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GIROLAMO CIULLA IL COSTRUTTORE DI TEMPLI

catalogo mostra personale di Girolamo Ciulla // il costruttore di templi

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GIROLAMO CIULLA

IL COSTRUTTORE DI TEMPLI

IL COSTRUTTORE DI TEMPLI

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GIROLAMO CIULLA // IL COSTRUTTORE DI TEMPLI

IL CIRCOLO DEL FICO PRESENTA

AGOSTO // SETTEMBRE 2015

PIETRASANTA // LUCCA

Da un’idea diBonelli & Martelli

ProduzioneGiovanni Bonelli

Direzione creativaMarco Martelli

Testo criticoPietro C. Marani

FotografieNicola Gnesi, Ruben Voisard (assistente)

Progetto graficoNicola Gnesi Studio, Marco Martelli

Spazio espositivoMichele e Lorenza Schilling

Contenuti e crediti audio installazioneSCHiLLiNG - Last Future *Music courtesy by Apparel Music ®Licensed by Sac A Pain Ltd, UK

TrasportiAlessandro Maggi

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GIROLAMO CIULLA

IL COSTRUTTORE DI TEMPLI

23 AGOSTO // 27 SETTEMBRE 2015

PIETRASANTA

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Coccodrillo. 1999, bronzo 56X300X87 cm

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GIROLAMO CIULLA. IL COSTRUTTORE DI TEMPLIdi Pietro C. Marani

“FEDRO: Ero amico del costruttore di quel tempio. Era di Megara e si chiamava Eupalinos. Mi parlava volentieri della sua arte, di tutte le attenzioni e le conoscenze che essa richiede, facendomi capire tutte le cose che vedevo con lui al cantiere. Io vedevo soprattutto il suo stupefacente spirito. Vi trovavo la potenza di Orfeo. Prediceva agli ammassi informi di pietre e di travi che giacevano intorno a noi il loro futuro monumentale; e quei materiali, al suono della sua voce, sembravano votati a quell’unico posto che i destini propizi alla dea li avrebbero assegnati. Che meraviglia i suoi discorsi agli operai! Non vi rimaneva traccia delle sue ardue meditazioni notturne. Parlava loro per ordini e numeri. SOCRATE: E’ il modo stesso di Dio”.

Questo meraviglioso e immaginario dialogo tra Socrate e Fedro, a imitazione del dialogo fra gli stessi filosofi che Platone scrisse nel IV secolo avanti Cristo che aveva come oggetto i temi dell’amore tra l’uomo adulto e un giovane dello stesso sesso, il rapporto tra maestro e discepolo e, finalmente la vita ultraterrena dell’anima e le sue successive incarnazioni e altro ancora,1 fu scritto da Paul Valéry nel 1921 per sottolineare le capacità immaginifiche e trasfiguranti dell’artista di Megara, Eupalinos, e per celebrare le qualità creative ed evocative dell’Architetto, equiparato ad Orfeo, cogliendo “le stesse cose profonde e rare che sente l’architetto quando crea” (come commentò Le Corbusier nel 1926).2 A conferma della straordinaria aderenza del testo di Paul Valéry al processo creativo dell’artista-architetto, capace di muovere e tramutare con la sola sua voce le pietre in opere d’arte e, soprattutto, in concetti, sta il fatto che, ancora di recente, il brano del poeta-filosofo francese è stato scelto (in una traduzione leggermente diversa e per noi forse più emozionante: “… agli ammassi informi di pietre e di travi giacenti intorno a noi prediceva un avvenire monumentale.”) dall’artista concettuale tedesco Gerhard Merz (Mammendorf, Monaco di Baviera, n. 1947) come omaggio al lavoro e alla figura di Carlo Scarpa, dato che questo testo campeggia, in enormi caratteri epigrafici, su una delle pareti dell’ingresso del Museo Revoltella a Trieste, posto a cerniera tra il vecchio palazzo del barone Revoltella e la nuova ala ridisegnata da Scarpa nell’adiacente palazzo ottocentesco che ospita le collezioni d’arte contemporanea della Città.3 Dal 1990, l’opera-installazione di Gerhard Merz, in omaggio a Carlo Scarpa, non ha smesso di additare, attraverso le parole di Paul Valéry, ai visitatori, agli artisti e agli studenti che entrano in quel Museo il ruolo e la funzione quasi magica dell’artista e dell’architetto. E’ singolare e stupefacente come, da Trieste e dall’evocazione delle capacità metamorfiche dell’architetto, e da quelle di Carlo Scarpa in particolare, il pensiero corra al Museo Canoviano di Possagno, alla Tomba Brion, al cortile segreto del Palazzo Italia alla Biennale di Venezia, a Castelvecchio a Verona (a tutti i luoghi, cioè, toccati dal genio di Scarpa) per arrivare all’approdo – che vedremo tra poco per noi naturale e congeniale - di Palazzo Abatellis a Palermo, altro luogo trasformato dal re Mida dell’architettura italiana del dopoguerra, toccando alcuni dei maggiori musei d’Italia e richiamando alla mente i protagonisti della scultura antica e moderna, da Laurana a Canova, e, finalmente, il sole, e la terra di Sicilia dove Girolamo Ciulla è nato e si è formato (Caltanissetta, 1952).

Tutto questo mi balenava nella mente osservando le ultime opere dello “scultore-architetto” Girolamo Ciulla: i suoi templi arroccati sulle alte stele, o su acrocori di pietra, o emergenti da campi di grano, o sulla testa delle sue raffigurazioni di Demetra-Cerere, o, ancora, caricati sui fianchi di un mulo di Sicilia, legando in un vortice di immagini e di sensazioni Trieste a Palermo, Canova a Laurana, Laurana alle teste di donna corrose dal sole e dalla salsedine, eppur così nobili e antiche come sono le sue, che vediamo adesso a Pietrasanta, come emerse da secoli di usura e consunzione. Questi templi a volte sconnessi, spaccati, dalle colonne che sembrano per crollare, ma che hanno, viceversa, una loro organica capacità di ristrutturarsi e rimodellarsi dopo lo smottamento e il sussulto geologico, rimandano ad una concezione positiva e a una fiducia nelle capacità dell’uomo a ricostruire, rimeditando sul passato, che proietta l’opera di Ciulla in una sfera che non è ripiegamento sull’aureo tempo andato ma una speranza per l’avvenire, di cui le sue opere, i suoi templi, le sue figure e i suoi animali sono un’offerta agli dei, il segno tangibile, fatto con sudore e fatica, per ottenere un premio e, forse, la Salvazione.

Il mito come risarcimento delle sofferenze umane. Quest’idea di autoproclamarsi “costruttore di templi” me lo fa quindi apparire come un moderno Eupalinos e la sua capacità di trasformare blocchi di travertino informi, scavandovi profonde e taglienti incisioni e o praticandovi depressioni o, ancora, accarezzando con lo scalpello – ora più lieve- la forma di alcune spighe mosse dal vento, quasi come una conseguenza del suono della sua voce o di quello impercettibile dell’aria mossa dalla tempesta, lo eleva al rango di un moderno Orfeo. Da questo incantatore di animali egli ha saputo forse prendere spunto per il tono elegiaco di sue certe sculture, quasi assimilabili a poesie recitate accompagnandosi con la cetra, persino anche quando la sua opera sembra inclinare e indugiare sul senso della morte e sul distacco dalla vita terrena. Ricordo,

1 Vedi Roberto Velardi, Introduzione, in PLATONE, Fedro, Introduzione, trascrizione e note di R.Velardi, Testo greco a fronte, Milano, Rizzoli, 2006, p. 7.2 Vedi in Barbara Scapolo, “Eupalinos o l’architetto” o del fare consistente, in PAUL VALERY, Eupalinos o l’architetto, a cura di B. Scapolo, Milano-Udine, Mimesis Edizioni, 2011, p. 89. Il passo sopracitato è leggibile alle pp. 16-17 e si trova proprio all’inizio del dialogo tra Fedro e Socrate. L’edizione originale del Testo di Paul Valéry si intitolava Eupalinos ou l’Architecte. Dialogue des morts ed era apparsa in forma parziale in “La Nouvelle Revue Française”, n.90, 1er mars 1921, pp. 237-285. La prima edizione italiana (traduzione di R.Contu, Carabba, Lanciano, 1932) fu pubblicata con un commento di Giuseppe Ungaretti. Un’altra traduzione fu fatta dal poeta Vittorio Sereni (Milano, 1947) e la fortuna dell’opera fu in seguito enorme anche in Italia.3 L’ occasione fu la Mostra “Neoclassico. L’attualità: arte, architettura, design”, tenutasi nel 1990 nello stesso museo Revoltella.

Girolamo Ciulla, Il ladro di mele, 2013; travertino rosso. Collezione dell’artista.

Auguste Rodin, Pallade con il Partenone, 1896; mar-mo e stucco. Parigi, Musée Rodin.

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a questo proposito, con grande ammirazione, la sua precedente serie di bassorilievi in travertino rosso in cui, a guisa di un libro aperto dove sono scritte appunto poesie, esili figure maschili o femminili, in bassissimo stiacciato, affrontano pagine lasciate bianche o appena appena incise, richiamando le stele funebri greche di giovani adolescenti: il Ladro di mele, del 2013, è una delle opere più struggenti e malinconiche che io abbia mai visto nella sua opera complessiva.4

Trovo perciò che le opere di Girolamo Ciulla invitino più a godere della vita e dei suoi doni che a meditare sul senso della morte, anche se, indubbiamente, vita e morte si intrecciano continuamente in ogni nostro gesto e creazione, e, naturalmente nelle opere di Girolamo, che le ha talvolta definite lui stesso come un “Memento Mori “.5 Lo stesso continuo ricorso alla figura di Demetra-Cerere ne è una prova evidente: ella presiede alla semina e alle messi e alla continua rinascita della natura.6 Suoi compagni sono spesso il coccodrillo, la civetta e la scimmia. Ma se sia il coccodrillo che la scimmia alludono al culto dei morti, il primo è “spirito ancestrale, simbolo della fertilità cosmogonica” venerato dagli Egizi come colui che si è “sollevato dal limo originario”, e il secondo, la scimmia, gridando al tramonto, si rivolge al dio Sole, quasi come un urlo di disperazione per la fine della luce e della verità. La scimmia è inoltre il simbolo stesso dell’arte, in quanto l’arte, come la scimmia, imita la natura. La forza e la vitalità sono ben rappresentante dal frequente ricorso, nell’opera disegnata e scolpita di Ciulla, alla raffigurazione della capra, intesa come allusiva della sessualità sfrenata e bestiale, e tutti quanti questi animali restituiscono un mondo di impulsi primari, ma per questo vitali, che popola i campi di spighe, le acropoli e i templi del Ciulla. Ma nell’uso di queste figure e di questi animali, di queste architetture e di questi simboli ammettiamolo, c’è anche tanta ironia: Ciulla, che ha una smisurata cultura visiva, la recupera dai grandi scultori moderni e dai pittori contemporanei per reinventare un mondo nuovo e diverso e si potrebbe tracciare un percorso che sembra addirittura partire da Rodin, con la sua Pallas raffigurata con un tempietto (un piccolo Partenone) di stucco in testa (un marmo del 1896: Parigi, Musée Rodin),7 per arrivare al Buste de femme retrospectif di Salvador Dalì (1933, Knokke-le-Zoute, coll. M. e M.me Nellens) che, invece di un coccodrillo come fa Ciulla, aveva messo una baguette in testa alla sua giovane dea.

Girando intorno e da presso ai Templi di Ciulla, droni noi stessi che registriamo le rovine di architetture forse sopravvissute a distruzioni e disastri anche assai recenti (qui il culto delle pietre, là la selvaggia distruzione di un patrimonio che la storia aveva fin qui custodito e mantenuto vivo), e osservando con quanta perizia egli tratti e manipoli la materia, dal rustico travertino al più morbido e sensuale travertino siriano rosso-rosato, alla ceramica e alla terracotta, con l’applicarvi sopra scaglie e frammenti come di mandorle o croccantini siciliani, scorrono nella mente le immagini di un Novecento italiano non retorico né celebrativo, non alla Sironi, per dire, ma, ad esempio, alla maniera di un De Chirico ancora fiducioso e spavaldo nel mito che si portava dentro dalla sua Volo in Tessaglia e ancor tutto genuinamente greco, come genuinamente siciliano è il Ciulla, quel sentimento dell’antico come elemento fecondo dell’arte contemporanea che aveva fatto dipingere all’artista un’opera come I due cavalli (del 1926, Mart di Trento e Rovereto) o ancor più di recente L’animale misterioso (un’opera intorno al 1970 di collezione privata)8 dove tutti quei templi ammassati l’uno sull’altro rimandano a loro volta a certi bassorilievi della romanità italica. Argonauta come De Chirico, Girolamo Ciulla è sempre alla ricerca di qualcosa. Ma ha guardato sempre più avanti. Certi suoi disegni ricordano la furia delle tauromachie di Picasso, altri il nitore e l’eleganza di una figura femminile vista su una lekythos attica a fondo bianco. E perciò il suo stile è inconfondibilmente originale e personalissimo, come lo è il suo carattere spigoloso e mordace, bonario e arguto, il suo modo inconfondibile d’essere artista-scultore-architetto.

Vieni allo studio? E’ la cosa e la richiesta più personale che Ciulla possa farti. Perché nel suo studio egli è il principe di questo popolo di figure femminili, l’architetto di questi templi, il padrone di questi campi di grano e il pastore di queste capre e il guardiano di queste brutte bestie che ha creato: se non gli vai a genio, come che sia, in un attimo può insufflare la vita in un coccodrillo e scatenartelo contro, come Paul Valéry fece dire a Socrate circa il modo tenuto da Eupalinos nel creare le sue opere: è il modo stesso di Dio. Allora, in questo desolato cortile di Pietrasanta dove campeggia e vive (non è dato di sapere in base a quale sortilegio) un fico centenario (confitto nella terra così riarsa al punto da rappresentare quasi l’ulivo scagliato sull’Acropoli di Atene nella notte dei tempi), il grande coccodrillo di Ciulla sembra alla fine prendere vita.

4 E’ incluso nella Mostra e nel relativo bel catalogo di Marilena Pasquali, Girolamo Ciulla. Libri, Dei, Animali, Catalogo della Mostra di Montemerano, Biblioteca di Storia dell’arte ( 13 aprile-12 maggio 2013 ), Comune di Manciano, 2013.5 Su questi temi ha ragionato brillantemente Alessandro Riva, Di Soavi, di Ciulla, di testi scritti e ritrovati sotto il solleone estivo e delle strane coincidenze nate sotto l’influenza di Cerere, in Girolamo Ciulla.Sculture e disegni, Catalogo della Mostra, Antonia Jannone Disegni di Architettura, Milano, 2014, pp. 5-16.6 Sul culto di Demetra-Cerere nella scultura antica e nelle arti figurative vedi ora Gemma Sena Chiesa-Angela Pontrandolfo, Mito e Natura. L’immagine della natura dalla Grecia a Pompei, Catalogo della Mostra (Milano, Palazzo Reale, 29 luglio 2015-19 gennaio 2016), Milano, Electa, 2015.7 Ora opportunamente richiamato da Salvatore Settis, Supremely Original. Classical Art as serial, iterative, portable, in Serial/Portable Classic, Catalogo della Mostra (Milano-Venezia, Fondazione Prada), a cura di S.Settis e A.Anguissola, Milano, 2015.8 Vedi per questi lavori, De Chrico, Catalogo della Mostra (Padova, Palazzo Zabarella, 20 gennaio-27 maggio 2007), a cura di P. Baldacci e G.Roos, Venezia, Marsilio, 2007, pp. 189 e 255.

Salvador Dalì, Buste de femme retrospectif, 1933; ceramica. Knokke-le-Zoute,

Coll. M. e M.me Nellens.

Giorgio De Chirico, L’animale misterioso, 1970; acquerello su carta.

Collezione privata.

Giorgio De Chirico, I due cavalli, 1926; olio su tela. Mart, Museo di Arte Moderna e

Contemporanea di Trento e Rovereto.

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OPERE

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Testa su colonna. 2000, travertino, 213x21x25 cmGorilla su colonna, 1999, travertino, 220x20x18 cm

Coccodrillo su colonna, 2000, travertino, 211x43x20 cm Bigoncia, 2014, ceramica e lamiera di zinco, 130x55x30 cm

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Studio di Girolamo Ciulla, Pietrasanta, 2015.

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Testa di Demetra su colonna, 2013, travertino 136x56x25 cm La fine dell’auriga, 2013, travertino, 210x40x20 cm

Caduta di Icaro, 2015, travertino, 238x25x13 cmCivetta su colonna, 2000, travertino, 197x24x16,5 cm

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Teste in ceramica, 2015, ceramica colorata, 34x57x18cm; nera, 28x60x30 cm

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Grattacielo in Sicilia, 2014, travertino, 188x40x30 cm

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L’Angelo dei templi, 2014, tempera su carta, 224x150 cm (a muro)

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Torre di Babele rossa, 2013, travertino, 47x27x28 cm

Torre di Babele, 2010, travertino, 20x23,5x15,5 cm

Torre di Babele tonda, 2015, travertino, 30x23 cm

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Torre di Babele, base a parallelepipedo, 2014, travertino, 40x19,5x11 cm

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Il costruttore di templi, 2015, schiacciato, 74,5x74,5x2 cm

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Testa nello scavo, 2000, travertino, 70x45x30 cm

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Uno speciale ringraziamento a:

Dafne RivaGai MundiGianni TinuninGiulia Di TraniGiuseppe VenieroLaura CiregiaLibero Musetti e l’AdelaideMara Truzzi e Silvia Cavicchioli Stefano de Martino

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BIOGRAFIA DI GIROLAMO CIULLA

Girolamo Ciulla nasce a Caltanissetta nel 1952. Inizia ad esporre nel 1970 partecipando alla “VII Rassegna d’Arte Contemporanea” a Palazzo del Carmine nella sua città natale. Dal 1987 comincia la collaborazione con Tiziano Forni, fondatore della Galleria Forni di Bologna, con cui espone anche in rassegne critiche dedicate alla scultura e nelle principali fiere d’arte italiane ed internazionali come ArteFiera di Bologna e MiArt-Fiera Internazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Milano.Allo stesso periodo risalgono le importanti personali presso la Galleria Gian Ferrari a Milano, curata da Francesco Gallo, e la Galleria Davico a Torino. Nel 1988 espone alla “Versiliana” di Marina di Pietrasanta e si trasferisce a Pietrasanta. Tra le collettive cui Ciulla è invitato vanno ricordate: “Arte Segreta” curata da Vittorio Sgarbi (Bologna, Galleria Forni, 1987) “Per un amico. 27 scultori ricordano Pier Carlo Santini” (Lucca, Fondazione Ragghianti, 1994), “XXXIV e XXXV edizione del Premio Suzzara” (Suzzara, 1994 e 1995), “XVI Biennale Internazionale del Bronzetto” (Padova, Museo degli Eremitani, 1995), “Situazione scultura” (Lucca, Palazzo Ducale, 1996), “Continuità dell’immagine. Aspetti della Pittura e della Scultura” (Ancona, Mole Vanvitelliana, 1997), “Arte nella città. Sculture in un percorso urbano” (La Spezia, 2000), “Da Boccioni a Bacon alla contemporaneità” curata da Marco Di Capua e Vittorio Sgarbi (Bologna, Galleria Forni, 2000), “Mito contemporaneo” (Vicenza, Basilica Palladiana, 2003), “Lo sguardo italiano. Ventidue artisti per Bufalino” (Comiso, Teatro Naselli, 2004), “Lo spirito della pietra” (Roma, Accademia di San Luca, 2005), “Fuori del labirinto. Atti e storie del Mediterraneo” (Massa, Palazzo Ducale, 2006).Tra le principali partecipazioni a rassegne estere si possono citare quelle al Musée des Beaux-Arts di Bemay, in Normandia (1990), al Museum der Skulpturenmodelle di Grenzach-Wylhen nel Baden Wurttenberg (1992), al Contemporary Art Center di Schalkwyk presso Utrecht (1998), al Boulevard des Sculptures 2002 di Kijkduin, presso L’Aia (2002), a Triptyque, mostra allestita nell’ Abbaye du Ronceray presso Angers (2004), alla Biennale d’Arte Contemporanea di Busan, Corea del Sud (2006).Di rilievo sono i suoi interventi in diversi contesti monumentali come le sculture realizzate per la chiesa di San Pietro a Caltanissetta (2002), i Coccodrilli per la piazza di Castagnola (2003), l’installazione con i Mensoloni per la piazza di Caltanissetta (2003), la grande Cerere scolpita per la ProSementi di Bologna (2005). Opere monumentali sono presenti nelle città di Seoul (Korea), Assuan (Egitto) e Malindi (Kenya).

Negli anni recenti Ciulla tiene mostre personali di particolare rilievo a Pietrasanta, in Piazza Duomo e nella Chiesa di Sant’Agostino, per la cura critica di Beatrice Buscaroli (2006) e a Londra, presso la Albemarle Gallery (2007). È inoltre invitato da Marilena Pasquali alle rassegne critiche: “Morandi e la natura morta oggi in Italia” (Francavilla al Mare, Museo Michetti, 2007), “Nuova Biennale del Muro Dipinto” (Dozza, Bologna, 2007), “L’alibi dell’oggetto. Morandi e gli sviluppi della natura morta in Italia” (Lucca, Fondazione Ragghianti, 2007).Nel 2010 partecipa alla Biennale Scultura Internazionale a Racconigi curata da Luciano Caramel e nel 2011 alla Biennale Progetto Scultura a Rimini, curata da Beatrice Buscaroli. Sempre nel 2011 espone alla 54.a Biennale d’Arte di Venezia, Padiglione Italia, Regione Siciliana e tiene la personale “Le misteriose declinazioni del mito” presso la Galleria La Vite di Catania con testo critico di Luciano Caprile.Del 2012 è la prima personale parigina dal titolo “Le mythe contemporain” presso la Galleria Agnès Monplaisir, mentre nel 2013 tiene la personale “Girolamo Ciulla Il mito come disegno della materia” presso Palazzo Panichi a Pietrasanta curata da Alessandro Romanini. Hanno scritto di lui, tra gli altri: Alberto Agazzani, Franco Basile, Anna Caterina Bellati, Massimo Bertozzi, Arnaldo Romano Brizzi, Beatrice Buscaroli, Luciano Caprile, Lucio Cabutti, Vladek Cwalinski, Mario De Micheli, Marco Di Capua, Giorgio Di Genova, Francesco Gallo, Mario Gerosa, Ferruccio Giromini, Marco Goldin, Sebastiano Grasso, Nicola Micieli, Marilena Pasquali, Alessandro Riva, Alessandro Romanini, Piercarlo Santini, Maurizio Sciaccaluga, Luigi Serravalli, Vittorio Sgarbi e Giorgio Soavi.

BIOGRAFIA DI PIETRO C. MARANI

Professore Ordinario di Storia dell’arte moderna e Museologia nel Politecnico di Milano, è stato vice-direttore della Pinacoteca di Brera e condirettore del restauro del Cenacolo di Leonardo. Presidente dell’Ente Raccolta Vinciana, Castello Sforzesco, Milano, e membro della Commissione Nazionale Vinciana per la pubblicazione delle opere di Leonardo, Roma. Membro del Collegio dei Docenti del Dottorato in Design del Politecnico di Milano. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni su Leonardo, Francesco di Giorgio Martini, Bergognone, Bramantino, Bernardino Luini e, in genere, sulla pittura e l’architettura del Rinascimento italiano, la museologia e il restauro. Ha scritto anche di arte contemporanea (Peter Greenaway, Igor Mitoraj, Gary Stephens, Alessandro Papetti, Agostino Arrivabene ecc.). Ha collaborato alla catalogazione scientifica dei dipinti custoditi nei Musei di Milano (Pinacoteca di Brera, Pinacoteca del Castello Sforzesco, Quadreria dell’Arcivescovado, Pinacoteca Ambrosiana), ha curato (con B. Fabjan) il catalogo generale del Museo della Certosa di Pavia e il recente catalogo dei dipinti del Museo Bagatti Valsecchi di Milano. Ha pubblicato inediti di Verrocchio, Cesare da Sesto, Sodoma, Giampietrino, Pietro Antonio Magatti, Giuseppe Bossi ecc. ecc. E’ coautore dei cataloghi delle due importanti mostre sui disegni e i manoscritti di Leonardo da Vinci allestite nel 2003 nel Metropolitan Museum of Art di New York e nel Musée du Louvre a Parigi. Ha pubblicato il Catalogo dei disegni di Leonardo e della sua cerchia custoditi nei Musei pubblici in Francia (2008). Ha coordinato la serie di 25 mostre che si sono tenute dal 2009 al 2015 nella Pinacoteca Ambrosiana, presentando i fogli originali del Codice Atlantico di Leonardo divisi e catalogati per tematiche. Ha curato (con M.T.Fiorio) la Mostra “Leonardo da Vinci 1452-1519. The Design of the World”, tenutasi nel Palazzo Reale di Milano nel 2015 in occasione dell’Esposizione Universale. E’ autore di oltre duecento pubblicazioni, tradotte in otto lingue.

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