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GESTIONE DELLA CLASSE E PROBLEMATICHE RELAZIONALI
LABORATORIO FORMATIVONEOASSUNTI 2017LICEO CLASSICO P.GALLUPPI CATANZARO
prof.ssa Santoro RobertaGESTIONE DELLA CLASSE E PROBLEMATICHE RELAZIONALI
STRUTTURA DELLINTERVENTO FORMATIVOprof.ssa Santoro RobertaIl quadro delle conoscenzeAvanguardie educativeAlcuni modelli di riferimento: KOUNIN, GLASSER, CANTER, JONESBuone pratiche proposte da INDIRE
Riflessioni sulla figura del docenteGestione della classeIntelligenze, temperamenti, stili di apprendimentoLa gestione inclusiva del gruppo classeStile di insegnamento; comunicazione efficaceCondividiamo il lessicoBibliografia e sitografiaprof.ssa Santoro RobertaIL QUADRO DELLE CONOSCENZE
Gestione della classeprof.ssa Santoro Roberta
Intelligenzeprof.ssa Santoro Roberta
TEMPERAMENTIprof.ssa Santoro Roberta
La gestione inclusiva del gruppo classeprof.ssa Santoro Roberta
prof.ssa Santoro Roberta
Riconfigurazione della relazione formativa (flipped classroom)Riconfigurazione dei contenuti (Contenuti Didattici Digitali/Integrazioni libri di testo)Riconfigurazione del ruolo dello studente (Debate)Riconfigurazione del ruolo docente e della sua capacit progettuale (Didattica per scenari)
prof.ssa Santoro RobertaLE AVANGUARDIE EDUCATIVE
FLIPPED CLASSROOMprof.ssa Santoro Roberta
DEBATEprof.ssa Santoro Roberta
Jacob KouninWilliam GlasserLee CanterFredric Jones
prof.ssa Santoro RobertaALCUNI MODELLI DI RIFERIMENTO
Il contributo di Jacob Kounin Jacob Kounin (discipline and group management in classroom, New York 1970) ha teorizzato che per una buona gestione della classe bisogna:Presenza efficace in classe(withitness)grado di attenzione con cui il docente riesce a seguire la classe e le dinamiche di gruppo, sapendo sempre che cosa sta succedendoSlancio e scorrevolezza ( momentum and smoothness)energia e slancio del docente mantengono viva lattenzione e stimolano la motivazioneCondurre pi attivit contemporaneamente (overlapping)moltiplicazione e differenziazione di attivit, per assecondare bisogni differenti, deve diventare normaliteffetto onda ( ripple effect)Per prevenire comportamenti inadeguati, la strategia prevede di riprendere lallievo di fronte a tutti con energia, in modo da comunicare anche agli altri che quel comportamento errato.
prof.ssa Santoro Roberta
Il contributo di William Glasser William Glasser, Control Theory in the Classroom, New York 1989Egli sostiene che lallievo acquista senso di responsabilit se il contesto educativo favorevole e i suoi bisogni vengono soddisfatti.Gestione boss-managementRuolo autoritario del docenteAttenzione ai risultati e non ai processiImportanza focalizzata sullesecuzione, e non sul ragionamentoSi predilige la disciplina alla gestione della classeGestione lead-managementCoinvolgimento degli studentiSollecitazione ad esprimersiAttivit personalizzatePromozione dellautovalutazione degli allieviMetodi persuasive, non repressiviClima di classe positivo
.
prof.ssa Santoro Roberta
Il contributo di Lee Canter Lee and Marlen Canter, Assertive discipline, Santa Monica 1976La disciplina assertiva un modo di gestire la classe che si focalizza sul diritto degli studenti ad apprendere e sul diritto dellinsegnante a insegnare senza essere infastiditi dal comportamento scorretto di qualcunoIl docente ben preparato promuove abilit assertive:Instaura rapporto rispettoso e sereno con gli allieviStabilisce regole e linee dazione ben definiteAssume un ruolo autorevolePromuove comportamenti collaborativi e tolleranti, ma si mostra fermo e deciso verso comportamenti non consoniGuida e orienta il percorso formativo degli studentiUsa metodi e strategie didattiche partecipativeHa considerazione dei bisogni degli studenti
prof.ssa Santoro Roberta
Il contributo di Fredric Jones Precisa organizzazione della classeStrutturare laula in modo da poter essere sempre presente tra gli allieviRuolo della comunicazione non verbale (fondamentale)Controllo prossimale; contatto oculare; espressioni facciali; postura del corpo; segnali e gesti; respirazione; tono di voceStrategia di conduzione della lezioneCon un allievo in difficolt, sostituire laiuto universale non efficace- con una positiva interazione di supporto: lodare, suggerire, allontanarsiSistema di incentivi ( necessari per la gestione della classe)Tempo libero, disegno, uscite, visione di film
prof.ssa Santoro Roberta
16
user (u) - " Gli insegnanti prendono ogni giorno circa cinquecento decisioni di conduzione della realt di classe, che rende il loro lavoro secondo, come complessit e stress, solo a quello dei controllori di volo del traffico aereo" Positive classroom discipline, New York 1987Apprendimento cooperativo e investigazioni scientifiche: alcuni esempi sulle trasformazioniModellizzare e risolvere problemi: una proposta per il primo cicloModellizzare e risolvere problemi: una proposta per il secondo cicloMatematica e lingua: una proposta interdisciplinare
prof.ssa Santoro RobertaBUONE PRATICHE
prof.ssa Santoro Roberta
1
Piano di Formazione per docenti neoimmessi in ruolo a.s. 2015-16
LABORATORIO 3
Gestione della classe e problematiche relazionali
prof.ssa Maria Antonietta Sorci
Contenuti propedeutici ai laboratori
Sommario:
Scheda 1: Riflessioni sulla figura del docente p. 2
Scheda 2: Gestione della classe p. 4 Scheda 3: Intelligenze, temperamenti, stili di apprendimento p. 8
Scheda 4: La gestione inclusiva del gruppo classe p. 15
Scheda 5: Stile di insegnamento; comunicazione efficace p. 23
Scheda 6: Condividiamo il lessico p. 31
Scheda 7: Bibliografia e sitografia p. 33
userEvidenziato
userEvidenziato
2
SCHEDA 1 Riflessioni sulla figura del docente Dalla necessit di modernizzare i sistemi di istruzione dei paesi europei,
(strategia di Lisbona 2000), per rispondere alla svolta in atto nella societ, alla
rapidit del cambiamento dei sistemi comunicativi1, ai bisogni di integrazione dei
diversi ambiti etnici e culturali2, si impone alla scuola e ai docenti di ripensare il
proprio ruolo, i propri modelli, le strategie, gli approcci comunicativi e gli stili di
insegnamento.
Si avverte la necessit di delineare un nuovo profilo di docente, capace di
intercettare i bisogni, le motivazioni, le diversit e le difficolt degli allievi, e di dare
una risposta efficace; di garantire a tutti gli allievi una risposta costante relativa ai
propri bisogni educativi.
Uno degli obiettivi europei quello di migliorare l'istruzione e la formazione
degli insegnanti per far s che le loro conoscenze e capacit corrispondano sia
allevoluzione sia alle aspettative della societ, nonch alla composizione
diversificata dei gruppi interessati. Il loro ruolo anche quello di un tutor che
guidi gli allievi nel loro percorso individuale verso la conoscenza3.
Il ruolo del docente diventa dunque centrale nellintrodurre i cambiamenti che
si reputano necessari per ridurre le fratture che caratterizzano la scuola italiana.4
Il docente deve riappropriarsi della sua funzione pedagogica, intendendo tale
funzione non come tecnica, ma come un sapere riflessivo. Gli strumenti
metodologici e didattici fanno parte dello strumentario di base, che patrimonio di
conoscenza e abilit di ciascun docente, mentre la competenza psicopedagogica
deve continuamente essere aggiornata e approfondita. 5
1 Relazione del Consiglio (Istruzione) per il Consiglio europeo sugli obiettivi futuri e concreti dei
sistemi di istruzione e di formazione, Bruxelles 2001, p. 4. 2 Id., p. 6. 3 Id., p. 8. 4 Fondazione Giovanni Agnelli, Rapporto sulla scuola in Italia 2010
5 MIUR, Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di
apprendimento, allegate al decreto ministeriale 12 luglio 2011.
3
Perch partire da una riflessione sul docente? Perch il fare scuola un
agire comunicativo. E un processo interattivo, inclusivo. E un processo che
provoca un cambiamento reciproco, allievo-docente.
Spesso invece, secondo una prassi forse irriflessa, si tende a identificare la
difficolt di gestione di una classe (demotivazione, rendimento, comportamento,
ecc.) come problema della classe. Anzi, il problema la classe. Il docente tende a
escludere se stesso, anche inconsapevolmente. Invece bisogna ribaltare il
problema e riflettere sulla relazione dei due sistemi: apprendimento-insegnamento.
La domanda fondamentale che dobbiamo porre dunque:
Se il docente va inteso come un professionista riflessivo capace di
autoconoscenza e autoregolazione, come pu operare in classe affinch i suoi
personali stili di insegnamento favoriscano le relazioni e lapprendimento dei suoi
allievi?
4
SCHEDA 2
Gestione della classe
E il problema cruciale per gran parte degli insegnanti. Linsegnamento oggi
spesso sinonimo di fatica e di disagio. Promuovere la motivazione, mantenere la
disciplina e stimolare apprendimenti soddisfacenti in una classe sembra essere
sempre pi difficile.
Ieri per un docente gestire la classe significava saper tenere la disciplina. Oggi
per un docente saper gestire una classe significa conoscere i propri studenti,
essere in grado di offrire loro una motivazione, attivare processi di apprendimento
efficace e di crescita.
La figura del docente nella sua relazione con la classe pu essere oggi
inquadrata in una prospettiva molteplice6:
1. Autorappresentazione professionale: ruolo e responsabilit sociale
dellinsegnante.
2. Autocontrollo: stress e autostima.
3. Comunicazione: autorevolezza dellinsegnante.
4. Progettualit: programmazione e diversi modi di fare lezione.
5. Gestione: dinamiche di classe e strategie per governarle.
6. Materia di insegnamento: saperi abilit e competenze.
7. Valutazione: modi di valutare.
8. Relazioni: rapporti che intessono la funzione docente
Diverse statistiche parlano di dati crescenti nella difficolt di promuovere la
motivazione, mantenere la disciplina, ecc.7 Come spiegarlo? Il docente oggi risente
della perdita di autorevolezza e di prestigio sociale; i modelli di insegnamento
inoltre non sono pi adeguati.
Unindagine del pedagogista belga G.L. De Landsheere, pubblicata nel 1969 e
divenuta un classico della ricerca sullinsegnamento, denunciava che: ovunque,
dal Belgio alla Costa DAvorio, gli insegnanti applicano gli stessi schemi di
insegnamento e consacrano lessenziale del loro tempo a trasmettere nozioni e a
6 L. Tuffanelli- D Ianes, La gestione della classe, Erickson 2014, p.14. 7 Id. p. 14
5
organizzare la vita di classe8. Il modello prevalente quello direttivo, trasmissivo e
frontale ((Indagine OCSE TALIS condotta nel 2009 su docenti di 25 Paesi
dellarea OCSE).
Altri dati evidenziano che tale orientamento di stampo tradizionale non dipende
dallet (Fondazione Agnelli 2009). Non let anagrafica in sostanza che fa
propendere verso strategie pi tradizionali o pi innovative e partecipative. Altri
dati: alla domanda sulladeguatezza della propria formazione iniziale, il 36% dei
docenti di scuola superiore si sente poco adeguata9.
La gestione della classe dunque innanzitutto una consapevole gestione della
relazione educativa, col singolo e con la classe. Lo spazio entro cui agisce il
docente uno spazio dato dalla relazione orizzontale/verticale tra studenti e
docente. Interessante, al proposito, la teoria del triangolo pedagogico, elaborata
recentemente dal pedagogista francese J. Houssaye10. Lo spazio triangolato,
costituito dai tre vertici: docente, studente, disciplina, un campo
fondamentalmente relazionale; fornisce un modello pratico di scuola e di relazioni
sociali. Le modalit di azione che si possono verificare sono tre:
1. Il docente ha un rapporto esclusivo e unilaterale con loggetto conoscitivo della
sua disciplina. In questo caso viene trascurata la relazione con gli alunni. In
questo tipo di rapporto, linsegnante non fa nulla per adeguare le sue modalit
dinsegnamento e di comunicazione alle caratteristiche dei suoi alunni. Conta la
trasmissione di un sapere rispetto a cui agli alunni spetta solo il compito di
assimilare. E piuttosto rigido. I fallimenti ricadono interamente sulle spalle degli
alunni.
2. Il docente ha un rapporto piuttosto esclusivo con gli alunni e dimentica loggetto
del suo lavoro e della sua disciplina. Il docente, in questo caso, preferisce
identificarsi con lamico, non esigente; si adegua spesso ai capricci degli
alunni; da e richiede confidenza; punta allapprovazione e allaccettazione dei
8 L. Tuffanelli, La diversit come risorsa, in: Ianes- Cramerotti (a cura di) Alunni con BES, Erickson Trento 2013, pp.317 s. 9 Indagine Fondazione Agnelli sui docenti neoassunti, 2010 (N = 7.700 docenti). 10 Jean Houssaye, Le triangle pdagogique, Esf, Parigi 2014.
6
suoi alunni. In questa operazione seduttiva linsegnante non crea le vere
condizioni per la crescita e lapprendimento dei ragazzi.
3. Il docente si relaziona sia con il proprio oggetto conoscitivo, sia con gli alunni. Si
dimostra competente, esigente, appassionato; trasmette interesse, suscita
lespressione di soggettivit critiche ed autonome. Cerca di realizzare il difficile
equilibrio del triangolo.
Perch si dia trasmissione culturale ci deve essere dunque una gestione della
relazione educativa, che sia adeguata ed efficace. Linsegnante deve essere oggi
come una moneta a due facce: esperto nella proprie discipline ed esperto sul piano
comunicativo-relazionale.11
Il tipo di insegnamento che ancora oggi molti insegnanti impartiscono si ispira a
modelli che si adeguavano al mondo della pre-modernit, cui ha corrisposto una
struttura educativa convergente su obiettivi delineati per lo pi in forma di
conoscenze (di fatti, concetti, principi, teorie).
Oggi la normativa vigente, nazionale ed europea, assegna alla scuola il compito
di suscitare competenze sempre pi vaste e trasversali. Si delinea principalmente
la competenza chiave dellimparare ad imparare. Divenire cio persone capaci di
strategie di apprendimento efficaci, da spendere lungo tutto larco dellesistenza12.
Limmagine largamente usata nella letteratura pedagogica per indicare il
processo di mediazione dellinsegnante nellapprendimento, lo scaffolding,
larmatura destinata a sorreggere una costruzione. E la stessa attivit che compie
un genitore ogni volta che insegna qualcosa al proprio figlio, come ad esempio a
camminare o a parlare.
Lo scaffolding non solo un sostegno intellettuale, tecnico o organizzativo, ma
anche emotivo, cognitivo e meta cognitivo. Emotivo perch ha come finalit quello
di stimolare l'allievo ad apprendere, incoraggiarlo, spronarlo a superare eventuali
barriere di tipo motivazionale. Meta cognitivo perch si propone di fare l'ulteriore
passo in avanti e sostenere l'allievo non solo nell'acquisizione di una specifica
11
L. Tuffanelli, La diversit come risorsa, in: Ianes- Cramerotti (a cura di) Alunni con BES, Erickson Trento 2013, pp.319 s. 12 Id. p. 320
7
conoscenza o competenza, ma nello sviluppo delle abilit meta cognitive che gli
consentiranno di imparare ad apprendere, facilitando cos il processo di
apprendimento continuo e gli permetteranno di fissarsi su processi pi complessi
come il pensiero critico e la riflessione.
Al sistema trasmissivo e riproduttivo del sapere finora rappresentato dalla scuola
deve subentrare unimpostazione pi costruttiva e interattiva13, in grado di
alimentare gli apprendimenti con approcci differenziati.
13 Id. p. 321
https://it.wikipedia.org/wiki/Riflessione_(filosofia)
8
SCHEDA 3
Intelligenze, temperamenti, stili di apprendimento
Ogni studente suona il suo strumento, non c niente da fare. La cosa difficile
conoscere bene i nostri musicisti e trovare larmonia. Una buona classe non un
reggimento che marcia al passo, unorchestra che prova la stessa sinfonia 14.
La citazione di Pennac consente di puntualizzare alcune caratteristiche ed
aspetti importanti nella gestione della classe: innanzitutto, la classe un gruppo
eterogeneo di persone dove ognuno suona il suo strumento e l'eterogeneit
sicuramente una delle caratteristiche pi problematiche, ma anche potenzialmente
pi produttive, di qualsiasi gruppo. In secondo luogo, pone laccento sullimportanza
di conoscere bene i propri musicisti al fine di trovare larmonia.
Intelligenze, temperamenti, stili di apprendimento diversi caratterizzano ogni
allievo.
Le intelligenze. Nel 1983 lo psicologo statunitense Howard Gardner
individuato ben 9 tipi fondamentali dintelligenza, localizzati in parti differenti del
cervello15.
1. Intelligenza Linguistica.
E legata alla capacit di utilizzare un vocabolario chiaro ed efficace. Chi la possiede
solitamente sa variare il suo registro linguistico in base alle necessit ed ha la
tendenza a riflettere sul linguaggio. Possono averla poeti, scrittori, linguisti, filologi,
oratori.
2. Intelligenza Logico-Matematica.
lintelligenza che riguarda il ragionamento deduttivo, la schematizzazione e le catene
logiche. La possiedono solitamente scienziati, ingegneri, tecnologi.
2. Intelligenza Spaziale.
Concerne la capacit di percepire forme e oggetti nello spazio. Chi la possiede,
normalmente, ha una sviluppata memoria per i dettagli ambientali e le caratteristiche
esteriori delle figure, sa orientarsi in luoghi intricati e riconosce oggetti tridimensionali
14
D. Pennac, Diario di scuola, Feltrinelli, Milano 2008 15 H Gardner, Formae mentis. Saggio sulla pluralit dellintelligenza, Milano Feltrinelli 1987.
9
secondo schemi mentali piuttosto complessi. La possiedono scultori, pittori, architetti,
ingegneri, chirurghi ed esploratori.
3. Intelligenza Corporeo-Cinestesica.
Permette alle persone di usare il proprio corpo, in parte o interamente, per creare
prodotti o risolvere problemi. Si esprime con una padronanza del corpo che permette di
coordinare bene i movimenti. Gli atleti, i chirurghi, i danzatori, i coreografi e gli artigiani
usano tale intelligenza.
4. Intelligenza Musicale.
la capacit di riconoscere laltezza dei suoni, le costruzioni armoniche e
contrappuntistiche. Chi ne dotato solitamente ha uno spiccato talento per luso di uno
o pi strumenti musicali, o per la modulazione canora della propria voce. La
possiedono prevalentemente i compositori, i musicisti e i cantanti.
5. Intelligenza Interpersonale.
Riguarda la capacit di comprendere gli altri, le loro esigenze, le paure, i desideri
nascosti, di creare situazioni sociali favorevoli e di promuovere modelli sociali e
personali vantaggiosi. presente in maggior misura in politici, leader, imprenditori di
successo, psicologi.
6. Intelligenza Intrapersonale.
Riguarda la capacit di comprendere la propria individualit, di saperla inserire nel
contesto sociale per ottenere risultati migliori nella vita personale, e anche di sapersi
immedesimare in ruoli e sentimenti diversi dai propri. Non prerogativa di qualcuno,
bench la possiedano, in particolare, gli attori.
7. Intelligenza Naturalistica.
Consiste nel saper individuare determinati oggetti naturali, classificarli in un ordine
preciso e cogliere le relazioni tra di essi. lintelligenza tipica di biologi, astronomi,
antropologi, medici e altri.
8. Intelligenza Esistenziale.
Rappresenta la capacit di riflettere consapevolmente sui grandi temi dellesistenza,
come la natura delluomo, e di ricavare da sofisticati processi di astrazione delle
categorie concettuali che possano essere valide universalmente. tipica dei filosofi e
degli psicologi, e in parte anche dei fisici.
Sebbene queste capacit siano pi o meno innate negli individui, non sono
statiche e possono essere sviluppate mediante lesercizio. Inoltre, esse possono
anche decadere con il tempo. E opportuno che le diverse forme mentali siano
10
riconosciute e stimolate, perch persino lindividuo pi dotato, in assenza di un
sostegno positivo, rimarr a livelli mediocri. Come riconoscerle?
INTELLIGENZE
OPERAZIONI CENTRALI
Intelligenza linguistica Sintassi, fonologia, semantica, pragmatica
Intelligenza musicale Tono, ritmo, timbro
Intelligenza logico-matematica Numero, categorizzazione, relazioni
Intelligenza spaziale Accurata visualizzazione mentale, trasformazione mentale delle immagini
Intelligenza corporeo-cinestetica Controllo del proprio corpo, controllo nella presa degli oggetti
Intelligenza interpersonale Consapevolezza dei sentimenti, delle emozioni, degli obiettivi e delle motivazioni delle altre persone
Intelligenza intrapersonale Consapevolezza dei propri sentimenti, emozioni, obiettivi e motivazioni
Intelligenza naturalistica Ricognizione e classificazione degli oggetti nellambiente
Tutti gli esseri umani posseggono tutte le otto intelligenze; ogni persona ha per
la propria particolare miscela o amalgama delle intelligenze.
Temperamenti. Ogni alunno diverso per propensione allo studio, capacit
cognitive, abilit, attitudini, motivazione. Anche le conoscenze e le capacit dei
docenti, le loro abilit nellinsegnamento, gli interessi, le aspettative, influenzano il
modo in cui organizzano e gestiscono la classe, il loro stile di insegnamento e le
interazioni con gli studenti 16. Che cosa il temperamento?
Sul concetto di temperamento non tutti concordano. Di solito intendiamo il
temperamento come sinonimo di indole, ossia quellinsieme di caratteristiche
peculiari che distinguono un individuo fin dalla nascita. Si potrebbe anche definire
16 cf. Barbara K.Keogh, Impulsivi, introversi, emotivi, apatici. Comprendere e valorizzare il
temperamento e le differenze individuali, Erickson, 2006, p. 14.
11
l'insieme delle tendenze innate, cio determinate geneticamente, dell'individuo a
reagire agli stimoli ambientali con determinate modalit anzich altre.
Allinterno delle molteplici definizioni di temperamento possibile rintracciare
un denominatore comune: il temperamento consiste nelle differenze individuali su
base biologica, rilevabili nel comportamento. Tali differenze compaiono molto
precocemente, sono relativamente stabili nel tempo e in situazioni diverse. Es. :
alunni che hanno un ritmo lento, hanno bisogno di tempo per rispondere e per
agire, hanno spesso difficolt a portare a termine le consegne; oppure: alunni attivi,
impulsivi, vivaci, portano a termine velocemente i compiti o un progetto; altri
manifestano difficolt ad adeguarsi ai cambiamenti; mentre altri hanno bisogno di
novit, di nuove esperienze, interagiscono attivamente con linsegnante e con i
compagni17.
Il temperamento differisce da altre qualit come lintelligenza, la motivazione
o linteresse; queste spiegano che cosa un individuo fa, perch e con quanto
successo; il temperamento invece ci dice come lo fa.
Quando linsegnante si rapporta agli studenti sulla base di un temperamento di
cui non consapevole, potrebbe accadere che si mostri pi disponibile verso quegli
allievi che manifestano stili di comportamento pi vicini alle sue aspettative, i pi
docili per esempio, e possa avere un atteggiamento di ostilit, inconsapevole,
verso gli altri che risultano meno in sintonia col proprio temperamento. Nei casi di
dissonanza si possono produrre conseguenze negative per la conduzione della
classe.
Quindi: linsegnante che manifesta maggiore sensibilit verso le differenze
temperamentali alza la propria soglia di accettabilit. Cos un temperamento
sgradito non sar rifiutato, ma accettato e gestito in modo positivo18.
Il docente che acquisisce consapevolezza circa il proprio temperamento e quello
dei suoi studenti sar in grado di auto educarsi e comportarsi in conformit ai
17 Id. p. 15 18 Cf. L. Tuffanelli, La diversit come risorsa, in: Ianes- Cramerotti (a cura di) Alunni con BES, Erickson Trento 2013, pp.325 s.
https://it.wikipedia.org/wiki/Genetica
12
bisogni dei propri allievi, nella consapevolezza che la diversit e la pluralit sono
un valore per il gruppo.
Lo studente, attraverso i contenuti di studio, deve trovare occasioni per vincere
le sue sfide (es. lalunno che si ferma davanti a un compito e non vuole continuare),
affermarsi, esercitare il suo senso critico, avere degli obiettivi. Linsegnante
risponde a questi bisogni dando fiducia, creando opportunit, facendosi attento
allascolto, osservando anche attraverso gli occhi dei suoi studenti 19.
Stili di apprendimento
Lo stile di apprendimento lapproccio allapprendimento preferito di una
persona, il suo modo tipico e stabile di percepire, elaborare, immagazzinare e
recuperare le informazioni.
Gli individui apprendono in maniera diversa uno dallaltro a seconda delle
modalit e le strategie con cui ciascuno elabora le informazioni, a partire dai canali
sensoriali che ci permettono di percepire gli stimoli che provengono dallesterno: c
chi rielabora a partire da immagini, disegni, fotografie, simboli, mappe concettuali,
grafici e diagrammi (visual learning); chi impara pi velocemente assistendo ad una
lezione, partecipando a discussioni e attraverso il lavoro con un compagno o a
gruppi; chi in forma verbale, ecc.
Un insegnamento che tenga conto dello stile di apprendimento dello studente
facilita il raggiungimento degli obiettivi educativi e didattici favorendo luso delle
strategie a lui pi congeniali. Nessuno di noi utilizza un unico stile in maniera
esclusiva.
Quali sono gli stili cognitivi? Lo stile cognitivo la modalit di elaborazione
dellinformazione che la persona adotta in modo prevalente, che permane nel
tempo e si generalizza in compiti diversi20. Gli stili cognitivi marcano le differenze
individuali in relazione: al modo di percepire i fenomeni (chi enfatizza i dettagli, chi
19 M. Ambrosini, Strategie e competenze compensative, in: Ianes- Cramerotti (a cura di) Alunni con BES, Erickson Trento 2013, pp.332-333. 20 P. Boscolo, Intelligenza e differenze individuali, in: C. Pontecorvo, Intelligenza e diversit.
Torino: Loescher, 1981, pp. 184239.
13
linsieme, chi i rapporti spaziali, chi la successione; chi il colore ecc.); alle
procedure razionali (chi procede in modo sistematico, chi per associazioni di idee,
chi visualizza, chi verbalizza, ecc.); alle modalit di memorizzare e di
organizzazione dello studio (chi visualizza, chi ripete ad alta voce, chi fissa nuclei
significativi di un argomento, chi elabora degli schemi, chi elenca tutti gli elementi,
ecc.).
Stili 21:
Percezione
Analitico: privilegia una percezione del dettaglio vede linsieme di alberi preferire il ragionamento logico e sistematico, basato su fatti e dettagli;
Globale: privilegia la percezione dellintero vede prima la foresta tendono a considerare le situazioni in modo sintetico, basandosi sull'intuito e sugli aspetti generali di un problema.
Memoria
Visuale: preferisce il codice visuo spaziale ed iconico
Verbale: preferisce il codice linguistico e sonoro
Ragionamento
Sistematico: si caratterizza per una procedura a piccoli passi, dove vengono analizzati e presi in considerazione tutti i possibili dettagli.
Intuitivo: si esprime in prevalenza su ipotesi globali che poi cerca di confermare o confutare
Impulsivo: tempi decisionali brevi per i processi di valutazione e risoluzione di un compito cognitivo.
Riflessivo: tempi decisionali pi lunghi per i processi di valutazione e risoluzione di un compito cognitivo
Nella dimensione educativa, insegnante e alunno interagiscono ciascuno con
i propri stili. Non si tratta di categorie astratte, ma di realt modificabili, versatili, e
pertanto non facilmente classificabili. E impossibile riuscire a insegnare in modo
che vada bene per tutti gli stili, le intelligenze o i talenti. Per possibile che il
docente concentri almeno la propria attenzione su quegli allievi che possono
presentare pi difficolt.
21 da C. Cornoldi, R. De Beni, Imparare a studiare 2. Strategie, stili cognitivi, metacognizione e atteggiamenti nello studio, Erickson 2001.
14
Certamente una proposta didattica articolata, non monolitica; ricca di stimoli,
attenta, ha pi probabilit di risultare compatibile con la variet dei profili degli
studenti, e dei diversi loro ritmi22. Allievi disattenti, lenti, iperattivi, demotivati,
stranieri, bravi, con ansia da prestazione, ecc.: ciascuno con la sua individualit,
con i suoi bisogni. Come possiamo rispondere ai bisogni di ciascuno? La vexata
quaestio della personalizzazione degli apprendimenti non sembra essere oggi una
strada percorribile 23. Una risposta pu essere quella di creare un ambiente di
apprendimento che sia realmente inclusivo24.
22
Cf. L. Tuffanelli, La diversit come risorsa, in: Ianes - Cramerotti (a cura di) Alunni con BES, Erickson 2013, p. 328. 23 Rimando per brevit a due interventi: Legge Moratti 53/2003 sulla personalizzazione degli apprendimenti; C. Petracca, Progettare per competenze. Verso i piani di studio personalizzati, Milano 2003, pp.132-133. 24
Il concetto di inclusione nasce nel mondo anglosassone, dal movimento culturale dei Disability studies, collegato alle persone con disabilit. Fu anche teorizzata dal filosofo tedesco Jurgen Habermas nella sua teoria dellagire comunicativo. Si differenzia dal concetto di integrazione in quanto questa evidenzia un processo di assimilazione o normalizzazione messo in atto da gruppi o culture egemoni a discapito di gruppi o soggetti minoritari. Rappresenterebbe dunque una forma di esclusione perch non accoglierebbe le differenze, ma le sottoporrebbe a un processo di normalizzazione. Recentemente il pedagogista e antropologo francese Charles Gardou (2015) utilizza la categoria di accessibilit come concetto centrale di ogni pratica inclusiva. Cfr. Goussot-Annaloro, Risorse per linclusione. Linclusione come risorsa, Palumbo 2015, pp.a4 s.
15
SCHEDA 4
La gestione inclusiva del gruppo classe
Lattivit didattica si sviluppa in un contesto che quello in cui gli alunni vivono
la loro esperienza educativa intessuta di relazioni, vissuti e apprendimenti. E
dunque uno spazio dinamico. Individualit e socialit si incontrano.
Romano Luperini definisce la classe una comunit ermeneutica, in quanto
possiede un sapere comune e un comune orizzonte di valori a partire dai quali
opera delle scelte interpretative. Pertanto essa prefigura comunit democratiche
pi ampie e si allena alla democrazia attraverso il conflitto delle interpretazioni.
Linsegnante non un tecnico specializzato che offre competenze, ma un
intellettuale che si interroga sul senso e sul valore delle interpretazioni che
costituiscono il suo sapere disciplinare e che insegna ai giovani a fare altrettanto25.
Per instaurare un clima inclusivo bisogna creare le condizioni di interazione
positiva tra gli alunni e tra gli alunni e il docente. La classe inclusiva ha come
obiettivo di far raggiungere a tutti gli studenti il massimo grado possibile di
apprendimento e di partecipazione. Tale obiettivo diventa raggiungibile con la
valorizzazione delle differenze, che diventano a loro volta base dellazione didattica
inclusiva. Accolte, stimolate e valorizzate le differenze permettono quindi al singolo
ma soprattutto al gruppo di crescere costruttivamente. Favorire le relazioni
allinterno della classe, attraverso la creazione di contesti di apprendimento efficaci
e positivi: ecco un obiettivo perseguibile attraverso la scelta di strategie didattiche.
Le strategie didattiche
Una strategia un piano concreto di azioni, basate su unattenta valutazione
e scelta di mezzi (secondo il suo significato base, adottato dal mondo della
scuola26). Le strategie didattiche sono state raggruppate da Ruth C. Clark in quattro
25 http://www.laletteraturaenoi.it/index.php/scuola_e_noi/198-la-classe-come-comunit-
ermeneutica.html 26 Rimando alla scheda 6, p. 26.
16
macrostrutture, dette anche architetture, a seconda del diverso ruolo che al loro
interno rivestono studenti e insegnanti; del diverso grado di strutturazione che
assume il materiale didattico27: ricettiva, comportamentale, a scoperta guidata,
esplorativa. In Italia, Antonio Calvani propone una visione che si discosta in parte
dalla Clark, poich aggiunge due architetture: metacognitiva, autoregolativa28.
Le pi opportune per un lavoro inclusivo che si pu svolgere nelle classi sono
le seguenti:
ARCHITETTURA
RUOLO DEL DOCENTE E DEGLI
ALLIEVI
STRATEGIE DIDATTICHE
Direttiva/trasmissiva
Direttiva/interattiva
Il docente esercita il controllo didattico. La lezione preparata dallinsegnante che sollecita per uninterazione costante.
Tecniche di riproduzione Mastery Learning Scaffolding
Simulativa Controllo da parte degli studenti e confronto con gli insegnanti e i modelli da loro offerti
Role playing Studio di caso Incident
Cooperativa Gli allievi interagendo tra di loro costruiscono loggetto di studio e controllano la didattica
Brainstorming Cooperative Learning Insegnamento fra pari
Investigativa Controllo da parte degli studenti che ricercano una soluzione. l
Problem solving Didattica laboratoriale ricerca sperimentale
Metacognitiva gli allievi controllano la lezione e il processo di apprendimento, organizzano consapevolmente gli oggetti di apprendimento.
Selezione delle informazioni Gerarchizzazione delle informazioni Memorizzazione delle informazioni.
Le cinque architetture sono disposte secondo una scala che va da un
massimo a un minimo di controllo da parte del docente; da un minimo a un
27 R.C.Clark, Four Architecturesof Instruction, in Performance Improvement, 2000, 39, 10, pp. 31-38 28 A. Calvani (a cura di) Fondamenti di didattica, Carocci, Roma, 2009.
17
massimo coinvolgimento da parte dellalunno. Questo riguarda lorganizzazione dei
contenuti e la strutturazione della lezione, le modalit di apprendimento. Il docente
sempre la figura che sceglie progetta seleziona, osserva, valuta.
Ognuna delle architetture presenta dei pro e dei contro e va sempre
adattata al contesto classe; calibrata in funzione degli obiettivi che vogliamo
raggiungere. Ad es.: le strategie di tipo direttivo o interattivo (dettato, copiato,
dimostrazione, trattazione, esercitazione) sono pi adatte per un gruppo classe
eterogeneo e difficile; sono facilmente eseguibili, possono essere utili per
potenziare, rendere agibile la trasmissione dei contenuti; valorizzano la
trasmissione del sapere.
Le architetture cooperative sono necessarie a tutti i processi educativi. Non
pu esistere apprendimento senza interazione con i pari. Larchitettura cooperativa
trasversale a tutte le strategie di insegnamento; si basa sulle pratiche di
discussione, apprendimento cooperativo, insegnamento tra pari.
Lapprendimento cooperativo
Lapprendimento cooperativo una strategia efficace per il raggiungimento di
questo obiettivo. In oltre quindici anni di esperienza [] ho potuto toccare con
mano come, nel momento in cui questa metodologia viene applicata in modo serio
e rigoroso, diventi realmente un modo per rispondere [] ai bisogni formativi di
moltissimi studenti. Questo perch il principio quello per cui ciascun componente
del gruppo, con le sue caratteristiche peculiari e speciali, pu contribuire
allapprendimento di tutti e ognuno pu divenire risorsa per gli altri 29.
Nelle strutture cooperative ciascuno pu trovare uno spazio in cui
apprendere col suo stile di apprendimento, e nello stesso tempo divenire risorsa
per gli altri. In maniera semplice (ma con a monte unattenta e rigorosa
progettazione da parte del docente) ciascuno viene valorizzato per ci che sa fare
29 Anna La Prova, Lapprendimento cooperativo come strategia compensativa per i BES, Ianes - Cramerotti (a cura di) Alunni con BES, Erickson 2013, p.272.
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meglio, e nello stesso tempo trova compensazione nel compagno per ci che non
sa fare 30.
Johnson e Johnson evidenziano che il cooperative learning, confrontato con
lapprendimento individualistico e competitivo, promuove la scoperta e luso di
strategie di ragionamento di pi alta qualit31; favorisce la motivazione, grazie
allinterazione collaborativa; sviluppa lautostima. E un metodo di
insegnamento/apprendimento sviluppato negli anni settanta del secolo scorso 32.
Negli anni successivi si sono sviluppate varie forme di C.L., con una vastissima
letteratura.
In sintesi, lidea base di questa strategia che il gruppo un insieme di
risorse (conoscenze, competenze, stili, talenti) da attivare. Se ne deduce che
lattivit didattica si trasforma in un processo di partecipazione e di scambio tra tutti
i soggetti coinvolti e non segue pi il modello trasmissivo-frontale, percepito come
autoritario. Si comprende che il CL riflette e risponde anche a una domanda di
sociale emergente sin dagli anni settanta. Si attuava allora lidea che la classe sia
non una somma di individui, ma un contesto sociale a tutti gli effetti, un modello di
relazioni e di comportamenti sociali. Per noi una comunit educativa.
Il C.L. uno strumento flessibile, che permette di perseguire pi obiettivi
educativi contemporaneamente, in quanto mira a promuovere sia un
apprendimento efficace, sia la convivenza civile e la socialit. Tutto ci oggi vero
pi che mai: si pensi a quanto tempo i ragazzi trascorrono a scuola, rispetto alle
passate generazioni; a quanto siano influenti le relazioni con i compagni, con tutte
le problematiche oggi connesse.
Gestire una classe equivale a gestire anche un tessuto di problematiche
relazionali, un incrocio di vissuti, che implicano spesso dimensioni familiari pi o
30 Cf. id. p. 273 31 D.W Johnson. e R.T Johnson, Cooperative Learning and classroom and school climate, 1991. 32 I principali teorici del lapprendimento cooperativo sono: D.W Johnson. e R.T Johnson., Cooperation and competition: Theory and research, Edina, MN, Interaction Book Company 1989; R.E. Slavin, Cooperative Learning:Theory,research, and practice, Englewood Cliffs, NJ, Prentice Hall, 1990; S. Kagan, Cooperative Learning, San Juan Capistrano, CA, Kagan Cooperative Learning 1994;M. Comoglio, Che cos il Cooperative Learning, in Orientamenti Pedagogici, 43, 1996, pp.259-293.
19
meno disagiate, o altre problematiche. Ecco perch il docente deve vere una solida
formazione umana e pedagogica; unattenzione al sociale, una solida competenza
disciplinare.
Esistono diverse forme di attuazione del C.L., che si distinguono in base alle
norme o principi cui si sceglie di dare priorit33.
Come si pu realizzare unattivit di apprendimento cooperativo
Una classe cooperativa un insieme di piccoli gruppi di studenti,
relativamentepermanenteecompostoinmodoeterogeneo,unitoperportare
atermineattivit,cherichiedano una responsabilit individuale; per acquisire
competenze utili al raggiungimentodelloscopo. Strutturare una classe in
gruppi cooperativi non una semplice operazione: non si tratta soltanto di far
studiare in gruppo, ma di tener presenti alcuni criteri fondamentali nellapplicazione
di una strategia. Le attivit in apprendimento cooperativo possono essere condotte
in qualsiasi ordine e grado di scuola e si innestano sulla normale programmazione
della classe. Lapprendimento cooperativo si innesta sulla normale
programmazione della classe, apportando notevoli benefici alla qualit e alla
stabilit dellapprendimento; favorisce inoltre lacquisizione di importanti abilit
sociali, essenziali nel lavoro di squadra e nei rapporti interpersonali di ogni giorno.
Il Cooperative Learning si fonda su cinque principi generali:
1.Interdipendenza positiva:
quando ogni membro del gruppo acquisisce la consapevolezza che loperato di
ciascuno pu beneficiare o al contrario danneggiare il gruppo. Pu essere
33 Ricordiamo: lo structural approach, ideato da Spencer Kagan (1994); il learning togheter, ideato da D.W.Johnson e R.T. Johnson (1989), poi ridefinito nel modello 'Circles of Learning' (cerchi di apprendimento); il group investigation, noto soprattutto dal lavoro di Yael e Shlomo Sharan (1998) e di Rachel Hertz-Lazarowitz; il complex instruction (Elizabeth Cohen 1999); lo student team learning , ideato da Robert Slavin (1990). Una sintetica ma articolata fonte di informazione sullargomento consultabile presso: http://www.apprendimentocooperativo.it/.
http://www.apprendimentocooperativo.it/?ida=11655http://www.apprendimentocooperativo.it/
20
raggiunta attraverso il perseguimento di obiettivi comuni (interdipendenza di
obiettivo), la suddivisione del lavoro (interdipendenza di compito), la condivisione di
risorse, materiale o informazioni (interdipendenza di risorse), lassegnazione di ruoli
sociali e di compito (interdipendenza di ruolo o di compito), valutazione individuale
e di gruppo (interdipendenza di valutazione).
2. Responsabilit individuale e di gruppo:
si raggiunge quando i componenti sentono di avere una responsabilit personale
nei confronti degli altri e verso il raggiungimento dello scopo comune. Attraverso la
suddivisione equa dei compiti e lassegnazione dei ruoli, ogni individuo si attiva
responsabilmente per apportare il suo fattivo contributo al gruppo, mettendo in atto
tutte le risorse di cui dispone. E importante che linsegnante valuti sia la
prestazione del singolo sia del gruppo, per verificare il rispetto dei singoli ruoli (ci
impedisce anche lo sfruttamento del lavoro altrui)
3. Interazione promozionale faccia a faccia:
l incoraggiamento reciproco e la collaborazione, che si creano allinterno del
gruppo; passa attraverso la conoscenza reciproca, limpegno a portare avanti il
proprio lavoro, la condivisione delle rispettive conoscenze. Per favorire questa
interazione importante che i gruppi non siano numerosi (4/5 alunni). Linsegnante
aiuta gli studenti ad incoraggiarsi e a valorizzarsi a vicenda.
4. insegnamento diretto delle abilit sociali:
non basta mettere insieme un gruppo ed assegnare un compito perch esso
funzioni; necessario che ognuno acquisisca le abilit sociali indispensabili per un
buon lavoro di squadra. I membri del gruppo devono sapere prendere decisioni,
comunicare, ascoltare, collaborare, gestire le emozioni e i conflitti. Di fatto, il lavoro
cooperativo stesso rappresenta il veicolo di uneducazione alla socialit.
5. Valutazione:
alla fine di unattivit, il gruppo deve valutare (che cosa ha/non ha funzionato, quali
comportamenti sono risultati utili o non, ecc.). Si tratta di unattivit metacognitiva
(si pu proporre un questionario). Per la valutazione di tipo cognitivo-didattico,
linsegnante pu procedere a una valutazione individuale per la parte elaborata
21
individualmente, o di gruppo, con lattribuzione di un punteggio globale per
lelaborato di gruppo.
Cosa fa linsegnante? Definisce gli obiettivi cognitivi e sociali dellattivit;
forma i gruppi e assegna i ruoli; organizza gli spazi e predispone i materiali;
osserva (monitoring), valuta (processing).
Le attivit possono essere: semplici (in una fase iniziale), se si svolgono in
coppie o in gruppi di tre; prevedono una o due ore di attivit; si basano su compiti
semplici; oppure complesse: si svolgono in gruppi di tre/cinque studenti; prevedono
tempi da una settimana a diversi mesi; consistono in compiti generalmente
complessi, per i quali opportuno un lavoro di gruppo in quanto lo svolgimento
individuale richiederebbe molto pi tempo; comportano una chiara suddivisione dei
compiti.
Esempio di unattivit cooperativa complessa34
Struttura: gruppi di 3 o 4 alunni
Obiettivi: elaborare e approfondire le informazioni attraverso il confronto con i compagni sviluppare la capacit di sintesi esprimere la propria opinione contribuendo al lavoro di gruppo
Materiali: fogli di carta e penne, un testo/brano, vocabolari
Modalit di svolgimento: Linsegnante divide la classe in gruppi di tre o quattro allievi consegna a ciascun gruppo i materiali propone un testo o un argomento sul quale gli studenti devono confrontarsi invita gli allievi a suddividersi i ruoli (uno legge il brano; uno sintetizza lidea principale; uno cerca le parole sul vocabolario; uno scrive due o tre parole chiave del paragrafo. Terminata la lettura e la comprensione, linsegnante pu fare delle domande ai componenti del gruppo; pu decidere di dare un voto che vale per tutto il gruppo. Il relatore di ogni gruppo presenta i risultati al resto della classe.
34 da A. La Prova, Lapprendimento cooperativo come strategia compensativa per i BES, Ianes - Cramerotti (a cura di) Alunni con BES, Erickson 2013, p.284.
22
Lattivit si pu svolgere a livelli pi alti, ad esempio: analisi del testo;
traduzione; presentazione di un autore di letteratura; presentazione di fenomeni;
argomenti di scienze, ecc.
23
SCHEDA 5
Stile di insegnamento; comunicazione efficace.
Linsegnante che intende assume un ruolo di mediazione animazione (e di
rega) tra mondo dei giovani e mondo del sapere deve poter conoscere e
controllare nello stesso tempo la dimensione cognitiva, quella emotiva e quella
relazionale della propria personalit (in sostanza il proprio stile individuale
dinsegnamento).
Una didattica senza relazione non concepibile. Riflettere sul proprio stile
comunicativo in classe pu esser utile per ridefinire strategie opportune per il
miglioramento del rapporto insegnante-allievi, e di conseguenza del rendimento
scolastico. Il focus di interesse quindi linsegnante e le sue competenze
comunicative nella didattica in classe.
La letteratura sullargomento molto vasta. Alcuni autori 35 partono da un
modello bipolare che individua uno stile di insegnamento direttivo, in cui c un
controllo centralizzato, viene stimolata la competitivit e si creano classi orientate al
compito, ed uno stile non-direttivo, aperto, in cui si enfatizza il supporto, si usano
tecniche innovative e si favorisce la flessibilit dei ruoli.
Unimportante e nota prospettiva di analisi della comunicazione in classe fa
riferimento al costrutto di stile comunicativo del docente di R. Norton36, che ne
indaga le caratteristiche in relazione allefficacia dellinsegnamento. In particolare,
emerge che lo stile un elemento fondante del comportamento comunicativo;
riflette disposizioni, orientamenti, tratti personali dellindividuo che lo esibisce.
Norton ha sviluppato un ampio ed organico programma di ricerche, che gli
hanno consentito di identificare una serie di stili comunicativi. In particolare, egli ne
ha individuati undici:
35
Brekelmans M., Levy J. e Rodriguez R.(1993) "A Typology of Teacher Communication Style. In
Wubbels T., Levy J., Do you know what you look like ?Interpersonal Relationship in Education, pp. 46-
55. 36 Norton R. (1983) Communicator Style Measure. Sage Pubblications, Inc. Beverly Hills.
24
Dominante.
La comunicazione dominante rimanda a: assertivit, positivit, competitivit, sicurezza di
s, metodicit, presuntuosit, attivit.
Drammatico. E caratterizzato dalla tendenza allesagerazione, alluso di metafore e mezzi stilistici che mirano ad enfatizzare, sottolineare o minimizzare il contenuto di un discorso. In questo modo il significato letterale viene trasformato e, a seconda delle intenzioni del parlante, pu risultare svalutato, esagerato, satireggiato o sconfessato, influenza lo status, la stima di s e lattrazione. Polemico. Si avvicina allo stile dominante, ma penalizza di pi la collaborazione a livello comunicativo. Chi comunica in questo modo argomentativo, esigente nei confronti dellinterlocutore, tollera difficilmente opinioni diverse dalle sue, vuole sempre e comunque andare fino in fondo alle discussioni. Animato. Il comunicatore animato usa in maniera frequente e prolungata il contatto visivo e le espressioni facciali e lascia trasparire facilmente le proprie emozioni. Fa inoltre ampio uso attivo dei gesti e dei movimenti del corpo per enfatizzare il contenuto di un discorso. Segnala stati danimo, indica enfasi teatrale, aumenta o diminuisce lintensit e filtra la qualit del contenuto. Come il comunicatore drammatico, quello animato si espone, a volte, ad un certo rischio nelle interazioni, perch il suo stile intensifica, esagera o distorce i messaggi. Dimpatto o deffetto. Il destinatario influenzato, pi che dal contenuto del messaggio, da elementi quali i suggerimenti non verbali e la tipologia di relazioni che si instaurano. Pu avere una direzione positiva o negativa: lo stile di una persona pu essere ricordato perch odioso o, al contrario, perch di buon gusto. Rilassato. Il tratto distintivo lassenza di ansia, calma, pace, serenit. confortevolezza e confidenzialit, ma anche svogliatezza, disattenzione, apatia, noncuranza. Si pu tuttavia individuare, al di l di manifestazioni molteplici, un tratto distintivo e saliente nel modo di comunicare rilassato: la mancanza di tensione in ogni segnale inviato, sia esso verbale o non verbale. Attento. Si accerta che laltra persona sappia che lui/lei la sta ascoltando. Lo stile diventa una sorta di garanzia del buon funzionamento del processo comunicativo. Linterlocutore ha un rinforzo positivo, si sente incoraggiato e capito (empatia). Lascolto una componente attiva nella comunicazione. Aperto. Caratterizzato da espansivit, affabilit, convivialit, gregariet, schiettezza, loquacit, franchezza. Il comunicatore aperto d subito informazioni personali circa il s; lopposto di
25
questo stile si manifesta nellindividuo dal viso impassibile, difficile da decifrare. Chi comunica in modo aperto tende ad essere percepito attraente, leale e fidato. Amichevole. Pu spaziare dalla semplice assenza di ostilit, allintimit profonda. Il comunicatore amichevole tende a confermare, assecondare e riconoscere positivamente laltro. Tale stile si rivela un buon predittore di attrazione e socievolezza. Come lo stile attento, anche questo stile orientato verso lascoltatore. Preciso. La precisione riguarda quei comportamenti che comunicano accuratezza, documentazione e verifica di discorsi informativi e argomentativi. Lundicesima modalit di stile una variabile dipendente rispetto alle altre e viene definita:
Immagine Comunicativa. Fa riferimento alla valutazione generale dellefficacia dello stile
comunicativo di una persona, quindi indica in che misura una persona si ritiene un buon o
cattivo comunicatore37.
Secondo il tipo di attivit comunicativa Norton distingue tra una
comunicazione direttiva con gli stili dominante, polemico e preciso e una non
direttiva con quelli che rimandano allattenzione e allamicalit.
In particolare, lo stile comunicativo dellinsegnante il risultato dello stile
specifico individuale con lo stile di comunicazione di certi contenuti disciplinari in
una certa classe, in un certo ambiente, con un gruppo di studenti.
Rispetto allo stile comunicativo individuale, quello dellinsegnante
maggiormente legato infatti al contesto, al contenuto, alla tipologia della classe.
In che modo questi stili possono determinare lefficacia di un insegnante in
classe? Secondo le ricerche di Norton38, questa strettamente legata alle capacit
comunicative dellinsegnante.
Gli stili individuali su esposti, risultano dunque declinati e ridefiniti secondo
unottica educativa:
37 Cf. Tuffanelli - Ianes, La gestione della classe, Erickson Trento 20011 pp.53-75; Maggi, La
comunicazione in classe: stile comunicativo del docente ed insegnamento efficace, in:
http://www.competenzedocenti.it/Documenti/competenze_comunicativo_relazionali/la_comunicazio
ne_in_classe_-_capitolo_libro_Maggi.pdf 38 Ad un campione di 2775 studenti della Purdue University stato somministrato un questionario in cui si chiedeva di valutare le caratteristiche del modo di presentare in classe i contenuti disciplinari dei loro insegnanti e di indicare per ognuno il grado di efficacia nel modo di comunicare. Cf. Id. p.11
http://www.competenzedocenti.it/Documenti/competenze_comunicativo_relazionali/la_comunicazione_in_classe_-_capitolo_libro_Maggi.pdfhttp://www.competenzedocenti.it/Documenti/competenze_comunicativo_relazionali/la_comunicazione_in_classe_-_capitolo_libro_Maggi.pdf
26
Stile amichevole/aperto. E lo stile che conferma il s dellaltro. E tipico di un insegnante che lascia capire agli studenti che essi sono persone degne di riconoscimento, interesse e affermazione; rimanda ad un apprendimento di tipo associativo in cui non predomina la lezione frontale; propone una relazione in cui il docente non colui che insegna e basta. Stile attento. Indica un docente che capisce ed ascolta, che vigile alla situazione. E uno stile che segnala che sta avvenendo un processo interattivo in cui il docente attivo e rivolto allaltro. Stile animato/dimpatto. Indica lespressivit verbale e non verbale (gesti, espressioni facciali e movimento degli occhi), veicola lentusiasmo. Si caratterizza per un interesse per ci che si sta facendo e si spende energia per farlo. Questo induce a porre attenzione al messaggio. Si rivela uno dei maggiori predittori dell insegnamento efficace. Stile drammatico. E lo stile che maggiormente garantisce lattenzione. Attraverso il racconto di storie (belle, significative e divertenti), lutilizzo di aneddoti, metafore, ed esempi e con lenfasi posta al contenuto dei messaggi, linsegnante d maggiore intensit al significato letterale e si assicura una buona quota di successo nellascolto. Stile rilassato. Indica calma e raccoglimento nel comportamento comunicativo e fa si che la persona sia percepita come sicura di s e controllata, cos come tranquilla nel processo di insegnamento. E tipico di un insegnate non nervoso, che non urla ed a suo agio nella classe. Stile preciso. Caratterizza colui/colei che sa spiegare, che padroneggia il contenuto e spiega in maniera non ambigua. Gli insegnanti migliori sono pi bravi a spiegare i contenuti.
Gli stili esaminati non sono mai percepibili in forma isolata, ma si legano tra
di loro variando nel grado.
Una ricerca recente39svolta in Italia (Milano e provincia), ha esplorato la
relazione tra la percezione dello stile comunicativo di alcuni insegnanti (italiano,
matematica e tecnica) da parte di un campione di studenti delle scuola medie
superiori di II grado (Ragioneria e ITIS; classi di biennio e triennio) e la percezione
degli insegnanti stessi del proprio stile comunicativo.
39
M. Giampietro, G. Daffi, Communicatives styles in the classroom, in Abstracts XI European Conference on Developmental Psychology, Catholic University, Milano, 27-31 agosto 2003, pag.100.
27
Dai resoconti analizzati sono emersi aspetti relativi alle modalit verbali e non
verbali della comunicazione, alla personalit e alla didattica. I risultati sono
evidenziati nelle seguenti tabelle:
Linsegnante peggiore
Personalit
Comunicazione Didattica
Distaccato Non si capisce quando spiega
Non preparato
Superiore Usa un linguaggio difficile Incompetente
Monotono/Noioso Non ti capisce Ha le preferenze
Sarcastico Impone la sua idea Chiuso nel suo ruolo
Nervoso Non accetta le critiche Ha pregiudizi verso gli studenti
Rigido Poco coerente
Freddo Urla
Autoritario Non ascolta
Esigente Non aiuta/Poco disponibile
Lunatico Trasmette ansia
Offensivo Non dialoga
Antipatico Trasandato
Chiuso Poco stimolante/ interessante
Invadente Non scherza mai
Linsegnante migliore
Personalit Comunicazione Didattica
Simpatico Aperto al confronto con gli studentii
Preparato
Comprensivo Ascolta gli studenti Competente
Disponibile ad aiutarti Rispetta gli studenti Spiega bene
Scherzoso Gesticola molto Non ha preferenze
Coinvolgente Ci tiene agli studenti Sa tenere la classe
Socievole Gira tra i banchi Rispiega se uno non capisce
Amichevole Aiuta anche fuori dallorario scolastico
Fa esempi
Paziente Espressivo
Aperto Ti fa sentire a tuo agio
Disponibile Puoi correggerlo se sbaglia
Generoso Non porta i suoi problemi in classe
28
Gentile
Giovanile
Vivace
Prima uomo, poi insegnante
LInsegnante ideale
Personalit Comunicazione Didattica
Simpatico Coinvolgente Preparato, Competente
Socievole Disponibile ad aiutarti quando sei in difficolt
Spiega bene, in modo chiaro e semplice
Disponibile Comprensivo/ Aperto ai problemi dei ragazzi
Sa tenere la classe/Autorevole
Paziente Rispetta gli studenti come suoi pari
Non ha preferenze
Aperto Aperto al confronto Largo di voti
Scherzoso Ascolta Rispiega se uno non capisce
Non dispersivo Trasmette la sua passione per la materia
Usa un linguaggio che attira lattenzione
Ci tiene agli studenti
Non ripetitivo/Non annoia Fa esempi
Crea una lezione interattiva
Altri studi invece, mettono in evidenza le divergenze possibili tra stili di
insegnamento e stili di apprendimento contrapposti 40:
Divergenze
Abitudini di insegnamento Stile Incompatibilit
Utilizzo preferibilmente la scrittura(scritti, questionari, test, schede) perch gli alunni siano pi concentrati
Visivo, verbale Gli uditivi risultano svantaggiati.
Uso schemi, grafici, illustrazioni, che non spiego perch voglio favorire un approccio induttivo ai concetti da parte dei miei
Visivo, non verbale
40 L. Tuffanelli- D Ianes, La gestione della classe, Erickson Trento, p.177 s.
29
studenti.
Spiego per lo pi oralmente, do istruzioni e stimolo discussioni, perch credo che il sapere si produca soprattutto attraverso la comunicazione orale.
Uditivo I visivi memorizzeranno con difficolt, si distrarranno con facilit.
Faccio continuo riferimento al contesto, costruisco quadri di sintesi, stimolo il confronto con altre conoscenze e attivit, per creare abilit di collegamento, confronto e sintesi.
Globale Llanalitico avverte un senso di astrattezza, rischia di non cogliere i nessi e di non capire.
Sviluppo gli argomenti in maniera sequenziale e non procedo oltre se non ho la certezza che quanto proposto sia stato pienamente assimilato.
Analitico I globali e gli intuitivi percepiscono un collezionismo di nozioni. si annoiano
Imposto un lavoro quasi esclusivamente individuale, sia nellascolto sia nellesecuzione dei compiti. Non amo i lavori di gruppo, perch li ritengo dispersivi
Autonomo Lalunno pi lento o svantaggiato rischia di restare indietro o emarginato, poich non ha lappoggio del gruppo di lavoro.
Organizzo le lezioni in attivit di gruppo; conduco le lezioni in modo dialogato
Collaborativo Lalunno autonomo si trover a disagio in quanto non adeguatamente valorizzato.
Questa tabella invece schematizza i fattori che facilitano o ostacolano lascolto in
classe 41:
Variabili Lezione facile Lezione difficile
Lessico Alta frequenza Bassa frequenza
Organizzazione sintattica Bassa Alta
Valore figurale Concretezza Astrattezza
Interesse Vicinanza allesperienza di chi ascolta
Lontananza dallesperienza di chi ascolta
Informazioni Esplicite Implicite
Dimensione Breve Lunga
41
L. Tuffanelli- D Ianes, La gestione della classe, Erickson, p.61.
30
Formalit Bassa Alte
Ruoli Scambio Unidirezionale
31
SCHEDA 6
Condividiamo il lessico
Strategia
La parola di origine greca, tratta dal lessico militare. Oggi, tramite uno
slittamento metaforico, entrata a far parte del lessico scolastico. Indica la scelta
dei modi e dei mezzi, quindi azioni, pi opportuni per raggiungere un risultato
formativo.
Una strategia deve avere: 1.denominazione e fisionomia chiara; 2. utilit
pratica; 3. trasferibilit e adattabilit42. E una tipologia di azione specifica, di durata
breve, riutilizzabile, riconoscibile attraverso una denominazione univoca. Pur
allinterno di un set definito di procedure organizzate e ben definite, l insegnante
pu compiere delle scelte flessibili e rispondenti al contesto particolare in cui
opera.43
Pedagogia
E un sapere riflessivo, lo sguardo sullallievo. La pedagogia studia le
finalit, i metodi e i problemi inerenti all'educazione dell'uomo in generale e in
particolare dei giovani. La pedagogia non fa diagnosi, ma osserva, crea, integra,
comprende (R. Zucchi). Non una scienza astratta.
Oggi, in cui sembra prevalere il mondo della quantit, dei numeri, degli
standard, ma non delluomo, bisogna riappropriarsi di questo orizzonte.
Franco Cambi44individua nel mondo attuale, anche scientifico e didattico, una
tendenza all espropriazione del pedagogico, e invita ad un lavoro comune per
non far decadere la pedagogia a mera tecnica e per mantenerne il valore di sapere
riflessivo.
42 Cf. G. Bonaiuti, Le strategie didattiche, Carocci Roma 2014 43 Cfr. Goussot-Annaloro, Risorse per linclusione. Linclusione come risorsa, Palumbo editore 2015, p. a 67. 44 F. Cambi, Le pedagogie del Novecento, Laterza 2011.
32
Didattica
La didattica, senza quel sapere riflessivo che la pedagogia, si riduce a
procedura tecnica standardizzata, ossia didatticismo. Dal greco , la
didattica la scienza della comunicazione e della relazione educativa. L'oggetto
specifico della didattica lo studio della pratica d'insegnamento, l'organizzazione
razionale dei metodi e delle azioni tese all'ottenimento di un efficace progetto
educativo.
Didattica per lo pi riferito ad un'azione consapevole, intenzionale,
pianificata e fondata su un apparato teorico pedagogico o filosofico. La didattica
quindi anche l arte della semplificazione e della relazione, ma anche metodo
consapevole della sperimentazione e della ricerca educativa.
La didattica non solo tiene conto dell'inseparabile interazione fra
insegnamento ed apprendimento, ma anche, pi in generale, del contesto
educativo e, quindi, degli strumenti che possono favorirne l'organizzazione in
direzione di una facilitazione dei processi di apprendimento.
https://it.wikipedia.org/wiki/Progetto_educativohttps://it.wikipedia.org/wiki/Progetto_educativohttps://it.wikipedia.org/wiki/Contesto_educativohttps://it.wikipedia.org/wiki/Contesto_educativo
33
SCHEDA 7
Bibliografia e sitografia
Oltre alla bibliografia indicata nelle note al testo, si suggeriscono i seguenti
testi:
Risorse per docenti:
http://neoassunti.indire.it/2016/files/risorse-per-docenti_guida-completa.pdf
Sulla comunicazione in classe:
Elisa Zannoni Insegnare e comunicare. Correlazione tra comunicazione
didattica e stili cognitivi nellapprendimento formale, in:
http://www.romaniaminor.net/ianua/Ianua09/10.pdf
Sugli stili comunicativi:
M. Giampietro, La comunicazione in classe: stile comunicativo del docente
ed insegnamento efficace, in M Maggi,. (ed.), L'educazione socio-affettiva
nelle scuole,Berti, Piacenza 2004: 45- 65 ,in:
http://www.competenzedocenti.it/Documenti/competenze_comunicativo
_relazionali/la_comunicazione_in_classe_-_capitolo_libro_Maggi.pdf
Lucia Valle, Interazione tra stili di insegnamento e stili di
apprendimento, in:http://www.univirtual.it/red/files/file/VALLE-
Interazione%20stili%20inseg
http://www.istruzione.lombardia.gov.it/monza/wp-content/uploads/2014/05/STILI-di-INSEGNAMENTO-APPRENDIMENTO-e-GESTIONE-della-CLASSE.pdf
sul Cooperative Learning:
http://www.apprendimentocooperativo.it/?ida=3504
D. W. Johnson, R. T. Johnson, E. J. Holubec, Apprendimento cooperativo in classe, Erickson 2015
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