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L’ALBUM 20

Attestazioni funerarie a Tergeste fra III e VI sec. d.C

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L’ALBUM 20

Tutti i diritti sono riservati. È vietata in tutto o in parte la riproduzione dei testi e delle illustrazioni.

© Ottobre 2015Fondazione Colluto

Grafiche Turato Edizionivia Pitagora, 16/a - 35030 Rubano (PD)tel. 049 [email protected] 978-88-98997-31-2

Composizione grafica: Matteo Annibaletto

Gruppo Archeologicodel Veneto Orientale

con il contributo

FondazioneAntonioColluto

dei Soci e degli Amici del Gr.A.V.O.

Ministero dei beni edelle attività culturali e del turismo

le necropoli della media e tarda età imperiale (iii-iv secolo d.c.)

a iulia concordia e nell’ arco altoadriatico

ORGANIZZAZIONE SPAZIALE,ASPETTI MONUMENTALI E STRUTTURE SOCIALI

ATTI DEL CONVEGNO DI STUDIO(CONCORDIA SAGITTARIA, 5-6 GIUGNO 2014)

a cura di Federica Rinaldi e Alberto Vigoni

SIGLE

SArVen = Soprintendenza Archeologia del VenetoSArFVG = Soprintendenza Archeologia del Friuli Venezia GiuliaMNC = Museo Nazionale Concordiese di PortogruaroMNA = Museo Nazionale AtestinoMANA = Museo Archeologico Nazionale di Altino

V

INDICE

Claudio Odorico, Premessa VII

Vincenzo Tiné, Premessa IX

Simonetta Bonomi, Premessa XI

Lorenza Moro, Amalia Ruzzene, Introduzione XIII

Iulia Concordia

La necropoli monumentale di via San Pietro 309

Alessandro Fontana, Il contesto paleoambientale 21

La ricerca archeologicaAlberto Vigoni, Il deposito stratigrafico 33

Federica Rinaldi, I monumenti funerari: tipologia e cronologia 53

Franco Luciani, Le iscrizioni sui sarcofagi gemelli. Note su sevirato e augustalità a Iulia Concordia 71

Lorenzo Calvelli, L’ iscrizione di Firmiteius. Note sulla prima comunità cristiana di Iulia Con-cordia (con appendice sul carteggio Bertolini-Mommsen) 87

Chiara Destro, I reperti lapidei 103

Michele Asolati, Le monete: cronologia e ritualità 125

Alberto Vigoni, I materiali: fittili, metalli, vetri e organici 135

INDICE

VI

Daniele Sepio, Ian Marsden, Le analisi osteologiche 157

Stefano Buson, Paolo Pagnin, Il restauro del monumento funerario 169

La valorizzazioneFederica Rinaldi, Francesca Vendittelli, L’allestimento museale sotto la Loggia Municipale 181

Serena Maffioletti, Riccardo Piccolo, Verso una nuova area archeologica 187

Veneto e Friuli-Venezia Giulia

Elena Pettenò, Cecilia Rossi, Le necropoli tardo romane di Padova. Dati per una ricostruzione complessa 201

Silvia Cipriano, Giovanna Maria Sandrini, ...redditur enim terrae corpus (Cic., De leg., 2,56). Le necropoli di Oderzo tra media e tarda età imperiale 225

Margherita Tirelli, Elisa Possenti, Sepolture e ritualità funeraria in Altino tardoantica 245

Luciana Mandruzzato, Marta Novello, Elsa Pacciani, Una nuova necropoli nel settore settentrio-nale di Aquileia 263

Paola Ventura, Attestazioni funerarie a Tergeste fra III e IV secolo d.C. 281

Tiziana Cividini, Tra Tagliamento e Torre. Evidenze funerarie di epoca medio e tardoimperiale nel Friuli collinare 311

Ritualità, committenza e iconografia

Elena Di Filippo, Il sepolcreto di “via San Pietro”. Storia di una strada tra topografia, iconogra-fia e cultura artistica 337

Margherita Bolla, Sepoltura non perpetua: la riapertura delle tombe e il caso concordiese 357

Fulvia Ciliberto, La produzione dei sarcofagi altoadriatici: status quaestionis 379

Francesca Ghedini, Il mondo della morte in età medio e tardo imperiale tra archeologia e icono-grafia: riflessioni a margine del convegno 389

Tavole 399

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Stato delle conoscenzeIl tema che si affronta in questa sede, mirando a fornire un quadro complessivo e ag-

giornato delle testimonianze funerarie relative alla città antica, ma con specifico focus sui se-coli III e IV d.C., è stato oggetto in passato di diverse trattazioni: il loro taglio, tuttavia, diffe-riva da quanto ora ci si prefigge, da un lato perché rivolte a Tergeste nell’ interezza del suo svi-luppo cronologico, dall’altro per la casistica, più selettiva, delle evidenze considerate.

La rassegna più sistematica resta quella basata sull’edito disponibile ormai una ventina di anni orsono, ricompresa nell’ambito di uno studio topografico relativo appunto al centro roma-no lungo tutta la sua vita, in stretta connessione con la questione della viabilità – anzi, in parti-colare utilizzando la localizzazione dei contesti funerari come indicatore della presenza ed an-damento degli assi stradali1: si anticipava quindi in tal modo un’ impostazione principalmente spaziale, che si vuole conferire anche a questo contributo, procedendo bensì in senso opposto.

Una successiva sintesi appare in una disamina dedicata nel 1997 da parte di Monika Verzár-Bass principalmente alla tipologia dei monumenti funerari, di cui viene fornita però nel contempo la scansione lungo la rete stradale, limitandosi tuttavia fondamentalmente alle attestazioni scultoree ed epigrafiche2.

Pare quindi opportuno riproporre quanto a grandi linee già noto, estrapolando il pe-riodo in esame, mai singolarmente analizzato nei precedenti citati, e integrandovi i nuovi dati, considerato il lasso temporale intercorso3. Vista la natura e qualità diseguale della docu-

* Soprintendenza Archeologia del Friuli Venezia Giulia ([email protected]).1 Ventura 1996, pp. 60-68. Si rinvia a tale sede per tutta la bibliografia precedente, di cui non si può non citare tut-

tavia Scrinari 1951, pp. 92-96. 2 Verzár-Bass 1997, pp. 118-122 (sezione intitolata “Vie sepolcrali”, al cui interno si distingue il paragrafo dedicato

allo spoglio e riuso). Sono trattati a parte e più approfonditamente i monumenti funerari maggiori (mausolei).3 Sintesi divulgative sono state nel frattempo presentate in Sottotrieste 2009, pp. 48-55 e Ventura 2011b.

ATTESTAZIONI FUNERARIE A TERGESTEFRA III E IV SECOLO D.C.

Paola Ventura*

PAOLA VENTURA

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mentazione complessiva, si intende porre particolare accento, più che sulle tipologie tombali - ed a maggior ragione sui corredi e sugli aspetti rituali - sull’aspetto topografico: ci si pre-figge di verificare in quale misura siano applicabili alla realtà di Tergeste, benché meno rile-vante di altri importanti siti analizzati negli ultimi anni, i modelli descrittivi della dinamica fra abitato e necropoli, come essa si sviluppa in una fase di marcata evoluzione dell’organi-smo urbano quale l’epoca tardo-imperiale4.

L’ interferenza fra città dei vivi e città dei morti è in effetti solo uno dei cambiamenti che investono l’ambito funerario fra media e tarda antichità, altrimenti riscontrabili nel rituale (in primis con il passaggio da incinerazione a inumazione5) e di conseguenza nelle strutture adottate, nelle modalità di deposizione, nella composizione dei corredi, ma anche nelle for-mule epigrafiche e nel dato prosopografico: si veda a titolo emblematico, per la ricchezza in-formativa e nel contempo per la prossimità geografica, l’articolata immagine che sta emer-gendo dal riesame delle necropoli aquileiesi, invero soprattutto fra IV e V sec. d.C.6.

Viceversa, proprio la correlazione con le fasi dello sviluppo di Tergeste avvalora – come si avrà modo di argomentare - la scansione cronologica qui adottata (in coerenza con il tema del convegno), circoscrivendo il periodo in esame al III-IV sec. d.C. Va sottolineato a questo proposito che ciò è possibile grazie al marcato incremento della conoscenza dell’ urbanistica triestina, diretta conseguenza delle indagini dell’ ultimo ventennio - e quindi successivamen-te alle sintesi inizialmente richiamate: infatti gli scavi di emergenza della Soprintendenza ed alcuni cantieri di archeologia urbana che hanno goduto di maggior programmazione ed am-piezza (fra cui lo scavo di Crosada, unico integralmente edito7) si sono favorevolmente riper-cossi in misura significativa su tali problematiche di scala vasta.

Questioni di metodo: definizione areale e cronologicaNell’ottica prescelta, ed avendo dovuto riguardo ai recenti approfondimenti dei concet-

ti di città e suburbio, e di conseguenza di quelli correlati come pomerio e segnatamente di ne-cropoli urbana8, assume primaria rilevanza la corretta perimetrazione del circuito cittadino, che discende ad ogni modo da quello delle mura, almeno per le epoche ove ciò risulta possibile.

Appaiono oggi in gran parte superate le passate contrapposizioni9, incentrate soprattut-to sul tracciato della cinta tardo-repubblicana, di cui si sono fronteggiate un’ ipotesi ristretta (basata tra l’altro sulla presenza del recinto funerario di via Donota fin dal II sec. d.C.)10 ed una molto più ampia11.

4 Si vedano gli esempi paradigmatici illustrati in Cantino Wataghin, Lambert 1988 (Aosta, Milano, Brescia, Ve-rona, Aquileia).

5 A Tergeste il fenomeno appare generalizzato, o almeno non sono documentate eccezioni certe; sul valore relati-vo di tale “norma”, tuttavia, si vedano ad es. airoldi 2001, in particolare pp. 115-117 (incinerazioni tarde in genere e nello specifico caso della Cattolica di Milano), quindi Ortalli 2007. Discostamenti significativi sono inoltre ben noti nella vici-na Aquileia, sia per inumazioni precoci che per incinerazioni tarde, cfr. Maselli Scotti, Giovannini 2007, pp. 230-235, 244, rispettivamente Giovannini 2012/2013 c.s.

6 Cfr. Giovannini 2012/2013 c.s.7 Trieste antica 2007.8 Filone di studi rinnovato in ambito internazionale con Suburbia 1998, seguito in Italia da Suburbium 2000. Recen-

temente ed esaustivamente sul tema Annibaletto 2010a, pp. 20-29 per un ampio excursus teorico; da ultimo, sulle necro-poli urbane, si veda l’orientamento restrittivo in Rossi 2014, in particolare p. 118.

9 Sintesi in Ventura 1996, pp. 22-34; cfr. quindi Maselli Scotti 2006, pp. 521-522 e 536-537.10 Maselli Scotti 1990a, p. 350; Maselli Scotti 1990b, pp. 625-626; Maselli Scotti 1991, pp. 349-350.11 Verzár-Bass 1990, pp. 171-174; Verzár-Bass 1991, pp. 203-204.

ATTESTAZIONI FUNERARIE A TERGESTE FRA III E IV SECOLO D.C.

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Il quadro più significativo per il presente discorso è tuttavia rappresentato da una sintesi di Franca Maselli Scotti, alla luce dei risultati degli scavi fino allora intervenuti, sull’ urbanisti-ca di Tergeste fra III e V secolo, con maggior dettaglio sull’evoluzione del quartiere di Crosada: va subito rimarcato che la scansione interna adottata individua come periodizzazioni significa-tive il lasso cronologico fra fine II e III sec. d.C. e quindi unitariamente il IV e V sec. d.C.; d’al-tro canto le mura tarde – la cui datazione è rimasta a lungo controversa - vengono qui attribu-ite con buona certezza alla seconda metà del IV sec. d.C.12. In occasioni ulteriori, la medesima studiosa postula la costruzione delle mura agli inizi del V secolo, o piuttosto alla fine del IV13,fornendo comunque in entrambi i casi una convalida funzionale al presente discorso, in quan-to in entrambe le ipotesi l’evento si pone come cesura rispetto al continuum fra III e IV sec. d.C.

Apparentemente il nuovo disegno dei limiti della città, marcato dalla cesura delle mura tarde, porrebbe quindi appena in tale data una (relativa) contrazione dell’abitato e soprattutto il riuso funerario di numerose zone precedentemente abitate: si tratta notoriamente di un fe-nomeno che a Tergeste come altrove connota l’epoca tardo-antica per sconfinare nell’alto Me-dioevo14; se si prescinde tuttavia da questo dato di stratigrafia orizzontale, resta molto diffi-coltoso talvolta determinare il momento esatto del singolo episodio, come si specificherà più dettagliatamente di volta in volta.

Lo scavo del quartiere di Crosada all’ inizio degli anni 2000 non ha offerto direttamente elementi risolutivi riguardo all’estensione ed al tracciato delle cinte murarie né di epoca otta-vianea, né di epoca tarda; le più generali considerazioni urbanistiche di Chiara Morselli per-petuano l’ ipotesi estensiva, argomentando l’ inclusione fin dall’ inizio in ambito necessaria-mente urbano di ampie porzioni della città bassa - fra cui quella indagata – vista la loro de-stinazione residenziale; l’autrice si richiama quindi agli studi precedenti per la questione del-le mura tarde, attribuite alla seconda metà del IV secolo15. Sono invece di molto maggior in-teresse le conclusioni desunte dall’analisi delle sepolture individuate nello stesso sito, la cui nuova destinazione d’ uso fin dal III sec. d.C. identifica l’ iniziale destrutturazione dell’abita-to: ciò apparentemente contrasterebbe da un lato con l’ancor più precoce declassamento di via Donota, dall’altro con il ben più tardivo instaurarsi della cinta tardo-antica, che viene ad escludere definitivamente questa zona dal centro urbano16.

L’accertamento del percorso e della datazione delle mura e la perimetrazione del centro urbano - a maggior ragione ardua - per il periodo in cui esso ne fu privo (inclusi quindi il III e IV secolo) si ripercuotono, come detto, sull’ individuazione degli estremi areali delle eviden-ze funerarie da prendere in considerazione in questa sede: a partire da tale limite, infatti, an-drà calcolata la fascia teorica al cui interno esse possono rientrare nell’accezione di necropo-li urbana, tendenzialmente valutabile entro il primo miglio (esempi di Padova, Concordia), o più frequentemente fino a 3-4 chilometri17. All’atto pratico, comunque, a Tergeste si riscontra

12 Maselli Scotti 2005, pp. 202-210 ed in particolare sulla cronologia delle mura tarde p. 211. Per una restituzio-ne planimetrica di massima, cfr. Maselli Scotti 2008b, p. 13, fig. III.

13 Maselli Scotti 2009a, p. 271. Braini, Maselli Scotti 2011, p. 73. In precedenza si era ipotizzata perfino una datazione alla metà del III sec. d.C., più su motivazioni storiche che in base a dati puntuali, cfr. Maselli Scotti 1990a, p. 342, nota 35.

14 Cfr., per un’ampia casistica, Sepolture tra IV e VIII 1998, fra cui si segnalano almeno il già citato Cantino Wataghin, Lambert 1998, Cavada 1998, Staffa 1998; ulteriore sintetica esemplificazione in Lambert 2003.

15 Morselli 2007a; Morselli 2007b, in particolare p. 17.16 Borzacconi, Morselli 2007, pp. 150-151.17 Si vedano Annibaletto 2010b, pp. 170-171 e pp. 252-253 (Concordia, ma con distinguo per l’epoca tardo-antica);

Rossi 2014, p. 118 e note 1-2 (Padova, con i confronti di Bologna, Altino, Aquileia e Verona, corredati da bibliografia precedente); per Aquileia inoltre Maggi, Oriolo 2009, p. 165 (da km 1,5 a km 5, corrispondenti a circa 3 miglia). Per il caso limite di Roma, cfr. Annibaletto 2010a, p. 22 ove si fa riferimento ad un range fra km 2 e km 6, che però si potrebbe estendere fino al IX miglio.

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un drastico ridursi delle attestazioni, che diventano sporadiche non appena ci si allontana dal nucleo abitato (ed in particolare oltre il primo miglio, eventualmente poco più per l’epoca al-to-imperiale), escludendo quindi problemi di demarcazione, quali si incontrano in situazio-ni di maggior densità e quindi continuità spaziale18. Le testimonianze funerarie, spesso incer-te, esterne a questa fascia sono attribuibili a contesti funerari che non hanno relazione con il centro urbano, ma direttamente collegati a insediamenti isolati del territorio.

La delimitazione dell’ambito della trattazione è più complessa per il termine cronolo-gico inferiore, proprio per la continuità dell’ utilizzo funerario di numerosi siti e complessi, in alcuni casi accertata, in molti altri ricavabile per deduzione, ad esempio per la sovrappo-sizione di diverse tipologie di sepolture. Un ostacolo ad una datazione assoluta, qualora non accertata su base stratigrafica, è però spesso rappresentata dall’assenza di corredi, che diven-ta anzi essa stessa elemento indiziario di una recenziorità delle tombe, eventualmente fino ad età altomedievale, pur con tutte le riserve dell’ argumentum ex silentio19.

In qualche caso invero una cronologia molto bassa è stata accertata, come per il riuso funerario del terrazzamento a monte del monumento di via Capitelli, episodio datato – sulla base degli studi attuali - al VII sec. d.C.20: tuttavia proprio tale esempio deve far tenere sem-pre presente il carattere non assoluto delle demarcazioni utilizzate.

La documentazione archeologicaCome sopra accennato, gran parte delle attestazioni funerarie a Tergeste sono desunte

da segnalazioni datate, con scarsa attendibilità nella stessa localizzazione: infatti nella mag-gioranza dei casi disponiamo al massimo dell’associazione del luogo di provenienza con ma-teriali, talvolta perduti, costituiti per lo più da monumenti funerari ed iscrizioni. Uno dei pro-blemi correlati è rappresentato dalla frequenza, proprio per queste tipologie, del fenomeno del riuso, su cui già ben si è soffermata M. Verzár-Bass21; pur restando presumibile il reimpie-go di elementi caratterizzati spesso da notevole mole prevalentemente a non molta distanza dalla loro giacitura primaria, ne può sempre derivare il rischio di conclusioni fuorvianti sulla durata (estesa retroattivamente) della destinazione funeraria di un sito o area.

Oltre alle incertezze cronologiche che derivano da tale circostanza, la ridotta percen-tuale di sepolture rinvenute e documentate in sito vanifica la rappresentatività - se non a ri-schio di gravi approssimazioni – di considerazioni su tipologia delle sepolture, aspetti tafo-nomici, composizione dei corredi, rituali ed a maggior ragione sui dati antropologici (analiz-zati solo in alcuni contesti di recente indagine).

Prima di procedere in ordine topografico, seguendo quindi naturalmente le vie in usci-ta da Tergeste, pare opportuno sottolineare la scarsa documentazione – anche per l’epoca alto-imperiale - delle “vie sepolcrali” (fig. 1), intese come allineamento di recinti, che caratterizzano altrimenti il panorama funerario delle città romane22 – a dire il vero con molte limitazioni nei

18 Fra gli esempi appena citati, Aquileia e Verona, su cui cfr. nota precedente ed inoltre Bertacchi 1997, 153, fig. 1 (seppure senza indicazioni dimensionali), rispettivamente Cavalieri Manasse, Bolla 1998, pp. 110-114.

19 La questione si pone soprattutto per le numerose segnalazioni ottocentesche o del primo ‘ 900, che spesso non fanno cenno della presenza di corredo o vi dedicano scarni appunti (senza peraltro che sia possibile la verifica autoptica né di questi materiali né degli eventuali contenitori anforacei); pur restando il dubbio che la mancata menzione sia una lacu-na delle relazioni preliminari, la loro discreta accuratezza, in generale, porta ad escludere che si tratti di semplici omissioni.

20 Maselli Scotti 2009a, p. 272.21 Verzár-Bass 1997, pp. 120-121. In precedenza sulla questione anche Ventura 1996, pp. 60-61.22 Si veda Zaccaria 2005, in particolare p. 195 e nota 1, per una rassegna sulle strutture a recinto in Cisalpina, in

premessa al lavoro sui monumenti aquileiesi, che rappresentano la norma fra il I sec. a.C. e il III sec. d.C. Sulle “vie sepol-crali” di Tergeste, Verzár-Bass 1997, pp. 118-121.

ATTESTAZIONI FUNERARIE A TERGESTE FRA III E IV SECOLO D.C.

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centri a continuità di vita come appunto Trieste: la questione appare rilevante proprio per la fre-quente lunga durata di tali “contenitori”, che usano accogliere in successione sepolture delle più svariate tipologie. Ne è esemplificativo il controverso caso del sepolcreto di via Donota, nono-stante si tratti di un sito scavato in anni relativamente recenti, nonché edito con criteri scienti-ficamente corretti (non è irrilevante il fatto che lo scavo sia stato valorizzato in situ e quindi tut-tora accessibile per ulteriori verifiche)23.

Se si esclude tale monumento, l’ unico altro recinto ben noto e documentato resta quel-lo identificato a inizio ‘ 900 presso l’attuale via Pondares, su una via secondaria che si staccava a sua volta dal raccordo che congiungeva la via proveniente da Aquileia direttamente con la stra-da verso l’ Istria, bypassando il centro urbano24: la sua datazione alto-imperiale è avvalorata da un cippo angolare con pedatura (la cui datazione è stata corretta da inizio II al I sec. d.C.), men-tre pare escluso un protrarsi in epoca medio- e tardo-imperiale25.

È labile invece l’ ipotesi della presenza di uno o più recinti funerari presso il “Bosco Ponti-ni”, lungo la strada verso l’ Istria (in corrispondenza dell’attuale allineamento via S. Giusto - via Bramante – via S. Giacomo in Monte), fra le strutture rinvenute e indagate a più riprese a inizi

23 Maselli Scotti 1982; Trieste: uno scavo 1989, pp. 22-39; Maselli Scotti 1990b, pp. 617-620; Trieste. Il sepol-creto 1991; Ventura 1996, pp. 61, 87-87, n. 31B.

24 Sticotti 1911, pp. 46-63; Scrinari 1951, pp. 94-95, 116; S.I. Tergeste 1992, p. 218 (per l’epigrafe e relativa data-zione); Ventura 1996, pp. 64, 103-104, n. 90.

25 Un dubbio può sussistere per l’ indicazione, accanto alle incinerazioni, di una sepoltura in anfora all’esterno del recinto, che potrebbe essere di individuo infantile (non è specificato) e cronologicamente coerente con le incinerazioni, ma pure indizio dell’affermarsi dell’ inumazione, con le relative implicazioni cronologiche; l’ ipotesi è però indebolita dalla ci-tazione di numerosi frammenti di anfore, sul retro del recinto, frammiste a vetri e tracce di rogo, che ne suggeriscono una contestualità e quindi una datazione più alta.

Fig. 1 – Attestazioni funerarie

di epoca alto-imperiale (ela-

borazione: Massimo Braini).

1) via Donota

2) via Carducci / p. Oberdan

3) via Fabio Severo

4) via Udine / via Belvedere 11

5) via Bramante 10

6) Bosco Pontini, via Bramante 2

7) Bosco Pontini, scala Besenghi

8) piazzale S. Giacomo

9) via Molino a Vento

10) via Gatteri

11) Barriera vecchia / via Set-

tefontane 2

12) via Pondares

13) area Teatro romano

14) via Riborgo / via Rosario

15) Via Crosada

16) SS. Martiri

17) S. Vito

18) Ponziana

PAOLA VENTURA

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‘ 90026 – da tenere ben distinti dal riuso funerario di un edificio abitativo individuato nel 1895 e di quelli utilitari, oggetto di un più sistematico e meglio noto scavo nel 1906-190727.

Ci si riferisce invece a più rinvenimenti di incerta interpretazione, succedutisi dal 1902 (scala Besenghi)28 al 1905 (p. tav. 2832 – cronologia fondata sui rinvenimenti monetali, fra la fine del I sec. a.C. ed il pieno III sec. d.C.)29, al 1910 (via Bramante 10)30.

Una maggiore affidabilità offrono invece i recinti funerari riconosciuti nell’ 800 sulla medesima strada per l’ Istria, allontanandosi dalla città, rispettivamente in piazzale S. Giaco-mo31 ed in via Molino a Vento32, entrambi certi solo per l’epoca alto-imperiale.

Infine resta una mera suggestione la lettura come recinti di alcune strutture murarie in prossimità della strada verso Aquileia, fra via Carducci, piazza Oberdan e via Fabio Severo, pur nei pressi di sepolture, ma solamente alto-imperiali33.

L’estrema incertezza sull’esistenza di recinti funerari, in particolare – con un’ unica ecce-zione - per l’età tardoantica, pone una seria questione sulla collocazione originaria dei sarcofa-

26 Su tutte queste evidenze, cfr. amplius Ventura 1996, pp. 62-63, 100-101, nn. 78-81; in particolare viene rivisto Scrinari 1951, pp. 92-93, che tratta indistintamente le sepolture ad incinerazione e ad inumazione.

27 Ventura 1996, pp. 62-63 e note 152-153, pp. 99-101, nn. 73 e 81; cfr. infra e nota 54.28 Puschi 1903, pp. 24 e 27-29.29 Sticotti 1906, ove già è presente la lettura come recinto funerario, anche se non pare vi sia traccia diretta di se-

polture. Non si può quindi nemmeno escludere che si tratti di edifici spoliati, in origine simili a quelli poi rinvenuti nel 1906-1907, interessati a loro volta da un uso funerario solamente secondario, su cui Sticotti, Budinich, Tedeschi 1908,cfr. supra, nota 27, e poi più diffusamente infra.

30 Sticotti 1914, p. 155; Ventura 1996, p. 62 e nota 152, p. 99, n. 75.31 Kandler 1850; Ventura 1996, pp. 63 e 102, n. 83.32 Puschi 1897, pp. 105-109; Ventura 1996, pp. 63 e 102-103, n. 85.33 Degrassi 1928, p. 398; Degrassi 1933, p. 317; Ventura 1996, pp. 61-62 e nota 149, p. 106-107, nn. 101-102-103.

Fig. 2. Tergeste, rinvenimenti fu-

nerari di epoca tardo-antica (ela-

borazione: Massimo Braini).

1) via Donota 2) via S. Caterina3) Miramare4) via Tiepolo / Montecucco5) via S. Giusto 6) Bosco Pontini (scavo 1906-07)7) area Teatro romano 8) Park S. Giusto9) via delle Mura / via Sporcavilla 10) Crosada11) via Madonna del Mare 12) Park S. Lucia13) piazzetta S. Lucia 114) SS. Martiri15) via Cattedrale16) Cacciatore17) S. Vito18) Ponziana

ATTESTAZIONI FUNERARIE A TERGESTE FRA III E IV SECOLO D.C.

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gi, di cui pure sono noti numerosi esemplari, che in buona parte ricadono nel periodo in esa-me34: si tratta quasi sempre di pezzi in giacitura secondaria, per cui saranno trattati singolar-mente in relazione al luogo di effettivo rinvenimento, ovvero più spesso fra gli esempi di riuso o tra i monumenti privi di dati di provenienza. Permane tuttavia il dubbio riguardo al contesto per il quale furono creati35: se si può presumerne, di norma, una visione all’aperto, in area mo-numentalizzata o almeno enfatizzati da strutture come i teguria, non può essere del tutto esclu-so il loro interramento, come verificato per alcuni esemplari aquileiesi, anche decorati36.

Le attestazioni (III-IV secolo) (fig. 2)

Strada per Aquileia La via di maggiore importanza è

sicuramente quella che collegava Trieste alla più antica fondazione nord-adria-tica: dal centro, ubicato sul colle di S. Giusto, scendeva lungo via del Semina-rio fino al varco delle mura obliterate sin dal I sec. d.C. e quindi lungo via Do-nota37. Il tracciato può essere quindi se-guito in piano per un breve tratto, sul-la base di resti diretti e dell’allineamen-to, lungo di esso, di altri edifici (come il santuario della Bona Dea); qualsia-si traccia del percorso viene poco oltre a mancare, in conseguenza dei massic-ci interramenti subiti dal quartiere (bor-go teresiano) nel XVIII secolo, per ri-prendere in corrispondenza dell’attua-le piazza Oberdan, da dove quindi la via risaliva e proseguiva poi a mezza costa38.

Sepolcreto di via DonotaIl più volte menzionato complesso

di via Donota39 (figg. 3-5), si connota per

34 I materiali triestini sono in parte editi in Ciliberto 1990 (sarcofagi attici), quindi Ciliberto 2003 (sarcofagi at-tici, urbani e un esemplare di microasiatico), con tutte le indicazioni relative alla provenienza; la stessa studiosa ha in pro-gramma la pubblicazione integrale anche dei sarcofagi di produzione locale, di cui manca finora un catalogo ragionato, mentre ci si è potuti avvalere, per quelli iscritti, della pubblicazione in I.It., X, 4 e S.I. Tergeste 1992.

35 Una lunga durata d’ uso dei recinti, riconvertiti ad ospitare sarcofagi, si registra ad esempio ad Aquileia, con il ben noto sepolcreto “dell’Annia”, su cui a titolo esemplificativo Giovannini 2009, p. 183; il III sec. d.C. rappresenta il ter-mine finale anche dei recinti di Colombara, analizzati in Reusser 1987. Tuttavia fenomeni di riuso a spese dei recinti (ed altri monumenti) sono attestati fino al IV-V sec. d.C., cfr. Maselli Scotti, Giovannini 2007, p. 230, e da ultimo Orio-lo 2013, pp. 98-99; una continuità ancor più marcata si riscontra a Concordia, cfr. Annibaletto 2010b, p 255 e nota 153.

36 Giovannini 2012/2013 c.s. Per il periodo in esame non è ancora pensabile il binomio “cimiteri e basiliche”, che si afferma a partire dal IV secolo in contesti ormai cristianizzati, cfr. Annibaletto 2010a, pp. 156-161.

37 Maselli Scotti 2006, p. 537.38 Ventura 1996, pp. 61-62.39 Cfr. supra, nota 23, con bibliografia.

Fig. 3 – Trieste, via Donota. Sepolcreto tardo-antico sovrappos-to ad edificio abitativo: pianta (da Maselli Scotti 1982, p. 100).

PAOLA VENTURA

288

la precoce riconversione ad uso funerario di un’area inizialmen-te abitativa, particolarmente sor-prendente in una zona ad alto va-lore per posizione scenografica e prossimità al teatro romano.

Resta comunque accerta-to che alla preesistente domus si sovrappone un recinto (m 9,5 x 10,40), di cui mancano tuttavia le sepolture pertinenti, sicché la cronologia iniziale è stata fissa-ta agli inizi / metà del II sec. d.C. sulla sola base della stratigrafia e, in minor misura, della tipologia del monumento40. La cesura con le sepolture della seconda e terza fase (a cassa e in anfora), la cui cronologia fra IV e inizio/metà del VI sec. d.C. è basata sia sul-la classificazione dei contenitori anforici che sull’analisi di alcu-ni elementi corredali41, sarà for-se solo apparente, e dovuta piut-tosto ad un intervento di spoglio delle più antiche deposizioni per far spazio alle successive (esse stesse oggetto di manomissioni, con frequente ricorrenza dell’os-silegio): induce a tale valutazio-ne la permanente funzionalità del monumento, perfino quan-do si inizia ad invaderne anche lo spazio esterno, restando per-

tanto improbabile un utilizzo diverso nel periodo intercorso (metà II – III sec. d.C.). É invece acclarata la lunga durata dell’ uso necropolare, ben al di là del termine posto per questa trat-tazione, questione su cui si tornerà nelle conclusioni. Merita almeno un accenno quanto già approfondito in altra sede rispetto agli aspetti rituali (analisi resa possibile grazie alla circo-stanza che trattasi di uno scavo recente e documentato), fra cui spicca la presenza di strutture dedicate all’ epulum nella fase seconda (di massima IV sec. d.C.); questo stesso elemento, tro-vando confronti in necropoli sia pagane e cristiane, pone altresì il quesito – privo di risposta, almeno sulla base dei corredi – riguardo alla pertinenza delle sepolture all’ uno o altro culto, ovvero alla possibilità di riconoscere un passaggio più o meno graduale42.

40 Trieste. Il sepolcreto 1991, pp. 12-16 (V. Degrassi), 18-19 (F. Maselli Scotti).41 Trieste. Il sepolcreto 1991, pp. 22-25 (P. Ventura).42 Trieste. Il sepolcreto 1991, pp. 26-29 (A. Giovannini). Sulla permanenza di pratiche come il refrigerium, si veda

quanto osservato per Concordia in Annibaletto 2010b, pp. 253-254.

Fig. 4 – Trieste, via Donota. Sepolcreto tardo-antico: veduta dall’alto duran-te lo scavo (Archivio fotografico SArFVG).

Fig. 5 – Trieste, via Donota. Sepolcreto tardo-antico: sistemazione attuale (Archivio fotografico SArFVG).

ATTESTAZIONI FUNERARIE A TERGESTE FRA III E IV SECOLO D.C.

289

Via S. CaterinaRiservandosi di approfondire la questione delle iscrizioni funerarie provenienti dall’a-

rea del teatro romano cumulativamente nella sezione dedicata alla via litoranea43, nel proce-dere invece lungo la direttrice per Aquileia - ed a tale via sicuramente ricollegabili - si ritro-vano le inumazioni (in fossa e in anfora) che vengono ad occupare in parte alcuni edifici pre-sumibilmente abitativi, fra gli attuali Corso Italia, via S. Caterina, piazza Repubblica e via D. Alighieri (già via S. Antonio ed in epoca romana linea di costa): nelle notizie dell’epoca vie-ne riferita la presenza di una sepoltura di adulto, contenuta in due anfore e direttamente so-vrapposta ad un pavimento in cocciopesto e al relativo strato di distruzione, accanto ad altre tombe in anfora o nuda fossa, presenti nell’area circostante44.

L’assenza di corredo non permette indicazioni cronologiche certe.La successiva emergenza della strada si localizza nell’area delle attuali via Carducci –

piazza Oberdan – via Fabio Severo, già presa in esame per la presenza di strutture eventualmen-te riconducibili a recinti, ove però si segnalano con certezza incinerazioni alto-imperiali45: alla stessa epoca rimandano anche le iscrizioni in giacitura secondaria rinvenute nei pressi46, come pure le evidenze della vicina via Udine – via Belvedere47, topograficamente le ultime attestazio-ni nell’ambito del suburbio in questa direzione.

Al di là di questo punto, ancora al limite del primo miglio urbano, le presenze si rare-fanno, tanto da essere attribuibili a sepolture isolate, per lo più pertinenti a ville lungo la co-sta, raggiungibili però piuttosto via mare. Fra di esse spicca il sito di Miramare, a circa 8 km dal centro cittadino, interessato nell’ 800 dalla costruzione del Castello di Massimiliano d’A-sburgo, che ha restituito un coperchio di sarcofago48. In aggiunta si cita la provenienza – solo ipotizzata – dalla stessa area di un frammento di sarcofago microasiatico, facente parte del-le collezioni dell’Arciduca d’Austria: pur restando più probabile la sua acquisizione dal com-mercio antiquario internazionale, F. Ciliberto propone una suggestiva associazione con i resti di epoca romana, segnalati nella prima metà del Novecento in due punti presso il Castello49.

La strada principale proseguiva invece, come detto, a metà del ciglione carsico, fian-cheggiata da presenze ormai del pari senza più alcuna relazione col centro urbano50.

Strada per l’ IstriaLa seconda strada per importanza era quella che usciva da Trieste dalla sommità del

colle di S. Giusto diretta verso l’ Istria, affiancata per un lungo tratto dall’acquedotto e, come visto, da alcuni recinti di epoca alto-imperiale51.

43 L’assegnazione generica alla zona non consente di stabilire in molti casi se provenissero da monte (via Donota – strada per Aquileia) o a valle del monumento (appunto strada litoranea).

44 Sticotti 1908, pp. 279-280; Sticotti 1914, pp. 147-154; Scrinari 1951, p. 93 (attribuisce le anfore ad uso cristiano, con ciò implicitamente ribassando la datazione in maniera non giustificata); Ventura 1996, p. 61 e nota 148, p. 105, n. 96B.

45 Cfr. supra, nota 33.46 I.It. X,4, 42, 142 (entrambe perdute), 49, 168, 169; per le relative datazioni S.I. Tergeste 1992, pp. 218, 219, 227-228. 47 Sono stati riconosciuti sia resti strutturali in crollo / distruzione, sia monumenti funerari ed iscrizioni in giacitu-

ra secondaria, cfr. Puschi 1903, pp. 21-23; Ventura 1996, p. 62 e nota 150, pp. 107-108, n. 107. Per le iscrizioni I.It. X,4, 184 e 228, sulla cui datazione si veda S.I. Tergeste 1992, pp. 225, 230.

48 Sull’ insediamento e la sua caratterizzazione come villa, cfr Auriemma et alii 2008, p. 112 e UT 11, http://siticar.units.it/ca/adriatico/evidenza.jsp?id=34.

49 Ciliberto 2003, pp. 183-184 (S 25: peraltro la cronologia del pezzo viene circoscritta entro il II sec. d.C., pur in un arco potenzialmente ammissibile fino alla prima metà del III).

50 È il caso ad esempio della poco nota necropoli di Lahovec, che comprende sicuramente una fase tardoantica (se non altomedievale), sovrapposta a edifici abitativi e produttivi, rinvenuta nell’ 800 nei pressi di S. Croce, ormai ad una doz-zina di chilometri da TS, cfr. Auriemma et alii 2008, UT 101, http://siticar.units.it/ca/adriatico/evidenza.jsp?id=176.

51 Scrinari 1951, pp. 93-94, 117; Ventura 1996, p. 62-63.

PAOLA VENTURA

290

Via MontecuccoLa prima attestazione funeraria di età tarda si trova di poco arretrata rispetto al traccia-

to principale, all’ intersezione fra via Montecucco e via Tiepolo, in un contesto di riuso: alla fine degli anni ‘ 20 venne identificata infatti - al di sopra di livelli con materiale di I sec. d.C - un’ inumazione con un’armilla vitrea, che ha suggerito una datazione al III sec. d.C.52.

Bosco Pontini - via S. Giusto 1Si tratta anche in questo caso della rioccupazione di un edificio abitativo (databile presu-

mibilmente al I sec. d.C.), dopo una fase di abbandono: nel 1895 furono qui riconosciute una sepoltura in anfora di individuo adulto e accanto ad essa altre ossa umane; mancando qual-siasi indizio cronologico correlato, rimane solo ipotetica una datazione fra IV e V sec. d.C.53.

Bosco Pontini - via BramanteSi è già ampiamente discusso della possibilità di riconoscere, fra le strutture rinvenute in

più tratti e in più momenti fra via S. Giusto e via Bramante, recinti funerari eventualmente risa-lenti ad epoca alto-imperiale, cui correlare le sepolture ad incinerazione54: ciò sarebbe partico-larmente rilevante nel segno di una continuità di destinazione. Resta infatti viceversa certo un riuso funerario in epoca tardo-antica di alcune strutture, adiacenti a quelle di più difficile attri-buzione, esse invece in origine probabilmente utilitarie, o almeno con una seconda fase conno-tata in tal senso: uno scavo consentì di indagare fra 1906 e 1907 nelle pp.cc. 2806, 2869 e 2872 un edificio di una decina di vani, la cui vita pare cessare con il III sec. d.C. La nuova occupa-zione è rappresentata da una decina di tombe a cassa (una bisoma) e circa altrettante in anfora, con corredi molto poveri, di cui vengono descritti in maniera abbastanza generica alcuni ogget-ti in vetro e bronzo, che non paiono offrire agganci per la datazione. L’ unico indicatore crono-logico della fase necropolare, oltre al termine post quem dell’abbandono dell’edificio, è offerto dalla datazione più bassa delle monete, che giungono fino a Valentiniano e quindi alla seconda metà del IV sec. d.C. - pur non potendosi escludere una durata più prolungata del sepolcreto55.

Oltre questo sito, che rientra abbondantemente nell’ambito del primo miglio suburba-no, tutte le evidenze lungo la strada in prosecuzione verso sud-est sono databili ad epoca alto-imperiale, in parte inquadrabili entro una sistemazione di via funeraria organizzata in recinti56.

Strada costieraIl percorso più controverso, non tanto nel suo tracciato - ormai accertato direttamente in

più punti, grazie a scavi recenti, e ricostruibile quindi con buona approssimazione57 – quan-to proprio in merito alla presenza lungo di esso di aree funerarie fin dall’epoca alto-imperiale, è quello che correva lungo la costa: esso si staccava dalla via proveniente da Aquileia - che risa-

52 Sticotti 1930, p. 135; Degrassi 1933, p. 317; Ventura 1996, pp. 62 e 99, n. 72.53 Puschi 1897, pp. 104-105; Ventura 1996, p. 62 e nota 52, p. 99, n. 73B.54 Cfr. supra e note 26-27: Sticotti, Budinich, Tedeschi 1908; Ventura 1996, pp. 62-63 e note 152-153, pp. 100-

101, n. 81A-B.55 Sticotti, Budinich, Tedeschi 1908, esemplare anche per il precoce interesse per i dati antropologici; Scrina-

ri 1951, pp. 92-93 (ascrive le tombe al “periodo delle prime invasioni”, senza sufficiente motivazione); Ventura 1996, p. 62 e nota 152, pp. 78-81, n. 81B.

56 Cfr. supra e note 31-32.57 Non contemplata nella rassegna di Scrinari 1951, è stata individuata da F. Maselli Scotti, cfr. Maselli Scot-

ti 1990a, pp. 342-343; successivamente Ventura 1996, pp. 64-65; sintesi più recenti in Maselli Scotti 2008a, p. 322, e Braini, Maselli Scotti 2011, p. 67.

ATTESTAZIONI FUNERARIE A TERGESTE FRA III E IV SECOLO D.C.

291

liva, come visto, il colle lungo via Donota - e proseguiva invece a valle del teatro romano, lam-bendo tutta la parte bassa della città (al di fuori delle mura più antiche) e dirigendosi verso il porto maggiore a sud-ovest e la vicina necropoli dei Ss. Martiri, su cui diffusamente si tornerà58.

Area del teatro romanoUn punto critico, sempre nell’ottica di una maggiore o minore estensione del centro an-

tico, resta la destinazione funeraria, ed eventualmente la sua datazione, della zona adiacente il teatro romano: anche in questo caso – se si esclude una notizia ottocentesca59 – tale ipote-si si basa principalmente sul recupero di svariati monumenti funerari iscritti in giacitura se-condaria, in due casi provenienti dagli stessi scavi del teatro, altrimenti da diversi punti nelle immediate vicinanze, sia a monte che per lo più a valle60.

Trattandosi per la maggior parte di materiali alto-imperiali61, i termini della questione si intrecciano strettamente con quella del perimetro urbano originario62. L’ unico monumen-to, peraltro ora perduto, proveniente dall’area e databile con certezza ad epoca tardo-impe-riale (e segnatamente al IV sec. d.C.) è la ben nota iscrizione commemorativa di due gladia-tori, la cui localizzazione è stata sempre motivata con il probabile uso promiscuo dell’edifi-cio di spettacolo esteso ai munera e non è quindi un indicatore certo di un uso necropolare dell’area per tale periodo (lasciando vieppiù irrisolta la questione per le epoche più antiche)63.

Via del Teatro romano – Park S. Giusto L’evidenza più prossima di un uso funerario tardo-antico è venuta recentemente alla

luce nel corso degli scavi del Park S. Giusto (figg. 6-7), che si incontrano proseguendo lungo la stessa via del Teatro romano verso ovest, ed in particolare nelle indagini condotte sui terraz-zamenti che marcano il digradare del pendio direttamente a valle di via Donota. È stata qui infatti rinvenuta una sepoltura infantile in anfora, la cui datazione al IV (o al massimo agli inizi del V sec. d.C.) è fornita con certezza sia su base stratigrafica che grazie al contenitore utilizzato, un’anfora Keay XXV purtroppo priva di orlo, il che non permette un maggior det-taglio; la presenza di due ulteriori deposizioni è solamente indiziata in una situazione scon-volta, a breve distanza. Il contesto si presenta chiaramente come un esempio di riuso, stavol-ta non di edifici abitativi, bensì di una sistemazione di versante di grande impegno costrutti-vo, ma probabilmente ancora in buona misura inedificata64.

58 La destinazione funeraria dell’area - a breve distanza dalle strutture portuali del pari già qui postulate - è ben nota fin dagli studi ottocenteschi, come evidenziato in Scrinari 1951, p. 96; Ventura 1996, pp. 65-66. Sul porto esterno di Trieste, Auriemma et alii 2008, UT 19, http://siticar.units.it/ca/adriatico/evidenza.jsp?id=236, e UT 222, http://siticar.units.it/ca/adriatico/evidenza.jsp?id=359.

59 Viene citata la presenza di urne cinerarie e quindi di una necropoli risalente ad epoca alto-imperiale, nella vici-na via di Riborgo, cfr. Ventura 1996, pp. 65 e 89, n. 35, con bibliografia precedente; il contesto viene messo in discussione tuttavia da Verzár-Bass 1997, p. 119 e nota 10.

60 Rassegna completa, con le specifiche localizzazioni, in Ventura 1991, pp. 139-140 e in dettaglio in nota 18. Pur consapevoli che le indicazioni “contrada Donota” e “corso Vittorio Emanuele” potrebbero riferirsi piuttosto al tracciato ini-ziale della strada per Aquileia, da cui la litoranea si staccava immediatamente prima di giungere al teatro, si ritiene più fun-zionale una trattazione unitaria.

61 Dallo scavo del teatro: I.It. X,4, 75, 172; da contrada Donota: I.It. X,4, 100, 178 (irreperibile), 188 (irreperibile); da con-trada Riborgo: I.It. X, 4, 57 (perduta), 79, 146 (irreperibile), 169, 175, 216, 245 (perduta); da corso Vittorio Emanuele: I.It. X,4, 135, 140; da via del teatro romano (palazzi Ministero Lavori Pubblici e INAIL): I.It. X,4, 50 e Rossi 1969-1970. Per le rispettive data-zioni, in un arco fra la prima metà del I sec. a.C. ed il II sec. d.C., cfr. S.I. Tergeste 1992, pp. 219-220, 222-223, 225-230, 249-250.

62 Cfr. supra, note 9-11. La disputa peraltro è da intendersi in parte superata, alla luce delle migliori conoscenze sul-la precoce occupazione delle aree extramurane, cfr. Ventura 2011a, pp. 95-97.

63 I.It. X,4, 77; Gregori 1991; S.I. Tergeste 1992, p. 223.64 Ventura 2011a, pp. 88-90.

PAOLA VENTURA

292

Crosada Uno dei complessi chiave nel presente discorso è il già menzionato sito di Crosada (figg.

8-11), connotato in epoca alto-imperiale da una destinazione abitativa65, di cui restano prin-cipalmente sistemi di terrazzamento delle domus retrostanti ed alcuni vani con probabile uso commerciale o produttivo, interessato da un’ importante ristrutturazione protrattasi fino all’ inizio del III sec. d.C.; nella prima metà dello stesso si succedono in un intervallo relativa-mente breve l’abbandono ed una serie di crolli, cui subentra però ben presto la riconversione all’ uso sepolcrale, datata quindi con maggior precisione alla seconda metà del III sec. d.C.66.Sono state indagate ed esaustivamente documentate quattro deposizioni, di cui solo una (T.

65 Si ricorda ad ogni modo la notizia del rinvenimento a breve distanza (via Crosada 2 / via della Muda) di nume-rose olle in materiale non indicato – presumibilmente quindi fittili di incinerati – riportata in Ireneo 1698, pp. 232, 243, 259; cfr. Ventura 2006, pp. 85-85, n. 25.

66 Auriemma 2007, pp. 45-49.

sopraFig. 6 – Trieste, park S. Giusto. I terrazzamenti centrali (nord/lato mare a destra), con localizzazione (in basso al centro) della T. 1 (Archivio fotografico SArFVG, elabora-zione Archeotest s.r.l.).

a latoFig. 7 – Trieste, park S. Giusto. La T. 1 (Archivio fotogra-fico SArFVG).

ATTESTAZIONI FUNERARIE A TERGESTE FRA III E IV SECOLO D.C.

293

1) in giacitura primaria, entro una fossa ricavata nell’ intercapedine fra due muri: la sepoltu-ra, pertinente ad un individuo di tre-quattro anni, era sistemata su un letto di conchiglie, cui è stato attribuito valore apotropaico, e accompagnata dall’offerta di un uovo su valva di ostri-ca. Le altre tombe sono state interpretate come deposizioni secondarie: in un caso (T. 2) si ri-conosceva la raccolta parziale di resti scheletrici di due adulti, ricollocati in una piccola fos-sa e coperti da un’anfora Africana I; la T. 3, consistente nei resti incompleti di un bambino di circa due anni, privo di corredo, era accolta in un’anfora frammentaria Africana II, che a sua volta fungeva da copertura della T. 4. Quest’ ultima era costituita da una fossa, con una sele-zione degli scheletri di un adulto e di un bambino, poggiati su un frammento del medesimo contenitore della T. 3; la contestualità delle deposizioni – che ha comportato altresì una par-ziale commistione dei resti – è indizio di uno stretto legame, probabilmente familiare67.

67 Borzacconi, Mandruzzato 2007, pp. 79-84; Borzacconi, Morselli 2007, pp. 146-150.

Fig. 8 – Trieste, Crosada. Pianta della fase di riuso funerario (Trieste antica 2007, p. 80, fig. 90).

PAOLA VENTURA

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Permane qualche incertezza sulla durata della fase funeraria: atteso che le attività successive nell’area si da-tano appena alla fine del IV sec. d.C.68 e che sono ben supportate le ipotesi della presenza di altre sepolture, danneggiate dagli interventi e riporti successivi69, pare plausibile un uso protratto per almeno qualche decennio.

Via CapitelliNon pare rientrare nell’arco cronologico di inte-

resse la fase funeraria nell’area del monumento di via Capitelli, in quanto una sepoltura infantile in anfora nell’area antistante viene datata al V/VI sec. d.C; man-cano invece indicazioni cronologiche più precise per le “poche ossa umane”, forse resti di una tomba a fossa, re-cuperate immediatamente a valle, fra via delle Mura e via Sporcavilla70.

Via Madonna del MareParrebbe fuoriuscire da questa disamina, per mo-

tivi cronologici, anche l’area necropolare di via Madon-na del Mare, alla cui presenza viene ricondotto l’ instau-rarsi, all’ inizio del V sec. d.C., della nota basilica marti-riale: non sembra infatti che vi siano elementi sufficien-ti a retrodatare al IV secolo i rinvenimenti di carattere funerario, documentati fin dal XVII secolo, ben prima della messa in luce dell’edificio di culto nel 1969 (peral-

68 Auriemma 2007, pp. 45-49.69 Borzacconi, Mandruzzato 2007, p. 84.70 Maselli Scotti 2005, p. 207, con pubblicazione preliminare del monumento, ibidem, pp. 200-209; gli scavi sono

ancora sostanzialmente inediti, per cui non è possibile estrapolare con buona attendibilità la fase funeraria per una artico-lata discussione.

Fig. 9 – Trieste, Crosada. La T. 1 (Trieste antica 2007, p. 81, fig. 93).

Fig. 11 – Trieste, Crosada. La T. 3, sovrappos-ta alla T. 4 (Trieste antica 2007, p. 82, fig. 95).

Fig. 10 – Trieste, Crosada. La T. 2 (Trieste antica 2007, p. 84, fig. 101).

ATTESTAZIONI FUNERARIE A TERGESTE FRA III E IV SECOLO D.C.

295

tro anticipata essa stessa dall’ individuazione di alcuni tratti del mosaico pavimentale)71. Fra le testimonianze dirette della presenza di un sepolcreto si può infatti ascrivere la menzione da parte di Ireneo della Croce di molti sarcofagi in pietra, uno dei quali (I.It. X,4, 116) contenen-te due scheletri, rinvenuto assieme ad are e urne, e quindi - per voce di P. Kandler - di nume-rose tombe, attribuite ad una chiesa che sorgeva nel sito: pure la datazione al II sec. d.C. del sarcofago ricordato è compatibile con un suo riuso anche molto posteriore, mancando altri-menti qualsiasi elemento probante di una frequentazione anteriore al V sec. d.C.72.

Questa interpretazione viene ora rafforzata, pur nella scarsità dei dati editi, dai rinve-nimenti effettuati nel 2009 nella stessa via all’altezza del civico n. 5 (“Domus Mariae”), diret-tamente confinante ad ovest con l’area del park S. Lucia di seguito descritta: infatti l’ ingente numero di sepolture è databile solamente a partire dall’epoca altomedievale, con continuità d’ uso fino al XV secolo ed oltre73.

Park S. Lucia Ci si limita a fornire una sintesi, in quanto recentemente editi, dei nuovi importanti rin-

venimenti di carattere funerario nell’area del Park S. Lucia relativi alle indagini tra il 2008 e il 2009 (figg. 12-13), di cui era stata precedentemente resa nota la rilevantissima fase residen-ziale, essa stessa in connessione con la viabilità costiera – che proprio in questo punto vede staccarsi un’altra perpendicolare diretta verso il colle74.

La distruzione dell’edificio abitativo, nella seconda metà del III sec. d.C., costituisce il terminus post quem per la riconversione ad uso necropolare, dato particolarmente significati-vo per la datazione delle due tombe rinvenute nella fascia più orientale dello scavo: la tomba 5, infatti, si presen-ta come una cassa, impostata su un lato a ridosso del muro che delimita la strada orto-gonale alla litoranea, mentre per gli altri tre lati è formata da elementi di reimpiego (fra cui una stele iscritta, databi-le all’ inizio del II sec. d.C., ulteriore termine post quem,ma meno stringente); non vi sono quindi altri indicato-ri cronologici dell’ impianto della tomba, ma un uso pro-lungato può essere dedotto

71 La presenza di una cella cimiteriale ancora entro il IV sec. d.C. viene ipotizzata da Pross Gabrielli 1969, pp. 18-19; tuttavia già propendeva per il V-VI secolo Kandler 1848. Sull’edificio paleocristiano si veda diffusamente Cuscito 2009, pp. 176 e 297-315 (in particolare per la datazione della prima fase all’ inizio del V sec. d.C.: p. 300). Sulla storia suc-cessiva dell’area, Riavez 1997, pp. 62-63.

72 Sulla questione cfr. Ventura 1996, pp. 66-68 e 93-94, nn. 50-51, con bibliografia precedente. Per la datazione del sarcofago I.It., X,4, 116 (perduto), cfr. S.I. Tergeste 1992, p. 225. Si può menzionare peraltro il rinvenimento nella stes-sa area anche dell’ iscrizione I.It. X.4, 150 (del pari perduta), apparentemente altoimperiale, ma non necessariamente nel-la sua collocazione originaria.

73 Cfr. Maselli Scotti 2009b, p. 80, ove si annuncia una separata pubblicazione.74 Degrassi, Maselli Scotti 2008; Braini, Maselli Scotti 2011, pp. 67-68.

Fig. 12 – Trieste, park S. Lucia. Fase di riuso funerario (Archivio SArFVG, elabora-zione Massimo Braini - Maselli Scotti 2009b, p. 78, fig. 3).

PAOLA VENTURA

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dalla sua ultima funzione come ossuario, in quanto vi erano contenute le ossa di almeno dieci individui adulti e subadulti di entram-bi i sessi75; per il termine finale si può invece fare riferimento alla datazione più bassa del-le sepolture insistenti nell’area, che giungo-no oltre la metà del V sec. d.C.

Presenta minori problemi di crono-logia assoluta l’adiacente tomba 7, fossa contenente un inumato e – come corredo – una Firmalampe databile fra la seconda metà del III ed il IV sec. d.C.76: essa costitu-isce pertanto un ulteriore tassello per la do-cumentazione che qui rileva.

Di ben maggiore interesse è l’edifi-cio funerario indagato nel settore centrale dello scavo, sovrapposto alla parte rustica della villa e direttamente prospiciente alla strada litoranea: si rinvia alle considera-zioni di F. Maselli Scotti, che ne sottolinea l’unicità nel panorama tergestino – e for-se nord-italico – desumendo per i commit-tenti un livello sociale elevatissimo77. Non è al momento comunque possibile propor-re una ricostruzione attendibile del monu-mento, anch’esso eretto facendo ampia-

mente ricorso ad elementi architettonici decorati ed in un caso iscritti, risalenti alla prima metà del I sec. d.C.78: la presenza di blocchi di notevole mole, difficilmente provenienti da di-stanza considerevole, solleva anche per questo settore urbano la questione di una precoce esi-stenza di un’area necropolare in zona, evidentemente non negli spazi della villa ma a breve distanza – con prima indiziata l’adiacente zona dei Ss. Martiri.

L’ impianto del monumento è chiaramente definito anch’esso dalla distruzione della villa, che si è già visto collocata alla metà del III sec. d.C., ma più specificamente dalla negati-va di inserimento, riempita da materiali databili fra il IV e gli inizi del V sec. d.C., nonché dal-la sepoltura più antica (T. 6, v. infra), portando ad una datazione iniziale intorno alla metà del IV sec. d.C.79. Analogamente al sepolcreto di via Donota, e pur nel numero decisamente mi-nore di sepolture associate, è stato riconosciuto anche per questo monumento un uso prolun-gato nel tempo, di cui forse non vediamo nemmeno il termine finale. L’ inumazione più antica (T. 6), come appena accennato, è individuabile grazie all’ utilizzo, come contenitore, di un’an-fora Africana III precoce, databile pertanto fra la fine del III e il IV sec. d.C., che per i motivi sopra visti scende appunto alla metà del IV; ad essa segue una tomba a cassa (T. 2), con depo-sizione primaria di un individuo adulto di sesso femminile. Riconducono già al V secolo d.C. la successiva creazione di un nuovo livello pavimentale (post metà V sec. d.C., per la presenza

75 Maselli Scotti 2009b, pp. 76-77.76 Maselli Scotti 2009b, p. 76.77 Maselli Scotti 2009b, p. 80.78 Maselli Scotti 2009b, pp. 79-80.79 Maselli Scotti 2009b, p. 77.

Fig. 13 - Trieste, park S. Lucia. Fase di riuso funerario con monumento, in corso di scavo, affacciato sulla via litoranea (a nord/in basso) (Archivio fotografico SArFVG).

ATTESTAZIONI FUNERARIE A TERGESTE FRA III E IV SECOLO D.C.

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di anfore LR 2) e la posa di elementi architettonici (cui pure sopra si è fatto cenno), che ven-gono attribuiti alla necessità di sostenere sarcofagi, di cui si sono rinvenuti alcuni frammen-ti. L’ ultimo utilizzo documentato, ancora nell’ambito del V sec. d.C., vede la deposizione di due sepolture (T. 1 e T. 3) in anfora (spatheia), il riuso della T. 2, che viene ridotta con l’ uti-lizzo di tegoloni, per deporvi almeno tre individui, e l’ inserimento della T. 4 (in anfora, con-tenente un individuo infantile), in appoggio agli elementi strutturali aggiunti in questa fase80.

In estrema sintesi, da quanto fin qui esposto si conferma pure per il sito in esame una presenza funeraria dilazionata nel tempo - almeno dalla metà del IV a tutto il V sec. d.C., sen-za apparente soluzione di continuità – e caratterizzata da almeno due rifacimenti struttura-li: in tale ampio lasso si possono però inquadrare al momento con certezza solamente cinque sepolture (una con riuso) all’ interno e due esterne al monumento, e pertanto con legame più labile – a fronte della cinquantina gravitanti entro ed attorno al sepolcreto di via Donota. Al pari di quello, si riscontra nuovamente l’ impossibilità di attribuirvi una caratterizzazione re-ligiosa, in senso pagano o cristiano81. Ritornando alla trattazione su base topografica, che re-sta comunque la più foriera di risultati, il contesto appena descritto si inserisce viceversa pie-namente in quanto noto per le immediate adiacenze.

Piazzetta S. Lucia 1Merita soffermarsi, a proposito di lunga durata dei siti a caratterizzazione funeraria,

sulle sepolture identificate nelle indagini condotte in piazzetta S. Lucia 1, immediatamente ad ovest rispetto all’area del Park.

Nel 1996 alcuni sondaggi in questo immobile avevano consentito di individuare un tratto della litoranea di epoca romana, cui si sovrapponevano livelli di distruzione ed una stratificazione di epoca medievale e rinascimentale, correlabile al vicino ”Ospedale dell’An-nunciata”: a tale momento storico venivano quindi ascritte le sepolture in cassa e fossa, allora rinvenute82. Ulteriori scavi effettuati nel 1998 hanno però riportato in luce, a lato di un tratto della medesima strada, tre sepolture di cui almeno due di epoca tardo-antica: in particolare a monte della via si riconosceva la parte basale di T. 2 e T. 3, due tombe entro sarcofago in pie-tra d’ Istria, orientate NE-SW (subparallele alla strada), troncate entrambe in altezza e verso SW, la T. 3 anche nel lato lungo NW, sicché solo la prima conservava resti ossei pur sconvol-ti. Per una definizione cronologica soccorrono i materiali nel livello immediatamente sotto-stante, fra i quali risulta diagnostico un frammento di sigillata africana D dell’ ultimo quarto del IV sec. d.C. (da intendersi come terminus post quem, per cui le sepolture potrebbero effet-tivamente scivolare al secolo successivo); sono coerenti i reperti dallo strato di rinzeppo del-la T. 2, che comprendono frammenti anforacei in un ampio arco cronologico a partire dal-la fine del III e fino al VII sec. d.C., ove gli elementi più recenti iniziano comunque dalla fine del IV / inizi del V sec. d.C.. Le tombe sono quindi sigillate da unità che includono materia-li fra il III ed il VI sec. d.C., ma soprattutto numerose ossa rimaneggiate, accanto a frammen-ti bronzei, forse da corredo (ago o filamento di orecchino?). Interessante comunque notare la sovrapposizione a livelli di distruzione edilizia, quindi il subentro ad una originaria destina-zione di tipo abitativo, e nel contempo la lunga durata dell’ uso funerario.

80 Maselli Scotti 2009b, p. 77.81 Maselli Scotti 2009b, p. 80.82 Per i rinvenimenti ottocenteschi al di sotto della Curia, Puschi 1903, pp. 16-17 e Ventura 1996, p. 66 e 92-93,

n. 48. Sulle indagini recenti, cfr. quanto riassunto in Maselli Scotti 2009a, p. 272. Più in generale sull’area Riavez 1997, pp. 64-70; sul complesso ospedaliero ed in dettaglio sugli scavi sotto la Curia vescovile, ove sono state individuate le relati-ve strutture, cfr. Bin 2001, in particolare pp. 235-242.

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A valle della strada, invece, non sembra attribuibile nemmeno genericamente ad epo-ca tardo-antica la T. 1, inumazione disturbata, che pare a sua volta riutilizzare una preceden-te tomba a cassa, di cui residuava solamente un lacerto di muretto83.

SS. MartiriLa rassegna dei rinvenimenti funerari che fiancheggiano la strada litoranea si conclu-

de con l’ importante area dei Ss. Martiri, di cui pure si sono fornite più anticipazioni: l’ ipote-si che qui sorgesse la necropoli della città per tutta l’epoca romana si deve a Pietro Kandler, che identificava erroneamente come “celle sepolcrali” alcuni vani mosaicati; tuttavia lo studio dettagliato di Giovanni Lettich ha definitivamente chiarito che si trattava – in particolare per l’ isolato fra le attuali vie Ss. Martiri e Duca D’Aosta - dell’ennesimo caso di edificio abitativo, databile al II sec. d.C. e riconvertito ad uso funerario nel IV-V sec. d.C.84.

Tuttavia il consistente numero di monumenti funerari di epoca altoimperiale, reimpie-gati o comunque qui recuperati in giacitura secondaria, lascia aperta la possibilità della pree-sistenza di un’ importante area sepolcrale, potenzialmente più condivisibile del caso discusso per il tratto più prossimo al centro urbano85: vi si ascrivono una decina di iscrizioni, databili fra terzo quarto del I sec. a.C. ed ultimo quarto del I sec. d.C.86, cui se ne aggiunge una data-bile a cavallo fra II e III sec. d.C., eventualmente quindi ricompresa nel periodo di interesse87.Nonostante la ben nota minor tracciabilità dei monumenti non iscritti, è possibile assegnare altresì alla medesima provenienza ed all’epoca in esame almeno una stele di togato con cor-nice norico-pannonica (dalla vicina piazza Hortis), datata al 290-310 d.C.88 e forse un sarco-fago con cornucopie, privo della fronte, datato fra metà del II e inizi del III sec. d.C.89.

Non sono viceversa note iscrizioni per il periodo IV-V sec. d.C., maggiormente indi-ziato per l’ uso funerario, nel quale però si ricorreva volentieri al reimpiego di monumenti più antichi, come la famosa stele dei Voltidii (I.It. X,4, 170), rilavorata come coperchio di cassa90;nel segno di una prolungata continuità si pone poi l’ iscrizione del vir illustris Maurentius, da-tata al 571 d.C.91.

Strade di collegamentoMancano evidenze funerarie ascrivibili con certezza ad epoca tardo-antica lungo due

percorsi secondari di cui pure si è già fatta menzione, ovvero la bretella fra la strada da Aqui-leia e quella per l’ Istria, e la perpendicolare che se ne dipartiva verso il colle, all’ inizio della

83 I dati sono desunti dalla Relazione dello scavo a cura di Geotest s.a.s., febbraio 1999 (per i materiali: L. Mandruzzato).84 Kandler 1848; Lettich 1988; Maselli Scotti 1990a, p. 342; rassegna esaustiva in Ventura 1996, pp. 65-66

e 92, n. 47, successivamente Riavez 1997, in particolare pp. 50-52. Ci si prefigge un riesame dei pavimenti musivi, grazie alla buona documentazione grafica esistente, a convalida o smentita della datazione assegnata al complesso residenziale.

85 Riserve, tuttavia, su una datazione fin da epoca imperiale anche per i Ss. Martiri sono avanzate in Verzár-Bass 1997, p. 119.

86 I.It., X,4, 47, 60, 70 (perduta), 71, 118, 123 (perduta), 134, 170, 181, 252; per le datazioni si veda S.I. Tergeste 1992, pp. 209-210, 219, 221-222, 225-226, 228, 230.

87 I.It. X,4, 91 (perduta); per la datazione cfr. S.I. Tergeste 1992, p. 224.88 Vidulli Torlo, Mainardis 2001, p. 63; cfr. www.ubi-erat-lupa.org, n. 16255. 89 Vidulli Torlo 2005, p. 21; cfr. www.ubi-erat-lupa.org, n. 16126. Il sarcofago potrebbe coincidere con quello ci-

tato in I.It. X,4, pag. 8, come rivenuto assieme all’ iscrizione 20a (essa però non funeraria).90 La cassa pertinente viene generalmente identificata con l’ara rilavorata I.It. X,4, 191 (ed allo stesso contesto si at-

tribuisce inoltre dubitativamente I.It. X,4, 252), ma la sua provenienza dai Ss. Martiri è stata rimessa in discussione in S.I. Tergeste 1992, p. 229, dove si rivalutano piuttosto le fonti che indicano S. Giusto.

91 I.It. X,4, 293, cfr. S.I. Tergeste 1992, p. 231.

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quale si colloca il recinto di via Pondares: entrambe sono invece punteggiate da rinvenimen-ti di più antiche incinerazioni92.

Altrettanto dicasi per la strada che, dalla medesima “circonvallazione” e sempre in cor-rispondenza di largo Barriera Vecchia, si staccava in senso opposto verso via Settefontane, fiancheggiata a sua volta da incinerati, dirigendosi quindi verso Tarsatica / Fiume93.

Si collocava sulla prosecuzione di questo tracciato, ma ricade ormai fuori dal novero delle evidenze funerarie relative alla città, la singola inumazione in cassa in laterizi e lastre la-pidee rinvenuta nel 1896 nella zona del Cacciatore, attuale periferia di Trieste: più che la di-stanza assoluta, rileva il contesto, nuovamente in stretta connessione con una villa; vista la scarsità di evidenze collocabili con certezza nel periodo, vale comunque la pena di rimarcare la datazione all’ inizio del IV secolo, sulla base di alcune monete di Massenzio94.

Via CattedraleSi inserisce a questo punto la segnalazione di due tombe a cassa, di cui una contenen-

te (?) un’anfora con ossa di un bambino, rinvenute in via della Cattedrale negli anni ‘50, alla base del tratto di mura urbane che a sua volta fungeva anche da sostruzione della strada ro-mana sottostante l’attuale via Cattedrale: in questo caso il rapporto con la viabilità andrà ri-cercato con il percorso che fiancheggiava esternamente le mura stesse95.

Colle di S. Vito, BrolettoSebbene ne siano molto labili le testimonianze, l’esistenza di due ulteriori direttrici – ri-

costruite da P. Kandler - dal colle di S. Giusto verso la costa meridionale (e gli approdi di S. An-drea e Broletto) è avvalorata da una serie di rinvenimenti, fra cui proprio alcuni funerari96.L’antichità delle notizie, in buona misura risalenti al XVII secolo per testimonianza di Ireneo della Croce, lascia incertezza sulla tipologia delle sepolture, in alcuni casi certamente incinera-zioni, ma in altre più probabilmente da intendere come inumazioni e quindi presumibilmente tardo-antiche: è il caso di una serie di segnalazioni sul colle di S. Vito, di “arche in pietra”, “sar-cofagi” (ma la menzione di una lucerna con marchio FORTIS è compatibile con una lettura come urna), “urna con grande lastra di copertura in pietra bianca” (viceversa da intendersi for-se meglio come sarcofago) o di “un’ urna” (ma: anfora?) in terracotta con inumazione di bambi-no97. Altrettanto dicasi per un’arca in pietra (piuttosto: sarcofago?), rinvenuta a Ponziana, pres-so la strada per Zaule, accanto ad urne con ossa e cenere, considerato che le monete associate si estendono da Faustina a Giulia Mamea, e pertanto fino all’ inizio del III sec. d.C.98.

Si può aggiungere a queste testimonianze, sebbene da giacitura secondaria, il recupero da un edificio in corso di demolizione in via G.R. Carli - e quindi nei pressi di S. Andrea - di un’ iscrizione funeraria datata con buona certezza al III sec. d.C.99.

92 Scrinari 1951, p. 116; Ventura 1996, p. 64.93 Ventura 1996, pp. 64 e 103 n. 87. 94 Ventura 1996, p. 64 e nota 157; Auriemma et alii 2008, UT 179, http://siticar.units.it/ca/adriatico/evidenza.

jsp?id=291.95 Mirabella Roberti, 1952; cfr. Ventura 2006, p. 82, n. 12. Gli scavi della Soprintendenza che negli anni ‘ 90

hanno intercettato la strada esterna sono inediti. Sul medesimo lato del colle, a breve distanza (via Castello / via dell’Ospi-tale) si segnala il precedente di sessanta olle funerarie (materiale non specificato) contenenti ceneri, di cui dà notizia Ire-neo 1698, pp. 232-243; cfr. Ventura 2006, p. 82 e n. 14.

96 Ventura 1996, p. 63.97 Ventura 1996, pp. 97-98, n. 66, con bibliografia precedente, in particolare Ireneo 1698, pp. 232, 258-259, 272,

281-284, 289.98 Ventura 1996, p. 98, n. 68, con bibliografia precedente, e segnatamente Ireneo 1698, pp. 240-243, 259, 289-291.99 I.It. X,4, 44; cfr. S.I Tergeste 1992, p. 218.

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A margine dei percorsi finora descritti, e piuttosto da collegare direttamente a strutture residenziali, si citano ancora – benché fuori dall’ambito cronologico di riferimento - un’ ur-na cineraria in calcare, rinvenuta nel 1889 presso la villa di Servola ed un secondo esempla-re frammentario, recuperato nel 1896 a breve distanza da tale sito e più vicino alla costa100.

Riuso in contesto urbanoSulla base di quanto inizialmente detto in merito all’estensione della città romana ed

all’erezione della cinta tardoantica alla fine del IV sec. d.C., ci si attende che gli episodi di ri-utilizzo funerario di contesti urbani, originariamente abitativi (ed a maggior ragione nel caso di spazi pubblici), siano da attribuire ad epoca successiva a quella in esame, se non ad età al-tomedievale. Per la maggior parte si tratta in effetti di segnalazioni che non consentono di per sé un inquadramento cronologico certo, come per i due scheletri rinvenuti nel Foro, al di sopra della canaletta lungo il lato orientale della basilica, indizio di totale degrado del monu-mento101. A maggior ragione, sebbene extramurane, saranno da presumere di epoca medie-vale o successiva la tomba di un armato, segnalata da Ireneo nel vicino orto del Capitano, in-teressato in epoca romana da una serie di terrazzamenti102, e le inumazioni nell’orto Prandi, di poco sottostante, poste al di sopra di edifici residenziali: si tratta di quattro tombe a fossa e tre in cassa di laterizi, queste ultime con corredo di armi, che già gli scopritori ottocenteschi attribuirono ad epoca carolingia103.

Più in generale, la presenza a S. Giusto e negli immediati paraggi di numerosi monu-menti funerari risalenti ad epoca alto-imperiale è già stata spiegata con il loro riuso in quanto spoglie, con perdita quindi del significato primario104; altrettanto dicasi per il reimpiego, cer-tamente tardo (1300 c.ca), di due frammenti di cassa di un sarcofago attico, datato fra la fine del II secolo e il 230 d.C. c.ca, inseriti nella pavimentazione della Cattedrale105. Al contrario, la valenza funeraria deve ritenersi ben presente ed anzi ricercata nel riutilizzo di alcuni sar-cofagi, che non possono ritenersi in posizione primaria in quanto all’epoca in cui originaria-mente si datano l’area non era stata ancora declassata: è il caso del sarcofago norditalico con voluta norica di Lucius Seugonius Agrippinus, del pari da S. Giusto, databile in età severiana e più precisamente fra 222 e 230106. Altrettanto dicasi per il sarcofago con cornice norico-pan-nonica, ora perduto, proveniente dai pressi della chiesa di S. Martino (nella zona dell’attua-le monastero di S. Cipriano), databile alla prima metà del III sec. d.C.: per questo esemplare un rinnovato uso in epoca post-antica è convalidato dal rinvenimento, al suo interno, di re-sti di stoffa, accanto alle ossa107.

Un diverso genere di recupero è chiaramente riconoscibile per il sarcofago di Marcelli-nus, databile ancora fra il IV ed il V sec. d.C. - a cavallo dell’epoca di interesse - ma già pale-semente cristiano: esso fu ricavato a spese di un monumento di cui venivano erasi sia l’ iscri-

100 Puschi 1897, pp. 98-99; Ventura 1996, p. 63 e nota 155; Auriemma et alii 2008, UT 181, http://siticar.units.it/ca/adriatico/evidenza.jsp?id=293 (relativamente al primo sito).

101 Ventura 1996, p. 62 e nota 152, p. 78, n. 1.102 Ireneo 1698, p. 272; Ventura 1996, pp. 95-96, n. 58B.103 Puschi 1897, pp. 99-100; Ventura 1996, p. 62 e nota 152, pp. 94-95, n. 55B.104 Verzár-Bass 1997, pp. 120-121: vengono citati I.It. X,4, 71 (ma 171), 86, 94, 95, 139; per un’elencazione com-

pleta, cfr. S.I. Tergeste 1992, p. 174, nn. 1.1 (che però comprende indistintamente tutte le epigrafi). 105 Ciliberto 2003, pp. 170-173.106 I.It. X,4, 46; per la datazione, cfr. S.I. Tergeste 1992, pp. 218-219.107 Ventura 1996, p. 83, n. 16: si tratta di I.It. X,4, 148 (perduto); per la datazione, cfr. S.I. Tergeste 1992, p. 227. Era

forse ad esso pertinente il coperchio I.It. X,4, 225, rinvenuto in epoca successiva nello stesso sito e tuttora conservato, cfr. S.I. Tergeste 1992, p. 230. Del pari proveniente dalla chiesa di S. Martino, deve ritenersi sicuramente in giacitura secondaria l’ iscrizione I.It. X,4, 76 (perduta), databile alla prima metà del I sec. d.C., cfr. S.I. Tergeste 1992, p. 223.

ATTESTAZIONI FUNERARIE A TERGESTE FRA III E IV SECOLO D.C.

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zione precedente che un erote che lo fiancheggiava: le successive vicende del pezzo però non danno affidamento riguardo alla sua prima collocazione108.

Monumenti senza provenienzaI monumenti funerari relativi a questo periodo comprendono alcuni pezzi per i quali

mancano del tutto i dati di rinvenimento109. L’ unico esemplare figurato – che va ad affiancar-si per l’epoca alla stele con cornice norico-pannonica dalla zona dei Ss. Martiri - è una ste-le frammentaria, di cui restano solo la parte superiore della cornice dello specchio epigrafico ed il frontone triangolare inscritto, con all’ interno un busto maschile: un’ indicazione crono-logica alla prima metà del III sec. d.C. pare giustificata dall’abbigliamento con sagum e fibbia circolare sulla spalla destra110.

I sarcofagiSi tratta altrimenti in misura prevalente di sarcofagi, presenti a Trieste in discreto nu-

mero: di questa classe sono integralmente editi i manufatti di importazione (e relative imita-zioni locali), per un totale di 25 pezzi, che abbracciano un arco cronologico dall’età adrianea alla seconda metà del IV sec. d.C., mentre fra gli esemplari norditalici sono sistematicamen-te pubblicati – nei repertori di riferimento - solo quelli iscritti111.

Nel complesso, appena una quota minoritaria presenta indicazioni di provenienza, e sono già stati trattati nelle rispettive sedi112, per cui si passano brevemente in rassegna qui i re-stanti materiali attribuiti comunque con buona verosimiglianza a Tergeste e ricadenti nell’ar-co cronologico interessato113.

Fra i sarcofagi urbani possiamo annoverare quattro esemplari frammentari, databili fra secondo quarto del III e seconda metà del IV sec. d.C.114. Dei sarcofagi attici saranno plausibil-mente da ricondurre a Tergeste sette pezzi, con datazione fra gli inizi e la metà / secondo terzo del III sec. d.C., ma in due casi l’eccessiva frammentarietà non permette alcuna indicazione115.

Vanno infine menzionati, fra le produzioni norditaliche, un sarcofago frammentario ed un coperchio ora ai Musei civici di Trieste, genericamente provenienti dalle necropoli terge-stine e privi di datazione più precisa116.

Osservazioni conclusiveLo studio delle realtà funerarie di Tergeste, in tutto il loro arco cronologico, è stato af-

frontato finora quasi sempre su scala minima o massima: da un lato si è privilegiato lo studio

108 I.It. X,4, 292; cfr. S.I. Tergeste 1992, p. 231. La provenienza da via Castello, dalla sede episcopale, è dovuta infatti ad un ulteriore reimpiego seicentesco, quando sul retro vennero scolpite una dedica e le insegne del vescovo.

109 Sono ad oggi solo parzialmente editi i monumenti funerari decorati (già oggetto della tesi di laurea di P. Ventura, I monumenti funerari decorati dell’ Orto lapidario di Trieste, 1985/1986, che annovera poco più di una cinquantina di pez-zi); ne è prevista la pubblicazione in un futuro volume del CSIR unitamente ai sarcofagi nord-italici.

110 www.ubi.erat.lupa.org, n. 16262.111 Ciliberto 2003; per i materiali iscritti, cfr. I.It., X,4 e S.I. Tergeste 1992.112 Si tratta dei due frammenti di cassa di sarcofago attico reimpiegato nella pavimentazione di S. Giusto e dell’ u-

nico sarcofago microasiatico dalle collezioni di Massimiliano d’Asburgo, ma forse proveniente da Miramare, cfr. supra enota 105, rispettivamente nota 49.

113 Parte dei materiali conservati nei Civici Musei di Trieste provengono con certezza o solo verosimilmente da Aquileia, in singoli casi si tratta di collezionismo moderno, cfr. Ciliberto 2003, passim.

114 Ciliberto 2003, pp. 153-158, nn. 2-5.115 Ciliberto 1990; Ciliberto 2003, pp. 162-167, 175-177, 180-182, nn. 9, 11, 17, 18, 21, 22, 23.116 Vidulli Torlo 2005, p. 21.

PAOLA VENTURA

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di singole classi monumentali – eventualmente all’ interno di rassegne più ampie - come ad esempio per le iscrizioni, ovvero i monumenti decorati ed in particolare i sarcofagi117; dall’al-tro l’ importante marker costituito dalla presenza delle necropoli è stato utilizzato in studi a ca-rattere topografico, sia di sintesi che talvolta di maggior dettaglio, di norma diacronici118, ove il focus principale è stato però posto abitualmente piuttosto sulle fasi più antiche119. Non manca-no alcune edizioni, più o meno approfondite, di singoli contesti, sia all’ interno di pubblicazio-ni di scavo, che incentrate sul singolo monumento, ma si tratta nel complesso di pochi esempi, ove l’epoca tardo-antica risulta ad ogni modo di gran lunga la meglio rappresentata120.

La prima osservazione che emerge, ove si tenti di fornire un quadro di sintesi del fenomeno funerario, possibilmente in tutte le sue declinazioni, riguarda la base informativa su cui operare tali rielaborazioni: anche tenuto conto di tutti i siti noti – tanto di quelli indagati in tempi recenti, che di quelli segnalati in epoche meno vicine e pertanto spesso documentati in maniera carente – la quantità di sepolture accertate nell’ intera vita della colonia è decisamente ridotta rispetto ad al-tri centri urbani nord-italici121; nel contempo l’esistenza di un corpus non indifferente di iscrizioni e monumenti funerari pur fuori contesto (che sarebbe quindi scorretto sommare tout court al nu-mero di tombe identificate sul terreno, per la disomogeneità dei dati, teoricamente sovrapponibi-li) lascia intuire che tale circostanza dipende soprattutto da una lacuna conoscitiva.

Si è già fatto cenno dello iato che si registra, lungo la strada per Aquileia, fra le atte-stazioni più prossime alla citta e le ulteriori presenze ai limiti del primo miglio suburbano, dato piuttosto inspiegabile - trattandosi dell’arteria principale e quindi potenzialmente ambi-ta come locus sepulturae, anche grazie alla sua natura pianeggiante - se non con i profondi ri-maneggiamenti e reinterri subiti in epoca moderna proprio da quel tratto di via122. La confor-mazione più irregolare del percorso verso l’ Istria si presenta forse meno adatta ad accoglie-re vasti complessi, mentre una situazione ottimale sembrerebbe peculiare del settore della via litoranea più esterno, in zona Ss. Martiri, ma la sua caratterizzazione come “la” necropoli di Trieste romana resta tutta da dimostrare123.

Tenuto conto della casualità delle ricerche e del dubbio di numerose attribuzioni, il nu-mero totale delle tombe non pare così poter superare di molto il centinaio (se non si compu-tano, come motivato, i monumenti in giacitura secondaria), con prevalenza di quelle di epo-ca tardo-antica; al momento il complesso con il maggior numero di sepolture accertate re-sta il recinto di via Donota, nel suo utilizzo fra II e VI sec. d.C.124. In tali condizioni è apparso quindi poco rappresentativo qualsiasi abbozzo di tipo classificatorio o statistico, sia per fasi che in riferimento alle tipologie monumentali, e tanto più per gli aspetti rituali e corredali.

117 I.It. X,4, 42-258 e gli aggiornamenti in S.I. Tergeste 1992; Verzár-Bass 1997; Ciliberto 2003; cfr. inoltre nota 109.118 Il più ampio: il già citato Ventura 1996, pp. 60-68; cfr. supra e note 1 e 3. 119 Per la priorità degli studi sull’epoca tardo-repubblicana ed alto-imperiale, si vedano analogamente per Aquileia

Verzár-Bass, Oriolo 1999; Giovannini 2009 e da ultima Giovannini 2015, ora però ben integrati da Oriolo 2013 e Gio-vannini 2012/2013 c.s. per l’epoca costantiniana ed in generale tardo-antica (viene considerato l’ intero periodo IV-V sec. d.C.).

120I più rilevanti: il recinto di via Donota ed il contesto funerario del park S. Lucia, cui si aggiunge – per la comple-tezza dei dati – il piccolo nucleo di sepolture di Crosada, cfr. supra e note 39-42, 66-69 e 74-81, con rispettiva bibliografia ivi.

121Fatte le dovute proporzioni, si vedano le circa 1300 cremazioni e 370 inumazioni (dato dichiaratamente incompleto) conteggiate per Verona in Bolla 2005, c. 189, e Bolla 2007, p. 216, ovvero le oltre 120 tombe relative solo ad epoca alto-imperiale ed al primo miglio dalla città di Padova, analizzate in Rossi 2014 (tabelle a pp. 311-315). Non vi è poi nulla di comparabile, a livello di singola necropoli, ad esempio con quella dell’ Università Cattolica di Milano, che ha restituito quasi 800 sepolture concentrate fra III e V sec. d.C. (con precedenti risalenti ad epoca alto-imperiale ed un possibile protrarsi in età altomedievale), cfr. Sannazaro 2011, in particolare pp. 73-82.

122 Cfr. supra e nota 38.123 Cfr. supra e nota 84.124 Cfr. supra e note 39-42.

ATTESTAZIONI FUNERARIE A TERGESTE FRA III E IV SECOLO D.C.

303

Ciononostante ci si è dovuti confrontare – anche solo al fine di restringere al III e IV sec. d.C. le evidenze considerate - con le implicanze cronologiche e culturali di almeno due aspetti potenzialmente datanti, quali il rito e la presenza o assenza di corredo. Utilizzando come base di confronto le tombe di attribuzione certa, si confermerebbe a Tergeste senza ec-cezioni la validità dell’equazione fra inumazione ed una datazione a partire da epoca medio- o tardo-imperiale, arco cronologico tuttavia eccessivamente ampio da impedire l’assegnazio-ne automatica di tutte le tombe di tale tipologia al periodo in esame125.

Un elemento utile per circoscrivere il termine inferiore potrebbe essere rappresentato dal venir meno dell’ uso di deporre corredi, fenomeno che sulla base di confronti può rico-noscersi già agli inizi del IV sec. d.C., come ad esempio a Verona126, per generalizzarsi tutta-via al principio del successivo. Questo mutamento viene talvolta ipoteticamente associato con un ulteriore aspetto sensibile per la datazione, quale il progressivo prevalere del cristianesi-mo, anche se in alternativa sono state plausibilmente addotte motivazioni economiche o più complesse dinamiche sociali e culturali (ad esempio nell’opposizione fra romani e apporti di nuove genti, pur con tutti i limiti di tali generalizzazioni)127.

Pure a prescindere dall’eventuale influenza sul rito prescelto, la presenza di segni di cri-stianizzazione è difficilmente o per nulla percepibile, in assoluto ed in particolare a Trieste, per i dati in nostro possesso: ciò è stato più volte rimarcato dai precedenti studiosi in sede di pubbli-cazione dei singoli complessi, fra cui quelli di via Donota e S. Lucia, che pure si protraggono nel V sec. d.C.128. A maggior ragione la circostanza è quasi scontata restringendosi all’ambito cro-nologico in esame, considerato che segni consistenti del nuovo credo sono documentati appena agli inizi del V sec. d.C., con un certo ritardo – come prevedibile – rispetto alla vicina Aquileia129.

Tuttavia proprio la questione delle scelte funerarie in compresenza di due culti è essa stessa in parte risolvibile grazie alla lettura in chiave topografica che si è deciso di adottare, tentando ora di trarne le fila.

Le acquisizioni degli ultimi due decenni sull’evoluzione urbanistica di Tergeste, soprat-tutto fra tarda antichità e altomedioevo, hanno posto alcuni punti fermi, tra cui la costruzio-ne alla fine del IV sec. d.C. di una nuova cinta muraria, il cui tracciato è stato riconosciuto in più punti, benché non ne sia stata ad oggi proposta una ricostruzione aggiornata, integrando gli ormai numerosi elementi certi con quelli probabili130.

125 Sulla questione cfr. supra e nota 5, oltre a quanto argomentato di volta in volta per i singoli siti eventualmente dubbi.126 Cfr. Bolla 2005, cc. 241-242: si suggerisce una coincidenza temporale dell’abbandono della cremazione, con

l’adozione di sepolture orientate E-W, e dell’affermarsi della sede episcopale, pur ammettendo che solo in pochissimi casi è riconoscibile una caratterizzazione in senso cristiano. A Trieste, forse più che altrove, il riconoscimento di orientamen-ti preferenziali delle inumazioni deve tener conto, oltre che dell’andamento delle vie che le necropoli fiancheggiano, della difficile orografia del terreno, per non far menzione dei condizionamenti nelle situazioni da riuso, sicché tale variabile non viene valutata nella presente disamina.

127 Il tema è analizzato in Gastaldo 1998, pp. 15-16, 19-20, 32-33: su un campione di 580 tombe (da tutto il nord-Italia), di cui 307 entro la fine del IV sec. d.C., la contrazione più marcata nell’ uso di corredi si registra appunto all’ inizio del successivo, ravvisando comunque in ciò una scarsa influenza del cristianesimo. Si veda però una ricca casistica di ele-menti di corredo-arredo e di corredo con simbologia cristiana, seppur fuori contesto, nella rassegna sulle necropoli aquile-iesi tardo-antiche (ma con termine finale inferiore) presentata in Giovannini 2012/2013 c.s..

128 Cfr. rispettivamente Trieste. Il sepolcreto 1991, pp. 26-29 e Maselli Scotti 2009b, p. 80; inoltre supra, note 42 e 81.129 Si vedano gli esempi di caratterizzazione in senso cristiano analizzati in Giovannini 2012/2013 c.s. Eclatante

l’apporto del dato epigrafico: a fronte dell’ampia casistica aquileiese di 148 esemplari, distribuiti a partire dall’età costanti-niana e fino alla metà del V sec. d. C., pubblicati in Vergone 2007, in particolare p. 36 per la datazione, si è avuto occasione di citare l’ isolata epigrafe tergestina di Marcellinus, a cavallo fra IV e V sec. d.C., fra le prime cristiane, cfr. supra, nota 108. Sulle labili tracce della primitiva chiesa tergestina fino alla fine del IV / inizi del V sec. d.C., cfr. Cuscito 2009, pp. 297-298.

130 Cfr. in particolare Maselli Scotti 2005, pp. 202-211; si rinvia anche nuovamente alla pianta di massima edita in Maselli Scotti 2008b, p. 13, fig. III.

PAOLA VENTURA

304

Nel contempo si sono moltiplicate le indicazioni di cesure fin dalla metà del III sec. d.C. nella vita di insediamenti per lo più abitativi, in particolare sul versante settentrionale del col-le di S. Giusto: ancora ai decenni iniziali del secolo si colloca la distruzione della domus di piazza Barbacan131, che non dà luogo a riutilizzo funerario, ma fa parte dello stesso sistema di edilizia residenziale distribuito sul versante nord-occidentale del colle di S. Giusto, compren-dente anche la domus di piazza Trauner, a sua volta sovrastante i terrazzamenti di Crosada132.Pertanto la precoce defunzionalizzazione di questi ultimi e la riconversione ad uso necropo-lare intorno alla metà del III sec. d. C. ben si inquadrano in un fenomeno di degrado che ha interessato questo settore urbano, già privilegiato, ma anche poco dopo la villa del park S. Lu-cia, nella fascia esterna occidentale133.

Il riutilizzo funerario, la cui motivazione era stata già ipotizzata per Crosada come conse-guenza di un dissesto strutturale134, appare quindi piuttosto come esito secondario di un collas-so più generalizzato, che solo ipoteticamente si potrà ricondurre magari a motivazioni econo-miche o sociali, vista la precocità rispetto alla contrazione dell’abitato a fini difensivi. La spie-gazione ovviamente non vuole applicarsi alla radicale trasformazione che ha visto sovrappor-si alla domus di via Donota un recinto funerario già nel II sec. d.C., sia per la discrepanza cro-nologica che per l’ indubbio impegno economico e connotazione di prestigio del monumento.

Senza entrare qui nel merito delle cause, il riavvicinamento delle aree necropolari ai centri abitati è una costante già registrata in numerosi altri centri urbani, come Padova135,Concordia136, in una certa misura Verona137 - ed in maniera ancora più articolata anche a Mi-lano ed Aquileia, pur destinate ad una fase marcatamente espansiva nel IV sec. d.C.: nel pri-mo caso spicca infatti contemporaneamente lo sviluppo delle aree necropolari lungo gli assi stradali che via via assumono maggior importanza, ovvero quelli diretti alle nuove capita-li imperiali ed alla stessa Aquileia138. Il più approfondito esame dedicato a quest’ ultima con-ferma solo in parte il fenomeno: sopravvive, infatti, a maggior distanza dalla città (c.ca 2 km) unicamente la necropoli della Beligna, ma vivono in continuità fin dall’epoca alto-imperiale quelle più vicine, in uso nel III e IV sec. d.C.139.

131 Maselli Scotti et alii 2004, p. 39.132 Morselli 2007a, pp. 14-15.133 In questo caso la rioccupazione pare essere di conseguenza più tardiva, agli inizi del IV sec. d.C., cfr Maselli

Scotti 2009b, pp. 76-77; di nuovo brevemente Braini, Maselli Scotti 2011, pp. 72-73.134 Cfr. Borzacconi, Morselli 2007, pp. 150-151: ivi si postula una specificità dovuta forse a cause localizzate,

come l’ instabilità del pendio, argomento che tuttavia non convince, in quanto appare incompatibile con la presenza di tom-be. In realtà già Maselli Scotti 2005, p. 210 sottolineava in maniera problematica il precoce abbandono della zona di Cro-sada, denunciato dalla presenza di consistenti discariche da distruzione edilizia, in contrasto con la permanente vivacità della città; vi ritornano sinteticamente Braini, Maselli Scotti 2011, pp. 72-73.

135 Cfr. Rossi 2014, pp. 298, 302, ove si motiva la scarsa continuità delle necropoli alto-imperiali, oggetto specifico dello studio (ma fanno eccezione gli esempi di via Gradenigo o S. Giustina), proprio in seguito al riavvicinamento al centro.

136 Cfr. Annibaletto 2011b, pp. 252-253: vi si riporta la creazione di piccoli nuclei, per lo più ad uso misto (paga-ni e cristiani) fino a tutto il III-IV sec. d.C.

137 Cfr. Bolla 2007, p. 218, che pure riconduce il riavvicinamento della necropoli ad una situazione locale. Più proble-matico successivamente Cavalieri Manasse, Bolla 1998, pp. 106, 111-113, in merito alla continuità fra epoca alto-imperia-le e tardo-antica di alcuni nuclei cimiteriali prossimi alle mura, mentre per quelli più distanti si ipotizza piuttosto una cesura.

138 Si veda l’articolato quadro in Bolla 1988, in particolare con gli esempi a pp. 13-15, 18. Per ulteriori dati sul su-burbio sudoccidentale, cfr. Ceresa Mori 2001, pp. 31-34.

139 Resta fondamentale Cantino Wataghin, Lambert 1998, pp. 100-102, nonostante sia forse auspicabile una veri-fica dei dati puntuali, in seguito al notevole incremento delle conoscenze relative all’ urbanistica aquileiese per le fasi tardo-antiche (Cantino Wataghin 2004 e da ultimo Costantino e Teodoro 2013), a paragone del quadro lacunoso allora lamenta-to dalle Autrici. Una trattazione, pur non esaustiva, delle tendenze in epoca tardo-antica è comunque rappresentata da Orio-lo 2013. Più puntualmente Magrini 2004, p. 257 sulla permanenza delle necropoli lungo la strada per Grado (a Beligna) e su quella per Emona (verso est).

ATTESTAZIONI FUNERARIE A TERGESTE FRA III E IV SECOLO D.C.

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Tergeste - non investita da simili mutamenti di status – rientra pienamente nella casistica base, sicché sono indubbiamente partecipi del generale fenomeno di contrazione ed abbandono delle aree più distanti le strade per Aquileia e l’ Istria, che rappresentano gli unici due percorsi di immutata rilevanza, più per gli stretti condizionamenti orografici che per motivi politici o mili-tari; si nota però in proporzione un intensificarsi delle presenze funerarie lungo la via litoranea, quasi tutte a scapito di precedenti diverse destinazioni funzionali. Soccorre a questo proposito l’ interpretazione più generale, proposta da G. Cantino Wataghin e numerosi altri studiosi, in merito alla perdita della piena consapevolezza della distinzione fra spazio urbano ed extraurba-no, che non avrebbe consentito il declassamento appena descritto140.

In tal senso la nuova strutturazione, rappresentata forzatamente dalla costruzione del-le mura tardo-antiche (a Tergeste come altrove), costituisce sicuramente un elemento discri-minante anche per le scelte distributive delle necropoli, nel momento in cui rende inutilizza-bili a quel fine delle fasce periferiche ora occupate dalle strutture difensive, o immediatamen-te adiacenti141; nel contempo rappresenta a posteriori un verosimile spartiacque anche cro-nologico per la creazione di nuovi nuclei, ormai orientati soprattutto in base alla presenza dei luoghi di culto, a loro volta spesso subentrati direttamente ad altri edifici di rango o vicever-sa creati in prossimità di sepolture ad sanctos142.

Tralasciando di approfondire gli sviluppi che fuoriescono dal termine cronologico pre-fissato, resta comunque rafforzata la tesi di una probabile convivenza di defunti cristiani e pa-gani nelle necropoli precedenti, che vengono a cessare al sorgere delle nuove143: per Tergestequesto modello è compatibile con la più volte dichiarata impossibilità di assegnare ad un cul-to o all’altro alcuno dei complessi funerari trattati (invero, anche ben oltre il IV sec. d.C.).

La coincidenza del quadro urbanistico con i dati archeologici dedotti dal monumen-to avvalora la proposta di assegnazione ad epoca successiva (V sec. d.C.) dell’area cimiteriale collegata alla basilica di via Madonna del Mare (non osta a ciò l’ormai accettata connotazio-ne martiriale di quest’ ultima, che potrebbe essere sorta nei pressi di realtà funerarie non ne-cessariamente così strutturate)144.

Un ultimo argomento in negativo è l’ormai accettata datazione al VI-VII secolo delle tombe in area urbana, nonostante l’esistenza di alcuni casi precoci (IV-V sec. d.C.), fra cui però non paiono assolutamente rientrare gli esempi noti per Trieste – area forense ed in genera-le sommità del colle di S. Giusto - esclusi pertanto dal novero delle testimonianze utilizzate145.

140 In generale Cantino Wataghin, Lambert 2008, pp. 103-104; tesi riproposta ad esempio in Ceresa Mori 2001, pp. 31-34; cfr. recentemente Annibaletto 2011b, pp. 252-253, anche con supporto di fonti letterarie e giuridiche.

141 Cantino Wataghin, Lambert 2008, pp. 103-104.142 Già anticipazioni in questo senso in Bolla 1988, p. 29; quindi Cantino Wataghin, Lambert 2008, pp. 100-

104, sia in generale che sul caso aquileiese. Altri esempi in Annibaletto 2011b, p. 254143 Cfr. ad esempio per la necropoli della Cattolica di Milano, il cui vasto campione non ha comunque consentito di-

stinzioni evidenti, Sannazaro 2011, p. 85.144 Si rimanda anche alle osservazioni in Maselli Scotti 2005, p. 211, secondo cui la cinta non fa che confermare

la scelta di una zona privilegiata a monte, con cui convive però a valle e fuori dalle mura la pur rilevantissima area della ba-silica di via Madonna del Mare, vitale ancora nel VI sec. d.C.; inoltre Braini, Maselli Scotti 2011, p. 76.

145 Sulla questione si veda diffusamente Lambert 2003, in particolare pp. 229 e 235-236; cfr. inoltre Bolla 2007, p. 218.

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306

ABSTRACT

The study of the necropolises of Tergeste during late Antiquity has to cope with an uneven quality of the data, con-ditioned by the epoch of the recoveries, and, anyway, with a relative shortage of attestations, although the late buri-als result prevailing in comparison to the early imperial ones: therefore, the sample isn’t sufficiently representative for a statistic analysis, respect to chronology, typology, outfits, ritual aspects and anthropological records.Nevertheless, the increase of the knowledges, following the interventions of urban archaeology during the last decades, motivates an up-to-date review of the evidence, planned on topographical base following the roads along which most of them were located; despite the uncertain date of some of the graves – possibly with a lower term into the 5th century or even in the early Middle Age -, an articulated outline results of it, consisting of both continuity and reuse.It complements the general sketch of urban development, in the interaction between “city of the alive” and “city of the dead”, and reveals a first contraction of the inhabited area during the 3rd century and a most significant cesura at the end of the 4th, when the late walls were constructed.

Key-words: Tergeste, necropolis, late Antiquity, topography, reuse

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