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Boll. Soc. Geol. It.,103 (1984), 311-326, 8 //., 1 tav.
ASSOCIAZIONI DI FACIES E LINEAMENTI EVOLUTIVI GENERALI DEL «COMPLESSO TORBIDITICO ALTOMIOCENICO LAZIALE-ABRUZZESE»
Nota dei Soci P ie r o B e l l o t t i (*), B r u n a L a n d in i (*) & P u b lio V a le r i (*)
ABSTRACT
The Latium and western Abruzzi “turbiditic complex" consists of four main basins oriented from N-S to NW-SE (Apennine trend).
The four basins were conventionally named as follows:
a) Salto-Turano Trough to thè north;b) Aniene-Sacco Trough to thè west;c) Liri Trough in thè middle;d) Tagliacozzo Trough, east of c).
The terrigenous deposition of hemipelagic sedi- m ents ("Marne ad Orbulina” Formation) started in thè upper Serravallian, extending upward along with turbiditic sediments, up to thè end of thè Tortonian. The turbiditic sediments show a widely articulated "deep sea fan ” constitution with both a distributary area and depositional apparatus differently developed in each basin. The Salto-Turano basin is connected southward with thè other three troughs, whereas thesc are separated by carbonatic shelf ridges.
Within thè Salto-Turano Basin, arenaceous facies are widespread with an erosive basai contact and "thinning and fining upward sequences". Minor pelitic- arenaceous facies are sometimes present. The Aniene- Sacco Basin in thè northern area is mainly characterized by sand bodies while its centrai and southern area consists mostly of “outer-fan lobes" passing to fringe pelitic-arenaceous facies toward S and W.
The vertical sequence of thè Aniene-Sacco turbidite shows a "progradational" (coarsening-up) turbidite suite. Interlobe and fringe facies prevail into thè Liri
(*) Istituto di Geologia e Paleontologia dell'Università degli Studi «La Sapienza» di Roma.
Il lavoro è stato eseguito con il contributo C.N.R. - Ctb. 82. 02455.p5 / 11500405 ed è stato svolto in collaborazione dai tre Autori; B. L a n d i n i si è particolarmente interessata dell'interpretazione aerofotogeologica, P. B e l l o t t i & P. V a l e r i hanno curato il rilevamento e l’interpretazione dei dati di campagna.
Trough and represent thè first term of thè turbiditic sequence. Outer-fan lobes over top and are partly interbedded with thè previous sediments. Channelized sand bodies are unnoticeable.
Proximal lobes and subordinate channelized sediments at top of thè sequence fili thè Tagliacozzo Basin.
In thè southern part of thè trough distai lobes and fringe facies most probably underlie to thè Neozoic alluvial sediments.
The paleocurrent patterns show that clastic m aterial flowed into thè basin N to S and NW to SE. However a provenance from a western geographycal area could be hypotized on thè basis of some petrographic data (from a fragment of thè alpine chain to be localized, during Cainozoic, in thè Tyrrhenian Sea an d /o r from thè Sicilide and Liguride folds).
The “turbidite complex” of Latium and western Abruzzi consists of sandy deep sea fan growing during thè Tortonian into elongate troughs in thè carbonatic Mesozoic basement, thus leading thè turbiditic body to assume thè geometry of a “chocked fan” in which physiographic elements appear to be distorted and developed in anomalous way; moreover thè sediments are often partially covered by overthrusts of Mesozoic ridges.
RIASSUNTO
I depositi torbiditici miocenici del Lazio e dell'Abruzzo occidentale colmano un’am pia depressione (compresa tra i Monti Sabini ed i rilievi dell’Aquilente) connessa verso sud con tre depressioni strette ed allungate in direzione appenninica anch’esse colmate da sedimenti torbiditici. Queste ultime sono separate da dorsali carbonatiche mesozoiche, tettonicam ente rialzate da fenomeni già attivi durante la sedimentazione tor- biditica.
Le quattro depressioni sono state qui definite convenzionalmente:
a) bacino del Salto-Turano; quella più settentrionale e dalla quale si dipartono le altre depressioni;
312 P I E R O B E L L O T T I , B R U N A L A N D IN I & P U B L I O V A L E R I
b) bacino dell’Aniene-Sacco; quella più occidentale, com presa tra i Monti Prenestini-Lepini-Ausoni ad W ed i Simbruini-Emici-Monte Cairo ad E;
c) bacino del Liri; compreso tra i Monti Simbruini- Emici-M onte Cairo ad W ed i Monti Carseolani-Marsi- cani ad E;
d) bacino di Tagliacozzo; il più orientale, compreso tra i Monti Carseolani ad W e la dorsale del Monte Faìto-Monte Val di Varri ad E.
L’insieme di questi quattro bacini costituisce il «complesso torbiditico laziale-abruzzese» caratterizzato da un deposito tipo conoide affogata nella quale i clasti venivano immessi da uno о più canyons siti nella parte settentrionale del sistema stesso. I clasti così immessi venivano dispersi da N a S e da NW a SE, costruendo un insieme di «deep sea fan» i cui lineamenti fisiogra- fici derivano dalla particolare morfologia dei bacini e dalla attiva tettonica sinsedimentaria.
In questo complesso si riconosce, tuttavia, un’area in cui prevalgono facies arenacee canalizzate e ridotte facies di tracimazione, collocata per lo più nel bacino del Salto-Turano e nella parte settentrionale di quello dell’Aniene-Sacco, nonché sedimenti di apparato deposizionale diffusi nella parte centrale e meridionale di quest’ultimo bacino e negli altri due.
Nel bacino dell’Aniene-Sacco l’apparato deposizionale è costituito da facies di lobo ben sviluppate e da facies pelitico-arenacee diffuse prevalentem ente nella parte distale e subordinatam ente sul bordo occidentale.
Nel bacino del Liri sono, invece, più diffuse le facies pelitico-arenacee e solo alla sommità della sequenza compaiono prevalentem ente quelle arenaceo-pelitiche ed arenacee.
Il bacino di Tagliacozzo m ostra per lo più facies di lobo prossimale, m entre le facies più distali sono probabilmente sepolte sotto i sedimenti quaternari continentali dell’Alveo del Fùcino. Anche in questo bacino le facies più prossimali (alcuni corpi canalizzati) compaiono al tetto della sequenza torbiditica.
Sulla base dei dati petrografici finora noti si è ipotizzata una о più sorgenti dei clasti in aree tirreniche per cui il complesso torbiditico laziale-abruzzese rappresenta un deposito ad alimentazione trasversale rispetto alla direzione di scorrimento dei flussi.
T e r m in i ch ia v e : bacini, torbiditi, tettonica.
INTRODUZIONE
I sedimenti torbiditici, che riempiono gran parte delle depressioni esistenti tra le strutture carbonatiche dell’Appennino centrale, sono stati spesso oggetto di studio già negli scorsi decenni, tuttavia il notevole sviluppo che negli ultimi anni hanno avuto le ricerche sia nei bacini torbiditici attuali, sia in formazioni antiche, impone una revisione talvolta completa dei sedimenti torbiditici già noti.
In quest’ottica si stanno compiendo varie ricerche relative ai «bacini minori» (C enta- m o r e et al., 1978) sia dell’Appennino marchigiano che di quello laziale-abruzzese.
Con questo lavoro ci si propone di fornire per la prim a volta una visione d ’insieme della distribuzione delle associazioni di facies tor- biditiche e dei loro rapporti spaziali nei « bacini minori» del versante tirrenico dell’Appennino laziale-abruzzese, fornendo su tale base una ipotesi evolutiva dei bacini stessi.
In questa nota useremo l’accezione «complesso torbiditico laziale-abruzzese» per identificare l’insieme delle depressioni presenti nel- l’assise carbonatica del Lazio e dell’Abruzzo tirrenico e che nel Miocene medio-superiore sono state sede di deposizione torbiditica (fig. 1). Tali depressioni verranno chiamate come segue:
a) bacino del Salto-Turano, compreso tra il Lago del Turano ed i rilievi dell’Aquilente e della catena del Velino.
b) bacino dell’Aniene-Sacco, compreso tra i Monti Prenestini-Lepini-Ausoni ad occidente ed i Monti Simbruini-Emici ad oriente.
c) bacino del Liri, compreso tra i Monti Simbruini-Emici ad occidente ed i Monti Car- seolani-Marsicani ad oriente.
d) bacino di Tagliacozzo, compreso tra i Monti Carseolani ad occidente e la dorsale Monte Faìto-Monte Val di Varri ad oriente.
Questo studio e la relativa cartografia si basano sulla Carta Geologica d'Italia, scala 1:100000 e 1:50000, sulla revisione di lavori specifici pubblicati, ai quali verrà fatto riferimento di volta in volta, su rilevamenti inediti degli Autori, quali quelli relativi al bacino del Salto-Turano e alla parte meridionale dei bacini dell’A- niene-Sacco e del Liri, sull’analisi fotointerpretativa di tutte le aree esaminate.
Come è visibile in fig. 1 i bacini sono caratterizzati generalmente da una forma stretta ed allungata in direzione appenninica. Tale forma attuale, che rispecchia la situazione tettonica presente ad oriente della «Ancona-Anzio», non si discosta molto da quella esistente nel Miocene a prescindere dal restringimento dei solchi dovuto alla componente traslativa delle strutture carbonatiche verso NE (Accordi, 1966).
Siamo quindi in presenza di un complesso torbiditico che si è sviluppato interam ente in bacini ristretti e fortemente controllati da una
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Fig. 1 - La figura m ostra la disposizione geografica dei quattro bacini torbiditici che costituiscono il «complesso torbiditico laziale-abruzzese»: a) bacino del Salto-Turano; b) bacino dell’Aniene-Sacco; c) bacino del Liri; d) bacino di Tagliacozzo.
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tettonica pre e sinsedimentaria; pertanto esso non presenta i lineamenti geometrici tipici delle conoidi di m are profondo.
Tutto il sistema torbiditico presenta un trend di prossimalità-distalità da NW a SE, sia nello spessore dei sedimenti che nella distribuzione generale delle facies; ciò è anche in accordo con il modello delle paleocorrenti che indica un verso di scorrimento preferenziale secondo la stessa direttrice.
La stratigrafia presenta caratteristiche per lo più simili in tutto il sistema; la sequenza miocenica è quella nota in letteratura con i calcari a Briozoi e Litotamni, trasgressivi sui sedimenti della piattaform a mesozoica, che fanno quasi ovunque da base ai sedimenti terrigeni (fa eccezione la zona nord-occidentale dove sono presenti le facies sabine). La sequenza terrigena è costituita dalla formazione delle «Marne ad Orbulina», di età serravallia- no-tortoniana, e dai sedimenti torbiditici tor- toniani. Al tetto non sono presenti altre facies marine, fatta eccezione per le «Argille Caotiche» nella media e bassa Valle Latina e per alcuni piccoli delta-conoidi (A n g e lu c c i, 1966; P a r o t t o & P r a t u r l o n , 1975).
Nonostante queste caratteristiche comuni a tu tto il complesso, i quattro bacini presentano tra loro alcune differenze.
Descriviamo qui di seguito le caratteristiche salienti dei singoli bacini.
A) BACINO DEL SALTO-TURANO
Si identifica con questo termine l’area compresa nel bacino idrografico del Fiume Turano, nel tratto tra Carsoli e Castel di Torà, e del Fiume Salto tra la diga del lago omonimo e Pesco- rocchiano.
Il bacino del Salto-Turano misura poco più di 20 km di lunghezza, circa 18 di larghezza e rappresenta l’area apicale comune ai tre bacini che verranno in seguito descritti. Esso può essere suddiviso in una parte occidentale, compresa tra i Monti Sabini ad W e la dorsale del Monte Cervia-Monte Navegna ad E ed in una parte orientale com presa tra quest’ultima dorsale ad W ed i rilievi dell’Aquilente ad E.
I sedimenti terrigeni del bacino sono poco conosciuti e la letteratura specifica è essenzialm ente costituita dai lavori di P e s c a t o r e & Cocco (1965) e di A n g e lu c c i (1971); quest’ultimo per la prim a volta, propone una suddivisione in facies dei sedimenti presenti, unitam ente ad al
tri similari affioranti in tutto l’Appennino laziale-abruzzese.
La parte più occidentale è caratterizzata da una depressione lunga circa 12 km, larga 1-2 ed orientata NNW-SSE. Tale depressione, che si apre tra dorsali carbonatiche in facies di transizione, è riem pita da sedimenti terrigeni miocenici che presentano alla base termini emipe- lagici («Marne ad Orbulina») largamente affioranti nei dintorni di Turania. Al tetto delle emi- pelagiti compare la sequenza torbiditica, costituita pressoché esclusivamente da facies arenacee in strati molto spessi a geometria lenti- colare, con contatti cuneiformi ed amalgamati, ed organizzati in sequenze positive direttam ente sovrapposte le une alle altre.
La parte più orientale, più articolata e di maggiore estensione, presenta una vasta gamm a di facies. Anch’essa è costituita da una depressione tettonica compresa tra dorsali carbonatiche in facies di transizione, ma risulta parzialmente suddivisa dalla porzione più settentrionale della dorsale carseolana (struttura di Ricetto), che si spinge verso NW, sotto i sedimenti torbiditici, ed è costituita da sedimenti di piattaform a carbonatica.
I sedimenti terrigeni che riempiono tale depressione sono costituiti alla base, dalle emi- pelagiti che affiorano, in buone esposizioni, in prossimità di Varco Sabino, Pescorocchiano, Ricetto e Sant’Elpidio e presentano spessori massimi di una quarantina di metri.
La sovrastante successione torbiditica è rappresentata in gran parte da facies arenacee ed arenaceo-conglomeratiche (fig. 2), a volte con evidenti «pinch-out» e spesso organizzate in sequenze positive; le facies A e В sono le più rappresentate ed in rapporto arenaria/pelite è sempre molto elevato. A queste in alcune zone sono intercalate brevi sequenze pelitico-arenacee ed arenaceo-pelitiche prive di fenomeni erosivi e occasionalmente organizzate in sequenze negative: tali facies vanno probabilm ente interpretate come facies di tracimazione. Esse si allungano per lo più secondo l’asse del bacino e bordano le zone in cui prevalgono le facies arenacee descritte.
Le facies arenaceo-pelitiche sono ben rappresentate nei dintorni di Sant’Elpidio, Bacca- recce e Carsoli, e sono costituite da strati spessi e molto spessi in facies С,, C, e subordinatam ente B. L’organizzazione sequenziale è caratterizzata da cicli tipo «thickening upward». L’insieme dei dati di campagna fa interpretare tali sedimenti come probabili lobi prossimali.
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Fig. 2 - La foto m ostra un particolare della facies arenaceo-conglomeratica presente nel bacino del Salto-Turano. 1 ciottoli, fortemente eterometrici e con diverso grado di evoluzione, sono prevalentem ente costituiti da arenarie, cal- careniti e calcari marnosi.
Le facies pelitico-arenacee sono assai scarsam ente rappresentate e sono visibili in prossimità dei Monti Simbruini (dintorni di Carsoli) e di Sant’Elpidio.
Al tetto dei sedimenti torbiditici compare una facies caotica costituita da massi, blocchi, ciottoli grandi e piccoli di calcari, calcari m arnosi, calcari selciferi, selci policrome e marne. Alcuni ciottoli si presentano arrotondati a testimonianza di un precedente ciclo sedimentario. I sedimenti della facies caotica, costituiti in gran parte de clasti delle serie umbro-sabine, affiorano da Rocca Vittiana fin oltre Marcetel- li; il loro spessore diminuisce verso S. Essi sono probabilm ente imputabili a frane distaccatesi dalla scarpata tettonicam ente attiva. Oli- stoliti carbonatici di dimensioni variabili sono presenti anche più a S, nei dintorni di Collalto Sabino, e testimoniano la presenza di acclivi bordi carbonatici.
La tettonica spinta e la fram m entarietà degli affioramenti non consentono un preciso cal
colo degli spessori, che possono essere tuttavia stimati nell’ordine del migliaio di metri per i sedimenti torbiditici, e del centinaio di metri per le facies caotiche.
Nei logs n. ST,-ST2-ST,-ST4 della carta allegata sono raffigurate alcune caratteristiche litologiche e sequenziali riscontrate nell’area.
B) BACINO DELL’ANIENE-SACCO
Con tale accezione definiamo la depressione che dalla zona di Arsoli si allunga in direzione dapprim a N-S e quindi NW-SE fin nei pressi di Ausonia; è il bacino più occidentale e più esteso: circa 15 km di larghezza e 120 di lunghezza. Esso è compreso, nella sua porzione settentrionale, tra i Monti Prenestini e Tiburtini ad occidente ed i Simbruini a oriente; per la restante parte tra la catena dei Lepini-Ausoni ad W e le strutture dei Simbruini-Ernici e del Monte Cairo ad E.
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Il contatto con i Monti Prenestini è caratterizzato dal ramo più meridionale della «Anco- na-Anzio»; quello con la catena lepino-ausona è segnato da linee di tettonica compressiva che testimoniano la traslazione verso NE delle m asse carbonatiche. Ad oriente il bordo sim- bruino-emico è caratterizzato da una serie di faglie distensive, m entre le linee tettoniche del Monte Cairo sono meno chiare a causa dei sedimenti lacustri della piana di Cassino (P arot- to & P ra turlon , 1975).
I sedimenti terrigeni miocenici presenti nel bacino sono stati descritti con maggiore dettaglio da A n g elu cci, 1966 e 1971; Angelucci et al., 1979; A lb er ti et a i, 1975; B ergom i et al., 1975; D amiani & S alvati, 1977; essi risultano costituiti dalle emipelagiti della formazione delle «Marne ad Orbulina» (diffuse in tutto il bacino ed affioranti in prossimità delle stru tture carbonatiche) e dai sovrastanti sedimenti torbiditici, che presentano facies diverse e ben differenziate.
Le facies prevalentem ente arenacee predominano nell’area settentrionale del bacino e
si presentano con spessori sempre più ridotti ed in affioramenti sempre più limitati fino in prossimità di Strangolagalli.
Rispetto all’asse longitudinale del bacino esse prevalgono nell’area più orientale e sono caratterizzate da potenti bancate arenacee che a volte si intercalano a subordinate facies are- naceo-pelitiche. Le facies arenacee, spesso organizzate in sequenze positive, compaiono, a N, direttam ente sovrapposte alle emipelagiti di base, m entre nei loro affioramenti più meridionali si presentano come termini di chiusura della sequenza torbiditica, al tetto di facies are- naceo-pelitiche.
La geometria di queste facies è talvolta caratterizzata da corpi sabbiosi lenticolari, strati cuneiformi e superfici di amalgamazione; caratteri questi che tendono a scomparire sottocorrente.
Le facies prevalentemente arenaceo-peliti- che si presentano sul bordo occidentale del bacino nella sua porzione settentrionale, ne dominano la parte centrale (fig. 3), spingendosi, quindi, fino ai limiti più meridionali del bacino
Fig. 3 - La foto m ostra la facies arenaceo-pelitica con subordinate intercalazioni pelitico-arenacee che caratterizza la parte centrale del bacino dell’Aniene-Sacco.
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stesso. Esse, per lo più organizzate in sequenze negative, sono caratterizzate da un alto rapporto sabbia/argilla, presentano intercalazioni di facies arenacee fin negli affioramenti più m eridionali e, più raram ente, di apprezzabili spessori di facies pelitico-arenacee.
Le facies pelitico-arenacee sono confinate in piccoli affioramenti sul versante prenestino (poco a N di S. Vito); affioramenti più cospicui sono presenti lungo il versante lepino, nei dintorni di Sgurgola e di Ceccano, m entre sono ben rappresentate nella parte più meridionale, dove risultano predominanti (Ausonia e Cassino). Esse presentano raram ente intercalazioni arenaceo-pelitiche di apprezzabile spessore e sono quasi sempre prive di trend definito.
Nella parte meridionale, nei sedimenti torbiditici sono imballate lenti di brecciole calcaree e più frequentem ente olistoliti carbonatici delle serie locali, anche di notevoli dimensioni (Ausonia, Esperia).
Nella m età meridionale del bacino i sedimenti torbiditici presentano al tetto una facies caotica di chiara provenienza meridionale (An- gelucci, 1966) nella quale sono presenti elem enti del tutto estranei alle serie locali; essa è attribuita alla falda «sicilide».
Lo spessore dei sedimenti torbiditici è variabile, secondo stime di diversi Autori, da circa 1000 metri, nella parte settentrionale, a valori compresi fra 500 e 750 metri nella zona centrale, fra 300 e 400 metri nell’area più m eridionale.
I logs n. ASj-ASj-ASìj-AS^ASs m ostrano alcune caratteristiche litologiche e sequenziali dei sedimenti di questo bacino.
C) BACINO DEL LIRI
Con questo termine definiamo la depressione che dai dintorni di Carsoli si allunga verso SE fino nei pressi di Atina per una lunghezza di circa 80 km e che presenta una larghezza variabile da circa 1 km a 6-7 km. Essa è bordata ad occidente dai rilievi carbonatici dei Monti Simbruini-Ernici e dalla struttura del Monte Cairo, ad oriente dalle catene dei Monti Carseolani e Marsicani.
Il contatto, tettonico-compressivo (P arotto & P ra turlon , 1975), tra le strutture carbonati- che occidentali e i sedimenti terrigeni è spesso caratterizzato da fenomeni di accavallamento delle prime sui secondi. Viceversa, le dorsali orientali sono rialzate per lo più da faglie sub
verticali. Le strutture bordiere sono sempre separate tra loro dai sedimenti terrigeni, tranne che nei dintorni di Colli di Monte Bove dove esse vengono a diretto contatto.
La geologia di questo bacino è stata studiata in dettaglio, per il tratto compreso tra Cap- padocia e Sora, da P arotto (1969) ed in particolare i sedimenti terrigeni sono stati analizzati da A ngelucci (1971) e da B ellotti et al. (1981).
La base dei sedimenti torbiditici è costituita dalle emipelagiti («Marne ad Orbulina») affioranti prevalentem ente sul bordo orientale e nella parte meridionale del bacino, sostituite eteropicam ente da una formazione ruditica carbonatica definita «Brecce della Renga» (D e voto, 1967).
La sovrastante sedimentazione torbiditica inizia con facies prevalentemente pelitico-arenacee in cui sono diluiti lobi arenaceo-pelitici (fig. 4) ed arenacei nonché lenti delle suddette «Brecce della Renga» che qui presentano a volte una evidente gradazione, una diminuzione dello spessore ed una riduzione della granulom etria verso SE. La presenza di queste lenti è determ inata dalla emergente catena sim bruina che scaricava il materiale carbona- tico in un bacino inclinato verso SE, nel quale già scorrevano i flussi torbiditici terrigeni.
Superiorm ente le facies arenaceo-pelitiche divengono più potenti e frequenti a scapito di quelle pelitico-arenacee e passano, poi, a facies sempre più arenacee organizzate, sovente, in sequenze negative о simmetriche.
Alcuni corpi sabbiosi, presenti tra Capistrel- lo e Civitella Roveto, al tetto delle facies fin qui descritte, presentano contatti cuneiformi e sezioni lenticolari che ne fanno attribuire l’origine a un canale di modesto sviluppo areale e temporale (B ellotti et al., 1981).
La sequenza torbiditica presenta al tetto una formazione ruditica di probabile età mes- siniana (Conglomerati di Canistro e Broccostel- la; D evoto , 1967) caratterizzata da ciottoli, a volte del tutto estranei alle serie locali, intercalati о dispersi in arenarie per lo più grossolane. Questi sedimenti sono stati attribuiti a depositi di delta-conoide (B ellotti et al., 1981) che probabilm ente traeva alimentazione dalle falde si- cilidi presenti nella Valle Latina.
Le facies pelitico-arenacee e quelle arenaceo-pelitiche sono diffuse in tutto il bacino, m entre quelle arenacee si esauriscono in prossimità di Sora e non compaiono tra Colle Mo- velone e Roccacerro. Tali facies sono invece presenti nella piccola depressione che da Roc-
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w * . * Я 1 ^ ^ Н Н 1 Н Н Я Я Я 1
cacerro si spinge verso N fino in prossimità di Tremonti.
Il calcolo degli spessori dei sedimenti terrigeni risulta particolarm ente complesso a causa della tettonica dei bordi e dello strizzamento subito dagli stessi, tuttavia la loro potenza può essere stimata intorno a 700-800 metri.
I logs n. L,-L„-L, della carta allegata evidenziano alcune caratteristiche litologiche e sequenziali delle torbiditi che colmano il bacino del Liri.
D) BACINO DI TAGLIACOZZO
Si intende la depressione che dall’allineamento Ricetto-Campolano si estende fino a
Fig. 4 - Si osserva nella parte centrale della foto la facies pelitico- arenacea del bacino del Liri che passa superiorm ente a sedimenti arenaceo-pelitici.
Scurcola Marsicana per una lunghezza di 26 km. Esso è compreso tra la dorsale carseolana ad occidente e quella del Monte Faìto-Monte Val di Varri ad oriente; la sua larghezza oscilla fra i 3 e i 5 km.
Il limite occidentale è caratterizzato da linee tettoniche compressive con evidenti fenom eni di accavallamento nei dintorni di Sante Marie, quello orientale da una lunga faglia a carattere distensivo.
I sedimenti terrigeni del bacino di Taglia- cozzo giacciono sulla formazione emipelagica delle «Marne ad Orbulina», ben esposta lungo il versante carseolano (fig. 5), e nella cui parte sommitale è intercalato un livello conglomera- tico con clasti intra ed extrabacinali (B ellotti
( О М P L E S S O T O R B I D I T K ' O A L T O M I O l F A R O L A Z I A L E - A B R U Z Z E S E 319
Fig. 5 - È possibile osservare nella foto il passaggio tra i sedimenti emipelagici che costituiscono la base della sequenza torbiditica e le sovrastanti facies di lobo nel bacino di Tagliacozzo.
et al., in corso di stampa). I sovrastanti sedimenti torbiditici sono in prevalenza rappresentati da facies arenaceo-pelitiche ad alta componente arenacea ed organizzate in sequenze negative.
Tali facies presentano frequenti intercalazioni arenacee nella parte settentrionale del bacino e lungo tutto il bordo carseolano, mentre, nella parte meridionale ed in particolare verso il bordo orientale, presentano un minor rapporto sabbia/argilla ed un ridotto spessore degli strati, dei cicli, nonché frequenti intercalazioni pelitico-arenacee (B ellotti & Va l er i, 1982). Nella parte settentrionale del bacino, alla sommità della successione torbiditica, sono presenti facies arenacee organizzate in brevi sequenze positive, talvolta con terminazioni cuneiformi о con geometria lenticolare visibile alla scala dell’affioram ento (figg. 6-7).
Piccoli lembi di queste facies, che presentano in ogni caso spessori ridotti, si rinvengono fin poco a N di Colle Civitella.
Lo spessore dei sedimenti di questo bacino,
per lo più dislocati secondo una monoclinale immergente a NE, è stimabile intorno ai 2000 metri.
I logs n. T, e T2 sono rappresentativi delle condizioni litologiche e sequenziali del bacino in esame.
PALEOCORRENTI
Le direzioni delle paleocorrenti sono state misurate, nelle varie associazioni di tu tta l’area, sfruttando in particolare flute e groove casts. L’analisi di queste direzioni m ostra (fig. 8) che lo scorrimento dei flussi è per lo più indirizzato N-S e NW-SE. Solo localmente, verso le zone più distali del complesso torbiditico, le direzioni m ostrano una maggiore dispersione fino agli orientam enti S-N rinvenuti nei pressi di Cassino.
Gli apporti carbonatici clastici, provenienti dalle dorsali mesozoiche, m ostrano prevalentem ente direzioni da occidente che si orientano sottocorrente N-S e NW-SE.
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Fig. 6 - È visibile un particolare della facies arenacea presente nella parte settentrionale del bacino di Tagliacozzo. Sono facilmente osservabili i contatti cuneiformi ed erosivi che spesso accom pagnano le geometrie lenticolari presenti in questa facies.
Questa distribuzione di sedimenti, unitam ente al modello delle paleocorrenti che indica per lo più un verso di scorrimento N-S e NW-SE, m ostra che il complesso aveva una inclinazione generale verso i quadranti meridionali e che la gran parte dei clasti veniva immessa nel suo settore più settentrionale.
I clasti hanno dunque colmato le depressioni esistenti tra i sedimenti carbonatici mesozoici, già disarticolati dalla tettonica pretortonia- na, costruendo una sorta di deposito torbidi- tico assai articolato, i cui elementi fisiografici si sono sviluppati in stretta relazione con i fattori m orfotettonici che regolavano l’evoluzione dei singoli solchi.
Così la parte prossimale del complesso tor- biditico (bacino del Salto-Turano), che rappresenta la zona comune ai tre bacini, è caratterizzata da un’am pia esposizione di facies arenacee ed arenaceo-pelitiche che presentano i segni di una canalizzazione più о meno spinta (geometrie lenticolari, terminazioni, cuneiformi, pinch-out, sequenze positive). Tali facies
CONCLUSIONI
La più recente letteratura pone i sedimenti torbiditici miocenici del Lazio e dell’Abruzzo nell’ambito dei «bacini minori» laziali-abruzzesi (C en tam o re et al., 1978); in questa sede, tuttavia, abbiam o usato per tali sedimenti l’accezione «complesso torbiditico laziale-abruzzese» in quanto essi riempiono non bacini isolati bensì bacini che presentano una continuità fisica con un ’area apicale ad essi comune.
In questo complesso si possono individuare aree in cui prevalgono sedimenti di apparato distributore ed aree in cui sono presenti esclusivamente sedimenti di lobo e di frangia.
Le prime prevalgono nella zona apicale com une (zona più settentrionale del complesso) ed in quella più settentrionale del bacino del- l’Aniene-Sacco, m entre sono assai ridotte negli altri bacini. I sedimenti di apparato deposizionale (lobi e frange) sono prevalenti, al contrario, nell’area più meridionale del bacino dell’A- niene-Sacco e negli altri due bacini.
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sono frequentem ente intercalate da subordinate facies arenaceo-pelitiche e pelitico-are- nacee probabilm ente dovute a processi di tracimazione. La dislocazione delle suddette facies è generalmente parallela all’asse del bacino e lascia supporre un andam ento parallelo о leggermente divergente di canali dai quali si verificava talvolta la tracimazione e che, a giudicare dall’organizzazione del riempimento (non particolarm ente complessa) non dovevano presentare una grande persistenza. Nell’area più occidentale (depressione di Turania) le facies di tracimazione non sono presenti e probabilm ente la sequenza sedimentaria costituisce un canale direttam ente arginato dalle strutture carbonatiche (canale strutturale) e forse in comunicazione con un canyon diverso da quello che alimentava l’area più occidentale.
Superata l’area prossimale i flussi si immettevano nei tre bacini colmando ognuno con un diverso spettro di facies. Così nel bacino dell’A- niene-Sacco sono evidenti le facies arenacee affette da una canalizzazione via via più ridot
ta sottocorrente (B e rg o m i et al., 1975; D am iani & S a lv a t i , 1977; A n g e lu c c i et al., 1979) riscontrabile non oltre Strangolagalli ove è reperibile solo nella parte alta della successione torbidi- tica.
Le facies di lobo deposizionale sono ben sviluppate, nel bacino dell’Aniene-Sacco, a partire dai pressi di S. Vito, e raggiungono la loro m assima diffusione nella parte centrale, poco a sud di Frosinone, spingendosi, tuttavia, fin nella parte più distale del bacino dove però risultano subordinate alle facies di interlobo e di frangia, che nella zona sono ben rappresentate (dintorni di Cassino ed Ausonia).
Le facies pelitico-arenacee sono altresì ben rappresentate sul bordo occidentale del bacino (zona di Sgurgola e Ceccano), in questo caso esse sono dovute molto probabilm ente a fenom eni di tracimazione al di là di strutture morfologiche e tettoniche allora esistenti (dorsale di Monticchio secondo B e rg o m i et al., 1975), che si allungavano parallelamente alla dorsale lepina. Va notato che le facies canalizzate sono dislocate di preferenza lungo il bordo
Fig. 7 - La foto m ette in risalto un banco arenaceo che incide una sequenza pelitico-arenacea sottostante nella porzione settentrionale del bacino di Tagliacozzo.
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Fig. 8 - Ricostruzione dell’andam ento dei flussi terrigeni (FT) e degli apporti carbonatici clastici intrabacinali (AC) effettuata sulla base delle strutture di paleocorrenti in parte riportate nella carta allegata.
( O M P L E S S O T O R B I D I T I C O A L T O M IO ( SÌNICO L A Z I A L E - A B R U Z Z E S E 323
orientale del bacino e ciò è una ulteriore testim onianza della esistenza di una morfologia sinsedimentaria che controllava lo scorrimento dei flussi e la deposizione dei sedimenti.
Da ricordare che nella parte meridionale del bacino dell’Aniene-Sacco si sovrappongono ai sedimenti torbiditici le «Argille Caotiche», colata sottomarina di chiara provenienza meridionale ed attribuita alla falda sicilide.
Ben altro discorso si deve fare per i flussi che dall’area apicale (bacino del Salto-Turano) si indirizzavano verso la depressione esistente tra Simbruini-Ernici e Carseolani-Marsicani (bacino del Liri). Tali flussi dovevano trovarsi la strada sbarrata da una sorta di soglia che consentiva il passaggio solo delle frazioni più diluite, le quali sedimentavano per lo più come facies pelitico-arenacee in tutto il bacino del Liri; le frazioni più grossolane sedimentavano sopracorrente rispetto alla soglia (corpi sabbiosi non canalizzati nell'area tra Carsoli, Pietrasecca e Poggio Cinolfo) о venivano deviate nel bacino dell’Aniene-Sacco. Non è da escludere che la soglia fosse rappresentata dalla dorsale simbruina, allora tettonicam ente molto attiva a giudicare dai flussi carbonatici che scaricava nel bacino del Liri ( B e l l o t t i et al., 1981).
Questa situazione ha tuttavia subito nel tem po delle modifiche, in quanto i sedimenti del bacino del Liri m ostrano verso l’alto la presenza di facies grossolane arenaceo-pelitiche e arenacee in piccola parte anche canalizzate. Per spiegare ciò si possono formulare le seguenti ipotesi:
a) la soglia, о anche l’intera depressione del Liri, ha subito un abbassam ento permettendo, da un certo momento in poi, lo scorrimento delle porzioni più grossolane dei flussi le cui testimonianze risultano evidenti a sud di Capi- strello;
b) il verificarsi di una sorta di by-passing, noto nelle conoidi ad alta efficacia di trasporto (M u tt i , 1979), per cui una parte dei flussi più densi provenienti dalla zona apicale superavano il primo tratto del bacino del Liri depositando il loro carico solo a sud di Capistrello ( B e l l o t t i et al., 1981);
c) l’aggiramento della soglia dovuto a probabili interconnessioni tra bacino del Liri e bacino di Tagliacozzo, per cui i flussi che scorrevano in quest’ultimo bacino si sarebbero ad un certo punto riversati in parte nell’attiguo bacino del Liri, attraverso un corridoio che per cause tettoniche si sarebbe aperto nella dorsale
carseolana. Tale corridoio, a giudicare dalle linee tettoniche riconoscibili nell’area e dalla disposizione delle facies, potrebbe essere posizionato lungo l’allineamento Sante Marie-Tre- monti-Roccacerro-Verrecchie.
Ulteriori indagini chiariranno meglio quale delle tre ipotesi qui avanzate sia la più probabile, о se ci sia stata concomitanza tra i fenomeni ipotizzati.
I flussi che dal bacino del Salto-Turano si incanalavano nella depressione di Tagliacozzo hanno dato origine preferenzialmente ad una potente deposizione di lobi prossimali ai quali non seguono sottocorrente i relativi depositi di lobi distali e di frangia; ciò induce a pensare о a dei lobi insaccati о che i depositi più distali giacciano sotto quelli quaternari continentali che dalla zona di Scurcola M arsicana si allungano fino all’Alveo del Fucino. La seconda ipotesi appare la più probabile in quanto i lineamenti tettonici lasciano facilmente individuare il proseguimento del bacino di Tagliacozzo oltre Scurcola Marsicana. La parte sommitale della sequenza torbiditica m ostra delle evidenti diversità tra la porzione settentrionale del bacino e quella meridionale. Nella prima alle facies di lobo prossimale si sovrappongono facies arenacee affette da m odesta canalizzazione (geometrie lenticolari, terminazioni a cuneo, ridotte sequenze positive) che testimoniano, parallelamente agli altri bacini, la sequenza pro- gradazionale. Nella parte meridionale alle facies di lobo prossimale si sovrappongono facies di lobo distale ed interlobo.
Una spiegazione alla situazione che si è riconosciuta in questa seconda parte del bacino può essere fornita mediante due ipotesi:
a) formazione di una barriera dovuta all’attiva tettonica sinsedimentaria tortoniana che avrebbe frenato i flussi in arrivo (B ellotti & Va l e r i, 1982);
b) deviazione dei flussi stessi attraverso una connessione apertasi con il bacino del Liri (come precedentem ente accennato) che avrebbe causato il riempimento di quest’ultimo bacino ed il parziale abbandono di quello di Tagliacozzo a valle dell’interconnessione, con conseguente termine della progradazione.
Secondo i dati finora noti (A ngelucci, 1966; P arotto , 1969; A lb erti et a i, 1975; D amiani & S alvati, 1977; B ellotti et al., 1981; B ellotti & Va l e r i, 1982) il colmamento dei bacini è avvenuto ovunque tra il Tortoniano medio e quello superiore; ciò non significa, tuttavia, che sia
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avvenuto in m odo strettam ente contem poraneo. I flussi, immessi nel sistema attraverso i canyons alimentatori, superata l’area prossimale, si dirigevano nell’uno о nell’altro bacino in funzione di come la morfologia dell’area andava modificandosi.
Da quanto detto fin’ora si può supporre che il «complesso torbiditico laziale-abruzzese» sia costituito da un deposito alimentato da uno о più canyons siti esclusivamente nella parte più settentrionale, che potevano identificarsi alm eno in parte con l’attuale traccia della «Ancona-Anzio» (C astella rin et al., 1978) e che generavano uno о più apparati di tipo conoidale altam ente sabbiosi la cui geometria risulta notevolmente alterata dalla paleotopografia del fondo e dall’elevato controllo esercitato dalla tettonica sinsedimentaria. Pertanto le torbiditi che colmano il nostro complesso possono essere assimilate a conoidi «affogate» о meglio «costrette» in anguste depressioni confinate da dorsali carbonatiche.
Lo scorrimento dei flussi in direzione N-S о NW-SE e l’immissione dei clasti nell’area più settentrionale del sistema non deve, tuttavia, far ritenere che la sorgente dei clasti fosse sita a nord del sistema stesso. I dati petrografici finora noti (C iv itelli et al., 1979; Ch io c c h in i et al., in preparazione) mostrano, infatti, che la composizione dei sedimenti torbiditici in questione risente di elementi di tipo alpino, sicilide e liguride, che fanno localizzare l’area alimen- tatrice in posizione occidentale rispetto al sistem a (Ang elu cci, 1966; B ellotti et al., 1981; B el - lotti et al., in corso di stampa), secondo un modello simile a quello esistente lungo l’attuale costa orientale sarda (W eze l et al., in corso di stampa).
Il «complesso torbiditico laziale-abruzzese» sarebbe quindi caratterizzato da bacini stretti ed allungati secondo le principali direttrici appenniniche, uniti nella loro parte settentrionale. Nell’area apicale del sistema, l’apporto dei clasti avveniva trasversalm ente rispetto all’asse di scorrimento dei flussi.
Modelli di sedimentazione che prevedono l’alimentazione da occidente e lo scorrimento dei flussi in bacini stretti ed allungati secondo direzioni appenniniche è ampiam ente diffuso anche nell’Appennino umbro-marchigiano (C en tam o re et al., 1977; Calamita et al., 1979), dove sussistono una serie di piccoli bacini ad evoluzione tra loro indipendente. A tal proposito non ci sentiamo di accogliere interam ente l’ipotesi avanzata da Castella rin et al. (1978)
che prevede per i bacini torbiditici lazialiabruzzesi delle «...naturali prosecuzioni nord occidentali», facendo riferimento al bacino di Camerino. Quest’ultimo è probabilm ente alim entato da altri canyons, presenta un diverso modello delle paleocorrenti, una età (presenza del Messiniano) ed una distribuzione delle facies che mal si raccordano con la zona apicale del «complesso laziale-abruzzese», nonché differenze petrografiche come l’assenza di clasti metamorfici di medio ed alto grado (Calamita et al., 1979) noti invece nel nostro complesso (B ello tti et al., 1981).
Nell’insieme i sedimenti del «complesso torbiditico laziale-abruzzese» presentano un elevato sviluppo delle facies arenacee ed arena- ceo-pelitiche che contengono frequentem ente un intervallo arenaceo nettam ente dominante; le facies pelitico-arenacee sono subordinate e caratterizzate da stratificazioni molto fitte ed intervalli pelitici mai molto sviluppati. Non sono state riconosciute facies esclusivamente pelitiche ed irrisorie sono le intercalazioni emi- pelagiche, m entre si osservano apporti trasversali caratterizzati da prevalenti sedimenti carbonatici, derivanti dalle dorsali mesozoiche e che si intercalano ai sedimenti terrigeni in form a di calcareniti, lenti e corpi ruditici gradati e non, olistoliti e facies caotiche diffuse nei vari bacini.
Allo stato attuale delle ricerche risulta problematico attribuire il «complesso torbiditico laziale-abruzzese» ad un modello ad alta о a bassa efficacia di trasporto. Del primo presenta le dimensioni (oltre 150 km di lunghezza con spessori massimi prossimi ai 2000 metri) e l’am pia diffusione dei sedimenti dell’apparato deposizionale; del secondo presenta l’alta incidenza delle frazioni arenacee, canali mal ge- rarchizzati e con organizzazioni per lo più relativamente semplici del riempimento, facies di tracimazione non molto sviluppate, assenza del by-passing (fatta eccezione forse per il bacino del Liri) tra la fine dei canali e l’area di sedim entazione dei lobi e quindi un apparato distributore più simile al «suprafan» di N orm ark (1970; 1978) e W a lk er (1978) che non all’apparato distributore dei modelli di M utti & R icci L u cch i (1972) e M utti & W a lk er (1973).
Ulteriori ricerche risultano indispensabili per chiarire alcune caratteristiche dei meccanismi idraulici che hanno agito nell’area e la loro relazione con la tettonica regionale, nonché per risolvere il problema dei sedimenti ne- ritici che dovrebbero trovarsi a chiusura del ci-
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ciò torbiditico e che nel nostro sistema, se si fa eccezione per alcuni affioramenti del bacino del Liri e forse della Valle Latina (conglomerati di Gorga), non sono stati rinvenuti.
R i n g r a z i a m e n t i
Gli Autori ringraziano A . A n g e l u c c i per la revisione critica del manoscritto.
Manoscritto consegnato il 9 luglio 1983 Ultime bozze restituite il 10 maggio 1984
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