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«Dime, Fortuna». A Musical Autobiography of Zacara in the Years of his Professional Exile

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Un itinerario europeo per celebrare un protagonista musicale dell’Europa tardomedievale

nel VI centenario della sua morte

A European Journey to Celebrate a Protagonistof Late Mediaeval European Music

in the Sixth-hundredth Anniversary of his Death

Sul finire dell’estate 1416 si diffuse la notizia della morte di una delle figure più rappresen-tative della storia musicale europea durante il

Grande Scisma: Antonio di Berardo di Andrea da Te-ramo detto Zacara, tornato in patria negli ultimi anni della sua vita probabilmente per guidare la cappella della locale cattedrale di Santa Maria Assunta e San Berardo. Cantore papale già dei tempi di Bonifacio IX, Zacara era arrivato a Roma molto giovane al seguito di una famiglia di miniatori, giunti probabilmente in città con molte altre botteghe di questo tipo per partecipare alla reintegrazione del patrimonio librario della Santa Sede dopo il ritorno della curia pontificia da Avigno-ne. Un avvio professionale un po’ sorprendente, visto che Zacara era nato con gravi menomazioni, privo di diverse dita e con un braccio completamente inutiliz-zabile. Nondimeno ciò prova la sua grande versatilità, giunta a livelli di eccellenza sia nella musica che nel-la poesia come si evince dal carattere estremamente enigmatico delle sue composizioni profane, ancora eseguite nella seconda metà del Quattrocento. Ne è un esempio significativo la ricca produzione di ballate sul tema della Fortuna, sua immaginaria confidente negli anni dell’esilio professionale inter-corso tra l’abbandono del servizio presso Gregorio XII e l’assunzione come maestro di cappella da parte dell’antipapa Giovanni XXIII – il tutto sullo sfondo dei concili di Pisa e di Costanza, da dove l’arte di Zacara si sarebbe diffusa in tutto il Continente come preciso modello di musica liturgica. La dimensione internazionale del compositore,

scoperto dalla musicologia solo negli ultimi decenni e oggi riconosciuto tra i massimi della sua epoca gra-zie anche al grande convegno teramano organizzato dall’Istituto Abruzzese di Storia Musicale 2002 e al volume Antonio Zacara da Teramo e il suo tempo, a cura di Francesco Zimei, pubblicato dalla Libreria Musicale Italiana due anni dopo, ha fatto sì che tre rinomati complessi di musica medievale – Currentes (Norvegia), Leones (Germania) e Micrologus (Italia) – decidessero di condividere le loro esperienze per celebrare il sesto centenario della morte di Zacara con un progetto molto ambizioso: dedicargli tre speciali programmi inquadrandone l’opera nel contesto stori-co e stilistico originario.Si comincia con Teramo, città natale del compositore, e poi in settembre a Bergen. L’anno prossimo sarà la volta della Germania.

Presentazione

At the end of the summer of 1416, news spread of the death of one of the leading figures in European music during the Great Schism:

Antonio di Berardo di Andrea da Teramo, known as Zacara, who had returned to his homeland in his final years, probably to direct the cappella of the local ca-thedral of Santa Maria Assunta e San Berardo.A papal singer from the time of Boniface IX, Zacara arrived in Rome at a very young age together with a family of illuminators, most probably with many oth-er such artisans, to assist in the restoration of the Holy See’s library after the return of the Papal Curia from Avignon. Such a professional start is rather surpris-ing, seeing that Zacara was born with serious handi-caps, lacking several fingers and with one arm wholly paralysed. He was clearly an artist of great versatility, reaching levels of excellence both in music and poet-ry, as shown by the extremely enigmatic nature of his secular compositions, which were still being played in the second half of the 15th century.A significant example of this is provided by his copi-ous production of ballatas on the theme of Fortune, his imaginary confidant during his years of profes-sional exile, in the years after he quit the service of Gregory XII and prior to taking up the post of maes-tro di cappella for the antipope John XXIII, against the backdrop of the Councils of Pisa and Constance, whence Zacara’s art spread throughout the continent as an absolute model of liturgical music.This composer’s international dimension was discov-ered by musicologists only a few decades ago and he is now acknowledged as one of the greatest of his

time, thanks also to the important meeting at Teramo organised by the Istituto Abruzzese di Storia Musicale 2002, and to the volume Antonio Zacara da Teramo e il suo tempo, edited by Francesco Zimei, published two years later by Libreria Musicale Italiana. These facts have led three renowned groups of mediaeval music – Currentes (Norway), Leones (Germany) and Micrologus (Italy) – to share their experience in cel-ebrating the sixth-hundredth anniversary of Zacara’s death with the highly ambitious project of dedicating to him three special programmes contextualising his work both historically and stylistically. The project will be launched in the composer’s native town of Teramo and will continue in September in Bergen and in 2017 in Germany.

Presentation

TERAMO

TERAMO

Concerti«Dime, Fortuna». Un’autobiografia musicale di Zacara negli anni dell’esilio professionale

Antonio di Berardo da Teramo, detto ZacaraAd ogne vento volta come foglia, ballataAymè per tutto l’or (una da undici!), ballataDeus deorum, elaborazione strumentalePlorans ploravi perché la Fortuna, madrigaleRosetta, intavolaturaUn fior gentil m’apparse, ballataDime, Fortuna, poy che tu parlasti, ballataSpesso, Fortuna, cridote, ballataDeduto sey, intavolaturaJe suy nauvrés tan fort, o dous amy / Gnaff’ a le guagnele, ballataUn fior gentile, intavolaturaSol me trafige ’l cor l’Aquila bella, ballataLe temps verrà tamtoust aprés, mottettoNuda non era, pres’altro vestito, ballataDeducto sei a quel che mai non fusti, ballata

MICROLOGUSPatrizia Bovi, canto, arpaGabriele Russo, ribeca, violaGoffredo Degli Esposti, flauti, zufolo col tamburoSimone Sorini, canto e liutoEnea Sorini, canto

Venerdì 26 agosto, ore 21:00Chiesa di San Domenico

Attivo da oltre 30 anni, Micrologus è una delle formazioni che pionie-risticamente hanno aperto la strada alla riscoperta della musica medie-vale nelle sue sonorità originarie. Nato all’interno dalla festa del Ca-lendimaggio di Assisi, il gruppo continua ad innovare interpretazioni e programmi attarverso il rigoroso studio delle fonti e dell’organologia, connotando il proprio approccio storicamente informato con un forte senso di musicalità unito a timbro e verve ritmica. Un aspetto fonda-mentale di quest’approccio è costituito dallo studio della tradizione ora-le italiana, specie se legata a rituali e forme antiche, sì da conferire alle proprie interpretazioni una più profonda autenticità. Fondato nel 1984 da Patrizia Bovi, Adolfo Broegg (1961-2006), Goffredo Degli Esposti e Gabriele Russo, Micrologus ha inciso finora 28 CD, due dei quali vincitori del “Diapason d’Or”: Landini e la musica fiorentina (1996 ) e Alla napoletana (1999). Ha ottenuto anche un “Best of 2000” dalla rivista Goldberg per il CD Cantico della Terra e, nel 2009, il suo li-bro-CD Aragòn en Napoli è stato definito dal Boston Globe come «the biggest surprise» tra i migliori album classici dell’anno. Micrologus è regolarmente invitato nei più prestigiosi festival e nelle maggiori sale di

concerto d’Europa (Cité de la Musique di Parigi, Southbank Centre di Londra, Konzerthaus di Vienna, Festival delle Fiandre, Utrecht Festival, BRQ Vantaa Festival, Finlandia; Torroella de Mont-grí, Spagna), per non parlare del resto del mondo (Giappone, Messico, Cana-da, Stati Uniti d’America). Il gruppo è apparso in trasmissioni della RAI, di Radio France Culture et Musique, ORF Vienna, Radio Suisse, WDR di Colonia, Radio Clara (Belgio) e le televisioni slovena e giapponese e ha lavorato in progetti speciali curati da eminenti mu-sicologi come Dinko Fabris e Francesco Zimei. Nel 2002-3 Micrologus è stato ensemble in residence nell’Abbazia de Royaumont (con una versione scenica di Li Gieus de Robin et de Marion di Adam de la Halle per la regia di Jean François Dusigne) e nel 2004 al festi-val Laus Polyphoniae di Anversa. Dal dicembre 2009 l’ensemble ha focaliz-zato la propria attenzione sulle attivi-tà formative in Umbria attraverso la fondazione, a Spello, del Centro Studi Europeo di Musica Medievale “Adolfo Broegg”.

Questo programma riunisce, in una successione cronologicamente attendibile, la produzione extraliturgica in cui Antonio di Berardo da

Teramo, detto Zacara, narra i suoi irrisolti conflitti con la Fortuna, una delle figure più ricorrenti e ambi-gue dell’immaginario medievale, codificata in chiave morale da Severino Boezio come pericolosa se propi-zia, in quanto dispensatrice di falsa felicità, e sincera se avversa per la sua capacità di rivelare quanto sia effimera la gloria terrena. L’esistenza stessa del compositore sembra scandita, fin dal principio, da questo gioco di specchi riflessi (Spesso, Fortuna, cridote): nato poco prima del 1365 con gravi menomazioni agli arti, Antonio è compen-sato da un estro formidabile, che lo induce a esercita-re la scomoda – ma evidentemente proficua – attività di scriba e miniatore, appresa senz’altro in famiglia. Quindi l’approdo a Roma, piena di stimoli e prospet-tive dopo il ritorno dei papi da Avignone, donde il suo crescente successo anche come musicista e po-eta, l’ingresso (nei primi anni Novanta) in Vaticano in qualità di cantore e scriptor litterarum apostolica-rum e persino un matrimonio, da cui nasce un figlio di nome Giacomo. Ma questa stabilità è presto mina-ta dai conflitti interni alla Chiesa, che lo portano dal 1407 a migrare di città in città al seguito di una curia sempre più ostaggio delle fazioni cardinalizie. Frattanto Zacara ha perso quel figlio, ancora bam-bino, in seguito a una sommossa (Plorans ploravi) ed evidentemente è rimasto anche vedovo, poiché intraprende il noviziato per diventare chierico. Ma il cambio di obbedienza – da Gregorio XII all’antipapa

Alessandro V, eletto nel 1409 al Concilio di Pisa – lo costringe a rifare tutta la trafila, sia ecclesiastica che lavorativa (Deus deorum). E quando il successore di Alessandro, Giovanni XXIII, decide di assumerlo (Sol me trafige ’l cor l’Aquila bella), promuovendolo poi al grado di maestro di cappella in occasione del ri-torno a Roma (aprile 1411), la ritrovata sicurezza (Le temps verrà) è di durata assai breve: assediato dalle truppe di Ladislao I re di Napoli, nel giugno 1413 il nuovo pontefice infatti lascia frettolosamente la città confidando di restarne fuori per poco, ma una volta giunto al Nord prosegue per il Concilio di Costanza e non vi farà più rientro. A quel punto il compositore, rimasto nell’Urbe e ormai disilluso (Nuda non era), perde il contatto con l’ambiente e decide di tornar-sene in patria per trascorrervi quel che gli resta da vivere (Deducto sei a quel che mai non fusti).Questo continuo parlare di se stesso valse a Zacara e alle sue opere una notorietà duratura, al punto che cinquant’anni dopo la sua morte l’umanista Giovan-ni Antonio Campano, vescovo di Teramo, osservava come le sue composizioni fossero ancora considerate «come oracoli». Del resto, egli vi fa spesso uso di un linguaggio arcano, ricorrendo – grazie anche alla sua esperienza di miniatore – a un vasto campionario di allegorie, di citazioni proverbiali, di simbolismi, di giochi di parole: basti pensare alla ballata Un fior gentil m’apparse, la quale dietro un indovinello («o aspiratio prima, bina ne va per rima, poy duy cen-quante prima») cela il nome di Amarilli, identificata nelle Bucoliche di Virgilio come la personificazione di Roma: come il poeta latino, l’autore ne lamenta la

Concerti

lontananza, deplorando le occasioni mancate di farvi ritorno, come la sospetta morte di Alessandro V, oc-corsa a Bologna nel maggio 1410 (Dime, Fortuna).Il tono profetico, insomma, si attaglia perfettamente alla crisi politica e spirituale del tempo. E Zacara ne è pienamente consapevole. Così, anche per ragioni di propaganda, egli si erge a testimone del Grande Sci-sma, raccontando al pubblico le sue vicissitudini fa-miliari e professionali come metafora di quelle della Chiesa.

Francesco Zimei

BERGEN

Concerts«Dime, Fortuna». A Musical Autobiography of Zacara in the Years of his Professional Exile

Antonio di Berardo da Teramo, alias ZacaraAd ogne vento volta come foglia, ballataAymè per tutto l’or (una da undici!), ballataDeus deorum, instrumental elaborationPlorans ploravi perché la Fortuna, madrigalRosetta, instrumental tablatureUn fior gentil m’apparse, ballataDime, Fortuna, poy che tu parlasti, ballataSpesso, Fortuna, cridote, ballataDeduto sey, instrumental tablatureJe suy nauvrés tan fort, o dous amy / Gnaff’ a le guagnele, ballataUn fior gentile, instrumental tablatureSol me trafige ’l cor l’Aquila bella, ballataLe temps verrà tamtoust aprés, motetNuda non era, pres’altro vestito, ballataDeducto sei a quel che mai non fusti, ballata

MICROLOGUSPatrizia Bovi, voice, harpGabriele Russo, rebec, fiddleGoffredo Degli Esposti, recorders, pipe & taborSimone Sorini, voice and luteEnea Sorini, voice

Introductory talk by Francesco Zimei 20 minutes before the concert

Friday 16 September, 19:00Rosenkrantz Tower

The Italian ensemble Micrologus has been a pioneer for over 30 years, leading the way in the rediscovery of medi-eval music as sound. The group was born out of the unique medieval festival held every year in Assisi, the Calendim-aggio, and continues to innovate in its interpretations and programmes by basing its performance on rigorous study of sources and organological accuracy, and enriching its his-torically informed approach with a strong sense of musical-ity and vibrancy through timbre, rhythmic verve and com-mitment to the music. A seminal aspect of this approach is the study of the different oral traditions of Italy, especially if connected to the most ancient rituals and forms, so as to give to its interpretations a more profound authenticity. Founded in 1984 by Patrizia Bovi, Adolfo Broegg (1961-2006), Goffredo Degli Esposti and Gabriele Russo, Micro-logus has released so far 28 CDs, two of which winners of the “Diapason d’Or”, Landini e la musica fiorentina (1996) and Alla napoletana (1999). It also won a “Best of 2000” award from the magazine Goldberg for the CD Cantico del-la terra and in 2009 the Boston Globe has defined its CD-

book Aragòn en Nàpoles as “the biggest surprise” in the top classical albums of the year. Micrologus is regularly invited to perform in many of the most prestigious festivals and venues across Europe (Cité de la Musique, Paris; Southbank Centre, London; Konzerthaus, Vienna; Flanders Festival; Utrecht Festival, BRQ Vantaa Festival, Finland; Torroella de Montgrì, Spain), not to mention the rest of the world (Japan, Mexico, Canada, USA). Broadcast appearances include RAI 1 and 2 (Italy), Radio France Culture and Musique, ORF Vienna, Radio Suisse, WDR Cologne (Germany), Radio Clara (Belgium), Slovenian and Japanese television. It has worked on special projects with preeminent musicologists, such as Dinko Fabris and Francesco Zimei. In 2002-3, Micrologus has been the ensem-ble in residence at the Abbaye de Royaumont (with a staged version of Adam de la Halle’s Li Gieus de Robin et de Marion directed by Jean François Dusigne), and in 2004 at the Belgian festival Laus Polyphoniae. Since December 2009 the ensemble has focused its attention on educational activities in Umbria through the foundation, in Spello, of the Centro Studi Europeo di Musica Medievale “Ado-lfo Broegg”.

This programme reunites in chronological order the non-liturgical compositions of Antonio di Berardo da Teramo, narrating his inconclusive

brushes with Fortune, one of the most recurrent and am-biguous figures of mediaeval imagination, morally en-coded by Severino Boezio as perilous if favourable, by dispensing false happiness, and sincere when adverse, in revealing the ephemeral nature of earthly glory. Right from its start, the very existence of this composer ap-pears marked by a play of reflecting mirrors (Spesso, Fortuna, cridote): born just prior to 1365 with serious limb disablements, Antonio´s formidable artistic talent compensated for his physical handicap, and led him to practice the difficult – but clearly profitable – activity of scribe and illuminator, most probably learned within the family. He then moved to Rome, full of incentives and prospects after the return of the popes from Avignon. He experienced a growing success as musician and poet, and was introduced in the early 1390s to the Vatican as a cantor and scriptor litterarum apostolicarum. He even married and got a son, Giacomo. This stable ex-istence was soon undermined by internal ecclesiastical conflicts, forcing him to move from 1407 onwards from town to town, following a Curia that was increasingly at the mercy of the various cardinals’ factions. In the meantime Zacara had lost his son, still a baby, during an uprising in Rome (Plorans ploravi) and was evident-ly also a widower, since he entered the novitiate to be-come a cleric. A change of loyalties, however – from pope Gregory XII to the antipope Alexander V, elected in 1409 at the Council of Pisa – forced him to start the whole procedure over again, both as an ecclesiastic and a professional (Deus deorum Pluto). When Alexander’s successor, John XXIII, decided to hire him (Sol me tra-fige ’l cor l’Aquila bella), promoting him to the posi-tion of maestro di cappella on his return to Rome (April

1411), Zacara´s regained some security (Le temps ver-rà). However, it was not long-lasting: besieged by the troops of Ladislao I, the King of Naples, the new pontiff in June 1413 hurriedly abandoned the city. He was con-vinced that he would return soon, but on reaching the north of Italy, he attended the Council of Constance and never saw Rome again. At this point, Zacara, who had remained in Rome, thoroughly disillusioned (Nuda non era), lost contact with the court and decided to return to his homeland, where he spent the rest of his days (De-ducto sei a quel che mai non fusti).His continual self-revelation earned enduring fame for Zacara and his works, and even fifty years after his death, the humanist Giovanni Antonio Campano, Bish-op of Teramo, observed that his compositions were still deemed “as oracles”. Moreover, he often makes use of an arcane language, utilising – also thanks to his expe-rience as an illuminator – a wide variety of allegories, proverbial quotations, symbolic meanings and puns: we may take as an example the ballata Un fior gentil m’apparse, in which a riddle («o aspiratio prima, bina ne va per rima, poy duy cenquante prima») conceals the name of Amarilli, identified in Vergil’s Eclogues as the personification of Rome. Like the Latin poet, the author laments his exile, deploring his several missed chances of returning, such as upon the sudden and suspicious death of Alexander V at Bologna in May 1410 (Dime, Fortuna).His prophetic tone, in short, is perfectly suit-ed to the political and spiritual crisis of his time. And Zacara, furthermore, is fully aware of it: for reasons of propaganda, he poses as a witness of the Great Schism, recounting his personal and professional experiences as a metaphor for conflicts and crisis of the Church.

Francesco Zimei(translation by Ken Hurry)

Concerts