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1 Diritto Processuale Civile - Integrazione Il procedimento di esecuzione 6 I vari tipi di processo di esecuzione 7 Condizioni dell’azione esecutiva e presupposti processuali 9 Il titolo esecutivo 11 L’ESPROPRIAZIONE FORZATA 15 Il giudice dell’esecuzione 16 Il fascicolo dell’esecuzione 17 IL PIGNORAMENTO 18 Oggetto del pignoramento e procedimento 21 L’intervento dei creditori 24 La vendita e l’assegnazione 30 Espropriazione mobiliare presso il debitore 34 Il pignoramento dei beni mobili 35 Espropriazione presso terzi 40 La dichiarazione del terzo 42 Espropriazione immobiliare 44 Il pignoramento dei beni immobili 44 La vendita senza incanto (570-575) 49 Vendita con incanto (art. 576-591) 50 L’espropriazione immobiliare delegata ai professionisti 53 Forme speciali di espropriazione 54 Espropriazione dei beni indivisi 54 Espropriazione contro il terzo proprietario 55 L’esecuzione in forma specifica 56 L’esecuzione per consegna o rilascio 56 L’esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare 58 LE OPPOSIZIONI 61 Caratteri e tipi di opposizione 62 Opposizione all’esecuzione 63 Opposizione agli atti esecutivi 66 Opposizione all’esecuzione ed opposizione agli atti esecutivi 68 Le opposizioni nella fase di distribuzione della somma ricavata 69 Le opposizioni in materia di lavoro, di previdenza e di assistenza 69 Le opposizioni di terzo 70 La sospensione del processo esecutivo 74 L’estinzione del processo esecutivo 76 I procedimenti speciali 79 I l procedimento di ingiunzione 80 Opposizione al decreto ingiuntivo 85 I PROCEDIMENTI CAUTELARI 88 La disciplina generale dei procedimenti cautelari 90 Il controllo sui provvedimenti cautelari 95 I singoli procedimenti cautelari 97 Il sequestro 97 Le azioni di nunciazione: denuncia di nuova opera e di danno temuto 100 Procedimento di istruzione preventiva 101 I provvedimenti di urgenza 103 I procedimenti di volontaria giurisdizione 105 Separazione personale fra coniugi 106 Riconoscimento di provvedimenti giurisdizionali stranieri 109 L’ARBITRATO 111 L’arbitrato dopo la riforma del 2006 113 L’arbitrato internazionale 123 L’arbitrato estero 124 IL PROCESSO DEL LAVORO 125 Ambito di applicazione del rito speciale 126 La competenza e le questioni di rito 127 Il tentativo obbligatorio di conciliazione 128 Il procedimento: la fase introduttiva 129 La fase istruttoria 132 La fase decisoria: la sentenza 133 L’appello 134 Le controversie risarcitorie per incidenti stradali 135 LUPOI – BIAVATI 136 I regolamenti europei in materia di processo civile 136 Reg. Ce. 44/2001 Reg. Ce. 2201/03 Reg. Ce. 805/04 APPUNTI 1 TRATTI DAI MANUALI 1 In particolare, con aggiornamenti e modifiche, la parte preponderante del seguente lavoro è stato presa dal “Compendio di Diritto Processuale Civile”, edizioni Simone 2009 , oltre che dai manuali: “Diritto processuale civile”, G. F. Ricci, Giappichelli, Torino, vol. 3 (2008); “Regole europee e giustizia civile”, a

Appunti - Lezioni di Diritto Processuale Civile

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Diritto Processuale Civile - Integrazione Il procedimento di esecuzione 6 I vari tipi di processo diesecuzione 7 Condizioni dell’azione esecutiva e presuppostiprocessuali 9 Il titolo esecutivo 11 L’ESPROPRIAZIONE FORZATA 15 Ilgiudice dell’esecuzione 16 Il fascicolo dell’esecuzione 17 ILPIGNORAMENTO 18 Oggetto del pignoramento e procedimento 21 L’intervento dei creditori 24 La vendita e l’assegnazione 30 Espropriazione mobiliare presso il debitore 34 Il pignoramento deibeni mobili 35 Espropriazione presso terzi 40 La dichiarazione delterzo 42 Espropriazione immobiliare 44 Il pignoramento dei beniimmobili 44 La vendita senza incanto (570-575) 49 Vendita con incanto(art. 576-591) 50 L’espropriazione immobiliare delegata aiprofessionisti 53 Forme speciali di espropriazione 54 Espropriazionedei beni indivisi 54 Espropriazione contro il terzo proprietario 55 L’esecuzione in forma specifica 56 L’esecuzione per consegna orilascio 56 L’esecuzione forzata degli obblighi di fare e di nonfare 58 LE OPPOSIZIONI 61 Caratteri e tipi di opposizione 62 Opposizioneall’esecuzione 63 Opposizione agli atti esecutivi 66 Opposizioneall’esecuzione ed opposizione agli atti esecutivi 68 Le opposizioninella fase di distribuzione della somma ricavata 69 Le opposizioniin materia di lavoro, di previdenza e di assistenza 69 Leopposizioni di terzo 70 La sospensione del processo esecutivo 74 L’estinzione del processo esecutivo 76 I procedimenti speciali 79 I l procedimento di ingiunzione 80 Opposizione al decreto ingiuntivo 85 IPROCEDIMENTI CAUTELARI 88 La disciplina generale dei procedimenticautelari 90 Il controllo sui provvedimenti cautelari 95 I singoliprocedimenti cautelari 97 Il sequestro 97 Le azioni di nunciazione:denuncia di nuova opera e di danno temuto 100 Procedimento diistruzione preventiva 101 I provvedimenti di urgenza 103 I procedimentidi volontaria giurisdizione 105 Separazione personale fra coniugi 106 Riconoscimento di provvedimenti giurisdizionali stranieri 109 L’ARBITRATO 111 L’arbitrato dopo la riforma del 2006 113 L’arbitratointernazionale 123 L’arbitrato estero 124 IL PROCESSO DEL LAVORO 125 Ambito di applicazione del rito speciale 126 La competenza e lequestioni di rito 127 Il tentativo obbligatorio di conciliazione 128 Ilprocedimento: la fase introduttiva 129 La fase istruttoria 132 La fasedecisoria: la sentenza 133 L’appello 134 Le controversie risarcitorieper incidenti stradali 135 LUPOI – BIAVATI 136 I regolamenti europei inmateria di processo civile 136 Reg. Ce. 44/2001 Reg. Ce. 2201/03 Reg.Ce. 805/04

APPUNTI1 TRATTI DAI MANUALI1 In particolare, con aggiornamenti e modifiche, la parte preponderante delseguente lavoro è stato presa dal “Compendio di Diritto Processuale Civile”,edizioni Simone 2009 , oltre che dai manuali: “Diritto processuale civile”, G. F.Ricci, Giappichelli, Torino, vol. 3 (2008); “Regole europee e giustizia civile”, a

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ULTIMO AGGIORNAMENTO: 12/07/2009 23.03, NR. 1174

Titolare cattedra: Prof. Michele Angelo LupoiAssistenti: dott.sa Caterina Arrigoni, dott.sa Caterina Pasini. Libri di testo fondamentali (indicati nella guida):

G. F. Ricci, Diritto processuale civile, Giappichelli, Torino,vol. 3 (2008) (ad eccezione delle seguenti parti: cap. 15, 17,19, 23, 24, 25, 26)

A.A.V.V., Regole europee e giustizia civile, a cura di Biavati eLupoi, Bononia University Press, Bologna, 2008 (ad eccezionedelle pp. da 153 a 167)

Programma per gli Studenti provenienti da Scienze giuridiche cheabbiano già sostenuto l’esame di diritto processuale, parte generale:L’esecuzione forzata, i procedimenti cautelari; il procedimento peringiunzione nazionale e quello europeo; il rito del lavoro; il ritosocietario; il rito del contenzioso familiare; i procedimenti incamera di consiglio e la volontaria giurisdizione; riconoscimento edesecuzione delle sentenze straniere; il titolo esecutivoeuropeo; arbitrato e metodi alternativi di risoluzione dellecontroversie in ambito interno ed europeo.Legenda:

in corsivo: gli articoli di legge copiati integralmente in rosso: le parti segnalate come importanti dal prof. evidenziate in giallo: le parti ritenute importanti evidenziate in verde: le domande d’esame

ARTICOLI IN EVIDENZA COSTITUZIONE

24. Tutela dei diritti e degli interessi legittimi107. I magistrati sono inamovibili111. Cost. La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge

CODICE CIVILE2740. Responsabilità patrimoniale2907. Attività giurisdizionale2909. Cosa giudicata2932. Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto

CODICE DI PROCEDURA CIVILE43. Regolamento facoltativo dicompetenza. 105. Intervento volontario

48. Sospensione dei processi. 106. Intervento su istanza di parte.49. Sentenza di regolamento dicompetenza. 107. Intervento per ordine del giudice.

51. Astensione del giudice 108. Estromissione del garantito.52. Ricusazione del giudice 109. Estromissione dell’obbligato.53. Giudice competente 110. Successione nel processo.

54. Ordinanza sulla ricusazione 111. Successione a titolo particolare neldiritto controverso

69. Azioni del pubblico ministero 115. Disponibilità delle prove69. Azioni del pubblico ministero 158. Nullità derivante dalla costituzione del

cura di Biavati e Lupoi, Bononia University Press, Bologna, 2008.

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giudice.70. Intervento in causa del pubblicoministero. 161. Nullità della sentenza.

72. Poteri del pubblico ministero. 163. Contenuto della citazione75. Capacità processuale. 181. Mancata comparizione delle parti

81. Sostituzione processuale 183. Prima comparizione delle parti etrattazione della causa.

82. Patrocinio. 273. Riunione di procedimenti relativi allastessa causa.

83. Procura alle liti. 281-ter. Poteri istruttori del giudice

84. Poteri del difensore. 307. Estinzione del processo per inattivitàdelle parti.

88. Dovere di lealtà e di probità. 310. Effetti dell’estinzione del processo.89. Espressioni sconvenienti odoffensive.

324. Cosa giudicata formale

100. Interesse ad agire 404. Casi di opposizione di terzo.102. Litisconsorzio necessario. 474. Titolo esecutivo103. Litisconsorzio facoltativo.Titolo I: DEL TITOLO ESECUTIVO E DEL PRECETTOArt. 474 Titolo esecutivoArt. 476 Altre copie in forma esecutiva Art. 477 Efficacia del titolo esecutivo contro gli eredi Art. 478 Prestazione della cauzione Art. 479 Notificazione del titolo esecutivo e del precetto Art. 480 Forma del precetto Art. 481 Cessazione dell'efficacia del precetto Art. 482 Termine ad adempiere Titolo II: DELL'ESPROPRIAZIONE FORZATA Art. 483 Cumulo dei mezzi di espropriazione Art. 484 Giudice dell'esecuzione Art. 485 Audizione degli interessati Art. 488 Fascicolo dell'esecuzione Art. 491 Inizio dell'espropriazione Art. 496 Riduzione del pignoramento Art. 497 Cessazione dell'efficacia del pignoramento Sezione III: DELL'INTERVENTO DEI CREDITORIArt. 499 Intervento Sezione IV: DELLA VENDITA E DELLA ASSEGNAZIONEArt. 502 Termine per l'assegnazione ola vendita del pegno Sezione V: DELLA DISTRIBUZIONE DELLA SOMMA RICAVATAArt. 509 Composizione della somma ricavata Art. 510 Distribuzione della somma

Capo II: DELL'ESPROPRIAZIONE MOBILIARE PRESSOIL DEBITORE Sezione I : DEL PIGNORAMENTOArt. 513 Ricerca delle cose da pignorareArt. 514 Cose mobili assolutamente impignorabili Art. 515 Cose mobili relativamente impignorabili Art. 516 Cose pignorabili in particolari circostanze di tempo Art. 520 Custodia dei mobili pignorati Art. 521 Nomina e obblighi del custode Art. 522 Compenso del custode Art. 523 Unione di pignoramenti Art. 524 Pignoramento successivo Sezione II: DELL'INTERVENTO DEI CREDITORI Art. 525 Condizione a tempo dell'intervento Sezione III: DELL'ASSEGNAZIONE E DELLA VENDITA Art. 529 Istanza di assegnazione o di vendita

Art. 530 Provvedimento per l'assegnazione o per l'autorizzazione della vendita Art. 532 Vendita a mezzo di commissionario Art. 534 Vendita all'incanto Art. 537 Modo dell'incanto Sezione IV: DELLA DISTRIBUZIONE DELLA SOMMA RICAVATA Art. 541 Distribuzione amichevole 542 Distribuzione giudiziale

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ricavata Art. 512 Risoluzione delle controversie

Capo III: DELL'ESPROPRIAZIONE PRESSO TERZI Sezione I: DEL PIGNORAMENTO E DELL'INTERVENTO Art. 543 Forma del pignoramento Art. 546 Obblighi del terzo Art. 553 Assegnazione e vendita di crediti Art. 555 Forma del pignoramento Art. 556 Espropriazione di mobili insieme con immobili Art. 559 Custodia dei beni pignorati Art. 560 Modo della custodia Art. 561 Pignoramento successivo Sezione III: DELLA VENDITA E DELLA ASSEGNAZIONE Art. 567 Istanza di vendita Art. 569 Provvedimento per l'autorizzazione della vendita § 2: VENDITA SENZA INCANTO Art. 570 Avviso della vendita § 3: VENDITA CON INCANTO Art. 576 Contenuto del provvedimento che dispone la vendita Art. 586 Trasferimento del bene espropriato Art. 587 Inadempienza dell'aggiudicatario Art. 591 Provvedimento di amministrazione giudiziaria o di nuovo incanto Capo V: DELL'ESPROPRIAZIONE DI BENI INDIVISI Art. 599 Pignoramento Capo VI: DELL'ESPROPRIAZIONE CONTRO IL TERZO PROPRIETARIO Art. 602 Modo dell'espropriazione Titolo III: DELL'ESECUZIONE PER CONSEGNA O RILASCIO Art. 605 Precetto per consegna o rilascio Titolo IV: DELL'ESECUZIONE FORZATA DIOBBLIGHI DI FARE O DI NON FARE Art. 612 Provvedimento Capo I: DELLE OPPOSIZIONI DEL DEBITORE E DEL TERZO ASSOGGETTATO ALL'ESECUZIONE Sezione I:DELLE OPPOSIZIONI ALL'ESECUZIONE Art. 615 Forma dell'opposizione Sezione II: DELLE OPPOSIZIONI AGLI

Capo II: DELL'ESTINZIONE DEL PROCESSO Art. 629 Rinuncia Art. 630 Inattività delle parti Art. 631 Mancata comparizione all'udienza Art. 632 Effetti dell'estinzione del processo

Art. 633 Condizioni di ammissibilità Art. 634 Prova scritta Art. 635 Prova scritta per i crediti dello Stato e degli enti pubblici Art. 636 Parcella delle spese e prestazioni Art. 640 Rigetto della domanda Art. 641 Accoglimento della domanda Art. 647 Esecutorietà per mancata opposizioneo per mancata attività dell'opponente Art. 653 Rigetto o accoglimento parziale dell'opposizione Sezione II: DEL SEQUESTRO Art. 670 Sequestro giudiziario Art. 671 Sequestro conservativo Art. 675 Termine d'efficacia del provvedimento Art. 676 Custodia nel caso di sequestro giudiziario Sezione V: DEI PROVVEDIMENTI D'URGENZAArt. 700 Condizioni per la concessione Titolo II: DEI PROCEDIMENTI IN MATERIA DI FAMIGLIA E DI STATO DELLE PERSONE Capo I: DELLA SEPARAZIONE PERSONALE DEI CONIUGI Art. 706 Forma della domanda Art. 707 Comparizione personale delle parti Art. 708 Tentativo di conciliazione, provvedimenti del presidente Capo V: DEI RAPPORTI PATRIMONIALI TRA I CONIUGI Art. 735 Sostituzione dell'amministratore delpatrimonio familiare Art. 737 Forma della domanda e del provvedimento Titolo VIII: DELL'ARBITRATO Capo I: DEL COMPROMESSO E DELLA CLAUSOLA COMPROMISSORIA Art. 806 Compromesso Art. 807 Forma del compromesso Art. 808 Clausola compromissoria Art. 812 Capacità di essere arbitro Art. 815 Ricusazione degli arbitri Capo IV: DEL LODOArt. 820 Termini per la decisione Art. 822 Norme per la deliberazione (.)

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ATTI ESECUTIVI Art. 617 Forma dell'opposizione Capo II: DELLE OPPOSIZIONI DI TERZI Art. 619 Forma dell'opposizione Art. 620 Opposizione tardiva Art. 621 Limiti della prova testimoniale Art. 622 Opposizione della moglie deldebitore Titolo VI: DELLA SOSPENSIONE E DELL'ESTINZIONE DEL PROCESSO Capo I: DELLA SOSPENSIONE DEL PROCESSO Art. 623 Limiti della sospensione Art. 626 Effetti della sospensione Art. 627 Riassunzione

Art. 823 Deliberazione e requisiti del lodo Art. 825 Deposito del lodo Art. 826 Correzione del lodo (1) Capo V: DELLE IMPUGNAZIONI Art. 827 Mezzi di impugnazione Art. 829 Casi di nullita' Capo VI: DELL'ARBITRATO INTERNAZIONALEArt. 832 Arbitrato internazionale Capo VII: DEI LODI STRANIERI Art. 839 Riconoscimento ed esecuzione dei lodi stranieri

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IL PROCEDIMENTO DI ESECUZIONE IN GENERALEL’esecuzione forzata è regolata dal Libro VI, Titolo IV del CodiceCivile e dal Libro III del Codice di procedura civile. Essa tende a realizzare coattivamente il soddisfacimento dellapretesa del creditore, pretesa che ha a suo fondamento una sentenza oaltro titolo esecutivo. Appare, quindi, in tutta la sua evidenza la funzione del processo diesecuzione e la differenza rispetto al processo di cognizione:quest’ultimo è diretto all’accertamento dell’esistenza di un dirittoche la parte afferma esistente; il primo è, invece, diretto allaattuazione materiale coattiva del diritto accertato (così MANDRIOLl).Secondo alcuni Autori, lo scopo del processo esecutivo è proprioquello di consentire al creditore, nelle forme di legge, larealizzazione del suo diritto, adeguare cioè lo "stato di dirittoallo stato di fatto». In altre parole, mentre con il processo dicognizione si passa dall’affermazione del diritto al suoaccertamento, con il processo di esecuzione si passa, invece,dall’accertamento del diritto alla sua materiale attuazione coattiva .L’accertamento del diritto è, quindi, il punto d’arrivo dell’azionedi cognizione ed il punto di partenza dell’azione esecutiva (in talesede, infatti, non bisogna giudicare, ma agire). Per dare inizio all’azione esecutiva occorre, pertanto, che ildiritto azionato sia accertato nella sua esistenza; tale accertamentodeve essere raffigurato in un documento che lo incorpori nella suaoggettività. Tale documento è il TITOLO ESECUTIVO che potremmo,quindi, definire come un atto di accertamento contenuto in undocumento, che costituisce condizione necessaria e sufficiente perprocedere all’esecuzione forzata. Il processo di esecuzione nel corso degli anni ha evidenziato, forseancor più del processo di cognizione, una difficoltà ad offrireconcreta attuazione alle aspettative del soggetto titolare deldiritto, contribuendo in maniera considerevole al complessivo in-cremento della durata del processo. Accanto a problemi scaturentidall’interpretazione delle norme, si ponevano difficoltà legate allapossibilità di trasfondere nella pratica quanto previsto dal codice,il quale teneva conto di una situazione socio-economica profondamentemodificata. L’esigenza sentita dalla maggior parte degli operatoriera quella di trovare un giusto equilibrio tra le esigenze di rapidaattuazione del diritto con quelle di garanzia della posizione deldebitore, il tutto facendo ricorso a strumenti tali da rendereeffettivamente appetibile anche sul mercato il bene o i beniassoggettati alla procedura esecutiva. Un primo passo in tale direzione è stato compiuto con la possibilitàdi delegare ai notai la vendita all’incanto di beni immobili (L.302/98), soluzione cui si sono affiancate, presso alcuni ufficigiudiziari, delle prassi definite «virtuose» che alla lunga hannorivelato una capacità di ridare slancio al funzionamento del processo

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esecutivo. L’auspicio della prevalente dottrina era quello diprocedere ad una riscrittura del processo esecutivo ed anche glioperatori pratici sostenevano l’opportunità di un interventonormativo che avallasse con la forza della legge quelleinterpretazioni affermate si nella pratica, fondandosi su di un datonormativo talvolta equivoco. La preannunziata rivoluzione del processo esecutivo è stata attuatasia con il D.L. 35/ 2005, conv. in L. 80/2005 (e successivemodificazioni ed integrazioni di cui alla L. 28 dicembre 2005, n. 263ed al D.L. 30 dicembre 2005, n. 271, non convertito ma trasfusosuccessivamente nell’art. 39quater del D.L. 30-12-2005, n. 273, conv.in L. 23 febbraio 2006, n. 51) che con la L. 24 febbraio 2006, n. 52(Riforma delle esecuzioni mobiliari) ed è entrata in vigore il 1°marzo 2006; la riforma, applicabile anche ai procedimenti esecutivipendenti alla suddetta data di entrata in vigore (ciò a differenza diquanto avvenuto per il processo di cognizione), è ispirata a dueprincipi fondamentali. da un lato quello di accelerare le procedure edi ricondurle ad una durata ragionevole. dall’altro quello diallineare i prezzi di vendita dei beni pignorati a quelli di mercatoe di responsabilizzare il debitore esecutato imponendogli piùpregnanti oneri di collaborazione, in linea, del resto, con quantoprevisto da altri ordinamenti di Paesi europei.

I VARI TIPI DI PROCESSO DI ESECUZIONEA seconda che il diritto sia stato accertato nella sua specificitàoppure come eseguibile nella forma generica, che consegue alla suatrasformazione in denaro o al suo sorgere direttamente come creditodi denaro, il processo di esecuzione si atteggia come: a) espropriazione forzata per crediti di denaro, ovvero esecuzione

forzata in forma generica, consistente nel procedimentoesecutivo diretto a sottrarre coattivamente al debitoredeterminati beni facenti parte del suo patrimonio ed atrasformarli, pure coattivamente, in denaro, per destinarlo allasoddisfazione del creditore: ovvero all’assegnazione coattivadella titolarità dei crediti del debitore al creditore. sempre asoddisfacimento delle sue pretese. Essa si suddivide in:

1) espropriazione mobiliare presso il debitore (artt. 513-542);2) espropriazione presso terzi (artt. 543-554); 3) espropriazione immobiliare (artt. 555-598); 4) espropriazione di beni indivisi (artt. 599-601); 5) espropriazione contro il terzo proprietario (artt. 602-604).

b) esecuzione forzata in forma specifica , che si suddivide in: 1) esecuzione per consegna di cose mobili o rilascio di

immobili (artt. 605-611), consistente nel procedimentoesecutivo diretto a far conseguire al creditore la materialedisponibilità di una determinata cosa mobile o immobile,oggetto della consegna o del rilascio;

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2) esecuzione forzata di obblighi di fare o non fare (art. 612-614) consistente nel procedimento esecutivo direttoall’esecuzione di una sentenza di condanna per violazione diun obbligo di fare o non fare.

L’organo direttivo del processo di esecuzione è il giudicedell’esecuzione, la cui funzione si esplica, in particolare:

1. attraverso il potere di ordinanza in seguito a ricorso, ancheorale, delle parti. Egli può modificare o revocare le sueordinanze fino a quando non abbiano avuto esecuzione;

2. attraverso il potere di audizione degli interessati: tale potereviene esercitato mediante la fissazione di un’udienza appositacon decreto comunicato dal cancelliere;

3. attraverso il potere di decidere con sentenza l’opposizione agliatti esecutivi proposta nel corso dell’intrapresa esecuzione.

C aratteri : Il processo esecutivo, sotto il profilo strutturale, sipresenta con una varietà di forme, che danno luogo a diversi tipi diprocedimenti in relazione alle diverse esigenze proprie dellaattuazione dei diversi diritti sostanziali. Ciò, tuttavia, non impedisce di porre in rilievo alcunecaratteristiche strutturali comuni ad ogni tipo di processoesecutivo:

a) SOGGETTI del processo sono da un lato l’organo esecutivo(ufficiale giudiziario) che opera nell’ambito di un ufficiogiudiziario e sotto il controllo del giudice, dall’altro ilcreditore ed il debitore, che rispettivamente, chiede o nei cuiconfronti è chiesta la tutela giurisdizionale. Deve evidenziarsiche mentre l’ufficiale giudiziario è un organo del processoesecutivo (altri sono il giudice dell’esecuzione, il cancelliereetc.) il creditore ed il debitore, indicati nel titolo, sonoparti del processo esecutivo e, cioè, titolare attivo e passivodell’azione esecutiva. Può accadere che ad un soggetto venga fatta acquisire la qualitàdi debitore o di creditore (e cioè di parte) pur in difetto diindicazione nel titolo esecutivo. Il fenomeno si può verificare:

per mero errore, ipotesi assai improbabile; in casi espressamente previsti: il soggetto assume una

posizione assimilabile a quella della parte. Tutto ciò serve per definire ed individuare la posizione delterzo, rispetto al processo esecutivo, posizione che rileva indiverse ipotesi, come ad esempio nel caso d: espropriazionecontro il terzo proprietario (art. 602); per verificare lalegittimazione a spiegare opposizione di terzo nel processoesecutivo; per inquadrare correttamente le figurenell’espropriazione presso terzi e nell’istituto dell’interventodei terzi o del concorso nell’espropriazione. Quando l’esecuzione avviene legittimamente (e non per errore)

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nei confronti di un soggetto diverso da quello che risulta neltitolo si realizza un temperamento al principio: nulla executiosine titulo (si pensi al fenomeno successorio nel processoesecutivo):

b) L’AZIONE È INIZIALMENTE UNILATERALE, nel senso che vi un ècontraddittorio atipico poiché il debitore non acquista la vestedi convenuto; invero la convocazione dello parti, che nelprocesso medesimo venga disposta dal giudice dell’esecuzione,quando la ritenga necessaria, o quando la legge la prescriva(art. 485 c.p.c.), avviene non per costituire un formalecontraddittorio ma soltanto per il migliore esercizio dellapotestà ordinatoria: solo se il debitore (o altro soggetto, adesempio un creditore intervenuto) propone opposizione si apre ungiudizio di cognizione che ha ad oggetto l’esistenza o lemodalità dell’esecuzione;

c) la DOMANDA all’organo esecutivo è proposta verbalmente e periscritto;

d) L’ATTIVITÀ dell’organo esecutivo si estrinseca in una serie dioperazioni; quella del giudice in provvedimenti di naturaordinatoria (ordinanze o decreti).

Nel processo esecutivo, in modo analogo a ciò che avviene nelprocesso di cognizione, vigono il principio della domanda ed ilprincipio dell’impulso di parte, con il connesso principio delladisponibilità dell’oggetto del processo, nel senso che è rimessa allaparte la determinazione dell’oggetto della attività esecutiva. Ilprincipio di eguaglianza opera con sensibili differenze rispetto alprocesso di cognizione. L’uguaglianza delle parti nel processoesecutivo è solo formale, perché l’esecuzione si compia proprio perattuare il diritto dell’una contro l’altra.

CONDIZIONI DELL’AZIONE ESECUTIVA E PRESUPPOSTI PROCESSUALISecondo la dottrina (CASTORO) per procedure in executivis occorre chericorrano determinati requisiti. Essi distinguono in condizioni dell’azione ed in presuppostiprocessuali, a seconda che siano necessari per l’emissione di unprovvedimento esecutivo favorevole ovvero prodromiche ad unqualsiasi provvedimento esecutivo. Le condizioni dell’azione esecutiva sono:

1. l’esistenza e il possesso del titolo esecutivo per un dirittocerto, liquido ed esigibile;

2. la legittimazione attiva, che deve essere riguardata conriferimento alla titolarità ed attualità di un diritto non giàastrattamente previsto o configurabile nell’ordinamento, masancito nel titolo posto a base dell’esecuzione nella suaconformazione soggettiva ed oggettiva, e, quindi, va esclusaquando il diritto sia stato riconosciuto od attribuito ad unsoggetto diverso da quello che intende farlo valere;

3. la legittimazione passiva;

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4. l’oggetto dell’esecuzione idoneo a soddisfare la pretesacreditoria (es. non lo sarebbe il pignoramento di creditoassolutamente impignorabile.

I presupposti processuali sono:1. La competenza

La nuova formulazione dell’art. 9, in seguito alla riforma delgiudice unico ad opera del D.Lgs. 51/98 che ha soppressol’ufficio del Pretore, ha sancito la competenza del Tribunale incomposizione monocratica in materia di esecuzione forzata ingenerale, senza distinzione tra espropriazione mobiliare edimmobiliare (dovendosi escludere la competenza esecutiva delgiudice di pace). Con riguardo al territorio (art. 26):

è competente il giudice del luogo dove si trovano le cosenell’esecuzione (diretta o indiretta) su cose mobili oimmobili;

è competente il giudice del luogo ove risiede il terzodebitore, nel caso di espropriazione di crediti;

è competente il giudice del luogo dove l’obbligo deve essereadempiuto, nei casi di esecuzione di obblighi di fare o dinon fare.

Infine, con riguardo al valore (art. 17): nelle cause di opposizione del debitore, esso si determina

dal credito per cui si procede; nelle cause di opposizione di terzi, dal valore dei beni

controversi; nelle controversie sorte in sede di distribuzione, dal

maggiore dei crediti contestati. La competenza deve essere verificata sia con riferimento algiudice (inteso come ufficio giudiziario) e sia relativamenteall’ufficiale giudiziario che, nel processo esecutivo, collaborastrettamente alla procedura .

2. La capacità di essere parte; 3. La capacità processuale; 4. La spedizione del titolo in forma esecutiva; 5. Il compimento di atti preliminari alla esecuzione.

Caratteristica tipica del processo di esecuzione è quella dipresentare alcuni atti che, pur potendosi genericamente qualificarecome atti esecutivi, perché la loro funzione si ricollegaindubbiamente al processo, devono tuttavia essere compiuti primadell’inizio del processo stesso, e sono perciò atti preliminari opreparatori. Tali atti hanno la funzione di preannunciare al debitore il propositodel creditore di procedere alla esecuzione forzata sulla base di undeterminato titolo esecutivo per il conseguimento del diritto, ivimenzionato. Ciò consente al debitore, da un lato, di adempiere lapropria obbligazione, evitando la esecuzione e le relative spese;

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dall’altro, di conoscere gli elementi della esecuzione preannunciatae di contestarne, eventualmente, la legittimità.Tali atti preliminari sono previsti dall’art. 479: se la legge nondispone altrimenti, l’esecuzione forzata deve essere preceduta dallanotificazione del titolo in forma esecutiva e del precetto.

IL TITOLO ESECUTIVOArt. 474. Titolo esecutivoL'esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un dirittocerto, liquido ed esigibile.Sono titoli esecutivi: (Titoli giudiziali)1 le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamenteefficacia esecutiva;(Titoli stragiudiziali)2 le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro inesse contenute, le cambiali, nonché gli altri titoli di credito ai quali la legge attribuisceespressamente la sua stessa efficacia;3 gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli.L'esecuzione forzata per consegna o rilascio non puo' aver luogo che in virtu' dei titoliesecutivi di cui ai numeri 1 e 3 del secondo comma. Il precetto deve contenere trascrizioneintegrale, ai sensi dell'articolo 480, secondo comma, delle scritture private autenticate di cuial numero 2 del secondo comma.Presupposto fondamentale del processo esecutivo è l’esistenza di untitolo esecutivo. L’art. 474 dispone infatti che «L’esecuzione forzatanon può aver luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un creditocerto, liquido ed esigibile» (nulla executio sine titulo). Più precisamente, il titolo esecutivo è il documento con cui vieneaccertato o costituito il diritto del creditore da realizzarsi in viaesecutiva, e da cui risulti un diritto di credito:

certo (incontroverso nella sua esistenza); liquido (determinato nel suo ammontare); esigibile (non sottoposto né a condizione, né a termine).

Senza titolo esecutivo non è possibile iniziare l’esecuzione; mentrecol titolo si ha il potere di iniziarla, senza bisogno di provare lasussistenza del diritto sottostante, fino a quando il titolo stessonon venga impugnato. Ai sensi del secondo comma dell’art. 474, sono:TITOLI ESECUTIVI GIUDIZIALI:

1. le sentenze: l’esecuzione forzata è caratteristica tipica dellesentenze di condanna, è non anche di quelle di mero accertamentoo costitutive. Esecutive per legge (con l’entrata in vigoredella L. 353/90) sono le sentenze di primo grado, oltre che,ovviamente, quelle di secondo grado; resta salva la possibilitàper il giudice competente di sospendere l’esecuzione, su istanzadi parte, ai sensi degli artt. 283 e 373;

2. gli altri provvedimenti ai quali la legge attribuisceespressamente efficacia esecutiva: alcune ordinanze (artt.

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186bis, 186ter, 186quater), verbali di conciliazione. decretiingiuntivi, licenze e sfratti convalidati;

TITOLI ESECUTIVI STRAGIUDIZIALI:3. le cambiali ed altri titoli di credito, nonché altri atti

negoziali ai quali la legge lo attribuisce la stessa efficacia(es. processo verbale di conciliazione in sede non contenziosa);

4. le scritture private autenticate, relativamente alleobbligazioni di somme di denaro in esse contenute; La categoria dei titoli cd. stragiudiziali, il cui novero è statoampliato dal D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005 con l’inclusioneanche delle scritture private autenticate. La nozione discrittura privata autenticata presuppone che la sottoscrizionesia stata apposta alla presenza di un notaio (o di altro pubblicoufficiale a ciò autorizzato) e che questi, previamente accertatal’identità della persona che sottoscrive, attesti, nelle formeche specificamente disciplinano la sua attività che lasottoscrizione sia stata apposta in sua presenza. L’analogaefficacia probatoria attribuita alla scrittura prodotta ingiudizio e riconosciuta da chi ne appare l’autore o nondisconosciuta (v. art. 215), ovvero alla scrittura la cuipaternità sia giudizialmente accertata, all’esito del giudizio diverificazione (artt. 216 e ss.) non consente di ritenere cheanche in questi casi la scrittura privata acquisti efficacia dititolo esecutivo.

5. gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficialeautorizzato dalla legge a riceverli. La legge 80/2005 ha poi aggiunto un terzo comma all’art. 474,nel quale si prevede che l’esecuzione per consegna o rilascionon possa che avvenire in virtù dei provvedimentigiurisdizionali, ovvero di quelli di cui al n. 3 del secondocomma (atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficialeautorizzato dalla legge a riceverli).

6. Non va poi dimenticato il cd. titolo esecutivo europeo: con taledenominazione ci si riferisce a quegli atti e provvedimenti che- in quanto disciplinati dal Reg. CE 805/2004 - integranodirettamente il titolo richiesto dall’art. 474 affinché possaaver luogo l’esecuzione forzata (solo per crediti pecuniari). Iltitolo esecutivo europeo può assumere natura giudiziale ostragiudiziale.

L’art. 475 dispone inoltre che le sentenze, gli altri provvedimentidell’autorità giudiziaria, e gli atti ricevuti da notaio, per valerecome titolo esecutivo, devono essere muniti della formula esecutiva,salvo che la legge disponga altrimenti. L’apposizione di tale formulacostituisce la c.d. spedizione del titolo in forma esecutiva e puòessere rilasciata soltanto alla parte a favore della quale fupronunciato il provvedimento o stipulata l’obbligazione, o ai suoisuccessori, e che viene indicata in calce. Essa consiste

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nell’intestazione «Repubblica italiana - in nome della legge» enell’apposizione da parte del cancelliere o notaio o altro pubblicoufficiale, sull’originale o sulla copia della seguente formula: «Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiestie a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, alpubblico ministero di darvi assistenza, e a tutti gli ufficialidella forza pubblica di concorrervi, quando ne siano legalmente ri-chiesti». Non può spedirsi senza giusto motivo più di una copia in formaesecutiva alla stessa parte (art. 476). Particolari cautele sonoprescritte dalla legge per il rilascio di ulteriori copie del titoloesecutivo richieste dalla parte interessata (art. 476). La riformadel 2005 ha inasprito le sanzioni per le ipotesi di rilascio diulteriori copie in violazione delle disposizioni dettate (dal 1°marzo 2006 pari ad un minimo di € 1.000 ad un massimo di € 5.000).Il titolo esecutivo contro il defunto ha efficacia anche neiconfronti degli eredi: agli stessi il precetto può essere notificatosoltanto dopo dieci giorni dalla notifica del titolo (art. 477).Inoltre, entro un anno dalla morte, la notificazione può farsi aglieredi, collettivamente e impersonalmente, nell’ultimo domicilio deldefunto (art. 477). Se l’efficacia del titolo esecutivo è subordinata a cauzione, non sipuò iniziare l’esecuzione forzata finché quella non sia stataprestata (art. 478). L’art. 479 prescrive che l’esecuzione forzata deve essere precedutadalla notificazione del titolo in forma esecutiva e del precetto:tale atto consiste nella notifica fatta alla parte personalmente, anorma degli art. 137 e ss. di una copia autentica del titoloesecutivo, eseguita da parte dell’ufficiale giudiziario a seguito dirichiesta del creditore. La previsione secondo la quale se il titolo è costituito da unasentenza, la notificazione, entro l’anno dalla pubblicazione, puòessere eseguita a norma dell’art. 170 (ossia presso il procuratorecostituito), è stata abrogata dal D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005,ritenendosi molto più garantita per il debitore la notificaeffettuata presso la sua persona e non presso il difensore. La notifica del titolo esecutivo normalmente precede la notifica delprecetto; tuttavia la legge ammette che il precetto sia redatto diseguito al titolo esecutivo e che venga notificato insieme con esso,purché la notificazione sia fatta alla parte personalmente (art. 479ultimo comma). Proprio dalla disciplina appena esaminata la dottrina prevalenteargomenta che la notifica del titolo, la formazione del precetto e lasua notificazione sono fuori del processo esecutivo vero e proprio, eciò in conformità alla norma dell’art. 491, secondo la quale:«l’espropriazione forzata si inizia col pignoramento».

IL PRECETTO

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L’art. 480 fornisce la nozione legislativa del precetto, e ne precisaanche il contenuto. nonché i requisiti formali cui esso deveassolvere. Il precetto consiste nella formale intimazione ad adempiere l’obbligorisultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di diecigiorni, con l’avvertimento che, mancando l’adempimento, si procederàad esecuzione forzata. Tale avvertimento è generico, se si limita apreannunciare la espropriazione; è specifico, se preannuncia -l’esecuzione in forma specifica. Il precetto è un atto recettizio, in quanto non produce alcun effettose non è portata previamente a conoscenza del suo destinatario,mediante notifica. Esso deve contenere a pena di nullità:

l’indicazione delle parti; la data di notificazione del titolo esecutivo (se è fatta

separatamente); la trascrizione integrale del titolo, se è richiesta dalla legge

(es. cambiale o titolo), esecutivo rappresentato da una scritturaprivata autenticata): in questo caso l’ufficiale giudiziario,prima della relazione di notifica, deve certificare di avereriscontrato che la trascrizione corrisponde esattamente al titolooriginale.

Altro importante requisito non richiesto a pena di nullità, è ladichiarazione di residenza o elezione di domicilio della parteistante nel comune ove ha sede il giudice dell’esecuzione. Inmancanza, le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudicedel luogo in cui è stato notificato, e le notificazioni alla parteistante si fanno presso la cancelleria del giudice stesso. Non contenendo alcuna domanda giudiziale, il precetto può esseresottoscritto dalla parte personalmente, da un mandatario ad negotia oda un mandatario ad litem (quando manca tuttavia la sottoscrizione,l’atto è affetto da nullità insanabile). Il precetto deve essere notificato alla parte personalmente a normadegli artt. 137 e ss., successivamente o contestualmente allanotificazione del titolo esecutivo. La nullità della notificazione del titolo esecutivo e del precettonon possono mai comportare esclusione del diritto alla esecuzione,ma, eventualmente, solo la necessità di nuova rituale notificazione. Il precetto diviene inefficace se l’esecuzione non è iniziata entro90 giorni dalla sua notificazione. Se contro il precetto è proposta opposizione, detto termine rimanesospeso e riprende a decorrere: a) dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado chedecide l’opposizione;

b) oppure dalla comunicazione della sentenza di appello che respingel’opposizione. Ai sensi dell’art. 482, l’esecuzione forzata non si può iniziare

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prima che sia decorso il termine indicato nel precetto e in ognicaso non prima che siano decorsi 10 giorni dalla notificazione diesso, ma il Presidente del Tribunale competente per l’esecuzione(o un giudice da lui delegato) se vi è pericolo nel ritardo, puòautorizzare l’esecuzione immediata, con cauzione o senza.L’autorizzazione è data con decreto scritto in calce al precettoe trascritto a cura dell’ufficiale giudiziario nella copia danotificarsi.

L’ESPROPRIAZIONE FORZATAL’espropriazione forzata consiste nel complesso di atti diretti asottrarre coattivamente al debitore determinati beni facenti partedel suo patrimonio ed a convertirli in danaro, con cui soddisfare ilcreditore precedente. Essa non è una esecuzione diretta sul benedovuto, come, ad es., l’esecuzione in forma specifica, bensì è unaesecuzione indiretta, È, comunque, una forma di esecuzione nonsoltanto liquidativa, ma anche satisfattiva, con cui possono esseresoddisfatti coattivamente i crediti aventi ad oggetto una somma didanaro, sia che questo fosse il loro oggetto originario, sia chel’oggetto del credito sia divenuto tale soltanto in vista della suasoddisfazione coattiva, L’ESPROPRIAZIONE FORZATA, a seconda del suo oggetto, può essere:

mobiliare, se si effettua su denaro, beni mobili e beni mobiliiscritti in pubblici registri;

immobiliare se ha ad oggetto beni immobili; presso terzi, se ha ad oggetto beni mobili che sono nella

disponibilità diretta di un terzo o se oggetto dellaespropriazione è un credito del debitore verso terzi,

In correlazione alla generica responsabilità patrimoniale deldebitore che risponde dell’adempimento delle proprie obbligazioni contutti i suoi beni presenti e futuri (art. 2740 c.c.), vi è, dunque,la facoltà del creditore di espropriare i beni del debitore, perconseguire quanto gli è dovuto, secondo le regole stabilite dalcodice di procedura civile (art. 2910 c.c.). Ed il creditore, a tal fine, può optare per l’una o per l’altra formadi espropriazione. Anzi, ai sensi dell’art. 483, il creditore puòvalersi cumulativamente dei diversi mezzi di espropriazione forzataprevisti dalla legge; ma, su opposizione del debitore, il giudicedell’esecuzione, con ordinanza non impugnabile, può limitare laespropriazione al mezzo che il creditore sceglie o, in mancanza, aquello che il giudice stesso determina. In questo parte saranno esaminate le regole generali valide per tuttii tipi di espropriazione. È necessario ricordare tre importanti interventi legislativi inargomento:

il D.Lgs. 19-2-1998, n. 51 che ha soppresso la figura delpretore, trasferendone le relative competenze al giudice unicodi Tribunale. Tale decreto, infatti, ha attribuito l’intera

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materia esecutiva al Tribunale in composizione monocratica (v.Cap. I, §4);

la L. 3-8-1998, n. 302 che ha previsto la possibilità per ilgiudice delle esecuzioni immobiliari e dei beni mobiliregistrati di delegare ad un notaio le operazioni relative allavendita con incanto. La legge in oggetto ha così inserito nuovi articoli nel Codicedi procedura civile per disciplinare tale ipotesi ed ha ancheeliminato l’ormai anacronistico sistema delle candele vergini(sostituendolo col tempo di 3 minuti per aggiudicare le offer-te); ha previsto la possibilità di sostituire la documentazioneipocatastale con un certificato del notaio che dichiari irisultati delle visure; ed, infine, ha reintrodotto larateizzazione nella conversione del pignoramento, ma solo se sitratta di beni immobili;

la L. 14-5-2005, n. 80, di conversione del D.L. 14-3-2005, n. 35che ha ritoccato profondamente l’intero sistema del processo diesecuzione, rivedendo, tra le molteplici modifiche, le modalitàdi vendita, con un ampliamento dei soggetti cui è possibiledelegare la vendita, rivalutando l’istituto della vendita senzaincanto, irrigidendo la possibilità di intervento dei creditori,aggiornando la disciplina delle opposizioni esecutive;

la L. 24- 2- 2006, n. 52 di riforma della esecuzione mobiliare. In forza delle norme transitorie, le nuove disposizioni in materia diesecuzione forzata, a differenza di quanto previsto in tema diprocesso di cognizione, hanno trovato immediata applicazione neiprocedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della riformafissata per il 1° marzo 2006, vale a dire con pignoramento eseguito,alla suddetta data. Tuttavia, quando a quella data già è stataordinata la vendita, essa deve avvenire con l’osservanza delle normeprecedentemente in vigore e l’intervento dei creditori non muniti dititolo esecutivo conserva efficacia se avvenuto antecedentemente al1° marzo 2006 (cfr. l’art. 2, comma 3sexies, del D.L. 35/2005,convertito dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, come modificato dallalegge 17 agosto 200S, n.168 di conversione in legge, conmodificazioni, del decreto-legge 30 giugno 200S, n. 11S, e dall’art.l del D.L. 30 dicembre 200S, n. 271, non convertito ma trasfusonell’art. 39quater del D.L. 30-12-200S, n. 273, convertito nellalegge 23 febbraio 2006, n. 51). Dal canto suo l’art. 22 della legge24 febbraio 2006, n. 52 ha stabilito che le innovazioni, introdottedalla stessa legge, sono entrate in vigore il primo marzo 2006.

IL GIUDICE DELL’ESECUZIONEL’espropriazione è diretta dal giudice dell’esecuzione (art. 484).Ai sensi dell’art. 484 (come modificato dal D.Lgs. 51/1998) la nominadel giudice dell’esecuzione è fatta dal Presidente del Tribunale, supresentazione, a cura del cancelliere, del fascicolo, entro duegiorni dalla sua formazione. Giudice competente PER l’esecuzione è

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l’ufficio giudiziario inteso quale Tribunale astrattamente investitodella causa; invece il giudice DELL’esecuzione è la persona fisicache concretamente si occuperà del giudizio.Il giudice dell’esecuzione analogamente a quanto previsto per ilgiudice istruttore dall’art. 174, è immutabile per tutto il corso delprocesso, cosicché non può essere sostituito se non in caso diassoluto impedimento o di esigenze di servizio (art. 484 ult. co.).Dal punto di vista funzionale, il giudice dell’esecuzione presentaanalogie con il giudice istruttore. Vi sono, tuttavia, dellesostanziali differenze dovute soprattutto al diverso fine che ilprocesso esecutivo persegue rispetto al giudizio di cognizione. Inparticolare, considerata l’assenza di un vero e propriocontraddittorio, il giudice dell’esecuzione ha ampi poteri direttivi,che si estrinsecano tanto nel potere di trasferire il diritto daldebitore ai nuovi legittimati (potere espropriativo), quanto nelpotere di soddisfare il diritto dei creditori (potere satisfattorio).Il giudice dell’esecuzione ha la direzione del processo esecutivo edesplica la sua funzione in particolare:

attraverso il potere di audizione degli interessati, esercitatomediante la fissazione di un’udienza apposita, con decretocomunicato dal cancelliere. A tale udienza devono compariredavanti al giudice il creditore pignorante, i creditoriintervenuti, i debitori ed eventualmente gli altri interessati(art. 485);

attraverso il potere di ordinanza in seguito a ricorso, ancheorale, delle part. Le ordinanze sono revocabili e modificabilifino a quando non abbiano avuto esecuzione (art. 487, 1° comma);

attraverso il potere di decidere con sentenza le opposizioniagli atti esecutivi proposte successivamente all’iniziodell’esecuzione.

IL FASCICOLO DELL’ESECUZIONEDopo il pignoramento ed il deposito in cancelleria dello stesso(seguito dal deposito del titolo esecutivo e del precetto), ilcancelliere forma per ogni procedimento di espropriazione unfascicolo (art. 488), nel quale sono inseriti:

gli atti compiuti dal giudice; gli atti compiuti dal cancelliere; gli atti compiuti dall’ufficiale giudiziario; gli atti ed i documenti depositati dalle parti (tra cui

l’originale del titolo esecutivo, o una copia di esso, se ilcreditore è autorizzato a depositare una copia in luogodell’originale ).

Luogo delle notificazioni e delle comunicazioni: Le notificazioni ele comunicazioni da effettuarsi nel caso del solo processo esecutivosi eseguono (art. 489):

a) per i creditori pignoranti, nella residenza dichiarata o neldomicilio eletto nell’atto di precetto;

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b) per i creditori intervenuti, nella residenza dichiarata o neldomicilio eletto nella domanda di intervento;

c) per il debitore nella residenza dichiarata o nel domicilioeletto nel comune in cui ha sede il giudice competente perl’esecuzione, così come previsto dal nuovo testo dell’art. 492.

In mancanza di dichiarazioni di residenza o di elezione di domicilio,le notificazioni possono farsi nella cancelleria del giudicedell’esecuzione. Pubblicità degli avvisi: Quando la legge dispone che di un attoesecutivo sia data pubblica notizia, un avviso contenente tutti idati che possono interessare il pubblico deve essere affisso per tregiorni continui nell’albo dell’ufficio giudiziario davanti al qualesi svolge il procedimento esecutivo. Per i beni mobili registrati di valore superiore a 25.000 euro e pergli immobili, il D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005 ha previsto chel’avviso, l’ordinanza del giudice e la relazione di stima di cuiall’art. 173bis disp. att. debbano essere inserite in appositi sitiinternet, almeno 45 gg. prima del termine per la presentazione delleofferte o della data per l’incanto. Il giudice, inoltre, dispone che il medesimo avviso sia inserito,nello stesso termine suindicato, una o più volte sui quotidiani diinformazione locale aventi maggiore diffusione nella zona interessatao, quando opportuno. sui quotidiani di informazione nazionale, e,quando occorre, che sia divulgato con le forme della pubblicitàcommerciale. La divulgazione degli avvisi con altri mezzi diversi daiquotidiani di informazione deve intendersi complementare e nonalternativa. Sono equiparati ai quotidiani, i giornali diinformazione locale, multisettimanali o settimanali, editi dasoggetti iscritti al registro operatori della comunicazione (ROC) eaventi caratteristiche editoriali analoghe a quelle dei quotidianiche garantiscono la maggior diffusione nella zona interessata;nell’avviso è omessa l’indicazione del debitore (art. 490).

IL PIGNORAMENTOL’espropriazione forzata si inizia con il pignoramento (art. 491).L’unica eccezione è costituita dall’espropriazione di cose soggette apegno o ad ipoteca: per esse, infatti, l’esecuzione iniziadirettamente con l’ìstanza di assegnazione o di vendita (art. 502). Il pignoramento deve essere effettuato non prima di dieci giorni enon oltre novanta giorni dalla notificazione del precetto (artt. 481,482). Peraltro, la perenzione del precetto non è rilevabiled’ufficio, ma può essere fatta valere dalla parte interessata a mezzoopposizione ex art. 617. La forma del pignoramento è stata profondamente innovata prima dalD.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005 e poi dalla L. 24 febbraio 2006, n.52. In primo luogo si ribadisce che il pignoramento consiste in unaINGIUNZIONE che l’ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersida qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito,

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esattamente indicato, i beni che vi si assoggettano e (frutti di essi(art. 492). Sotto il profilo soggettivo, il pignoramento, dunque, è un attodell’ufficiale giudiziario, posto in essere su istanza del creditoree previa esibizione da parte dello stesso del titolo esecutivo e delprecetto ritualmente notificati. Sotto il profilo oggettivo, invece, esso consiste in una ingiunzionefatta al debitore, eseguita previa l’esatta indicazione dei beni odel credito che vengono assoggettati alla espropriazione. Soltanto con quest’ultima operazione (individuazione dei beniassoggettati al pignoramento) si passa dalla garanzia generica di cuiall’art. 2740 c.c. all’assoggettamento specifico di determinati beniad un determinato credito (così MANDRIOLl). La funzione del pignoramento (che ricomprende gli accessori, lepertinenze e i frutti civili e naturali della cosa pignorata: art.2912 c.c.) è quella di vincolare i beni da assoggettareall’esecuzione, ossia di assicurare determinati beni del debitore,dopo averli individuati, alla soddisfazione del creditore. Talevincolo giuridico produce l’effetto di rendere inefficaci neiconfronti del creditore procedente e dei creditori intervenuti gliatti di alienazione o di disposizione compiuti dal debitore ed aventiad oggetto i beni pignorati. Si tratta di inefficacia relativa, poiché l’atto è di per sé validoma non produce effetti soltanto nei confronti dell’espropriante odegli intervenuti. Restano, comunque, salvi gli effetti del possesso di buona fede per imobili non iscritti in pubblici registri (art. 2913 c.c.). La tutela contro gli atti di disposizione materiale, è costituita:

preventivamente, dall’istituto della custodia (art. 520-522, 546,559 e 560);

successivamente, dalle sanzioni previste dagli art. 388 e 388bisc.p.

Le novità della riforma del 2005-2006 al testo dell’articolo 492consistono, oltre che nell’invito formulato al debitore ad indicareil luogo ove intende ricevere le notifiche o le comunicazionirelative alla procedura (con l’avvertimento che, in mancanza ovveroin caso di irreperibilità presso la residenza dichiarata o ildomicilio eletto, le successive notifiche o comunicazioni a luidirette saranno effettuate presso la cancelleria dello stessogiudice), soprattutto nell’ulteriore attività finalizzata adassicurare una maggiore proficuità dell’esecuzione. Infatti, nel caso in cui i beni pignorati appaiano insufficientiovvero per essi appaia manifesta la lunga durata della liquidazione,l’ufficiale giudiziario invita il debitore ad indicare altri benisuscettibili di pignoramento ed i luoghi in cui si trovano ovvero legeneralità dei terzi debitori. In caso di risposta positiva (di taledichiarazione è redatto processo verbale che il debitore sottoscrive,

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requisito quest’ultimo di perfezionamento del pignoramento sui benioggetto della dichiarazione) il pignoramento si intende esteso ancheai diversi beni indicati. Al fine di responsabilizzare il debitore il legislatore ha, poi,esteso la sanzione penale prevista dall’art. 388 c.p. al debitore oall’amministratore, direttore generale o liquidatore della societàdebitrice che, invitato dall’ufficiale giudiziario a indicare le coseo i crediti pignorabili, ometta di rispondere nel termine di quindicigiorni o effettui una falsa dichiarazione. In ogni caso l’ufficiale giudiziario, ai fini della ricerca dellecose e dei crediti da sottopone ad esecuzione, quando non individuabeni utilmente pignorabili oppure le cose e i crediti pignorati oindicati dal debitore appaiono insufficienti a soddisfare ilcreditore procedente e i creditori intervenuti, su richiesta delcreditore procedente, rivolge richiesta ai soggetti gestoridell’anagrafe tributaria e di altre banche dati pubbliche. Larichiesta, eventualmente riguardante più soggetti nei cui confrontiprocedere a pignoramento, deve indicare distintamente le completegeneralità di ciascuno, nonché quelle dei creditori istanti.L’ufficiale giudiziario ha altresì facoltà di richiedere l’assistenzadella forza pubblica, ove da lui ritenuto necessario. Ed ancora, se il debitore è un imprenditore commerciale l’ufficialegiudiziario, negli stessi casi appena sopra esaminati e previaistanza del creditore procedente, con spese a carico di questi,invita il debitore a indicare il luogo ove sono tenute le scritturecontabili e nomina un commercialista o un avvocato ovvero un notaioiscritto nell’elenco di cui all’articolo 179ter delle disposizioniper l’attuazione del codice per il loro esame al finedell’individuazione di cose e crediti pignorabili. Il professionistanominato può richiedere informazioni agli uffici finanziari sul luogodi tenuta nonché sulle modalità di conservazione, anche informaticheo telematiche, delle scritture contabili indicati nelle dichiarazionifiscali del debitore e vi accede ovunque si trovi, richiedendo quandooccorre l’assistenza dell’ufficiale giudiziario territorialmente com-petente. Il professionista trasmette apposita relazione con irisultati della verifica al creditore istante e all’ufficialegiudiziario che lo ha nominato, che provvede alla liquidazione dellespese e del compenso. Se dalla relazione risultano cose o crediti nonoggetto della dichiarazione del debitore, le spese dell’accesso allescritture contabili e della relazione sono liquidate conprovvedimento che costituisce titolo esecutivo contro il debitore. Questa nuova forma di pignoramento, che impone un dovere dicollaborazione al debitore, il quale, infatti, non può trincerarsidietro un silenzio, né tanto meno dichiarare il falso, si giustifica,in un’ottica complessiva di assicurare una forma di più efficacetutela ai creditori soprattutto dei piccoli imprenditori avverso iquali, per effetto della riforma della legge fallimentare, non è più

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possibile richiedere la dichiarazione di fallimento. OGGETTO DEL PIGNORAMENTO E PROCEDIMENTO

OGGETTO: Il pignoramento può avere ad oggetto: beni determinati, scelti fra tutti i beni rientranti nel

patrimonio del debitore (art. 2910 c.c.); beni appartenenti a terzi (2910 c.c.) «quando sono vincolati a

garanzia del credito o quando sono oggetto di un atto che èstato revocato perché compiuto in pregiudizio del creditore».

NON SONO, INVECE, PIGNORABILI: 1) perché non suscettibili di espropriazione:

i beni demaniali dello Stato, beni delle province e dei comunisoggetti al regime del demanio pubblico (es. cimiteri);

i beni che fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato,delle province e dei comuni; gli edifici destinati all’eserciziodel culto cattolico, anche se appartenenti a privati;

le cose sacre e quelle che servono all’esercizio del culto; i beni di Stati e sovrani stranieri, che abbiano una

destinazione pubblica (es. residenze diplomatiche); i beni e le ragioni dotali destinate “ad sustinenda onera

matrimonii”; l’usufrutto legale degli ascendenti; i diritti di uso e di abitazione; i beni del fondo patrimoniale destinato a far fronte ai bisogni

della famiglia e i frutti di essi, per i debiti che il creditoreconosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisognidella famiglia (art. 170 c.c.);

2) perché sottratti all’espropriazione: quanto alle cose materiali (art. 514):

l’anello nuziale, i vestiti, la biancheria, i letti, gliutensili di casa e cucina etc.;

i commestibili e i combustibili necessari per un mese almantenimento del debitore e della sua famiglia;

le armi e gli oggetti che il debitore ha l’obbligo diconservare per l’adempimento di un pubblico servizio;

le decorazioni al valore, le lettere, i registri, gliscritti di famiglia;

quanto ai crediti (art. 545): i crediti alimentari, tranne per causa di alimenti e sempre

con l’autorizzazione del Presidente del Tribunale o di ungiudice da lui delegato e per la parte da lui stabilita; icrediti aventi per oggetto sussidi di grazia o disostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri osussidi dovuti per maternità, malattia o funerali da entivari.

3) Beni relativamente impignorabili (art. 515): Sono pignorabili solo in mancanza di altri mobili" le cose che ilproprietario di un fondo vi tiene per il servizio e la coltivazionedel medesimo ... " (ed. "invecta et illata").

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La recente riforma dell’esecuzione mobiliare ha reso relativamentepignorabili dal 1° marzo 2006 gli strumenti, gli oggetti e i libriindispensabili per l’esercizio della professione, dell’arte o delmestiere del debitore nei limiti di un quinto, (beni in precedenzaassolutamente impignorabili) quando il presumibile valore direalizzo degli altri beni rinvenuti dall’ufficiale giudiziario oindicati dal debitore non appare sufficiente per la soddisfazionedel credito; il predetto limite non si applica per i debitoricostituiti in forma societaria e in ogni caso se nelle attività deldebitore risulta una prevalenza del capitale investito sul lavoro(art. 515 comma 3).

4) Beni pignorabili solo in particolari circostanze di tempo (art.516). Sono: i frutti non ancora raccolti o separati dal suolo, i quali non

possono essere pignorati separatamente dall’immobile cuiaccedono, se non nelle ultime 6 settimane anteriori al tempoordinario della loro maturazione;

i bachi da seta solo quando sono nella maggior parte sui ramiper formare il bozzolo.

PROCEDIMENTO : Il creditore può liberamente scegliere i singoli benida pignorare, siano essi mobili o immobili; l’unica eccezione a talefacoltà di scelta è prevista dalla legge nel caso in cui egli siatitolare di pegno o di ipoteca: in tal caso, egli non può pignorarealtri. beni del debitore medesimo, se non sottopone ad esecuzione ibeni gravati da ipoteca, pegno o privilegio (art. 2911 c.c.). Il creditore procedente (o anche più creditori insieme) presental’istanza all’ufficiale giudiziario competente il quale compie ilpignoramento. Il debitore esecutato, oltre a subire la procedura, puòassumere una delle seguenti iniziative:

ha la possibilità di evitare il pignoramento, versando nellemani dell’ufficiale giudiziario l’importo del credito e dellespese o per consegnarlo al creditore o perché detta sommarimanga depositata come oggetto del pignoramento; in questosecondo caso l’importo del credito e delle spese va aumentato didue decimi (art. 494). Il versamento effettuato dal debitore, nelle mani dell’ufficialegiudiziario, della somma per cui si procede e dell’importo dellespese, con l’incarico di consegnarli al creditore, ha contenutoe valore di pagamento e produce, perciò, effetti liberatoriimmediati. L’effetto liberatorio non si verifica, però, se ilversamento sia fatto con riserva di ripetizione, e non implichiquindi in alcun modo riconoscimento del debito e rinuncia allacontestazione di esso;

può chiedere la conversione del pignoramento (art. 495), primache sia disposta la vendita o l’assegnazione, sostituendo allecose pignorate una somma di denaro pari all’importo delle spese

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e dei crediti (comprensivi di capitale e interessi). Anchel’istituto della conversione è stato riformato dal D.L. 35/2005,conv. in L. 80/2005. Infatti dal 1° marzo 2006 il pignoramento, ai sensi dell’art. 492comma 3, deve anche contenere l’avvertimento che il debitore, aisensi dell’articolo 495, può chiedere di sostituire alle cose oai crediti pignorati una somma di denaro pari all’importo dovutoal creditore pignorante e ai ereditari intervenuti, comprensivodel capitale, degli interessi e delle spese, oltre che dellespese di esecuzione (ed. conversione del pignoramento), sempreche, a pena di inammissibilità, sia da lui depositata incancelleria, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione anorma degli articoli 530, 552 e 569, la relativa istanzaunitamente ad una somma dell’importo di seguito indicato. In tal modo, il momento ultimo al di là del quale la conversionenon può essere più richiesta coincide con quello in cui èdisposta la vendita o l’assegnazione: e ciò a differenza delladisciplina previgente in cui tale istanza poteva essere propostain qualsiasi momento anteriore alla vendita o all’assegnazione.Al contempo, l’atto di pignoramento deve contenere il suddettoavvertimento da parte dell’ufficiale giudiziario della facoltà dequa2 riconosciuta dalla legge al debitore e dei tempi (oltre chedelle modalità) entro cui la medesima, se del caso, vaesercitata. Nulla dice la legge per il caso di omessoavvertimento; in tale evenienza può ipotizzarsi che l’istanza diconversione possa essere utilmente esperita si no al momentodell’assegnazione o della vendita del bene pignorato, salvo chenon si opti per l’azionabilità del rimedio dell’opposizione agliatti esecutivi supportata dalla dimostrazione dell’interesse allaconversione (tanto più che in dottrina si riconosce un vero eproprio diritto soggettivo alla conversione in capo al debitore:Brescia, Contra. Corsaro-Bozzi). Le modalità della conversione sono le seguenti: 1. il debitore che chiede la conversione deve depositare in

cancelleria, unitamente all’istanza, una somma non inferioread un quinto dell’importo del credito per cui è statoeseguito il pignoramento e dei crediti dei creditoriintervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento,dedotti i versamenti effettuati di cui deve essere dataprova documentale;

2. è esclusa la possibilità di consentire al debitore ilversamento rateale della somma da sostituire ai benipignorati;

3. l’istanza di conversione può essere avanzata una sola volta,a pena di inammissibilità.

La L. 3-8-1998, n. 302, infine, disciplinando l’ipotesi che il2 "Della quale si sta parlando", in questione (maschile: de quo).

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giudice dell’esecuzione deleghi un notaio alle operazioniesecutive, ha conservato sostanzialmente l’assetto dato dallariforma del ‘90 reinserendo, però, la possibilità dellarateizzazione, ma solo se l’espropriazione è immobiliare. Il D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005 ha confermato la disciplinaintrodotta nel 1998, ampliando il termine per la rateizzazione,sempre relativamente all’espropriazione immobiliare, da nove adiciotto mesi;

può chiedere la riduzione del pignoramento, quando il valore deibeni pignorati è superiore all’importo delle spese e dei crediti.La riduzione è disposta dal giudice, sentiti il creditorepignorante e i creditori intervenuti, anche d’ufficio (art. 496).

Il pignoramento PERDE EFFICACIA quando dal suo compimento sonotrascorsi 90 giorni senza che sia stata chiesta l’assegnazione o lavendita (art. 497). Tale termine è perentorio, prescritto, cioè, apena di decadenza ma non è rilevabile ex officio. Esso rimane sospesonel caso di opposizione agli atti esecutivi (art. 628).

L’INTERVENTO DEI CREDITORIArt. 499. Intervento. Possono intervenire nell'esecuzione i creditori che nei confronti del debitore hanno uncredito fondato su titolo esecutivo, nonche' i creditori che, al momento delpignoramento, avevano eseguito un sequestro. sui beni pignorati ovvero avevano un dirittodi pegno o un diritto di prelazione risultante da pubblici registri ovvero erano titolari di uncredito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all'articolo 2214 delcodice civile.Il ricorso deve essere depositato prima che sia tenuta l'udienza in cui e' disposta lavendita o l'assegnazione ai sensi degli articoli 530, 552 e 569, deve contenere l'indicazionedel credito e quella del titolo di esso, la domanda per partecipare alla distribuzione dellasomma ricavata e la dichiarazione di residenza o la elezione di domicilio nel comune in cuiha sede il giudice competente per l'esecuzione. Se l'intervento ha luogo per un credito disomma di denaro risultante dalle scritture di cui al primo comma, al ricorso deve essereallegato, a pena di inammissibilita', l'estratto autentico notarile delle medesime scritturerilasciato a norma delle vigenti disposizioni.Il creditore privo di titolo esecutivo che interviene nell'esecuzione deve notificare aldebitore, entro i dieci giorni successivi al deposito, copia del ricorso, nonche' copiadell'estratto autentico notarile attestante il credito se l'intervento nell'esecuzione ha luogoin forza di essa.Ai creditori chirografari, intervenuti tempestivamente, il creditore pignorante hafacolta' di indicare, con atto notificato o all'udienza in cui e' disposta la vendita ol'assegnazione, l'esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili, e di invitarli adestendere il pignoramento se sono forniti di titolo esecutivo o, altrimenti, ad anticipare lespese necessarie per l'estensione. Se i creditori intervenuti, senza giusto motivo, nonestendono il pignoramento ai beni indicati ai sensi del primo periodo entro il termine ditrenta giorni, il creditore pignorante ha diritto di essere loro preferito in sede didistribuzione.Con l'ordinanza con cui e' disposta la vendita o l'assegnazione ai sensi degli articoli 530,552 e 569 il giudice fissa, altresi', udienza di comparizione davanti a se' del debitore e dei

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creditori intervenuti privi di titolo esecutivo, disponendone la notifica a cura di una delleparti. Tra la data dell'ordinanza e la data fissata per l'udienza non possono decorrere piu'di sessanta giorni. All'udienza di comparizione il debitore deve dichiarare quali dei crediti per i quali hannoavuto luogo gli interventi egli intenda riconoscere in tutto o in parte, specificando inquest'ultimo caso la relativa misura. Se il debitore non compare, si intendono riconosciutitutti i crediti per i quali hanno avuto luogo interventi in assenza di titolo esecutivo. In tutti icasi il riconoscimento rileva comunque ai soli effetti dell'esecuzione. I creditori intervenuti icui crediti siano stati riconosciuti da parte del debitore partecipano alla distribuzione dellasomma ricavata per l'intero ovvero limitatamente alla parte del credito per la quale vi siastato riconoscimento parziale. 1 creditori intervenuti i cui crediti siano stati viceversadisconosciuti dal debitore hanno diritto, ai sensi dell'articolo 510, terzo comma,all'accantonamento delle somme che ad essi spetterebbero, sempre che ne facciano istanzae dimostrino di avere proposto, nei trenta giorni successivi all'udienza di cui al presentecomma, l'azione necessaria affinche' essi possano munirsi del titolo esecutivo. Nel processo esecutivo è ammesso l’intervento di altri creditori. Nelcaso di più creditori che intendano soddisfarsi nel corso di unastessa procedura, il creditore che ha preso l’iniziativa è dettocomunemente creditore procedente. Il nostro codice accoglie, a riguardo, i seguenti principi:

sullo stesso bene è ammesso un solo processo di esecuzione(«pignoratio super pignorationem non admittitur»);

i creditori intervenuti, se muniti di titolo esecutivo, possonoprovocare i singoli atti espropriativi nell’inerzia delcreditore procedente;

in sede di distribuzione del prezzo tutti i creditori sono, peril principio della «par condicio creditorum», in condizioni diparità salvo coloro che godono di cause di prelazione (privilegied ipoteche: art. 2741 c.c.), anche processuale (art. 499, comma4).

L’intervento può avvenire in due forme: a. Partecipazione all’atto di pignoramento: In tal caso, i creditori

che diventano copignoranti assumono la qualità di litisconsorti. Inparticolare:

1. nel caso di pignoramenti contemporanei sullo stesso bene: siprocede all’unione degli stessi in un pignoramento unico(art. 523);

2. nel caso di pignoramenti successivi sullo stesso bene: siprocede alla ricognizione dei beni già pignorati (artt. 524 e561), ma anche in questo caso tutti i pignoramenti successivitrovano luogo in un unico processo, mediante l’inserzione deiverbali di pignoramento in un solo fascicolo;

3. nel caso di pignoramento successivo tardivo (cioè dopo laudienza fissata per l’autorizzazione della vendita o perl’assegnazione) ovvero dopo la presentazione del ricorso perl’assegnazione o la vendita qualora il valore dei benipignorati non superi 20.000 euro): la posizione di

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"compignorante» ha il solo effetto di fare partecipare alladistribuzione della somma ricavata (art. 524), previasoddisfazione delle ragioni del creditore procedente (salvi idiritti di prelazione).

b. Partecipazione alla distribuzione della somma ricavata: L’intervento è una facoltà del creditore. Esso si propone conricorso, che, ai sensi dell’art. 499, deve contenere:

l’indicazione del credito; l’indicazione del relativo titolo (fonte del credito); la domanda per partecipare alla distribuzione della somma

ricavata; la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel

Comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione.Il ricorso deve essere presentato anteriormente alla prima udienzafissata per l’autorizzazione alla vendita: se è presentatosuccessivamente è considerato tardivo e il creditore intervenutotardivamente è postergato ai creditori pignoranti e intervenutitempestivamente, salvi tuttavia i diritti di prelazione. In ogni caso, la legge tutela i creditori che godono sui beni diun diritto di prelazione risultante da pubblici registri,obbligando il creditore entro cinque giorni dal pignoramento adavvisarli dell’espropriazione affinché siano messi in grado diesercitare tale facoltà (art. 498). In mancanza della prova ditale notificazione, il giudice non provvede sull’istanza diassegnazione o vendita (art. 498). In caso di intervento tempestivo di creditori chirografari, ilcreditore pignorante può indicare, con atto loro notificato ovverodirettamente all’udienza per l’autorizzazione alla vendita,l’esistenza di altri beni del debitore pignorabili, invitandoli adestendere a questi ultimi il pignoramento, ovvero, se non sonomuniti di titolo, ad anticipare le spese per l’estensione. Se nonavviene l’estensione nel termine di trenta giorni, e senza giustomotivo, il creditore pignorante ha il diritto di essere loropreferito in sede di distribuzione. In base al novellato art. 499, comma 1, possono intervenirenell’esecuzione i creditori non divenuti compignoranti eprecisamente:

1. i creditori muniti di titolo esecutivo (tra i quali sonoricompresi anche coloro che abbiano ottenuto provvedimentid’urgenza che prevedono la condanna al pagamento di somme didenaro, i quali, pur avendo natura cautelare, ricevonoattuazione nelle forme del libro terzo del codice diprocedura civile), e ciò anche se il loro credito sia sortodopo il pignoramento; i predetti partecipano alladistribuzione del ricavato secondo le cause di prelazionestabilite dal diritto sostanziale (art. 2741 c.c.) e, sechirografari, a seconda che il loro intervento sia tempestivo

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o meno; Art. 2741.Concorso dei creditori e cause di prelazione. I creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore , salvo lecause legittime di prelazione.Sono cause legittime di prelazione i privilegi, il pegno e le ipoteche.

2. i creditori privi di titolo esecutivo che vantino un creditosorto prima del pignoramento, i quali, al momento delpignoramento, avevano eseguito un sequestro sui benipignorati ovvero avevano un diritto di pegno o un diritto diprelazione risultante da pubblici registri, ovvero eranotitolari di un diritto di credito di somma di denarorisultante dalle scritture contabili di cui all’articolo 2214c.c.

A norma dell’art. 499, comma 2, l’intervento si attua mediante ildeposito di un ricorso contenente l’indicazione del credito e delsuo titolo, nonché la richiesta di partecipazione alla sommaricavata e la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilioin cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione. Sel’intervento ha luogo per un credito di somma di denaro risultantedalle scritture contabili di cui al comma 1, al ricorso deveessere allegato, a pena di inammissibilità, l’estratto autenticonotarile delle medesime scritture rilasciato a norma delledisposizioni vigenti. Se ne ricava che, per quanto concerne icreditori sforniti di titolo esecutivo, l’onere di produzionedocumentale sussiste soltanto per i creditori che intervenganoavvalendosi delle scritture contabili obbligatorie. I creditori privi di titolo esecutivo devono notificare aldebitore, entro i dieci giorni successivi al depositodell’intervento copia del ricorso (e dell’estratto autentico dellescritture contabili se tale è il titolo dell’intervento), copianotificata da depositare poi in cancelleria. Il termine di dieci giorni per la notifica del ricorso perintervento al debitore non è perentorio, ma condiziona in ognicaso il diritto dell’interventore di partecipare alladistribuzione. La mancata notificazione del ricorso, in tempo utile per l’udienzadi verifica, comporta infatti la decadenza del creditore, nondall’intervento nel processo esecutivo, ma dal diritto dipartecipare senza titolo esecutivo alla distribuzione, per effettodella mancata comparizione di questo in udienza; se, invece, ildebitore compare e riconosce espressamente il credito, l’omessanotificazione del ricorso deve, evidentemente, considerarsi sanata(SENSALE). La ratio di tale disposizione è quella di consentire all’esecutatodi avere notizia della pretesa creditoria avanzatadall’interventore prima della celebrazione dell’udienza di

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comparizione di cui all’art. 499, commi 5 e 6, per l’appuntofinalizzata all’eventuale riconoscimento del credito. Tale udienza di comparizione del debitore e dei creditoriintervenuti non muniti di titolo esecutivo è fissata dal giudicedell’esecuzione con la stessa ordinanza con cui è disposta lavendita o l’assegnazione e deve essere tenuta non oltre sessantagiorni dalla data dell’ordinanza, previa notifica al debitore acura di una delle parti indicata dallo stesso G.E. Nel caso diomessa notifica al debitore del provvedimento di fissazionedell’udienza di verifica non potrà aver luogo alcun riconoscimentotacito o espresso con conseguente necessità dell’istanza diaccantonamento e del promovimento della separata azione dicognizione, salva ovviamente l’ipotesi di spontanea comparizionedell’esecutato. L’art. 499, comma 6, prevede poi che il debitore debba dichiarareall’udienza di comparizione quale dei crediti, per i quali hannoavuto luogo gli interventi, egli intenda riconoscere in tutto o inparte specificando in quest’ultimo caso la relativa misura. Se ildebitore non compare, si intendono riconosciuti tutti i creditiper i quali hanno avuto luogo interventi in assenza di titoloesecutivo: da tale ultimo comportamento negativo del debitoreconsegue quindi una implicita ammissione dell’esistenza delcredito, sia pure ai soli fini esecutivi, disposizione in qualchemodo paragonabile, quanto agli effetti, alla mancata comparizionedell’intimato alla udienza di convalida di sfratto. Il riconoscimento del credito da parte del debitore ha peraltroefficacia solo all’interno del processo esecutivo (l’art. 499,comma 6, precisa che il riconoscimento rileva comunque ai solieffetti dell’esecuzione), con la conseguenza che esso è ammessoalla distribuzione per l’importo indicato dal creditore nelricorso per intervento (fatto salvo il potere del giudicedell’esecuzione di quantificare il credito, sulla base deglielementi probatori forniti dal creditore, in misura diversa daquella indicata dallo stesso creditore). In dottrina (SENSALE) siè affermato che il riconoscimento non potrebbe più essere revocato- se non, presumibilmente, nei casi di revocabilità dellaconfessione per errore di fatto o violenza, ex art. 2732 c.c. -salva la deduzione, da parte del debitore, di fatti modificativi oestintivi successivi all’udienza in cui è avvenuto ilriconoscimento. Mette conto peraltro evidenziare che l’udienza di verificaconcerne solo l’eventuale riconoscimento, da parte dell’esecutato,del credito azionato da ogni singolo interventore privo di titoloesecutivo, mentre le contestazioni tra creditori, anche muniti dititolo, dovranno essere fatte valere nella fase di distribuzionedel ricavato (art. 512). In caso invece di disconoscimento del credito, il creditore ha

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l’onere di munirsi di titolo esecutivo e, prima di tutto, deveproporre istanza di accantonamento delle somme eventualmentespettanti in sede di distribuzione (secondo il grado del credito)e dimostrare di avere proposto nei trenta giorni successiviall’udienza in cui il disconosci mento è avvenuto l’azionenecessaria per conseguire il titolo. Se, invece, il creditore sinetitulo non si attiva con le modalità appena descritte, non puòpartecipare alla procedura e l’intervento deve essere dichiaratoinammissibile. L’accantonamento non può durare oltre tre anni (termine massimostabilito dall’articolo 510, potendo il giudice dell’esecuzionedisporlo per il minore tempo ritenuto necessario), trascorso ilquale il giudice dell’esecuzione, d’ufficio o su istanza di unadelle parti, deve fissare una nuova udienza per la distribuzionedella somma accantonata, in favore di coloro che nel frattempo sisiano muniti del titolo esecutivo. Per quanto concerne i creditori titolari di un diritto diprelazione, l’art. 498 impone che costoro, se il loro dirittorisulta da pubblici registri, debbano essere avvertitidell’espropriazione in corso, a mezzo notifica - a cura delcreditore pignorante, entro cinque giorni dal pignoramento - aciascuno di essi a mezzo di un avviso contenente l’indicazione delcredito re pignorante; del credito per il quale si procede; deltitolo e delle cose pignorate. In mancanza di tale avviso ilcredito re non può dare seguito all’istanza di vendita. Anche nel processo esecutivo novellato permane la distinzione traintervento tempestivo e intervento tardivo e ciò sia con riguardoai creditori muniti di titolo esecutivo che a quelli sforniti dititolo, sia con riferimento alla categoria dei creditorichirografari rispetto a quella dei privilegiati. Perl’espropriazione mobiliare la disciplina è dettata dagli art. 525e 528, mentre per quella immobiliare la stessa è contenuta negliart. 563, 565 e 566. La tempestività o meno dell’intervento rileva ai fini dellacollocazione dei creditori in sede di distribuzione della somma odei beni; difatti, il creditore intervenuto tempestivamente èsoddisfatto prima di quello chirografario intervenuto tardivamentese residua alcunché. Questa regola, tuttavia, non si applica per icreditori privilegiati, i quali, in qualunque momento del processoesecutivo siano intervenuti, fanno valere le loro ragioni apreferenza dei creditori chirografari (artt. 528, 565 e 566c.p.c.). Qualora poi l’intervento del creditore privo di titolo esecutivoavvenga dopo l’udienza di verifica e, comunque dopo l’udienza diautorizzazione alla vendita, l’interventore ha diritto soloall’accantonamento. Altra ragione di prelazione di natura processuale è quella

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derivante dalla norma (art. 499, comma 4) per cui il creditoreprocedente può indicare al creditore intervenuto altri beni deldebitore su cui estendere il pignoramento. Nel caso in cui taleinvito non sia stato raccolto, questi ultimi si vedono postergatial creditore procedente al momento della distribuzione. Per quanto concerne la disciplina transitoria (art. 2, c. 3sexiesD.L. 35/2005 come da ultimo modificato ex art. 39quater, D.L. 30-12-2005, n. 273 conv in L. 23-2-2006, n. 51), resta fermal’efficacia dell’intervento spiegato dai creditori non muniti dititolo esecutivo anteriormente al 1° marzo 2006. Si potrebbequindi ritenere che. in base a tale disposizione i predetticreditori abbiano diritto a partecipare alla distribuzione delricavato anche se non in possesso dei requisiti di cui all’art.499, comma 1 novellato (senza in particolare la necessità diattivare il meccanismo del riconoscimento del credito da partedell’esecutato). Secondo la prevalente dottrina tuttavia, talicreditori per essere ammessi alla distribuzione devono esserericonosciuti dal debitore e, in mancanza, hanno diritto soloall’accantonamento su istanza dell’interventore.

LA VENDITA E L’ASSEGNAZIONEVENDITA: Per la realizzazione concreta del credito, il creditoreprocedente (o qualunque altro creditore intervenuto, munito di titoloesecutivo) deve ottenere la liquidazione dei beni oggetto diespropriazione, ossia la trasformazione dei beni in denaro. Egli ha due possibilità:

fare istanza per la vendita dei beni pignorati; fare istanza per la loro assegnazione in pagamento.

Tale alternativa è possibile: in via preventiva, solo nell’espropriazione mobiliare di titoli

di credito o di quelle cose aventi un valore determinato odeterminabile da listini di borsa o mercato (mercuriali) etc.;

in via successiva, è ammessa dopo che siano falliti gliesperimenti di vendita.

L’istanza non può essere proposta prima di 10 giorni dal pignoramento(tranne che si tratti di cose deteriorabili) e non oltre 90 giornidal pignoramento stesso. Nel caso di cose date in pegno o di mobili registrati soggetti adipoteca, il termine decorre dal giorno del precetto, mancando la fasedel pignoramento. Il giudice competente fissa L’UDIENZA PER L’AUTORIZZAZIONE DELLAVENDITA O PER L’ASSE GNAZIONE , secondo i modi e le forme che sarannoesaminati nelle singole procedure espropriative (trannenell’espropriazione presso terzi, ove l’udienza è indicata nell’attodi citazione notificato al terzo e al debitore a cura del creditore).È importante rilevare il significato che assume questa udienza per icreditori: infatti essa segna il momento preclusivo per l’interventotempestivo e costituisce inoltre il termine ultimo entro il quale, a

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pena di decadenza, devono essere fatte valere le opposizioni agliatti esecutivi (art. 530 e 569). Nell’udienza fissata il giudice competente dispone, con ordinanza, lavendita o l’assegnazione. La vendita forzata ha la funzione di trasformare i beni pignorati indenaro liquido (per cui, qualora il pignoramento abbia colpito unasomma di denaro, questa fase non avviene, ed il creditore procedentepotrà chiedere senz’altro la distribuzione). LA VENDITA PUÒ AVVENIRE:

all’incanto, ossia con offerte successive in aumento (cd. asta); senza incanto o a mezzo di commissionario.

ASSEGNAZIONE: Il creditore pignorante può chiedere l’assegnazione deibeni pignorati; quest’ultima consiste nella attribuzione diretta delbene pignorato al creditore sulla base di un determinato valore, alfine di soddisfare il suo credito. Con l’assegnazione il bene viene trasferito al creditore, per unvalore che non può essere inferiore alle spese di esecuzione e aicrediti aventi diritto a prelazione anteriori al creditodell’offerente (art. 506). Se sono intervenuti altri creditori,l’assegnazione può essere chiesta a vantaggio di uno solo o di più,d’accordo fra tutti (art. 505). L’assegnazione, che è forzata come lavendita, è un atto ad un tempo liquidativo e satisfattivo immediato(perché liquida i beni pignorati e soddisfa gli aventi diritto). È un atto concorrente con la vendita , rimesso alla discrezione deicreditori, entro i seguenti limiti: a) espropriazione mobiliare: l’assegnazione può essere chiesta sindall’inizio per i titoli di credito o per quei beni il cui valorerisulti da listino di borsa o di mercato (art. 529); per gli altribeni (ad eccezione degli oggetti d’oro e d’argento che, se restanoinvenduti, sono assegnati per il loro valore intrinseco aicreditori) per le procedure esecutive instaurate dal 1° marzo 2006non può più essere avanzata istanza di assegnazione all’esitonegativo del primo incanto, dovendo essere fissato un nuovo incantoad un prezzo inferiore di un quinto li spetto a quello precedente(art. 538 novellato);

b) espropriazione immobiliare: l’assegnazione può essere chiestasoltanto dieci giorni prima della data dell’incanto per il caso incui la vendita non abbia luogo per mancanza di offerte (art. 588novellato), nel qual caso concorre con l’amministrazionegiudiziarie o con un nuovo incanto (art. 591);

c) espropriazione mobiliare presso terzi: l’assegnazione è l’unicaforma satisfattoria prevista, quando il terzo si dichiara - o èdichiarato - debitore di somme esigibili immediatamente o intermine non maggiore di novanta giorni. Tali crediti sono assegnatidal giudice dell’esecuzione in pagamento, salvo buon fine, aicreditori concorrenti (art. 553).

L’opinione prevalente ritiene che l’assegnazione abbia natura

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giuridica di datio in solutum o di datio pro solvendo, a seconda che abbiaper oggetto una cosa o un credito. La vendita e l’assegnazione sono considerati atti processualicondizionati, e precisamente, sottoposti a condizione sospensiva:

nel caso della vendita: condizione è l’effettivo versamento delprezzo nel modo e nel tempo fissato:

nel caso dell’assegnazione: condizione è il deposito della partedi prezzo eccedente il credito dell’assegnatario (art. 162 disp.at!.) o del versamento della somma non inferiore al valoreminimo del bene, o del prezzo determinato dal valoredell’immobile.

Il trasferimento definitivo del bene è collegato ad un provvedimentodel giudice dal quale derivano effetti sostanziali e processuali. Sotto il profilo sostanziale, si osservi che:

l’effetto traslativo (ossia il passaggio del bene nellaproprietà dell’aggiudicatario o dell’assegnatario) si verifica,nella espropriazione mobiliare, al momento dell’aggiudicazione edel pagamento del prezzo; in quella immobiliare, nonchénell’assegnazione, al momento del decreto di trasferimento;

l’effetto estintivo (o purgativo) consiste nell’ordine delgiudice che si cancellino le trascrizioni dei pignoramenti e leiscrizioni ipotecarie (il bene si trasferisce libero da pesi evincoli).

Dal punto di vista processuale, si verifica che: l’oggetto del processo esecutivo, una volta trasferito il bene,

non è più la cosa, ma il prezzo sul quale dovrà soddisfarsi ilcreditore: «pretium succedit in locum rei».

Nel caso di mancato versamento del prezzo da partedell’aggiudicatario o dell’assegnatario:

a) nella vendita mobiliare all’incanto l’organo esecutivoincaricato della vendita, dopo aver preso atto dell’inefficaciadella prima vendita, procede a nuovo incanto (art. 540). L’art. 48 della legge 18-6-2009, n. 69 ha introdotto nel codice diprocedura civile, l’art. 540bis, rubricato «Integrazione delpignoramento», il quale prevede che, quando le cose pignoraterisultano invendute a seguito del secondo o successivo esperi-mento, ovvero quando la somma assegnata non è sufficiente asoddisfare le ragioni dei creditori, il giudice, ad istanza di unodi questi, provvede all’integrazione del pignoramento, sicchél’ufficiale giudiziario riprende senza indugio le operazioni diricerca dei beni. Se sono pignorate nuove cose, il giudice nedispone la vendita senza che vi sia necessità di nuova istanza. Incaso contrario. dichiara l’estinzione del procedimento, salvo chenon siano da completare le operazioni di vendita;

b) nella vendita immobiliare con incanto il giudice, se il prezzonon è depositato nel termine, con decreto (art. 587):

dichiara la decadenza dell’aggiudicatario;

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pronuncia la perdita della cauzione a titolo di multa; dispone un nuovo incanto.

c) In seguito all’inadempimento dell’aggiudicatario sono poste asuo carico: - le spese del nuovo incanto;

la perdita della cauzione; l’obbligo di pagare, come risarcimento dei danni, l’eventuale

differenza in meno fra il prezzo ricavato dalla secondavendita rispetto alla prima.

LA DISTRIBUZIONE DELLA SOMMA RICAVATAÈ l’ultima fase del processo di esecuzione e consiste nellaripartizione fra i creditori della somma ricavata dalla venditaforzata dei beni del debitore, al fine di realizzare ilsoddisfacimento dei loro crediti. La massa attiva (art. 509), che deve essere distribuita tra icreditori intervenuti all’espropriazione, è composta da: a) prezzo dei beni venduti; b) conguaglio per le cose assegnate, ossia la differenza fra ilvalore attribuito al bene e il credito dell’assegnatario;

c) rendite e proventi ossia i frutti civili naturali (es. interessi)dei beni pignorati;

d) multe o somme eventualmente dovute per risarcimento del danno daparte dell’aggiudicatario inadempiente.

La distribuzione della somma ricavata (art. 510) avviene secondo leseguenti regole:

a) se vi è un solo creditore pignorante senza intervento di altricreditori, il giudice sentito il debitore, dispone in favore delcreditore stesso il pagamento di quanto gli spetta imputandolo acapitale, interessi e spese (spetta infatti al giudice dell’ese-cuzione davanti al quale il processo si è svolto disporre, aisensi dell’art. art. 95 c.p.c., con il provvedimento didistribuzione del ricavato che lo chiude, in ordine al rimborsodelle spese sopportate dal creditore pignorante e dagliintervenuti). Nel caso in cui la somma ricavata non è sufficientee il creditore vanta più crediti, l’imputazione dei pagamenti sifarà in base alla norma generale dettata dall’art. 1193 c.c.;

b) se vi sono più creditori, compignoranti o intervenienti, ilgiudice procede ad un riparto dei vari crediti, secondo le normepreviste nelle singole espropriazioni e che si possono cosìsintetizzare: dopo aver sentito tutti i creditori viene formato un piano di

riparto; se tale piano viene formato in via amichevole dagli stessi

creditori (cd. contratto plurilaterale di accertamento) ilgiudice si limita ad approvarlo;

se manca l’accordo o l’approvazione del giudice, il piano èformato dallo stesso giudice.

Naturalmente in ambedue le ipotesi devono essere rispettate le cause

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legittime di prelazione. Va inoltre evidenziato che, dal 1° marzo2006, il giudice effettua la distribuzione tra i creditori delricavato previo accantonamento (per una durata non superiore ad untriennio) delle somme che spetterebbero ai creditori privi di titoloesecutivo i cui crediti non siano stati in tutto o in partericonosciuti dal debitore (art. 510 novellato). La somma residua è consegnata al debitore o al terzo che ha subìtol’esproprio. In sede di distribuzione possono sorgere controversie (art. 512) fracreditori concorrenti, o fra creditore ed esecutato, in ordine allasussistenza o all’ammontare di uno o più crediti, o in ordineall’esistenza di cause di prelazione. La riforma ha modificato anchel’art. 512 che disciplina le controversie nella fase distributiva; inluogo del pregresso ordinario processo di cognizione avulso da quellodi esecuzione, da svolgersi con la presenza necessaria del debitoreesecutato, anche per contestazioni insorte tra altri soggetti, daconcludersi con sentenza impugnabile nei modi ordinari, in base allanuova formulazione dell’art. 512 se sorgono controver sie tra creditori concorrenti o tra creditori e debitore circa la sussistenzao l’ammontare di uno o più crediti ovvero sulla sussistenza deidiritti di prelazione, queste controversie - qualunque valore esseabbiano - devono essere definite con ordinanza del giudicedell’esecuzione, sentite le parti e compiuti i necessariaccertamenti. L’ordinanza è impugnabile mediante opposizione agiiatti esecutivi (a sua volta definita con sentenza inappellabile, maricorribile in Cassazione per violazione di legge ai sensi dell’art.111 Cost.). Con la stessa ordinanza, con cui definisce lacontroversia, il giudice dell’esecuzione può sospendere in tutto o inparte la distribuzione del ricavato: quindi con lo stesso provvedimento con cui vengono risolte lecontroversie distributive, il giudice può decidere di sospendere laconcreta distribuzione delle somme in vista dell’eventualeimpugnativa. Dal 1° marzo 2006 le controversie distributive sono pertanto risoltecon un procedimento più agile, con contraddittorio informale, dadefinir si con ordinanza, impugnabile nelle forme appena sopraindicate. In dottrina (ZIINO) si è evidenziato che dalla nuova formaprocedimentale consegue che il provvedimento di definizione dellacontroversia distributiva è assimilato ad un mero atto esecutivo, nonavente efficacia di giudicato. Terminata la fase della distribuzione il giudice emette ordini dipagamento agli aventi diritto: solo in seguito ai quali il danaropassa a ciascun creditore.

L’ESPROPRIAZIONE MOBILIARE PRESSO IL DEBITOREL’espropriazione mobiliare presso il debitore ha per oggetto benimobili: l’art. 513 stabilisce che l’ufficiale giudiziario, munito deltitolo esecutivo e del precetto, può ricercare le cose da pignorare :

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nella casa del debitore; negli altri luoghi a lui appartenenti; sulla stessa persona del debitore, osservando le opportune

cautele per rispettarne il decoro. Inoltre, l’ufficiale giudiziario, se autorizzato dal Presidente delTribunale, può pignorare anche cose determinate che non si trovano inluoghi del debitore, ma delle quali il debitore stesso possadirettamente dispone. Il pignoramento può avvenire solo nei giorni feriali e nelle oreindicate dall’art. 147 c.p.c. (non prima delle ore 7 e non dopo leore 21 dal 1° marzo 2006). Quando è necessario aprire porte, ripostigli o recipienti, vincere laresistenza opposta dal debitore o da terzi, oppure allontanarepersone che disturbano l’esecuzione del pignoramento, l’ufficialegiudiziario provvede secondo le circostanze, richiedendo, quandooccorre, l’assistenza della forza pubblica. Nella SCELTA DELLE COSE DA PIGNORARE, ai sensi del novellato art.517, l’ufficiale giudiziario deve preferire le cose che ritiene dipiù facile e pronta liquidazione (senza quindi tener conto delleindicazioni del debitore esecutato come invece previsto dalla vecchiaformulazione della disposizione de qua), nel limite di un presumibilevalore di realizzo pari all’importo del credito precettato aumentatodella metà e, in ogni caso, il denaro contante, gli oggetti preziosie i titoli di credito e ogni altro bene che appaia di sicurarealizzazione.

IL PIGNORAMENTO DEI BENI MOBILIIl pignoramento è compiuto dall’ufficiale giudiziario, il quale viprocede munito del titolo esecutivo e del precetto. Le fasi del pignoramento sono: a) ricerca del bene da pignorare; b) scelta degli oggetti nei limiti del credito e delle spesepresumibili;

c) cd. «apprensione» del bene: la quale, di fatto, consiste nelladescrizione delle cose nel verbale che l’ufficiale giudiziariocompila nel corso delle sue operazioni, e nella determinazioneapprossimativa del valore (sentito, se occorre, uno stimatore difiducia dell’u.g.);

d) l’ingiunzione di astenersi dal compiere qualunque atto didisposizione fatta al debitore o a persona presente dellafamiglia o addetta alla casa comunque non minore degli anni 14;

e) nomina del custode, che può essere un terzo o, come spessoavviene, lo stesso debitore. Nel caso che il pignoramento abbiaad oggetto danaro, titoli di credito o oggetti preziosi, questisono consegnati al cancelliere del Tribunale, che provvede allacustodia del denaro nelle forme dei depositi giudiziari, e deglioggetti preziosi nel modo stabilito dal giudice. Per la conservazione delle altre cose, l’ufficiale giudiziario,

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quando il creditore ne fa richiesta, provvede trasportandolepresso un luogo di pubblico deposito oppure affidandole a uncustode diverso dal debitore; nei casi di urgenza affida lacustodia agli istituti autorizzati di cui all’art. 159 disp. att.(art. 520, comma 2). Il custode assume l’obbligo di conservazione ed eventualmente diamministrazione delle cose pignorate. Egli non può usare le cosepignorate senza l’autorizzazione del giudice e deve rendere ilconto a norma dell’art. 593. L’ufficiale giudiziario può nominare custode il creditore o ilconiuge, col consenso (anche tacito) del debitore, ovvero ildebitore o persona della sua famiglia, col consenso del creditore(art. 521). Il custode sottoscrive il processo verbale dal qualerisulta la sua nomina. Ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 521 (in vigore dal 1° marzo2006), quando è depositata l’istanza di vendita dei benipignorati, il giudice dispone (obbligatoriamente) la sostituzionedel custode nominando l’istituto di cui al primo commadell’articolo 534 che entro trenta giorni. previo invio dicomunicazione contenente la data e l’orario approssimativodell’accesso, provvede al trasporto dei beni pignorati presso lapropria sede o altri locali nella propria disponibilità. Lepersone incaricate dall’istituto, quando risulta necessario perapprendere i beni, possono aprire porte, ripostigli e recipientie richiedere l’assistenza della forza pubblica. Per i beni cherisultato difficilmente trasportabili con l’impiego dei mezziusualmente utilizzati l’istituto può chiedere di essereautorizzato a provvedere alla loro custodia nel luogo in cui sitrovano. Secondo la più autorevole dottrina il custode è unausiliare del processo; egli è investito di un potere-doverepubblico, ed ha la rappresentanza di interessi parzialmentepubblici: la conservazione e la produttività dei beni (cosìMANDRIOLl).

Il custode non ha diritto a compenso se non l’ha chiesto e se non gliè stato riconosciuto dall’ufficiale giudiziario all’atto della nomina(art. 522). Ultimate le operazioni di pignoramento, il processo verbale, iltitolo esecutivo ed il precetto devono essere depositati incancelleria entro le ventiquattro ore dal compimento delleoperazioni. Il cancelliere al momento del deposito forma il fascicolodell’esecuzione. L’ufficiale giudiziario trasmette copia del processoverbale al creditore e al debitore che lo richiedono a mezzo postaordinaria, telefax o posta elettronica, nel rispetto della normativa,anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione ela ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi (ai sensi delD.P.R. 123/2001). Infine, la legge n. 52 del 24-2-2006 ha in parte riformulato l’art.

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518 al fine di razionalizzare l’attività di ricerca dei beni dapignorare.11 nuovo secondo comma della citata disposizione, difatti,prevede che l’ufficiale giudiziario, quando ritiene opportunodifferire le operazioni di stima, redige un primo verbale dipignoramento, procedendo senza indugio, e comunque entro il termineperentorio di trenta giorni, alla definitiva individuazione dei benida assoggettare al pignoramento sulla base dei valori indicatidall’esperto, al quale è consentito in ogni caso accedere al luogo incui i beni si trovano. Il giudice dell’esecuzione liquida le spese edil compenso spettanti all’esperto, tenuto conto dei valori dieffettiva vendita o assegnazione dei beni o, in qualunque altro caso,sulla base dei valori stimati. L’unione di pignoramenti si verifica quando l’ufficiale giudiziariotrova un pignoramento già iniziato da altro pubblico ufficiale. Intal caso, ai sensi dell’art. 523, l’ufficiale giudiziario, continuale operazioni insieme con lui, redigendo un unico processo verbale. Il pignoramento successivo, invece, si verifica quando l’ufficialegiudiziario rileva che sugli stessi beni è stato già eseguito unpignoramento. In questa ipotesi, l’ufficiale giudiziario ne dà attonel processo verbale descrivendo i mobili precedentemente pignoratie, quindi, procede al pignoramento degli altri beni o fa constare nelprocesso verbale che non ve ne sono. Il processo verbale è depositatoin cancelleria e inserito nel fascicolo formato in base al primopignoramento, se quello successivo è compiuto anteriormenteall’udienza fissata per l’assegnazione o la vendita, ovvero primadella presentazione del ricorso per l’assegnazione o la vendita deibeni pignorati il cui valore non superi € 20.000 (secondo quantoprevisto dall’art. 525, 2° comma). In tal caso il cancelliere ne dànotizia al creditore primo pignorante e l’esecuzione si svolge inunico processo. Nel caso in cui, invece, il pignoramento successivo ècompiuto dopo l’udienza ovvero dopo la presentazione del ricorso, hagli effetti di un intervento tardivo rispetto ai beni colpiti dalprimo pignoramento. Se colpisce altri beni, per questi ha luogoseparato processo. L’intervento dei creditori: La regola generale in tema diespropriazione mobiliare presso il debitore è contenuta nell’art.525. In precedenza, potevano intervenire nel processo esecutivo tutticoloro che nei confronti del debitore hanno un credito

1. certo (incontroverso nella sua esistenza);2. liquido (determinato nel suo ammontare) 3. esigibile (non sottoposto né a condizione né a termine).

Dal 1° marzo 2006 l’intervento può essere effettuato da tutti icreditori che abbiano i requisiti di cui all’art. 499 (creditorimuniti di titolo esecutivo, ovvero che abbiano dei diritti reali diprelazione sui beni pignorati o abbiano eseguito un sequestro, oppuretitolari di un diritto di credito di somma di denaro risultante dallescritture contabili di cui all’articolo 2214 c.c.).

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Tale intervento deve aver luogo non oltre la prima udienza fissataper l’autorizzazione della vendita o dell’assegnazione. L’intervento che ha luogo oltre l’udienza viene considerato tardivo,ed i creditori chirografari, purché intervenuti prima delladistribuzione, partecipano a quest’ultima solo per la parte di sommaricavata che avanza all’esito del soddisfacimento del creditorepignorante, di quelli privilegiati e di quelli intervenutitempestivamente. L’assegnazione e la vendita: Trascorsi 10 giorni dal pignoramento ilcreditore pignorante o uno degli intervenuti munito di titoloesecutivo, con apposita istanza possono chiedere:

1. la distribuzione del danaro; 2. l’assegnazione dei titoli di credito e delle altre cose il cui

valore risulti da listino di borsa o di mercato; 3. la vendita degli altri beni (art. 529).

In seguito all’istanza, il giudice dell’esecuzione fissa l’udienzaper la audizione delle parti: in tale sede le parti possono fareosservazioni circa l’assegnazione e circa il tempo e le modalitàdella vendita e debbono, a pena di decadenza, proporre le opposizioniagli atti esecutivi per le quali non si sia già decaduti dal dirittodi proporle. Se non vi sono opposizioni o su di esse si raggiunge l’accordo delleparti comparse, il giudice dispone con ordinanza l’assegnazione o lavendita. Se vi sono opposizioni, il giudice le decide con sentenza econ ordinanza dispone l’assegnazione o la vendita (art. 530). Tuttavia, qualora il giudice della esecuzione non disponga lacomparizione del debitore, nei casi previsti dalla legge, ovvero nonvenga portato a conoscenza del debitore stesso il decreto con ilquale sia stata fissata l’udienza per la sua comparizione, non siverifica una violazione del principio del contraddittorio. La vendita può avvenire in due modi: a) vendita senza incanto o mezzo di commissionario (art. 532) Il giudice dell’esecuzione, in base al novellato art. 532, puòdisporre la vendita dei beni pignorati senza incanto o tramitecommissionario e, sentito eventualmente uno stimatore, dotato dispecifica preparazione tecnica e commerciale in relazione allapeculiarità del bene stesso, fissa il prezzo minimo e l’importoglobale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essereeseguita (con facoltà di imporre al commissionario una cauzione). Il commissionario, che di norma coincide con l’istituto venditegiudiziarie (il G.E. può affidare tale compito, con provvedimentomotivato, ad altro soggetto specializzato nel settore dicompetenza), deve vendere per contanti; nel caso che la venditanon avvenga entro un mese dal provvedimento di autorizzazioneegli, salvo proroga, deve riconsegnare i beni affinché sianovenduti all’incanto:

b) vendita all’incanto (artt. 534-540)

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Il giudice dell’esecuzione, col provvedimento di vendita,stabilisce il giorno, l’ora ed il luogo della vendita. Questa puòessere affidata al cancelliere, all’ufficiale giudiziario o ad unistituto apposito. Se il valore delle cose risulta da listino di borsa o di mercato,il prezzo base è determinato dal minimo del giorno precedente allavendita; in ogni altro caso il G.E. stabilisce il prezzo diapertura dell’incanto oppure dispone che la vendita avvenga almiglior offerente senza determinare il prezzo minimo, se lecircostanze lo consigliano. Quando una cosa messa all’incantoresta invenduta, il soggetto a cui è stata affidata l’esecuzionedella vendita fissa un nuovo incanto ad un prezzo base inferioredi un quinto rispetto a quello precedente (art. 538).

La distribuzione della somma ricavata e la cd. Piccola espropria zione mobiliare: Per quanto riguarda le modalità e le forme delladistribuzione, valgono le regole già esaminate al capitolo precedente(artt. 510 e ss.). Essa, infatti, può essere: a) distribuzione amichevole, se il piano di ripartizione vieneconcordato dai creditori concorrenti (art. 541);

b) distribuzione giudiziale, se non è raggiunto l’accordo e vienedisposta dal giudice dell’esecuzione (art. 542).

Particolare menzione merita, infine, la cosiddetta piccolaespropriazione mobiliare (art. 525, co. 2), che si ha allorquando ilvalore dei beni pignorati, determinato a norma dell’art. 518, nonsuperi gli € 20.000,00: tale somma è stata aggiornata dal D.L. 3512005, conv. in L. 80/2005, intervenuto in modifica dell’art. 525, chenel testo in vigore dall’1-1-1993 prevedeva un importo di € 5.164,57.In questi casi:

se vi è un solo creditore, il giudice dell’esecuzione provvedesull’istanza di assegnazione o di vendita con decreto, senza laconvocazione delle parti:

se vi sono altri creditori, questi possono interveniretempestivamente non oltre la data di presentazione del ricorsoper la vendita e l’assegnazione: il giudice dell’esecuzioneprovvede sul ricorso con ordinanza, sentiti i creditoriintervenuti tempestivamente.

L’espropriazione dei beni mobili registrati delegata: La legge 302/98ha inserito nel codice di procedura civile l’art. 534bis, il qualeautorizza il giudice dell’esecuzione, sentiti gli interessati, adelegare ad un notaio (avente sede nel circondario) le operazionirelative alla vendita di beni mobili iscritti in pubblici registri(si tratta, quindi, di una norma applicabile solo per questo tipo dibeni mobili). Le modalità entro cui si può muovere il notaio sono lestesse previste dall’art. 591 bis (anch’esso aggiunto dalla L. 302/98in tema di esecuzione immobiliare delegata). Il D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005 (in vigore dal 1° marzo 2006) è

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intervenuto ad ampliare il novero dei soggetti cui è possibiledelegare l’attività di vendita (con incanto o senza incanto di benimobili registrati), disponendo in via preferenziale a favore degliistituti vendite giudiziarie, e solo in mancanza di questi,consentendo di delegare ai notai, ovvero ai dottori commercialisti oancora agli avvocati, purché tutti iscritti negli elenchi di cuiall’art. 179ter disp. Att.Il successivo art. 534ter prevede la possibilità di ricorso algiudice dell’esecuzione da parte del professionista delegato nel casoin cui, nel corso delle operazioni, insorgano difficoltà. Contro ildecreto con cui il giudice provvede sul ricorso - e, comunque,avverso gli atti del notaio - è ammesso reclamo delle parti e degliinteressati sul quale il giudice decide con ordinanza. La proposizione del reclamo non sospende l’esecuzione (se non pergravi motivi discrezionalmente valutati dal giudice) e lasciaimpregiudicata la possibilità di attivare le opposizioni agli attiesecutivi ex art. 617.

L’ESPROPRIAZIONE PRESSO TERZIL’espropriazione presso terzi ha per oggetto beni mobili del debitoreche sono in possesso di terzi o crediti del debitore verso terzi. La natura del bene oggetto di esecuzione (il credito che ai finidell’esecuzione, deve essere individuato, valutato e vincolato),ovvero il fatto che i beni del debitore siano in possesso di unterzo, in modo che il debitore stesso non ne possa disporredirettamente, determinano la necessità di coinvolgere nella proceduraesecutiva un soggetto terzo, estraneo al rapporto creditore-debitore.Nel caso di cose determinate che non si trovano in luoghiappartenenti al debitore, ma delle quali il debitore può disporredirettamente (es. autovettura del debitore che trovasi in unaautorimessa) si applica l’art. 513 (ricerca delle cose da pignorare).A prescindere dall’intervento di altri creditori (compignoranti ointervenuti), sono par tecipi necessari di questa forma diespropriazione:

il creditore procedente, che è parte attiva in senso sostanzialee processuale;

il debitore, che è parte passiva in senso sostanziale eprocessuale;

il terzo, che è parte soltanto agli effetti processuali. Attualmente, competente per l’espropriazione forzata presso terzi èil Tribunale in composizione monocratica, del luogo ove risiede ilterzo debitore. Mediante questa procedura è possibile procedere alpignoramento di crediti non immediatamente esigibili, condizionati ofuturi e persino eventuali o incerti. È possibile anche pignorare nelle forme in rassegna:

quote di s.r.l. (non anche di società di persone); somme depositate su libretto postale o in libretti di deposito

bancario.

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Non sono pignorabili nelle forme del pignoramento presso terzi: crediti aventi ad oggetto una prestazione o un bene diversi dal

denaro; crediti incorporati in un titolo cambiario per il principio

dell’incorporazione. Il pignoramento presso terzi: differisce nella forma da quello che siesegue presso il debitore, in quanto esso tende al duplice scopo:

di impedire al terzo di pagare o consegnare la cosa al debitore: di accertare l’effettiva esistenza del credito del debitore o

della cosa di proprietà dello stesso. Il pignoramento di crediti del debitore verso terzi o di cose deldebitore che sono in possesso di terzi si esegue mediante un attonotificato personalmente al terzo ed al debitore, che deve contenere:

a) l’indicazione del credito per cui si procede, del titoloesecutivo e del precetto;

b) l’indicazione, almeno generica, delle cose o somme dovute dalterzo;

c) l’intimazione al terzo di non disporre, senza ordine del giudice,delle cose o somme dovute al debitore;

d) l’ingiunzione al debitore di astenersi da ogni atto diretto asottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato, i beniche si assoggettano ad espropriazione e i frutti di essi;

e) la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nelcomune in cui ha sede il Tribunale competente;

f) la citazione del terzo e del debitore a comparire davanti algiudice del luogo di residenza del terzo (Tribunale incomposizione monocratica) affinché questi faccia la dichiarazionedi cui all’art. 547 (cd. dichiarazione di quantità), e ildebitore sia presente alla dichiarazione e agli atti ulteriori,con invito al terzo a comparire quando il pignoramento riguarda icrediti per stipendio, salario o altre indennità relative arapporto di lavoro o di impiego (comprese quelle dovute a causadi licenziamento) e negli altri casi a comunicare ladichiarazione di cui all’articolo 547 (relativa alle cose o allesomme di cui il terzo è debitore o si trova in possesso conl’indicazione del momento in cui deve essere eseguito ilpagamento o la consegna e con la specificazione dei sequestrieventualmente eseguiti in precedenza o delle cessioni notificateo accettate) al credito re procedente entro dieci giorni a mezzoraccomandata (novità quest’ultima introdotta per i pignoramentieffettuati dal 1° marzo 2006).

L’ufficiale giudiziario deve depositare, immediatamente dopo lanotifica, l’originale dell’atto nella cancelleria del Tribunale, perla formazione del fascicolo dell’esecuzione: in questo saranno inse-riti anche il titolo esecutivo ed il precetto, che il creditorepignorante deve depositare in cancelleria al momento dellacostituzione in giudizio.

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A seguito della notifica dell’atto di pignoramento, e cioèindipendentemente dalla dichiarazione che renderà al giudice, ilterzo è soggetto agli obblighi del custode (art. 546) relativamentealle cose o somme dovute, e nei limiti dell’importo del creditoprecettato aumentato della metà (limitazione quest’ultima introdottadal D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005), assumendo quindi unaresponsabilità personale verso il creditore pignorante. Ulteriore novità introdotta dal D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005 èquella per cui, laddove il pignoramento sia eseguito presso piùterzi, il debitore può chiedere la riduzione proporzionale dei sin-goli pignoramenti, quando il valore dei beni pignorati è superioreall’ammontare del credito e delle spese, ovvero può chiederel’inefficacia di tal uno dei pignoramenti. Il giudice provvede conordinanza entro venti giorni, previa convocazione delle part. Sono assolutamente impignorabili : i crediti aventi per oggettosussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elencodei poveri, oppure sussidi dovuti per maternità, malattia, funerali,da casse di assicurazione, enti assistenziali, da istituti dibeneficenza (art. 545). Sono relativamente impignorabili: cioè sono pignorabili solo peralimenti, i crediti alimentari, e solo con autorizzazione delPresidente del Tribunale (o di un giudice da lui delegato) che nedetermina la misura con decreto (art. 545’). L:impignorabilità dei crediti può essere rilevata anche d’ufficio dalgiudice dell’esecuzione, mancando in tal caso una condizionedell’azione esecutiva, sub specie dell’oggetto dell’esecuzione. Glistipendi, salari ed altre indennità dovute da privati per rapporto dilavoro, sono pignorabili, per alimenti, nella misura fissata dalPresidente del Tribunale; tali somme possono essere pignorate nellamisura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province eai comuni, ed in uguale misura per ogni altro credito. Se concorronocause simultanee il pignoramento non può estendersi oltre la metàdelle somme suddette (art. 545, 4, 5). Per gli emolumenti dei pubblici dipendenti, l’art. 2 del D.P.R.180/50 ne escludeva la pignorabilità; tuttavia la CorteCostituzionale con due successive pronunce (n. 89/87 e n. 878/88) haeliminato tale privilegio dei pubblici dipendenti, ai quali, quindi,si applica la stessa disciplina prevista per i dipendenti privatidall’art. 545.

LA DICHIARAZIONE DEL TERZOLa collaborazione del terzo è un elemento fondamentale ecaratterizzante il procedimento esecutivo in esame. Occorre, infatti,sapere dal terzo se egli è veramente debitore dell’esecutato, in chemisura, e con quali modalità e termini. Egli deve quindi rendere unadichiarazione ufficiale ed impegnativa all’ufficio esecutivo. Taledichiarazione viene resa in udienza o, nei casi indicati nelprecedente paragrafo, a mezzo raccomandata dal terzo, personalmente o

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a mezzo di mandatario speciale o ancora, dal difensore munito diprocura speciale (possibilità quest’ultima introdotta dalla L. 24febbraio 2006, n. 52 in vigore dal l o marzo 2006). Mediante taledichiarazione il terzo deve specificare: a) di quali somme è debitore e di quali cose è in possesso e quandone deve eseguire lo. consegna o il pagamento;

b) i sequestri e i pignoramenti precedentemente eseguiti presso dilui e le cessioni che gli sono state notificate o che ha accettato.

La dichiarazione del terzo è un elemento integrativo delpignoramento, in quanto senza di essa quest’ultimo non si perfeziona,Se il terzo non compare in udienza o, pur comparendo, r!fiuta ladichiarazione, ovvero pur rendendo la dichiarazione, su essa sorganocontestazioni, il processo esecutivo si attesta «ope legis» e siapre, su istanza di parte, un processo di cognizione che in passatoveniva istruito e deciso dal Pretore, se competente; altrimenti leparti venivano rimesse davanti al Tribunale competente con un termineperentorio per la riassunzione (art. 548), La disposizione ora enunciata è stata modificata dal D. Lgs, 19-2-1998, n. 51 stabilendo, nell’ipotesi suddetta, che il giudice, suistanza di parte, provvede all’istruzione della causa a norma delLibro II del Codice di procedura civile. Pertanto a decorrere dal 2giugno 1999 la competenza a decidere l’accertamento dell’obbligo delterzo appartiene funzionalmente al giudice dell’esecuzione competenteper il processo esecutivo, vale a dire al giudice unico delTribunale, come giudice dell’esecuzione, che nella materia ha unacompetenza funzionale, in ragione della stretta attinenza all’azioneesecutiva e indipendentemente dal valore del credito per il quale siprocede esecutivamente. Il giudizio sulla contestazione della dichiarazione resa dal terzopignorato in sede esecutiva ha carattere di normale giudizio dicognizione, di mero accertamento, cioè, dell’esistenza del dirittodel debitore nei confronti del terzo, che, al pari del debitore e delcreditore, assume in questo la veste di litisconsorte necessario;esso s’innesta nel processo esecutivo, ma ne rimane distinto, qualeprocedimento incidentale, pregiudiziale allo stesso processoesecutivo. Se il terzo non fa la dichiarazione neppure nel corso del giudizio diprimo grado, può essere applicata nei suoi confronti la normadell’are 232 (secondo cui, in caso di mancata rispostaall’interrogatorio, i fatti oggetto dell’interrogatorio medesimopossono ritenersi ammessi) (are 5482). Una volta definito il giudizio, se il diritto del debitore neiconfronti del terzo risulta accertato, il giudice fissa alle parti untermine perentorio per la prosecuzione del processo esecutivo (art.549). L’intervento, l’assegnazione e la vendita : Per l’intervento di altricreditori valgono le stesse regole prescritte per l’espropriazione

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mobiliare presso il debitore. Analogamente, l’assegnazione e la vendita di cose mobili del debitorepignorate presso il terzo sono regolate dalle norme dettate per taleforma di espropriazione (are 552). L’unica particolarità, al riguardo, concerne l’assegnazione e lavendita di crediti (art. 553). La legge, infatti, prevede due formedi assegnazione, a seconda della natura dei crediti pignorati:

a) per somme esigibili immediatamente o in un termine non maggioredi 90 giorni, il giudice dell’esecuzione deve assegnarle inpagamento (unica forma di espropriazione ammessa in tal caso):si tratta, ovviamente, di una assegnazione salvo buon fine (opro solvendo);

b) per somme esigibili in termini maggiori o relative a censi orendite perpetue o temporanee, se i ereditari non ne chiedonoconcordemente l’assegnazione, i crediti si vendono nelle formedisposte per la vendita di cose mobili. Secondo una parte delladottrina, in tal caso, mancando nel comma 2 dell’art. 553l’inciso «salvo esazione», l’assegnazione opera pro soluto.

L’ESPROPRIAZIONE IMMOBILIAREL’espropriazione immobiliare ha per oggetto beni immobili con le loropertinenze, nonché i diritti reali di godimento su beni immobili(es.: superficie, servitù, usufrutto). Si differenzia da quellamobiliare, oltre che per l’oggetto, anche per le conseguenze connessealla pubblicità immobiliare. La scelta dei beni da pignorare va fatta non dall’ufficialegiudiziario al momento del pignoramento, ma dallo stesso creditore,che, optando per tale forma di espropriazione, dovrà già conoscerequali beni siano di proprietà del debitore ed il loro valoreapprossimativo, compiendo opportune ricerche presso i pubbliciregistri immobiliari. L’unico limite è previsto dall’art. 2911 c.c.per il creditore ipotecario, che non può pignorare altri immobili senon sottopone a pignoramento prima gli immobili gravati da ipoteca. Riduzione ed estensione: Se il creditore ipotecario estende ilpignoramento a immobili non ipotecati a suo favore, il giudicedell’esecuzione può ridurre il pignoramento a norma dell’art. 496oppure può sospenderne la vendita fino al compimento di quellarelativa agli immobili precedentemente ipotecati. Oltre a tutti i beni immobili ed ai diritti immobiliari, il creditorepuò fare pignorare, insieme con l’immobile, anche i mobili che loarredano, quando appare opportuno che l’espropriazione avvengacongiuntamente (art. 556). L’espropriazione immobiliare è sempre di competenza del Tribunale delluogo in cui si trova il bene immobile.

IL PIGNORAMENTO DEI BENI IMMOBILINell’esecuzione del pignoramento immobiliare è possibile distingueredue diversi momenti processuali, i quali hanno ciascuno una specificaefficacia giuridica. In particolare, tale forma di pignoramento si

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esegue: con la notifica al debitore di un atto sottoscritto dal

creditore, col quale si indicano i beni e diritti immobiliariche si intendono sottoporre ad esecuzione, con gli estremirichiesti dal codice civile per la individuazione dell’immobileipotecato, e gli si ingiunge di astenersi da atti diretti asottrarli alla garanzia del credito;

con la trascrizione dell’atto nei registri immobiliari (art.555), a cura del1 ‘ufficiale giudiziario; a tale scopo, subitodopo la notifica, quest’ultimo consegna copia autenticadell’atto con le note di trascrizione al competente Conservatoredei Registri, che trascrive l’atto e gli restituisce una dellenote (tali attività possono essere compiute anche dal creditorepignorante).

La trascrizione è destinata a rendere operante rispetto ai terzi ilvincolo processuale cui i beni sono stati sottoposti, sia per evitarela pendenza di più procedure, sia per assicurare all’aggiudicatariola prevalenza del suo diritto. Il pignoramento si perfeziona:

nei confronti dei terzi: dalla data di trascrizione; nei confronti del debitore: dal momento della notifica (opinione

condivisa dalla prevalente dottrina, per es. MANDRIOLI). Da talemomento, quindi, decorre il termine di novanta giorni per lacessazione di efficacia del pignoramento (art. 497).

Il cancelliere al momento del deposito dell’atto di pignoramentoforma il fascicolo dell’esecuzione (art. 557), ed il creditore devedepositare il titolo esecutivo ed il precetto entro dieci giorni(prima della riforma in vigore dal 1° marzo 2006 il termine era dicinque giorni) dal pignoramento. Con il pignoramento, il debitore è costituito custode dei benipignorati e degli accessori, compresi le pertinenze e i frutti, senzadiritto a compenso. Tuttavia, la legge prevede la possibilità che ilgiudice dell’esecuzione, su istanza del creditore pignorante o di uncreditore intervenuto, e sentito il debitore, possa nominare custodeuna persona diversa dallo stesso debitore; la scelta di una personadiversa è obbligatoria, allorché l’immobile non sia occupato dallostesso debitore (art. 559). Una particolare attenzione è stata assegnata in occasione dellariforma del 2005 alla figura del custode, in quanto la prassiaffermatasi presso vari uffici giudiziari aveva rivalutato questoistituto, rendendolo oltremodo funzionale all’esigenza di favorireuna trasparente e rapida collocazione del bene sul mercato, impedendoil protrarsi di atteggiamenti ostruzionistici o in mala fede deldebitore rimasto nel possesso del bene pignorato. L’art. 559 prevedeche l’inosservanza degli obblighi incombenti sul custode ne impongala sostituzione. Inoltre, al fine di permettere un coordinamento trale attività di vendita e la detenzione del bene, si prevede che nel

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momento in cui si pronunzia l’autorizzazione alla vendita o siadisposta la delega, la persona incaricata delle dette operazionidebba essere nominata quale custode, anche se in precedenza talecarica era ricoperta dal debitore, a meno che la particolare naturadei beni non renda inutile tale sostituzione. L’art. 560, novellato dal D.L. 35/2005 conv. in L. 80/2005, a suavolta modificato dalla L. 263/2005, disciplina le modalità dellacustodia. In primo luogo la norma obbliga il debitore e il terzo nominatocustode a rendere conto della gestione dell’immobile pignorato anorma dell’art. 593 e fa divieto ai medesimi di concedere il cespitein locazione senza l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione (cfr.1° e 2° comma). Al fine di agevolare la procedura di vendita dell’immobile pignorato,il giudice può disporne la liberazione con ordinanza non impugnabileche costituisce titolo esecutivo per il rilascio (v. 3° e 4° comma). Al custode il giudice deve poi impartire le disposizioni necessarieper consentire ai terzi, interessati a presentare offerte diacquisto, la possibilità di esaminare l’immobile, inserendo il benenel circuito delle compravendite, su un piano di parità rispetto alletrattative dei privati. Il custode provvede in ogni caso, sempre previa autorizzazione delgiudice dell’esecuzione, all’amministrazione e alla gestionedell’immobile pignorato, esercitando le azioni previste dalla leggeper conseguirne la disponibilità (cfr. ultimo comma) quali ad esempioquella di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento odi finita locazione, o di rilascio per occupazione sine titulo,oppure di condanna al pagamento dei canoni o di risarcimento danni.Il conservatore dei Registri Immobiliari se, nel trascrivere un attodi pignoramento, trova che sugli stessi beni è stata eseguita unaltro pignoramento ne fa menzione nella nota di trascrizione cherestituisce (art. 561). Il pignoramento successivo ha effetti diversi:

se è compiuto anteriormente alla prima udienza fissata perl’autorizzazione della vendita, esso è riunito agli altripignoramenti e l’esecuzione si svolge in un unico processo;

se è compiuto dopo, allora ha il solo effetto di un interventotardivo rispetto ai beni colpiti dal primo pignoramento.

Il pignoramento diviene inefficace, trascorsi 90 giorni senza chesiano stati compiuti atti esecutivi (art. 497): in tal caso, ilprocesso si estingue ed il giudice con la stessa ordinanza con cuidichiara l’estinzione dispone, sentite le parti, che sia cancellatala trascrizione (art. 562). L’intervento dei creditori: Il concorso di azioni esecutive sullostesso immobile è regolato in modo analogo alle altre forme diespropriazione. Anche le forme e gli effetti dell’intervento sono deltutto analoghi a quelli dell’intervento nell’espropriazione

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mobiliare. Va, tuttavia, rilevato che in passato l’intervento era ammesso anchea favore dei creditori che vantassero un credito non esigibile e cioèsottoposto a termine o condizione, mentre oggi, con l’abrogazione daparte del D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005 dell’art. 563. icreditori per intervenire devono rientrare nella previsione di cuiall’art. 499. Peraltro, in base alla disciplina transitoria, l’intervento deicreditori non muniti di titolo esecutivo conserva efficacia seavvenuto prima del 1° marzo 2006. La vendita e l’assegnazione: Trascorsi 10 giorni dal pignoramento, ilcreditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti, muniti dititolo esecutivo, possono chiedere la vendita dell’immobile pignorato(art. 567). La richiesta deve essere preceduta dalla notifica, daparte del creditore pignorante, dell’avviso ai creditori che sul benehanno un diritto di prelazione risultante dai pubblici registri. All’atto del deposito del ricorso con cui il creditore chiede lavendita del bene, cominciano a decorrere 120 giorni (prima 60 giorni)entro i quali lo stesso dovrà allegare:

estratto del catasto; certificati di iscrizioni e trascrizioni relative all’immobile

pignorato effettuate nei venti anni anteriori alla trascrizionedel pignoramento.

Questo è quanto prevede il co. 2 dell’art. 567 così come modificatoprima dalla L. 30: 1998, e poi dal D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005,il quale prosegue disponendo le. possibilità che tale documentazionesia sostituita da un certificato notarile atte stante le risultanzedelle visure catastali e dei registri immobiliari. Tale possibilità èprevista anche se l’esecuzione non è stata delegata ad un notaio.Scompare, dunque, l’obbligo di allegazione delle mappe censuarie edel certificato di destinazione urbanistica, che invece eranoprevisti dalla precedente formulazione dell’art. 567 (cioè primadella riforma del 2005). Il termine in questione può essere prorogato per giusti motivi unasola volta, su istanze dei creditori o dello stesso debitore, e peruna durata non superiore ad altri 120 giorni.Se la proroga non è richiesta ovvero non è concessa, in assenza didetta documentazione, il giudice dell’esecuzione pronuncia anched’ufficio ordinanza di inefficacia de pignoramento, relativamenteall’immobile per il quale risulti carente la documentazione (inprecedenza, veniva dichiarata l’estinzione della procedura),disponendo la ca~cellazione della trascrizione del pignoramento.Resta inteso che, se non vi sono al’~ beni pignorati, si estinguel’intero processo esecutivo. Del resto, se il giudice non si accorge in tempo dell’estinzioneprodottasi per la care~za della documentazione in atti e procedeoltre, dovrà comunque assegnare il termine per l’integrazione dei

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documenti tant’è che l’art. 173bis, comma 2, disp. Att prevede chel’esperto nominato per effettuare la stima dell’immobile pignorato,prima di ogni attività, debba controllare la completezza deidocumenti di cui all’art. 567 comma 2 segnalando immediatamente algiudice dell’esecuzione quelli mancanti o inidonei. Ne consegue chela revoca dell’ordinanza di vendita viene ad essere giustificata solonell’ipotesi di rilievo di ostacoli di carattere sostanziale quali latrascrizione di un atto di disposizione del cespite pignoratoopponibile ai creditori procedenti. Tornando al momento del deposito della istanza di vendita, il giudicedell’esecuzione entro trenta giorni dal deposito della documentazioneappena sopra specificata, fissa, quindi, a non oltre centoventigiorni, l’udienza per l’audizione delle parti e dei creditori munitidi diritto di prelazione sui beni pignorati che non siano intervenuti(art. 569). Con le modifiche apportate dal D.L. 35/2005, conv. in L.80/2005, un ruolo centrale viene ad assumere la figura dell’esperto,incaricato dal giudice oltre che di procedere alla stima del bene,anche di offrire una fedele fotografia della situazione giuridica delmedesimo secondo il contenuto dell’art. 173bis disp. att. La finalitàè quella di garantire ai terzi interessati un’ assoluta trasparenzacirca la natura del bene, l’esistenza di eventuali vincoli od oneri,onde evitare spiacevoli sorprese successivamente all’aggiudicazione. Il giudice, entro trenta giorni dal deposito della documentazionesopra indicata, nomina un esperto convocandolo dinanzi a sé, al finedi prestare il giuramento, e convoca l’udienza per la comparizionedelle parti e dei Cl’editori da tenersi entro novanta giorni. Almeno45 giorni prima dell’udienza l’esperto invia ai creditori procedenticopia della relazione terminata, avvalendosi anche della postaelettronica, nel rispetto della normativa, anche regolamentare,concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione deidocumenti informatici e teletrasmessi (ancora in fase di emanazione),ed i creditori potranno depositare all’udienza delle note criticheall’elaborato peritale, purché presentate in anticipo all’esperto cheinterverrà all’udienza per fornire chiarimenti. All’udienza le parti possono fare osservazioni circa il tempo e lemodalità della vendita e devono proporre, a pena di decadenza, leopposizioni agli atti esecutivi che siano ancora proponibili (art.569). Se non vi sono opposizioni o se si raggiunge un accordo, il giudiceordina di procedersi alla vendita senza incanto ai sensi dell’art.571, assegnando per le offerte un termine non inferiore a 90 giorni enon superiore a 120 giorni. Con il medesimo provvedimento fissa, peril giorno successivo alla scadenza del termine per le offerte,l’udienza per decidere sull’offerta e per la gara tra più offerenti,ovvero per i provvedimenti da adottare in assenza di offerte. In presenza di opposizioni, se non si raggiunge l’accordo tra leparti, le stesse sono decise dal tribunale con sentenza

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inappellabile. In ogni caso, la vendita è disposta dal giudice dell’esecuzione conORDINANZA. Per quanto concerne la disciplina transitoria, la riforma delprocesso esecutivo si applica anche ai procedimenti di espropriazionependenti alla data della sua entrata in vigore (1° marzo 2006);peraltro, quando è già stata ordinata la vendita, la stessa èassoggettata alla disciplina previgente. In particolare, secondo ladottrina (Bernardi) nell’ipotesi in cui si fosse proceduto nelleforme della vendita con incanto e questo fosse andato deserto,troveranno applicazione le norme riformate di cui agli artt. 590 e591 c.p.c., mentre, ove fossero parzialmente pendenti i termini perproporre offerte in aumento ex art. 584 c.p.c. tale fase restaregolata dalla disciplina anteriore.

LA VENDITA SENZA INCANTO (570-575)La vendita senza incanto, che con la riforma del 2005 diviene unpassaggio preliminare e necessario perché possa poi procedersi allavendita all’incanto, ha inizio con la pubblicazione, a cura delcancelliere, dell’avviso di vendita, contenente l’indicazione deldebitore, degli estremi previsti nell’art. 555 (l’immobile, cioè,deve essere specificamente designato con l’indicazione della suanatura, del comune in cui si trova, nonché dei dati diidentificazione catastale; per i fabbricati in corso di costruzionedevono essere indicati i dati di identificazione catastale delterreno su cui insistono), del valore dell’immobile determinato anorma dell’art. 568, del sito Internet sul quale è pubblicata larelativa relazione di stima, del nome e del recapito telefonico delcustode nominato in sostituzione del debitore, con l’avvertimento chemaggiori informazioni, anche relative alle generalità del debitore,possono essere fornite dalla cancelleria del tribunale a chiunque viabbia interesse (art. 570). Successivamente, ognuno, ad eccezione del debitore e del custode, puòacquistare l’immobile, a mezzo di dichiarazione scritta, compilatapersonalmente o a mezzo di avvocato, in cui sia indicato il prezzo,il tempo, il modo del pagamento ed ogni altro elemento utile allavalutazione dell’offerta. Unitamente all’offerta, da presentarsi apena di inefficacia nel termine fissato con l’ordinanza di vendita,deve essere depositata cauzione in misura non inferiore ad un decimodel prezzo proposto. A seguito della riforma del 2005, l’offerta ègeneralmente irrevocabile, salvo che il giudice ordini l’incantoovvero siano decorsi cento venti giorni dalla sua presentazione edessa non sia stata accettata. Quanto alle formalità di presentazione,al fine di garantire la correttezza della procedura e scongiurarepossibili frodi, l’offerta deve essere depositata in busta chiusa,con l’annotazione all’esterno, a cura del cancelliere, del nome delg.e. o del professionista delegato, e la data dell’udienza fissataper l’esame delle offerte. All’udienza, disposta l’apertura delle

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buste, il giudice valuta l’offerta sentite le parti e i creditoriiscritti non intervenuti: se supera di un quinto il prezzo fissato,l’offerta è senz’ altro accolta; mentre, se non supera tale limite,il giudice non può disporre la vendita in caso di opposizione delcreditore procedente, ovvero, se ritiene che vi siano seriepossibilità di una vendita a migliori condizioni all’incanto, dàluogo all’incanto (art. 572). Qualora le offerte sono molteplici può disporre la gara fra gliofferenti, in mancanza di adesioni procede alla vendita al miglioreofferente o all’incanto. La vendita ha luogo mediante l’emissione diun decreto in cui è determinato, il modo ed il termine del versamentodel prezzo. Effettuato lo stesso si dispone il trasferimento del benemediante decreto di cui all’art. 586. Se invece il prezzo non èdepositato a norma del decreto il giudice dichiara la decadenzadell’aggiudicatario e adotta gli altri provvedimenti previstidall’art. 587.

VENDITA CON INCANTO (ART. 576-591)Il primo atto della vendita con incanto è l’ordinanza di cui all’art.576 pubblicata a cura del cancelliere nella quale il giudicedell’esecuzione stabilisce, anche avvalendosi di un esperto, lemodalità con cui deve svolgersi l’incanto. La riforma di cui al D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005 (entrata invigore il 1° marzo 2006) ha modificato il contenuto dell’ordinanza divendita, fissando il tetto del 10 per cento del prezzo base qualeimporto della cauzione che devono prestare gli offerenti. L’art. 580poi aggiunge che l’offerente, nel caso in cui non divengaaggiudicatario, ottiene l’immediata restituzione della cauzione,mentre se ometta di partecipare all’incanto, senza documentato egiustificato motivo, viene trattenuto un decimo dall’importo dellacauzione da restituire. Lo scopo della disposizione appare quello difronteggiare il fenomeno diffuso in alcune realtà territoriali diattività intimidatorie di personaggi appartenenti ad organizzazionicriminali, al fine di fare andare deserti determinati incanti. La vendita con l’incanto è caratterizzata dalla gara pubblica deiconcorrenti nella sala delle pubbliche udienze davanti al giudicedell’esecuzione. L’anacronistico riferimento al sistema delle candelevergini è stato sostituito col tempo di 3 minuti dall’offerta perpoter aggiudicare l’immobile (art. 581, come già modificato dalla L.302/1998). L’aggiudicazione è fatta, secondo la norma generale,all’ultimo maggiore offerente. Tuttavia, essa non è definitiva:infatti, la legge ammette che entro dieci giorni dall’aggiudicazione(termine ora qualificato come perentorio) possano essere fatte nuoveofferte, purché superiori di un quinto (in passato un sesto) alprezzo raggiunto nell’incanto (art. 584). Se ciò avviene, si fa luogo ad una gara fra coloro che abbiano fattole nuove offerte ed il primo aggiudicatario, alla quale si applicanole norme già esaminate della vendita senza incanto.

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Si è chiarito che a tale gara possono partecipare oltre agliofferenti in aumento e l’aggiudicatario, anche gli offerenti alprecedente incanto. Tuttavia in caso di diserzione della gara,l’aggiudicazione diventa definitiva e gli offerenti in aumentoperdono la cauzione (il cui importo è pari al doppio della cauzionefissata per l’originario incanto). Le norme in tema di versamento del prezzo da partedell’aggiudicatario sono state modificate dal D.L. 35/2005, conv. inL. 80/2005 in vista del fenomeno, sempre più frequente nella prassi,in cui le somme da versare siano procurate a mezzo di un contratto difinanziamento. In tal caso si può prevedere il versamento direttodelle somme erogate in favore della procedura con la costituzione diuna garanzia ipotecaria di primo grado sull’immobile venduto.Pertanto nel decreto di trasferimento si dovrà fare menzione delcontratto di finanziamento, ed il conservatore dovrà trascrivere ildecreto di trasferimento unitamente all’iscrizione ipotecaria infavore del soggetto finanziatore. La fase conclusiva della vendita è caratterizzata dal decreto ditrasferimento, che può essere emanato solo dopo il versamento delprezzo e con il quale il giudice trasferisce la proprietà del bene.Peraltro, in luogo della pronuncia del decreto di trasferimento, finoa quando quest’ultimo non venga emesso, il giudice può anchesospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sianotevolmente inferiore a quello giusto con ordinanza impugnabile exart. 617 (art. 586). Col decreto di trasferimento, il giudice dell’esecuzione ordina lacancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioniipotecarie (salvo che queste ultime si riferiscano a obbligazioniassunte dall’aggiudicatario a norma dell’art. 508), nonché leiscrizioni e trascrizioni dei pignoramenti successive allatrascrizione del pignoramento, e ingiunge al debitore o al custode dirilasciare l’immobile venduto. Tale ingiunzione costituisce titoloesecutivo per il rilascio. Si discute se il trasferimento della proprietà del bene vendutoavvenga col decreto di trasferimento ovvero già con l’aggiudicazione:secondo la dottrina (tra cui MANDRIOLl) e la giurisprudenzaprevalenti, l’effetto traslativo si verifica solo al momentodell’emanazione del decreto in esame, secondo quanto risulta dallalettura dell’art. 586. Nella vendita con incanto, se l’aggiudicatario non versa il prezzonel termine stabilito, il giudice con decreto:

dichiara la sua decadenza; pronuncia la perdita della cauzione; dispone un nuovo incanto secondo le forme ordinarie (art. 587).

Se il prezzo che si ricava, unito alla cauzione confiscata, èinferiore a quello del precedente incanto, l’aggiudicatarioinadempiente è tenuto al pagamento della differenza.

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Il debitore esecutato conserva, fino a che l’espropriazione non siastata portata a termine, la qualità di proprietario del bene, ma nonha più, rispetto ad esso, alcun potere di disposizione. Onde lavendita di detto bene, eventualmente compiuta dal debitore, vaconsiderata affetta da nullità relativa, non opponi bile dal debitoreesecutato che vi ha dato causa, ma opponibile dall’aggiudicatario. Quando la vendita all’incanto non ha luogo per mancanza di offerte lalegge ammette tre possibilità: 1) Assegnazione dell’immobile in natura (art. 588-590): ognicreditore, nel termine di dieci giorni prima della data fissata perl’incanto (prima della novella l’istanza andava presentata entrodieci giorni dall’incanto andato deserto), può presentare istanzadi assegnazione per una somma non inferiore alle spese diesecuzione ed ai crediti aventi diritto di prelazione, per il casoin cui l’incanto non abbia luogo per mancanza di offerte. Se non vi sono altri creditori oltre al procedente, questi puòlimitarsi ad offrire una somma pari alla differenza fra il suocredito in linea capitale, ed il prezzo che intende offrire, oltrele spese. Il giudice, verificata l’assenza di offerte, invita colui che haavanzato domanda di assegnazione a versare il conguaglio ed,avvenuto il versamento, pronunzia decreto di trasferimento in suofavore.

2) Nuovo incanto (art. 591 cpv.): è analogo all’incanto dispostoperla prima volta. Il giudice può però stabilire nuove condizionidi vendita e determinare diverse forme di pubblicità, con lapossibilità di ridurre il prezzo di un quinto. Laddove siano fissatenuove condizioni di vendita, deve essere assegnato un nuovo terminenon inferiore a sessanta giorni e non superiore a novanta, pereventuali offerte di acquisto senza incanto.

3) Amministrazione giudiziaria (artt. 592-595): il giudicedell’esecuzione, anziché dar luogo ad un nuovo incanto, può disporrel’amministrazione giudiziaria degli immobili sottopostiall’esecuzione (art. 592). Questa rappresenta, quindi, una misuraesecutiva eventuale e sussidiaria, sostitutiva del secondo incanto,cui si ricorre per un duplice scopo:

evitare che la vendita dell’immobile avvenga ad un prezzo noncorrispondente al suo effettivo valore e quindi tropposvantaggioso;

realizzare denaro attraverso la riscossione dei frutti(naturali o civili) dell’immobile, da destinare, detratte lespese, alla soddisfazione dei creditori (art. 594).

L’amministrazione è disposta per un termine non superiore a treanni, salvo proroghe, che non possono, tuttavia, prolungarel’amministrazione oltre i tre anni. È affidata ad uno o piùcreditori o a un istituto all’uopo autorizzato, oppure allo stessodebitore, se tutti i creditori vi consentono (art. 592).

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L’amministratore è tenuto al deposito delle rendite, nonché allapresentazione di rendiconti parziali e, al termine della gestione,del rendiconto finale (art. 593). Tali rendiconti devono essereapprovati dal giudice. Durante l’amministrazione, ciascun creditore intervenuto puòchiedere che si proceda ad un nuovo incanto o all’assegnazionedell’immobile. Analogamente, chiunque può far offerte d’acquistosecondo le norme della vendita senza incanto (art. 5951). In ognicaso, allo scadere del termine l’amministrazione cessa e vienequindi disposto un nuovo incanto (art. 595).

La distribuzione della somma ricavata: La distribuzione della sommaricavata è compiuta dal giudice, e con la modifica di cui al D.L.3512005, conv. in L. 80/2005 anche dal professionista delegato, diufficio. Si forma il progetto contenente la graduazione dei ereditari e lo sideposita in cancelleria, con la fissazione di una udienza per laaudizione delle parti: la mancata comparizione di uno o più creditoriimplica approvazione del progetto. Se, non sorgono contestazioni, o se queste vengono composteamichevolmente, viene ordinato il pagamento. Altrimenti si applica ladisposizione di cui all’alt. 512.

L’ESPROPRIAZIONE IMMOBILIARE DELEGATA AI PROFESSIONISTILa riforma del 2005, traendo spunto dalla innovazione di cui alla L.302/1998 che aveva previsto la possibilità di delegare le operazionidi vendita ai notai, e riscontrando la complessiva buona riuscitadell’esperimento, amplia le categorie dei professionisti delegabili,aggiungendo ai notai, gli avvocati ed i dottori commercialisti che sisiano iscritti negli appositi elenchi di cui all’alt. 179ter disp.att. Nel fare ciò prevede che anche il soggetto delegato debbaprocedere preventivamente alla vendita senza incanto, per poi passarein caso di insuccesso alla vendita con incanto. Nell’ipotesi di cui all’art. 591bis, il professionista deveprovvedere a determinare il valore dell’immobile, ai sensi dell’art.568, co. 3. In sostanza, quel che il codice attribuisce al giudicedell’esecuzione, viene ora riferito anche al soggetto delegato inquanto espressamente richiamato. Simile discorso può farsi per la possibilità riconosciuta al pubblicoufficiale di autorizzare l’assunzione di debiti da partedell’aggiudicatario o dell’assegnatario, a norma dell’art. 508. Inoltre, il professionista provvede alle offerte successiveall’incanto: infatti, ai sensi dell’art. 584, entro 10 giornidall’incanto possono ancora essere fatte offerte, che sono efficacisolo se il prezzo offerto supera di 1/5 quello raggiuntonell’incanto. Ancora, il professionista delegato deve predisporre l’avvisocontenente tutte le indicazioni relative all’incanto (valore

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dell’immobile; prezzo base; vendita in uno o più lotti: luogo e oradell’incanto etc.). Ovviamente, per facilitare il compimento di dette attività che, incaso di esecuzione non delegata, si compirebbero in cancelleria odavanti al giudice dell’esecuzione, l’art. 591bis, al co. 3 prevedela possibilità che vengano esperite presso lo studio del profes-sionista. L’avviso deve inoltre contenere l’indicazione della destinazioneurbanistica e le notizie (concessione ad edificare o in sanatoria) dicui agli artt. 17 e 40 della medesima L 47/85 (secondo quantoprevisto dall’art. 173quater). L’avviso deve, inoltre, essere notificato ai creditori iscritti, exart. 498. Ovviamente, il professionista deve provvedere anche a redigere ilverbale d’incanto (il cui contenuto è elencato al co. 4 dell’art.591bis) dallo stesso esclusivamente sottoscritto. Il professionista riceve (o autentica) la dichiarazione di nomina chel’avvocato rimaste aggiudicatario per persona da nominare devecompiere nei 3 giorni dall’incanto. l:: mancanza, l’aggiudicazionediviene definitiva al nome dell’avvocato stesso. Avvenutoregolarmente il versamento del prezzo, deve essere emanato il decretodi trasferimento (art. 586) che resta atto del giudicedell’esecuzione, ma è il professionista delegato a predisporne iltesto (art. 591 bis, co. 7). Il legislatore si è, infine, preoccupato di mantenere un contattocostante con il giudice dell’esecuzione al quale può rivolgersi ilprofessionista qualora insorgano difficoltà:: nel corso delleoperazioni di vendita: il giudice provvederà con decreto. A loro volta, le parti possono propone reclamo avverso il predettodecreto e in Ogni caso contro gli atti del professionista delegatocon ricorso allo stesso giudice il qual" decide con ordinanza (art.591ter).

FORME SPECIALI DI ESPROPRIAZIONEForme speciali di espropriazione sono previste dagli artt. 599-604, i quali disciplinano: a) l’espropriazione di beni indivisi: si ha quando oggetto diespropriazione è la quota ideale di un bene indiviso;

b) l’espropriazione contro il terzo proprietario: si ha quando unterzo, proprietario del bene espropriato, è responsabilepatrimonialmente per un debito altrui.

Tali forme sono considerate speciali rispetto all’istituto generaledella espropriazione, in quanto il particolare oggetto delle stesseimpone delle modalità di svolgimento del processo esecutivo diverseda quelle prescritte per le forme ordinarie già esaminate.

ESPROPRIAZIONE DEI BENI INDIVISIIl codice (art. 599) consente il pignoramento anche dei beniindivisi, ossia dei beni di cui il debitore sia titolare in comunione

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con altre persone. Oggetto dell’espropriazione è in tal caso soltantola quota ideale appartenente al debitore, non potendo essere violatii diritti dei comproprietari. Per conseguire questo risultato, occorre in primo luogo evitare che icomproprietari si accordino col debitore per attuare una divisione inpregiudizio del creditore. A tale scopo, l’art. 599 prescrive che delpignoramento sia notificato avviso, a cura del creditore procedente,ai comproprietari non debitori, ai quali è fatto divieto di lasciareseparare dal debitore la sua parte senza ordine del giudice. Il giudice sentiti gli interessati, ha tre possibilità (art. 600): a) provvedere, quando è possibile, alla separazione della quota innatura spettante al debitore, lasciando indiviso il bene per lealtre quote;

b) ordinare la vendita della quota: in tal caso, si ha una vera epropria cessione della qualità di condomino, in quanto lo stato dicomunione sopravvive, ma al debitore, originario contitolare, sisostituisce l’acquirente della quota. La vendita è però subordinataalla valutazione circa la probabilità che la vendita stessa avvengaad un prezzo pari o superiore al valore determinato a normadell’art. 568;

c) disporre la divisione, se la separazione in natura non è chiestao non è possibile, secondo le regole generali: in questo caso, ]’espropriazione è sospesa finché non si sia proceduto alladivisione, in via consensuale (ossia mediante accordo tra le parti)o in via giudiziaria con sentenza passata in giudicato.

Mentre la separazione può considerarsi, nei suoi effetti pratici, unadivisione parziale in natura, limitata alla quota del debitore edattuata nell’esclusivo ambito del processo esecutivo, la divisione dàluogo ad un vero e proprio giudizio incidentale, al termine del qualedeve essere riassunto il processo esecutivo a norma dell’art 627.L’art. 181 disp. att. introdotto dal D.L. 35/2005, conv in L. 80/2005assegna la competenza per il giudizio di divisione allo stessogiudice dell’esecuzione. eventualmente previa integrazione delcontraddittorio, laddove tutti gli interessati non siano già presentinella procedura esecutiva. Avvenuta la divisione, la vendita o l’assegnazione dei beniattribuiti al debitore ha luogo secondo le norme vigenti in tema diespropriazione in generale.

L’ESPROPRIAZIONE CONTRO IL TERZO PROPRIETARIOL’espropriazione contro il terzo proprietario è una forma speciale diespropriazione che trova applicazione in tutti i casi in cui ilproprietario del bene espropriato, pur essendo estraneo al rapportodebitorio, è gravato da responsabilità per debito altrui. Ciò avviene nei seguenti casi: a) allorché il terzo ha concesso che su un proprio bene fossecostituita, per un debite altrui, un’ipoteca (datore di ipoteca) oun diritto di pegno (datore di pegno);

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b) allorché il terzo ha acquistato beni gravati da ipoteca o cosedate in pegno;

c) allorché l’alienazione del bene da parte del debitore è statarevocata per frode ai sensi dell’art. 2901 c.c. (azionerevocatoria).

In tutti questi casi l’espropriazione colpisce un soggetto diversodal debitore. Nel momento stesso in cui viene iniziato il processoesecutivo nei suoi confronti, il terzo cessa d: essere tale sul pianoprocessuale, essendo l’effettivo soggetto passivo dellaespropriazione. La legge tiene conto della particolare situazione del terzo, per latutela dei suoi eventuali interessi e, pertanto, il comuneprocedimento d’espropriazione si svolge con a:cune particolarità(artt. 603 e 604):

il titolo esecutivo ed il precetto (nel quale deve essere fattaespressa menzione del bene del terzo che si intende espropriare)vanno notificati anche al terzo;

il pignoramento e tutti gli altri atti di espropriazione sifanno nei confronti del terzo, ed egli è sentito ogni volta chedeve essere sentito il debitore;

il terzo debitore può fare offerte alla vendita all’incanto deibeni esecutati, in quanto non vige per lui il divieto di cuiall’art. 579.

L’ESECUZIONE IN FORMA SPECIFICAL’esecuzione forzata in forma specifica si ha in tutti i casi in cuiil diritto del creditore può essere realizzato nella sua identitàspecifica, e cioè mediante la consegna del bene o il compimentodell’attività che ne costituisce lo specifico oggetto. Questa forma di esecuzione, che rappresenta l’optimum dell’attivitàesecutiva, non è tuttavia sempre attuabile, a causa sia diimpedimenti materiali che di ostacoli giuridici (es.: perché ildebitore ha distrutto il bene che avrebbe dovuto restituire alproprietario). I due tipi di esecuzione forzata in forma specifica previsti dalCodice di procedura civile sono: a) l’esecuzione per consegna o rilascio (artt. 605-611); b) l’esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare (artt.612-614).

L’ESECUZIONE PER CONSEGNA O RILASCIOL’esecuzione per consegna o rilascio è diretta a far conseguire alcreditore la disponibilità materiale di una determinata cosa, mobileo immobile, oggetto del suo diritto. Dispone l’art. 2930 c.c. che, senon è adempiuto l’obbligo di consegnare una determinata cosa, mobileo immobile, l’avente diritto può ottenere la consegna o il rilascioforzati a norma delle disposizioni del Codice di procedura civile. Competente per materia per tale procedura in passato era il Pretore,e, in seguito alla riforma introdotta dal D.Lgs. 51/98, competente è

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il Tribunale in composizione monocratica (v. Cap. I, §4) del luogo incui si trovavano le cose mobili da consegnare o le cose immobili darilasciare. Caratteristiche di questa forma di esecuzione sono:

l’organo preposto è direttamente l’ufficiale giudiziario: ilgiudice dell’esecuzione interviene solo, su istanza di parte, incaso di difficoltà sorte nel corso dell’esecuzione (art. 610) eper la liquidazione delle spese (art. 611);

la mancanza di un fascicolo d’ufficio. L’esecuzione, a norma dell’art. 605, deve essere preceduta dalprecetto, contenente, oltre le indicazioni di cui all’art. 480, anchela descrizione sommaria dei beni stessi. Se il titolo esecutivodispone circa il termine della consegna o del rilascio, l’intimazioneva fatta con riferimento a tale termine. Decorso il termine, l’ufficiale giudiziario, col titolo e colprecetto, si reca sul posto ove si trovano le cose mobili, le ricercae le consegna alla parte istante (art. 606). Quest’ultima, dovendoprendere in consegna la cosa mobile, ha l’onere di essere presenteall’esecuzione, ma può ben farsi sostituire da altra persona da leidesignata. Tuttavia, se le cose da consegnare risultano pignorate, l’ufficialegiudiziario non può consegnarle e la parte esecutante potrà farvalere le sue ragioni soltanto mediante l’opposizione di terzo anorma degli artt. 619 e ss. (art. 607). Se il bene è costituito da un immobile, allora si procede al rilascioa norma degli artt. 60S e 609: l’ufficiale giudiziario comunicaalmeno dieci giorni prima alla parte, il giorno e l’ora in cuiprocederà (cd. avviso di rilascio). La novella dell’art. 60S ad operadel D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005 ha precisato che l’esecuzionein esame inizia appunto con la notifica dell’avviso, e non conl’accesso dell’ufficiale giudiziario, come invece riteneva in passatola giurisprudenza. La soluzione prescelta appare idonea anche adassicurare al debitore la possibilità di poter predisporreun’eventuale opposizione prima dell’inizio dell’esecuzione, cosainvece molto più difficile in precedenza, in cui, coincidendol’inizio con l’accesso dell’ufficiale giudiziario, l’esecuzionepoteva concludersi uno actu. Nel giorno fissato si reca sul luogo dell’esecuzione, munito deltitolo esecutivo e del precetto, e, facendo uso, quando occorre, deipoteri a lui consentiti dall’art. 513 (cioè richiedendo l’assistenzadella forza pubblica), immette la parte istante (o altra personapresente, da questa designata) nel possesso dell’immobile, del qualeconsegna le chiavi, ingiungendo al detentore di riconoscere il nuovopossessore. È stato altresì introdotto dalla riforma del 2005 (in vigore dal 1°marzo 2006), l’ m1. 60Sbis al fine di chiarire in quali casi siestingue la procedura in esame, specie ove non si esaurisca al primo

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accesso ed il creditore manchi di sollecitare una nuova iniziativadell’ufficiale giudiziario. In tal caso si prevede, per l’estinzione,un atto di rinuncia da parte del creditore da notificare alla pm1eesecutata e da consegnare all’ufficiale giudiziario. Delle operazioni compiute l’ufficiale giudiziario redige processoverbale. Se nell’immobile si trovano cose mobili appartenenti all’esecutato maestranee all’esecuzione, l’ufficiale giudiziario, se la parte non leasporta immediatamente, può disporne la custodia sul posto o iltrasporto in altro luogo. Qualora le cose siano pignorate osequestrate l’ufficiale giudiziario dà notizia del rilascio alcreditore sequestrante (o pignorante) ed al giudice dell’esecuzioneper l’eventuale sostituzione del custode (art. 609). L’ufficiale giudiziario specifica nel processo verbale le speseanticipate dalla parte istante: la liquidazione è fatta dal giudice anorma degli articoli 91 e ss. con decreto che costituisce titoloesecutivo (art. 611). Il richiamo alle norme sulla condanna allespese lascia intendere che si è voluto che il decreto non si limiti adeterminare le sole spese vive sostenute per l’esecuzione (si pensialla necessità di ricorrere ad un fabbro per aprire delle serrature),ma liquidi anche le competenze e gli onorari del difensore che hacurato l’esecuzione per conto del creditore. Nulla è detto sui rimediavverso il decreto, oscillandosi tra gli interpreti tra la tesifavorevole all’opposizione agli atti esecutivi e quella che propendeper il giudizio di opposizione. Se nel corso dell’esecuzione sorgono difficoltà che non ammettonodilazione, ciascuna parte può chiedere al giudice dell’esecuzioneanche verbalmente i provvedimenti temporanei occorrenti (art. 610).Tali provvedimenti, in quanto destinati ad esplicare un effettotemporaneo senza alcun pregiudizio sui diritti delle parti, sono, diregola, adottati con decreto o sentite le parti con ordinanza. Le difficoltà di cui all’art. 610 non sono vere e propriecontestazioni di natura giuridica relative al diritto di procederealla esecuzione ovvero alle modalità del processo esecutivo (talicontestazioni esigono un giudizio di cognizione e possono, perciò,essere sollevate soltanto con una opposizione), bensì questioni diopportunità e di modalità della esecuzione. Peraltro, qualora i provvedimenti del giudice, benché adottati nelleforme predette, non si limitino a risolvere difficoltà di ordinemateriale insorte nel corso dell’esecuzione, ma implichino larisoluzione di questioni relative al diritto di procedere allaesecuzione, esulano dall’ambito della norma indicata e, anzichérivestire carattere meramente ordinatorio, dimostrano di avere unvero e proprio contenuto decisorio che consente di attribuire ad essinatura di sentenza soggetta ad impugnazione.

L’ESECUZIONE FORZATA DEGLI OBBLIGHI DI FARE E DI NON FAREL’esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare è diretta a

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far conseguire al creditore la medesima prestazione specifica di fareoggetto del suo diritto, ovvero la eliminazione di quanto posto inessere dal debitore in violazione del suo obbligo di non fare. L’art. 2931 c.c. dispone che, se non è adempiuto un obbligo di fare,l’avente diritto può ottenere che esso sia eseguito a spesedell’obbligato nelle forme stabilite dal Codice di procedura civile. Alla luce di tale norma appare dunque evidente che oggettodell’esecuzione per gli obblighi di fare possono essere soltantoobblighi di fare fungibili (sarebbe impossibile ottenere per questavia la realizzazione di un’obbligazione non fungibile, per esempio,l’obbligo di un pittore di dipingere un quadro). L’art. 2933 c.c. dispone, poi, che, se non è adempiuto un obbligo dinon fare, l’avente diritto può ottenere che sia distrutto, a spesedell’obbligato, ciò che è stato fatto in violazione dell’obbligo.Tuttavia, se la distruzione è di pregiudizio all’economia nazionale,essa non può essere ordinata e l’avente diritto può conseguire soloil risarcimento dei danni. Anche per tale forma di esecuzione, competente per materia e perterritorio in passato era il Pretore del luogo in cui l’obbligodoveva essere adempiuto (art. 26): dal 2-61999, data di efficacia delD.Lgs. 51/98, la competenza è passata al Tribunale (v. Cap. I, §4). Il titolo esecutivo è costituito da un provvedimento giudiziale,quale una sentenza di condanna o provvedimenti ad essa equiparati. Tale procedura esecutiva è caratterizzata dalla essenzialità ecentralità delle funzioni del giudice dell’esecuzione, che in altreprocedure, hanno, invece, un ruolo marginale ed essenzialmente dicontrollo. La procedura ha inizio con la presentazione al giudice del ricorso,con cui il creditore istante, notificato il precetto, chiede chesiano determinate le modalità dell’esecuzione.Il giudice, sentita la parte obbligata, provvede, con ordinanza, adeterminare tempo e modalità della esecuzione; tale previa audizioneè sempre obbligatoria, anche nel caso in cui abilitato ad eseguire leopere sia lo stesso creditore.Con la sua ordinanza il giudice dell’esecuzione designa l’ufficialegiudiziario che deve procedere all’esecuzione, nonché le persone chedevono materialmente provvedere al compimento dell’opera non eseguitao alla distruzione di quella compiuta. L’ufficiale giudiziario immette gli operatori (ausiliari) nelle lorofunzioni, facendosi assistere, eventualmente, dalla forza pubblica epuò chiedere al giudice dell’esecuzione le opportune disposizioni pereliminare le difficoltà materiali che sorgono nel corsodell’esecuzione; in tal caso, il giudice provvede con decreto. Il giudice, comunque, indipendentemente dall’impulso dell’ufficialegiudiziario, può conoscere in via preventiva le difficoltà tecnicheche si frappongono alla esecuzione, e può anche in via preventivaeliminarle mediante opportune ed appropriate disposizioni,

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completando, specificando e modificando le attività tecniche epratiche idonee ad attuare la situazione voluta dal titolo. L’unicolimite invalicabile che egli incontra in questa sua attivitàordinatoria è quello di non ampliare, in pregiudizio del debitore, edi non diminuire, in pregiudizio del creditore, la sanzionesatisfattiva contenuta nella sentenza di condanna. Al termine (o nel corso) dell’esecuzione, la parte istante presentaal giudice dell’esecuzione la nota delle spese anticipate, vistatadall’ufficiale giudiziario, con domanda di decreto ingiuntivo: ilgiudice se riconosce fondata la richiesta e giustificate le spesedenunciate, provvede nelle forme di legge, con decreto, a normadell’art. 642 (art. 614). Una delle novità più significative della legge 18-6-2009, n. 69 èrappresentata dall’introduzione nel codice di procedura civiledell’art. 614bis, il quale detta specifiche disposizioni relativeall’attuazione degli obblighi di fare infungibile e di non fare. Unadelle più gravi carenze del processo civile esecutivo, difatti, ècostituita dalla inadeguatezza di tutela degli obblighi infungibili,per i quali cioè, la tutela risarcitoria è per definizioneinsufficiente, in quanto fornisce solo un’utilità equivalente, ma noncorrispondente a quella voluta dal creditore; per tali obblighi, delresto, la tutela in forma specifica non è logicamente esperibile, eciò in forza della massima consolidata secondo cui nemo adfactumpraecisum cogi potest. Rientrano in tale categoria innanzitutto gli obblighi di farematerialmente infungibili, cioè non realizzabili senza la volontàdell’obbligato. Sono inoltre infungibili gli obblighi complessi,ricomprendenti cioè obblighi di fare infungibili, come l’obbligo direintegra nel posto di lavoro. Ancora, in giurisprudenza si èritenuto non fungibile un obbligo quando il suo adempimento dipendedal fatto di un terzo, diverso dal debitore, come ad esempio avvienein tema di compravendita di edifici per l’obbligo del venditore difar ottenere alla controparte il certificato di abitabilità, per ilcui rilascio è competente l’autorità amministrativa. Infine, lacategoria degli obblighi di facere infungibile ricomprende le ipotesiin cui nell’obbligazione sono determinanti le qualità personali delsoggetto obbligato, come nel caso dei rapporti qualificatidall’intuitu personae. Gli unici rimedi capaci di fornire tutela adeguata ai creditori diprestazioni infungibili sono soltanto i mezzi di coercizioneindiretta, cioè strumenti giuridici idonei ad indurre il debitore adadempiere. Secondo una certa dottrina, in particolare, tali strumentisarebbero individuabili negli art. 388 c.p. (che punisce la dolosainosservanza di un provvedimento del giudice, ma la cui applicazionepostula che la condotta sia accompagnata dall’elemento soggettivo deldolo specifico) e 650 c.p. (che punisce chi, con dolo o colpa, nonosserva un provvedimento legalmente dato dall’autorità per ragioni di

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giustizia). Quanto alla riforma del 2009, occorre innanzitutto sottolineare che,in considerazione della rilevata impossibilità materiale dicostringere taluno alla esecuzione di una prestazione avente adoggetto un facere infungibile (si pensi nuovamente all’impegnoassunto da un artista di dipingere un quadro), l’attuazione di taletipologia di obblighi avviene in maniera soltanto indiretta, cioèattraverso la determinazione di una certa somma di danaro chel’obbligato è costretto a pagare in caso di inosservanza, violazioneo ritardata esecuzione del provvedimento. Ed infatti, il citato art. 614bis prevede che con il provvedimento dicondanna (cioè la statuizione con la quale al debitore è ordinato dieseguire una prestazione avente ad oggetto un facere infungibileovvero di rimuovere un’opera realizzata in violazione di un obbligodi non fare) il giudice, su richiesta della parte, fissa la somma didanaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanzasuccessiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione delprovvedimento, salvo che ciò sia manifestamente iniquo. È importanteevidenziare che, qualora vi sia la richiesta della parte, il giudiceè tenuto a determinare la somma di danaro che la parte deve versareper l’inosservanza, la violazione o il ritardo; l’unica evenienza incui la richiesta di parte può essere disattesa, e cioè la manifestainiquità del provvedimento, è infatti assolutamente eccezionale. Ilgiudice determina l’ammontare della somma tenendo conto di alcuniparametri specificamente indicati dalla legge, e cioè il valore dellacontroversia, la natura della prestazione, il danno quantificato oprevedi bile e ogni altra circostanza utile. Il provvedimento di condanna costituisce titolo esecutivo per ilpagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza.Dunque, nel caso di provvedimenti che ordinano la rimozione di opererealizzate in violazione di un obbligo di non fare, il medesimotitolo può essere utilizzato ogni qual volta l’obbligato trasgrediscal’ordine, anche se si tratta di condotte successive all’emanazionedel provvedimento. Ad esempio, se la pronuncia di condanna allarimozione di un’opera edilizia abusiva perché posta in essere inviolazione delle norme sulle distanze tra costruzioni contiene ladeterminazione di una somma di danaro per l’ipotesi della suainosservanza, tale pronuncia potrà essere utilizzata come titoloesecutivo per il pagamento della predetta somma anche se l’obbligato,dopo aver abbattuto l’opera riconosciuta illegittima, ne abbia poicostruita un’altra pure abusiva. Per espressa previsione normativa, infine, la disposizione di cuiall’art. 614bis non si applica alle controversie di lavorosubordinato pubblico o privato e ai rapporti di collaborazionecoordinata e continuativa di cui all’art. 409.

LE OPPOSIZIONI NEL PROCESSO DI ESECUZIONEL’opposizione è il rimedio esperibile dal debitore o dal terzo nel

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caso in cui questi si dolgano di aver subito la lesione di un lorodiritto in conseguenza di un atto di esecuzione che ritengonoingiusto. L’opposizione dà luogo ad un ordinario processo di cognizione, inquanto è diretta ad un accertamento, che è il tipico compito delgiudice in sede di cognizione. Il rapporto che lega, dunque, il giudizio di opposizione ed ilprocesso esecutivo è un rapporto di autonomia strutturale e dicoordinamento funzionale ad un tempo. Da un lato, infatti, ilgiudizio di opposizione è occasionato da un processo esecutivo inquanto è rimesso all’iniziativa della parte che deduce la pretesaillegittimità della procedura esecutiva; ma ha un proprio e distintoatto introduttivo e si svolge in modo autonomo rispetto al processodi esecuzione, In definitiva, l’opposizione si inserisce, come una parentesi dicognizione, nell’esecuzione sulla quale i suoi effettiinevitabilmente incidono (ad es.: con la sospensione del processo). Il concetto di opposizione è, pertanto, più ampio del concetto diimpugnazione in senso tecnico, in quanto, mentre quest’ultima ha peroggetto il solo provvedimento del giudice contro il quale si dirige,l’opposizione non è legata a questo limite oggettivo, potendo,indifferentemente, dirigersi contro qualunque titolo esecutivo, controgli atti dell’ufficio e gli atti di parte,

CARATTERI E TIPI DI OPPOSIZONESotto il titolo «Delle opposizioni», il Codice disciplina istitutiche hanno fondamento e giustificazione diversi: a) le opposizioni proponibili dall’esecutato (debitore o terzoassoggettato all’esecuzione), le quali comprendono:

l’opposizione all’esecuzione (artt. 615 e 616); l’opposizione agli atti esecutivi (artt. 617 e 618);

b) le opposizioni di terzi, estranei all’esecuzione, ma che vantanodiritti sui beni esecutati (artt. 619-622).

Il fondamento della prima categoria è dato dal fatto che il processoesecutivo è senza contraddittorio ed il debitore è il soggettopassivo dell’esecuzione senza alcun potere di iniziativa, Pertanto,nel caso di esecuzione ingiustamente iniziata, se non ci fosse alcunrimedio, dato il carattere unilaterale del processo, il debitoresarebbe alla completa mercé del creditore, Per evitare ciò, illegislatore ha offerto appunto il rimedio dell’opposizione percontrastare la pretesa che si ritiene ingiusta o ingiustamenteesercitata, La seconda categoria si spiega con la necessità di salvaguardarecoloro che vantino diritti su cose pignorate, diritti che la leggeritiene prevalenti rispetto a quelli del creditore, Le opposizioni, comunque, a qualunque categoria appartengano,presentano delle ca ratteristiche comuni che possono cosìsintetizzarsi:

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sono concesse nei confronti di un’esecuzione pendente ominacciata;

si fondano sulla pretesa illegittimità dell’esecuzione nellasostanza o nella forma: nel primo caso, operano control’esecuzione nel suo complesso; nel secondo, contro singoli attiesecutivi;

operano solo su istanza di parte e non di ufficio; danno luogo a giudizi di cognizione, che possono provocare la

sospensione del processo esecutivo fino alla decisionesull’opposizione.

Colui che assume l’iniziativa, proponendo l’opposizione, sia essodebitore o terzo, assume la veste di opponente e, come tale, ha laqualità di vero e proprio attore; convenuto è, invece, il creditore ocolui che ha assunto l’iniziativa di cominciare o preannunciare (conla notificazione del precetto o del titolo esecutivo) il processoesecutivo. Le opposizioni del debitore: Le opposizioni proponibili dal debitoreo dal terzo assoggettato all’esecuzione sono di due tipi: a) l’opposizione all’esecuzione, con cui si contesta il dirittodella parte istante a procedere alla esecuzione forzata;

b) l’opposizione agli atti esecutivi, con cui si contesta laregolarità formale dei singoli atti esecutivi.

L’OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONEL’opposizione all’esecuzione consiste nella contestazione, da partedel debitore, del diritto della parte istante a procedere adesecuzione forzata; ovvero l’an dell’esecuzione. L’opposizione investe una questione di merito, dal momento chel’istante, nel dedurre l’ingiustizia dell’esecuzione, contesta, insostanza, che nel caso concreto concorrano le condizioni dell’azioneesecutiva. Tali contestazioni possono riguardare:

a) l’inesistenza, originaria o sopravvenuta, del titolo esecutivo: b) la inidoneità soggettiva del titolo a fondare l’esecuzione adopera di quel soggetto o contro quel soggetto (es. l’esecutatonega la propria qualità di erede);

c) la inidoneità del titolo a fondare quel tipo di esecuzione (es.esecuzione di obbligo di fare sulla base di un titolostragiudiziale);

d) ragioni di merito, attraverso la allegazione di fatti estintivi oimpeditivi, contestando, quindi, la situazione sostanziale cosìcome emerge dal titolo esecutivo. In tale caso, però, lepossibilità per il debitore di opporsi sono diverse a seconda cheil titolo su cui si procede sia giudiziale o extragiudiziale:

per quanto riguarda i titoli giudiziali: l’opposizione nonpuò riguardare la formazione degli stessi, ma soltanto laloro efficacia. In secondo luogo, non è ammesso dedurre conl’opposizione motivi di contestazione che avrebbero potuto

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proporsi nel processo in cui si è formato il titologiudiziale (il giudicato copre il dedotto e il deducibile). La contestazione è possibile, quindi, solo per fattiposteriori alla formazione del titolo, come, per es., ilpagamento ovvero la compensazione posteriore alla sentenza;

per i titoli esecutivi stragiudiziali: le contestazioni sonopossibili anche in ordine alla formazione degli stessi; difronte a tali titoli, infatti, il debitore può far valeretutte le eccezioni e difese che avrebbe potuto far valere insede di cognizione.

L egittimazione alla opposizione: Sono legittimati a proporreopposizione: a) attivamente: il soggetto passivo dell’esecuzione ossia l’escusso(il debitore o il terzo assoggettato all’esecuzione) o anche unsuo creditore, quale suo sostituto processuale, utendo iuribus anorma dell’art. 2900 C.C.;

b) passivamente: il soggetto attivo dell’esecuzione, cioè ilcreditore procedente. Gli altri creditori sono legittimati acontraddire solo nel senso che possono intervenirevolontariamente nella causa o essere chiamati ad intervenire percomunanza di controversia.

La contestazione e la pignorabilità dei beni: L’art. 615, prevedecome opposizione all’esecuzione anche quella che riguarda la pi-gnorabilità dei beni. In effetti, in questo caso non si contesta iltitolo esecutivo, ma il diritto di procedere in relazione adeterminati beni, non pignorabili. Il procedimento: L’opposizione si può proporre prima dell’iniziodell’esecuzione oppure nel corso dello svolgimento del processoesecutivo.Prima dell’inizio dell’esecuzione, l’opposizione si propone comeopposizione al precetto, mediante citazione proposta davanti algiudice competente per materia o valore e per territorio, a normadell’art. 27. Per individuare il giudice competente, in passato, si doveva farriferimento al valore del credito per cui si procedeva ed al luogodell’esecuzione, quale risultava dall’elezione di domicilio, seindicata nel precetto ed, in mancanza, al luogo di notifica dellostesso. In seguito alla soppressione dell’ufficio del Pretore aisensi del D.Lgs. 51/98 ed all’assorbimento dell’intera materiaesecutiva ad opera del Tribunale, non si pongono più problemi dicompetenza per materia ripartita tra il tribunale e la pretura, masolamente un’eventuale possibile competenza concorrente per valoretra Tribunale e Giudice di pace. In particolare, si ricordi che la competenza per valore si determinain base all’intero credito per cui si procede; che la competenza perterritorio è inderogabile ex art. 28. Giova segnalare che, in base alla nuova disciplina - introdotta dal

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D.L. 35/2005 conv. in L. 80/2005, è riconosciuto anche al giudicedell’opposizione al precetto il potere di sospendere (su istanza diparte e concorrendo gravi motivi) l’efficacia esecutiva del titolonotificato ex art. 479. Secondo la dottrina l’ordinanza che provvede(in senso negativo o positivo) sull’istanza di sospensione è soggettaal reclamo ex art. 669terdecies trattandosi di provvedimento dinatura cautelare. Il procedimento di opposizione si chiude consentenza non impugnabile (art. 616 ultima parte come novellato dallaL. 24 febbraio 2006, n. 52 in vigore dal 1° marzo 2006), maricorribile per Cassazione ex art. 111 Cost. (ciò vale anche per igiudizi di opposizione pendenti a tale data). L’art. 49 della legge18-6-2009, n. 69, peraltro, ha soppresso l’ultima parte dell’art.616, sicché deve ritenersi che la sentenza con la quale il giudicedecide sull’opposizione è impugnabile con gli strumenti ordinari.L’opposizione successiva all’inizio della esecuzione si propone conricorso al giudice dell’esecuzione, il quale fissa con decretol’udienza di comparizione delle parti davanti a sé ed il termineperentorio per la notificazione del ricorso e del decreto. A seguito delle modifiche introdotte dalla legge 24 febbraio 2006, n.52, entrata in vigore il 1° marzo 2006, l’udienza così fissata èdisciplinata dall’art. 185 disp. att. c.p.c., secondo cui a taleudienza «si applicano le norme del procedimento camerale di cui agliartt. 737 e seguenti del codice». Tenutasi l’udienza «camerale», all’esito della quale si è delibata laistanza di sospensione (la quale può essere concessa concorrendogravi motivi; l’ordinanza che provvede in senso negativo o positivosull’istanza di sospensione è soggetta al reclamo ex art.669terdecies c.p.c.), il giudice dell’esecuzione, qualora siacompetente per la causa l’ufficio giudiziario cui egli appartiene,fissa un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di meritosecondo le modalità previste in ragione della materia e del rito,previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata ed osservatii termini a comparire di cui all’art. 163bis, o altri se previsti,ridotti della metà, ovvero rimette la causa dinanzi all’ufficiogiudiziario competente assegnando un termine perentorio per la rias-sunzione della causa. Si tratta con tutta evidenza di una disarticolazione della fasededicata alla sospensiva da quella concernente il merito dellacontroversia, la quale si conclude con sentenza, al paridell’opposizione ex art. 617. Come accennato in precedenza, l’art. 14 della legge 24 febbraio 2006,n. 52, ha sostituito l’art. 616, prevedendo tra l’altro che lasentenza conclusiva del giudizio di opposizione all’esecuzione non èimpugnabile, al pari di quanto stabilito già in precedenza per lasentenza conclusiva del giudizio di opposizione agli atti esecutivi.In dottrina si è ritenuto, quindi, che tali sentenze sianoimpugnabili soltanto attraverso il rimedio del ricorso in Cassazione

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per violazione di legge ai sensi dell’art. 111 Cost.; si è osservato,inoltre, che, in mancanza di specifica disciplina di caratteretransitorio, va fatta applicazione del principio tempus regit actum,per cui anche le sentenze rese all’esito di opposizioniall’esecuzione instaurate anteriormente al 1° marzo 2006 (data dientrata in vigore della predetta legge n. 52/2006) non sono piùappellabili, ma solo ricorribili per cassazione ex art. 111 Cost. L’art. 49 della legge n. 18-6-2009, n. 69 ha tuttavia soppressol’ultimo periodo dell’art. 616 c.p.c., nel testo introdotto dall’art.14, legge n. 52/2006. Di conseguenza, avverso le sentenze conclusivedel giudizio di opposizione all’esecuzione è stata ripristinata lapossibilità di proporre impugnazione mediante appello. Anche in talcaso, mancando una disciplina transitoria, deve ritenersi che vadafatta applicazione del principio tempus regit actum: al fine diindividuare il mezzo di impugnazione in concreto esperibile,pertanto, dovrà aversi riguardo alla data di pronuncia della sentenzae non a quella di instaurazione del giudizio di opposizione. La sentenza può essere di rigetto o di accoglimento; in particolare: a) se la sentenza rigetta l’opposizione:

il processo esecutivo riprende il suo corso; la sentenza potrà condannare l’opponente, che abbia resistito

all’esecuzione, con mala fede o colpa grave, al risarcimento deldanno (art. 96);

b) se la sentenza accoglie l’opposizione: essa accerta negativamente il diritto di procedere

all’esecuzione, ossia l’illegittimità di questa nei confrontidell’opponente e, di conseguenza, l’esecuzione è rimossa intutto o in parte, definitivamente o temporaneamente;

diventano illegittimi tutti i singoli atti esecutivi compiuti ene cessano gli effetti;

se però l’opposizione è stata proposta tardivamente,successivamente alla vendita del bene staggito, tale atto nonviene a cadere, né cadono i suoi effetti: per cui il debitore(imputet sibi) potrà solo perseguire in tutto o in parte lasomma ricavata dalla vendita e, in caso di malafede, chiedere idanni al creditore pignorante;

la sentenza, ove accerti che il creditore ha agito senza lanormale prudenza, condannerà il creditore al risarcimento deidanni, che potranno essere liquidati anche di ufficio, con lasentenza stessa (art. 96). Come detto in precedenza, a seguitodella riforma del 2009 la sentenza è nuovamente impugnabile coni mezzi ordinari.

L’OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVIL’opposizione agli atti esecutivi consiste nella contestazione daparte del debitore della regolarità formale del titolo esecutivo, delprecetto o degli altri atti del procedimento di esecuzione: ovvero,il quomodo dell’esecuzione.

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Essa, quindi, è diretta a sollevare una questione puramenteprocessuale, impugnandosi con essa il singolo atto esecutivo, di cuisi sostiene la invalidità.Per questo non è l’esecuzione in sé l’oggetto dell’opposizione, ma ilsingolo atto esecutivo, del quale si postula l’invalidità. L’irregolarità formale, che costituisce il fondamento di tale tipo diopposizione, è una nozione generica più ampia della nullità, inquanto la comprende pur senza esaurirsi in essa e comprende, altresì,tutte quelle ipotesi di divergenza dalla fattispecie legale nonpreviste espressamente dalla legge come nullità e non consistenti indifetti di requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopodell’atto. Va, però, sottolineato che l’interesse ad agire in opposizione agliatti esecutivi non consiste nella mera denuncia della non conformitàdell’atto al suo modello legale, occorrendo, viceversa (in luogo diun interesse generico alla legittimità del procedimento) chel’intervento del giudice, sia necessario per evitare che l’attoirregolare comporti una lesione al proprio diritto, e cioè un dannonon altrimenti evitabile. L’opposizione in questione può essere diretta a contestare laregolarità formale: a) del titolo esecutivo e del precetto (art. 617); b) della notificazione del titolo e del precetto (art. 617); c) dei singoli atti di esecuzione (art. 617).

Sono legittimati a proporre l’opposizione attivamente il debitore edil terzo proprietario assoggettato all’esecuzione; i terzi che sitrovano ad essere coinvolti nel processo esecutivo (es. terzidetentori di cose del debitore etc.). L’opposizione deve essere proposta entro il termine perentorio diventi giorni (avendo la legge 80/2005, in vigore dal 1° marzo 2006,allungato il termine originariamente fissato in cinque giorni) dalmomento in cui è stato compiuto o notificato l’atto contro il qualeessa si dirige (art. 61 T). Si ricorda che legittimati passivi sono, quali litisconsorzinecessari, tutti i soggetti del processo esecutivo indicati dall’art.485: il creditore, il debitore, i creditori intervenuti e gli altrieventuali interessati. Per quanto riguarda più propriamente il procedimento:

se l’opposizione è proposta prima dell’inizio dell’esecuzione(impugnazione relativa alla regolarità formale del titolo o delprecetto), dovrà farsi con citazione davanti al giudice indicatonell’art. 480;

se l’opposizione è proposta dopo l’inizio dell’esecuzione, deveavere la forma del ricorso (anche orale) al giudicedell’esecuzione. In tale forma di opposizione, la competenzarimane ferma, in tutto il corso del giudizio, nel giudicecompetente per l’esecuzione.

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Il giudice dell’esecuzione fissa con decreto l’udienza dicomparizione delle parti davanti a sé ed il termine perentorio per lanotificazione del corso e del decreto, e dà, nei casi urgenti, iprovvedimenti opportuni. All’udienza dà con ordinanza i provvedimenti che ritieneindilazionabili, ovvero sospende la procedura (potere di sospensionein precedenza non previsto ed introdotto soltanto con la riforma del2006), e provvede alla istruzione della causa, che è poi decisa consentenza non impugnabile (art. 618); in ogni caso, è ammesso ilricorso per cassazione per violazione di legge ai sensi dell’art. 111della Costituzione. È importante segnalare che la legge 18-6-2009, n. 69 ha introdottol’art. 186bis disp. att., secondo cui i giudizi di merito relativiall’opposizione agli atti esecutivi devono essere trattati da unmagistrato diverso da quello che ha conosciuto degli atti avverso iquali è proposta opposizione. Dunque, al fine di garantireconcretamente la terzietà del giudice, la riforma prevede che iprovvedimenti indilazionabili - ovvero, se del caso, la sospensionedella procedura - siano adottati dal medesimo giudice persona fisicadel procedimento esecutivo, essendo quest’ultimo a conoscenza ditutti gli aspetti del procedimento medesimo e potendo, quindi, esserein grado di assumere tempestivamente le misure urgenti del caso; ilgiudizio di cognizione, invece, deve esser trattato e deciso da unapersona diversa, atteso che il procedimento può avere ad oggettoanche la regolarità formale dei singoli atti esecutivi.

OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE ED OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVIDifferenze: In molteplici pronunce, la giurisprudenza ha delineato edistinto i caratteri propri e differenziali dell’opposizioneall’esecuzione e dell’opposizione agli atti esecutivi:

l’opposizione all’esecuzione involge una questione di merito,poiché implica un controllo sulla legittimità sostanzialedell’azione esecutiva. avendo ad oggetto la sussistenza deltitolo esecutivo: diversamente, l’opposizione agli attiesecutivi, ha ad oggetto la mancanza o l’irregolarità formale,richiedendosi un controllo limitato all’osservanza delle normeprocessuali disciplinanti la norma degli alti;

l’opposizione agli atti esecutivi è soggetta ad un termine didecadenza di venti giorni dal compimento o dalla notificazionedell’atto impugnato;

nell’opposizione all’esecuzione, la competenza si determinadiversamente a seconda che l’opposizione sia proposta prima odopo l’inizio dell’esecuzione, giacché nel primo caso siapplicano le regole generali di determinazione della competenza:nell’opposizione agli atti esecutivi, essa rimane ferma in tuttoil corso del giudizio nel giudice dell’esecuzione, che è semprecompetente anche per l’istruzione (per i giudizi instauratisuccessivamente all’entrata in vigore della legge 18-6-2009, n.

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69, come detto in precedenza, trova applicazione l’art. 186bisdisp. att., secondo cui il giudizio di merito di opposizioneagli atti deve essere trattato da un magistrato diverso daquello che ha conosciuto degli atti avverso i quali è propostaopposizione).

LE OPPOSIZIONI NELLA FASE DI DISTRIBUZIONE DELLA SOMMA RICAVATAEssa ha la natura di un’opposizione di merito con cui si contesta unsingolo atto: il piano di riparto. Pertanto, si distinguedall’opposizione all’esecuzione con la quale si controverte suldiritto ad agire esecutivamente e dall’opposizione agli attiesecutivi, che non è una opposizione di merito, ma di forma. Prima del D.L. 35/2005 (conv. in L. 80/2005), l’opposizione dava vitaad un giudizio di cognizione, di accertamento negativo (accertamento,cioè, dell’illegittimità del progetto di distribuzione). Il giudicedell’esecuzione provvedeva all’istruzione della causa solo secompetente; altrimenti rimetteva le parti innanzi al giudicecompetente a norma dell’art. 17 co. 3, fissando un termine perentorioper la riassunzione. L’opposizione può riguardare:

l’esistenza o inesistenza di un diritto di prelazione; l’esistenza o inesistenza di un credito, ovvero il suo ammontare; il carattere fraudolento dell’obbligazione da cui è sorto un

credito, che viene contestato (in tal caso si parla diopposizione revocatoria).

Legittimati attivamente sono: l’escusso e ciascun creditore concorrente.

Legittimati passivamente sono: il creditore titolare del credito contestato; il creditore ed il debitore fraudolenti, se si tratta di

opposizione revocatoria; tutti i creditori concorrenti, di fronte ai quali un creditore

affermi l’anteriorità o la parità del proprio diritto allacollocazione.

A seguito della novella di cui al D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005(in vigore dal 1° marzo 2006), ogni controversia di quelle soprariportate viene decisa dal giudice dell’esecuzione con ordinanza,essendosi ritenuto eccessivo assoggettarle alle forme del processo dicognizione, specie ove si consideri che la maggior parte dei creditifatti valere sono già trasfusi in un titolo esecutivo. Avversol’ordinanza in questione è poi dato il rimedio dell’opposizione agliatti esecutivi. In dottrina (ZIINO) si è evidenziato che dalla nuova formaprocedimentale consegue che il provvedimento di definizione dellacontroversia distributiva è assimilato ad un mero atto esecutivo, nonavente efficacia di giudicato. LE OPPOSIZIONI IN MATERIA DI LAVORO, DI PREVIDENZA E DI ASSISTENZA

In materia di lavoro, previdenza ed assistenza le opposizioni

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all’esecuzione ed agli atti esecutivi sono soggette, relativamentealla competenza ed al rito, alle norme dettate per il processo dellavoro, così beneficiando della maggiore rapidità e concentrazioneper esso prevista. Il legislatore ha tuttavia fatto salva lacompetenza funzionale iniziale del giudice dell’esecuzione per leopposizioni proposte a procedimento esecutivo iniziato. Analogamente a quanto disciplinato dagli artt. 615 e 617, vannodistinte le opposizioni anteriori all’inizio dell’esecuzione daquelle successive. Opposizioni anteriori all’inizio dell’esecuzione: Si propongono conricorso non più al Pretore, ma, in seguito alla riforma introdottadal D.Lgs. 51/98, al Tribunale in funzione di giudice del lavorocompetente per materia e per territorio ai sensi degli artt. 413 e444, che giudica in composizione monocratica. La controversia èquindi interamente assoggettata al rito speciale, sia sotto ilprofilo delle preclusioni che per ciò che concerne la lettura deldispositivo in udienza. Peraltro, in virtù del principio diconservazione degli atti processuali nulli, laddove l’opposizionepreventiva sia proposta con ricorso anziché con citazione noncomporta nullità del procedimento, se il ricorso regolarmentenotificato con il decreto del giudice di convocazione delle partiabbia raggiunto lo scopo. Opposizioni successive all’inizio dell’esecuzione: Si propongono conricorso al giudice dell’esecuzione che fissa con decreto l’udienza dicomparizione ed il termine perentorio per la notificazione delricorso e del decreto all’opposto. Il giudice dell’esecuzione, dopo aver provveduto sull’istanza disospensione, rimette la causa al giudice del lavoro per la decisionecon il rito del lavoro. Si riteneva che, in caso di opposizione agliatti esecutivi, il giudice dell’esecuzione dovesse trattenere lacausa per la decisione, non potendo tale opposizione essere ritenutacontroversia di lavoro. La nuova formulazione del comma 2 dell’art.618bis (come modificato dalla L. 24 febbraio 2006, n. 52) secondo laquale resta ferma la competenza del giudice dell’esecuzione non solonei casi di opposizioni all’esecuzione, ma anche in quelli diopposizione agli atti esecutivi successive all’inizio dell’esecuzionenei limiti dei provvedimenti assunti con ordinanza, induce tuttavia aritenere che la competenza funzionale del G.E. sia limitata ai soliprovvedimenti indilazionabili o di sospensione dell’esecuzione perpoi proseguire dinanzi al Giudice del Lavoro con l’applicazione delrito speciale del lavoro.

LE OPPOSIZIONI DI TERZOLe opposizioni di terzo possono essere proposte dal terzo che«pretende avere la proprietà o altro diritto reale sui benipignorati» (art. 619). Attesa la dizione della legge, che, facendo espresso riferimento allasola espropriazione, non sembra lasciare margine per l’applicazione

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di tale rimedio a fenomeni analoghi, si è discusso in ordine allaproponibilità della opposizione di terzo nell’esecuzione per consegnao rilascio ed in quella di obblighi di fare e di non fare. Una partedella dottrina e della giurisprudenza ritiene che tale opposizionepossa essere utilizzata anche a tutela di diritti di credito delterzo che rimarrebbero travolti dal pignoramento. La domanda di opposizione ex art. 619 dà vita ad un ordinario giudiziodi cognizione, autonomo rispetto all’esecuzione nella quale siinserisce, in cui l’onere di provare la titolarità del diritto delterzo opponente di sottrarre il bene pignorato all’esecuzione attieneal fatto costitutivo della pretesa, ed è quindi a carico dell’attore. Le singole fattispecie: Il diritto che il terzo può vantare puòconsistere:

nella piena proprietà del bene: si tratta dell’ipotesi piùricorrente; anche il condomino può far valere il suo diritto dicomproprietà, e può ottenere la separazione della sua quota innatura;

in un diritto reale di godimento su cosa altrui: usufrutto, uso,abitazione, servitù etc.;

nel diritto di pegno: il creditore pignoratizio, infatti, puòtutelare il suo diritto nei confronti del pignorante;

in un diritto su cose incorporali: es. diritto alla immagine, alnome commerciale, all’insegna, al marchio etc.;

nel possesso: es. opposizione di un terzo, che voglia impedirel’affidamento della cosa ad un custode etc.

Si dubita, invece, se possa proporre opposizione il terzo titolare didiritti quali la ritenzione ed il privilegio, di cui si contesta lanatura reale. Legittimazione e termini: Legittimati attivamente all’opposizione inesame sono i terzi che vantino proprietà o altri diritti reali suibeni. L’art. 622 negava la legittimazione attiva alla moglie convivente coldebitore. relativamente al beni mobili pignorati nella casa di lui:tale norma è stata dichiarata incostituzionale con sentenza n. 143del 15-12-1967, in quanto contraria al principio costituzionale dellauguaglianza giuridica dei coniugi. L’opposizione della moglie, che èconseguentemente divenuta proponibile, va assimilata alla opposizionedi qualsiasi altro terzo, Legittimati passivamente sono:

il creditore pignorante o procedente; il debitore o il terzo assoggettato all’esecuzione.

L’opposizione di terzo crea un litisconsorzio necessario fra terzoopponente, creditore procedente e debitore esecutato, il quale deveessere chiamato a partecipare al giudizio fin dall’inizio, L’opposizione di terzo può essere proposta dal momento in cui il beneviene colpito dall’azione esecutiva. Ciò avviene:

1. nel caso di espropriazione forzata, con il pignoramento;

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2. negli altri casi di esecuzione diretta, in cui manca ilpignoramento, con il primo atto che segna l’iniziodell’esecuzione.

Per quanto concerne il termine finale per la proponibilitàdell’opposizione di terzo, occorre distinguere fra opposizionetempestiva ed opposizione tardiva. L’opposizione è tempestiva, se proposta prima della vendita odell’assegnazione: essa può proporsi fino al momento in cui lavendita (o l’assegnazione) è compiuta e perfetta, cioè fino altrasferimento del bene. È tardiva se proposta successivamente; in tal caso, i diritti delterzo potranno farsi valere sulla somma ricavata, fino a che la sommastessa non sia stata distribuita tra i creditori (art. 620). Tuttavia: a) se la cosa mobile è stata acquistata in malafede, il terzo puòperseguirla anche di fronte all’acquirente con azione autonoma;

b) se si tratta di beni immobili, il terzo proprietario può semprerivendicare il bene nei confronti dell’aggiudicatario (art. 2921c.c.);

c) se la cosa mobile è stata assegnata, il terzo può, entro 60giorni, rivolgersi all’assegnatario in buona fede per ripetere lasomma corrispondente al suo credito soddisfatto con l’assegnazione(art. 2926 c.c.).

Il procedimento: L’opposizione di terzo, fatte salve le ipotesipreviste dagli artt. 502 e 603, presuppone l’avvenuto iniziodell’esecuzione, in quanto solo col pignoramento si concretizza l’in-teresse a non vedere pregiudicato un proprio diritto in conseguenzadi una procedura esecutiva che si deve svolgere inter alios. Pertanto, il procedimento inizia con un ricorso presentatodall’opponente al giudice dell’esecuzione, il quale con decreto fissal’udienza di comparizione delle parti ed il termine perentorio per lanotificazione del ricorso e del decreto, nonché, con o senzacauzione, può inaudita altera parte (625 co. 2) sospenderel’intrapresa esecuzione. Il novellato art. 185 disp. att. richiama per l’udienza dicomparizione dinanzi al giudice dell’esecuzione, l’applicazione dellenorme del procedimento camerale di cui agli artt. 737 e seguenti delcodice di rito. Il procedimento si svolgerà successivamente secondogli artt. 175 e seguenti c.p.c. (contra Capponi il quale ritiene chela procedura semplificata si applica all’intero giudizio diopposizione). All’udienza di comparizione il giudice dell’esecuzione, sentite leparti, può confermare, modificare o revocare l’eventualeprovvedimento di sospensione reso con decreto e/o può disporre lasospensione dell’esecuzione. Dal 1° marzo 2006 l’ordinanza cheprovvede sull’istanza di sospensione è reclamabile ai sensi dell’art.669terdecies (art. 624 comma 2).

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Nei casi di sospensione del processo disposta ai sensi del primocomma e non reclamata, nonché disposta o confermata in sede direclamo, il giudice che ha disposto la sospensione dichiara conordinanza non impugnabile l’estinzione del pignoramento, previaeventuale imposizione di cauzione e con salvezza degli atti compiuti,su istanza dell’opponente alternativa all’instaurazione del giudiziodi merito sull’opposizione, fermo restando in tal caso il suopossibile promovimento da parte di ogni altro interessato; l’autoritàdell’ordinanza di estinzione pronunciata ai sensi del presente commanon è invocabile in un diverso processo (cfr. amplius la voceopposizione all’esecuzione). In base al modificato art. 619 comma 3, se all’udienza le partiraggiungono un accordo, il giudice ne dà atto con ordinanza adottandoogni altra decisione idonea ad assicurare, se del caso, laprosecuzione del processo esecutivo ovvero ad estinguere il processostatuendo, altresì, in questo caso anche sulle spese; altrimenti ilgiudice provvede ai sensi dell’art. 616 tenuto conto della competenzaper valore, cioè rimettendo la causa al giudice competente pervalore, ove esso sia il giudice di pace; invero, il valore dellecause di opposizione di terzi all’esecuzione si determina, ai sensidell’art. 17, comma 2, in base al valore dei beni controversi. Per quanto riguarda l’istruzione, l’art. 621, al fine di evitarecollusioni fra il debitore esecutato ed il terzo opponente, pone unanotevole limitazione probatoria: esso, infatti, stabilisce che ilterzo opponente non può provare con testimoni il suo diritto sui benimobili pignorati nella casa o nell’azienda del debitore, tranne chel’esistenza del diritto stesso sia resa verosimile dalla professioneo dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore. Il processo si conclude poi con sentenza non impugnabile (posto cheil riformato art. 619 comma 3 richiama il procedimento di cuiall’art. 616), se non con il ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost.per tutti i motivi di cui all’art. 360 (art. 360 ult. co. come daultimo novellato). Anche in questa sede va tuttavia ricordato che lalegge 18-6-2009, n. 69 ha modificato l’art. 616, introducendonuovamente la possibilità di impugnare mediante appello le sentenzeconclusive del giudizio di opposizione all’esecuzione; ne consegueche, anche nei procedimenti relativi alle opposizioni proposte dalterzo, le relative sentenze sono appellabili e non solo ricorribiliper cassazione. Qualora l’opposizione venga accolta, deve distinguersi il caso in cuiessa riguardi tutti i beni, da quello in cui, invece, riguardi soloalcuni beni:

nel primo caso, l’effetto dell’accoglimento è l’arrestodefinitivo dell’esecuzione, con la caducazione di tutti gli attiesecutivi compiuti:

nel secondo caso, si procede alla separazione dell’oggetto (odegli oggetti) su cui è accertato il diritto del terzo, mentre

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l’esecuzione prosegue per gli altri beni. LA SOSPENSIONE DEL PROCESSO ESECUTIVO

La sospensione consiste in un arresto dello svolgimento del processoesecutivo. Nell’ambito del processo esecutivo il fondamento dellasospensione risulta diverso rispetto a quello della sospensione delprocesso di cognizione. Infatti, nel processo esecutivo, la sospensione è posta in relazioneesclusivamente agli incidenti (opposizioni) sorti nel corso delprocesso, sicché si presenta come un problema di mera opportunità inordine alla prosecuzione del processo, in relazione alla più o menoprobabile fondatezza dell’opposizione. Di qui, la ragione delladiscrezionalità del giudice nel provvedere o meno alla sospensione. Una lacuna di tutela della posizione del debitore si era evidenziatanel corso degli anni, per l’ipotesi in cui, intimato il precetto, ildebitore, dolendosi dell’illegittimità della minacciata esecuzione,intendesse bloccarla sul nascere, evitando quindi il suo stessoinizio. Le ragioni di tale esigenza erano evidenti nei casi di esecuzione perrilascio, nei quali, secondo la tesi affermatasi prima della modificadell’art. 608 ad opera del D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005,l’esecuzione iniziava con l’accesso dell’ufficiale giudiziario. Intal caso l’occupante dell’immobile correva il concreto rischio cheogni questione poteva essere portata all’attenzione del giudiceallorché l’esecuzione stessa si era già consumata. Inoltre, inmateria di esecuzioni in forma generica, nel mondo imprenditorialeanche la mera esecuzione di un pignoramento può costituire un gravediscredito all’immagine commerciale, con gravi ripercussioni nellerelazioni con altri imprenditori o con il ceto bancario. Il nuovo art. 615 (come modificato dal D.L. 35/2005, conv. in L.80/2005), colmando una lacuna alla quale la giurisprudenza aveva giàtentato di porre rimedio mediante il ricorso alla tutela ex art. 700,prevede espressamente che anche in caso di opposizione a precetto ilgiudice, concorrendo gravi motivi, e su istanza di parte, possasospendere l’efficacia esecutiva del titolo, inibendo lo stessoinizio dell’esecuzione. Nel processo esecutivo non si hanno casi di interruzione, perchéstante il limitato contraddittorio non hanno rilievo gli eventiinterruttivi del processo di cognizione. Il processo esecutivo può essere sospeso: a) nel caso di opposizione a precetto, di opposizioneall’esecuzione, di terzo all’esecuzione e di opposizione agli attiesecutivi (art. 618 comma 2 come da ultimo novellato dalla L. 24febbraio 2006, n. 52); in quest’ultima ipotesi invece la leggeprevedeva in precedenza soltanto che il giudice desse, nei casiurgenti, i provvedimenti opportuni;

b) nel caso di contestazione circa l’esistenza di mobili presso ilterzo o l’appartenenza dei beni che si intendono pignorare (artt.

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548-549); c) nel caso in cui si debba procedere alla divisione del bene,nell’espropriazione di beni indivisi (art. 601);

d) nel caso di accordo delle parti e concorde richiesta (sospensioneconcordata): si tratta di un caso non previsto dalla legge, maammesso dalla dottrina in applicazione analogica dell’art. 296,che il D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005 ha codificato mediantel’introduzione dell’art. 624bis, il quale difatti prevede lapossibilità per il giudice di sospendere il processo esecutivo peruna sola volta, su istanza concorde di tutti i creditori muniti dititolo, sentito il debitore e per una durata non superiore aventiquattro mesi. Dieci giorni prima della scadenza del terminela parte interessata deve presentare istanza per la fissazionedell’udienza di prosecuzione.

Ai sensi dell’art. 623, l’esecuzione forzata non può essere sospesache con provvedimento del giudice dell’esecuzione, salvo che lasospensione sia disposta dalla legge o dal giudice davanti al quale èimpugnato il titolo esecutivo (es.: art. 283; art. 373; art. 401;art. 407). La sospensione è sempre facoltativa: in precedenza l’unico casoobbligatorio era quello per le opposizioni nel procedimento didistribuzione della somma, ex art. 512 c.p.c. L’istanza disospensione è presentata in forma di ricorso, anche verbalmente. La sospensione è disposta con ordinanza, dopo l’audizione delle partiinteressate. Nei casi urgenti, tuttavia, il giudice può disporre lasospensione con decreto, sulla base della semplice istanza; con lostesso decreto egli fissa l’udienza per la comparizione delle parti,nella quale può confermare, modificare o revocare il provvedimentoadottato. La riforma del 2005 (in vigore dal 1° marzo 2006), prendendo attodella tesi prevalente in dottrina che assegnava alla sospensione delprocesso esecutivo natura cautelare, ha ritenuto di prevedere comerimedio nei confronti di tale provvedimento il reclamo di cuiall’art. 669terdecies, laddove in passato la giurisprudenza avevasostenuto l’opponibilità ex art. 617. La soluzione è indubbiamenteispirata ad un principio di economia dei mezzi giuridici, in quantoil reclamo si caratterizza per la sua rapidità e snellezza, adifferenza dell’opposizione agli atti che costituisce un vero eproprio giudizio di cognizione, suscettibile di portare la questionesino all’esame della Corte di Cassazione. Poiché la previsione dellareclamabilità è contenuta nell’art. 624, ove si fa menzione solodell’opposizione all’esecuzione e dell’opposizione di terzo, sipotrebbe dubitare circa la reclamabilità dei provvedimenti opportunidi cui all’art. 618, i quali ben potrebbero coincidere anche con lasospensione. Appare tuttavia preferibile la tesi che ritieneestensibile il reclamo anche a questi provvedimenti, venendosialtrimenti a creare un’ingiustificata disparità di trattamento tra

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ipotesi sostanzialmente assimilabili. Quando il processo è sospeso nessun atto può essere compiuto, salvodiversa disposizione del giudice dell’esecuzione (art. 626). Cessata la causa di sospensione, il processo deve essere riassuntocon ricorso (art. 627) nel termine perentorio fissato dal giudice e,in ogni caso, non oltre sei mesi dal passaggio in giudicato dellasentenza di primo grado o dalla comunicazione della sentenza diappello che rigetta l’opposizione.

L’ESTINZIONE DEL PROCESSO ESECUTIVOIl caso normale di estinzione del processo esecutivo coincide con ilraggiungimento del suo scopo, ossia con il compimento dell’attofinale di soddisfacimento del diritto del creditore. Tuttavia, sonoprevisti dalla legge anche dei modi anormali di estinzione. Essisono: A) La rinuncia: Il processo si estingue se, prima dell’aggiudicazione

o dell’assegnazione, il creditore pignorante e quelli intervenuti(se muniti di titolo esecutivo) rinunciano personalmente agliatti. Dopo la vendita, il processo si estingue se rinunciano agli attitutti i creditori concorrenti, siano o non siano muniti di titoloesecutivo. Non è necessaria l’accettazione del debitore escusso. In caso di mancata adesione alla rinunzia da parte di qualchecreditore, il processo non si estingue, ma la rinunzia opera neiriguardi dei creditori che l’hanno fatta.

B) L’inattività delle parti: Oltre che nei casi espressamenteprevisti dalla legge, il processo esecutivo si estingue quando leparti non lo proseguono o non lo riassumono nel termine perentoriostabilito dalla legge o dal giudice; l’estinzione opera didiritto, ma per essere efficace deve essere eccepita dalla parteinteressata prima di ogni altra difesa. Invero, l’art. 49 della legge 18-6-2009, n. 69 ha sostituito ilsecondo comma dell’art. 630, stabilendo - una falsariga di quantodisposto in linea generale dal modificato art. 307 - che]’estinzione opera di diritto ed è dichiarata, anche d’ufficio, conordinanza dal giudice dell’esecuzione, non oltre la prima udienzasuccessiva al verificarsi della stessa. Dunque, affinchél’estinzione possa produrre effetti, non è più necessaria l’ec-cezione di parte; è indispensabile, tuttavia, che il giudice larilevi nel momento processuale immediatamente successivo al suoverificarsi. altrimenti la dichiarazione deve ritenersi preclusa. L’estinzione è dichiarata con ordinanza del giudicedell’esecuzione. Contro di essa è ammesso reclamo al Collegio, conl’osservanza delle forme di cui all’art. 178, sul quale ilCollegio provvede in camera di consiglio con sentenza. L’unicamodifica apportata dal D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005 consistenell’espressa previsione che anche il debitore possa proporrereclamo (verosimilmente contro l’ordinanza che ligetti la sua

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eccezione di estinzione) e nell’ampliamento del termine per lapresentazione, portato dai dieci giorni originari a venti giornidall’udienza o dalla comunicazione dell’ordinanza. La Corte costituzionale, con sentenza 17 -12-1981, n. 195, hadichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 630 ult. co.,«nella parte in cui non estende, in relazione all’art. 629, ilreclamo all’ordinanza del giudice dell’esecuzione dichiarativadell’estinzione del processo esecutivo per rinuncia agli atti». Infine, il riferimento al collegio, rimasto nella formulazionedell’art. 630 anche dopo l’emanazione del D.Lgs. 19-2-1998, n. 51in tema di giudice unico, si spiega perché la decisione deveessere presa in camera di consiglio che l’art. 50bis prevede trale ipotesi di riserva di collegialità.

C) Mancata comparizione all’udienza (art. 631): È una situazioneanaloga a quella prevista dal combinato disposto degli artt. 181 e309 per il processo di cognizione. Se nel corso del processo di esecuzione nessuna delle parti sipresenta all’udienza (fatta eccezione per quella in cui ha luogola vendita), il giudice dell’esecuzione fissa un’udienzasuccessiva di cui il cancelliere dà comunicazione alle parti.Se nessuna delle parti si presenta alla nuova udienza, il giudicedichiara con ordinanza l’estinzione del processo esecutivo.

Altri casi di estinzione, oltre a quelli espressamente previstidal Codice, sono:

raccoglimento della opposizione alla esecuzione; il venir meno del titolo esecutivo; il venir meno dei beni oggetto della espropriazione.

Gli effetti dell’estinzione sono previsti dall’art. 632: se l’estinzione si verifica prima dell’aggiudicazione o

assegnazione, essa rende inefficaci gli atti compiuti; se si verifica dopo, la somma ricavata è consegnata al debitore:

ciò vuol dire che conservano la loro efficacia la vendita conincanto e rassegnazione.

Se, al momento dell’estinzione del processo esecutivo, pendonoopposizioni, occorre distinguere:

se si tratta di opposizione agli atti esecutivi, il giudizio nonha più la materia del contendere;

se si tratta di opposizione all’esecuzione, questa continuaautonomamente, investendo tale giudizio i rapporti tra creditore,debitore ed eventualmente un terzo.

Avvenuta l’estinzione del processo, il custode deve rendere Il contoal debitore: il conto è chiuso davanti al giudice dell’esecuzione. Le spese del processo estinto rimangono a carico di chi le haanticipate. Mette conto, infine, evidenziare che un’ altra particolare ipotesi diestinzione - del pignoramento - è stata poi introdotta dalla L. 24febbraio 2006, n. 52 (in vigore dal l° marzo 2006) che ha aggiunto un

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terzo ed un quarto comma all’art. 624. Invero, in caso di esito positivo dell’istanza di sospensiva propostanell’ambito di un giudizio di opposizione all’esecuzione o di terzo -anche se disposta ovvero confermata in sede di reclamo -,all’opponente è data la scelta tra la facoltà di procedere all’in-staurazione del giudizio di merito ex art. 616 e quella di chiederel’estinzione del pignoramento. Si tratta di una facoltà alternativa,da esercitarsi entro un termine non indicato dall’art. 624 co. 3, madesumibile dall’art. 616, laddove esso fa riferimento ad un termineperentorio fissato dal giudice entro cui il giudizio di merito variassunto. L’estinzione del pignoramento, da dichiararsi conordinanza non impugnabile, previa eventuale imposizione di cauzione econ salvezza degli atti compiuti, sottintende sia pure in modoatecnico - la declaratoria di inefficacia dello stesso pignoramento,con ordine di cancellazione della eventuale relativa trascrizione.Essa, peraltro, non è invocabile in diverso processo, di modo che èda ritenersi che l’ordinanza di estinzione del pignoramento non possafar stato in un’eventuale successivo giudizio di opposizioneall’esecuzione intrapreso a seguito di novello pignoramento, in alcunguisa in radice inibito (questo) dalla pronuncia di siffattaordinanza. Infatti, l’effetto di espungere definitivamente dal mondogiuridico il titolo esecutivo opposto, in relazione al quale è statapronunciata l’ordinanza di sospensione dell’intrapresa esecuzione,può aversi solo a seguito dell’esito favorevole per l’opponente delgiudizio di merito intrapreso ai sensi e per gli effetti dell’art.616. La suddetta facoltà di scelta riconosciuta dal legislatoreall’opponente vittorioso all’esito della udienza camerale ex art. 185disp att. non è in rapporto di pregiudizialità-dipendenza con laopzione processuale prescelta dall’opposto, il quale, infatti,riassumendo egli il giudizio di merito, non può impedire comunque lapronuncia dell’ordinanza di estinzione del pignoramento richiestadall’opponente, nei cui confronti, si rammenta, rimangono, appunto,salvi gli atti compiuti, quali ad esempio notifica del titolo e delprecetto, nonché può essere disposta, anche severa, cauzione. L’art. 49 della legge 18-6-2009, n. 69 ha tuttavia sostituito ilterzo ed il quarto comma dell’art. 624. Ed infatti, la novella haprevisto che il giudice dell’esecuzione dichiara con ordinanza, anched’ufficio, l’estinzione del processo esecutivo (e non già, quindi,del solo pignoramento), a condizione che ricorrano due presupposti:l) in primo luogo, è necessario che la sospensione sia disposta dalgiudice dell’opposizione e che l’ordinanza non sia reclamata (ovveroil reclamo sia stato respinto); 2) inoltre, è necessario che ilgiudizio di merito non sia stato introdotto nel termine perentoriostabilito dal giudice ai sensi dell’art. 616. L’ordinanza chedichiara l’estinzione del processo esecutivo contiene anche l’ordinedi cancellare la trascrizione del pignoramento e provvede sulle

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spese; essa è reclamabile dinnanzi al collegio ai sensi dell’art.630.

I PROCEDIMENTI SPECIALII procedimenti speciali sono caratterizzati dalle notevoli differenzeche essi presentano, sia nei presupposti che nello svolgimento,rispetto all’ordinario processo di cognizione. I procedimentispeciali sono riuniti e disciplinati per la maggior parte nel LibroIV del codice di procedura civile, agli artt. 633 e ss., ed in partein leggi speciali o nel codice civile. 1) I Procedimenti speciali: Sono dei normali processi di cognizione,caratterizzati o dal fatto che in essi la cognizione, almeno nellafase iniziale, è sommaria (perché superficiale ovvero parziale)ovvero dal fatto che riguardano speciali situazioni sostanziali. Appartengono al primo gruppo, che viene anche definito come quellodegli accertamenti con prevalente funzione esecutiva:

a) i procedimenti per ingiunzione; b) i procedimenti per convalida di sfratto;

ed al secondo gruppo: c) separazione e divorzio; d) interdizione o inabilitazione; e) assenza o morte presunta; f) giudizio di divisione; g) processo del lavoro.

Nell’ambito dei procedimenti speciali a cognizione sommaria rientra,inoltre, il procedimento sommario di cognizione disciplinato dagliartt. 702bis e ss., introdotti dall’art. 51 della legge n. 69/2009.Riservando al prosieguo il più approfondito esame dell’istituto, inquesta sede è il caso di rilevare che J’ ambito di applicazione delprocedimento è generalizzato - non è limitato, cioè, a specifichesituazioni sostanziali - ma si estende a tutte le controversie nellequali il tribunale è chiamato a giudicare in composizione monocratica(e dunque, a seguito dell’istituzione del giudice unico di primogrado, la maggior parte delle cause di competenza del tribunale).Esso, pertanto, appartiene al primo dei due gruppi di procedimentispeciali sopra delineati. 2) I procedimenti cautelari : Divergono in maniera ancora piùprofonda dalla cognizione ordinaria e sono anch’ essi caratterizzatidalla sommarietà. La peculiarità di tali procedimenti sta nel fattoche essi sono diretti a garantire l’efficace svolgimento ed ilproficuo risultato dei procedimenti di cognizione ordinaria e diquelli esecutivi. In questi casi, dunque, la sommarietàdell’accertamento è funzionale alla natura del provvedimentoconclusivo, che è provvisorio (cioè destinato ad essere assorbitonella decisione conclusiva del procedimento a cognizione piena) estrumentale (cioè volto ad evitare che la durata del processoordinario possa pregiudicare la soddisfazione del dirittocontroverso), e, quindi, inidoneo al passaggio in giudicato. Essi

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sono: a) sequestri; b) denunce di nuova opera e danno temuto; c) procedimenti possessori; d) provvedimenti d’urgenza; e) procedimenti d’istruzione preventiva.

3) I procedimenti in camera di consiglio : Secondo l’opinione ormaiprevalente, i procedimenti camerati sono quei procedimenti mediante iquali viene esercitata la cd. «volontaria giurisdizione», in quantonon vi è una controversia da risolvere, ma un negozio o un affare dagestire che, per svariati motivi, richiede l’intervento partecipativodi un terzo estraneo ed imparziale. In tali atti la volontà delgiudice si affianca a quella del soggetto privato, consentendone laformazione. I principali procedimenti in camera di consigliosono:

1. la nomina del curatore dello scomparso; 2. i provvedimenti relativi a minori e incapaci; 3. i provvedimenti per l’apertura di successioni; 4. apposizione e rimozione dei sigilli; 5. formazione dell’inventario.

4) Gli altri procedimenti speciali: In tale categoria vengonoconsiderati tutti gli altri procedimenti speciali, diversi da quelliprecedenti, ma che non è possibile raggruppare sulla base di una notacomune. I principali di essi sono:

1. il riconoscimento di provvedimenti giurisdizionali stranieri; 2. l’arbitrato.

I L PROCEDIMENTO DI INGIUNZIONE Il procedimento di ingiunzione (artt. 633 e ss.) è una forma specialee abbreviata del normale processo di condanna, dal quale differiscenon per la funzione ma soltanto per la struttura, perchéall’accertamento contenzioso è sostituita una cognizione sommaria,inizialmente senza contraddittorio, con la quale si giunge a undecreto di condanna. Contro tale decreto il debitore può fareopposizione, instaurando un giudizio a cognizione piena che si svolgecon tutte le garanzie del contraddittorio. Proprio perché è rimessoall’iniziativa di colui che riceve il decreto di condanna, ilgiudizio a cognizione piena è differito ed eventuale. Il procedimentod’ingiunzione - che appartiene alla categoria dei procedimentispeciali a contraddittorio eventualmente differito - è, dunque,diretto a far conseguire, al creditore che se ne avvalga, unapronuncia di condanna in forme più agili e spedite rispetto a quelletipiche della cognizione ordinaria. La dottrina tradizionale lo recupera agli accertamenti con prevalentefunzione esecutiva (CHIOVENDA, CALAMANDREI, MANDRIOLl),strutturalmente caratterizzati dal fine di conseguire il titolo

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legittimante l’esecuzione mediante una cognizione sommaria osuperficiale, allo scopo di ottenere in determinati casi la rapidaformazione di un titolo esecutivo. La caratteristica strutturale del contraddittorio differito edeventuale ha fatto dubitare della legittimità costituzionale, conriferimento agli artt. 3 e 24 Cost. La Corte Cost. ha ritenuto che il differimento del contraddittorionon costituisse né implicasse un diniego di difesa per il debitoreingiunto, il quale, attesa l’unitarietà dell’azione monitoria,avrebbe avuto, comunque, facoltà di provocare un giudizio successivo,in cui la decisione si sarebbe modellata sui canoni probatori dellacognizione ordinaria. La compatibilità tra il contraddittorio cd. differito ed i principicostituzionali è stata ritenuta pacifica in dottrina (R. CONTE). Altro sospetto di illegittimità costituzionale si è profilato conriferimento all’art. 111 Cost., che prevede la motivazione per tuttii provvedimenti a contenuto decisorio. Il problema è stato affrontatodalla giurisprudenza che ha fatto intendere come il profilomotivazionale del provvedimento a contenuto decisorio fossesoddisfatto anche con un richiamo conciso o per relationem ai motividel ricorso, risultando differita alla sentenza che chiude il giudizio diopposizione eventuale, una più ampia ed articolata argomentazionesulle ragioni dei contendenti. Ancora in relazione all’art. 111 Cost. non è mancata l’opinione dichi (PROTO PISANI) ha dubitato della compatibilità costituzionale delprocedimento, in relazione ai canoni di imparzialità e terzietà,scritti in quella disposizione, risultando identico il giudicechiamato ad emettere l’ingiunzione e quello che decide il temacontroverso, eventualmente devoluto con l’opposizione. Sul punto la giurisprudenza costituzionale aveva già avuto modo diosservare come l’emissione del decreto ingiuntivo non incrini ilvalore di terzietà ed imparzialità del giudice, poiché l’emissionedel decreto stesso non segna l’esaurimento di una procedura el’inizio di un’altra sullo stesso oggetto. In realtà il procedimentoresta unitario e non individua diversi gradi di giudizio innanzi allostesso giudice. Piuttosto esso si snoda in due momenti funzionalidistinti, che vivono in uno stesso grado. La competenza ad emanare il decreto appartiene al Giudice di pace oal Tribunale in composizione monocratica che sarebbe competente invia ordinaria, ai sensi del nuovo testo dell’art. 637, cosìmodificato dal D.Lgs. 51/98 istitutivo del giudice unico di primogrado. Infatti, tale decreto ha disposto la soppressione della figuradel Pretore ed il trasferimento delle relative competenze alTribunale, che decide in composizione monocratica, salvi i casitassativamente indicati nell’art. 50bis. L’art. 186ter, introdotto dalla L. 26-11-1990 n. 353 (in vigore dal

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1-1-1993), ha esteso lo schema del procedimento di ingiunzione atutti i giudizi di cognizione instaurati nelle forme ordinarie:infatti, tale norma prevede la possibilità che, in corso di causa efino al momento della precisazione delle conclusioni, il giudice, suistanza di parte, pronunci con ordinanza un’ingiunzione di pagamentoo di consegna, quando sussistono i presupposti previsti dall’art. 633per l’emanazione del decreto ingiuntivo.

Tra tale istituto e il procedimento per ingiunzione sussistono,però, delle differenze. In particolare: l’ordinanza ex art.186ter non può essere emessa nei casi di cui all’art. 633, co. 1nn. 2 e 3 (crediti per prestazioni professionali) e 635( crediti della P.A.);

l’ordinanza è, al contrario del decreto ingiuntivo, modificabileo revocabile dal giudice che la ha emanata.

Condizioni di ammissibilità: Può ottenere un DECRETO INGIUNTIVO (art. 633):

1. chi è creditore di una somma di danaro liquida, o di unadeterminata quantità di cose fungibili. È liquido il credito predeterminato nell’ammontare, senza che sidebba procedere a calcoli o aggiunte se non meramentestrumentali;

2. chi ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata: 3. gli avvocati, i cancellieri, gli ufficiali giudiziari e chiunque

abbia prestato la sua opera in occasione di un processo, per ilpagamento di onorari dovuti per le loro prestazioni giudiziali;

4. i notai ed altri esercenti una libera professione o arte per laquale esiste una tariffa legalmente approvata, per onorari orimborsi di spese.

La PROVA che il creditore deve fornire in ordine alla esistenza delsuo diritto è una prova scritta. In particolare, secondo gli artt.634, 635 e 636, sono prove scritte idonee: le polizze e promesseunilaterali per scrittura privata e i telegrammi, anche se mancantidei requisiti prescritti dal codice civile. Per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di danaro nonchéper prestazioni di servizi (previsione aggiunta dalla L. 534/95)fatte da imprenditori che esercitano un’attività commerciale, anche apersone che non esercitano tale attività, sono altresì prove scritteidonee gli estratti autentici delle scritture contabili di cui agliartt. 2214 e ss. c.c., purché bollate e vidimate nelle forme di leggee regolarmente tenute, nonché gli estratti autentici delle scritturecontabili prescritte dalle leggi tributarie, quando siano tenute conl’osservanza delle norme stabilite per tali scritture. Costituisceprova scritta anche la parcella delle spese e prestazionisottoscritta dal ricorrente e corredata dal parere della competenteassociazione professionale. Per i crediti dello Stato o di enti oistituti soggetti a tutela o vigilanza dello Stato, ai sensidell’alt. 635, sono prove idonee anche i libri o registri

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dell’amministrazione, previa attestazione della regolare tenuta adopera di un competente funzionario. La nozione di prova scritta, che viene in rilievo ai finidell’emanazione del decreto ingiuntivo, è più ampia di quella che siricava dalla disciplina dettata per il processo di cognizione.All’uopo, la prova richiesta dalla legge, in ordine ai fattigiuridici costitutivi di un diritto di credito, è ciò che può trarsida qualsiasi documento meritevole di fede quanto ad autenticità (es.:copie di libri contabili, dichiarazione scritta proveniente da unterzo etc.). L’ingiunzione può essere pronunciata anche se il diritto dipende dauna controprestazione o da una condizione, purché il ricorrente offraelementi idonei a far presumere l’adempimento della controprestazioneo l’avveramento della condizione. Occorre, infine, rilevare che il codice vietava, all’art. 633, ult.co., la pronuncia della ingiunzione se la notifica doveva avvenireall’estero. Il D.Lgs. 9-10-2002, n. 231, che disciplina i pagamentieffettuati a titolo di corrispettivo per una transazione commerciale,nella più ampia disciplina relativa alla lotta ai ritardi dipagamento, appunto, nelle transazioni commerciali, ha abrogato dettocomma. Conseguentemente, il D.Lgs. 231/02 ha modificato anche l’art. 641(nella parte relativa ai termini per l’opposizione per l’intimatoresidente all’estero) e l’art. 648 prevedendo in particolare lapossibilità che il giudice conceda l’esecuzione parziale del decretoimpugnato limitatamente alle somme non contestate. L’atto introduttivo: La domanda d’ingiunzione si propone con ricorso,il quale, oltre i requisiti generali di ogni atto di parte indicatinell’art. 125, deve contenere:

l’indicazione delle prove che si producono (il titolo); l’indicazione del procuratore del ricorrente, oppure, quando è

ammessa la costituzione di persona, la dichiarazione diresidenza o l’elezione di domicilio nel Comune dove ha sede ilgiudice adito; in mancanza, le notificazioni possono esserefatte presso la cancelleria;

se la domanda riguarda la consegna di cose fungibili, essa devecontenere anche la dichiarazione della somma di danaro che ilricorrente è disposto ad accettare in mancanza della prestazionein natura, a definitiva liberazione dell’altra parte.

Il procedimento: Il ricorso va depositato in cancelleria insieme coni documenti che si allegano. Il giudice emette, quindi, la decisionesulla base delle prove documentali fornite inaudita altera parte. AIriguardo, possono verificarsi due ipotesi: a) Rigetto della domanda (art. 640):Se il giudice ritiene non sufficientemente giustificata la domanda,dispone che il cancelliere ne dia notizia al ricorrente,invitandolo a provvedere alla prova. Se il ricorrente non vi

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provvede o, comunque, se la domanda non è accoglibile, il giudice -ove il ricorso non venga ritirato - lo rigetta con decretomotivato. Il decreto di rigetto non pregiudica, però, lapossibilità di riproporre la domanda, in via ingiuntiva o in viaordinaria; infatti, essendo stato pronunciato senzacontraddittorio, il decreto non dà luogo al giudicato e non èimpugnabile, nemmeno per Cassazione ex art. 111 Cost. In dottrinataluno ha ritenuto impugnabile il decreto di rigetto con ilregolamento di competenza (SATTA). La giurisprudenza di legittimitàha espresso avviso contrario assumendo che l’eventuale regolamentoproposto d’ufficio deve essere dichiarato inammissibile (Cass. ord.29-9-2005, n.19130). Contrariamente si è ritenuto che, a seguito didecreto di rigetto del ricorso per decreto ingiuntivo, ciascunadelle parti possa proporre regolamento preventivo di giurisdizione,là dove constino ragionevoli dubbi sui limiti esterni dellagiurisdizione del giudice adito (Cass. S.U. ord. 14-1-2005, n.603).

b) Accoglimento della domanda (art. 641):Se esistono le condizioni previste dall’art. 633 e, quindi, ilricorso è accoglibile, il giudice pronuncia decreto motivato colquale ingiunge all’altra parte di pagare la somma o di consegnarela cosa o la quantità di cose richieste, nel termine di 40 giorni,con l’avvertimento espresso che nello stesso termine può esserefatta opposizione e che, in mancanza di questa, si procederà adesecuzione forzata. Il termine di 40 giorni ha carattere perentorio, per cui, una voltascaduto, è preclusa al debitore la facoltà di proporre opposizione.Esso può essere anche ridotto fino a 10 giorni oppure aumentatofino a 60, quando concorrono giusti motivi. Se l’intimato risiede in uno Stato dell’Unione Europea, il termineè di 50 giorni, riducibile a 20 giorni; se risiede in altri Stati,il termine è di 60 giorni, riducibile a 30 o aumentabile a 120giorni (art. 641, co. 2, come modificato dal D.Lgs. 9-102002, n.231). Tuttavia, il termine per il pagamento o per la consegna non vienesempre concesso al debitore, in quanto il giudice, su istanza delricorrente, può ingiungere al debitore di pagare o consegnare senzadilazione, autorizzando in mancanza l’esecuzione provvisoria deldecreto, nei seguenti casi (art. 642):

se il credito è fondato su cambiale, assegno bancario ocircolare, su certificato di borsa o su atto ricevuto danotaio o da altro pubblico ufficiale (art. 642 co. l);

se vi è pericolo di grave pregiudizio nel ritardo ovvero se ilricorrente produce documentazione sottoscritta dal debitore,comprovante il diritto fatto valere (questa secondafattispecie si applica ai ricorsi per decreto ingiuntivodepositati a partire dal l° marzo 2006) (art. 642 co. 2).

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Va, comunque, precisato che mentre nelle ipotesi di cui al comma 1il giudice deve sempre autorizzare la esecuzione provvisoria deldecreto, nei casi di cui al comma 2 può esercitare facoltativamentetale potere, potendo anche imporre al ricorrente una cauzione. Il termine viene comunque sempre fissato, sia pure ai soli effettidella proposizione eventuale della opposizione. Il decreto, insieme col ricorso, deve essere notificatoall’ingiunto, e dalla data di notifica decorre il termine perl’opposizione e per il pagamento. Il decreto diviene inefficace se non è notificato entro 60 giornidalla pronuncia, se deve avvenire nel territorio della Repubblica,90 giorni negli altri casi (art. 644). La domanda, però, può essereriproposta. La declaratoria di inefficacia per omessa o inesistentenotifica va ottenuta mediante la procedura prevista dai primi duecommi dall’art. 188 disp. att. c.p.c.; ovvero con autonoma domanda,come sanato dall’ultimo comma del citato articolo.

L’OPPOSIZIONE AL DECRETO INGIUNTIVOL’opposizione è il mezzo con cui l’ingiunto, che ritenga ingiusta lacondanna, impugna il decreto. Il giudizio di opposizione costituisce un giudizio di primo grado erappresenta una fase eventuale di cognizione piena. In quest’ultima,l’attore in opposizione è sostanzialmente colui che nel giudizioordinario sarebbe stato convenuto: questa inversione di ruoli operaesclusivamente sul piano formale, in quanto si applicano comunque lenormali regole sull’onere della prova (in sostanza, l’atto diopposizione ha la struttura dell’atto di citazione, ma ha il contenutodella comparsa di risposta). Oggetto del giudizio può essere sia solola legittimità del decreto di ingiunzione, sia il diritto con essofatto valere. L’opposizione si propone con atto di citazione davanti allo stessoufficio giudiziario a cui appartiene il giudice monocratico che haemesso il decreto ingiuntivo, nel termine di 40 giorni (o in quellodiverso, se l’intimato non risiede in Italia). Il giudizio si svolgenelle forme ordinarie, ma i termini per la comparizione possono essereridotti alla metà. L’esercizio di tale facoltà importa anche la diminuzione dei terminidi costituzione. Si avverte, poi, che nei processi assoggettati alrito speciale del lavoro l’opposizione si formula mediante ildeposito del ricorso, adempimento da effettuare nel termine sopracitato. Qualora, nonostante che dalla lettura del ricorso per decretoingiuntivo si possa desumere che la controversia sia assoggettata alladisciplina del rito speciale, l’opposizione sia stata erroneamenteproposta con atto di citazione, occorre, ai fini della tempestività,che lo stesso sia depositato nel termine dei 40 gg. a decorrere dal dìdella notifica del provvedimento monitorio, non essendo all’uoposufficiente la mera sua notifica. L’opposizione può essere proposta

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anche tardivamente, cioè anche dopo la scadenza del termine fissatonel decreto, se l’intimato prova di non aver avuto tempestiva cono-scenza dello stesso per irregolarità della notificazione o per casofortuito o forza maggiore (art. 650). Però, l’opposizione, anchetardiva, non è più ammessa decorsi 10 giorni dal primo atto diesecuzione. Parti del giudizio di opposizione sono:

il presunto creditore, ovvero colui che ha proposto la domandad’ingiunzione con il ricorso (che assume il ruolo di opposto);

il presunto debitore, ovvero colui contro il quale la domanda èstata proposta e che ricorre in opposizione (che si presentacome opponente).

L’opposto può fornire ogni prova del suo diritto, non essendo piùoperante il limite della prova scritta, valido solo per l’emissionedel decreto. La sentenza che decide l’opposizione si sostituisce al decretoingiuntivo, che ne viene assorbito. Nello svolgimento del giudizio di opposizione, possono verificarsi leseguenti ipotesi: a) Dichiarazione di esecutività (art. 647):Se non è stata fatta opposizione nel termine stabilito o sel’opponente non si è costituito, ovvero si è costituitotardivamente il giudice, su istanza del ricorrente, dichiaraesecutivo il decreto, che acquista autorità di giudicatosostanziale: la dichiarazione di esecutività impedisce una nuovaopposizione o il proseguimento di quella proposta. In caso di mancata opposizione, il giudice deve ordinare il rinnovodella notificazione, quando risulta o appare probabile chel’intimato non abbia avuto conoscenza del decreto. Il decreto ingiuntivo non opposto nei termini di legge acquistaautorità di cosa giudicata sia in relazione al diritto in essoconsacrato sia con riferimento agli accertamenti che dellapronuncia di ingiunzione costituiscono i necessari presuppostilogico-giuridici. Componendo un contrasto di giurisprudenzainerente all’ambito oggettivo del giudicato formatosi per effettodella mancata opposizione a decreto ingiuntivo e, in particolare,per il caso in cui il decreto non opposto abbia accoltoparzialmente la domanda del creditore in sede monitoria, le SezioniUnite hanno statuito che il decreto ingiuntivo non opposto acquistaautorità ed efficacia di cosa giudicata solo in relazione aldiritto consacrato e non con riguardo alle domande, o ai capi didomanda non accolti. Difatti, la regola contenuta nell’art. 640,ultimo comma, cod. proc. civile (secondo cui il rigetto delladomanda di ingiunzione non pregiudica la riproposizione delladomanda, anche in sede ordinaria) trova applicazione sia nel casodi rigetto totale della domanda di ingiunzione che di rigettoparziale (e, quindi, di accoglimento solo in parte della richiesta)

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(Cass. S.U. 1° marzo 2006, n. 4510). b) Rigetto dell’opposizione (art. 653): Se l’opposizione è rigettata, il decreto che non ne sia munitoacquista efficacia esecutiva, ed il passaggio in giudicato dellasentenza di rigetto copre con l’efficacia del giudicato anche ildecreto. Lo stesso avviene se, con ordinanza, il giudice dichiaral’estinzione del processo.

c) Accoglimento dell’opposizione:Se l’opposizione è accolta parzialmente, il titolo esecutivo ècostituito esclusivamente dalla sentenza, ma gli atti di esecuzionegià compiuti conservano i loro effetti nei limiti della somma odella quantità ridotte. Il decreto ingiuntivo, divenuto esecutivo, può essereimpugnato:

per revocazione nei casi di cui ai nn. 1, 2, 5 e 6dell’art. 395;

con opposizione di terzo (revocatoria), di cui all’art. 404 co.2.

d) Provvedimenti sulla provvisoria esecuzione nel corso delgiudizio di opposizione:Nel corso del giudizio il G.I.: 1. può concedere, con ordinanza non impugnabile, l’esecuzione

provvisoria del decreto (se non è già stata concessa), sel’opposizione non è fondata su prova scritta ovvero è di facilesoluzione (art. 648 c. l);

2. concede l’esecuzione provvisoria parziale limitatamente allesomme non contestate, salvo che l’opposizione sia proposta pervizi procedurali (art. 648 come modificato dal D.Lgs. 231/02);

3. può concedere la provvisoria esecuzione se la parte che lachiede offre idonea cauzione (art. 648 co. 2);

4. può sospendere (ma non revocare), su istanza dell’opponente,l’esecuzione del decreto quando ricorrono gravi motivi (art.649).

e) Impugnazione del decreto esecutivo a norma dell’art. 647:L’art. 656 prevede i mezzi di impugnazione del decreto ingiuntivoesecutivo per mancata opposizione e richiama gli istituti dellarevocazione straordinaria e dell’opposizione di terzo revocatoria,tipici mezzi di impugnazione esperibili avverso le sentenze passatein giudicato. Dal tenore della disposizione si è tratto, dunque,argomento determinante ed ulteriore per affermare che il decretosia suscettibile di acquisire l’incontrovertibilità del giudicato.Non sarebbe del resto giustificabile la predisposizione di stru-menti siffatti, che hanno carattere straordinario e chepresuppongono la consumazione di quelli ordinari, se nonriconoscendo che sul decreto ingiuntivo, avverso il quale vengonoesperiti, è scesa, appunto, l’incontrovertibilità tipica delgiudicato.

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I PROCEDIMENTI CAUTELARII procedimenti cautelari sono diretti ad assicurare il risultato deiprocedimenti di cognizione o di esecuzione, svolgendo pertanto, unafunzione strumentale. Infatti, vista la durata normalmente lunga ditali processi, può accadere che, durante il tempo occorrente per ilcompletamento del processo, vengano a mutare le condizionipatrimoniali o di fatto del convenuto, con il pericolo che l’attorepossa, a processo ultimato, non conseguire il soddisfacimento dellasua pretesa.La tecnica della tutela cautelare consiste nel conferire alla parteil potere di chiedere al giudice l’emanazione di un provvedimento altermine di una valutazione sommaria, quando ricorrono duePRESUPPOSTI: l) il fumus boni iuris, cioè la probabile esistenza del diritto checostituirà oggetto del processo a cognizione piena;

2) il periculum in mora, cioè il probabile verificarsi di un dannoirreparabile che può derivare all’attore a causa della durata delprocesso a cognizione piena.

Caratteristica principale della tutela cautelare era laprovvisorietà, cioè l’inidoneità del provvedimento emanato a statuiredefinitivamente sul rapporto controverso. Infatti, la scelta dellegislatore, confermata anche con la novella del ‘90 era quella difar seguire in ogni caso al provvedimento cautelare (di accoglimento)la sentenza di merito, destinata ad assorbire o ad eliminare ilprovvedimento medesimo. Tuttavia, l’esperienza concreta aveva spesso evidenziato che lamateria del contendere era destinata ad esaurirsi talvolta anche conla sola concessione del provvedimento cautelare, il quale se idoneoad anticipare gli effetti della sentenza di merito, soddisfaceva intoto l’interesse della parte. Inoltre, uno sguardo rivolto anche agliordinamenti processuali dei Paesi europei permetteva di riscontrarel’esistenza di istituti connotati dalla sommarietà della cognizione edall’idoneità di reggere in via permanente l’assetto di interessidivisato dal giudice con il provvedimento d’urgenza, prevedendo solocome eventuale il giudizio a cognizione piena (si pensi all’istitutofrancese del rèferé). Seguendo gli auspici della dottrina più attenta, ed al fine dievitare l’introduzione di giudizi di merito, laddove non ve ne fosseun’effettiva esigenza, il legislatore ha introdotto nel processosocietario la possibilità di sopravvivenza del provvedimento caute-lare, anche in assenza del successivo giudizio di merito (art. 23 delD.Lgs. 5/2003), per poi adottare analoga soluzione, in viageneralizzata per i procedimenti cautelari contemplati anche nelcodice di procedura civile, in occasione dell’emanazione del D.L.35/2005, conv. in L. 80/2005.Pertanto, a poco più di tredici anni dall’entrata in vigore del cd.rito cautelare uniforme, con il predetto decreto legislativo sono

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state introdotte nuove norme (applicabili ai procedimenti cautelariinstaurati a partire dal 1° marzo 2006) che evidenziano la volontàdel legislatore di utilizzare la tutela cautelare anche in funzionedi economia processuale (Proto Pisani), mantenendo il carattereprovvisorio del provvedimento cautelare, ma attenuando il rapporto distrumentalità con la tutela di merito, con evidenti finalitàdeflattive dei processi a cognizione piena. Il novellato art. 669octies al 6° comma, relativamente ai giudiziintrapresi sotto l’efficacia della nuova legge, prevede infatti solocome eventuale l’introduzione del giudizio di merito, dopo laconcessione del provvedimento cautelare, allorché si tratti di unprovvedimento emesso ai sensi dell’art. 700, ovvero di una denunziadi nuova opera o di danno temuto, o comunque di un provvedimento acarattere anticipatorio, destinato cioè ad anticipare gli effetti chepotranno derivare dal!a decisione di merito (analoga soluzione poi èstata estesa anche ai provvedimenti possessori - art. 703 u.c.).Inoltre i provvedimenti che abbiano le suddette caratteristiche sonodestinati a sopravvivere anche nel caso in cui il giudizio di meritosi estingua, venendo loro assicurata una sorta di ultrattività. L’art. 669octies, ultimo comma, chiarisce poi che il provvedimento acarattere anticipatorio cui non abbia fatto seguito il giudizio dimerito non ha la medesima efficacia della decisione emessa all’esitodel giudizio a cognizione piena, non essendo possibile invocarnel’autorità in un diverso processo, a differenza invece dell’autoritàche caratterizza la cosa giudicata. Per quanto concerne, invece, le misure cautelari conservative, nelcaso di accoglimento, il giudice deve comunque assegnare un termineper l’instaurazione del giudizio di merito che non potrà esseresuperiore a sessanta giorni. Nel nuovo assetto assume quindi un fondamentale rilievo distinguere idue tipi di provvedimenti cautelari, apparendo utile privilegiaresoluzioni che lascino pochi margini di incertezza, poiché, nel casocontrario, il beneficiari o della misura è comunque indotto adiniziare la causa di merito vanificando in tal modo le finalitàdet1ative della novella del 2005. Orbene la natura anticipatoria o meno del provvedimento cautelare nontrova un riscontro nelle norme di legge, per cui, secondo parte delladottrina, è compito dell’interprete stabilire di volta in voltaquando sia possibile ravvisare nel provvedimento emesso tale natura,ovvero se non debba ritenersi che il provvedimento abbia caratteremeramente conservativo, imponendo quindi l’introduzione del giudiziodi merito. Secondo altra impostazione (CAPONI), che si muove nellaprospettiva di semplificazione sopra enucleata, occorre a tal finedistinguere i sequestri (sia conservativo che giudiziario) cuicontinua ad applicarsi il regime di strumentalità necessaria - qualiprovvedimenti conservativi -, da tutti gli altri provvedimenticautelari che si fanno ricadere nella categoria dei provvedimenti

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anticipatori (o di regolamentazione provvisoria) cui si applica laregola della strumentalità attenuata (tutti i provvedimenti ex art.700 c.p.c., al di là dei loro concreti effetti, le azioni dinunciazione e, con riferimento a misure diverse da quelle contemplateda codice di rito, quei provvedimenti che anticipano solo in partegli effetti di una decisione di merito e quelli che creano unadisciplina intermedia, come ordini, divieti, sospensione deglieffetti di un atto, etc.

LA DISCIPLINA GENERALE DEI PROCEDIMENTI CAUTELARIL’art. 74, L. 353/90 - in vigore dal 1° gennaio 1993 - ha rinumeratole Sezioni I, II, IIT e IV del Capo III del Titolo l del Libro IV delc.p.c., pur mantenendo inalterate le rispettive rubriche, ed haintrodotto una nuova Sezione I, intitolata «dei procedimenticautelari in generale» composta di 13 articoli (669bis-669quaterdecies). Sono state abrogate le disposizioni procedurali delle singole misurecautelari (artt. 672, 673, 674, 680 etc.). Le linee ispiratrici della riforma del 1990 si rinvengonogeneralmente nella affermazione del rispetto del principio delcontraddittorio, nell’introduzione di controlli sulla misuracautelare sia nel momento della sua emissione che nel corso della suavigenza, nell’introduzione di un regime di stabilità limitata sia peril provvedimento negativo che per quello positivo. Dalla disciplina contenuta in via generale negli articoli 669bis a669quaterdecies è possibile individuare nel procedimento cautelaretre fasi ben distinte: l) la fase di autorizzazione del provvedimento cautelare (emesso, aseconda dei casi con ordinanza o con decreto), ha caratteristichestrutturali simili a quelle delle attività di cognizione e sisvolge, su domanda dell’interessato, in funzione della pronuncia diun provvedimento. In essa, il giudice, previo riscontrodell’esistenza dei presupposti e delle condizioni di fondatezzadell’azione cautelare, autorizza o nega tale misura;

2) la fase di attuazione o di esecuzione del provvedimentocautelare ha caratteristiche strutturali simili a quelledell’esecuzione forzata; essa si svolge dinanzi allo stesso giudiceche ha emanato l’atto, oppure dinanzi al giudice dell’esecuzione;

3) la fase di impugnazione del provvedimento cautelare, checostituisce la novità più importante della nuova disciplina e chesi svolge davanti ad un giudice diverso da colui che ha emesso ilprovvedimento.

La competenza: Le scelte principali effettuate dal legislatore sono due:

devoluzione, anche delle misure cautelari chieste ante causam,unicamente al giudice che sarebbe competente a conoscere lacausa di merito;

attribuzione del potere cautelare ad un giudice monocratico,

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anche quando la competenza spetta al Collegio, con soppressionedella competenza funzionale del Presidente del Tribunaleprevista in tema di sequestri dagli artt. abrogati 672 e 673(sembrano fare eccezione a tale regola i provvedimenti cautelariemessi dalla sezione specializzata agraria, ove si ritiene chela competenza sia collegiale).

Il sistema della competenza delineato dalla nuova disciplina siarticola diversamente a seconda delle varie ipotesi: 1) anteriormente alla causa: la domanda si propone al giudicecompetente a conoscere del merito; se competente per la causa dimerito è il giudice di pace, la domanda si propone al Tribunale,poiché si esclude che il Giudice di pace possa emanareprovvedimenti cautelari. In ogni caso, dal 2-6-1999, con lasoppressione dell’ufficio del Pretore ad opera del D.Lgs. 51/98, lacompetenza in materia di misure cautelari passa al Tribunale;

2) in corso di causa: la domanda deve essere proposta al giudiceche sta trattando il merito della stessa (analogamente all’ipotesiprecedente, se la causa pende innanzi al Giudice di pace, ladomanda si propone al Tribunale);

3) in pendenza dei termini per proporre impugnazione: la domandadeve essere proposta al giudice che ha pronunciato la sentenza;

4) in caso di clausola compromissoria3, di compromesso o in pendenzadel giudizio arbitrale: la competenza spetta al giudice che sarebbestato competente a conoscere del merito. Si deve segnalare che conil D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005, il legislatore ha esteso lapossibilità di richiedere la tutela cautelare anche in caso diarbitrato irrituale, risolvendo in tal modo il contrasto che avevacaratterizzato specialmente la giurisprudenza di merito, tra coloroche erano favorevoli a questa soluzione e quelli che inveceritenevano che, in presenza di un arbitrato irrituale fosseimproponibile il ricorso alla tutela cautelare.

Anche per quanto riguarda la competenza per territorio, si adottaeguale criterio in quanto essa è attribuita al giudice che sarebbecompetente per il merito. Eccezioni ai principi visti innanzi permangono in alcuni

3 La clausola compromissoria in diritto è una clausola che permette la devoluzionead arbitratori delle possibili controversie derivanti dal contratto nel quale ècontenuta. Di conseguenza è strettamente inerente all'arbitrato.La clausola compromissoria è una clausola indipendente; ciò significa che essa nonviene intaccata dalla nullità del contratto. In altre parole: se il contratto ènullo la clausola compromissoria non viene intaccata ma rimane valida ed efficace.La clausola compromissoria (Ex art. 1341 e 1342 comma 2°) è vessatoria se previstanei contratti predisposti unilateralmente (ovvero solo una delle due partipredispone il contratto e le sue clausole) oppure nei contratti redatti utilizzandomoduli o formulari (i moduli o i formulari sono delle bozze di contratto spessoutilizzate da alcune associazioni di commercianti che vengono pedissequamentecopiate di volta in volta per un numero indefinito di contratti.)

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procedimenti, ad es.: nelle azioni di nunciazione (art. 688): in tal caso è competente

il giudice del luogo dove è avvenuto il fatto denunciato (art.688 21) se però vi è causa pendente per il merito, la domanda sipropone a norma dell’art. 669quater,

nei procedimenti di istruzione preventiva (art. 693: «in casid’eccezionale urgenza, l’istanza può anche proporsi al Tribunaledel luogo in cui la prova deve essere assunta").

Il procedimento: La domanda cautelare si propone con ricorsodepositato nella cancelleria del giudice competente, sia quando èproposta ante causam, sia quando è proposta nel corso del processo acognizione piena. Il ricorso deve contenere i requisiti previstidall’art. 125 (in particolare requisito essenziale della domandaproposta ante causam è l’indicazione della domanda di merito rispettoalla quale la tutela cautelare continua ad essere strumentale sia perdeterminare il giudice competente, sia per verificare che il giudiziodi merito successivamente instaurato sia effettivamente quello invista del quale la tutela era stata richiesta) ed essere depositato incancelleria. Art. 125. C.P.C. Contenuto e sottoscrizione degli atti di parte.Salvo che la legge disponga altrimenti, la citazione, il ricorso, lacomparsa, il controricorso, il precetto debbono indicare l'Errore.Riferimento a collegamento ipertestuale non valido. giudiziario, leparti, l'oggetto, le ragioni della domanda e le conclusioni o laistanza, e, tanto nell'originale quanto nelle copie da notificare,debbono essere sottoscritti dalla parte, se essa sta in giudiziopersonalmente, oppure dal difensore.La procura al difensore dell'attore puo' essere rilasciata in dataposteriore alla notificazione dell'atto, purche' anteriormente allacostituzione della parte rappresentata. La disposizione del comma precedente non si applica quando la leggerichiede che la citazione sia sottoscritta dal difensore munito dimandato speciale. La disciplina si articola su tre principi fondamentali (alt.669sexies):

a) il principio del contraddittorio costituisce la regola generaleche deve ispirare ogni fase del procedimento cautelare;

b) la pronuncia con decreto, emesso inaudita altera parte, èconsiderata eccezionale e va adottata solo quando la convocazionedella controparte potrebbe pregiudicare l’attuazione delprovvedimento cautelare;

c) l’atipicità dell’istruzione sommaria è finalizzata a consentirel’ammissione dei soli mezzi indispensabili in relazione aipresupposti ed ai fini del provvedimento richiesto.

Dopo la presentazione del ricorso, il giudice può così provvedere: dopo l’instaurazione del contraddittorio ed omessa ogni

formalità non essenziale, procede nel modo che ritiene più

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opportuno agli atti di istruzione, indispensabili ai fini delprovvedimento richiesto, e provvede con ordinanzaall’accoglimento o al rigetto della domanda;

soltanto quando ricorrono le condizioni di cui al punto b)emette un decreto motivato, senza la realizzazione delcontraddittorio, previa assunzione, ove occorre, di sommarieinformazioni. Nello stesso decreto, il giudice fissa l’udienzadi comparizione personale delle parti e il termine perentorionon superiore a otto giorni in cui esso deve essere notificato,a cura del ricorrente, all’altra parte.

Nell’udienza di comparizione così fissata il giudice, con ordinanza,conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati con decreto. In particolare, la domanda cautelare può essere rigettata (art.669septies):

a) per incompetenza; b) per motivi di rito o di merito.

L’ordinanza di rigetto per incompetenza non preclude lariproposizione della domanda ad altro giudice, diverso da quellodichiaratosi incompetente. Allo stesso modo può essere ripresentata la domanda rigettata nelmerito quando:

si verificano mutamenti delle circostanze; vengono dedotte nuove ragioni di fatto o di diritto.

Con lo stesso provvedimento di rigetto il giudice deve pronunciarsiin ordine alle spese di lite; nel caso di condanna della partesoccombente, tale condanna è immediatamente esecutiva ed assoggettataal regime dell’opposizione al decreto ingiuntivo di cui agli artt.645 e ss. Va tuttavia segnalato che l’art. 50 della legge n. 69/2009ha sostituito il terzo comma dell’art. 669septies; quest’ultimo,nella sua attuale formulazione, prevede esclusivamente che lacondanna alle spese contenuta nel provvedimento negativo èimmediatamente esecutiva, mentre è stata esclusa la possibilità diproporre opposizione ai sensi dell’art. 645. A seguito della modifica dell’art. 669octies che consente lasopravvivenza del provvedimento cautelare a carattere anticipatorio,anche senza la successiva introduzione del giudizio di merito,secondo la dottrina maggioritaria, analogamente a quanto previstodalla disciplina del processo cautelare societario, il giudicedovrebbe liquidare le spese anche in caso di accoglimento delladomanda cautelare, ritenendosi il mancato adeguamento dell’art.669septies frutto di una mera svista del legislatore, dovendotrovare, quindi, tale ultima norma applicazione analogica. Per controè pacifico che i provvedimenti conservativi di accoglimento antecausam non debbano contenere la pronuncia sulle spese. Al fine dirisolvere i dubbi interpretativi sopra evidenziati, la legge n.69/2009 ha inserito un nuovo comma nell’art. 669octies, il qualeprevede espressamente che il giudice, quando emette un provvedimento

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anticipatorio prima dell’inizio della causa di merito, deveprovvedere sulle spese del procedimento cautelare. La soluzionenormativa adottata, del resto, è perfettamente coerente con la naturarelativamente stabile del provvedimento anticipatorio. Tale natura,difatti, non sarebbe pienamente realizzata se la misura cautelare noncontenesse alcuna statuizione sulle spese, perché ciò indurrebbe laparte che ha ottenuto il provvedimento favorevole - che, quindi,potrebbe non avere interesse alla pronuncia sul merito della pretesadi instaurare il giudizio di merito anche al solo scopo di recuperarele spese giudizio sostenute. Va poi escluso che statuizioni sulle spese siano adottate neiprovvedimenti, positivi negativi, emessi nel corso del giudizio dimerito. Qualora la domanda sia accolta, l’ordinanza del giudice, se ladomanda sia stata proposta ante causam, e si tratta di provvedimenticonservativi (sequestri), deve fissare un termine perentorio nonsuperiore a 60 (per i procedimenti instaurati sino al 28 febbraio -2006 il termine è sino a 30 giorni) per l’inizio del giudizio dimerito (art. 669octies) in mancanza di fissazione del termine daparte del giudice, la causa di merito deve essere iniziata entro iltermine perentorio di sessanta giorni, decorrente dalla pronunziadell’ordinanza se avvenuta in udienza o altrimenti dalla suacomunicazione. Tuttavia il D.L. 35/2005 conv. in L. 80/2005 - applicabile aiprocedimenti cautelari instaurati dal 1° marzo 2006 - ha, come visto,introdotto la possibilità di sopravvivenza della misura cautelare,prevedendo come meramente eventuale il giudizio di merito per iprovvedimenti cautelari previsti dal comma 6° (provvedimentianticipatori, tra cui tutti i provvedimenti emessi ai sensidell’articolo 700 e quelli emessi a seguito di denunzia di nuovaopera o di danno temuto); questi ultimi, quindi, non deve contenerela fissazione del termine per l’instaurazione del giudizio di meritoil quale può essere instaurato sino a quando non siano decorsi itermini di prescrizione o di usucapione di natura sostanziale indanno del destinatario del provvedimento con conseguente, indirettoconsolidamento del provvedimento cautelare (CAPONI). Il provvedimento cautelare diviene inefficace, ai sensi dell’art.669novies, nelle seguenti ipotesi:

1. quando non sia stato instaurato il giudizio di merito entro iltermine perentorio di cui all’art. 669octies, oppure il giudiziostesso, dopo il suo inizio, si sia estinto, ma limitatamente aiprovvedimenti cautelari diversi da quelli di cui al co. 6° (lanorma, cioè, si applica ai provvedimenti non anticipatori);

2. quando non sia stata versata la cauzione di cui all’art.669undecies, cioè la «cauzione per l’eventuale risarcimentodanni» che il giudice può imporre con il provvedimentodispositivo di misure cautelari;

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3. quando con sentenza, anche non passata in giudicato, siadichiarata l’inesistenza del diritto a cautela del quale lamisura cautelare era stata concessa. Tale ipotesi di inefficacia della misura cautelare costituisceun’importante innovazione. Basti pensare, in proposito, che lanorma di cui all’art. 6832 (abrogato a decorrere dall’1-1-1993)subordinava l’inefficacia del sequestro al passaggio ingiudicato della sentenza che accertava l’inesistenza del dirittocautelato.

Altri due casi di inefficacia del provvedimento cautelare sonocontemplati nell’ultimo comma dell’art. 669novies, entrambi operantiove la causa di merito rientri nella giurisdizione di un giudicestraniero o sia devoluta ad un arbitrato italiano o estero. Si trattadell’ipotesi in cui:

4. la parte che aveva richiesto il provvedimento cautelare nonpresenti domanda di esecutorietà in Italia della sentenzastraniera o del lodo arbitrale entro i termini eventualmenteprevisti a pena di decadenza dalla legge o dalle convenzioniinternazionali;

5. oppure vengano pronunciati sentenza straniera, anche non passatain giudicato, o lodo arbitrale dichiaranti l’inesistenza deldiritto a cautela del quale il provvedimento era stato concesso.

L’inefficacia del provvedimento cautelare non si verificaautomaticamente, ma è necessario iniziare un autonomo procedimentoper ristabilire lo status quo ante, disciplinato dall’art. 669novies.

IL CONTROLLO SUI PROVVEDIMENTI CAUTELARIIl sistema dei controlli sui provvedimenti cautelari si articola neiseguenti rimedi: a) il riesame, da parte del giudice di merito il quale, su istanzadi parte, può con ordinanza modificare o revocare il provvedimentocautelare, anche se emesso ante causam, se si verifichino mutamentinelle circostanze (art. 669decies) (non viene, pertanto, contestatal’originaria concedibilità del provvedimento cautelare):

b) il reclamo cautelare, proposto ad un giudice diverso da quelloche ha emesso il provvedimento (art. 669terdecies) che costituisceuna vera e propria impugnazione dell’ordinanza con cui vieneconcesso il provvedimento per errores in procedendo, in iudicando oper motivi sopravvenuti, non anche per fatti preesistenti econosciuti dalla parte, ma non allegati in prima istanza percolpevole inerzia della medesima.

La disciplina introdotta dalla riforma del ‘90 aveva suscitato nonpochi dubbi in merito ai rapporti tra i due rimedi, ben potendosiverificare una loro sovrapposizione, con la possibilità, ad esempio,che la parte potesse far valere delle circostanze sopravvenute sia insede di riesame che di reclamo. Il D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005 è intervenuto sui primi duecommi dell’art. 669decies, introducendo una regolamentazione dei

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rapporti tra i due rimedi. In primo luogo, affinché possa avanzarsi istanza di revoca omodifica, si chiarisce che oltre ai mutamenti delle circostanze,rileva anche l’allegazione di fatti anteriori al provvedimento,purché siano stati acquisiti solo in data successiva, occorrendo che,in tal caso, l’interessato fornisca la prova della data dellaconoscenza. Ma, e passando ai rapporti con il reclamo, il primo commadell’art. 669decies, subordina espressamente la richiesta di revoca omodifica al fatto che non sia stato proposto reclamo, il quale,quindi, assume una portata prevalente rispetto all’istanza diriesame, occorrendo prima sperimentare il rimedio dell’impugnazionedinanzi al collegio. L’istanza di riesame appare quindi prestarsialla deduzione dei fatti nuovi o successivamente conosciuti, allorchéquesti ultimi o la loro conoscenza intervengano una volta esaminatala procedura di reclamo ovvero risulti ormai preclusa la suaesperibilità. Inoltre, essendosi previsto in numerose ipotesi solo come eventualeil giudizio di merito, si dispone che in tal caso competente perl’istanza di riesame sia il giudice che ha provveduto a suo temposulla domanda cautelare. Quanto al reclamo, l’orientamento affermatosi nella giurisprudenzaera nel senso che andasse proposto entro dieci giorni dallanotificazione di parte dell’ordinanza, ma la legge n. 80/2005 haprorogato il termine, portandolo a quindici giorni, decorrente peròdalla pronunzia, se avvenuta in udienza, ovvero dalla comunicazione,o dalla notificazione, se anteriore a quest’ultima. Il relativo PROCEDIMENTO si svolge in camera di consiglio (artt. 737,738 e 739). Costituiscono oggetto di reclamo tutte le ordinanze conle quali sia stato concesso, sia ante causam che nel corso dellecausa di merito, un provvedimento cautelare. La Corte Costituzionale, con sent. 23-6-1994, n. 253, ha dichiaratol’illegittimità dell’art. 669terdecies «nella parte in cui nonammette il reclamo, ivi previsto, anche avverso l’ordinanza con cuisia stata rigettata la domanda di provvedimento cautelare». L’attualeformulazione del primo comma dell’art. 669terdecies, così comemodificata dalla legge n. 80 del 2005 tiene appunto contodell’intervento del giudice delle leggi, ribadendo la reclamabilitàdei provvedimenti sia di accoglimento che di rigetto. Il reclamo si propone:

al Collegio, contro i provvedimenti del giudice singolo delTribunale, del quale non può far parte il giudice che ha emanatoil provvedimento;

ad altra Sezione della Corte di appello o, in mancanza, allaCorte di appello più vicina, contro i provvedimenti emanatidalla Corte di appello.

Il giudice del reclamo, convocate le parti, pronuncia, non oltreventi giorni dal deposito del ricorso, ordinanza non impugnabile, con

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la quale conferma, modifica o revoca il provvedimento cautelare. La scarna disciplina del procedimento di reclamo è stata integratadal D.L. 3512005, conv. in L. 80/2005 che ha ribadito il principiogenerale del contraddittorio, imponendo che, laddove con il reclamosi facciano valere circostanze o motivi sopravvenuti debbano esseresottoposti all’attenzione della controparte. Si è poi chiarita lapossibilità di svolgere una limitata attività istruttoria, con laprevisione dell’assunzione di informazioni (ivi inclusi anche degliinformatori) ovvero della produzione di nuovi documenti. È stato poi introdotto il divieto di rimessione della decisione alprimo giudice, essendo chiara la volontà del legislatore che, qualeche sia il vizio o l’irregolarità riscontrata nella decisione delgiudice monocratico, il collegio debba sempre provvedere a sosti-tuirla con una propria. Il presidente dell’organo collegiale investito del reclamo, quandoper motivi sopravvenuti il provvedimento arrechi grave danno, puòdisporre la sospensione dell’esecuzione o subordinarla allaprestazione di una congrua cauzione. Per quanto riguarda, infine, la fase di esecuzione dei provvedimenticautelari, va rilevato che:

quelli aventi ad oggetto somme di denaro, si attuano nelle formedel pignoramento di cui agli artt. 491 e ss.;

quelli aventi ad oggetto obblighi di consegna, rilascio, fare onon fare, si attuano sotto il controllo del giudice che li haemanati, e che ne determina anche le modalità di attuazione(669duodecies). Si discute peraltro in dottrina ed ingiurisprudenza circa la competenza per l’attuazione delprovvedimento cautelare emesso in sede di reclamo: prevaleattualmente la tesi secondo la quale tale competenza è delCollegio non solo nelle ipotesi di concessione di tutelacautelare denegata in prima istanza o di modifica delprovvedimento cautelare di prime cure, ma anche in quella diconferma del medesimo e ciò sulla scorta della ritenuta portatasostitutiva della fase di reclamo.

I SINGOLI PROCEDIMENTI CAUTELARIIL SEQUESTRO

Il sequestro è un mezzo di difesa preventiva del diritto, il qualeassolve alla funzione di garantire la conservazione el’indisponibilità di determinati beni per il periodo necessario allasoluzione della controversia, o al conseguimento dei dirittidell’attore. Il codice di procedura civile prevede due tipi di sequestro: a) SEQUESTRO GIUDIZIARIO (art. 670): può avere ad oggetto:

beni mobili o immobili, aziende o altre universalità di beniquando ne è controversa la proprietà o il possesso ed èopportuno provvedere alla loro custodia o alla loro gestionetemporanea (sequestro di beni).

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Questa figura si distingue dal sequestro convenzionaledisciplinato dal codice civile (art. 1789 c.c.) che è ilcontratto con cui si affida ad un terzo una cosa o una pluralitàdi cose rispetto a cui sia nata controversia, affinché lecustodisca e restituisca a colui che ne avrà diritto all’esitodel giudizio. Si tratta di una figura negoziale e nonprocessuale;

libri, registri, documenti, modelli campioni o ogni altra cosada cui si pretende di desumere elementi di prova, quando ècontroverso il diritto alla esibizione o comunicazione ed èopportuno provvedere alla loro custodia temporanea (sequestro diprove). Si discute sulla correlazione tra questo istituto e l’ordine diesibizione di cui all’art. 210 ed in particolare sullapossibilità di chiedere il sequestro in esame per ottenere lamateriale apprensione di documenti di cui sia stata ordinatavanamente l’esibizione. L’opinione prevalente è nel senso chedopo l’ordine di cui all’art. 210 il diritto all’esibizione nonè più controverso, sicché il sequestro non sarebbe piùconcedibile;

b) SEQUESTRO CONSERVATIVO (art. 671): ha per oggetto beni mobili oimmobili del debitore o somme o cose a lui dovute e tende adassicurare la garanzia generica sui beni del debitore stesso controil pericolo di sottrazioni e alterazioni: è, in un certo senso,un’anticipazione del pignoramento, fondata sui seguenti duepresupposti: 1. fumus boni iuris, la ragionevole apparenza del diritto: 2. periculum in mora, il pericolo o il fondato timore di perdere la

garanzia del credito; quest’ultimo presupposto non devedipendere peraltro da un apprezzamento soggettivo del creditore,ma deve corrispondere alla realtà oggettiva delle cose; a suavolta l’ormai consolidata giurisprudenza di legittimità haevidenziato che il periculum in mora può essere desunto sia daelementi obiettivi concernenti la capacità patrimoniale deldebitore in rapporto all’entità del credito, sia da elementisoggettivi desumibili da un comportamento del debitore tale dalasciare presumere che egli, al fine di sottrarsiall’adempimento, ponga in essere atti tali da rendere verosimilel’eventuale deprezzamento del suo patrimonio sottraendoloall’esecuzione forzata.

Si discute se possa concedersi il sequestro conservativo a cauteladi un credito per il quale si possegga già titolo esecutivo.L’opinione contraria si fonda sulla considerazione che chi ha iltitolo può senz’altro procedere al pignoramento. Si ritiene, di converso, che là dove si tratti di titolostragiudiziale sarebbe possibile ottenere il sequestroconservativo. Diversamente a fonte di una sentenza in giudicato o

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esecutiva la richiesta sarebbe inammissibile per l’automaticitàdella conversione del sequestro in pignoramento.

c) SEQUESTRO LIBERATORIO, è Un’altra ipotesi di sequestro èprevista dall’art. 687 c.p.c., in base al quale il giudice puòordinare il sequestro delle somme o delle cose che il debitore hamesso a disposizione del creditore per la sua liberazione. Sitratta del cd. « sequestro liberatorio» con cui il debitore vuoleevitare le conseguenze della mora debendi.

IL PROCEDIMENTO : Nella disciplina in vigore anteriormente allariforma del codice di procedura civile operata dalla L. 353/90, ilprocedimento constava di due fasi distinte: la prima diretta adottenere il provvedimento, la seconda diretta al giudizio diconvalida, ossia all’accertamento della legittimità del provvedi-mento. La L. 353/90, nel disciplinare in via generale il procedimentocautelare, ha conseguentemente abrogato gli articoli che regolavanole fasi di autorizzazione e di convalida del sequestro, sostituitidalla normativa di cui agli art. 669bis e ss. (ed. procedimentocautelare uniforme). Nel quadro del nuovo assetto del procedimento cautelare uniformedelineato dal D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005, i sequestrirappresentano una tipica misura conservativa: ne consegue che nelcaso di provvedimento di accoglimento, adottato ante causam, ilgiudice deve assegnare alle parti un termine perentorio non superiorea sessanta giorni per l’instaurazione del giudizio di merito e che,laddove quest’ultimo si estingua o non venga intrapreso nel terminede quo, il provvedimento di sequestro perde efficacia (art.669novies). Restano in vigore una serie di disposizioni dirette ad integrare larichiamata normativa generale. In particolare:

l’art. 675, che prevede una particolare ipotesi di perdita diefficacia del sequestro nel caso in cui esso non venga eseguitoentro 30 giorni dalla pronuncia del provvedimento;

l’art. 676, il quale dispone che, nel disporre il sequestrogiudiziario, il giudice nomina il custode, stabilisce i criterie i limiti dell’amministrazione delle cose sequestrate e leparticolari cautele idonee a rendere più sicura la custodia e aimpedire la divulgazione dei segreti;

gli artt. 677 e ss., i quali regolano la fase dell’esecuzionedel sequestro, richiamando la disciplina dell’esecuzione forzatae, precisamente: 1. per il sequestro giudiziario, le forme dell’esecuzione per

consegna o rilascio; 2. per il sequestro conservativo, le forme proprie del

pignoramento (art. 678). Una regola particolare vige per il sequestro conservativo subeni immobili, giacché esso viene eseguito mediante la

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trascrizione del provvedimento presso la conservatoria deiregistri immobiliari (art. 679);

l’art. 684, secondo cui il debitore può ottenere dal giudiceistruttore, con ordinanza non impugnabile, la revoca delsequestro conservativo, prestando idonea cauzione perl’ammontare del credito che ha dato causa al sequestro e per lespese, in ragione del valore delle cose sequestrate.

La funzione cautelare del sequestro trova compiuta realizzazionequando il giudizio di merito accerta la fondatezza del diritto delsequestrante. In tal caso:

nel sequestro giudiziario su cose determinate, il sequestrantevittorioso acquista un titolo di possesso autonomo sulle coseoggetto del procedimento;

nel sequestro conservativo, l’art. 686 stabilisce che esso siconverte in pignoramento al momento in cui il creditoresequestrante ottiene sentenza di condanna esecutiva.

LE AZIONI DI NUNCIAZIONE: DENUNCIA DI NUOVA OPERA E DI DANNO TEMUTOTali azioni sono di natura cautelare, in quanto hanno caratterestrumentale nella tutela della proprietà, di ogni altro diritto realeo del possesso, rispetto al giudizio di merito: l’interesse che vienetutelato in via immediata è quello di prevenire o arrestare un dannoin itinere (danno che, se si verificasse, sarebbe antigiuridico,ragion per cui si rende necessaria una tutela anticipata epreventiva). La DENUNZIA DI NUOVA OPERA è l’azione concessa a chi abbia ragione ditemere che da una nuova opera (opus = attività) da altri intrapresasulla proprietà o fondo vicini stia per derivare un danno alla cosache forma oggetto del suo diritto o del suo possesso per ottenere dalgiudice un provvedimento che sospenda l’esecuzione dell’opera (cd..desistat); l’azione non può essere proposta se l’opera è terminata ose è trascorso un anno dal suo inizio (art. 1171 c.c.). La DENUNZIA DI DANNO TEMUTO è diretta contro il pericolo di un dannograve e prossimo derivante da un edificio, albero altre cose giàesistenti nel fondo vicino, per ottenere dal giudice un provvedimentoche consenta di ovviare al pericolo (art. 1172 c.c.). Legittimati attivamente ad entrambe sono il proprietario, il titolaredi altro diritto reale di godimento, o il possessore (non il merodetentore); legittimato passivamente è il proprietario del fondovicino o l’autore dell’opera.Mette conto evidenziare che le azioni di enunciazione sonoespressamente annoverate dall’art. 669octies, comma 6, come novellatodal D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005 tra i procedimenti di naturaanticipatoria ragion per cui nel caso di emissione del provvedimentocautelare l’instaurazione del giudizio di merito è facoltativa e ilgiudice non deve assegnare un termine ad hoc. Per altro verso,nell’ipotesi di estinzione del giudizio di merito eventualmenteintrapreso, il provvedimento nunciatorio (emesso ante causam o in

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corso di causa) non perde comunque efficacia (art. 669octies, comma7). Art. 669-octies. Provvedimento di accoglimento6)Le disposizioni di cui al presente articolo e al primo comma dell'articolo 669-novies non si

applicano ai provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell'articolo 700 e agli altriprovvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito,previsti dal codice civile o da leggi speciali, nonche' ai provvedimenti emessi a seguito didenunzia di nuova opera o di danno temuto ai sensi dell'articolo 688, ma ciascunaparte puo' iniziare il giudizio di merito.

7) Il giudice, quando emette uno dei provvedimenti di cui al sesto comma primadell’inizio della causa di merito, provvede sulle spese del procedimento cautelare.

In particolare, la domanda può essere proposta (art. 688): prima del giudizio di merito, nel qual caso la domanda si

propone con ricorso al giudice competente a norma dell’art. 21,ossia al Tribunale del luogo in cui è posto l’immobile (e nonpiù il Pretore, il cui ufficio è stato soppresso dal D.Lgs.51/98, istitutivo del giudice unico di primo grado).

durante il giudizio di merito, nel qual caso si applicano ledisposizioni sulla competenza di cui all’art. 669quater.

Altra regola particolare è contenuta nell’art. 691, il quale disponeche se la parte obbligata dal provvedimento cautelare viola ildivieto di compiere l’atto dannoso o di mutare lo stato di fatto, ilgiudice, su ricorso dell’altra parte, può disporre con ordinanza chele cose siano rimesse al pristino stato a spese del contravventore.

PROCEDIMENTO DI ISTRUZIONE PREVENTIVASi ha procedimento di istruzione preventiva allorché, per ragionid’urgenza, un mezzo istruttorio viene assunto prima dell’inizio delgiudizio cui si riferisce o, comunque, prima che il giudiceistruttore lo abbia ammesso. La caratteristica principale di questi procedimenti è la loroprovvisoria indipendenza dal giudizio sull’ammissibilità o sullarilevanza della prova, che dovrà essere compiuto in modo autonomo dalgiudice del merito. Relativamente alle modalità di assunzione delle prove in viapreventiva, non si deve fare riferimento al procedimento cautelare ingenerale. Infatti, gli artt. 692 e ss. non sono stati toccati dallariforma, che prevede per i procedimenti di istruzione preventiva,sulla scorta dell’art. 669quaterdecies, l’applicazione del solo art.669septies (in tema di emanazione di provvedimento negativo). I processi verbali delle prove assunte in via preventiva potrannoessere prodotti in giudizio solo a seguito di un provvedimento che nedichiara l’ammissibilità. Il giudice, nel corso del giudizio, puòaltresì disporre, ove possibile, la rinnovazione dei mezzi di provagià assunti in via preventiva. L’istanza di istruzione preventiva può proporsi

1) sia prima dell’inizio della causa di merito, si propone con

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ricorso al giudice che sarebbe competente per la causa di merito(Giudice di pace o Tribunale, in seguito alla soppressione dellafigura del Pretore, attuata dal D.Lgs. 5l/98); ma in caso dieccezionale urgenza può proporsi anche al Tribunale del luogo incui la prova deve assumersi (art. 693);

2) sia in corso di causa, in caso di interruzione o sospensione delgiudizio (art. 699) l’istanza è rivolta al giudice di fronte acui pende la causa.

Singoli mezzi di istruzione preventiva, sono: a) Assunzione preventiva di testimoni.

L’art. 692 prescrive che chi ha fondato motivo di temere chesiano per mancare (es.: perché gravemente ammalati) uno o piùtestimoni, le cui deposizioni possono essere necessarie, puòchiedere che ne sia ordinata l’audizione a futura memoria.L’istanza deve indicare i motivi dell’urgenza e i fatti suiquali i testimoni devono deporre, nonché l’esposizione sommariadelle domande o delle eccezioni cui la prova è preordinata.

b) Accertamento tecnico e ispezione giudiziale. L’art. 696 dispone che chi ha urgenza di far verificare, primadel giudizio, lo stato di luoghi o la qualità o condizione dicose, può chiedere che sia disposto un accertamento tecnico ouna ispezione giudiziale. In tal caso, il giudice nomina ilconsulente tecnico e fissa la data dell’inizio delle operazioni.Con il D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005 (applicabile aiprocedimenti instaurati successivamente al1° marzo 2006), si èpoi prevista la possibilità che l’indagine peritale possa esseredisposta anche sulla persona dell’interessato, e con il suoconsenso, anche sulla persona della controparte. Prendendo poi atto di un orientamento affermatosi nella piùrecente giurisprudenza della Corte di Cassazione. il legislatoreha ammesso che l’accertamento tecnico possa concernere non solola descrizione dello stato dei luoghi o la condizione e laqualità delle cose, ma può estendersi anche all’accertamentodelle cause ed all’entità dei danni relativi all’oggetto dellaverifica (696).

A seguito della presentazione dell’istanza, il giudice fissa condecreto l’udienza di comparizione e stabilisce un termine perentorioper la sua notificazione (art. 694). Quindi, quando occorre, assuntesommarie informazioni, provvede con ordinanza non impugnabile e, seammette la prova testimoniale, fissa l’udienza per l’assunzione edesigna il giudice che deve procedervi (art. 695); se invece, ammettel’accertamento tecnico o l’ispezione giudiziale, nomina il consulentetecnico e fissa la data dell’inizio delle operazioni (art. 696). In caso di eccezionale urgenza può pronunciare i suddettiprovvedimenti con decreto, dispensando il ricorrente dallanotificazione alle altre part. In tal caso, il cancelliere, non oltreil giorno successivo, notificherà immediatamente il decreto alle

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parti non presenti all’assunzione (art. 697). La consapevolezza che in numerose controversie il reale oggetto delcontendere è costituito non dall’accertamento dell’esistenza deldiritto. bensì dalla esatta determinazione del quantum, ha spinto illegislatore con ]a citata legge 80/2005, ad introdurre nel codice diprocedura civile l’art. 696bis. La norma, applicabile a partire dal1° marzo 2006, prevede che possa chiedersi una CONSULENZA TECNICA,anche al di fuori dei presupposti di urgenza previsti dall’art. 696,finalizzata all’accertamento ed alla relativa determinazione deicrediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazionicontrattuali o da fatto illecito (si pensi all’ipotesi di un SINISTROSTRADALE, nel quale si discute unicamente sul grado di invaliditàriportato dal danneggiato). L’obiettivo è evidentemente quello di favorire una definizionestragiudiziale della controversia, evitando che dopo la consulenzagiunga all’esame del magistrato, ed in tale ottica si ribadiscel’obbligo del consulente di tentare la conciliazione prima del depo-sito della relazione. In caso di esito positivo della conciliazione,il relativo verbale, riceve efficacia esecutiva con decreto delgiudice, con la possibilità di intraprendere tutte le forme diesecuzione, nonché di potere iscrivere ipoteca giudiziale (ulterioreincentivo è l’espresso esonero del verbale dall’imposta di registro).In caso di fallimento della conciliazione, ognuna delle parti puòchiedere di acquisire la relazione nel successivo giudizio di merito.

I PROVVEDIMENTI DI URGENZAI provvedimenti di urgenza sono diretti ad assicurareprovvisoriamente gli effetti della successiva decisione sul merito erientrano tra le misure cautelari soprattutto in relazione alla lorostrumentalità e sussidiarietà in quanto nell’originariaconfigurazione del codice hanno carattere accessorio e temporaneo.Analizzando la disciplina in generale dei provvedimenti cautelari, siè già segnalata la significativa innovazione introdotta dal D.L.35/2005, conv. in L. 80/2005 che ha modificato il principio dellanecessaria temporaneità dei provvedimenti d’urgenza, prevedendo, nelcaso in cui le parti non preferiscano instaurare il giudizio dimerito, che l’ordinanza cautelare possa conservare la sua efficacia,ancorché senza l’autorità propria della cosa giudicata. I prov-vedimenti ex art. 700 - a prescindere dal loro contenuto - sono,quindi, considerati, per espressa disposizione di legge (concernentei ricorsi depositati dal 1° marzo 2006), come provvedimenti idonei adanticipare gli effetti della decisione di merito e. pertanto, al paridi quanto previsto per le azioni di nunciazione, nel caso diemissione del provvedimento cautelare l’instaurazione del giudizio dimerito è facoltativa e il giudice non deve assegnare un termine adhoc. Per altro verso, nell’ipotesi di estinzione del giudizio dimerito eventualmente intrapreso, il provvedimento d’urgenza (emessoante causam o in corso di causa) non perde comunque efficacia (art.

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669octies, comma 7). Art. 700. Condizioni per la concessione Fuori dei casi regolati nelle precedenti sezioni di questo capo, chi ha fondato motivo ditemere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questosia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso algiudice i provvedimenti d'urgenza, che appaiono, secondo le circostanze, più idonei adassicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito.I PRESUPPOSTI NECESSARI per l’emanazione del provvedimento d’urgenzasono:

1. fumus boni iuris, la probabile sussistenza del diritto vantato; 2. periculum in mora, un pregiudizio imminente ed irreparabile, che

minacci il diritto. durante il tempo occorrente per farlo valerein via ordinaria;

3. l’inesistenza di un altro provvedimento cautelare tipico,idoneo, nel caso concreto, ad assicurare provvisoriamente glieffetti della decisione sul merito.

Il ricorso ai provvedimenti di urgenza è considerato in termini diextrema ratio, in tutti i casi in cui è non possibile evitarealtrimenti la frustrazione della tutela giurisdizionale dei diritti. Essi, pertanto, sono dei mezzi concessi alle parti in chiusura delsistema cautelare e a garanzia effettiva tutela dei diritti, inmancanza di mezzi cautelari tipici. Legittimato a chiedere l’emissione di un provvedimento d’urgenza è iltitolare del diritto minacciato dal pregiudizio imminente edirreparabile. Il PROCEDIMENTO: La L. 353/90 ha eliminato gli art. 701 e 702 cheriguardavano la procedura diretta dell’emanazione dei provvedimentid’urgenza, la quale è sostituita dalla normativa dei provvedimenticautelari in generale (artt. 669bis e ss.). La decisione consiste nell’emanazione dei provvedimenti più idoneiper assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione delmerito. Il contenuto del provvedimento può essere il più vario, purché idoneoa realizzare un’anticipazione del provvedimento giurisdizionaledefinitivo, richiesto dall’attore, e tale da non pregiudicare ladecisione di merito. Dalla natura strumentale del provvedimento d’urgenza rispetto algiudizio di merito, deriva che:

i provvedimenti di urgenza perdono efficacia quando sonosostituiti ed assorbiti dalla sentenza sul merito anche di primogrado, inoltre a seguito delle modifiche di di cui alla citatalegge 80/2005, conservano efficacia anche laddove non si arriviad una sentenza di merito, o perché le parti non hanno ritenutodi coltivare il relativo giudizio, ovvero nel caso in cuiquest’ultimo si estingua;

è escluso l’assoggettamento del provvedimento ai mezzi diimpugnazione propri della sentenza (l’impugnativa specifica è

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costituita dal reclamo di cui all’art. 669terdecies), La grandissima varietà dei possibili contenuti dei provvedimenti diurgenza esclude la possibilità di formulare una elencazione specificadelle applicazioni effettuate nella pratica dell’art. 700, A titolo esemplificativo vale la pena ricordare:

in tema di conflitti familiari, i provvedimenti in ordine allacustodia delle prove, in attesa della separazione dei coniugi;

in tema di assegno alimentare, la provvisoria determinazione delsuo importo;

in materia di concorrenza commerciale, il divieto di usaremarchi simili per evitare il pericolo di sviamento dellaclientela;

allo stesso modo è ammissibile l’esperibilità di unprovvedimento di urgenza nei confronti della P.A. allorchéquesta agisca come soggetto privato o in base ad atti cheesorbitano dai limiti Dei potere amministrativo o, infine,quando la P.A. abbia agito sine titulo.

Si esclude la tutela cautelare atipica per paralizzare o annullaregli effetti di un provvedimento giurisdizionale. In materia di tutela cautelare atipica si è, peraltro, discusso sullaeventuale esistenza di vincolo del giudice sulla domanda dell’istantecon riferimento al contenuto del provvedimento chiesto in viad’urgenza. Alcuni (ARIETTA) ritengono che non sussista alcun vincolo. Altri (MANDRIOLI) riaffermano l’esistenza del vincolo, spingendosi arichiamare un’applicazione rigorosa del principio della domanda(MONTESANO) che esclude ogni forma di discrezionalità in capo algiudice.

I PROCEDIMENTI DI VOLONTARIA GIURISDIZIONEIl nostro ordinamento non definisce i procedimenti di volontariagiurisdizione, ma si limita soltanto, agli artt. 737 e ss., adaccomunarli sotto un unico titolo dedicato ai procedimenti in cameradi consiglio. Per la nozione e i caratteri della volontaria giurisdizione si rinviaa quanto detto in precedenza. Deve qui evidenziarsi che l’interacategoria presenta tali elementi di specialità che taluno ritiene chenon si tratti di vera e propria forma di attività giurisdizionale. Sul piano della struttura deve dirsi che si tratta di attività nonidonea a sfociare in provvedimenti suscettibili di passare ingiudicato. Su quello della funzione la volontaria giurisdizione non è tesa adattuare diritti, ma normalmente interessi legittimi o posizioni didiritto che, tuttavia, non emergono, in posizione contenziosa. Le norme generali che regolano i procedimenti in camera di consigliosono le seguenti:

l’atto introduttivo ha la forma del ricorso, presentato algiudice competente;

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la decisione avviene, senza contraddittorio, in camera diconsiglio, con decreto motivato;

il decreto è reclamabile al giudice superiore, sia dalle parti,sia dal P.M.: il reclamo, però, deve essere proposto nel termineperentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto;

il decreto diviene efficace con lo scadere di detto termine; mail giudice, se vi è urgenza, può disporne l’efficacia immediata;

i decreti sono modificabili e revocabili in ogni tempo, salvi idiritti dei terzi acquistati in buona fede.

Si ricorda, infine, che l’art. 50bis introdotto dal D.Lgs. 51/98 haconfermato la competenza del Tribunale in composizione collegi nellenelle cause di cui agli artt. 737 e ss., salvo sia diversamentedisposto in specifiche disposizioni normative. II Capo Vbis del Codice di procedura civile, costituito dall’unicoarticolo 736bis, è stato introdotto dall’art. 3 della L. 4 aprile200l, n. 154. Esso disciplina la procedura da adottare per ottenereun ordine di protezione contro gli abusi familiari, affidando larelativa competenza al Tribunale che provvede in Camera di Consiglioed in composizione monocratica, nei casi previsti dagli artt. 342bise 342ter c.c., introdotti dall’art. 2 della citata legge n. 154/2001.

SEPARAZIONE PERSONALE FRA CONIUGIIl procedimento per la separazione personale tra coniugi tende adottenere una sentenza che ordini la separazione dei coniugi, con glieffetti previsti dall’art. 156 c.c. Giudice competente (trattasi dicompetenza funzionale) è, per le cause intraprese dopo l’entrata invigore del D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005, il Tribunale del luogodell’ultima residenza comune dei coniugi ovvero in mancanza quello incui il coniuge convenuto ha residenza, e non più il Tribunale delluogo ove il coniuge convenuto ha residenza o domicilio. Laddove ilconiuge convenuto sia residente all’estero e risulti irreperibile, aldomanda si propone presso il Tribunale del luogo di residenza delricorrente, e se anche questo risiede all’estero, presso qualsiasiTribunale della Repubblica. Essa può essere di due tipi: a) SEPARAZIONE GIUDIZIALE, se è richiesta da una parte neiconfronti dell’altra. In tal caso il procedimento è contenzioso, esi conclude con sentenza. Il processo si distingue in due fasi: una presidenziale, edun’altra, eventuale, che si svolge innanzi al giudice designato(giudice istruttore e Collegio). Nella prima fase il presidente ha la funzione anzitutto diconciliare le parti; quindi, se la conciliazione non riesce, didare, con ordinanza, i provvedimenti temporanei ed urgenti chereputa opportuni nell’interesse dei coniugi e della prole; nonchédi nominare il giudice istruttore, fissando l’udienza dicomparizione delle parti avanti a costui. La causa prosegue,quindi, con le forme ordinarie.

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Allo scopo di non vanificare l’efficacia della fase presidenziale ele possibilità di conciliazione, ha previsto che il ricorsointroduttivo si limiti a contenere l’esposizione dei fatti suiquali la domanda è fondata. Presentato il ricorso viene fissatal’udienza presidenziale assegnando un termine al convenuto perdepositare una propria memoria difensiva e depositare documenti.Sia il ricorso che la memoria difensiva devono essere integrate conle ultime dichiarazioni dei redditi, al fine di permettere alPresidente di adottare i provvedimenti temporanei a carattere pa-trimoniale. All’udienza così fissata le parti devono comparire oracon l’assistenza di un difensore, ma se non compare il ricorrenteovvero se rinuncia, la domanda non ha più effetto. Laddove la conciliazione non riesca, ovvero il convenuto noncompaia, il presidente adotta i provvedimenti più opportuninell’interesse della prole e del coniuge e fissa una successivaudienza di trattazione dinanzi all’istruttore. Nella stessa ordi-nanza è poi assegnato un termine al ricorrente per depositare unamemoria integrativa che abbia i requisiti di cui all’art. 163, edaltro termine al convenuto per la costituzione in giudizio, conl’avvertenza che la mancata costituzione entro detto termineimplica le decadenze di cui all’art. 167. Nel caso in cui il convenuto non sia comparso, l’ordinanzapresidenziale gli deve essere notificata a cura del ricorrente. Mette conto sottolineare che la L. 8 febbraio 2006, n. 54 (invigore dal 16 marzo 2006), in tema di «disposizioni in materia diseparazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli», haulteriormente integrato la predetta disciplina, aggiungendoall’art. 708 un quarto comma (che introduce la possibilità diproporre reclamo avverso i provvedimenti presidenziali temporaneied urgenti mediante ricorso dinanzi alla Corte di Appello) edintroducendo il nuovo art. 709ter. In particolare l’art. 709ter prevede due ipotesi sulle quali ilgiudice è chiamato a pronunciarsi:

a) soluzione delle controversie in ordine all’esercizio dellapotestà genitoriale o delle modalità dell’affidamento. In talicasi, il giudice dovrà emettere i provvedimenti opportuni che,tendenzialmente, consisteranno nella precisazione ospecificazione del precedente provvedimento in materia dipotestà dei genitori o di affidamento, senza potersi escludereche arrivino anche ad apportare delle modifiche vere e proprie(G. FINOCCHIARO);

b) soluzione delle controversie in caso di gravi inadempienze odi atti che comunque arrechino pregiudizio al minore oostacolino il corretto svolgimento delle modalitàdell’affidamento. In tali casi, il giudice potrà modificare ilprecedente provvedimento in materia di potestà dei genitori odi affidamento, fino ad arrivare alla sostituzione

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dell’affidamento condiviso con quello esclusivo. Congiuntamente (anche tra loro) o alternativamente alla modificadei provvedimenti in vigore, il giudice potrà:

1. ammonire il genitore inadempiente; 2. disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei

genitori, nei confronti del minore; 3. disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei

genitori, nei confronti dell’altro; 4. condannare il genitore inadempiente al pagamento di una

sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro aun massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende.

La funzione principale, che può essere riconosciuta all’ammonimentodel giudice, è quella di semplice avvertimento al genitoredall’astenersi per il futuro dal reiterare le condotte costituentiinadempienze o violazioni, dietro la minaccia di incorrere insanzioni più gravi (G. Finocchiaro). La pronuncia del risarcimento del danno a favore del minore(nell’ipotesi di condotta di un genitore che abbia arrecatopregiudizio al minore) o dell’altro genitore (nel caso di condottadi un genitore che abbia ostacolato il corretto svolgimento dellemodalità dell’affidamento) dovrebbe presupporre una espressadomanda al riguardo da parte del genitore non inadempiente (insenso affermativo G. FINOCCHIARO), al contrario della quarta misura(condanna del genitore inadempiente al pagamento di una sanzioneamministrativa) che potrà essere emessa sicuramente di ufficio. art. 709ter ultimo co. prevede che «i provvedimenti assunti dalgiudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari". Limitando l’argomento alle ipotesi di ricorso in pendenza delgiudizio di separazione personale dei coniugi o di ricorso propostoex art. 710, va ritenuto che:

i provvedimenti opportuni o modificativi di quelli in vigore oirrogativi delle singole sanzioni, emessi dal g.i. delprocedimento di separazione dei coniugi in corso, sianoreclamabili dinanzi alla corte di appello, in applicazioneanalogica dell’art. 708 co. 4, nel testo introdotto dalla L.n. 54/06 (nel senso, invece, che i provvedimenti irrogatividelle sanzioni siano reclamabili al collegio ex art. 178c.p.c., così da poter essere decisi con la sentenza checonclude il giudizio, e successivamente appellabili insiemealla stessa, G. FINOCCHIARG, che esclude, altresì, lapossibilità di esperire il procedimento di opposizione exartt. 22 e ss. I. n. 689/81 avverso il provvedimentoirrogativo di sanzione amministrativa);

i provvedimenti opportuni o modificativi di quelli in vigore oirrogativi delle singole sanzioni, emessi a conclusione delprocedimento di cui all’art. 710 c.p.c., sono reclamabilidinanzi alla corte di appello ex art. 739.

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b) SEPARAZIONE CONSENSUALE, se è chiesta da entrambe le parti. Intal caso il procedimento, dopo una fase presidenziale che si svolgecon le stesse modalità sopra esaminate, prosegue in camera diconsiglio e si conclude con l’omologazione della separazione consensuale da parte del Collegio.

RICONOSCIMENTO DI PROVVEDIMENTI GIURISDIZIONALI STRANIERILa L. 218/95, recante la riforma del diritto internazionale privato,ha completamente rivoluzionato il meccanismo precedentemente previstodal legislatore per il riconoscimento delle sentenze straniere nelnostro ordinamento. Scompare così il concetto stesso di giudizio di delibazione intornoal quale si erano sviluppate complesse controversie dottrinarie. Resta priva di rilievo la vexata quaestio della natura giuridicadella sentenza delibata se, cioè, si trattasse di una nuova sentenzaitaliana con lo stesso contenuto di quella straniera (teoria dellaricezione) ovvero fosse l’efficacia della sentenza stranierasottoposta alla condizione sospensiva della delibazione del giudiceitaliano (teoria della condicio iuris). La domanda andava proposta con citazione davanti alla Corte d’Appellodel luogo ove la sentenza doveva avere attuazione (art. 796). Eranecessario l’intervento del P.M. Normalmente al giudice italiano eraprecluso l’esame sul merito: accertata l’esistenza delle condizioni(ad es.: regolare costituzione del contraddittorio, passaggio ingiudicato della sentenza, non contrarietà della stessa all’ordinepubblico), la pronuncia del giudice straniero era senz’altro ricevutanel nostro ordinamento. A far data dal 31-12-1996 gli articoli da 796 a 805 del codice diprocedura civile sono abrogati; alloro posto subentra il titolo IV(artt. 64-71) della L. 218/95 (si ricordi che le restanti norme diriforma del diritto internazionale privato erano già entrate in vigo-re il 1° settembre 1995). La L. 218/95, quindi, prevede l’automatico ingresso e riconoscimentodelle sentenze straniere nel nostro ordinamento, tranne alcuneeccezioni espressamente previste. I requisiti richiesti perché ciò avvenga riprendono in gran partequanto stabilito dalle disposizioni abrogate. Essi sono previstidall’art. 64:

pronuncia della sentenza da parte di un giudice che avrebbepotuto conoscere la causa secondo i principi sulla competenzagiurisdizionale dell’ordinamento italiano;

salvaguardia dei diritti di difesa e regolare instaurazione delcontraddittorio;

regolare costituzione in giudizio delle parti ed eventualedichiarazione di contumacia, in conformità alla legge del luogoin cui è svolto il giudizio;

passaggio in giudicato della sentenza (secondo le regoledell’ordinamento di provenienza);

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assenza di contrasto con una sentenza, già passata in giudicato,pronunciata da un giudice italiano;

non pendenza di un processo davanti ad un giudice italiano peril medesimo oggetto e fra le stesse parti, che sia iniziatoprima del processo straniero;

assenza di contrarietà fra gli effetti della sentenza stranierae l’ordine pubblico.

Se, di regola, la sentenza straniera è riconosciuta in Italia senzanecessità di fare ricorso a procedure particolari, può accadere cheil possesso, da parte del provvedimento giurisdizionale pronunciatoall’estero, dei requisiti analiticamente indicati dall’art. 64 siacontestato ovvero che, comunque, la sentenza non sia adempiutaspontaneamente con conseguente necessità di procedere ad esecuzioneforzata. In tali casi, chiunque abbia interesse all’esecuzione delta sentenzastraniera potrà chiedere alla Corte d’Appello del luogo in cui lasentenza dovrà essere eseguita l’accertamento dei requisiti delriconoscimento (art. 67 L. 218/95). È evidente l’analogia tra tale procedimento ed il giudizio didelibazione regolato dalle disposizioni del codice ormai abrogate. Mentre, peraltro, il giudizio di delibazione costituiva lo strumentoindispensabile per consentire l’ingresso nel nostro paese di ognisentenza straniera, questo nuovo giudizio di accertamento rappresentaun momento soltanto eventuale e patologico della fase esecutiva. Algiudizio di accertamento può procedere anche un giudice diverso dallaCorte d’Appello quando il riconoscimento della sentenza straniera noncostituisce l’oggetto principale del processo ma un suo aspettoincidentale. È il caso, ad esempio, del riconoscimento di unasentenza straniera di divorzio avente ad oggetto l’annullamento, permancanza dello stato libero, del nuovo matrimonio contratto da unodei divorziati. In tal caso, però, gli effetti del riconoscimentosono limitati al processo in corso (art. 67 co. 3 L. 218/95). Sonoevidenti le analogie con la delibazione cd. incidentale previstadall’abrogato art. 799. La notificazione degli atti delle autorità straniere, rispetto allaformulazione dell’art. 805, presenta come elemento di novità lapossibilità di osservare le modalità previste dall’autoritàstraniera, se compatibili con i principi previsti dal nostroordinamento e che in ogni caso l’atto possa essere consegnato aldestinatario che lo accetti volontariamente. Giova infine ricordare che in ambito comunitario il riconoscimentodelle sentenze straniere avviene in maniera automatica secondo ladisciplina di cui al Reg. CE n. 44/20014.

4 Il regolamento 44/2001 entrato in vigore il 1º marzo 2002 (che recepisce laconvenzione di Bruxelles), il quale concerne i criteri comuni di competenzagiurisdizionale, di riconoscimento e di esecuzione delle decisioni in materia civilee commerciale (escluse le materie relative al fallimento e dei rapporti di

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L’ARBITRATOPer la definizione di una controversia la legge prevede lapossibilità di rivolgersi ad arbitri, ossia a privati cittadini,anziché agli organi giurisdizionali. L’arbitrato costituisce, dunque,uno strumento di risoluzione delle controversie alternativo rispettoalla giurisdizione ordinaria.

Il ricorso al giudizio arbitrale e comporta la possibilità diottenere una decisione in tempi più veloci;

far decidere controversie particolarmente complicate da personeche abbiano specifiche conoscenze tecniche;

favorire soluzioni che siano più facilmente accettate da tuttele parti in causa (tenuto conto che gli arbitri sono liberamentescelti dalle parti medesime).

Accanto ai vantaggi esistono, però, anche gli inconvenienti, tra iquali:

gli eccessivi costi processuali (a causa della particolareelevatezza degli onorari da corrispondere agli arbitri);

il rischio di una non effettiva imparzialità del giudizio. Per adeguare la disciplina dell’arbitrato a quella degli altri paesieuropei ed alle convenzioni internazionali, il legislatore èintervenuto, in un primo momento, con la L. 9-2-1983 n. 28, che hamodificato l’originaria disciplina contenuta nel codice di rito.Successivamente, con la L. 5- l -1994 n. 25, il legislatore ènuovamente intervenuto sia per introdurre altre novità dirette afavorire la diffusione del giudizio arbitrale, sia per risolverealcuni problemi interpretativi ed alcune lacune derivanti dallaprecedente novella della L. 28/83. Infine, in ottemperanza alla delega conferitagli, il Consiglio deiMinistri ha approvato il D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (pubblicatosulla G.U. 15 febbraio 2006, n. 38) che ha riformato profondamente ladisciplina del codice di rito in tema di arbitrato. L’art. 27 del testo normativa da ultimo indicato detta la disciplinatransitoria, prevedendo che le nuove disposizioni (art. 20)concernenti le convenzioni di arbitrato si applichino a quegliaccordi stipulati dopo l’entrata in vigore della riforma, ossia dopoil 2 marzo 2006. Tuttavia, le disposizioni più squisitamente procedimentali (dallanomina degli arbitri, alla decadenza, responsabilità, istruzioneprobatoria, termine della decisione, deliberazione del lodo,impugnazione etc.) trovano applicazione per le domande di arbitratoproposte successivamente alla suddetta data, benché riferite aclausole compromissorie o compromessi stipulati antecedente mente. Quando le parti si accordano per far decidere una controversia adarbitri secondo la disciplina suddetta, tale arbitrato viene definitorituale e produce le conseguenze stabilite dalla legge (si pensi, ad

famiglia). Si applica a tutti i soggetti che hanno domicilio presso i paesi membridell’Unione Europea tranne la Danimarca, per i rapporti sorti dopo il 1º marzo 2002.

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es., agli effetti del lodo tra le parti, alla possibilitàdell’omologazione, al regime dell’impugnazione etc.). Soprattutto a causa degli oneri fiscali che sono connessiall’arbitrato rituale, si è diffuso, però, nella prassi un’altraforma di arbitrato, quello cd. irrituale o libero. L’ ARBITRATO IRRITUALE viene tradizionalmente definito come una formadi risoluzione convenzionale delle controversie, che si caratterizzaper il fatto che le parti conferiscono agli arbitri il compito dicomporre una lite mediante un atto negoziale, impegnandosi aconsiderare come espressione della propria volontà quanto vienedeciso dagli arbitri. Assai frequente nella prassi, ad es., è il caso in cui le partiricorrono al cd. biancosegno, ossia provvedono alla sottoscrizione inbianco di un foglio conferendo agli arbitri il potere di riempirlocon quella che sarà la decisione della controversia: è evidente chela scrittura, una volta completata, si presenta formalmente come unnegozio stipulato dagli stessi interessati. La distinzione tradizionale, dunque, tra l’arbitrato rituale e quelloirrituale si deve rinvenire nella volontà delle parti:

con l’arbitrato rituale le parti intendono attribuire agliarbitri una funzione giurisdizionale e desiderano ottenere unadecisione destinata ad acquistare efficacia pari a quella di unasentenza del giudice;

con l’arbitrato irrituale le parti conferiscono agli arbitri unmandato per risolvere una controversia mediante un attonegoziale: il tipo di negozio che gli arbitri possono porre inessere per eseguire l’incarico può essere, a seconda dei casi,una transazione, una rinuncia, un negozio di accertamento etc.

L’arbitrato irrituale non va poi confuso con il cd. arbitraggio. Con l’arbitrato le parti incaricano l’arbitro di risolvere unacontroversia. Con l’arbitraggio le parti conferiscono al terzo arbitratore ilcompito di determinare uno degli ele menti del contratto in formazione, ad es. l’oggetto dedotto in contratto (cfr. l’art. 1349c.c.) o il prezzo (cfr. art. 1473 c.c.). Nell’arbitraggio, insomma,non si conferisce alcun potere decisorio su questioni controverse.L’arbitrato irrituale va anche distinto dalla perizia contrattuale. Quest’ultima si ha quando le parti incaricano il terzo di svolgereconstatazioni o accertamenti (in base alla sua capacità tecnica) e siimpegnano ad accettare la deliberazione del terzo (si pensi ad es.alle clausole di polizze assicurative che deferiscono ad un terzol’accertamento del danno). La perizia contrattuale, dunque, sidistingue dall’arbitrato, per il diverso oggetto del contratto cheattiene ad una questione tecnica e non giuridica (come nell’arbitratolibero), ma non per gli effetti, dato che in entrambi il contrasto èsuperato mediante la creazione di un nuovo assetto di interessidipendente dal responso del terzo, che le parti si impegnano

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preventivamente a rispettare. E si distingue, infine,dall’arbitraggio, perché non c’è un contratto da completare.

L’ARBITRATO DOPO LA RIFORMA DEL 2006Il decreto legge sulla «competitività», 14 marzo 2005 n. 35,convertito dalla legge 14 maggio 2005 n. 80, ha dato delega alGoverno per la riforma dell’arbitrato al fine di razionalizzare ladisciplina dell’istituto in rassegna. I principi di delega assegnati al Governo sono stati i seguenti: a) la «disponibilità» dell’oggetto della controversia comepresupposto «unico e sufficiente» dell’arbitrato e,conseguentemente, un unico criterio di capacità di disporre delrapporto controverso, per la stipula del compromesso e dellaclausola compromissoria;

b) una disciplina specifica relativa all’arbitrato con pluralità diparti, alla successione nel diritto controverso ed allapartecipazione dei terzi al processo arbitrale;

c) una disciplina (ulteriore rispetto a quella già contenuta nelcodice) sulla indipendenza ed imparzialità degli arbitri, nonchésulla loro responsabilità;

d) una disciplina sull’istruzione probatoria; e) la possibilità per gli arbitri di conoscere in via incidentaleanche le questioni pregiudiziali non arbitrabili;

f) la modifica del regime dei termini; g) il lodo, anche non omologato, avrà gli effetti di una sentenza; h) una riforma delle ipotesi attualmente esistenti di impugnazioneper nullità secondo i seguenti principi: h1) subordinare la controllabilità del lodo all’esplicita

previsione delle parti, salvo il contrasto con i principifondamentali dell’ordinamento giuridico;

h2) prevedere le ipotesi di pronuncia rescissoria da parte delgiudice dell’impugnazione per nullità;

h3) disciplinare i rapporti fra arbitro e giudice; i) una disciplina dell’arbitrato amministrato, assicurando chel’intervento dell’istituzione arbitrai e nella nomina degliarbitri abbia luogo solo se previsto dalle parti e prevedendo, inogni caso, che le designazioni compiute da queste ultime sianovincolanti;

I) la soppressione del capo sull’arbitrato internazionale, contendenziale estensione della relativa disciplina all’arbitratointerno;

m) le norme in materia di arbitrato troveranno sempre applicazionein presenza di patto compromissorio, salva la diversa ed espressavolontà delle parti di derogare alla disciplina legale, fermi inogni caso il rispetto del: m1) principio del contraddittorio; m2) sindacabilità in via di azione o di eccezione della

decisione per vizi del procedimento;

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m3) possibilità di fruire della tutela cautelare. Il legislatore del 2006 ha in primo luogo ricostruito i rapporti fraautorità giudiziaria ed arbitri in termini di competenza. Infatti,l’art. 819ter, in vigore con riferimento alle domande di arbitratoproposte a decorrere dal 1° marzo 2006 anche se riferite aconvenzioni stipulate anteriormente (art. 27 del D.Lgs. 2 febbraio2006, n. 40), è stato novellato nel senso che la competenza degliarbitri non è esclusa dalla pendenza della stessa causa davanti algiudice, né dalla connessione tra la controversia ad essi deferita eduna causa pendente davanti al giudice; nonché che la sentenza, con laquale il giudice afferma o nega la propria competenza in relazione auna convenzione d’arbitrato, è impugnabile a norma degli articoli 42e 43. Ed infine si prevede che l’eccezione di incompetenza del giudice inragione della convenzione di arbitrato deve essere proposta, a penadi decadenza, nella comparsa di risposta, di modo che la mancataproposizione dell’eccezione esclude la competenza arbitralelimitatamente alla controversia dedotta in giudizio, senza chepossano qui trovare applicazione le regole corrispondenti agliarticoli 44, 45, 48, 50 e 295. Donde ne consegue che la parte convenuta dinanzi al giudice hal’onere di costituirsi tempestivamente e di sollevare in comparsa larelativa eccezione di incompetenza per essere la controversiadevoluta alla competenza arbitrale; in mancanza, il giudizio, essendoormai definitivamente preclusa la delibazione della questione inrito, rimane incardinato dinanzi al giudice adito. Ciò postopertanto, la competenza arbitrale può radicarsi in riferimento adaltre controversie, pur sussumibili nella accennata convenzione diarbitrato, ma estranee al thema decidendum sottoposto all’autoritàgiudiziaria. Quindi, la pendenza della controversia in una sede nonimpedisce la proposizione della domanda nell’altra, né vi è prioritàdi un mezzo rispetto all’altro (LUISO). L’ultimo comma dell’art. 819ter dispone che in pendenza delprocedimento arbitrale non possano essere proposte domande giudizialiaventi ad oggetto la invalidità o l’inefficacia della convenzione diarbitrato. Ne consegue a contrario che, se non pende il giudizioarbitrale, è esperibile dinanzi al giudice ordinario una domandaavente per l’appunto ad oggetto immediato l’esistenza o l’inesistenzadel potere decisorio degli arbitri. Viceversa, laddove tale giudizio ordinario non abbia luogo, laquestione della sussistenza o meno del potere arbitrale di deciderela domanda di merito costituisce una questione pregiudiziale su-scettibile di passaggio in giudicato, essendo accolto dal legislatoreil principio della rimessione agli arbitri anche del potere didecidere della sussistenza del proprio potere. È chiaro che eventualierrori in cui incorrono gli arbitri nell’esercizio di tale poterecostituiscono errores in procedendo e non in iudicando che possono

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essere fatti valere col rimedio impugnatorio di legge. Peraltro, inmancanza di tale impugnazione, il lodo sul punto acquista efficaciadi giudicato spendibile in altro giudizio arbitrale od ordinario,onde far valere la validità e l’efficacia della convenzione diarbitrato. Con il D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 il legislatore ha inoltreprevisto che, mentre l’arbitrato rituale, che costituisce la regola(in dubbio pro arbitrato rituale), dà luogo ad un lodo il quale hagli stessi effetti di una sentenza pronunciata dall’autoritàgiudiziaria dalla data della sua ultima sottoscrizione, salvo quantodisposto dall’art. 825 (art. 824bis), l’arbitrato irrituale(disciplinato per la prima volta nel codice di rito dall’art.808ter), che deve essere specificamente ed espressamente previstodalle parti in forma scritta, dà luogo ad un lodo con mera efficaciacontrattuale, peraltro annullabile dal giudice competente secondo leordinarie regole per i seguenti motivi:

l) se la convenzione dell’arbitrato è invalida, o gli arbitri hannopronunciato su conclusioni che esorbitano dai suoi limiti e larelativa eccezione è stata sollevata nel procedimento arbitrale;

2) se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modistabiliti dalla convenzione arbitrale;

3) se il lodo è stato pronunciato da chi non poteva essere nominatoarbitro a norma dell’articolo 812;

4) se gli arbitri non si sono attenuti alle regole imposte dalleparti come condizione di validità del lodo;

5) se non è stato osservato nel procedimento arbitrale il principiodel contraddittorio.

È espressamente escluso che il lodo irrituale possa essere sottopostoalla procedura di deposito cui all’art. 825, strumentale per ilriconoscimento della efficacia esecutiva. Si rammenta che ladevoluzione della controversia ad arbitrato irrituale non impedisceal giudice ordinario l’emissione di provvedimenti cautelari ex art.669quinquies. Chiaro è il favor del legislatore per l’arbitrato rituale, attesoche, in mancanza di una espressa clausola di opzione delle parti infavore di un lodo ad efficacia contrattuale, trovano applicazione ledisposizioni del titolo dedicato alla convenzione di arbitratorituale (art. 808ter, co. 2). Tra le novità della riforma vi è l’utilizzo, in luogo di compromessoo clausola compromissoria, del più generale termine convenzione diarbitrato. Sono deferibili ad arbitri tutte le controversie aventi ad oggettodiritti disponibili delle parti, fatti salvi gli espressi divieti dilegge (ad esempio le controversie previdenziali: art. 147 disp. att.;art. 54 L. 392/78 in tema di canone locativo di immobili adibiti aduso diverso). Inoltre, il secondo comma del novellato art. 806stabilisce che le controversie di lavoro possono essere decise da

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arbitri solo se previsto dalla legge o nei contratti/accordicollettivi di lavoro. Il novellato art. 832 prevede poi che la convenzione di arbitratopossa rinviare ad un regolamento arbitrale precostituito. In coerenza con l’assetto legislativo generale è sancito che nel casodi contrasto tra quanto previsto nella convenzione di arbitrato equanto previsto dal regolamento, prevalga la convenzione diarbitrato. Se le parti non hanno diversamente convenuto, si applicail regolamento in vigore al momento in cui il procedimento arbitraleha inizio. Le istituzioni di carattere associativo e quelle costituite per larappresentanza degli interessi di categorie professionali non possononominare arbitri nelle controversie che contrappongono i propriassociati o appartenenti alla categoria professionale a terzi. Ilregolamento può prevedere ulteriori casi di sostituzione ericusazione degli arbitri in aggiunta a quelli previsti dalla legge.Se l’istituzione arbitrale rifiuta di amministrare l’arbitrato, laconvenzione d’arbitrato mantiene efficacia e si applica la disciplinaordinaria in tema di arbitrato. Quanto alla forma, confermata la previsione della forma scritta adsubstantiam, è precisato che tale forma si intende rispettata anchequando la volontà delle parti con l’utilizzo di strumenti telematici,purché nel rispetto nella normativa, anche regolamentare, di settore.È introdotta con l’art. 808bis la possibilità di deferire ad arbitrianche la risoluzione di controversie future relative a determinatirapporti non contrattuali, con apposita convenzione a forma scritta.Ne consegue che potranno essere deferite ad arbitri le controversieper atti di concorrenza sleale da responsabilità precontrattuale,quelle risarcitorie da fatto illecito, anche ove penda procedimentopenale, fatta salva la sospensione del processo penale per pre-giudizialità (Carpi, al quale appare irragionevole la testualelimitazione alle sole controversie future). Nel dubbio la convenzione di arbitrato va interpretata come estesa atutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cuila stessa si riferisce (art. 808quater) e l’eventuale definizione inrito del procedimento arbitrale non fa venir meno la efficacia dellaconvenzione di arbitrato (art. 808quinquies). Nomina e numero degli arbitri : Le novità della riforma in materia dinomina e numero di arbitri si accentrano:

sulla non obbligatorietà della notifica a mezzo ufficialegiudiziario della nomina dell’arbitro, essendo appunto esaustivala mera notifica per iscritto dell’arbitro nominato;

sul terzo comma dell’art. 810, che, in caso di designazionerimessa al presidente del Tribunale, consente a quest’ultimo diprovvedere, senza sentire la controparte, con decreto, salvo chela convenzione d’arbitrato non sia manifestamente inesistente onon preveda manifestamente un arbitrato estero.

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Il novellato art. 812 prevede la generale capacità ad essere nominatiarbitri, con esclusione di chi sia privo in tutto od in parte dellacapacità legale di agire. Si tratta di una formulazione dettata innegativo, di modo che è a ritenersi che possano essere nominatiarbitri tutti gli altri soggetti giuridici. Sempre in una ottica formalista, l’accettazione degli arbitri deveessere data per iscritto e può risultare dalla sottoscrizione delcompromesso ovvero del verbale della prima riunione (art. 813). Agliarbitri non compete la qualifica di pubblico ufficiale o diincaricato di un pubblico servizio. Obblighi e responsabilità degli arbitri : Non è cambiata la disciplinain tema di obblighi cui gli arbitri sono tenuti nell’espletamentodelle funzioni arbitrali e del procedimento con cui far valere laconseguente decadenza dell’arbitro inadempiente. Rilevanti novità sono state invece introdotte dall’art. 813ter intema di responsabilità degli arbitri, con la previsione secondo cuirisponde dei danni cagionati alle parti l’arbitro che:

l) con dolo o colpa grave ha omesso o ritardato atti dovuti ed èstato perciò dichiarato decaduto, ovvero ha rinunciatoall’incarico senza giustificato motivo;

2) con dolo o colpa grave ha omesso o impedito la pronuncia del lodoentro il termine fissato a norma degli articoli 820 o 826.

Si è quindi estesa anche agli arbitri l’ambito applicativo della L.117/88, di modo che al di là dei precedenti casi, gli arbitririspondono esclusivamente per dolo o colpa grave entro i limitiprevisti dall’articolo 2 commi secondo e terzo della suddetta legge.L’azione di responsabilità può essere proposta in pendenza delgiudizio arbitrale soltanto nel caso previsto dal co. 1, n. 1, ossianel caso in cui l’arbitro per dolo o colpa grave abbia omesso oritardato atti dovuti, ed è stato perciò dichiarato decaduto o abbiarinunciato all’incarico senza giustificato motivo. Se è stato pronunciato il lodo, l’azione di responsabilità può essereproposta soltanto dopo l’accoglimento dell’impugnazione con sentenzapassata in giudicato e per i motivi per cui l’impugnazione è stataaccolta. Se la responsabilità non dipende da dolo dell’arbitro, la misura delrisarcimento non può superare una somma pari al triplo del compensoconvenuto o, in mancanza di determinazione convenzionale, pari altriplo del compenso previsto dalla tariffa applicabile. Nei casi di responsabilità dell’arbitro il corrispettivo e ilrimborso delle spese non gli sono dovuti o, nel caso di nullitàparziale del lodo, sono soggetti a riduzione. Ciascun arbitrorisponde solo del fatto proprio. Ricusazione degli arbitri : Gli arbitri, che non sono pubbliciufficiali od incaricati di un pubblico servizio (art. 813 co. 2),possono essere ricusati ex art. 815. Risolvendo un precedente contrasto interpretativo, è espressamente

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previsto che la parte che abbia nominato o contribuito a nominare unarbitro, può ricusare l’arbitro ma solo per motivi conosciuti dopo lanomina. L’arbitro può essere ricusato:

1) se non ha le qualifiche espressamente convenute dalle parti; 2) se egli stesso, o un ente, associazione o società di cui sia

amministratore, ha interesse nella causa; 3) se egli stesso o il coniuge è parente fino al quarto grado o è

convivente o commensale abituale di una delle parti, di unrappresentante legale di una delle parti, o di alcuno deidifensori;

4) se egli stesso o il coniuge ha causa pendente o grave inimiciziacon una delle parti, con un suo rappresentante legale, o conalcuno dei suoi difensori;

5) se è legato ad una delle parti, a una società da questacontrollata, al soggetto che la controlla, o a societàsottoposta a comune controllo, da un rapporto di lavoro su-bordinato o da un rapporto continuativo di consulenza o diprestazione d’opera retribuita, ovvero da altri rapporti dinatura patrimoniale o associativa che ne compromettonol’indipendenza; inoltre, se è tutore o curatore di una delleparti;

6) se ha prestato consulenza, assistenza o difesa ad una delleparti in una precedente fase della vicenda o vi ha deposto cometestimone.

La ricusazione va fatta valere mediante ricorso al presidente deltribunale indicato nell’articolo 810, secondo comma, entro il termineperentorio di dieci giorni dalla notificazione della nomina o dallasopravvenuta conoscenza della causa di ricusazione. Il presidente pronuncia con ordinanza non impugnabile, sentitol’arbitro ricusato e le parti e assunte, quando occorre, sommarieinformazioni. Con ordinanza il presidente provvede sulle spese. Nel caso dimanifesta inammissibilità o manifesta infondatezza dell’istanza diricusazione condanna la parte che l’ha proposta al pagamento, infavore dell’altra parte, di una somma equitativamente determinata nonsuperiore al triplo del massimo del compenso spettante all’arbitrosingolo in base alla tariffa forense. Va infine evidenziato che la proposizione dell’istanza di ricusazionenon sospende il procedimento arbitrale, salvo diversa determinazionedegli arbitri. Tuttavia, se l’istanza è accolta, l’attività compiutadall’arbitro ricusato o con il suo concorso è inefficace. Diritti degli arbitri: I diritti degli arbitri sono regolatidall’art. 814, che presenta le seguenti novità:

l’ordinanza presidenziale di liquidazione del compenso èassoggettata a reclamo innanzi alla Corte di appello, cheprovvede, in camera di consiglio, sentite le parti, con

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ordinanza; la Corte di appello può anche sospendere l’efficacia esecutiva

dell’ordinanza presidenziale se ricorrono gravi motivi. Procedimento : Con la riforma la disciplina procedimentale è divenutamolto più analitica, con la introduzione di specifici articolirispettivamente dedicati all’istruzione probatoria (816ter); alprocedimento con pluralità di parti (816quater); all’intervento diterzi ed alla successione nel diritto controverso (8l6quinquies);alla morte, estinzione o perdita di capacità della parte (816sexies);all’anticipazione delle spese (816septies); all’eccezione dicompensazione (817bis); alla sospensione del procedimento arbitrale(8l9bis); ai rapporti tra arbitri ed autorità giudiziaria (8l9ter). Tra le novità principali della nuova disciplina si segnala:

il potere/dovere degli arbitri di decidere sulla propriacompetenza solo se la validità, il contenuto, l’ampiezza dellaconvenzione di arbitrato o la regolarità della loro costituzioneè oggetto di contestazione nel corso dell’arbitrato anche perragioni sopravvenute nel corso del procedimento. Peraltro,qualora la parte non eccepisca l’incompetenza arbitrale perinesistenza, invalidità od inefficacia della convenzione diarbitrato, nella prima difesa successiva all’accettazione degliarbitri, il lodo non è impugnabile per tale motivo dalla partemedesima, fatta salva la ipotesi di controversia nonarbitrabile;

la facoltà di sollevare nel procedimento arbitrale e l’eccezionedi compensazione nei limiti del valore della domanda, anche seil controcredito è estraneo alla convenzione di arbitrato (art.817bis);

la facoltà degli arbitri di risolvere incidenter tantum tutte lequestioni pregiudiziali di merito, anche se concernenti materienon demandabili ad arbitri, salvo che le stesse non debbanoessere decise con efficacia di giudicato per espressadisposizione legislativa. In ogni caso, su domanda di parte, lequestioni pregiudiziali sono decise con efficacia di giudicatose vertono su materie che possono essere oggetto di convenzionedi arbitrato. Invece, se tali questioni non sono comprese nellaconvenzione di arbitrato, la decisione con efficacia digiudicato è subordinata alla richiesta di tutte le parti;

la facoltà degli arbitri di richiedere al Presidente delTribunale della sede dell’arbitrato la emissione dell’ordine dicomparizione davanti a loro del teste da escutere che inprecedenza abbia rifiutato di convenire;

la facoltà di nominare uno o più consulenti tecnici, siano essipersone fisiche od enti;

la facoltà di richiedere alla pubblica amministrazione leinformazioni scritte relative ad atti e documentidell’amministrazione stessa, che è necessario acquisire al

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giudizio; sono sempre ammessi l’intervento previsto dal secondo comma

dell’articolo 105 e l’intervento del litisconsorte necessario; è espressamente prevista l’applicabilità dell’art. 111

riguardante la successione a titolo particolare nel dirittocontroverso, mentre, nelle ipotesi che danno luogo dinanziall’autorità giudiziaria ordinaria ad interruzione, è doveredegli arbitri adottare misure idonee ad assicurare il principiodel contraddittorio, con facoltà di sospensione del procedimentoarbitrale e di rinuncia degli arbitri all’incarico, qualora leparti non ottemperino alle disposizioni impartite per laprosecuzione del giudizio.

Sede dell’arbitrato : Quanto alla sede dell’arbitrato, il novellatoart. 816 co. 2 statuisce un criterio suppletivo nel senso che, inmancanza di diversa determinazione delle parti o degli arbitri, lastessa vada individuata nel luogo in cui si stipula la convenzione diarbitrato. In caso di stipula all’estero, la sede dell’arbitrato siradica in Roma. Peraltro, è ulteriormente precisato che, se laconvenzione di arbitrato non dispone diversamente, gli arbitri pos-sono compiere qualsiasi atto procedimentale fino alla sottoscrizionedel lodo anche in luoghi diversi dalla sede dell’arbitrato o,persino, all’estero. Lodo: termine e modalità di deliberazione: Il novello articolo 820prevede un termine di duecentoquaranta giorni dall’accettazione dellanomina per la pronuncia del lodo, salvo che le parti non abbianofissato un termine diverso. Peraltro, il termine convenzionale o legale può essere prorogato neiseguenti casi: - mediante dichiarazioni scritte di tutte le partiindirizzate agli arbitri;

dal presidente del tribunale indicato nell’articolo 810, secondocomma, su istanza motivata di una delle parti o degli arbitri;

l’istanza può essere proposta fino alla scadenza del termine. Inogni caso il termine può essere prorogato solo prima dellascadenza.

Nuova rispetto l’assetto precedente è la previsione secondo cui se leparti non hanno disposto diversamente, il termine è prorogato dicentottanta giorni nei casi seguenti e per non più di una voltanell’ambito di ciascuno di essi:

se debbono essere assunti mezzi di prova; se è disposta consulenza tecnica d’ufficio; se è pronunciato un lodo non definitivo o un lodo parziale; se è modificata la composizione del collegio arbitrale o è

sostituito l’arbitro unico. Nella precedente formulazione dell’art. 820 la sostituzionedegli arbitri comportava, invece, la interruzione del termineper la decisione.

In ogni caso il termine per la pronuncia del lodo è sospeso durante

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la sospensione del procedimento. E dopo la ripresa del procedimento,il termine residuo, se inferiore, è sempre esteso a novanta giorni. Il decorso del termine è rilevante, perché il primo comma dell’art.821 prevede che, se una parte faccia valere la decadenza degliarbitri per il decorso del termine per l’emissione del lodo, glistessi devono dichiarare estinto il procedimento una volta verificatala maturazione della decadenza in esame. Il lodo è sempre deliberato a maggioranza e redatto per iscritto, conla partecipazione di tutti gli arbitri, che, tuttavia, non devononecessariamente riunirsi in conferenza personale come accadeva inprecedenza, rimanendo tale modalità deliberativa necessaria solo incaso di richiesta di uno degli arbitri. Quanto ai requisiti contenutistici, essi non sono cambiati con lariforma, anche se oltre a quelli già richiesti in precedenza, si èaggiunto anche quello del nominativo degli arbitri. Il lodo è redatto in uno o più originali e comunicato a ciascunaparte mediante consegna o spedizione in plico raccomandato di unooriginale o di una copia attestata conforme dagli stessi arbitri. Efficacia del lodo: Nell’ottica di giurisdizionalizzazione delprocedimento arbitrale propria della riforma, il lodo ha, comeprevisto dal novello art. 824bis, efficacia di SENTENZA dalla datadella sua ultima sottoscrizione. Il deposito del lodo presso lacancelleria del tribunale nel cui circondario è posta la sededell’arbitrato serve solo per la dichiarazione di esecutivitàconferita con decreto del tribunale sulla scorta della meraregolarità formale del lodo medesimo. Oggi è reclamabile non solo il decreto che neghi la esecutorietà dellodo, ma anche quello che conceda l’exequatur5; il reclamo è decisocon ordinanza dalla Corte di Appello in camera di consiglio e non piùdal Tribunale in composizione collegiale. Con la riforma la correzione del lodo può essere chiesta agli arbitrisolo entro un anno dalla comunicazione del medesimo; non solo peromissioni, errori materiali o di calcolo, ma anche nel caso in cuinon siano integralmente o parzialmente indicati il nome degli arbitrio delle parti o la 1ede dell’arbitrato o la convenzione di arbitratoe/o le conclusioni delle parti. Se gli arbitri non provvedono o è trascorso l’anno dallacomunicazione effettuata ai sensi dell’art. 824 co. 2, la istanza dicorrezione è proposta al tribunale nel cui circondario ha sedel’arbitrato e la correzione può essere disposta anche dal giudice difronte al quale il lodo è stato impugnato o fatto valere. Dopo ildeposito del lodo la istanza di correzione del lodo o, ancora, se illodo è stato depositato. Anche in seguito alla riforma, il lodo rimane soggettoall’impugnazione per nullità, per revocazione e per opposizione di5 L’exequatur è un atto di diritto interno che permette l’ingresso in uno Stato diprodotti giurisdizionali costruiti altrove.

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terzo, a prescindere dal suo deposito. Né è stato modificato iltermine per proporre i suddetti mezzi di impugnazione. Impugnazioni: L’impugnazione per nullità è ammessa giusto il dispostodi cui all’art. 829, nonostante qualunque preventiva rinuncia, neicasi seguenti:

1) se la convenzione d’arbitrato è invalida, ferma la disposizionedell’articolo 817, co. 3;

2) se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modiprescritti dagli artt. 806-815, purché la nullità sia statadedotta nel giudizio arbitrale;

3) se il lodo è stato pronunciato da chi non poteva essere nominatoarbitro a norma dell’art. 812;

4) se il lodo ha pronunciato fuori dei limiti della convenzioned’arbitrato, ferma la disposizione dell’art. 817, quarto comma,o ha deciso il merito della controversia in ogni altro caso incui il merito non poteva essere deciso;

5) se il lodo non ha i requisiti indicati nei numeri 5), 6), 7)dell’art. 823;

6) se il lodo è stato pronunciato dopo la scadenza del terminestabilito, salvo il disposto dell’art. 821;

7) se nel procedimento non sono state osservate le forme prescrittedalle parti sotto espressa sanzione di nullità e la nullità nonè stata sanata;

8) se il lodo è contrario ad altro precedente lodo non piùimpugnabile o a precedente sentenza passata in giudicato tra leparti purché tale lodo o tale sentenza sia stata prodotta nelprocedimento;

9) se non è stato osservato nel procedimento arbitrale il principiodel contraddittorio;

10) se il lodo conclude il procedimento senza decidere il meritodella controversia e il merito della controversia doveva esseredeciso dagli arbitri;

11) se il lodo contiene disposizioni contraddittorie; 12) se il lodo non ha pronunciato su alcuna delle domande ed

eccezioni proposte dalle parti in conformità alla convenzione diarbitrato.

La parte che ha dato causa a un motivo di nullità, o vi harinunciato, o che non ha eccepito nella prima istanza o difesasuccessiva la violazione di una regola che disciplina lo svolgimentodel procedimento arbitrale, non può per questo motivo impugnare illodo. L’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative almerito della controversia è ammessa se espressamente disposta dalleparti o dalla legge. È ammessa in ogni caso l’impugnazione delle decisioni per contrarietàall’ordine pubblico. L’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al

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merito della controversia è sempre ammessa: 1) nelle controversie previste dall’art. 409; 2) se la violazione delle regole di diritto concerne la soluzione di

questione pregiudiziale su materia che non può essere oggetto diconvenzione di arbitrato.

Nelle controversie previste dall’art. 409, il lodo è soggetto adimpugnazione anche per violazione dei contratti e accordi collettivi.La Corte di Appello decide sull’impugnazione per nullità e, sel’accoglie, dichiara con sentenza la nullità del lodo. Se il vizioincide su una parte del lodo che sia scindibile dalle altre, dichiarala nullità parziale del lodo. Se il lodo è annullato per i motivi di cui all’articolo 829, commiprimo, numeri 5), 6), 7), 8), 9), 11) o 12), terzo, quarto quinto, lacorte d’appello decide la controversia nel merito salvo che le partinon abbiano stabilito diversamente nella convenzione di arbitrato ocon accordo successivo. Tuttavia, se una delle parti, alla data dellasottoscrizione della convenzione di arbitrato, risiede o ha lapropria sede effettiva all’estero, la corte d’appello decide lacontroversia nel merito solo se le parti hanno così stabilito nellaconvenzione di arbitrato o ne fanno concorde richiesta. Quando la Corte d’Appello non decide nel merito, alla controversia siapplica la convenzione di arbitrato, salvo che la nullità dipendadalla sua invalidità o inefficacia. Su istanza di parte anche successiva alla proposizionedell’impugnazione, la corte d’appello può sospendere con ordinanzal’efficacia del lodo, quando ricorrono gravi motivi. Ai sensi del nuovo art. 831 il lodo, nonostante qualsiasi rinuncia, èsoggetto a revocazione nei casi indicati nei numeri 1), 2), 3) e 6)dell’articolo 395, osservati i termini e le forme stabiliti nel librosecondo. Se i casi che precedono si verificano durante il corso del processodi impugnazione per nullità, il termine per la proposizione delladomanda di revocazione è sospeso fino alla comunicazione dellasentenza che abbia pronunciato sulla nullità. Il lodo è inoltre soggetto ad opposizione di terzo nei casi indicatinell’articolo 404. Le impugnazioni per revocazione e per opposizione di terzo sipropongono davanti alla Corte d’Appello nel cui distretto è la sededell’arbitrato, osservati i termini e le forme stabiliti nel librosecondo. La Corte d’Appello può riunire le impugnazioni per nullità,per revocazione e per opposizione di terzo nello stesso processo, selo stato della causa preventivamente proposta consente l’esaurientetrattazione e decisione delle altre cause.

L’ARBITRATO INTERNAZIONALELa legge 25/94 aveva introdotto nel codice di rito un apposito capodedicato alla disciplina dell’arbitrato cd. internazionale (artt.832-838). Esso era caratterizzato dalla sussistenza di una delle

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seguenti condizioni: che almeno una delle parti avesse la residenza (o la sede

effettiva) all’estero (ed. criterio soggettivo); che dovesse essere eseguita all’estero una parte rilevante delle

prestazioni nascenti dal rapporto al quale la controversia siriferisce (cd. criterio oggettivo).

Quando un arbitrato internazionale si svolgeva in Italia, esso eradisciplinato dalla legge italiana (salvo l’applicazione delleeventuali convenzioni internazionali, bilaterali o plurilaterali). L’art. 832 disponeva, appunto, che l’arbitrato internazionale eraregolato dalle norme sull’arbitrato interno (artt. 806-831), se nonderogate o integrate dalle disposizioni del «presente capo», cioèquello sull’arbitrato internazionale. Le disposizioni degli artt. 832 e ss. introducevano una particolaredisciplina per quanto riguarda:

la forma dell’accordo compromissorio (prevedendo un minoreformalismo);

la determinazione del diritto sostanziale applicabile; la lingua da utilizzare nel procedimento; la ricusazione degli arbitri; le modalità di deliberazione del lodo (può essere esclusa la

necessità della conferenza personale degli arbitri); la impugnabilità del lodo (è esclusa, tra l’altro, la possibilità

della revocazione e dell’opposizione di terzo, se le parti nonhanno diversamente convenuto).

Il D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ha tuttavia sostituito il Capo VI,già intitolato «Dell’arbitrato internazionale» (ed ora intitolato«Dell’arbitrato secondo regolamenti precostituiti»), abrogando glioriginari artt. 833-838 e modificando l’art. 832 attualmente di-sciplinante i regolamenti arbitrali precostituiti. Secondo ladottrina (CORSINI) tale eliminazione non suscita alcun rimpianto,venendo così meno ogni possibile fraintendimento circa l’esistenza diun tertium genus di arbitrato, oltre a quello interno ed estero(conosciuto anche come «commerciale internazionale»).

L’ARBITRATO ESTEROL’arbitrato estero è quello che si è svolto nel territorio di unoStato diverso da quello in cui deve essere riconosciuto ed eseguito(cfr. art.1 Conv. di New York del 10-6-1958). Secondo la leggeitaliana, l’arbitrato è estero quando la sede dell’arbitrato non èstata fissata in Italia (arg. ex artt. 816 co. 1 e 823 n. 5). La distinzione tra lodi nazionali e lodi esteri è importante inquanto il lodo interno è soggetto al procedimento di omologazione dicui all’art. 825, mentre il lodo estero è soggetto al procedimento diriconoscimento disciplinato dagli artt. 839-840. Per quanto riguarda la disciplina dei lodi stranieri, va tenutopresente che:

i presupposti per il riconoscimento e per l’esecuzione sono

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quelli fissati dall’art.2 e dalla Convenzione di New York; il procedimento per il riconoscimento e per l’esecuzione è

quello regolato dagli artt. 839 e 840. La legge 25/94 ha abrogato l’art. 800, che estendeva alle «sentenzearbitrali straniere» il procedimento di delibazione di cui agli artt.796 e ss. (peraltro abrogato dalla L. 218/95) ed ha introdotto unanuova disciplina, ora sostituita dalla Convenzione di Lugano 16ottobre 1988 resa esecutiva in Italia con L. 1° febbraio 1992, n.198, per il riconoscimento e l’esecuzione dei lodi stranieri. Inrealtà, gli artt. 839 e 840 hanno sostanzialmente recepito quanto giàdisposto dalla Convenzione di New York del 10-6-1958 sulriconoscimento dei lodi stranieri. La L. 218/95 sulla riforma del diritto internazionale privato, haprevisto, all’art. 4 che la giurisdizione italiana può essereconvenzionalmente derogata a favore di giudici o arbitri stranierisolo se la deroga è fatta per iscritto e si controverta su dirittidisponibili. Il riconoscimento va chiesto con ricorso al Presidente della Corted’appello, nella cui circoscrizione risiede l’altra parte (se taleparte non risiede in Italia, è competente la Corte d’appello diRoma). Il Presidente della Corte d’appello decide con decreto, dopo aververificato la regolarità formale del lodo. Il riconoscimento non può essere concesso:

se la controversia non può essere deferita ad arbitri, secondo lalegge italiana (cfr. gli artt. 806 e 808);

se il lodo contiene disposizioni contrarie all’ordine pubblico. Contro il decreto emesso dal Presidente della Corte d’appello èprevista un’opposizione dinanzi alla Corte d’appello. Il giudizio sisvolge secondo le stesse norme previste per l’opposizione a decretoingiuntivo e viene deciso con sentenza (impugnabile per cassazione).Si tratta, dunque, di un procedimento assai semplificato (comerichiesto dalla Convenzione di New York), ma che rispetta le lineefondamentali dell’ordinamento processuale italiano.

IL PROCESSO DEL LAVOROIl processo del lavoro differisce profondamente dagli altriprocedimenti, ed è ispirato alla tutela della parte più debole, cioèil prestatore di lavoro. Le sue caratteristiche principali sono le seguenti: a) Il giudice:La competenza per le controversie di lavoro in primo grado era delPretore, fino al 2-6-1999. Da tale data, divenendo efficace ilD.Lgs. 51/98, tale figura è stata soppressa e le relative competenzesono passate in via esclusiva al Tribunale in composizionemonocratica con funzione di giudice del lavoro (unico giudice togatodi primo grado). Il Tribunale è suddiviso in sezioni ed ogni due anni è designata la

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sezione alla quale vanno devolute le controversie in materia dilavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie. Esse sono trattate esclusivamente nella sede principale ai sensidell’art. 48quater ord. giud., introdotto anch’esso dal D.Lgs.51/98.

b) La concentrazione, immediatezza e oralità del procedimento: Queste finalità sono perseguite da una serie di disposizioni come,ad esempio, quella (art. 429) che impone al giudice di leggere inudienza il dispositivo, con la copia del quale si può procedereimmediatamente ad esecuzione (art. 431).

c) La struttura inquisitoria dell’istruzione:Pur restando ancora valido il principio della domanda per cui ilgiudice non può pronunciare senza domanda delle parti e oltre ilimiti di tali domande, tuttavia, per l’art. 421, egli può disporred’ufficio l’assunzione di «qualunque mezzo di prova, anche fuori deilimiti stabiliti dal codice civile, ad eccezione del giuramentodecisorio».

d) Effettiva gratuità del processo:Gli atti, i documenti e i provvedimenti per le controversie inmateria di lavoro sono esenti, senza limite di valore o dicompetenza, dall’imposta di bollo, di registro e da ogni spesa,tassa o diritto di qualsiasi specie e natura. Tale esenzione è estesa alla successiva fase di esecuzione forzata. Fondamentale, poi, è la possibilità per il lavoratore con un redditoinferiore a € 1.032,91 annui di far porre, a carico dello Stato, glionorari degli avvocati.

e) Esecutorietà della sentenza:Nel contesto del favore per il lavoratore, il codice stabiliva, giàprima della promulgazione ed entrata in vigore della L. 353/90, chele sentenze di condanna a favore del lavoratore, per creditiderivanti da rapporti di lavoro, sono provvisoriamente esecutive.Per effetto della riforma del codice di rito anche le sentenze chepronunciano condanna a favore del datore di lavoro sonoprovvisoriamente esecutive, secondo la regola generale dettata dalnuovo art. 282 per le sentenze di primo grado. Tuttavia solo per le prime è possibile procedere ad esecuzioneforzata sulla scorta del mero dispositivo (art. 431).

f) Partecipazione del sindacato al processo Il sindacato, nel processo del lavoro, ha un ruolo importante: puòessere interpellato dal giudice o dalle parti (artt. 421 e 425) edintervenire in udienza per fornire informazioni ed osservazioni,sia scritte che orali in merito alla controversia. Viene cosìribadita in materia processuale la funzione attribuita, dal puntodi vista del diritto sostanziale, ai sindacati dallo Statuto deilavoratori.

AMBITO DI APPLICAZIONE DEL RITO SPECIALEAi sensi dell’art. 409, la disciplina delle controversie individuali

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di lavoro si applica per tutte le controversie relative a: 1) rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti

all’esercizio di un’impresa; 2) rapporti di mezzadria, di colonia parziaria, di

compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore diretto,nonché rapporti derivanti da altri contratti agrari, salva lacompetenza delle sezioni specializzate agrarie;

3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altrirapporti di collaborazione che si concretino in una prestazionedi opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale,anche se non a carattere subordinato;

4) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgonoesclusivamente o prevalentemente attività economica;

5) ai rapporti di pubblico impiego, per i quali le leggi specialinon prevedano la giurisdizione di altro giudice. Ai sensidell’art. 68 D.Lgs. 29/93 (come modif. dal D.Lgs. 80/98) sonodevolute, infatti, al giudice del lavoro tutte le controversierelative ai rapporti di lavoro con la P.A., comprese lecontroversie relative a comportamenti antisindacali della P.A.Infatti, il D.Lgs. 3-2-1993, n. 29 ha stabilito che sono devo-lute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro,tutte le controversie riguardanti il rapporto di lavoro deidipendenti delle amministrazioni pubbliche. Il successivo D.Lgs.31-3-1998, n. 80 è intervenuto includendo le controversierelative alla selezione ed accesso al lavoro, al conferimentodel T.F.R. La decorrenza temporale del passaggio dallagiurisdizione del giudice amministrativo a quella del giudiceordinario per i pubblici dipendenti è fissata dall’art. 69 comma7° del D.Lgs. 30-3-2001, n. 165 che ha riproposto il contenutodell’abrogato art. 45 comma 17° del D.Lgs. 31-3-1998, n. 80.Tale norma attribuisce al giudice ordinario tutte lecontroversie relative a questioni attinenti al periodo delrapporto di lavoro successivo al 30 giugno] 998 e chiarisce chele controversie relative a questioni attinenti al periodo delrapporto di lavoro anteriore a tale data restano attribuite allagiurisdizione esclusiva dal giudice amministrativo solo quandosiano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre2000.

LA COMPETENZA E LE QUESTIONI DI RITOCompetente per materia per tutte le controversie di primo grado è ilTribunale in composizione monocratica in funzione di giudice dellavoro. Competente per territorio è il giudice nella cui circoscrizione èsorto il rapporto di lavoro, ovvero si trova l’azienda o la suadipendenza presso cui è o era addetto il lavoratore. Sono questi i fori alternativi previsti dall’art. 413, cui vaaggiunto, quale foro sussidiario, quello delle persone fisiche

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previsto dall’art. 18. L’ultimo comma dell’art. 413 dichiara nulle le clausole derogatoriedella competenza per territorio. Tale competenza è quindiinderogabile; tuttavia, ai sensi dell’art. 428 «l’incompetenza puòessere eccepita dal convenuto soltanto nella memoria difensiva di cuiall’art. 416 ovvero rilevata d’ufficio dal giudice non oltrel’udienza di cui all’art. 420».Passaggio dal rito ordinario al rito speciale (art. 426): Quando ilgiudice rileva che una causa promossa nelle forme ordinarie riguardauno dei rapporti previsti dall’art. 409 deve disporre il cambiamentodel rito con ordinanza, da comunicarsi anche al contumace; con taleordinanza vengono fissati l’udienza di discussione della causa di cuiall’art. 420 e il termine perentorio entro il quale le parti dovrannoprovvedere all’eventuale integrazione degli atti introduttivimediante deposito di memorie e documenti in cancelleria ai sensidegli artt. 413 e ss. Passaggio dal rito speciale al rito ordinario: Quando il giudicerileva che una causa promossa nelle forme del rito speciale riguardaun rapporto diverso da quelli previsti dall’art.409, occorredistinguere due ipotesi: a) se la causa rientra nella sua competenza, dispone laregolarizzazione degli atti con le disposizioni tributarie;

b) se la causa non rientra nella sua competenza, deve rimettere conordinanza la causa al giudice competente fissando un termineperentorio non superiore a trenta giorni per la riassunzione.

Le prove acquisite durante il rito speciale avranno l’efficaciaconsentita dalle norme ordinarie. Incompetenza del giudice: Quando una causa relativa a rapporti dilavoro sia proposta davanti ad un giudice incompetente, laincompetenza può essere eccepita dal convenuto soltanto nellacomparsa di risposta, ovvero rilevata dal giudice d’ufficio non oltrel’udienza di discussione della causa. Quando l’incompetenza sia stata in tal modo eccepita o rilevata, ilgiudice rimette la causa al Tribunale competente in funzione digiudice del lavoro, fissando un termine perentorio non superiore a 30giorni per la riassunzione con rito speciale.

IL TENTATIVO OBBLIGATORIO DI CONCILIAZIONEIl D.Lgs. 31-3-1998, n. 80 oltre a riformare la materia del pubblicoimpiego, ha apportato altresì significative modifiche in materia ditentativo di conciliazione soprattutto allo scopo di deflazionare icarichi di lavoro degli organi giudicanti. Antecedentemente, iltentativo di conciliazione disciplinato dall’atto 410, di carattereextragiudiziale, era meramente facoltativo e non precludeva l’iniziodel processo. Attualmente, invece, l’art. 410 (come riformato dalD.Lgs. 80/98) prevede che il tentativo di conciliazioneextragiudiziale sia obbligatorio. Pertanto, chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai

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rapporti di lavoro di cui all’art. 409 deve: avvalersi delle procedure di conciliazione eventualmente

previste dai contratti o accordi collettivi; o, non intendendo avvalersi delle suddette procedure,

promuovere, anche tramite l’associazione sindacale diappartenenza, il tentativo di conciliazione presso lacommissione di conciliazione nella cui circoscrizione si troval’azienda.

L’art. 412bis (introdotto dal D.Lgs. 80/98 e modificato dal D.Lgs.29-10-1998, n. 387) definisce il tentativo obbligatorio diconciliazione condizione di procedibilità della domanda.L’improcedibilità deve essere eccepita nella memoria difensiva e puòessere rilevata d’ufficio dal giudice non oltre l’udienza didiscussione della causa. Il giudice, ove rilevi che non è stato promosso il tentativo diconciliazione ovvero che la domanda giudiziale è stata presentataprima dei 60 giorni dalla promozione del tentativo stesso, sospendeil giudizio e fissa alle parti il termine perentorio di 60 giorni perpromuovere il tentativo di conciliazione. Trascorso l’ulterioretermine di 60 giorni dalla presentazione della richiesta il processodeve essere riassunto entro il termine perentorio di 180 giorni: oveil processo non sia tempestivamente riassunto, il giudice dichiarad’ufficio l’estinzione del processo con decreto cui si applica ladisposizione di cui all’art. 308. Competente per territorio è la Direzione Provinciale del Lavoro delluogo in cui è sorto il rapporto di lavoro ovvero si trova l’aziendao una sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso laquale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto. Il D.Lgs. 80/98, sempre al fine di deflazionare il contenzioso delgiudice del lavoro, ha previsto la possibilità (nel caso di esitonegativo della conciliazione) di ricorrere ad arbitri, superando ildivieto assoluto sancito dal codice della materia lavorativa (art.412ter). Infine il successivo art. 412quater attribuisce la competenza alTribunale in unico grado e in funzione di giudice del lavoro agiudicare sulla validità del lodo. Il giudice, accertata laregolarità formale del loro, lo dichiara esecutivo con decreto.

IL PROCEDIMENTO: LA FASE INTRODUTTIVAIl processo si svolge oralmente. Gli unici atti scritti sono: ilricorso, la memoria difensiva del convenuto e la sentenza. Anziché con la normale citazione ad udienza fissa richiesta per ilgiudizio ordinario, tutte le controversie in materia di lavoro siiniziano con ricorso, ossia con un atto che si presenta prima algiudice e poi viene notificato alla parte. Il ricorso deve contenere (art. 414):

l’indicazione del giudice; le generalità del ricorrente e del convenuto, nonché la elezione

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di domicilio del ricorrente nel comune in cui ha sede il giudiceadito;

la determinazione dell’oggetto della domanda; l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si

basa la domanda stessa con le relative conclusioni; l’indicazione specifica, a pena di decadenza, dei mezzi di prova

di cui il ricorrente intende avvalersi e in particolare deidocumenti che si offrono in comunicazione.

Le Sezioni Unite della Cassazione - nella pronuncia del 17 giugno2004, n. 11353 - hanno evidenziato che nel rito del lavoro ilricorrente deve indicare ex art. 414 n. 4 nel ricorso introduttivodella lite - analogamente a quanto stabilito per il giudizioordinario dal disposto dell’art. 163 n. 4 - gli elementi di fatto edi diritto posti a base della domanda, ragion per cui la mancataottemperanza a tale obbligo legislativo comporta la nullità delricorso, da ritenersi comunque sanabile ex art. 164, comma 5. Il ricorso coi documenti è depositato nella cancelleria del giudicecompetente; il cancelliere provvede all’iscrizione della causa aruolo e presenta il fascicolo al giudice. Questi, entro 5 giorni daldeposito del ricorso (termine ordinatorio), fissa con decreto, chedeposita in cancelleria senza comunicarlo, l’udienza di discussione,alla quale le parti sono tenute a comparire personalmente: tra ilgiorno del deposito del ricorso e l’udienza di discussione non devonotrascorrere più di 60 giorni (termine ordinatorio). L’attore deve poi provvedere alla notificazione del ricorso alconvenuto entro 10 giorni dalla data del decreto, in maniera che trala data di notificazione e quella dell’udienza di discussioneintercorra un termine non inferiore a 30 giorni. Il convenuto deve costituirsi almeno 10 giorni prima dell’udienza,mediante deposito in cancelleria di una memoria difensiva in cui,oltre a dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune incui ha sede il giudice adito, egli deve:

proporre, a pena di decadenza, le eventuali domandericonvenzionali, nonché

le eccezioni in senso proprio processuali e di merito che nonsiano rilevabili d’ufficio (es. prescrizione); sono sempreproponibili, invece, le mere difese e, secondo la dottrinaprevalente e parte della giurisprudenza di legittimità, leeccezioni in senso ampio; secondo altro orientamentogiurisprudenziale, invece, anche i fatti fondanti le eccezionirilevabili d’ufficio devono essere tempestivamente allegati dalresistente nella memoria difensiva;

prendere posizione in maniera precisa e non limitata a unagenerica contestazione, circa i fatti affermati dall’attore afondamento della domanda; la pacificità di un fatto (conconseguente esonero dal relativo onere di prova) può anchederivare dalla mancata contestazione del fatto costitutivo nella

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memoria difensiva in primo grado e in appello in relazioneall’onere posto dagli artt. 416 comma 3 e 436 comma 2, a carico,rispettivamente, del convenuto e dell’appellato, di prendereposizione in maniera precisa e non limitata ad una genericacontestazione circa i fatti affermati dall’attore a fondamentodella domanda e di compiere una dettagliata esposizione di tuttele sue difese (si tratta, peraltro, di un principio ormaigeneralizzato e quindi operante in tutte le controversie civilie non soltanto in quelle rientranti nella materia del lavoro;l’art. 115, come riformato dall’art. 45 della legge n. 69/2009,difatti, ha esplicitamente posto a carico del convenutocostituito l’onere di contestare specificamente le allegazionidi controparte, stabilendo che, in caso di omessa contestazione,il giudice può porre a fondamento della propria decisione ilfatto pacifico);

proporre tutte le sue difese in fatto e in diritto; indicare specificamente, a pena di decadenza, i mezzi di prova

dei quali intende avvalersi ed in particolare i documenti chedeve con testualmente depositare. Peraltro, secondo laconsolidata opinione della Cassazione i documenti possono essereprodotti, quali prove precostituite, nel corso dello svolgimentodell’intero giudizio di primo grado e, persino, in appello. Peraltro, se secondo un orientamento per lungo tempo prevalentedella Cassazione i documenti potevano essere prodotti, qualiprove precostituite, nel corso dello svolgimento dell’interogiudizio di primo grado e, persino, in appello, prevale attual-mente l’impostazione più restrittiva secondo cui l’omessaindicazione nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado,ovvero nella comparsa di risposta, dei documenti, ancheattinenti ad eccezioni rilevabili d’ufficio, nonché il loromancato deposito insieme a detti atti, anche se in questiespressamente indicati, producono la decadenza dal diritto diprodurli nel corso del giudizio, salvo che si tratti didocumenti formati successivamente alla sua instaurazione o chela relativa produzione sia giustificata dallo sviluppo delgiudizio e sia ritenuta dal giudice indispensabile per ladecisione (Cass. S.D. 20 aprile 2005, n. 8202).

Se il convenuto ha proposto domanda riconvenzionale deve chiedere,nella comparsa stessa, a pena di decadenza, che il giudice fissi unanuova udienza di comparizione a modifica di quella in precedenzafissata, udienza che non può essere fissata oltre il cinquantesimogiorno (termine ordinatorio) dalla presentazione della comparsacontenente la riconvenzionale. Il nuovo decreto contenente lafissazione dell’udienza va notificato, insieme alla comparsa dirisposta, all’attore a cura dell’ufficio entro 10 giorni dallapronuncia del decreto di fissazione della nuova udienza e, comunque,almeno 25 giorni prima di tale udienza (art. 418).

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In genere, le parti stanno in giudizio con l’assistenza di undifensore e con la rappresentanza di un procuratore. L’art. 417ammette, tuttavia, le parti a stare in giudizio personalmente quandoil valore della causa non superi e 129,11. In tal caso l’attore puòproporre la domanda anche verbalmente davanti al giudice che ne faredigere processo verbale.

LA FASE ISTRUTTORIAL’udienza di discussione fissata dal giudice costituisce il fulcro ditutto il procedimento, in quanto serve a creare il primo contatto frale parti e a consentire al giudice l’interrogatorio libero ed iltentativo di conciliazione. A questo scopo è espressamente stabilitol’obbligo di comparizione personale delle parti, e dalla cui mancanzail giudice può trarre valutazioni ai fini della decisione (art. 116).Se, invece, le parti sono presenti nell’udienza fissata per ladiscussione della causa, il giudice le interroga liberamente suifatti della causa e tenta la conciliazione della lite. Ciascuna partepuò pertanto farsi rappresentare da un procuratore speciale ogenerale il quale deve essere a conoscenza dei fatti di causa edavere il potere di conciliare o transigere la controversia (art.420). Nel corso dell’udienza di discussione, le parti possono modificare ledomande, eccezioni e conclusioni già formulate, ma soltanto sericorrono gravi motivi e previa autorizzazione del giudice (art.420). Non è invece consentita la proposizione di domande nuove. Durante tale udienza il giudice ammette, se rilevanti, i mezzi diprova dedotti dalle parti. Nel rito del lavoro, il giudice dispone di poteri istruttorid’ufficio molto più ampi di quelli normali. In particolare, ilgiudice:

a) indica alle parti in ogni momento le irregolarità degli atti edei documenti, che possono essere sanate, assegnando un termineper provvedervi, salvi eventuali diritti quesiti (art. 421);

b) può disporre d’ufficio in qualsiasi momento l’ammissione di ognimezzo di prova, anche fuori dai limiti stabiliti dal codicecivile, ad eccezione del giuramento decisorio (art. 421);l’esercizio del potere d’ufficio del giudice, pur in presenza digià verificatesi decadenze o preclusioni e pur in assenza di unaesplicita richiesta delle parti in causa, non è meramentediscrezionale, ma si presenta come un poteredovere, sicché ilgiudice (del lavoro) non può limitarsi a fare meccanicaapplicazione della regola formale del giudizio fondatasull’onere della prova, avendo l’obbligo - in ossequio a quantoprescritto dall’art.134, ed al disposto di cui all’art.111 Costosul «giusto processo regolato dalla legge» - di esplicitare leragioni per le quali reputi di far ricorso all’uso dei poteriistruttori o, nonostante la specifica richiesta di una delleparti ritenga, invece, di non farvi ricorso (Cass. S.U. 17

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giugno 2004, n. 11353); c) può disporre, se necessario, al fine dell’accertamento dei

fatti, su istanza di parte, l’accesso sul luogo di lavoro ealtresì disporre, ravvisatane l’opportunità, l’esame ditestimoni sul luogo stesso (art. 421);

d) può ordinare, ove lo ritenga necessario, la comparizione, perinterrogarle liberamente sui fatti della causa, anche di quellepersone che siano incapaci di testimoniare ex art.246;

e) può richiedere informazioni e osservazioni, sia scritte cheorali, alle associazioni sindacali indicate dalle parti.

LA FASE DECISORIA: LA SENTENZARaccolte le prove, il giudice invita le parti alla discussione orale,al termine della quale ciascuna precisa le proprie conclusioni. Nellastessa udienza il giudice pronuncia la sentenza, dando lettura deldispositivo. L’omessa lettura del dispositivo in udienza determina lanullità della sentenza. La sentenza - completa di dispositivo e di motivazione - deve esseredepositata in cancelleria entro 15 giorni (termine ordinatorio) dallapronuncia. Il cancelliere, quindi, ne dà immediata comunicazione alleparti. La disciplina delle modalità di pubblicazione delle sentenzeemesse all’esito di procedimenti trattati con il rito del lavoro èstata modificata dall’art. 53 del D. L. 112/2008, conv. in legge n.133/2008, il quale ha sostituito il primo comma dell’art. 421. Lanuova disposizione prevede che nell’udienza il giudice, esaurita ladiscussione orale e udite le conclusioni delle parti, pronunciasentenza con cui definisce il giudizio dando lettura del dispositivoe della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della deci-sione. La sentenza, quindi, deve essere contestuale, e pertanto deveessere letta integralmente (cioè sia con riferimento al dispositivoche alle motivazioni) al termine dell’udienza. Lo scopo della norma -che è entrata in vigore il 25 giugno 2008 e che, in assenza di unaspecifica disciplina transitoria, si deve ritenere applicabile ancheai giudizi già pendenti in tale data - è chiaramente quello difavorire la celere definizione dei processi, atteso che in passato iltermine ordinatorio di 15 giorni per il deposito delle motivazioniera rispettato. Va comunque evidenziato che, in caso di particolarecomplessità della controversia, la legge riserva al giudice lapossibilità di fissare nel dispositivo un termine, non superiore asessanta giorni, per il deposito della sentenza. Il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna (del datore dilavoro) al pagamento di somme di danaro per crediti di lavoro deveanche determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il dannoche è derivato al lavoratore dalla svalutazione monetaria,condannando il datore al pagamento della relativa somma condecorrenza dalla data di maturazione del diritto. Il criterio seguitoè quello offerto dall’indice dei prezzi calcolato dall’ISTAT per lascala mobile dei lavoratori dell’industria (art. 150 disp. att.).

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L’APPELLOLa devoluzione al Tribunale in composizione monocratica dellecontroversie in materia di lavoro, ad opera del D.Lgs. 51/98, hacomportato, in ossequio al principio per il quale il giudizio diimpugnazione va attribuito all’ufficio giudiziario immediatamentesuperiore, che l’appello avverso le sentenze in materia di lavoro vaproposto con ricorso ed attribuito alla Corte d’Appelloterritorialmente competente (art. 433).Sono comunque inappellabili le sentenze che hanno deciso unacontroversia di valore non superiore a € 25,82 (che, però, sonoimpugnabili in Cassazione a norma dell’art. 111 Cost.). LE CONTROVERSIE IN MATERIA DI PREVIDENZA E ASSISTENZA OBBLIGATORIE

Il rito speciale dettato dagli artt. 409 e ss., nel nuovo testomodificato dalla legge 11-8-1973 n. 533, in virtù dell’espressaestensione formulata dall’art. 442, si applica altresì in tutti iprocedimenti aventi ad oggetto controversie in materia di previdenzae assistenza obbligatorie. Tali controversie sono di tre tipi:

a) controversie derivanti dall’applicazione delle norme riguardantile assicurazioni sociali, gli infortuni sul lavoro, le malattieprofessionali e gli assegni familiari;

b) controversie derivanti dall’applicazione delle norme cheriguardano ogni altra forma di previdenza e di assistenzaobbligatoria;

c) controversie relative alla inosservanza degli obblighi diassistenza e di previdenza derivanti da contratti e accordicollettivi.

L’unica eccezione alla regola secondo cui le controversie in materiadi previdenza e assistenza obbligatorie devono essere trattate con ilrito del lavoro è costituita dalle cause relative agli interessi oaccessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali oassistenziali, per le quali è competente per materia - e cioè aprescindere dal valore della causa - il giudice di pace (ai sensidell’art. 7, comma 3, n. 3bis, introdotto dalla legge n. 69/2009),con la conseguenza che in tali giudizi trova applicazione il ritoordinario e non quello speciale. Per quanto concerne il procedimento, valgono, al riguardo, le stessenorme già esaminate per le controversie di lavoro, con questeparticolarità:

la domanda non è procedibile se non siano esauriti i procedimentiprescritti da leggi speciali per la composizione in sedeamministrativa o siano decorsi i termini ivi fissati per ilcompimento dei procedimenti stessi o siano, comunque, decorsi 180giorni dalla data in cui è stato proposto il ricorsoamministrativo;

giudice competente per tali controversie è soltanto il Tribunalein funzione di giudice di lavoro nella cui circoscrizione

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risiede l’attore. Ai sensi dell’art. 444, comma 1 (nellaformulazione introdotta dall’arto. 47 della legge n. 69/2009, sel’attore è residente all’estero la competenza è del tribunale,in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizionel’attore aveva l’ultima residenza prima del trasferimentoall’estero ovvero, quando la prestazione è chiesta dagli eredi,nella cui circoscrizione il defunto aveva la sua ultimaresidenza.

La Corte costituzionale (sent. n. 156 del 12-4-91) ha dichiaratol’illegittimità dell’art. 442 nella parte in cui non prevede che ilgiudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di sommedi denaro per crediti relativi a prestazioni di previdenza sociale,deve determinare, oltre gli interessi, il maggior danno eventualmentesubito dal titolare per la diminuzione del valore del suo credito,applicando gli indici ISTAT per la scala mobile. In virtù di tale sentenza, il regime dei crediti previdenziali èstato pertanto equiparato a quello dei crediti di lavoro.

LE CONTROVERSIE RISARCITORIE PER MORTE O LESIONI CONSEGUENTI AD IN CIDENTI STRADALI

La legge 21 febbraio 2006, n. 102 (in vigore dallo aprile 2006) -intitolata «Disposizioni in materia di conseguenze derivanti daincidenti stradali» -, al fine di assicurare un più celeresvolgimento dei processi civili, ha previsto all’art. 3 che allecause relative al RISARCIMENTO DEI DANNI PER MORTE O LESIONI,conseguenti ad incidenti stra dali , si applicano le norme processualidi cui al libro II, titolo IV, capo I del codice di procedura civile,vale a dire il rito speciale del lavoro di cui ai paragrafi cheprecedono. Secondo la prevalente dottrina (CAPONI; contra MIRENDA) ilnuovo regime processuale di cui alla legge n. 102/2006 trovaapplicazione ai soli procedimenti introdotti dopo il 1° aprile 2006,data di entrata in vigore della legge succitata, con la conseguenteprosecuzione dei processi relativi al risarcimento di danni allapersona da incidenti stradali introdotti prima di tale data secondoil «rito ordinario», sia in primo che in secondo grado. Quanto alla assenza di una specifica disciplina per l’ipotesi(ricorrente nella quasi totalità dei casi) di proposizione nellostesso processo sia di domande per RISARCIMENTO DI DANNI «PER MORTE OLESIONI» SIA DI DOMANDE PER RISARCIMENTO DI DANNI A COSE DERIVANTIDALLO STESSO SINISTRO: al riguardo l’interpretazione preferibile afini di economia processuale così come in termini di ratio legissembra quella che consente il simultaneus processus, relativo ai duetitoli risarcitori, disciplinato dal rito del lavoro e ciò sullascorta anche della concezione unitaria e della normaleinfrazionabilità della domanda risarcitoria, dovendo altrimentiprevalere il «rito ordinario» (vale a dire quello introdotto concitazione) in via di applicazione analogica dell’art. 40 comma 3 delcodice di rito.

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Come già evidenziato nell’introduzione, l’art. 53 della legge n.69/2009 ha abrogato l’art. 3 della legge n. 102/2006, sicché le causerelative al RISARCIMENTO DEI DANNI PER MORTE O LESIONI conseguenti adincidenti stradali devono essere trattate con il RITO ORDI NARIO .Quanto alla disciplina transitoria, occorre rilevare che, perespressa previsione normativa, il rito speciale del lavoro continuaad applicarsi, secondo quanto previsto dall’art. 3 cit., a tutte lecontroversie risarcitorie pendenti alla data di entrata in vigoredella legge n. 69/2009; tuttavia, se tali controversie sono stataintrodotte erroneamente con il rito ordinario e il giudice, sino alladata di entrata in vigore della legge, non ha ancora disposto ilmutamento del rito ai sensi dell’art. 426, continua ad applicarsi ilrito ordinario.

LUPOI - BIAVATII REGOLAMENTI EUROPEI IN MATERIA DI PROCESSO CIVILE

Il rapporto fra diritto comunitario e diritto nazionale, al quale nonsi sottrae il diritto processuale, si connota da due criteri: 1)supremazia; 2) immediata applicazione. Fonti normative e giurisprudenziali rilevanti:

1. Trattato di Roma, art. 293 (già 220), che promuoveva ilriconoscimento e la circolazione delle decisioni giudiziarie frai paesi membri;

2. Convenzione di Bruxelles, del 27 settembre 1968, sullacompetenza giurisdizionale ed il riconoscimento e l’esecuzionedelle sentenze in materia civile e commerciale.

3. Protocollo di Lussemburgo del 3 giugno 1973, che attribuì ilcompito di interpretare in modo uniforme la convenzione allaCorte di Giustizia delle Comunità europee;

4. Giurisprudenza della Corte di giustizia in applicazione dellenorme comunitarie;

5. Numerose direttive comunitarie che hanno investito la normativaprocessuale (es. 29 giugno 2000 sui ritardi nei pagamenti nellatransazioni commerciali);

6. Art. 65 del trattato Ce introdotto ad Amsterdam relativo alla“cooperazione giudiziaria civile”, in materia di notifiche,prove, compatibilità di regole, eliminazione degli ostacoli.Elenco dei regolamenti:

a) Reg. Ce. 44/01 del 22 dicembre 2000, sulla competenzagiurisdizionale e il riconoscimento e l’esecuzione delledecisioni in materia civile e commerciale;

b) Reg. Ce. 2201/03 del 27 novembre 2003, relativo allacompetenza, al riconoscimento e all’esecuzione delledecisioni in materia matrimoniale e in materia diresponsabilità genitoriale;

c) Reg. Ce. 805/04 del 21 aprile 2004, relativo al titoloesecutivo europeo;

d) Reg. Ce. 1896/06 del 12 dicembre 2006, relativo al

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procedimento europeo di ingiunzione di pagamento.7. Direttiva 5/98/Ce del 16 febbraio 1998, sul diritto di

stabilimento degli avvocati in un paese diverso dell’Unioneeuropea da quello in cui hanno conseguito l’abilitazioneprofessionale, attuato in Italia con il d. lgs. nr. 96 del 2febbraio 2001;

8. Decisione del Consiglio del 28 maggio 2001, ha istituito la Retegiudiziaria europea, finalizzata a facilitare i rapportireciproci e lo scambio di informazioni;

9. Trattato costituzionale europeo, firmato a Roma il 29 ottobre2004 ed il Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, secondo cuil’Unione europea e competente in materia di “cooperazione inmateria civile”.

Il rapporto fra i diritti processuali nazionali e il dirittocomunitario è di autonomia procedurale, ovvero: 1) da un lato sussistepiena libertà per il legislatore interno; 2) dall’altro questaautonomia deve tenere contro della supremazia del diritto comunitarioe assicurare una tutela effettiva ed adeguata ai diritti chediscendono dal sistema europeo, ovvero le norme nazionali non possonorendere eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti discendentidall’ordinamento dell’Unione europea.