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Poiesis

Comunque, la pioggia (Giulio Perrone Editore), 2008

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Poiesis

in copertina: foto icpImpostazione grafica: factory designRealizzazione grafica: Ilaria Arcà© 2007 Giulio Perrone Editore S.r.l., RomaI edizione Febbraio 2007stampato presso Global PrintGorgonzola, Milano

ISBN 88-6004-068-X

www.giulioperroneditore.it

CCoommuunnqquuee,, llaa ppiiooggggiiaa

Maddalena Bergamin

Prefazione

Il martellare della pioggia e l’odore del tempo si sentonosubito tra le pagine della raccolta d’esordio di MaddalenaBergamin, una raccolta che si caratterizza fin dalle prime liri-che per un dettato limpido e una lucidità di visione – e dipensiero – che sembrano richiamarsi in modo esplicito allagrande tradizione poetica imperniata sull’asse Leopardi-Montale, autori, questi ultimi, presenti a vario livello all’in-terno di questo volume. Eppure, al di là del richiamo aimodelli di un certo modo di procedere nella riflessione poe-tica e filosofica, la poesia della Bergamin si fa notare soprat-tutto per una notevole freschezza di ragionamento, per labrillantezza e il piglio con cui sa affrontare il “mondo”, inte-so come universo di «asfalto», «automobili» e «colonne indu-striali», e perciò come quotidiano scenario metropolitano, einsieme come luogo assoluto, e senza tempo, del passaggiodegli esseri sulla terra. È su questa terra, infatti, insieme vici-na e lontana dal rumore dei giorni, che si gioca il destinoeterno delle generazioni: l’autrice, in questo senso, sa legareindissolubilmente le inquietudini personali ai grandi temiuniversali – vita-morte; eternità-tempo; precarietà-durata –,seguendo in questo una vocazione oggettiva che fa dellavicenda e del cogito del singolo individuo – la stessa scrittri-ce, la madre, un personaggio – un discorso pronto ad allar-garsi all’intera umanità, alla sua storia senza tempo e senzariposo. Il tutto con un equilibrio – un’oggettiva distanza,appunto – che rifugge da toni troppo alti o dimessi e che dà

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luogo a uno stile e a un linguaggio essenziali, senza fronzoli ocascami, ulteriore circostanza che senza dubbio, dell’autrice,nonostante la giovane età, mostra una promettente maturitànella costruzione del verso e del generale discorso poetico.

Quello della Bergamin è comunque un pensiero teso emai remissivo, elaborato all’interno delle varie strofe grazie auna chiarezza sistematica e progressiva, che si fa inesorabil-mente spazio tra i versi; e spesso è la parte iniziale delle liri-che a guidare un percorso di senso che fin dalla vivacità del-l’incipit offre al lettore gli spunti e perfino le chiavi di lettu-ra dell’intero testo:

Le passeggiate di Orlando nei secolinon hanno allungato la vita di un solo momento.

È un esordio perentorio, quest’ultimo; e soprattutto è unmonito ineludibile con cui Maddalena Bergamin incalzal’”ascoltatore”, presentandogli in modo deciso uno dei moti-vi centrali della sua poesia. Dietro quest’affermazione di raraicasticità e nettezza, infatti, dietro l’enunciato dall’esplicitosapore gnomico, che potrebbe far pensare in un primomomento alla “classica” resa dinanzi alla precarietà dell’uma-na esistenza, tema sviscerato in lungo e in largo dalla poesiadi ogni epoca e provenienza, l’autrice ci trasmette invece unistinto molto più profondo, che non contraddistingue sol-tanto questa singola lirica, ma il volume nella sua totalità:l’istinto, o meglio il tentativo, di una sopravvivenza. Forsenon la sopravvivenza del singolo, destinato – come scrivel’autrice – ad avere una «faccia scolpita / sul cristallo, che sipuò rompere / da un momento all’altro», ma la costanza di

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una possibilità di esistenza all’interno della vita stessa, per lopiù metaforizzata, con il suo carico di solitudine e incomu-nicabilità, dal «freddo»:

L’inverno è il freddo,l’alito che diventa fumo: esisterà sempreda qualche parte, nel mondo.

Il freddo e l’«inverno», per altro, sono elementi che ritor-nano quasi ossessivamente specie nella prima parte della rac-colta, intitolata appunto Un giorno d’inverno. Sono simbolidella distanza e della sofferenza, della morte, come sempre;eppure spesso funzionano da termini di paragone “in nega-tivo” dell’essenza «pulsante» della vita stessa, affermata enegata in una dimensione totalmente immanente, in cui è lacarne – considerata come legame autentico e assoluto –, enon il cuore, a garantire la percezione dell’esistere:

Il nostro cuore non esiste,c’è soltanto la carne che pulsa nell’odore di freddo:(sei la vita e la morte).

È una percezione ricorrente, ma breve, la cui unica possi-bilità e consistenza sembra offerta dalla durata instabile diun amore fatto di entusiasmi e cadute – un amore indirizza-to alla madre oltre che al partner –, e a volte anche dal sesso,inteso come momento di pienezza da strappare con forza allacorrosione continua degli istanti. Tra le liriche in cui è nel-l’amore che si cerca una sopravvivenza per gli uomini vi ècertamente Love song, che fin dal titolo riassume in modo

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emblematico il desiderio di sovversione rispetto alle leggidell’essere e del tempo:

Avrai i tuoi vestiti, che ti disegnano benema saranno altri vestiti , e forse non ti riconoscerò

Non sappiamo se siamo o se siamo sulla terrama non importa: dammi la manoe andiamo

Tuttavia, nonostante i momenti di maggiore comunionecon gli altri, che sul piano stilistico e sintattico emergononell’uso costante del “noi” – espresso grammaticalmente daverbi in forma plurale, ma soprattutto ipostatizzato da undiscorso che coinvolge l’autrice nel suo rapporto con i diver-si “compagni” del viaggio terreno – non viene certo meno ladose di fragilità e di effimero che contraddistingue l’univer-so e che, anzi, è spesso rincarata proprio in presenza di unapersona, di un’illusione, di una speranza frustrata. È in que-sti frangenti che dunque compare un interlocutore, un per-sonaggio, reale o fittizio, letterario, che interagisce “a distan-za” con la centralità del poeta e che permette una sorta diverifica del pensiero, particolare e universale insieme, di chiscrive. Non è un caso, infatti, che tra gli strumenti poetici e“filosofici” la Bergamin utilizzi spesso anche il proverbiale“tu” montaliano nell’intento di declinare ulteriormente ladistanza tra gli uomini, tra il loro esistere e i loro desideri:

Ti perdo in ogni cosa che dicicome un pezzo di pane che si sbriciola

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Il mare durerà dopo di noi e noi non ne sappiamo nienteMa non rompere questa distanza che mi tende come una corda:se la spezzi mi prendi e poi mi perdi

C’è grande distanza anche tra gli uomini e la vita stessa,concepita leopardianamente come mero riproporsi di accadi-menti «senza voci né tempo», che appunto dell’uomo puòtranquillamente fare a meno:

E ci sarà sempre la terra sulle sue rocce metamorfichee le colate di lava. Ma noi no, né il cane, né la focané, tantomeno, la farfalla.

Tutto appare così destinato alla perdita e al crollo, dal-l’amore al linguaggio:

Strappati ogni giorno ai giornise non puoi farlo una volta per tuttestrappati l’ironia dai polmonidà poco valore alle tue parole pesantilasciane in piedi lo scheletro e allontanati,perché crolleranno

Dov’è possibile, allora, scovare quell’istinto di sopravvi-venza che, come dicevamo, appare comunque permeare lapoesia di Maddalena Bergamin? Che cosa conservare nellapersonale wasteland disegnata dall’autrice; che cosa strappa-re, quindi, ad una vita che appare manifestarsi quasi sempre

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– lo ripetiamo – per immagini “in negativo”? Senz’altro laconcreta alternanza tra possesso e perdita, la lotta senza quar-tiere con il trascorrere dei giorni, quel “tenere il tuo freddo /vicino al mio freddo / e il nostro torace / e le gambe”. Unasopravvivenza fragile, dunque, che non ammette nessunesorcismo perpetuo, nessuna “resurrezione”, ma che celebrainsieme l’inesorabilità eppure la vitalità dettata dalla pioggia,che cade comunque:

Oggi piove, oggi piove cento volte di fila, si illumina il verde, la vita brilla. Sta attenta per la strada, ma guardati intorno, oltre i vetri spingi tutti i tuoi anni [...]

piove e si và nonostante il rumoredi questa giornata che passa .Piovesulla terra, sulla testa, sulla rabbia di non afferrarsi

quest’inverno e i prossimi inverni, finoal freddo atroce di Natale e alle bugie dei commensali. Oggi piove sull’istinto di sopravvivenza e sul desiderio di morte[...]

È una constatazione insieme disincantata e appassionatache “anche questo è il mondo”, l’impervio e umanissimo ter-ritorio posto tra la possibilità di prendere e lasciare, di (r)esi-stere e morire, nel freddo e nell’inverno dei corpi e delle sta-gioni, negli spazi aperti come nel chiuso delle strade cittadi-

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ne. È uno sguardo colmo di disillusione e di desiderio, dirinuncia e insieme di ricerca, una prospettiva che percorre leprofondità interiori e allo stesso tempo passa rasente alla sky-line dell’orizzonte cittadino, per concludere che “non è unmale / che siano le antenne, dai tetti / delle case, le ultimecose di noi / che toccano il cielo”.

Matteo Lefèvre

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UUnn ggiioorrnnoo dd’’iinnvveerrnnoo

Si è spento il peso degli anni che verrannodissolto, sciolto l’intricato groviglio del futuro

Le ginocchia nude stanno sulla terra bagnata.Immobili, non si precipita.Noi non siamo gli uomini infiniti che hanno l’universo nel cuore

Il nostro cuore non esiste,c’è soltanto la carne che pulsa nell’odore di freddo:(sei la vita e la morte)

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Da qualche parte qui intornosei al volante della tua macchinaho bene in testa la tua espressioneconosco il dato di fatto che siamo entrambe su questa strada asfaltatae che ci piace dimenticarci sul campo di terra.

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Succede prima di sapere chi seisenza conoscere la tua storiai tuoi anni e che cosa c’è statonel tempo che hai avuto

Trascurando dove le tue giornateti portino, su quali strade e perchétu cammini. Di che cosa parli separli. È tutto niente.

Non sei la tua storia morta tra tuttele cose passate, ma la testa chesi gira alla finestra

Non sono quello che ho visto, vissutosfogliato, ma la figura che vediche ti vede e non parla

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Hai confuso il freddo dell’invernoe lo hai reso invisibilese non, più spesso, piacevoleIn mezzo al rumore di tutte le macchineuguali che si spingono alle sette di seratu mi aspettavi di là della stradadopo tre larghe corsiee sono passati dei secondiprima che io attraversassi l’asfaltoperché mi piaceva rimanere a sentirel’assordante spazio breveche ci teneva divise

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All’eternità ho sempre preferito la vitacorrere sulle gambepiuttosto che lanciarmi con la mentenelle favole imposte dell’eterno

Ma ho temuto ingenuamente la mortecome si teme un abbandono.Per quanto la vita sfumie non sempre si annerisca all’improvviso

non mi allontanerò da niente e da nessunoSarà soltanto una fine, quello che non è piùuna nuova realtà di cenere o di ossa

Non temo la mortema per i tuoi denti bianchi e le tue risaa volte desidero averti per sempre

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PPrriimmoo iinntteerrvvaalllloo

Perché oggi tu hai sentito parlare del mare e hai spezzato il tuo punto di vistadove le cose si svelano e velanotutto quello che temi di guardare

quando avrai parole oscure epesanti

e saremo fermi su due sediechiuderò le finestre per il rumoreche ti disturba e terrò la tua testa

come se bastasse esistere e saperlouscire dal labirinto sorridendoanche con le mani sporche e lo stento

di contare una ad una le coseche ti fanno paura ma non tolgonola vita

alla vita

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Vuoi aspettare con meche comici la pioggiae tenere il tuo freddovicino al mio freddoe il nostro toracee le gambeVuoi aspettare con meche cominci la pioggianel silenzio che si rompesenza voci né tempo?

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Scappa, che non serveun modo di esserescappa e sieditisu questa panchinacontinua a soffiarti il nasoe poi sull’erba guardache vivo anch’ioche pioveràche il cielo è pesanteche ti do del tu,che c’è il vento

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Le passeggiate di Orlando nei secoli non hanno allungato la vita di un solo momento.Essere giovani è camminare sul ghiaccioparlare, tenersi per manostrofinarsi l’uno sull’altro insieme alla seraIl pugno di terra sul quale viviamonon è la nostra casa. Noi non siamo una famigliama pugni di carne dalle dita serratedestinate all’artrite del tempoLe automobili non hanno una meta,ma un colore, una forma, un marchio,un passeggero. L’inverno è il freddo,l’alito che diventa fumo: esisterà sempreda qualche parte, nel mondo.E ci sarà sempre la terra sulle sue rocce metamorfichee le colate di lava. Ma noi no, né il cane, né la focané, tantomeno, la farfalla. Le nostre radici strappate ci sbattono l’uno contro l’altro e ci aggrappiamoa braccia solide e mortali.Se questa morte mi accompagna dal mattino alla seracome la fine a cui tendono tutte le coseperché non posso scegliere di morire qui adessosulla tua bocca?

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Ti perdo in ogni cosa che dicicome un pezzo di pane che si sbriciolaIl mare durerà dopo di noi e noi non ne sappiamo nienteMa non rompere questa distanza che mi tende come una corda:se la spezzi mi prendi e poi mi perdi

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Oggi è questa mattina di solein una parola, tutte le cose del mondo.tu sei un paio di occhi in un trenoio sono due gambe giovanila vita una tela, il riflesso del tempoma ti fa male il ginocchioe non sarò mai il tuo dottore

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Non avere paura,è solo l’inverno

che passa

Che cosa succederà quandoi colori pastello dell’invernoe la patina d’aria sul giorno, quando questo sole spento

si accenderà senza pensarci due voltee la strada non sarà più bagnatama secca, assolata, comunque distrattaquando sarà normale che la musica suoni più forte

Cosa ne sarà della tua testa addormentatasulla mia spalla, dei finestrini serratie della voglia di uscire fuori da noi

se potremo farlo in una mite seratasenza essere quello che siamono… rimaniamo ancora, vuoi?

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SSeeccoonnddoo iinntteerrvvaalllloo

Questa estate verrà, nel fumo opacodel sole l’erba non brilla, perchè(se non piove) la tua estate e il mio invernoavranno ancora qualcosa da dirsi?

Questa estate verrà, nel fumoopaco

del sole l’erba non brilla, perché(mentre piove) la mia estate e il

tuo invernoavranno ancora qualcosa da dirsi

Rimani, non le occasioni che aspettima io sono il punto morto del mondoquesta estate, quest’ anno e non c’è(mai stato il tempo)

Rimani, non le occasioni cheaspetti

ma io sono il punto morto delmondo

questa estate, quest’ anno e nonc’è

(mai stato il tempo)

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Non c’è pelle sopra le mie ossase non decidi di metterci le mani,e il mio corpo si accorge di esistere

e ti si aggrappa, ti si attacca soffocando tutte le fessure-distanze brevissime e pesanti delle nostre giornate

Tu dimmi che cosa vuoidopo che il tuo gemito cancella le poesiee mi distrugge la mente (e non ho più freddo)dopo tutto quello che credevo di avereche mi hai tolto e aspetta per terra

Che cosa vuoi: ti basta quello che mi resta?queste ossa, questa testa, non ho altroma puoi prenderle e farne tutto quello che vuoi

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Se il poeta deve scegliere le sue metafore,tu sei il rumore della pioggiasulle colline incessantesulla strada stretta tra i fossisulla strada larga dei bussul piccolo lago, sul fiume, sul campo.Che non finisce mai,e non credo che canti per me.Allora non sono un poeta,e aspetto di rivederti

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Ancora un trenoe le campagne e la terraancora la fine di febbraioe le giornate più lungheancora i colorie l’inchiostroancora il viaggioe la vitama soltanto orai tuoi occhi

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È un’altra notte che ti prende per manoe non esiste, mentre vuoi dare alle cosei nomi di un solo vocabolario.Possiamo solo toccarci,e bagnarci le mani, riempirle di terrae scambiarci la pelle, per resisterealle nostre parole

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Chi penserà per questi tuoi polsi che non ti accorgi di averee per la tua faccia scolpitasul cristallo, che si può rompere da un momento all’altroA carnevale ogni scherzo valeanche incontrartie perderti, e amarti

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TTeerrzzoo iinntteerrvvaalllloo

Non attraversare mai i segni che separano la vita dalla mortedove si inabissano le proposte:troppa luce senza schermi uccide

anche il più sicuro di noiio sono lontana, non posso piùdareil numero di telefono e i mieidati di fatto. Ora è tardi

per la soluzione e per essere assolti,la mancanza di coraggio ci ha sfiniti, tutti i marciapiedi

non si sciolgono al solee ripetendotelo due tre quattrovoltenon avrà più sostanza quello chedico

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Sei nei dintorni, sui marciapiedil’erba che brilla sulle collinee le pecore in equilibriosei nell’ultima pioggia che muorenon sui giornalima dentro la strada che camminoe sulle scaleche salgo e scendoda cui guardo e mi sento

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È l’ultima pioggiasul vetro appannato che scivola viai marciapiedi neri bagnatinella nostra testa si sentono ancoraancora per poco, ragazza

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Le poesie che scrivo per tenon aggiusteranno il filo che si allentae anche sopravvivendo dopo di noi e dopo il nostro tuffo nella morte

non ci sarà resurrezione per le cose che ho nascosto tra le parolequando ero illusa come una bambinadi poterle fermare

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Se prima di salire in macchina mi voltassiper guardarti, quale dio mi fermerebbee in quanto tempo mi tramuterei in una statua di pietraFino a che punto si può avere paura delle parole pronunciate dagli altriio mi sono girata, la tua sagoma di spallee non sono ancora morta

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SSuullllaa tteerrrraa uummiiddaa

QQuuaarrttoo iinntteerrvvaalllloo

Non chiedermi che cos’è questo muroanche se ho perso il momento ormaidi parlare a proposito. Non ti porteròmai sul palo della bici,

ma la mia temperatura è la stessadel mondo. Ridi domani, prima del mio arrivo, sto già ripartendo:sul parcheggio si succedono i mesi

e cade il sole sull’asfaltoci seppelliscono le cose, e le caseferme non lasciano scampo

alla sigaretta che fumi e finisceprima che tu possa guardarlae salvarti

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Sali lentamente altre scale, come un avverbio banale

perché tu sei banale, ma esisti.Non esistono invece

le maschere che porti.

Allora resta qui,con le mani in tasca se vuoie non pensare: annusa come i caniquest’aria fresca, così poco eternada credere ancora che la primaverastia arrivando per durare…Oggi tu esisti soltanto: non sei più di passaggioe se rifiuti di incatenarti la mente,

ti salvi.

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LLoovvee SSoonngg

Io non so per quanto tempotornerai a colorare il tuo foglio di cartae se avrai il pugno più chiuso o un po’ meno chiusoper appoggiare la testa

(Lo hai sentito Prufrock?)

Avrai i tuoi vestiti, che ti disegnano benema saranno altri vestiti, e forse non ti riconoscerò

Non sappiamo se siamo o se siamo sulla terrama non importa: dammi la manoe andiamo

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Hai mai ripensato all’odore verdescuro e brillante del muschio strappatoe alle tue mani impazienti ,luridecome diceva tua madre? Io oggiho visto per la prima volta le fogliestaccarsi, volare e cadere giù.Il profumo di questa terra densaruvida, umida dentro la serad’autunno, se ancora esiste l’autunno.(Esiste ancora l’autunno?) Che cosaricordi di quando scendeva il mezzo-buio delle sei e mezza? Che cosa c’èancora, rimasto, sopravvissutoo vivente della paura che noiavevamo di niente? Le bambineche amiamo camminano in equilibriolontano da tutto, dentro la pietrache calpestano piano, mentre noi, iomi siedo e ascolto l’odore pulitodella terra, tutti i verdi offuscatidal quasi-buio delle sette

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Impugno la forchettasu questo piatto di pasta: la mia mente e la tua mentesono parti di un corpoche ci abbandona, presto o tardi,mentre pensiamo e si strozza il respiroo quando camminiamo e non ricordiamoi nomi delle personené sappiamo dove andare

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QQuuiinnttoo iinntteerrvvaalllloo

Conosco il tuo cappotto, le tue scarpei tuoi capelli, non ho mai perso di vistail tuo modo di camminare, eppureè possibile sprofondare su strade

che non si conoscono, si puònon sapere più che pesci pigliareche modo di dire, che pezzo di panee restare restare , con le mani in mano

a girarsi i pollici, oziarebuttare via il tempoche è denaro

non darsi da faree poi non avere più temponon so se è chiaro…

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Ci sono giorni in cui mi affaccio e stosulla spina dorsale di uno scoglioad aspettare che la roccia si spez--zi tutto intorno allo sguardo che irrompee che si rompano le circostanzema non i posti su cui poggiano i piedi

Quando di sera il GRIGIO-azzurro stacome una verità tra il cielo e il maree si sostituisce a quanto esiste(quello che vedi sempre), allora si alzail vento che spazza tutte le cose(i libri, le carte, i trucchi, le scarpe)per lasciare che ci cadano addosso

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Non odio le colonne industrialiche si stampano sulla fine del tramontoil cemento e l’odore sporcodella stazione, i treni, la voceche annuncia dalle scale-tastidi pianoforte. Le luci gialle e biancheche sbucano dallo sfondo violaceonon sono fuori luogo. Non è un maleche siano le antenne, dai tettidelle case, le ultime cose di noiche toccano il cielo

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SSooggnnoo ggrreeccooa Giulia

Il viaggio ti attraversa pianoe tutto è un’immobilità che precipitati ricordi una canzoneche hai imparato da bambinaChiudi gli occhi, dormili riapri, vivi.Non fai nientee ti appoggi sulla spalla,aspetti che questo momento finiscae ne ricominci un altro

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a Sylvia Plath

Se ti raccogli nelle tue spallesopravvivere alla vita è dimenticare

Da una sedia si scriveche ci sono case e cortilidue figli, un marito, un divorzio

Tutte cose da toccare, che si possono avvicinare alla bocca.Mangiare. Non manca niente.

L’elastico con cui ti legavi i capelliè sulla scrivania.

Ci restano l’opaco coperchio di nevee la notte, per procurarci l’ossigeno che basti.

Ma non bastano una macchina e una vita.

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SSeessttoo iinntteerrvvaalllloo

Chi sei, finché il bus-navetta ti portadall’aereo all’ aeroporto, sai sempre dove stai andando oppure t’importadi stare con il tuo corpo allo stesso

modo-non posso distinguere i pezzie crollare: anch’io sono un edificiocittadino, costruito da temposenza stare alle norme e non sono

nessuno, mentre passo il non-luogodi questo cemento non sentola materia costante che fa

la mia vita. Vieni su questa poesiarecita la seconda vocee allora a quel punto saremo reali

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Si parlano e guardano questa cosache non è una città, stanno nei maglionia righe colorate e non scelgonol’una o l’altra parte: sono due vitebrevi sotto il sole fermo di oggiaprile duemilasei, senza tempo

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Strappati ogni giorno ai giornise non puoi farlo una volta per tuttestrappati l’ironia dai polmonidà poco valore alle tue parole pesantilasciane in piedi lo scheletro e allontanati,perché crolleranno

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SSeettttiimmoo iinntteerrvvaalllloo

Quando esiste lo spiovente dei tettinell’idea afosa che si finge e fuggerimane il silenzio degli alberi sulle finestreche noi siamo noi stessi

puoi spiegarmi l’importanzadi proporre un corpo giovaned’estatese non so di che cadere e rimangotanto quanto le mura degli edifici

sette e mezza, nuove oree poco tempo per parlarcie poi partire senza attese

di sfuggita con le manisulla vita

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SSoonneettttoo ddeell mmaallee

Il solo peso che porti è il peso che sei.Nella nebbia bianca schiantarti e sfondarela lastra di neve. Dall’asfalto al cielosalire le scale nel vortice stretto,

passare il sale, sedersi su una sedia e mangiare,essere il boia del tuo giustiziereche fissa il bicchiere. Con gli occhiche da tempo non vedono e pensano fissi

le cose fisse ripetersi: le ore.Le orecchie che sentono cose mai dette;strette, la neve e la nebbia, dall’asfalto al cielo,

le vedi. Sali veloce ancora le scale,finché il respiro ti manca, per non sentireil peso del male.

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E continua comunque la pioggiafinché tutto è statico e rimane:le colonne e i pilastri di una stazione.A guardarla dal finestrino, la pioggia,è sognare di bersela tuttaché non m’infradici soltanto la testama scorra nel sanguee poi essere al fine qualcosa,non più qualcuno che guarda le cose

(il treno riparte)

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Sono finite le estati piene di giorni di soleil tavolo da ping pong i tulipani e il gioco sul cemento Le cose grandi si sono fatte più piccoleil mondo è raggiungibile, immediato non sta più sopra la credenza alla fine del corridoio o dall’altra parte del parco comunaleil mondo è qui, New York, Padova, Londra, Atene.

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Ti riconosco, mia piccola cittàdal palazzo verde smeraldoVENDESI UFFICI E APPARTAMENTIti cammino ma esisti soltantonella mia testa e nel passato inutileche non si può dimostrarenon mi rispondi e io vivo la folliadi parlare a me stessa ma se sul tuo Prato un altro corpo si appoggia al mio corpoallora le cose non sono finitee continuano

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Chiudi la portatra queste strade strettee le case addossatepoi, se c’è una verità,(tu) dimenticala,come il prossimo appuntamentoche ti trattiene. Ma se vuoirimani, io sono su questo pianodove piovigginano le cosee vanno spegnendosiprima di essere state

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OOttttaavvoo iinntteerrvvaalllloo

Segna sul calendario che oggisono arrivata, ho fatto buon viaggioperdendo qualche dettaglio e scansandole mura ruvide non mi sono ferita

confusamente mi accogliche cos’hai di italiano? Ciao amoreciao amore ciao amore ciaoquesti sono i nostri sedili

sulle macchine gli anni si risolvonoe siamo bambine che corronotra le vetrine e i tombini

lascerò che mi si rubi a me stessapoi inserirò un annuncio a.a.a cercasi urgentemente una vita viva

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NNoonnoo iinntteerrvvaalllloo

Siccome mi sfuggi e in ogni casoc’è poco da prendereposso permettermi di sederee di non rassegnarmi, perché

non c’è davvero niente per cui valgala pena, il segno della gomma sul pavimento o il viaggio cheintendi fare e nemmeno la fatica di costruire

ché tutto cade e tutti lo sannoeppure stupiti si guardano intornonon tu che mi sfuggi

e hai sempre qualcosa da direpertinente al discorso intrapresocon molta forza di volontà

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PPooeessiiee ppeerr mmiiaa mmaaddrree

Premessa:a Vivian Lamarque

Ho due madri anch’iola prima indossa una tutae le sue gambe si sostengono appenasenza una sagoma, senza un disegnosta di spalle contro il tavolosenza credere in me

la seconda si muovecome un’incisione chiarai suoi colori sono accesii suoi occhi sono azzurridice di credere in me,

ma io non so di chi essere figlia

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Il fantasma delle tue manisostiene il piatto di minestramentre le tue mani nervosenon reggono se stesseLe tue dita sonosottilirigidebianche

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I tuoi sorrisi mi illudonoi tuoi occhi azzurri sono così grandiche mi pare di non aver mai visto questo colore prima d’oraQuando apri la porta ed entri in casa dicendoche mi hai comperato quel libroio mi trovo davantii tuoi occhi azzurrie me ne meravigliocome se fossero una novità

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La luce scura del malemi ha portato la tua voglia di morirela tua secchezza di speranzasi aggrappa alla solita bugiatu vuoi le rispostead una domanda soltantoe quello che m’immaginodi dirti al mattino non ha più senso la sera

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DDeecciimmoo iinntteerrvvaalllloo

Se vivi le situazioni ti perdianche dove non pensi di andareperché ti ostini a tenermi la manose sai che non siamo questa parte

di tempo, ma altro. E cadendohai sbucciato il ginocchio, adesso ti disinfetto, non fare il bambinoho deciso di uscire da sola

non inseguo dei sogni, ma mi aggrappo alle mani, rincorro l’ossigenoche mi sbatta violento la faccia

così da poter soffocare, sonoin regola, non ho fatto del malea nessuno, tu lasciami stare

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I tuoi perchévengono inesorabilial mio cospettocome se io tenessinella mente la veritàche cerchiné io né diopossiamo risponderti:tu domandi, e hai gli occhi sgranaticome se fossi io tua madree tu mia figlia

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Ho sceso le scale di serasenza un motivo chiaroe ti ho trovata ogni volta solain cucina a leggere il giornaleVederciera ciò che per gli altri è domenicaquello che per altri è una festa di famiglial’attimo prima di andare a dormire,perché non fosse ancora solitudinece lo siamo rubatol’una all’altrasenza chiedere

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CCaassaa ((nnoovviittàà??))

Passo sull’asfalto che restaLa fine è un cancelloche si apree non so mai che cosa ci siama so perfettamentecome stanno le coseNo, mamma, non ci sono novità

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La paura che sta nella tua testaDentro al bagno tu ripetiuna canzone

(Il letto)

Gli occhi rossiazzurro-mortopoi una nota troppo ALTAe gridando ucciditutto quello che posso fareper salvare almenola mia vita

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Un giorno nuovo comincia durante l’astrazione dei risveglila strada è immobile, e le macchine corrono

Tua figlia passa sull’ultimo marciapiedeprima di entrare a scuola

Oggi è un continuo negarsi di abbracci e di manie il tuo cane affonda nella sua malinconica pigrizia

Rimani, senti, un momento soltantoa guardarlo negli occhi

Le mie idee non si spingono nelle cose del mondose il tempo ti ferma nella camera ombrosa

Questi toni di voce assottigliano l’animae la testa dell’anima arranca l’altroveIo non afferro l’entità del tuo credito assurdoe rimango nel mio labirinto, stringendo le mani

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UUnnddiicceessiimmoo iinntteerrvvaalllloo

Non scapperò da questo posto anche seil ministro dell’istruzione dicedi stare tranquilli, poimi posso rinfrescare sul metallo

come se esistesse la nostalgiadelle cose, e potremmo occupare senza violenza le piazzee arrampicarci sull’orologio blu

oppure cadere, perché stasera non abbiamo mangiato, che cosacorre nella stasi di continuare

a parlare della mancanza delle giornate, ma non senti che si potrebbe avere ancoraqualcosa da dire

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NNeellllaa ppiiooggggiiaa

CCAAPPIITTOOLLOO UUNNOODDuuee vvoollttee,, ttrree vvoollttee,, ppooii uunnoo ssii ssttaannccaa

Ha la faccia dipinta di bianco

Io non torno perché non ho sonnoquante volte ripeti le cosea cui credere senza alternativama seduta sull’erba incurantelungo la statale, sul ciglio, con le gambenon sembra, ma può capitaredi sentire le voci del corridoioperdere qualche dente, non fare più nientementre i vecchi passeggiano il giovedì sera

resta immobile, respira soltanto

le condizioni meteorologichedistinguono una giornata dall’altrail pranzo è molto diverso dalla cenai vecchi camminano, non si aspettano nulladi nuovo, se non che la frutta sia buonaanche fuori stagione

se gli dai una moneta ti stringe la mano

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fa caldo per certe uniformi, fratellicresciuti che fanno un lavoro e poi dormonoperché la notte non è come il giornoma è morto perché il volante gli è scappato di mano, due volte tre volte, poi uno si stancae la terra non vendica i torti subiti

sta in piedi sul suo piedistallo

ti dona l’azzurro, questo trucco sugli occhiun momento di pubblicità, interrompi-e non leggere ancora i giornalinon è un hobby la vita, non sono solo locandine.pochi passi, poi i vecchi si fermanodavanti al semaforo, per fare di nuovoalla fine del giorno la strada,io non torno perché non ho sonno.

aspetta i centesimi e tace

CCAAPPIITTOOLLOO DDUUEEPPrriimmaa cchhee rriittoorrnnii,, pprreennddoo iill ccaallmmaannttee,, mmaa mmii ppiiaacceerreebbbbee sseeddeerree ccoonn vvooii

ascolta le voci della gente

Il bambino si è preso la sua partedi torta. Nessuno avrà voglia di giocare le carte sul tavolo, ma ci saranno due settimane nel posto esoticoper barattare in silenzio la semi-libertà. Anche i vecchi leccano sorridendo i gelati alla cremae siedono la sera sotto il portone

non distingue

abbassa le persiane, il sole può essere fatale in queste giornate di luglio, accendi almeno l’ariacondizionata. C’era un mimo in piazza, uno di quelli che si dipingonola faccia e stanno immobili suipiedistalli e ti stringono la manoper pochi centesimi, assorbiti dal caldo

non smette

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quando tornerà guarderemo la seraseduti sulle sedie nel porticoparlando di oggi o di quanto non bastidare per avere, intanto spengo le luci, oppure mi addormenteròprima che ritorni, prendo il calmantepoi salgo, magari non sognoe tiro dritto fino a mattina

fissa un punto e non gira la testa

non piove da troppi giorni e nonprevedono cali di temperaturac’è uno nuovo al meteo masarà meglio non pensarci e andare a dormire, domani sarà una giornata pesante e ti vedo moltostanco, eppure ti ammiro perché hai molte cose da fare

non soffre

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ma mi piacerebbe sedere con voiguardare un momento le stellee parlare di oggi, di chi è venutoieri sera alla festa, mi pare che siano stati contenti, certo il caldo era fortema ci ha presi un po’ tutti e abbiamoavuto di che parlare, la prossima voltatrattieniti un poco, mi farà piacereascoltare che cosa pensi di fare

se lo paghi sorride

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CCAAPPIITTOOLLOO TTRREEOOggggii nnoonn rreesstteerreemmoo sseennzzaa ddaarrccii aaddddoossssoo

comincia a sentirsi un po’ stanco

Ci siamo svegliati uno alla voltauscendo dalle lenzuola comeviscide lumache, fa già molto caldo:oggi non resteremo senza darci addosso,ma sarà meglio non farlo per noncomplicare ulteriormente le cose

stenta a percepire il suo corpo

i vecchi preferiscono il mattinoperché sono più forti, energiciinforcano in bicicletta le strade,di prima mattina gli uccelli hanno freddomigreranno, e noi sapremo di che cosapassare l’inverno

il tempo gli sfugge

soffocheremo la noia nel caminettoe i vecchi aggiungeranno legna nel fuocoavvaloreremo le nostre tesi

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sulla minestra bollente e scenderemoa compromessi fino a non distinguercipiù dai nostri interlocutori

non sa che ore sono

rimarremo a guardare dalle finestrela neve, senza sentirci chiamati in causa, ci abbandoneremo a noi stessi, dopo la docciafuggiremo innervositi verso l’asciugamanoimprecando lo spazio e il tempo

si allenta il colletto

quando ormai ci saranno il silenzioe la notte, bestemmieremo sui nostrimestieri e sulle nostre famiglie,sugli amici che abbassano lo sguardoe ridacchiano con facce da scemi,sulla misera vita che ci toccae torneremo lumache nel guscio

fa una pausa

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CCAAPPIITTOOLLOO QQUUAATTTTRROOPPeerr pprroopprriioo ccoonnttoo,, ccoonn llaa nnoossttrraa pprriivvaaccyy

si siede per terra

Credevo che fossi come ti ho costruitaero convinto di avere l’esclusivapoca musica leggera, pocaperché può fare male, provocarebruciori di stomaco

si bagna la faccia

nessuno aspetta la morte, nemmeno i vecchi:sanno soltanto che è abbastanza vicinalo hanno sentito dire da quellicha parlano del più e del menocome me e te, l’altra sera, che ci siamo incontrati sul ponte per guardarecome eravamo vestiti

beve dalla bottiglia

poi abbiamo passato la notte in silenzio nelle nostre camere strette, ognunoper proprio conto, con la nostra privacyminacciata dalle domande diurne

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Credo che mi farò un paninose c’è ancora qualcosa, si parlava di un mimo, uno di quei pazzi:

chiede che ore sono

ora lo vedo in piazza ogni giornocon uno smoking cocente, non socome resista alla calura di questi giorniho visto in TV i campi secchiche non danno più niente, ma infondoio non ho mai toccato la terra con le manie non credo mi si possa escludere per questo

si guarda intorno

ieri, sul ponte, mi hai consigliato di nondileguarmi, ma avrai pure tu un tuo doloreper cui brancolare nel buio, ascoltarmiti frutterà dei centesimi, sarai ripagatodello sforzo di sopportare le mielamentele. E io non me ne accorgo.

non è come pensava

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CCAAPPIITTOOLLOO CCIINNQQUUEENNeeaanncchhee qquueessttoo èè iill ppuunnttoo,, nnooii ssiiaammoo mmaallaattii

pensa

Siamo costretti al silenzio perchénon c’è tempo di risolvere i probleminon tutti in una volta, non tuttima non è questo il punto, l’altra serasiamo stati bene, ci siamo sopportati senza fatica, abbiamo parlato addiritturadel passato, delle settimane sulla spiaggia

perché questa gente parla in modo convinto

neanche questo è il punto, noi siamomalati, non andiamo più a lettoperché non sappiamo che cosa vuol diredormire e le persone ci guardanoinorridite, stiamo morendo come pesci nelle reti di pescatori affaticati e felici

che cosa sentono di avere conquistato

ma si chiuderà il cancello dietro le spallee tornerà anche questa volta come seniente fosse, non riconoscerà le misere

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larve che spuntano dalla terranon sentirà l’odore ripugnante chelo accompagna da anni, perchésarà ancora orgoglioso della casache ha progettato

non vogliono essere vivi

distanti da tutti gli uomini che amanoquello che fanno, rimarremo per semprein disparte con i nostri farmacie le crisi di nervi, fino a che qualcunodi noi se ne andrà a dormire in galeranon vinceremo questa partita

perché non hanno dei dubbi

eppure si sarebbe potuto scegliereun’ altra mentalità, disubbidire a suo tempoalle leggi del dopoguerra, stracciarela morte con la vita, l’unica cosa cheabbiamo e che stiamo perdendo

sono uno di loro

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CCAAPPIITTOOLLOO SSEEIISSee mmii vveeddii ttrreemmaarree aavvvviicciinnaattii

Probabilmente avremo tempo ancheper ritornare qui, non so quandoma penso che sarebbe bello ritrovarcipiù tardi, alla fine del futuroo perlomeno dopo che avremofatto abbastanza cose, per averedi che parlare

sono l’uomo dell’angoscia

fammi appoggiare sul tuo letto un momentose mi vedi tremare avvicinatinon lasciare che entrino ed escanodalle stanze sbattendo le portemi potrei spaventare, ci giurereiche sarebbe un altro modoper ricominciare a pensare maledella vita

sono l’uomo del dubbio

parlami a lungo, dopo avere puntatola sveglia, perché questa notte sia lunga

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e non mi si lasci sfuggire, parlamidi tutto quello che faresti per mee ricordami che andremo in giroper il mondo, che resteremo nel prossimo inverno senza temerlo

sono l’uomo della paura

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CCAAPPIITTOOLLOO SSEETTTTEEOOggggii ppiioovvee,, ooggggii ppiioovvee cceennttoo vvoollttee ddii ffiillaa

Oggi piove, oggi piove cento volte di fila, si illumina il verde, la vita brilla. Sta attenta per la strada, ma guardati intorno, oltre i vetri spingi tutti i tuoi anni. Il mimo sta sotto la tettoia di un bar, sta serenamente nel mondo

piove e si va nonostante il rumoredi questa giornata che passa. Piovesulla terra, sulla testa, sulla rabbia di non afferrarsi

ora che piove, potremo fare un sacco di cose partire, tornare, prenderci per mano. oggi che piove le parole pronunciate dagli altri sono flebili voci attraversoil rombo del tuono. Anche questo è il mondo. Piove perché tu sia qui

piove sul fiume, sul fango, sulla facciapiove sulle foglie e si rimane a sentire la strada che piange

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quest’inverno e i prossimi inverni, finoal freddo atroce di Natale e alle bugie dei commensali. Oggi piove sull’istinto di sopravvivenza e sul desiderio di morte piove anche sulle poesie di Montale e su questa terra desolata

piove e si tace, poi si parla di cose da nulla. piove sulle macchine degli uomini asciuttie sugli impegni quotidiani

nessuno ci salverà, non avranno pietà di noi, ma oggi piove in mezzo all’estate e le donne scappano dai negozi alle macchine pernon bagnarsi i capelli e non sanno che dioè un concetto su misura, la misura degli uominiche temono la morte

piove e non si aspetta che smettapiove puntualmentepiove in ogni caso

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IInnddiiccee

5. Prefazione di Matteo Lefèvre13. Un giorno d’inverno21. Primo intervallo31. Secondo intervallo39. Terzo intervallo47. Sulla terra umida49. Quarto intervallo57. Quinto intervallo65. Sesto intervallo71. Settimo intervallo79. Ottavo intervallo83. Nono intervallo87. Poesie per mia madre93. Decimo intervallo

101. Undicesimo intervallo105. Nella pioggia