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Autenticità, eccesso, contraffazione
La pornografia amatoriale contemporanea Federico Zecca
1. Sissy vs Wifey
Questo contributo intende fornire alcuni spunti per l’analisi della pornografia amatoriale
contemporanea, con particolare attenzione per le sue caratteristiche testuali e discorsive. Più
precisamente, l’obiettivo di questo intervento è cominciare a indagare il <posizionamento>
(anche in termini socio-‐economici)1 della pornografia amatoriale audiovisiva all’interno del
<campo> pornografico contemporaneo2 – inteso qui bourdieusianamente3 come l’insieme
degli agenti e delle istituzioni che contribuiscono alla produzione simbolica e materiale della
pornografia, in quanto «forma»4 e «pratica»5 culturale. Quelle da cui dobbiamo (ri)partire,
anzitutto, sono domande di <grado zero>: che cos’è la pornografia amatoriale? O ancora
meglio: qual è la pornografia amatoriale? E forse anche: dov’è la pornografia amatoriale?
Come vedremo, queste domande sono tutt’altro che retoriche.
Consultando la letteratura sul tema, la pornografia amatoriale viene definita come quella
pornografia auto-‐prodotta in modo non professionale da «persone ordinarie»6 intente in
attività sessuali «private»7, e auto-‐distribuita «istantaneamente in tutto il mondo»8 attraverso
la Rete senza specifiche finalità commerciali9 . Tale definizione appare però troppo stringente
e <restrittiva> per rendere conto dell’ampia varietà di materiali che quotidianamente si usa
etichettare come <pornografia amatoriale>. Per come viene impiegata nel sistema dei discorsi
sociali (recensioni critiche e articoli di costume, forum di discussione, social tagging, paratesti
promozionali, ricerche accademiche) la locuzione <pornografia amatoriale> non sembra
infatti rimandare a un insieme fenomenico specifico e <omogeneo>; al contrario, essa sembra
1 Confronta RIES – TROUT 1981. 2 Confronta HUNTER – SAUNDERS – WILLIAMSON 1993. 3 Confronta BOURDIEU 1992. 4 WILLIAMS 2004: 5. 5 ATTWOOD 2010: 3. 6 MCNAIR 2002: 88. 7 STRANGELOVE 2010: 88. 8 LEHMAN 2006: 12. 9 JACOBS 2004; MESSINA 2006.
rappresentare un termine-‐ombrello che raccoglie al suo interno pratiche, oggetti e testi molto
differenti gli uni dagli altri, e in parte reciprocamente contradditori.
È interessante osservare, a questo riguardo, che nel suo Real Sex. Il porno alternativo è il
nuovo rock’n’roll10, Sergio Messina – che del fenomeno è uno dei più acuti studiosi – pone
sotto l’ombrello della pornografia amatoriale materiali molto diversi, che vanno, per esempio,
dai video di <auto-‐umiliazione sessuale> girati da Sissy Babette a quelli di «sesso domestico»
girati da Wifey e Hubby (al secolo Sandra e Kevin Otterson). Sissy Babette è un crossdresser
submissive berlinese, conosciuto e apprezzato solo in alcune ristrettissime comunità di
appassionati, che utilizza il sito di video sharing XVIDEOS per veicolare gratuitamente i propri
prodotti (nella sua pagina personale di XVIDEOS ne troviamo 23); Wifey e Hubby sono invece i
fondatori di Wifey’s World, probabilmente il sito di pornografia amatoriale di <coppia> più
longevo della Rete (ha compiuto 16 anni nel gennaio 2014, e contiene ormai alcune centinaia
di video)11, che richiede agli utenti interessati di sottoscrivere una membership a pagamento.
Ora, i video di Sissy Babette e quelli di Wifey e Hubby manifestano certamente dei punti di
contatto e similarità. Anzitutto, entrambi sono realizzati in modo «indipendente», cioè al di
fuori delle porn corporation americane o europee, grazie alle nuove possibilità produttive e
distributive offerte dalle tecnologie digitali e da Internet12. Inoltre, entrambi si fondano sulla
rappresentazione di corpi femminili e maschili che, per età anagrafica e fattezze esteriori –
Sissy Babette è un signore di mezza età in sovrappeso e con un pene di 5 o 6 centimetri; Wifey
è una curatissima cinquantenne dall’enorme seno un po’ cascante –, <eccedono> le
convenzioni e gli standard della pornografia industriale, secondo modalità comuni, appunto,
alla pornografia amatoriale13, e in generale a quella <alternativa> tout court 14.
Le differenze tra i video risultano però a nostro avviso ancora più marcate. Essi divergono
infatti in rapporto ad almeno tre ordini di fattori: le pratiche sessuali rappresentate; la qualità
tecnica e la «cura» espressiva; lo statuto sociale ed economico. Soffermiamoci velocemente su
questi punti. Per quanto riguarda il primo fattore, le pratiche sessuali compiute da Wifey e
Hubby sono di ascendenza saldamente eterosessuale, e appaiono radicate nei sotto-‐sotto-‐
generi pornografici oral e milf15, ammiccando coscientemente (con un pizzico di ironia) alle
10 MESSINA 2010: 18, 107. 11 CROMER 1998. 12 Confronta LANE 2001: 67-‐72; LEHMAN 2006: 12-‐13; JENKINS 2007. 13 Confronta KLEIN 2006: 255; LEHMAN 2006: 13; STELLA 2011: 103. 14 Confronta JACOBS 2007; CRAMER 2007; DE GENEVIEVE 2007. 15 In ambito pornografico, il termine milf – acronimo dell’espressione gergale inglese mum I’d like to fuck, popolarizzata a fine anni novanta dal film American Pie (Paul Weitz, 1999) – si
convenzioni e ai discorsi del mainstream (nel trailer del sito, Wifey afferma in modo quasi
auto-‐parodistico che «adora vedere la sborra schizzare fuori dal cazzone [di un uomo]»,
scoppiando poi a ridere di gusto). Di contro, quelle realizzate da Sissy Babette sono di
carattere squisitamente queer, e sono correlate, più che a uno specifico sotto-‐genere
pornografico, a quelle che la sessuologia tradizionale definirebbe «parafilie»16, come il
travestitismo e il «masochismo sociale»17.
Per ciò che concerne il secondo fattore, i video targati Wifey’s World – composti da 50-‐60
inquadrature per una durata media di 20 minuti – sono di qualità tecnica semi-‐professionale e
manifestano un’indubbia <ricerca> espressiva. Questi video sono caratterizzati infatti
dall’interpolazione di inquadrature oggettive fisse e inquadrature soggettive a mano,
dall’impiego del rallentatore e dell’overlapping editing (procedimenti con cui vengono dilatati
e ripetuti i money shot18 sul volto o nella bocca di Wifey), dalla cura per la composizione
fotografica dell’immagine (messa a fuoco, illuminazione), e dall’attenta predisposizione dei
pur domestici setting (eleganti e ordinati). Di contro, i video di Sissy Babette – composti da
un’unica inquadratura fissa di pochi minuti (3-‐4 in media) –, sono di qualità tecnica molto
scarsa (l’immagine è spesso spixelata, la risoluzione bassa) e non manifestano alcun
investimento espressivo che vada oltre la semplice registrazione <bruta> delle performance
compiute dall’uomo. Per dirla con Martin Klein, questi video sono caratterizzati tanto da un
«ambiente non prefabbricato» (l’illuminazione è a volte contrastata o sovraesposta, la messa
in quadro sbilenca, il sonoro è confuso e disturbato), quanto da un «acuta impressione di
realtà quotidiana» (la camera dove spesso l’uomo ambienta le sue performance è in disordine,
il letto sfatto, alcuni abiti buttati alla rinfusa sulle lenzuola)19.
I video di Sissy Babette e quelli di Wifey e Hubby si differenziano infine per il loro statuto
sociale ed economico. Quelli girati dal crossdresser berlinese fungono anzitutto da veicolo di
auto-‐rappresentazione ed esibizione del sé, e rientrano in questo senso all’interno di quello
che Renato Stella20 ha definito il nuovo «discorso collettivo sul sesso» esploso con l’avvento
riferisce a uno specifico sotto-‐genere in cui statuarie donne quarantenni (spesso ringiovanite attraverso massicce dosi di chirurgia estetica) si accoppiano con uomini più giovani di loro. 16 Confronta STELLA 2011: 92-‐100. 17 REIK (1941) 2011. 18 Nel gergo pornografico, il termine money shot indica l’inquadratura ravvicinata dell’eiaculazione maschile esterna (sul corpo o il volto della donna); tale inquadratura segna convenzionalmente la conclusione del rapporto sessuale in qualunque film o video pornografico. Confronta WILLIAMS (1989) 1999: 93ss; ZECCA 2011: 34-‐36. 19 KLEIN 2006: 255. 20 STELLA 2011: 96.
delle tecnologie digitali e della Rete. Secondo Stella, tale discorso permette (anche) al
<perverso> (in accezione sessuologica tradizionale) di «mette[re] in scena il suo piacere senza
più nasconderlo»21, spingendolo a emanciparsi dal ruolo (quello di <malato>) che gli assegna
la sessuologia per (ri)costruire autonomamente la propria identità sessuale all’interno di
«una comunità di persone che condividono le [stesse] predilezioni»22. Inoltre, video come
quelli di Sissy Babette circolano primariamente all’interno di «spazi micro-‐pornografici»23
governati da un’economia informale del <dono> (gift economy), e non hanno dunque alcun
valore di scambio economico.
Di contro, in Wifey’s World la dimensione auto-‐rappresentativa ed esibizionistica – pur
presente, e rivendicata da Wifey nelle F.A.Q. del sito – viene re-‐indirizzata verso finalità
prettamente economiche, come fondamento alla base di una piccola impresa commerciale. È
come se l’elemento <parafiliaco> fungesse qui da capitale <sessuale> da sfrutture (e far
fruttare) sul mercato, dove il sito (a pagamento, ricordiamo) si è ritagliato una nicchia di
consumatori ristretta, ma tutt’altro che deprecabile. Dai dati reperibili su compete.com, infatti,
nel corso del 2013 Wifey’s World ha avuto circa 90.000 unique visitors al mese. contro i circa
40.000, per esempio, di Burning Angel, uno dei più famosi siti di alt porn24. Il sito Bornrich
stima il net worth di Wifey’s World attorno ai 5.000.000 di dollari.
Le differenze (rappresentative, tecnico-‐espressive, socio-‐economiche) tra i video di Sissy
Babette e quelli di Wifey appaiono dunque spiccate. Ciononostante, come dicevamo, Messina li
inserisce tutti e due sotto il cappello dell’amatoriale; e gli utenti di XVIDEOS – dove oltre ai
video di Sissy Babette troviamo anche molte clip di quelli di Wifey, uploadate (in modo pirata)
dagli utenti stessi – tendono a taggare entrambi come <amateur> (oppure <homemade>),
come se tra essi non ci fosse (o non fosse percepito) alcun discrimine.
2. La pornografia di <famiglia> e il sesso <ontologico>
La breve disamina dei video di Wifey’s World e di Sissy Babette che abbiamo compiuto nel
paragrafo precedente – osservando come siano entrambi socialmente etichettati sotto
21 STELLA 2011: 96. 22 LEHMAN 2006: 13. 23 JACOBS 2007: 2. 24 Ovviamente, i numeri del mainstream viaggiano su ben altro ordine di grandezza: per esempio, nel corso del 2013 Brazzers, uno dei principali siti di pornografia industriale, ha avuto circa 1.800.000 unique visitors mensili.
l’ombrello dell’<amatoriale>, nonostante le loro palesi differenze –, ci spinge a pensare che nel
campo della pornografia audiovisiva il termine <amatoriale> non sia una categoria discorsiva
ben formalizzata e dotata di un significato univoco, ma che assomigli piuttosto a quello che
Robert K. Merton definisce un «proto-‐concetto» 25 , cioè a «un’espressione utile anzi
probabilmente indispensabile ma imprecisa, e almeno in parte confusiva»26. Un’espressione
che ognuno – produttori, consumatori, studiosi – impiega secondo modalità e finalità diverse,
per <etichettare> oggetti disparati.
Ora, un luogo emblematico di questa <confusione> è rappresentato dai webmagazine di
«critica pornografica» che recensiscono e valutano, tra l’altro, i siti di pornografia amatoriale,
fornendo al lettore (e potenziale consumatore) una <guida> per orientarsi nel mare magnum
dell’offerta telematica27. Pensiamo per esempio ad Adult Reviews, webmagazine che dispone
di un’ampia sezione dedicata proprio alle Amateur Reviews. Basta dare un’occhiata alla lista
dei più di 200 siti recensiti all’interno di tale sezione, per accorgersi che Adult Reviews
inserisce nel calderone dell’<amatoriale> materiali molto differenti tra loro. Generalizzando al
massimo, i siti recensiti si distinguono infatti in almeno tre diverse macro-‐tipologie.
La prima tipologia (quella di gran lunga numericamente inferiore) è composta da siti
come Wife Bucket o SeeMyGF, che ospitano al loro interno brevi video (dai 5 ai 10 minuti)
realizzati da anonimi <amatori> intenti in varie pratiche sessuali, e da essi stessi inviati ai siti
per la pubblicazione online (dietro corresponsione di qualche dollaro o di una membership
gratuita). Questi video rappresentano per così dire il <grado zero> della pornografia
amatoriale: quella che qualunque persona può realizzare schiacciando semplicemente il tasto
<play> di un videofonino, di un tablet, di una videocamera, per registrare la propria attività
sessuale. Essi rappresentano dunque il portato di ciò che Jonathan Coopersmith definisce «la
democratizzazione del porno»28. È interessante osservare, al riguardo, che sul piano testuale
queste forme di pornografia manifestano alcuni punti di contatto con i cosiddetti i <film di
famiglia> o <home movies> – quelli che ogni famiglia, o coppia, gira appunto da sé all’interno
dell’alveo domestico per immortalare un momento significativo –, almeno per come li ha
definiti Roger Odin in alcuni importanti studi29.
25 MERTON 1984: 267. 26 ORTOLEVA 2009: 223. 27 MAINA 2014. 28 COOPERSMITH 1998: 96. 29 ODIN 1995.
In particolare, sono soprattutto due gli elementi che accumunano tali materiali: la
«dispersione narrativa»30, correlata alla struttura frammentaria dei testi; e «l’interferenza
della percezione»31, correlata alla loro bassissima qualità tecnico-‐espressiva32. Per quanto
riguarda il primo punto, Odin scrive che il film di famiglia «non è un testo: è sempre un
frammento di testo»33; esso «non racconta una storia, [ma] snoda dei frammenti di azione»34.
Similmente ai film di famiglia, i video pornografici qui considerati non riportano in genere
l’intera <micro-‐narrazione sessuale> (cioè il rapporto dall’inizio alla fine), ma si appuntano
spesso solo su frammenti dell’azione sessuale (cioè su singoli sexual acts). Prendiamo per
esempio il video That's how anal goes -‐ all you need is a hot MILF and this setup! che troviamo
sul canale You Porn di Wife Bucket: una donna è gattoni sul pavimento, con il sedere all’insù;
un uomo entra in campo, le si avvicina e la penetra analmente; la penetrazione va avanti per
alcuni minuti, finchè l’uomo si alza ed esce dal campo senza aver raggiunto (almeno
visibilmente) l’orgasmo. Citando di nuovo Odin, tale video appare dunque «votato a una
incompiutezza definitiva»35, che lascia in sospeso l’azione.
Per quanto concerne il secondo punto, Odin osserva che «i film di famiglia comprendono
diversi punti in cui la percezione è confusa: le immagini sono mosse, sfocate, striate»36 e il
sonoro è spesso disturbato e confuso37. Tutti elementi che ritroviamo anche nei nostri video
porno, dove a volte interferiscono con lo stesso principio di <massima visibilità> dell’atto
sessuale, quello che secondo Linda Williams 38 rappresenta il tratto dominante della
pornografia: i genitali possono infatti essere poco illuminati, le inquadrature troppo
ravvicinate o troppo distanti per carpire bene l’atto sessuale ecc. Per esempio, nel video che
abbiamo descritto poc’anzi – composto da un'unica inquadratura fissa in figura intera – la
penetrazione anale finisce nascosta dagli stessi corpi dei partner impegnati nell’atto sessuale:
sotto la poderosa spinta dell’uomo, infatti, la donna scivola progressivamente in avanti fino a
distendersi a pancia sotto sul pavimento, con la conseguenza che per una buona metà del
video lo spettatore deve accontentarsi di osservare il sedere dell’uomo dimenarsi sopra di
essa.
30 ODIN 1995: 28. 31 ODIN 1995: 30. 32 ODIN 1995: 30; confronta anche BUCKLAND 2004: 102-‐103. 33 ODIN 1995: 28. 34 ODIN 1995: 29. 35 ODIN 1995: 28. 36 ODIN 1995: 30. 37 ODIN 1995: 31. 38 WILLIAMS (1989) 1999: 48.
Possiamo dunque dire che questa tipologia di porno amatoriale manifesti una sorta di
stile <home movies>, stabilendo una indubbia continuità espressiva con i film di famiglia
<legittimi>. È però opportuno osservare che, al di là del loro statuto tecnico, tali «home
movies» porno si trovano all’incrocio di due <spinte> contrapposte e contradditorie. Essi sono
caratterizzati, infatti, da una sorta di <tensione> interna fra l’emancipazione dalle
<convenzioni generiche> della pornografia e la subordinazione a queste stesse convenzioni.
Spieghiamoci meglio.
Da un lato, tali video sembrano trascendere e decostruire le convenzioni rappresentative
e iconografiche della pornografia commerciale – quelle formalizzate nei primi anni settanta
con la nascita del feature-‐lenght hard-‐core film, cioè del lungometraggio pornografico
narrativo39. Abbiamo già osservato sopra, per esempio, che i video ospitati da Wife Bucket
tendono a indebolire il principio di massima visibilità del meat shot40, e a considerare
<accessoria> la presenza del money shot, che come ci insegna Williams rappresenta invece la
«figura retorica» centrale del genere pornografico41. Come scrive anche Evangelos Tziallas,
questi video sfidano «le modalità convenzionali di rappresentazione sessuale che dominano la
pornografia narrativa commerciale. I video possono cominciare in medias res con il sesso
orale e concludersi senza orgasmo»42.
Inoltre, i protagonisti degli <home movies> porno sono molto distanti dai «prototipi
standard di prestanza fisica»43 incarnati dai performer del porno mainstream, con i loro corpi
da «supermodelle e Adoni iper-‐palestrati»44. Al contrario, come scrive Peter Lehman, questi
video domestici aprono la «rappresentazione sessuale del corpo maschile e femminile a una
grande varietà di età, razze e tipologie corporee», trascendendo le «norme culturali di bellezza
che sottendono il porno tradizionale»45 . Molti video di Wife Bucket, infatti, hanno per
protagonisti corpi maschili e femminili pelosi, grassi, smunti, pallidi, di mezza età ecc.
È questa emancipazione dalle <regole di genere> del porno a fondare a nostro avviso
quello che secondo molti studiosi è il tratto distintivo di tali prodotti, cioè la loro «realness»
(per usare un termine inglese caro a Messina46): l’impressione che essi rappresentino davvero
39 WILLIAMS (1989) 1999: 120ss. 40 Nel gergo pornografico, il termine meat shot indica l’inquadratura ravvicinata della penetrazione vaginale (o anale). 41 WILLIAMS (1989) 1999: 94. 42 TZIALLAS 2010, cit. in RICHARDSON – SMITH – WERNDLY 2013: 162. 43 STELLA 2011: 103. 44 MCNAIR 2002: 108. 45 LEHMAN 2006: 13. 46 MESSINA 2006.
il sesso «reale», il sesso «autentico», quello che le persone “normali” compiono appunto nella
“realtà”. Parafrasando uno dei più famosi capitoli del seminale Hard Core: Power, Pleasure, and
the «Frenzy of the Visible» di Linda Willams47, potremmo dire che questi video offrano allo
spettatore un «piacere non-‐generico»48, come se veicolassero una sorta di sesso <ontologico>
– il sesso così com’è nella realtà –, che imprime la propria <essenza> direttamente nelle
immagini, al netto di qualunque <mediazione> di genere. Un sesso non-‐generificato, appunto.
O ancora meglio: un sesso non-‐pornificato (perché appunto <esterno> al genere porno, in
quanto insieme codificato di convenzioni rappresentative).
Dall’altro lato, e in diretta contraddizione a quanto appena osservato, gli <home movies>
pornografici sembrano stabilire un rapporto di subordinazione alle convenzioni generiche del
porno, a cui anch’essi fanno in parte riferimento per organizzare le performance sessuali e la
loro visualizzazione sullo schermo. Rifacendoci a un articolo di Niels van Doorn dedicato ai
video amatoriali postati su You Porn49, possiamo dire che anche gli <home movies> porno
impieghino dei «porno-‐script normativi», cioè «un insieme prescrittivo di prestazioni e di
inquadrature che sono divenute gradualmente la base della produzione visiva
pornografica»50. Per van Doorn, tali <porno-‐script> permeano i video amatoriali in prima
istanza «attraverso l’attività della telecamera», cioè attraverso specifiche tecniche di ripresa
importate dalla pornografia commerciale. Lo studioso si riferisce per esempio al «modo
decisamente atomistico» con cui vengono «inquadrati i corpi maschili e femminili»51 e al
predominio delle inquadrature «girate dal punto di vista dell’uomo» per permettere allo
«spettatore [maschio] di esperire l’<azione> in modo vicario»52.
A nostro avviso, l’incidenza dei <porno-‐script> sui video amatoriali risulta però evidente
soprattutto nelle posizioni sessuali prescelte dai loro protagonisti, che a volte tentano di
riprodurre (in modo spesso goffo e impacciato) le atletiche coreografie dell’hard core
industriale. Torniamo per esempio al già considerato That’s how anal goes -‐ all you need is a
hot MILF and this setup!. Come dicevamo, all’inizio del video la donna è carponi sul pavimento,
faccia a terra e sedere all’insù. Ancora fuori campo, l’uomo domanda alla donna di allargarsi le
natiche, secondo un’iconografia che rinvia esplicitamente al porno mainstream (e al gonzo, in
47 WILLIAMS (1989) 1999: 120ss. 48 Il capitolo a cui ci riferiamo è intitolato Generic Pleasure (letteralmente, «piacere generico»). 49 VAN DOORN 2010. 50 VAN DOORN 2010: 423. 51 VAN DOORN 2010: 423. 52 VAN DOORN 2010: 424.
particolare)53. Entrato nell’inquadratura, l’uomo si avvicina velocemente alla donna e inizia a
penetrarla analmente. L’uomo non si accontenta però di un «normale» doggy style, ma
impiega una posizione più <complessa>, che fornisce alla penetrazione la massima visibilità
possibile (in accordo appunto alle norme del mainstream). L’uomo decide infatti di penetrare
la donna in una posizione che ricorda, per così dire, la postura del <cavaliere> nelle arti
marziali cinesi: ponendosi dietro la donna a gambe divaricate, la penetra attraverso il
piegamento delle ginocchia dall’alto in basso.
Questo video compie dunque un consapevole riferimento a un posizione sessuale
formalizzata nell’alveo del porno mainstream. Tale riferimento è correlato a nostro avviso a
un processo inverso a quello individuato sopra: un processo teso per così dire alla
(ri)pornificazione della performance sessuale <domestica>. È come se la coppia non si
accontentasse solo di registrare la propria <ordinaria> attività sessuale, ma volesse in un
certo senso fare del <vero> porno. O meglio: volesse dare alla propria attività sessuale una
«forma» pornografica, attingendo dunque dal genere porno una specifica posizione sessuale.
C’è da aggiungere che tale posizione risulta evidentemente scomoda e faticosa, tanto che
la coppia non riesce a sostenerla per più di due minuti, scivolando durante il coito nella ben
più comoda lazy doggy (dove l’uomo penetra la donna distesa a pancia sotto) – che come
dicevamo nasconde agli occhi dello spettatore la penetrazione (e l’eiaculazione, se c’è stata).
Ecco, è questo <cortocircuito> rappresentativo a esemplificare in modo emblematico, a nostro
avviso, alcune delle contraddizioni espressive che caratterizzano in generale gli «home
movies» porno: come accade nel video appena esaminato, infatti, in molti casi essi sono
fondati sulla tensione interna fra le convenzioni generiche del porno e le figure stilistiche del
film di famiglia, cioè fra la massima visibilità pornografica e l’interferenza percettiva
<domestica>.
3. La pornografia <Pro-‐Am> e la <domestificazione> dell’eccesso
53 Il gonzo è un macro-‐genere pornografico in cui l’operatore/regista manifesta esplicitamente la propria presenza sulla scena, partecipando in prima persona al rapporto sessuale, o comunque dialogando con gli attori durante il suo svolgimento. Il termine gonzo deriva dal cosiddetto gonzo journalism, tipo di giornalismo (teorizzato da Hunter S. Thompson negli anni sessanta) in cui il reporter partecipa attivamente agli eventi che sta raccontando. Per ulteriori informazioni sulla pornografia gonzo, si rimanda al prossimo paragrafo. Confronta anche ZECCA 2013.
La seconda tipologia (numericamente più corposa) di siti recensiti da Adult Reviews è
composta da personal amateur site come il già citato Wifey’s World, oppure come Chica’s Place,
4 Real Swingers, Cum Trainer, Housewife Kelly ecc. – aventi anch’essi per protagoniste
avvenenti donne <comuni>, impegnate in attività sessuali con i propri compagni. Di questa
tipologia di siti abbiamo già individuato sopra alcuni dei tratti distintivi, discutendo appunto
di Wifey’s World. Anzitutto, essi sono caratterizzati da uno standard produttivo semi-‐
professionale, e da una evidente attenzione per la dimensione tecnico-‐espressiva dei propri
prodotti. Rifacendoci a Leadbeater e Miller54, possiamo dire che questi siti siano un esempio
di produzione <Pro-‐Am> (<professionale-‐amatoriale>) applicato al campo della pornografia.
Secondo i due autori, i <professionisti-‐amatori> sono un «nuovo ibrido sociale»55 generato
dalla rivoluzione digitale56; essi sono non-‐professionisti che però lavorano con standard
professionali, o meglio che «stabiliscono standard professionali per giudicare i proprio sforzi
amatoriali» 57 . Inoltre, tali siti si fondano su una sorta di <commodificazione>
dell’esibizionismo <domestico> tipica di quella che Brian McNair ha definito «striptease
culture» («cultura dello striptease») 58 – cioè di una cultura caratterizzata tra l’altro
dall’«attività mediale» di persone ordinarie che diffondono pubblicamente dettagli della loro
sessualità e dei loro corpi per raggiungere una minima notorietà sociale e un qualche
guadagno economico.
Questi siti manifestano però almeno un’altra caratteristica importante, relativa a quella
che possiamo definire la «domestificazione» di alcune pratiche sessuali (correlate al genere
<oral>, ma non solo) che contraddistiguono il porno mainstream contemporaneo, soprattutto
nella sua declinazione gonzo (macro-‐genere fondato tra l’altro sull’esasperazione
performativa dell’attività sessuale). Molti di questi siti non si accontentano infatti di mettere
in scena (solo) attività sessuali <convenzionali>, ma si caratterizzano per la focalizzazione su
una o più pratiche (s)confinanti nell’alveo del <feticismo>, che nell’ultimo quindicennio il
gonzo ha progressivamente istituzionalizzato all’interno del campo pornografico59.
Per esempio, siti come Wifey’s World, Cum Trainer, Amateur Allure – oppure come l’ormai
defunto ma ancor celebre Ideepthroat.com – mettono al centro dell’attività sessuale dei
protagonisti quella che possiamo definire la pratica del cum play. Lo sperma viene infatti
54 LEADBEATER – MILLER 2004. 55 LEADBEATER – MILLER 2004: 20. 56 Confronta FANCHI 2014. 57 LEADBEATER – MILLER 2004: 23. 58 MCNAIR 2002. 59 Confronta BIASIN – ZECCA 2009; MADDISON 2012; ZECCA 2013.
leccato da piatti e scodelle, bevuto nei calici di champagne o dai condom usati, <imboccato>
col cucchiaio, mangiato insieme a dolci e frutti di bosco, eiaculato su vestiti, capelli, occhiali
(oltre che sul volto)… e ovviamente inghiottito in grandi quantità. Tutti atti che nel gonzo – nel
suo universo iperbolico e <fantastico>, popolato da corpi <post-‐umani> – sono all’ordine del
giorno, ma che qui sono compiuti da persone <ordinarie> all’interno di ambienti domestici e
quotidiani. È questo elemento a rappresentare secondo noi il <cuore> dell’identità discorsiva
(e dell’appeal commerciale) della pornografia <Pro-‐Am>.
Di recente, Susanna Paasonen ha osservato che, in termini generali, la pornografia si
fonda su due «particolari modalità» di rappresentazione: l’eccesso e l’iperbole. «La
pornografia – scrive la studiosa – coniuga un minuzioso realismo anatomico alla descrizione
iperbolica per stimolare momenti di risonanza nei suoi spettatori»60. Siamo d’accordo solo in
parte. Come abbiamo già notato altrove61, infatti, una porzione importante della pornografia
mainstream – quella che rientra sotto il novero del feature, e che copre buona parte della
produzione di grandi compagnie come Wicked Pictures o Digital Playground – è improntata a
una rappresentazione <idealistica> e performativamente moderata del sesso. È indubbio
invece che il macro-‐genere gonzo – tra gangbang acrobatiche, cum cocktail, anal gaping,
doppie e triple penetrazioni ecc. –, abbia fatto dell’eccesso e dell’iperbole di cui scrive
Paasonen i suoi marchi di fabbrica.
Ecco, è come se la pornografia <Pro-‐Am> ponesse in essere una sorta di
<domesticizzazione> dell’eccesso pornografico tipico del gonzo, affidando a delle persone
<normali> il compito di realizzare alcune delle sue performance iperboliche (soprattutto di
ambito <orale>). Tale pornografia non si accontenta infatti di mettere in scena persone
ordinarie che fanno sesso ordinario, ma mira invece a rappresentare persone ordinarie che
fanno sesso straordinario. Tornando per un attimo al cum play, l’attrazione che il porno <Pro-‐
Am> suscita (o la sua «presa» per usare un termine caro a Paasonen62) sta appunto nel vedere
donne e mogli <reali> compiere tale pratica nell’alveo domestico, come fossero attrici
pornografiche professioniste.
C’è da aggiungere però che la pornografia <Pro-‐Am> tende al contempo a <normalizzare>
tali pratiche, trasformandole appunto in atti domestici che anche una coppia amatoriale può
realizzare, magari scherzandoci su. Nei video di Wifey’s World, per esempio, le pratiche
60 PAASONEN 2011: 163. 61 ZECCA 2013. 62 PAASONEN 2011: 178.
iperboliche si caricano spesso di una connotazione <ludica> e velatamente parodistica63, con i
coniugi che esplodono in sonore risate commentando quanto stanno facendo. In questo caso,
insomma, l’eccesso diventa <gioco di coppia>.
4. Il corporate amateur porn e la forgerie della realtà
La terza tipologia di siti recensiti da Adult Reviews sotto la categoria <amateur> (quella
numericamente più corposa) manifesta caratteristiche molto dissimili da quelle precedenti.
Essa non è composta infatti né da siti che raccolgono le performance grassroots di anonimi
<amatori>, né da siti che veicolano le gesta di pornodive <Pro-‐Am> imprenditrici di se stesse.
Questa tipologia riunisce invece un vasto insieme di siti che contengono ciò che, con un
termine preso in prestito da Kevin Esch e Vicki Mayer64, possiamo definire corporate amateur
porn, vale a dire pornografia amatoriale <contraffatta> realizzata direttamente dalle porn
companies secondo modalità di lavoro industriali. Pensiamo, tra quelli recensiti da Adult
Reviews, a siti come I Know That Girl o Let’s Try Anal – entrambi parte del network Mofos, una
delle tante porn companies di proprietà della corporation MindGeek (precedentemente
conosciuta come Manwin).
Come scrivono Esch e Mayer, nel caso del corporate amateur porn il termine <amateur>
non rappresenta tanto una categoria «sociale» quanto soprattutto un «significante di
genere»65. In questo contesto, infatti, tale termine non si riferisce a materiali pornografici
realizzati nell’alveo <domestico> da persone <ordinarie> che registrano le proprie
performance sessuali; ma rimanda appunto a uno specifico (sotto)genere industriale che
emula alcune delle caratteristiche di tali materiali, riproducendone la fisionomia testuale in
modo <finzionale>. Rifacendoci alla celebre tassonomia delle relazioni ipertestuali proposta
da Gérard Genette66, possiamo dire che la corporate amateur porn rappresenti una sorta di
forgerie industriale della pornografia di <famiglia>, cioè una sua imitazione «seria» che, in
questo caso, «mira a raggirare i consumatori ingenui […] facendogli credere che il falso sia
vero»67.
63 KLEIN 2006: 255. 64 ESCH – MAYER 2007. 65 ESCH – MAYER 2007: 103. 66 GENETTE 1982: 37. 67 SCHAFFNER 2012: 206.
Ora, questa imitazione si appunta tanto sul versante semantico/narrativo quanto sul
versante stilistico/espressivo degli <home movies> pornografici. Concentriamoci un attimo
sui video targati I Know That Girl o Let’s Try Anal. Da un lato, tali video attingono dalla
pornografia di <famiglia> una serie di soggetti, situazioni e scenari <amatoriali>,
trasformandoli in plot formulaici interpretati da attori stipendiati ad hoc; dall’altro, essi
impiegano procedimento espressivi che riprendono alcune delle figure stilistiche degli <home
movies> porno, nonostante la loro qualità tecnica sia in generale molto più elevata (a partire
dall’alta definizione dell’immagine).
Scorrendo questi video, troviamo dunque ragazze intente all’inizio a leggere un libro in
salotto, ma subito persuase dal proprio ragazzo a fare sesso anale sul divano; oppure mogli
impegnate a vestirsi in camera da letto, ma interrotte da mariti in overdose di testosterone; o
ancora, giovani coppie in vacanza che decidono di testare la resistenza del letto della camera
d’albergo; e così via, in centinaia di variazioni sul tema. Il tutto girato con modalità di ripresa
che, come abbiamo detto, ricordano parzialmente lo stile dei porno di famiglia: le immagini
sono un po’ mosse e tremolanti, le inquadratura appaiono un po’ sghembe e oblique,
l’illuminazione è a volte un po’ contrastata ecc.
L’obiettivo di tali video è dunque quello di <travestirsi> da <home movies> porno
tentando per così dire di riprodurre in studio lo stesso gradiente di <realtà> che caratterizza
questi ultimi. Due le considerazioni da compiere, al riguardo. In prima istanza, tale
travestimento è correlato a precise scelte di casting: le attrici che recitano in questi video sono
infatti delle performer già integrate nell’industria – le loro performance manifestano infatti
un impeccabile standard professionale –, ma ancora alle primissime apparizioni sullo
schermo. Dovendo intepretare il ruolo di <vere> mogli, fidanzate, studentesse ecc., queste
attrici non possono manifestare alcuna notorietà sociale che le disveli appunto come attrici –
e che demistifichi di conseguenza la finzione (che tutto sia <reale>) su cui il corporate
amateur porn si regge. Per la stessa ragione, vengono prescelte attrici dotate di corpi
<naturali>, cioè non modificati da visibili interventi di chirurgia estetica (elemento che
rinvierebbe subito al porno industriale). Inoltre, le attrici vengono truccate e vestite in modo
semplice (da ragazze <acqua e sapone>, per così dire), coerentemente ai personaggi che
devono interpretare.
In seconda battuta, l’imitazione testuale degli <home movies> pornografici posta in
essere dal corporate amateur porn ha un supporto importante nella <falsificazione> dei
paratesti che li circondano e <inquadrano> discorsivamente. Per esempio, nella propria
homepage, I Know That Girl si presenta come «il più grande sito al mondo di video [porno]
amatoriali girati dagli stessi utenti», ospitando al suo interno «materiali divulgati sotto banco
da ignobili ex-‐boyfriend ed ex-‐migliori amici». Tale presentazione punta ad attestare
l’autenticità dei video presenti sul sito, spingendo l’utente a intepretarne la provenienza come
genuinamente amatoriale.
In più, ogni singolo video pubblicato su I Know That Girl è accompagnato a sua volta da un
breve testo di commento, scritto di proprio pugno dallo stesso (finto) <amatore> che lo ha
girato. Per esempio, il video intitolato Fucking in Barcelona viene accompagnato dal seguente
testo: «Durante le nostre vacanze a Barcellona, la mia ragazza non riusciva a smettere di
stuzzicarmi in pubblico con le sue enormi tette. Quello che segue è un piccolo ricordo di
quanto è avvenuto dopo nella nostra camera di albergo». Questo testo tende a stimolare
nell’utente una «lettura documentarizzante»68 del video, ascrivendo la sua esistenza a un falso
autore <reale> – il ragazzo in vacanza a Barcellona con la propria fidanzata – che avrebbe
registrato <dal vivo> (e dal <vero>) la propria performance sessuale. La falsificazione dei
paratesti è dunque utile a indirizzare l’interpretazione dell’utente, (pre)disponendolo a
concepire come amatoriali i video che si accinge a vedere.
È opportuno osservare, comunque, che le figure stilistiche dei porno di <famiglia> riprese
dai video di I Know That Girl – figure che come abbiamo visto prima esprimono anche una
tensione <perturbante> nei confronti delle convenzioni generiche dell’hard core – vengono
riportate qui nell’alveo pornografico <istituzionale>, e per così dire <normalizzate> in
accordo a queste stesse convenzioni. Per quanto le modalità di ripresa di questi video
producano alcune interferenze nella percezione, infatti, il principio di massima visibilità del
meat shot e del money shot non viene mai contraddetto; e la frammentazione degli atti
sessuali tipica degli <home movies> porno viene <riassorbita> qui nella classica scansione
lineare del sesso (preliminari-‐intercourse-‐orgasmo) che caratterizza il porno mainstream sin
dal feature-‐lenght hard-‐core film degli anni settanta. D’altronde, la durata media di questi
video è di 35 minuti (cioè più o meno equivalente a quella di una scena nel porno
mainstream) contro i 5-‐10 dei porn <home movies>.
Inoltre, le attrici protagoniste dei video soddisfano pienamente le stesse norme culturali
di bellezza che sottendono l’hard industriale: sono infatti tutte bellissime, magre e slanciate.
Delle top-‐model della <porta accanto>.
Notiamo infine che i video di I Know That Girl sono tutti realizzati direttamente dal
performer maschile, che riprende l’intera azione sessuale dal proprio punto di vista
68 ODIN 2000: 127.
utilizzando una camera a mano – la cui presenza, in accordo ai paratesti <falsificati>, è sempre
esplicitamente tematizzata all’inizio della scena attraverso alcune battute di dialogo (la
ragazza dice spesso al ragazzo: <Ma cosa fai con quella telecamera? Mettila giù!>). Ora, la
ripresa in soggettiva (maschile) e con camera a mano – ripresa che <taglia> il maschio fuori
dell’inquadratura a eccezione di alcune sue appendici: le mani e ovviamente il pene – è
piuttosto diffusa negli <home movies> pornografici, dove però è impiegata per registrare atti
sessuali di qualche minuto (in genere blow-‐job o doggy vaginali e anali), senza cambi di
posizione o <coreografie> articolate come accade in questi video. Nel caso in esame, tale
tecnica sembra rimandare invece direttamente al macro-‐genere mainstream gonzo, di cui
rappresenta uno dei tratti stilistici dominanti69.
5. Conclusioni
Come abbiamo visto esaminando il magazine di <critica pornografica> Adult Reviews – che
abbiamo scelto qui come un campo di indagine <ristretto> ma rappresentativo di un contesto
più ampio –, la categoria di <amatoriale> rappresenta una sorta di termine-‐ombrello in cui
rientrano oggetti e prodotti molto diversi. Nel corso di questo contributo, abbiamo tentato di
compiere una (prima) mappatura di tali oggetti e prodotti, con l’obiettivo di discriminarne
anzitutto le principali articolazioni testuali e discorsive. Appoggiandoci alla lista di siti
recensiti da Adult Reviews, abbiamo individuato quelle che sembrano essere le tre principali
tipologie di pornografia amatoriale contemporanea: la pornografia di <famiglia>; la
pornografia <Pro-‐Am>; e il corporate amateur porn. Di ognuna di tali tipologie abbiamo
cercato di mettere in luce le principali <proprietà> semantiche, tecniche e stilistiche,
proponendo alcuni spunti per la loro analisi.
Aggiungiamo in conclusione che tali tipologie non rappresentano delle «polarità» chiuse
in se stesse e impermeabili le une alle altre; al contrario, esse stabiliscono un <dialogo>
continuo, e un rapporto di parziale sovrapposizione. Abbiamo visto infatti che (anche) gli
<home movies> pornografici reimpiegano alcune convenzioni generiche del corporate porn
(alcune posizioni sessuali; alcune tecniche di ripresa) come <linea guida> per la messa in
scena di rapporti sessuali che sembrano <scimmiottare> le performance atletiche del gonzo.
La pornografia corporativa, a sua volta, reimpiega alcuni elementi semantici e stilistici degli
69 Confronta BIASIN – ZECCA 2009: 144-‐145.
<home movies> pornografici (gli scenari domestici, le persone «ordinarie«) come <falsariga>
per la produzione di uno specifico sotto-‐genere industriale che emula l’autenticità degli
«home movies» pornografici stessi. Dal suo canto, la pornografia <Pro-‐Am> attinge elementi
sia dai <home movies> pornografici (la relativa normalità dei body types, per esempio) che dal
corporate amateur porn (alcuni specifici atti sessuali, per esempio) coniugandoli in una nuova
forma di pornografia – quasi autentica e semi-‐professionale – che sembra rappresentare
l’ideale punto di incontro e di mediazione fra le ambizioni del primo e le intenzioni del
secondo.
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