maniera lampante con riferimento al carburante per alimentare i
mezzi di trasporto o ai combustibili per riscaldamento e usi domestici, meno
ovvio ma, come dimostrano i grafici, con forte impatto ambientale risulta il
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5
Consumialimentari
Abitazioni
Trasporti
Altri beni
Servizi
Rifiuti
Impronta Ecologica per categorie di consumo nella media Valle Trompia
Energia AgricoloPascoli ForesteSup. degrad. Acque int.
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5
Consumialimentari
Abitazioni
Trasporti
Altri beni
Servizi
Rifiuti
Impronta Ecologica per categorie di consumo nella media Valle Camonica
Energia AgricoloPascoli ForesteSup. degrad. Acque int.
46 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
grado di utilizzo di terreno per energia incorporata negli alimenti, nei beni
non alimentari, nei servizi e nello smaltimento dei rifiuti.
Nonostante, come già sottolineato, all’interno di una provincia sia
difficile individuare aree con stili di vita molto diversi, il livello di benessere
che caratterizza la media Valle Trompia è comunque più elevato rispetto a
quello della media Valle Camonica, come illustrato nel paragrafo 1.2, per
cui si potrebbe ipotizzare un’IE molto più alta per la prima area rispetto alla
seconda. In effetti il risultato evidenzia un maggior consumo di suolo, ma la
differenza non è molto forte, pari complessivamente a 0,09 ha eq pro capite.
L’analisi contrastiva fra le due aree attraverso la disaggregazione delle
singole componenti di consumo consente di comprendere meglio come si
origini tale differenziale.
Tab. II - EF pro capite per categorie di consumo nella media Valle Trompia
e nella media Valle Camonica, 2001
ha eq procapite anno EF totale media V. Trompia EF totale media V. Camonica
Consumi alimentari 2,08 2,06 Abitazioni 0,82 0,89 Trasporti 0,98 0,96 Altri beni 0,45 0,44 Servizi 0,25 0,24 Rifiuti 0,40 0,32 TOTALE 4,99 4,90
Dalla scomposizione dei consumi si può notare come per le categorie
consumi alimentari, altri beni e servizi, in maniera generalizzata fra le varie
sottocategorie, e per la categoria trasporti, il peso della media Valle Trompia
sia lievemente più elevato rispetto a quello della media Valle Camonica.
Questo indica dunque che nell’area più “ricca” si riscontrano consumi
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 47
sensibilmente più elevati, anzi, la disponibilità dettagliata dei dati relativi ai
consumi alimentari e non alimentari a livello macroregionale, ossia con
riferimento all’Italia nord-occidentale sottende probabilmente un divario più
ampio fra le due zone. A conferma di tale ipotesi, dato che parte di questi
consumi viene successivamente trasformata in rifiuti, è possibile evidenziare
come la produzione di rifiuti solidi urbani sia notevolmente più alta nella
media Valle Trompia. L’unico caso in cui si rileva un rapporto inverso
riguarda le abitazioni, poiché il consumo di terreno per uso abitativo
triumplino è significativamente inferiore a quello camuno. La spiegazione
dei risparmi nel consumo di suolo che fanno capo alla media Valle Trompia,
che si esplicano sia direttamente, in termini di superficie degradata, sia
indirettamente in termini di superficie per la produzione di energia, è
probabilmente data dalle economie di scala derivanti dalla più marcata
presenza di palazzine e condomini, rispetto alla media Valle Camonica. Gli
appartamenti “in blocco” consentono infatti un minore consumo di suolo,
poiché si sviluppano verso l’alto, e anche una minore dispersione di calore
nei mesi invernali, a cui conseguono minori sprechi di combustibili fossili.
Probabilmente anche per la tipologia di terreno relativa ai trasporti,
considerando che l’utilizzo individuale del mezzo privato prevale in modo
analogo nelle due aree, nella media Valle Trompia si verificano importanti
economie di scala, poiché l’elevata disponibilità in loco di posti di lavoro, in
particolare nell’industria, riduce significativamente il raggio medio degli
spostamenti per motivi di lavoro, così come l’alta densità terziaria limita gli
spostamenti per accedere ai vari servizi, quelli per acquisti e quelli relativi al
tempo libero. Anche il consumo triumplino di energia derivante dal
carburante dovrebbe di conseguenza essere inferiore, ma a causa della
disponibilità dei dati relativi al consumo di carburanti sulla rete stradale e
48 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
autostradale solo a scala provinciale, non è possibile evidenziare
statisticamente tale fenomeno a livello dei comuni e delle relative
aggregazioni di comuni. Il maggior peso della media Valle Trompia in
termini di assorbimento dei rifiuti è imputabile alla più elevata produzione
di rifiuti indifferenziati, con oltre 70 Kg per persona in più all’anno rispetto
alla media Valle Camonica, in particolare carta, alluminio, metalli ferrosi e
vetro, che non riesce ad essere compensato dai quantitativi raccolti in modo
differenziato, pari a 30 Kg per persona in più.
Da un lato sembra dunque che il livello di benessere più elevato spinga
gli abitanti della media Val Trompia a consumare molto e,
conseguentemente a trasformare buona parte di questi consumi in rifiuti;
d’altro canto l’elevata densità sia in termini demografici sia di posti di
lavoro origina delle economie di scala, con conseguenti importanti risparmi,
sia in termini diretti sia indiretti, di suolo e di energia. Gli abitanti della
media Val Camonica si rivelano assai più attenti agli sprechi, ma la tipologia
abitativa, con prevalenza di case singole o con due o tre appartamenti, e
probabilmente anche le lunghe distanze da percorrere per raggiungere il
posto di lavoro, vanificano dal punto di vista dello spreco di suolo e di
energia gli sforzi effettuati attraverso consumi accorti.
4.2.3 Il confronto con le medie regionale e provinciale
Ai fini di una più esaustiva interpretazione dei risultati relativi alle due
aree vallive, sono stati effettuati alcuni confronti multiscalari con i risultati
medi a livello della provincia di Brescia e della regione Lombardia. I calcoli
sono stati realizzati seguendo la stessa metodologia, con riferimento alle
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 49
medesime fonti e periodo temporale utilizzati per le due aree oggetto di
studio.
Fig. 11 - I valori della biocapacità, dell’IE, del deficit ecologico e della
superficie utilizzata della regione Lombardia e della provincia di Brescia al
2001, in ha eq pro capite
La provincia bresciana nel suo complesso evidenzia un’IE pari a 5,08
ha pro capite, dunque superiore rispetto a quella delle due aree oggetto di
analisi.
0,230,47
5,05
-4,58
-6,0
-4,0
-2,0
0,0
2,0
4,0
6,0
ha e
q pr
o ca
pite
Tabella riassuntiva delle superfici nella regione Lombardia al 2001
Superficie utilizzata BiocapacitàImpronta Ecologica Deficit ecologico
0,360,60
5,08
-4,48
-6,0
-4,0
-2,0
0,0
2,0
4,0
6,0
ha e
q pr
o ca
pite
Tabella riassuntiva delle superfici nella provincia di Brescia al 2001
Superficie utilizzata BiocapacitàImpronta Ecologica Deficit ecologico
50 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
Tab. III - EF pro capite per categorie di consumo nella provincia di Brescia
e nella media Valle Trompia, 2001
ha eq procapite anno EF totale provincia EF totale media V. Trompia
Consumi alimentari 2,08 2,08 Abitazioni 0,88 0,82 Trasporti 0,99 0,98 Altri beni 0,45 0,45 Servizi 0,25 0,25 Rifiuti 0,43 0,40 TOTALE 5,08 4,99
Dal confronto con la media Valle Trompia emerge come i consumi in
termini di beni alimentari e non alimentari, così come di servizi siano
praticamente sovrapponibili. Per l’IE relativa ai trasporti si registra un lieve
differenziale imputabile al maggior utilizzo in ambito provinciale. Una
differenza abbastanza significativa viene invece mostrata con riferimento ai
rifiuti, poiché la componente indifferenziata riferita alla provincia presenta
una produzione di 51 Kg per persona all’anno in più rispetto alla media
Valle Trompia, non compensata dalla più elevata raccolta differenziata, pari
a 39 Kg pro capite annui. Il distacco più importante si rileva in ambito
abitativo ed è attribuibile alla diffusione a scala provinciale di tipologie
abitative con più elevata dispersione di calore e consumo diretto di suolo
rispetto all’area triumplina. Oltre a questo, la densità di popolazione
provinciale raggiunge valori pari a meno della metà di quelli triumplini, con
231 ab/Kmq contro 531. Il deficit ecologico provinciale e dunque la
necessità di importazione netta di servizi naturali è però inferiore, 4,48 ha
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 51
equivalenti pro capite contro 4,75 grazie alla più ampia disponibilità di
biocapacità.
Tab. IV - EF pro capite per categorie di consumo nella provincia di Brescia
e nella media Valle Camonica, 2001
ha eq procapite anno EF totale provincia EF totale media V. Camonica
Consumi alimentari 2,08 2,06 Abitazioni 0,88 0,89 Trasporti 0,99 0,96 Altri beni 0,45 0,44 Servizi 0,25 0,24 Rifiuti 0,43 0,32 TOTALE 5,08 4,90
Dal confronto fra la provincia e la media Valle Camonica emerge come
i consumi di alimenti, di beni non alimentari e di servizi siano sempre
lievemente superiori a scala provinciale, mentre nel caso dei trasporti il
differenziale sia più ampio, imputabile a un maggiore utilizzo sia dei mezzi
a motore pubblici, che di quelli privati alla scala provinciale. Ma il divario
più rilevante, che spiega la maggior parte della differenza di Impronta, è
riconducibile alla produzione di rifiuti: nella provincia considerata
complessivamente la produzione di rifiuti ammonta a 124 Kg pro capite in
più per l’indifferenziato e a 67 Kg pro capite in più per il differenziato
rispetto alla media Val Camonica. Solo il peso attribuibile alla categoria
abitazioni si rivela lievemente inferiore a livello provinciale, anche in questo
caso per la più marcata presenza di edifici residenziali composti da più
appartamenti.
52 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
L’IE a livello regionale corrisponde a 5,05 ha pro capite e si colloca
dunque leggermente sotto la media provinciale e ben al di sopra di quelle
delle due valli bresciane analizzate.
Tab. V - EF pro capite per categorie di consumo a livello regionale,
provinciale e nelle due sezioni vallive al 2001
ha eq procapite anno EF totale regione EF totale provincia
EF totale media V. Trompia
EF totale media V. Camonica
Consumi alimentari 2,08 2,08 2,08 2,06 Abitazioni 0,95 0,88 0,82 0,89 Trasporti 0,94 0,99 0,98 0,96 Altri beni 0,46 0,45 0,45 0,44 Servizi 0,25 0,25 0,25 0,24 Rifiuti 0,36 0,43 0,40 0,32 TOTALE 5,05 5,08 4,99 4,90
I consumi alimentari e quelli di servizi sono sovrapponibili a quelli
della provincia bresciana e della media Valle Trompia, i consumi di beni
non alimentari si collocano leggermente al di sopra e tale maggior impatto è
imputabile, in maniera generalizzata tra le diverse categorie di beni, a
consumi superiori. Con riferimento alle abitazioni si riscontra la quota di
Impronta più alta delle quattro macro aree, nonostante la densità di
popolazione di 373 ab./Kmq, notevolmente più elevata rispetto a quella della
provincia bresciana. Le economie di scala che si generano nei centri urbani
sono probabilmente meno che proporzionali rispetto agli alti consumi che si
originano nella regione considerata complessivamente, sia in termini diretti,
esprimibili in occupazione fisica di suolo, sia indiretti, rappresentati in
particolare dai consumi energetici soprattutto derivanti dall’elettricità e dal
gasolio. La quota di rifiuti prodotti si colloca notevolmente al di sotto
rispetto alla provincia (e alla media Valle Trompia): a livello regionale si
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 53
producono mediamente 90 Kg pro capite all’anno di rifiuti indifferenziati in
meno rispetto alla provincia bresciana e 34 Kg pro capite di differenziati in
più. Il risultato più significativo derivante dai confronti multiscalari emerge
con riferimento alla categoria trasporti: considerando il livello regionale nel
suo complesso risultano diffusi stili di vita che incentivano l’utilizzo del
mezzo di trasporto pubblico e, come conseguenza, riducono l’uso dell’auto
privata rispetto alle abitudini bresciane, con un conseguente minor peso nei
confronti della media provinciale e delle due aree vallive. Con riferimento,
infine alla biodiversità, a livello regionale vi è una disponibilità pro capite di
servizi naturali leggermente inferiore rispetto a quella provinciale e ciò
determina un deficit ecologico più elevato, pari a 4,58 ha pro capite.
Dall’analisi condotta emerge dunque, nonostante le differenze rilevate
fra le varie zone esaminate, come le due aree vallive in esame, la provincia
bresciana e la regione Lombardia presentino un’Impronta notevolmente più
elevata rispetto alla media italiana. I valori sono attorno a 5 ha eq pro capite
a scala lombarda e alle varie scale locali, mentre si raggiungono 3,8 ha eq
pro capite a livello nazionale. Tale differenziale è attribuibile ai consumi
decisamente più elevati nell’area lombarda, rispetto alla media italiana.
Nonostante le differenze metodologiche fra i calcoli a scala locale e quello a
scala nazionale, si tratta di un risultato verosimile, dato che il confronto
viene effettuato fra una regione fortemente industrializzata, e fra le più
“ricche” d’Italia, e la media nazionale, che comprende anche aree
economicamente molto svantaggiate, come parte del Mezzogiorno. Se tutta
la popolazione mondiale avesse uno stile di vita pari a quello medio
lombardo, sarebbero necessari 2,8 pianeti per sostenere i consumi e
assorbire i rifiuti che ne derivano.
54 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
4.3 L’analisi diacronica 1994-2001
Il confronto diacronico è limitato al periodo 1994-2001 a causa della
mancata disponibilità per gli anni precedenti di tutti i dati necessari riferiti
alla scala comunale. Si sono rilevate in particolare difficoltà sul fronte del
reperimento dei consumi di gas metano, di fondamentale importanza ai fini
della quantificazione delle emissioni di CO2 e in alcuni casi è stato anche
necessario effettuare delle stime a partire dai dati ufficiali disponibili riferiti
ad anni successivi al 1994.
Fig. 12 - I valori della biocapacità, dell’IE, del deficit ecologico e della
superficie utilizzata della media Valle Trompia. Analisi diacronica 1994-
2001, in ha eq pro capite
0,16 0,23
5,25
-5,02
-6,0
-4,0
-2,0
0,0
2,0
4,0
6,0
ha e
q pr
o ca
pite
Tabella riassuntiva delle superfici nella media Valle Trompia al 1994
Superficie utilizzata BiocapacitàImpronta Ecologica Deficit ecologico
0,15 0,24
4,99
-4,75
-6,0
-4,0
-2,0
0,0
2,0
4,0
6,0
ha e
q pr
o ca
pite
Tabella riassuntiva delle superfici nella media Valle Trompia al 2001
Superficie utilizzata BiocapacitàImpronta Ecologica Deficit ecologico
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 55
Nell’arco di sette anni la media Valle Trompia evidenzia una sensibile
riduzione dell’IE, da 5,25 a 4,99 ha eq pro capite: la tendenza evolutiva
decrescente sembrerebbe dunque portare la popolazione valtrumplina a
diminuire la propria quota di consumo di servizi naturali. Per interpretare
tale andamento risulta molto interessante analizzare le variazioni interne alle
singole categorie di consumo.
Tab. VI - EF pro capite per categorie di consumo nella media Valle Trompia
al 1994 e al 2001
ha eq procapite anno EF totale media V. Trompia al 1994
EF totale media V. Trompia al 2001
Consumi alimentari 2,50 2,08 Abitazioni 0,75 0,82 Trasporti 1,04 0,98 Altri beni 0,53 0,45 Servizi 0,13 0,25 Rifiuti 0,30 0,40 TOTALE 5,25 4,99
La categoria che incide maggiormente sull’IE è rappresentata dai
consumi di generi alimentari ed è proprio quella che registra la riduzione più
consistente, da 2,50 a 2,08 ha eq pro capite. Emerge un cambiamento
piuttosto deciso nelle abitudini alimentari attraverso una diminuzione del
consumo di carne, soprattutto bovina, latte e derivati e un aumento di frutta
e verdura, a cui consegue un notevole risparmio soprattutto in termini di
terreno a pascoli. Anche il consumo di generi non alimentari mostra una
flessione, però difficilmente interpretabile, in quanto non deriva dalla
riduzione di particolari categorie, ma è il risultato di compensazioni fra il
maggior consumo di alcuni beni e il minore di altri. La diminuzione dell’IE
relativa al consumo di beni è una conseguenza dell’effettiva riduzione della
56 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
spesa media famigliare stimata a partire dai dati Istat6. Nei trasporti si
avverte una contrazione, dato che nel periodo considerato si rileva un
andamento decrescente nel consumo di carburante nella provincia bresciana,
come nel resto del paese.
Notevoli aumenti interessano invece le restanti categorie di consumo:
abitazioni, servizi e rifiuti. La categoria abitazioni mostra una tendenza
incrementale, sul fronte del consumo di suolo e, con toni più intensi, sul
fronte dei consumi energetici. Anche il maggior consumo di servizi si
riflette quasi esclusivamente in una crescita dei consumi energetici, che i
servizi stessi incorporano. L’aumento di 30 Kg pro capite nella produzione
di rifiuti solidi urbani indifferenziati incrementa il peso della componente
rifiuti sull’IE, nonostante rilevanti progressi sul fronte della raccolta
differenziata. Anche tale tipologia di consumi ricade sul terreno necessario a
fornire l’energia per lo smaltimento.
6 Ai fini della corretta interpretazione dei risultati dell’andamento diacronico
dell’Impronta è necessario precisare che se a prima vista potrebbe sembrare che la tendenza sia positiva, verso una riduzione dell’Impronta, ossia del “peso” della media Valle Trompia e, come illustrato di seguito, della media Valle Camonica e della provincia nel suo complesso, è necessario tener conto della scala geografica alla quale i dati sono disponibili. I dati relativi ai consumi di beni alimentari, la categoria con la maggiore incidenza sull’Impronta, oltre che quelli relativi ai beni non alimentari e ai servizi, vengono diffusi dall’Istat solo a livello di macro regione, rappresentata in questo caso dall’Italia nord occidentale. Se dunque si rileva una tendenza generalizzata alla riduzione del consumo di determinati beni, in particolare delle carni, che incidono pesantemente soprattutto sui terreni a pascolo, tale cambiamento di stili di vita è probabilmente presente anche all’interno della provincia bresciana. Non è però possibile avere un quadro completo e dettagliato della realtà locale poiché la disponibilità di tali dati non raggiunge la scala provinciale e comunale. Un altro elemento da puntualizzare ai fini interpretativi deriva dal fatto che nel periodo di tempo considerato, sempre a scala macroregionale, si rileva una diminuzione dei componenti medi per famiglia. I consumi di beni alimentari, non alimentari e di servizi sono riferiti ai gruppi famigliari, per cui nel calcolo relativo al 1994 vengono ponderati per 2,55 componenti, mentre in quello relativo al 2001 vengono ponderati per 2,4 componenti per ogni famiglia. Tale variazione origina un generalizzato incremento dei consumi pro capite.
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 57
La lieve riduzione della superficie utilizzata da 0,16 a 0,15 ha pro
capite appare il risultato di una molteplicità di concause, che vanno in due
direzioni opposte: da un lato si assiste alla diminuzione della superficie
agricola e di quella a prati permanenti e pascoli e dall’altro all’incremento
della superficie degradata, rappresentata dalla superficie edificata adibita ad
usi residenziali e terziari, oltre che ad un sensibile aumento della densità di
popolazione.
L’offerta di bioproduttività nell’area rimane sostanzialmente invariata,
passando da 0,23 ha eq pro capite a 0,24, mentre, come conseguenza della
riduzione di Impronta pro capite, il deficit ecologico, ossia l’importazione
netta di servizi ecologici da altre aree scende da 5,02 a 4,75 ha eq pro capite.
1,652,12
4,90
-2,78
-6,0
-4,0
-2,0
0,0
2,0
4,0
6,0
ha e
q pr
o ca
pite
Tabella riassuntiva delle superfici nella media Valle Camonica al 2001
Superficie utilizzata BiocapacitàImpronta Ecologica Deficit ecologico
1,91 2,45
5,11
-2,66
-6,0
-4,0
-2,0
0,0
2,0
4,0
6,0
ha e
q pr
o ca
pite
Tabella riassuntiva delle superfici nella media Valle Camonica al 1994
Superficie utilizzata BiocapacitàImpronta Ecologica Deficit ecologico
58 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
Fig. 13 - I valori della biocapacità, dell’IE, del deficit ecologico e della
superficie utilizzata della media Valle Camonica. Analisi diacronica 1994-
2001, in ha eq pro capite
Nell’arco di tempo compreso fra il 1994 e il 2001 anche la media Valle
Camonica evidenzia una tendenza decrescente dell’IE, che passa da 5,11 ha
eq pro capite a 4,90 ha eq pro capite.
Tab. VII - EF pro capite per categorie di consumo nella media Valle
Camonica al 1994 e al 2001
ha eq procapite anno EF totale media V. Camonica
al 1994 EF totale media V. Camonica
al 2001 Consumi alimentari 2,47 2,06 Abitazioni 0,77 0,89 Trasporti 0,97 0,96 Altri beni 0,52 0,44 Servizi 0,13 0,24 Rifiuti 0,25 0,32 TOTALE 5,11 4,90
Le singole componenti di consumo si comportano in modo simile
rispetto a quanto illustrato per la media Val Trompia, mostrando da un lato
un’importante flessione dei consumi alimentari, una più lieve riduzione dei
consumi di altri beni e una diminuzione molto blanda dei trasporti e
dall’altro lato incrementi sul fronte abitativo, del consumo di servizi e della
produzione di rifiuti solidi urbani. Anche in questo caso è la componente di
terreno per l’energia a subire le conseguenze più rilevanti a causa dei
crescenti consumi energetici, seguita dalla superficie degradata in termini di
occupazione diretta di suolo.
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 59
La contrazione della superficie utilizzata da 1,91 a 1,65 ha eq pro
capite deriva anche in questo caso da due tendenze opposte, che vedono
riduzioni della superficie destinata ad usi agricoli, di quella a pascoli e di
quella coperta da foreste, che si rivelano più ampie, sia in termini assoluti
sia dalla ponderazione sulla popolazione residente, rispetto all’aumento di
terreno edificato, con il conseguente sensibile calo della superficie
complessivamente utilizzata.
Anche la biocapacità evidenzia una tendenza decrescente dai toni
piuttosto marcati, passando da 2,45 a 2,12 ha eq pro capite in seguito alla
progressiva riduzione dei servizi naturali in termini di superficie agricola, a
pascoli e di superficie coperta da foreste. Dato che la riduzione della
biocapacità è più che proporzionale rispetto a quella dell’Impronta, ne
deriva un ampliamento del deficit ecologico, che dai 2,66 ha eq pro capite
del 1994 sale ai 2,78 ha eq pro capite del 2001.
0,39 0,60
5,35
-4,75
-6,0
-4,0
-2,0
0,0
2,0
4,0
6,0
ha e
q pr
o ca
pite
Tabella riassuntiva delle superfici nella provincia di Brescia al 1994
Superficie utilizzata BiocapacitàImpronta Ecologica Deficit ecologico
0,360,60
5,08
-4,48
-6,0
-4,0
-2,0
0,0
2,0
4,0
6,0
ha e
q pr
o ca
pite
Tabella riassuntiva delle superfici nella provincia di Brescia al 2001
Superficie utilizzata BiocapacitàImpronta Ecologica Deficit ecologico
60 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
Fig. 14 - I valori della biocapacità, dell’IE, del deficit ecologico e della
superficie utilizzata della provincia di Brescia. Analisi diacronica 1994-
2001, in ha eq pro capite
L’IE della provincia bresciana considerata nel suo complesso segue un
andamento molto simile a quello della media Valle Trompia, con una
riduzione dell’Impronta da 5,35 a 5,08 ha eq pro capite. Anche in questo
caso con riferimento alle singole categorie di consumo si rileva da un lato
una forte diminuzione dei consumi alimentari e una più lieve flessione dei
consumi di altri beni e dei trasporti e dall’altro lato incrementi per quanto
riguarda abitazioni, consumo di servizi e produzione di rifiuti solidi urbani.
L’offerta di servizi naturali appare immutata, ma dal dettaglio delle
componenti territoriali emerge che si tratta di una compensazione derivante
dall’aumento della superficie agricola e di quella edificata e dalla
contemporanea contrazione del suolo adibito a prati permanenti e pascoli e a
foreste.
L’evoluzione diacronica dell’Impronta Ecologica della Regione
Lombardia non viene riportata a causa della mancanza dei dati riguardanti i
consumi di gas metano e il consumo del suolo edificato.
4.4 Alcuni scenari di Impronta Ecologica
Dopo aver mostrato l’utilità dell’IE per individuare la responsabilità di
una determinata comunità umana in termini di consumo di risorse e di
emissioni nei confronti sia del territorio in cui risiede sia di territori esterni,
si focalizza l'attenzione su due esempi, dai quali emerge l’opportunità di
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 61
utilizzare l’indicatore anche per effettuare delle scelte di politica economica.
Attraverso la costruzione di scenari sono state proiettate alcune situazioni
realizzabili con riferimento ai rifiuti e al teleriscaldamento.
La produzione di rifiuti solidi urbani e la raccolta differenziata
La produzione di rifiuti rappresenta una misura dell’impoverimento
delle risorse: quantità e qualità dei rifiuti generati evidenziano l’impatto
delle attività antropiche sull’ambiente, in quanto dipendono strettamente sia
dall'efficienza con cui vengono utilizzate le risorse nei processi produttivi,
che dalla quantità e qualità dei beni che vengono prodotti e consumati.
Il D.Lgs 22/97, articolo 6, comma 1, lettera f) indica la raccolta
differenziata come “la raccolta idonea a raggruppare i rifiuti urbani in
frazioni merceologiche omogenee, compresa la frazione organica umida,
destinate al riutilizzo, al riciclaggio e al recupero di materia prima”. La
percentuale di raccolta differenziata rappresenta la percentuale di
conferimento separato di frazioni omogenee di rifiuti, all’interno della quale
si deve poi distinguere tra percentuale di materiale effettivamente avviato al
recupero e percentuale di materiale avviato allo smaltimento in sicurezza. La
raccolta differenziata svolge un ruolo prioritario nel sistema di gestione
integrata dei rifiuti in quanto permette, da un lato, di ridurre il flusso dei
rifiuti da avviare allo smaltimento e, dall’altro, di condizionare in maniera
positiva l’intero sistema di gestione (Apat, Onr, 2003, p. 63).
La raccolta differenziata viene effettuata in tutti i comuni della
provincia di Brescia e le frazioni raccolte in maniera differenziata sono
rappresentate da: carta, vetro, vetro più alluminio, alluminio, materiali
ferrosi, plastica (contenitori per liquidi), verde (rifiuti dalla manutenzione
del verde ornamentale pubblico e privato), organico (rifiuti organici dalle
cucine o dalla ristorazione utilizzabili per il compostaggio), legno, pile e
62 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
batterie, farmaci scaduti, altri (sono compresi materiali diversi, per lo più
recuperabili quali accumulatori al piombo, oli minerali esausti, oli di cottura
esausti, legno, cellophane e altri rifiuti pericolosi non riciclabili come toner
o contenitori etichettati T o F).
Fig. 15 - Scenari di Impronta Ecologica dei rifiuti prodotti e raccolti in modo
differenziato nella media Valle Trompia e nella media Valle Camonica al
2001 in ha eq pro capite.
Come sottolineato in precedenza, l’IE relativa ai rifiuti solidi urbani dei
residenti nella media Valle Trompia è notevolmente più elevata rispetto a
quella della popolazione camuna a causa della produzione decisamente
maggiore di tali rifiuti. Per analizzare l'IE dei rifiuti sono stati costruiti tre
scenari. Il primo scenario esamina il consumo di IE in totale assenza di
conferimento differenziato: fra le varie tipologie di materiali considerati
0,00
0,05
0,10
0,15
0,20
0,25
0,30
0,35
0,40
0,45
Rifiutitotalmente
indifferenziati
Smaltimentoattuale
Rifiutitotalmentedifferenziati
Scenari di Impronta Ecologica dei rifiuti nella media Valle Trompia, al 2001
carta plastica metalli ferrosialluminio vetro risparmio
0,00
0,05
0,10
0,15
0,20
0,25
0,30
0,35
0,40
0,45
Rifiutitotalmente
indifferenziati
Smaltimentoattuale
Rifiutitotalmentedifferenziati
Scenari di Impronta Ecologica dei rifiuti nella media Valle Camonica, al 2001
carta plastica metalli ferrosialluminio vetro risparmio
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 63
emergono ripercussioni fortemente negative soprattutto con riferimento alla
carta, che in termini quantitativi mostra il consumo più elevato e le cui
conseguenze dirette si registrano dal lato dell’abbattimento delle foreste. Lo
scenario successivo evidenzia il risparmio di IE che si riscontra in presenza
dei quantitativi attualmente raccolti in modo differenziato e in entrambe le
valli si registra un risparmio pari circa al 6%. La situazione ipotizzata
dall’ultimo scenario prevede che l’intero quantitativo di rifiuti solidi urbani
prodotti venga conferito in modo differenziato e in questo caso il risparmio
di Impronta sale in entrambe le aree attorno al 31%.
E’ interessante notare i diversi risultati a cui si perviene a seconda del
tipo di materiale: supponendo infatti che la raccolta differenziata raggiunga
il 100%, alcuni materiali quali la plastica, l’alluminio e, in misura minore, il
vetro evidenziano un risparmio in termini di Impronta piuttosto consistente,
mentre altri, fra i quali in particolare la carta, mostrano un risparmio più
ridotto. Questo è dovuto soprattutto al fatto che il processo di riciclaggio
comporta numerosi passaggi altamente energivori, si pensi nel caso della
carta, al percorso che va dalla raccolta, all’eliminazione dell’inchiostro, fino
all’immissione sul mercato del foglio “come nuovo”. Tali risultati
conducono a riflettere sugli stili di vita attuali e su alcune convinzioni molto
diffuse, poiché mostrano in modo chiaro come l'operazione di
differenziazione dei rifiuti si traduca in un risparmio di risorse solo parziale.
Si rilevano dunque conseguenze negative sia a monte sia a valle della
produzione di rifiuti: nel primo senso in quanto anche se conferiti in modo
differenziato si tratta comunque di rifiuti che sono stati prodotti e nel
secondo in quanto per consentire il riutilizzo sono necessari processi costosi,
soprattutto in termini energetici.
64 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
Il Teleriscaldamento
Il termine teleriscaldamento indica un sistema integrato di produzione e
distribuzione di calore. L'energia termica viene, di norma, prodotta in
centrali di cogenerazione con produzione congiunta di elettricità, salvo una
modesta quota di integrazione generata con caldaie tradizionali. La
produzione disgiunta di elettricità in apposita centrale termoelettrica e di
calore in caldaie condominiali e unifamiliari comporta rispetto alla
cogenerazione un maggior consumo di energia primaria, a parità di servizi
erogati. La cogenerazione permette invece di recuperare l'energia
"dequalificata" del processo termoelettrico tradizionale, ossia l'energia
termica normalmente prodotta e poi dispersa dalle centrali elettriche che,
con opportuni accorgimenti, viene impiegata per il riscaldamento degli
edifici. Grazie alla cogenerazione, che rappresenta la gestione integrata dei
due prodotti, elettricità e calore, il rendimento del ciclo passa così dal 40-
60% al 90%, con conseguente risparmio di fonti primarie di energia e
diminuzione dell'inquinamento atmosferico.
Il progetto di massima del teleriscaldamento per la città di Brescia
risale agli anni '60: esso prevedeva, a quel tempo, di riscaldare un terzo della
città con calore recuperato da impianti di produzione di energia elettrica. In
seguito ad alcuni esperimenti pilota avviati negli anni settanta, nel 1978 è
entrato in esercizio il primo gruppo di cogenerazione della Centrale Sud
Lamarmora. La Centrale è stata successivamente potenziata e nel 1992 è
stata completata con l'installazione di una terza turbina. Da fine anni
novanta la Centrale Lamarmora è stata affiancata da un altro impianto, il
Termoutilizzatore. Il Termoutilizzatore non si limita ad incenerire i rifiuti,
ma recupera dai rifiuti fino al 90% dell’energia liberata dalla combustione,
con un conseguente risparmio di combustibili fossili che verrebbero
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 65
altrimenti impiegati (Osservatorio sul Termoutilizzatore di Brescia, 2003).
Le emissioni inquinanti in atmosfera risultano inoltre ridotte rispetto
all'impiego di combustibili fossili tradizionali (ASM Brescia S.p.A., 2001, p.
20). Da queste due centrali viene attualmente erogato il 98% del calore da
teleriscaldamento, in misura pari rispettivamente al 74% dalla Lamarmora7 e
al 24% dal Termoutilizzatore8, mentre il restante 2% proviene da impianti
semplici.
Nelle sue linee essenziali, l'impianto è a circuito chiuso con due tubi
affiancati dello stesso diametro: uno di mandata, l'altro di ritorno; si tratta di
tubazioni preisolate posate direttamente in trincea su un letto di sabbia. Il
fluido trasportato è acqua surriscaldata. La differenza di temperatura tra
mandata e ritorno è variabile tra 30°C e 70°C in funzione della temperatura
atmosferica. La temperatura di mandata varia tra 90°C e 130°C, quella di
ritorno è di 60°C. Il calore viene fornito all'utenza attraverso sottocentrali
dotate di scambiatori di calore, secondo modalità diverse che dipendono dal
sistema di riscaldamento impiegato nell'edificio.
Il teleriscaldamento attualmente copre il 60% del fabbisogno di energia
termica per il riscaldamento della città di Brescia e a progetto completato si 7 La Centrale Lamarmora utilizza quattro tipi di combustibili:
1) Olio Combustibile Denso a basso tenore di zolfo (OCD BTZ), 2) Metano, 3) Carbon fossile bituminoso ad alto tenore di volatili, 4) Gasolio per l’alimentazione del Diesel di emergenza (ASM Brescia S.p.A., 2003).
8 I rifiuti trattati dal Termoutilizzatore sono così suddivisi per tipologia. 1) Rifiuti solidi urbani, assimilati, ingombranti, 2) Rifiuti speciali, da attività commerciali e produttive, 3) Biomasse, comprendenti le seguenti tipologie di rifiuti: • Pulper di cartiera: materiale residuo originato dal processo di riciclaggio della carta,
costituito da fibre di cellulosa e residui plastici; • Fanghi da impianti di depurazione delle acque; • Scarti vegetali; • Scarti della lavorazione del legno, imballaggi in legno;
66 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
prevede di superare il 70%. Sebbene sia tecnicamente possibile, non è
conveniente raggiungere il 100% dell'utenza potenziale, in quanto il costo
della rete inciderebbe eccessivamente nelle aree poco edificate
(www.asm.brescia.it/ambiente).
Fig. 16 - Scenari di Impronta Ecologica nella media Valle Trompia per
utilizzo di gas metano e teleriscaldamento per uso residenziale al 2001 in ha
eq pro capite
In analogia a quanto effettuato per i rifiuti, sono stati calcolati due
scenari di possibile estensione del teleriscaldamento. Dato che la media
Valle Trompia non dispone di impianti di teleriscaldamento, i calcoli relativi
ai due scenari sono stati effettuati sulla base dei consumi di gas metano
triumplini e sui risparmi derivanti dal teleriscaldamento prodotto dalle
centrali bresciane, ottenuti tenendo anche conto dei diversi rendimenti delle
• Fibre tessili grezze (Osservatorio sul Termoutilizzatore, 2003).
0,142 ha
0,000
0,050
0,100
0,150
0,200
0,250
consumo totale di gasmetano (situazione attuale)
70% da teleriscaldamento e30% da gas metano
Scenari di Impronta Ecologica nella media Valle Trompia per utilizzo di gas metano e teleriscaldamento per uso residenziale
consumi di gas metano risparmio derivante da teleriscaldamento
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 67
centrali rispetto a quelli delle caldaiette domestiche, nonché delle inevitabili
perdite nelle tubature di parte del calore proveniente dalle centrali.
Il primo scenario corrisponde alla situazione attuale, in cui l’intero
fabbisogno di riscaldamento residenziale viene coperto dal gas metano
utilizzato nelle singole caldaie degli edifici. Tali consumi corrispondono ad
oltre il 4% dell’IE pro capite complessiva della media Valle Trompia. Il
secondo scenario ipotizza invece la presenza di una centrale unica in grado
di coprire mediante teleriscaldamento il 70% del fabbisogno di energia
termica per usi residenziali dell’area. Tale percentuale di utenze viene
indicata dall’ASM come adeguata in termini di costi della rete e di benefici
derivanti dalla cogenerazione per il territorio cittadino e si può considerare
applicabile anche alla media Valle Trompia, che presenta caratteri simili al
capoluogo in termini di copertura del suolo edificato. Emerge in modo
evidente come l’energia termica derivante dalla cogenerazione si trasformi
completamente in risparmio, dovuto al recupero a fini termici dell’energia
dissipata nell’ambiente dalle centrali semplici, ossia quegli impianti che
producono solo energia elettrica.
Dato che non tutti i gestori che hanno fornito i dati riguardanti il
consumo di gas metano hanno provveduto a scorporare l’utilizzo domestico
(per cottura cibi, acqua calda, …) da quello relativo al riscaldamento, al fine
di rendere i dati fra loro omogenei, è stato utilizzato il consumo residenziale
complessivo dei vari comuni. In tal modo si sono inclusi dei consumi non
derivanti dal riscaldamento e, come conseguenza, il risparmio in termini di
Impronta pro capite che emerge dall’analisi è sottostimato rispetto a quanto
effettivamente deriva dall’energia termica prodotta da cogenerazione. La
quota di IE che ogni abitante risparmierebbe grazie al teleriscaldamento
dovrebbe poi essere ulteriormente incrementata dall’estensione dell’utilizzo
68 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
al settore terziario, ma anche in questo caso non si dispone di dati con
sufficiente grado di disaggregazione.
La diffusione del teleriscaldamento nella media Valle Camonica appare
piuttosto complessa a causa in particolare dell’elevata pendenza e della
tipologia abitativa prevalente, rappresentata da una molteplicità di piccoli
centri e nuclei abitativi. Si segnala tuttavia la presenza di una centrale che
fornisce teleriscaldamento utilizzando legno situata nel comune di Sellero,
che raggiunge anche alcune utenze di Cedegolo, ma non si dispone dei dati
relativi al calore distribuito in quanto l’impianto è entrato in funzione nel
2004.
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 69
5. Considerazioni conclusive
Buona parte delle critiche che la letteratura avanza nei confronti degli
indicatori sintetici, focalizza l’attenzione sulla difficoltà di ridurre a un
unico dato la complessità dei fenomeni relativi agli “impatti della
popolazione sulla natura e ai conseguenti impatti della natura cambiata sulle
società umane”. Ciò in considerazione del fatto che il degrado degli
ecosistemi e dunque della loro capacità di fornire i “servizi della natura” si
ripercuote negativamente sulla salute umana, sulle opportunità economiche
e più in generale sul benessere della comunità (Rapport, 2000, p. 368).
L’Impronta Ecologica, pur essendo un indicatore sintetico, è scomponibile
in tutte le categorie di consumo e in tutte le tipologie di terreno
corrispondenti, per cui consente l’individuazione di quei rapporti di causa
effetto a livello multidimensionale che caratterizzano la complessità di un
sistema regionale. L’IE ha permesso una lettura a maglie sottili del territorio
e con esso di un’ampia gamma di conseguenze derivanti dai diversi stili di
vita prevalenti. Si tratta dunque di un modello interpretativo che serve per
semplificare e rappresentare la realtà, anche se non la può spiegare.
In particolare, l'analisi contrastiva fra le due aree, individuate sulla base
dei caratteri socio economici ai quali sono stati successivamente sovrapposti
quelli geografici, ha consentito di confermare le ipotesi di base, secondo le
quali esiste una correlazione diretta fra i livelli dell'IE e i "generi" di vita9,
come del resto si rileva a scala nazionale dai vari rapporti della serie Living
Planet.
Anche se le differenze non sono molto elevate, in quanto all'interno
della medesima provincia le condizioni socio economiche sono abbastanza
9 per usare un termine introdotto da P. Vidal de la Blache.
70 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
omogenee, è emerso sia dal lato dei consumi sia da quello della produzione
di rifiuti solidi urbani, il maggior "peso" nei confronti della natura degli
abitanti della media Valle Trompia, l'area con il livello di benessere più
elevato. L'Impronta sarebbe risultata ancora maggiore se non si fossero
realizzate economie di scala, causate anche dall’elevata densità sia dal punto
di vista demografico sia da quello dell'offerta di lavoro, con conseguenti
importanti risparmi, in termini diretti e indiretti, di suolo e di energia.
Dall'altra parte, la disaggregazione nelle singole componenti di
consumo e di terreno ha messo in luce come il risparmio di IE derivante dai
più contenuti livelli di consumo degli abitanti della media Val Camonica,
l'area con il minor livello di benessere, risulti attenuato dalle tipologie
abitative prevalenti e probabilmente anche dalle lunghe distanze da
percorrere per raggiungere il posto di lavoro e, in generale, i servizi.
L’analisi diacronica dell’Impronta Ecologica effettuata in questo studio
rappresenta inoltre un tentativo di confronto dinamico a scala locale. L’IE
trova in letteratura ampia applicazione a scala nazionale, per il confronto,
talvolta anche diacronico, fra stati, ma è importante sottolineare come
presenti potenzialità rilevanti anche a scala locale, in particolare per porre in
luce la diretta responsabilità degli abitanti delle aree oggetto di studio
attraverso i loro consumi, così come per facilitare alcune scelte agli
amministratori.
Allo stato attuale vi è purtroppo un limite, costituito dalla mancata
disponibilità di alcuni dati a livello comunale, fra cui i consumi di generi
alimentari, non alimentari e di servizi, che sono disponibili dettagliatamente
solo per macroregioni: è evidente che per analizzare i comportamenti di aree
circoscritte, l’utilizzo di dati riferiti all’intera Italia nord occidentale conduca
inevitabilmente a risultati eccessivamente generalizzati, rendendo
Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica 71
impossibile cogliere le sfumature presenti nelle realtà locali. Anche la
disponibilità dei dati relativi ai consumi di energia elettrica limitata alla
scala provinciale rappresenta un ostacolo di non poco conto. Le difficoltà
emergono soprattutto in province che si estendono su superfici molto ampie,
come nel caso della bresciana10, poiché date le diversità relative a
morfologia e altimetria, si comprende facilmente come le abitudini, in
particolare sul fronte del riscaldamento nei mesi invernali e del
condizionamento in quelli estivi, possano pesare in modo differente
sull’Impronta.
10 L’estensione della provincia bresciana è di 4.784 Kmq.
72 Sostenibilità a scala locale e Impronta Ecologica
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