60
1 Teranga ECOGUIDAdel ParcodiDJOUDJ eDELLALANGUE deBARBARIE ECOGUIDAdel ParcodiDJOUDJ eDELLALANGUE deBARBARIE

Ecoguida del parco Djoudj e della Langue de Barbarie

  • Upload
    unipmn

  • View
    1

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

1

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJeDELLALANGUEdeBARBARIE

2

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

ECOGUIDA DEL PARCO DI DJOUDJ E DELLA LANGUE DE BARBARIECOPYRIGHT 2008Città di Torino – Settore Cooperazione internazionale e PaceVia delle Orfane, 22 – 10122 Torino (Italia)Tel. +39.011.442.4927 / 24990 – Fax +39.011.443.4888E-mail [email protected]://www.comune.torino.it/cooperazioneinternazionaleA CURA DIMaurizio BaradelloMaria BottiglieriStefano ChiccoCOORDINAMENTO REDAZIONALEStefano ChiccoSimona GuidaREDAZIONEStefano Chicco, Maura Favero, Laura Fiermonte, Piera Gioda, Massimo Grisoli, Simona Guida, Giulia Lanzarini, Rossella Semino, Danilo VassuraFOTOGRAFIE CISV, CITTÀ DI TORINO, ENTE PARCHI E RISERVE NATURALI DEL LAGO MAGGIOREHANNO COLLABORATO ALL’IDEAZIONE DELLA GUIDAParc national de Langue de BarbarieParc national des Oiseaux de DjoudjHANNO COLLABORATO ALLA STESURA DEI TESTIAssociation des Écogardes de la Langue de BarbarieGroupement d’intérêt économique des sept villages de DjoudjPROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONEMauro Gelli per Città di Torino – Servizio centrale Informazione e Rapporti con il CittadinoSTAMPASocietà Tipografica Ianni s.r.l. – Santena (TO)

Questa pubblicazione è stata realizzata nell’ambito del progetto «Teranga» dal Settore Cooperazione internazionale e Pace della Città di Torino in partenariato conProvincia di Torino, Comune di Torre Pellice, Città di Louga, Comunità Rurale diRoss Bethio, Ente Parchi e Riserve naturali del Lago Maggiore, Parc national deLangue de Barbarie, Parc national des Oiseaux de Djoudj, Istituto agrituristico «Penna» di Asti, Istituto superiore «Alberti» di Torre Pellice, Scuola media «Cem Imam M’baye» di Ross Bethio, ONG CISV, Circolo ricreativo dipendenti comunalidi Torino, Organizzazione contadina ASESCAW, Associazione permanente per lapromozione del Festival du folklore et des percussions de Louga (FESFOP), Associazione per la promozione del quartiere di Keur Serigne a Louga (ADKSL),Associazione Trait d’Union e con il contributo della Regione Piemonte

3

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

PRESENTAZIONELe politiche locali di salvaguardia, sviluppo, protezione e fruizionepubblica dell’ambiente costituiscono, insieme alle politiche dicooperazione decentrata, il punto di partenza comune per gli enti

territoriali piemontesi che hanno promosso il progetto «Teranga»e la ragione di fondo che ha portato a voler rafforzare nei partnersenegalesi le locali capacità di valorizzare, anche in chiave turistica,beni ambientali come parchi, percorsi ecologici e rurali, zonedesertiche e zone urbane di particolare interesse naturale e cultu-rale. Attività di valorizzazione di cui questa Ecoguida è un esempio.Ciascun ente piemontese coinvolto in «Teranga» ha infatti knowhow ed esperienze di politiche locali per l’ambiente particolari, chein qualche modo sono state messe a disposizione dei partner senegalesi.

1. LA CITTÀ DI TORINO«La città con la più bella posizione naturale»: così Le Corbusierdefinì Torino.Circondata dalla corona delle Alpi e dalle colline, attraversata daquattro fiumi (Po, Dora Riparia, Stura e Sangone) sulle cui spondesi sviluppano progetti di recupero e salvaguardia, Torino possiedeun patrimonio ambientale che poche metropoli al mondo possonovantare e uno dei più alti standard urbanistici di superficie verdeper abitante: oltre 18.000.000 di metri quadrati di aree verdi inulteriore, continua, espansione; oltre 60.000 alberi lungo 300chilometri di strade alberate ed altri 100.000 esemplari in boschicollinari; parchi e giardini urbani, fluviali, collinari; 300.000 fioriogni anno in aiuole e fioriere sui ponti.Il patrimonio verde di Torino non è solo esteso, ma vario, complesso,anche prezioso. Basti pensare ai giardini storici (Giardini Reali,Parco del Valentino…), ai parchi collinari (Parco della Maddalena,Parco Europa, Parco Leopardi, Parco del Nobile), alle alberate secolari, alle due aree protette regionali interne al territorio comunale,entrambe raggiungibili a piedi dal centro cittadino, di notevole impor-tanza naturalistica: il Parco naturale di Superga (di quasi 750 ettari)e il Parco del Meisino (in cui vive la più grande colonia europea diaironi cenerini in ambiente urbano).

2. TORRE PELLICE E LA VAL PELLICELa notevole bellezza del paesaggio che caratterizza la Val Pellice, leborgate, i boschi e le montagne, unitamente alle vicissitudini del popolovaldese nei secoli scorsi, costituiscono solamente alcuni aspetti chehanno motivato e motivano la realizzazione di itinerari alla scoperta delterritorio valligiano.

Negli anni sono stati realizzati vari itinerari e percorsi per far conoscere luoghi e tematiche riguardanti la valle:• la rete di sentieri escursionistici della Grande Traversata delleAlpi, che interessano la zona dell’Alta Val Pellice congiungendolacon la Val Po e la Val Germanasca;• il giro del monte Bric Boucie sul territorio compreso tra le valliChisone, Germanasca, Pellice, Queyras;• il percorso culturale nella realtà valdese in Val d’Angrogna,denominato «A spas per Ëngroénha»;• il «Sentiero Partigiano» dell’Ecomuseo della Resistenza di Angrogna, Bricherasio e Luserna San Giovanni;• il sentiero «La Ghiandaia», compreso tra i comuni di Torre Pelli-ce e Luserna San Giovanni, che permette una conoscenza più approfondita dell’avifauna nidificante e di passaggio;• i «Percorsi della Biodiversità», per conoscere le tradizioni agricole, con la possibilità di assaggiare presso gli agriturismilungo il percorso i prodotti tipici della gastronomia locale;• i percorsi cicloturistici della Marca Pinerolese;• la realizzazione mediante il progetto «Una montagna per tutti» dipercorsi turistico-culturali accessibili a soggetti con diversa abilità.

3. PROVINCIA DI TORINOLa conservazione della natura e dell’ambiente non può prescindereda una nuova visione, quella delle reti. Tra le tante, risultano indi-spensabili per la tutela dell’ambiente quelle ecologiche. In tuttaEuropa, e non solo, è in atto una strategia per dare loro attuazione:il processo si è avviato con le riserve biogenetiche del Consigliod’Europa, evolvendosi poi fino alla recente Rete ecologica paneuropea.L’insegnamento è quello che le reti ecologiche possono, anzi devo-no, essere sviluppate a dimensioni diverse, fino a quella locale,tutte interconnesse con le altre, in una ragnatela vitale per la conservazione dell’ambiente e della vita.L’Unione Europea ha dato attuazione a questi principi con la ReteNatura 2000, che rappresenta il perno della sua politica di conser-vazione dell’ambiente. Obiettivo è quello di mantenere la biodiver-sità attraverso la conservazione di alcune tipologie di habitat (circa250) e di alcune specie selvatiche della flora (circa 500) e della fau-na (circa 200), interessando tra il 12 e il 15 % del territorio comuni-tario. In sintonia con questa concezione, la Provincia di Torino, condeliberazione del Consiglio Provinciale del 1998, ha predisposto unPiano Provinciale delle Aree Protette, individuando aree che per laloro specificità e peculiarità meritano azioni particolari di protezio-ne e valorizzazione.L’individuazione delle aree è stata fatta in stretta correlazione con

4

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

le comunità locali, consapevoli che le politiche ambientali sonorealizzabili solo se condivise da coloro sulle cui aree insistono.Sotto il nome generico di “parchi” vengono normalmente ascritteuna serie di aree protette diverse fra loro ed affidate al governo dello Stato, delle Regioni o degli Enti Locali (Province, Comuni, Comunità Montane).La Provincia di Torino ha inserito nel Piano territoriale di Coordina-mento l’elenco di tutte le aree soggette a qualche forma di tutelaquali parchi nazionali, regionali, biotopi, siti di importanza comuni-taria (SIC) e siti di importanza regionale (SIR), insieme alle aree protette provinciali istituite:• Parco naturale di interesse provinciale del Lago di Candia• Parco naturale del Monte Tre-Denti e Freidour• Parco naturale del Monte San Giorgio• Parco naturale di Conca Cialancia• Riserva naturale speciale dello stagno di Oulx (Lago Borello)• Parco naturale del Colle del Lys

4. ENTE PARCHI E RISERVE NATURALI DEL LAGO MAGGIOREL’Ente gestisce quattro aree protette della Regione Piemonte: ilParco naturale dei Lagoni di Mercurago, 470 ettari in area collinaremorenica caratterizzata da boschi misti, prati-pascoli, stagni e paludi con rilevanze botaniche e testimonianze archeologiche; la Riserva naturale speciale del Fondo Toce, 360 ettari compren-denti il più esteso canneto sulla sponda piemontese del lago Mag-giore, sede di un centro studi sulle migrazioni di importanza inter-nazionale; la Riserva naturale speciale dei Canneti di Dormelletto,157 ettari, con caratteristiche analoghe alla precedente ed un particolare elemento di eccellenza sotto il profilo paesistico:il complesso di Villa Tesio, sede storica di allevamento del cavallopurosangue; la Riserva naturale orientata di Bosco Solivo, conun’interessante vegetazione forestale planiziale, comprendenteuna relitta pineta di brughiera a pino silvestre.Dal 1980 l’Ente opera con continuità nei campi della riqualificazio-ne ambientale, della gestione del patrimonio naturalistico, dellavalorizzazione della storia e della cultura locali. Ai progetti di edu-cazione ambientale si sono affiancate da alcuni anni attività di cooperazione internazionale in Senegal, a Capo Verde, a Bali e inNicaragua.I Parchi e le Riserve del Lago Maggiore fanno parte delle 63 areeprotette istituite a partire dal 1975 dalla Regione Piemonte (traqueste sette “Sacri Monti”, inseriti nel 2003 nella Lista del Patri-

5

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

monio Mondiale dell’UNESCO). Tali aree ricoprono una superficiecomplessiva di 160.000 ettari, gestita da 35 Enti. Vi sono inoltrecinque aree protette della Provincia di Torino e quattro gestite daComuni.Oltre alle Aree protette regionali, la Regione Piemonte conta dueParchi nazionali: il Gran Paradiso, istituito nel 1922, e la Val Grande,istituito nel 1992, che interessano complessivamente una superfi-cie di 48.500 ettari.

5. DIPARTIMENTO INTERATENEO TERRITORIODEL POLITECNICO E DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINOIl Dipartimento Interateneo Territorio (DITER) nasce nel 1986 dal-l’iniziativa congiunta di docenti del Dipartimento Territorio delPolitecnico di Torino e del Laboratorio di Geografia economica edell’Istituto di Geografia dell’Università di Torino. Il DITER è l’unicastruttura dipartimentale interateneo esistente in Italia.Nella sua complessità di componenti, forme, soggetti, processi eproblemi il territorio è da sempre il campo unificante a cui si rivol-gono le attività del DITER. La missione del DITER è lo sviluppo della ricerca e della formazione nelle discipline tecniche afferentiall’interpretazione e al governo del territorio: dall’analisi delle tra-sformazioni urbane e territoriali alla pianificazione e progettazioneurbanistica, territoriale, paesistica ed ambientale.Negli ultimi anni, il DITER ha intrapreso alcune ricerche incentratesul tema della cooperazione internazionale ed in particolare dellacooperazione decentrata tra Enti Locali del Nord e del Sud delmondo. In questo ambito, una ricerca attualmente in corso di realizzazione («Cooperazione Decentrata, protezione della natura epratiche territoriali: rappresentazioni e confronto tra Nord e Suddel mondo», coordinata dal prof. Egidio Dansero) si concentrasulle relazioni instauratesi all’interno di progetti di cooperazionetra le aree protette piemontesi ed i parchi partner del Sud delmondo, analizzando le attività svolte nei progetti, le risorse mobili-tate, il livello di coinvolgimento degli attori locali e le diverserappresentazioni della natura e dell’ambiente che entrano in gioconella gestione delle aree protette. Il DITER persegue i suoi fini istituzionali anche con il CISAO (Centro Interdipartimentale di Studidell’Africa Occidentale), che comprende vari soggetti dell’Univer-sità di Torino (Dipartimenti e Facoltà) che hanno in comune interessi di ricerca e di cooperazione con paesi dell’area saheliana.Il Centro nasce a seguito dell’impegno del gruppo interuniversitarioTorino-Sahel, attivo dal 2000, e all’esperienza già maturata in alcu-

6

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

ni anni precedenti anche tramite i finanziamenti dell’Università diTorino e della Regione Piemonte. Le attività di ricerca del Centroriguardano in generale tutte le problematiche inerenti la sicurezzaalimentare e lo sviluppo nei paesi del Sahel e dell’Africa Occiden-tale. In particolare, gli ambiti di maggiore interesse riguardano lagestione sostenibile del territorio e delle risorse ambientali, leproblematiche agro-zootecniche, le problematiche economiche esociali, gli aspetti di interesse storico, antropologico e culturale.

CITTÀ DI TORINOMichele Dell’Utri

PROVINCIA DI TORINOAurora Tesio

ENTE PARCHI E RISERVE NATURALI DEL LAGO MAGGIORESergio Vallini

COMUNE DI TORRE PELLICEMaurizia Manassero

DITERAgata Spaziante

7

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

8

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

PARCHI, ACQUE, FAUNA E FLORA: UN PATRIMONIO DI TUTTI E PER TUTTIIl 2008 è l’anno di «Torino città europea dell’albero», onorificenzaassegnata alla nostra Città dal Consiglio Europeo di Arboricoltura(EAC) che ne ha positivamente valutato l’eccellenza delle aree verdie alberate e l’elevato standard urbanistico di superficie verde perabitante, il più alto tra le grandi realtà urbane italiane. Questo riconoscimento è solo la formalizzazione di una lunga storiadi attenzione e promozione delle politiche ambientali da partedell’Amministrazione comunale torinese su molteplici fronti, tra iquali vi è anche quello della cooperazione decentrata.Non è un caso se Torino ha realizzato negli ultimi anni numerosiinterventi nel settore ambientale in partenariato con le Città delmondo cui è legata da gemellaggi o accordi di cooperazione:si pensi ai progetti inerenti le politiche di gestione delle risorseidriche promossi a Queztaltenango, Campo Grande e in Libano; alle azioni relative alla gestione dei rifiuti compiute a Ouagadou-gou, Breza, Louga; ai programmi incentrati sulle politiche dipromozione del verde pubblico e valorizzazione dei parchi urbani sostenuti a Ouagadougou…Una storia, questa, che è iniziata nel 1996 e che narra un percorsodi cooperazione decentrata promosso da città del Nord e del Suddel mondo le quali da tempo avevano a cuore il tema della sosteni-bilità ambientale (il settimo Obiettivo del Millennio) come parte delbenessere economico e sociale locale e globale; una storia che facogliere le ragioni dell’impegno profuso dalla Città di Torino, per iltramite del Settore Cooperazione Internazionale e Pace, anchenell’azione di valorizzazione dei Parchi di Djoudj e della Langue deBarbarie, partner del progetto «Teranga».L’Ecoguida che state leggendo è un pezzo importante di questastoria, non soltanto rispetto ai contenuti, ma anche rispetto aimetodi e agli strumenti. Basta scorrere l’elenco degli enti e dellepersone (funzionari pubblici, volontari del non governativo, esperti,associazioni locali…) che hanno contribuito alla sua redazione percogliere la coralità delle competenze, esperienze e storie che sisono incontrate in queste pagine.Ecco perché mi sembra giusto e pertinente, in questa sede, ringra-ziarli tutti e ciascuno:• i partner senegalesi, in particolare il Parc national de la Languede Barbarie, il Parc national des Oiseaux de Djoudj, l’Associationdes Ecogardes de la Langue de Barbarie, il Groupement d’intérêtéconomique intervillageois des villages de Djoudj, che hanno contribuito alla redazione dei testi descrittivi delle risorse naturali presenti nei parchi;

9

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

• il CISV, per aver messo a disposizione a Torino e in Senegal gliesperti di cooperazione internazionale che con competenza hannopermesso la redazione partecipata, in loco, dei testi relativi alterritorio senegalese e alle bellezze naturali dei parchi senegalesi;• i funzionari dell’Ente Parchi e Riserve Naturali del Lago Maggiore,che con pazienza e competenza hanno integrato i testi giunti dalSenegal rispetto agli aspetti aviofaunistici e hanno garantito lavalidità scientifico della guida;• il Consorzio delle Ong piemontesi (COP), che valorizzando i progetti precedentemente promossi da alcune delle sue ONG,ha assicurato un’introduzione più generale sui parchi in Senegal esul ruolo delle aree protette;• i funzionari del Settore Cooperazione Internazionale e Pace dellaCittà di Torino, che con pazienza e competenza hanno assicurato lacoerenza dell’attività redazionale di questa Ecoguida nell’intento direndere questa poche pagine un ponte tra le istanze istituzionali eassociative, sia piemontesi che senegalesi, che a quest’operahanno collaborato.

Maurizio BaradelloDirigente del Settore Cooperazione Internazionale e Pace

Città di Torino

10

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

UNA FINESTRA SUL SENEGALQuesta non è una guida “turistica” come tutte le altre. È importante saperlo sin dall’inizio, prima di sfogliarla.È piuttosto come una finestra aperta, al mattino, da una casa dialtura affacciata su un magnifico panorama; da una casa abitataormai da tantissimi inquilini, molti del posto (in questo caso senegalesi!), molti amici di vecchia data provenienti da luoghilontani, altri ancora di passaggio, come voi che leggete.Aprendo la finestra questi ultimi rimarranno sbalorditi per lebellezze naturali che osserveranno, per i colori, per i particolaridella cultura e delle tradizioni locali, e se poi decideranno di usciree approfondire la visita sul terreno resteranno colpiti dall’inegua-gliabile spirito di ospitalità (la famosa «teranga» senegalese) dellepopolazioni locali. E sono proprio gli inquilini della casa che, aprendo la finestra, vi presenteranno il panorama e i luoghi chepotrete visitare, se vorrete, al loro fianco.L’originalità di questa Ecoguida sta proprio qui. La guida, infatti,è stata ideata grazie all’incontro e alla collaborazione, nata inun’ottica di cooperazione decentrata, tra i senegalesi Parco naziona-le degli Uccelli di Djoudj e Parco nazionale della Langue de Barbariee l’italiano Ente Parchi e Riserve naturali del Lago Maggiore. È stata scritta a “mille” mani perché l’intento è stato quello dicoinvolgere, oltre agli attori istituzionali (in Italia e in Senegal),anche e soprattutto gli abitanti dei villaggi che in Senegal abitanovicino alle due aree protette con cui nel tempo si è consolidata larelazione di cooperazione.Con la volontà di dimostrare che la protezione delle risorse naturaliè conciliabile con le politiche di lotta alla povertà, si sono sviluppa-te le molteplici iniziative di cooperazione internazionale promossedagli enti piemontesi insieme ai loro partner senegalesi. L’azionerientra nella promozione del turismo responsabile come strumentodi lotta alla povertà, vale a dire l’impegno a promuovere e diffon-dere, in Italia così come in Senegal, un turismo attuato secondoprincipi di giustizia sociale ed economica e nel pieno rispetto dell’ambiente e delle culture, che riconosce la centralità delle comunità locali ospitanti e il loro diritto ad essere protagonistenello sviluppo sostenibile e socialmente responsabile del proprioterritorio .E allora chi meglio delle comunità locali che abitano nei pressi deidue Parchi nazionali oggetto della presente guida poteva presenta-re il loro territorio ai turisti che nel futuro vorranno visitare il loropaese secondo i criteri del “turismo responsabile”?Il risultato potrà non essere di alta valenza “scientifica”, e nemme-no di alta valenza “promozionale” ai fini di un certo tipo di turismo

11

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

“di massa”. Ma è certamente un prodotto originale e genuino, nelvero senso della parola: perché prodotto da coloro che abitanoquei luoghi e accoglieranno i futuri visitatori insieme a coloro che ligià hanno visitati, decidendo di impegnarsi per trovarne molti altrie tutti “responsabili”, ovvero desiderosi di contribuire al migliora-mento delle condizioni di vita locali oltre che alla protezione dell’ambiente naturale.

Piera GiodaPresidente del CISV

12

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

SENEGALOrnitologi professionisti o semplici amanti della natura, appassionati del dolce farniente in riva al mare o appassionati delle passeggiate in città… il Senegal non smet-terà di stupirvi, emozionarvi e tentarvi! Lo spettacolo dei parchi nazionali, la città colo-niale di Saint-Louis, le spiagge dorate che orlano la Petite Côte: il Senegal è soprattut-to il suo popolo e la sua ospitalità, il paese della Teranga, come viene definito. In ef-fetti, basta pranzare in un ristorante affollato di Dakar, fare una passeggiata a Saint-Louis o osservare i coloratissimi car rapide per capire che cosa la parola Teranga1 si-gnifichi: cioè quel particolare stato d’animo fatto di sorrisi, gesti, attenzioni, colori eprofumi che vi accompagnerà durante tutto il vostro soggiorno!

FORMALITÀPer le persone provenienti dall’Unione Europea e per i cittadini canadesi è sufficienteun passaporto in corso di validità se la durata del soggiorno non supera i tre mesi.Il passaporto deve essere valido sei mesi dopo la data di rientro.

VACCINAZIONI Il vaccino contro la febbre gialla, malattia tropicale che viene trasmessa attraverso lepunture di zanzara, è un passaggio obbligatorio prima di partire per l’Africa tropicale;la protezione ha una durata di dieci anni. Sono raccomandati anche i vaccini contro lameningite e la febbre tifoidea.

ABBIGLIAMENTOVestiti leggeri in cotone (meglio munirsi di un maglione per la sera, a partire dal me-se di novembre fino ad aprile); scarpe chiuse per la savana. Non dimenticate occhialida sole e costume da bagno!POPOLAZIONE: 12.853.253 abitantiSUPERFICIE: 196.722 km2

CAPITALE: Dakar (1.009.256 abitanti nel 2004, 2.400.000 nell’intera area metro-politana)REGIONI: Thiès, Saint-Louis, Kaolack, Fatick, Louga, Tambacounda, Djourbel, Kolda,Ziguinchor, MatamMONETA: franco CFA (1 euro = 655,967 CFA)SISTEMA DI GOVERNO: repubblica presidenzialeCAPO DI STATO: Abdoulaye Wade (da marzo 2000, rieletto a febbraio 2007)BANDIERA: tre linee verticali uguali, di colore verde, giallo e rosso; al centro dellalinea gialla figura una stella a cinque punteLINGUA: francese, wolof, polaar, mandingue, sérère, soninké e diolaECONOMIA: le principali risorse provengono dalla pesca, dalla coltivazione delle a-rachidi e dall’estrazione di fosfati. Il turismo rappresenta un’altra importante risorsaRELIGIONE: musulmana (90%) e cristiana (5%)

1 «Ospitalità» in wolof.

13

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

FUSO ORARIO: il Senegal ha adottato l’ora GMT (+ 1 rispetto all’Italia)ELETTRICITÀ: 220 V. Le prese sono come quelle italiane

GEOGRAFIAIl Senegal è il paese africano più occidentale, situato tra la Mauritania a nord, il Mali adest, la Guinea a sud e l’oceano Atlantico ad ovest; circonda inoltre il Gambia, colloca-to lungo il fiume omonimo. Il territorio è praticamente piatto, coperto da una vegeta-zione di savana arida e boscosa. A metà strada sulla costa c’è la penisola di Capo Ver-de, dove si trova Dakar. A nord del capo c’è il litorale chiamato Grande Côte, con co-ste regolari che si estendono fino alla frontiera con la Mauritania; a sud si trova la Pe-tite Côte, un litorale bordato da spiagge che presenta condizioni meteorologiche piùfavorevoli per la balneazione nell’oceano.

CLIMAIl Senegal è situato nella zona intertropicale e nell’insieme beneficia di un clima seccoe caldo. Due sono le stagioni che si alternano: l’hivernage, o stagione delle piogge (dagiugno a settembre), che si caratterizza per piogge notevoli in tutto il paese; e una lun-ga stagione secca (da ottobre a giugno), praticamente senza una goccia d’acqua e tal-volta percorsa dall’Harmattan2 (tra dicembre e febbraio).

STORIAIl termine Senegal deriva dal termine wolof «Seen Gaal», che letteralmente significa «lenostre piroghe». La leggenda narra che alcuni marinai europei, arrivati sulla costa oc-cidentale africana (l’attuale costa senegalese), ne volessero conoscere il nome. Perquesto motivo, i marinai cominciarono ad interrogare dei locali, ma, non parlando lastessa lingua, si espressero gesticolando e con gesti indicando la costa dove facevanobella mostra alcune piroghe. I locali, pensando che i marinai volessero sapere chi fosse il proprietario delle pirogheda loro indicate risposero: «Seen gaal», appunto «le nostre piroghe». Da qui l’originedel nome, che da quel momento non è più cambiato.La storia precoloniale del Senegal è legata a quella dei regni che componevano l’Afri-ca Occidentale e si concluse nel 1898 con la conquista coloniale francese condotta dalgenerale Faidherbe. Il paese raggiunse l’indipendenza il 20 agosto 1960 con il Presi-dente poeta Léopold Sédar Senghor.

CONFRATERNITEL’islam, religione maggioritaria in Senegal, dal XIX secolo ha evoluto la propria praticacon la nascita di confraternite3. Il marabut ne è il capo spirituale e detiene un grande

2 Vento secco che soffia da nord.3 Il concetto di confraternita ha origine in Marocco, dove i capi spirituali sono chiamati califfi o cheikhs (come in Sene-gal). Nella società senegalese le confraternite svolgono un ruolo molto importante.

14

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

potere politico e religioso: depositario di potestà divine, costituisce il vero legame tradio ed il suo popolo. La confraternita principale in Senegal è quella Mouride o Mouri-diya, con più di due milioni di discepoli. Essa venne fondata nel XIX secolo a Touba daCheikh Amadou Bamba, vera figura di culto nel paese: nato nel 1850, rinunciò ad u-na nobile eredità per dedicarsi ad un percorso di fede e devozione. Il suo ritratto è or-mai entrato a far parte della vita quotidiana senegalese, tanto che lo si può trovare nel-le insegne dei negozi o sotto forma di autoadesivo; il suo nome è scritto inoltre sui taxibrousse ed è presente allo stesso modo nelle canzoni popolari cantate al ritmo di mba-lax4. Fra i suoi discepoli più fedeli, Cheikh Ibra Fall fondò la confraternita Baye Fall, e-manazione della confraternita Mouride. Un’altra confraternita molto diffusa è quella Tidjane, originaria del Marocco, che ven-ne introdotta in Senegal nel XIX secolo da El Hadji Omar Tall. Molto potente nel paese,possiede grandi moschee nelle città sante di Tivaouane e di Kaolack.

WOLOFLa lingua ufficiale del Senegal è il francese, a cui si affiancano sei lingue nazionali: wolof(la più usata), polaar, mandingue, sérère, soninké e diola. Il wolof viene usato come lin-gua veicolare in tutto il Senegal ed è parlato anche in Gambia e nel sud della Maurita-nia. Non esitate ad imparare qualche frase, poiché il solo saluto detto in wolof vi farà ri-sultare più interessanti e simpatici.

VOCABOLARIO MINIMOWAAW [waw] sìDEDET [ded_t] noMBURU MI il paneCEEB BI il risoJEN WI il pesceYAPP WI la carneBÈY BI la pecoraCEEBU JEN riso al pesceATTAYA tèNDOX acquaGAAL pirogaJUROOM animaleTÉERE libroJA mercatoXARIT amicoXALE ragazzoYOON strada

4 Ritmo frenetico e irresistibile nato agli inizi degli anni sessanta dall’incontro della salsa cubana con i tam-tam senega-

lesi. Youssou N’Dour ne è il simbolo.

15

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

pranzo tipico

16

Teranga

ECOGUI-

DAdel Parco-

diDJOUDJ

eDELLALANGUETieb bou Dienn (riso al pesce)

17

18

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

I SALUTI

SALAAMALEIKUM!5 BuongiornoAALEIKUMSALAM!6 BuongiornoNA NGA DEF (sing.) / NA NGEEN DEF (plur.) Come vMAA NGI FI REKK BeneANA WAA KER GI? Come sta la famiglia?NU NGI FI7 / NU NGA FA8 Stanno beneBA BENEEN YOON Alla prossimaGEREGEF GrazieNOO KO BOKK Di nienteNOO TUDD? Come ti chiami?MAA NGI TUDD ROKAYA Mi chiamo RokayaKAN NGA FI NEW? Quando sei arrivata?NEW NAA DÉMB Sono arrivata ieri

I NUMERIBENN unoNAAR dueNETT treNENT quattroJUROOM cinqueJUROOM BENN seiJUROOM NAAR setteJUROOM NETT ottoJUROOM NENT noveFUKK dieciFUK AG BENN undiciNAAR FUKK ventiFANWEER trentaNENTFUKK quarantaJUROOM FUKK cinquantaJUROOM BEN FUKK sessantaJUROOM NAAR FUKK settantaJUROOM NETT FUKK ottantaJUROOM NENT FUKK novantaTÉEMÉER Cento

LA SETTIMANAALTINE lunedìTALLATA martedì

5 Forma di saluto originaria della lingua araba. Apre le conversazioni in wolof.6 Risposta a Salaamaleikum.7 Quando la famiglia è vicina.8 Quando la famiglia è lontana.

19

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

ALLARBA mercoledìALXAMES giovedìAJJUMA venerdìGAAWU sabatoDIBEER domenica

LA CUCINAIl Senegal, vero paradiso culinario, presenta una cucina molto ricca e variegata, checomprende verdura, pesci, carni, accompagnati sempre dal prodotto alimentare di ba-se, il riso.THIÉNBOUDIENNE: piatto nazionale, in wolof significa «riso al pesce». Lo si pre-para con pesce fresco (il thiof), pesce essiccato, riso cucinato con verdure (manioca,zucca, cavolo, carota, melanzana). I pezzi di pesce e di verdura vengono serviti su diun letto di riso rosso o bianco9.YASSA POULET: piatto originario della Casamance10, a base di pollo marinato ar-rostito in una salsa alla cipolla e limone. Il pollo viene servito su di un letto di riso.MAFFÉ: piatto a base di carne (pecora, pollo o bue), servito con riso ed una salsa diarachidi.

LE BEVANDEBISSAP: succo tradizionale preparato con foglie di hibiscus, zucchero e acqua.BOUYE: succo preparato con il “pane di scimmia”, frutto del baobab, zucchero e ac-qua.ATTAYA: termine che in wolof designa il vero rito della cerimonia del tè. Questa sicompone di tre tappe, tre bicchieri che si consumano discutendo dopo il pasto. In par-ticolare, il primo bicchiere è il più amaro, il secondo più forte ed il terzo più gradevo-le e dolce. Il tè viene preparato con le foglie del tè verde, zucchero e menta.

LA REGIONE DI SAINT-LOUISLa regione di Saint-Louis è situata al nord del paese ed è delimitata dal fiume Senegala nord e dall’oceano a ovest. La città di Saint-Louis, cuore del commercio transfronta-liero e luogo di mescolanza culturale, rappresenta la porta d’accesso alla regione o-monima.

SAINT-LOUISSituata nel delta del fiume Senegal, all’incontro del mare e del fiume, la città è attra-versata dalle strade che conducono verso il Magreb ed il Mali. Prima colonia perma-nente francese nel territorio del Senegal, Saint-Louis fu fondata nel 1659 da LouisCaullier sull’isola di Ndar, una volta ottenuta l’autorizzazione dal re del Walo per co-struire un’abitazione, e venne chiamata così in omaggio a Luigi XIV. Porto commercialee di schiavi per tutto il XVIII secolo, divenne nel 1895 la capitale dell’Africa Occidenta-le Francese e raggiunse l’apice del proprio splendore durante la costruzione della fer-rovia che la collegava al nascente centro di Dakar.

9 Il colore dipende dalla salsa utilizzata.10 Regione situata a sud del paese.

20

Teranga

il ponte Faidherbe a Saint-Louis

21

Teranga

22

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

All’epoca, Saint-Louis era una delle città più importanti dell’Africa, tra le più attive po-liticamente ed economicamente. Capitale del paese nel 1957, Saint-Louis fu anche ca-pitale della Mauritania dal 1920 al 1960.Nel 2000, l’UNESCO ha riconosciuto il valore artistico e il ruolo nella storia dell’uma-nità della città, classificandola come patrimonio dell’umanità. Attualmente è in corsoun programma di restauro degli edifici più antichi.Per accedere all’isola di Saint-Louis, occorre attraversare il ponte Faidherbe che attra-versa il fiume Senegal. Tale ponte, ideato da Gustave Eiffel e costruito nel 1897, misu-ra 500 metri di lunghezza; pare che in origine fosse destinato al fiume Danubio inve-ce che al fiume Senegal, e che sia arrivato a Saint-Louis a causa di un errore ammini-strativo.Sulla Langue de Barbarie si trova Guet Ndar, antico quartiere di pescatori della città.La zona è un crogiolo di vie dense e vive, immerso nel profumo di mare e pesce. O-gni giorno, quando i pescatori della zona mettono in mare le loro piroghe ed affron-tano l’oceano, si ripete lo spettacolo dell’incontro tra l’uomo ed il mare.Oggi Saint-Louis possiede il fascino e l’incanto dell’antica città coloniale, con un’archi-tettura splendida comprendente elementi che si sono sovrapposti gli uni agli altri dal-la fine del XVIII secolo. La città è caratterizzata da un’atmosfera unica, piacevole e irre-sistibile, che vi tenterà sin dal primo momento!

MANIFESTAZIONIFESTIVAL INTERNAZIONALE DEL JAZZ DI SAINT-LOUIS: evento di grande importanza,che dagli anni quaranta si svolge nel mese di maggio. Durante una settimana la cittàaccoglie gruppi di jazz locali ed internazionali.REGATA DI GUET NDAR: è una regata di piroghe molto animata e colorata che si svol-ge nel mese di ottobre nella zona di Guet Ndar. La regata attraversa il braccio di fiu-me che collega Guet Ndar all’isola di Saint-Louis.I FANAL: sfilata storica delle lanterne decorate nella notte di Natale. La parata trova lapropria origine in piena epoca coloniale, quando le signares11 avevano ideato unaprocessione di fanal prima della messa di mezzanotte.

11 Termine che designava le donne meticce dell’epoca coloniale.

giovane pellicano

23

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

IL PROGETTO TERANGAIl progetto «Teranga», nel cui ambito è stata realizzata questa Ecoguida, è un’iniziati-va di cooperazione decentrata co-finanziata dalla Regione Piemonte nel quadro delsuo decennale «Programma per la sicurezza alimentare e la lotta alla povertà in AfricaOccidentale» (http://agora.regione.piemonte.it), presentata nel 2006 dalla Città di To-rino come capofila di una rete di partenariato ormai estesissima e consolidata. Fra isuoi partner principali vanno citati l’ONG CISV, che svolge un servizio di accompa-gnamento in Italia e in Senegal a nome del Consorzio delle ONG piemontesi di cui faparte e oramai considerata fra le organizzazioni più esperte in materia di turismo re-sponsabile; e l’Ente Parchi e Riserve naturali del Lago Maggiore, il quale, con il soste-gno della Regione Piemonte, ha avviato sin dal 1998 un rapporto di collaborazioneproprio con la Direzione nazionale dei Parchi senegalesi e le ONG piemontesi LVIA eCISV, rapporto poi sviluppatosi nel tempo e allargatosi in Piemonte ad un numerosempre maggiore di soggetti: dalla Città di Torino, appunto, alla Provincia di Torino, al-l’Università degli Studi, all’associazione di immigrati senegalesi a Torino «Trait d’U-nion», al Comune di Torre Pellice, e molti altri.Questa Ecoguida è stata scritta con il contributo di numerosi soggetti, primi fra tutti gliabitanti dei villaggi senegalesi prossimi alle due aree protette con cui nel tempo si èconsolidata la cooperazione: il Parco Nazionale degli Uccelli di Djoudj e il Parco Na-zionale della Langue della Barbarie. Ciò non è di poco conto, se si considera che nel2007 il Senegal era classificato dalle Nazioni Unite al 156° posto su 177 per ciò checoncerne l’Indice di Sviluppo Umano, con il 56,2% della popolazione (circa 7 milionidi abitanti su 12 totali) costretta a vivere con meno di 2 dollari al giorno e con un tas-so di analfabetismo degli adulti ancora fermo al 39,3%. Le priorità, in una delle areeper altro più inospitali del paese (con temperature che superano i 40° C per la mag-gior parte dell’anno e piogge sotto i 300 mm annui), sembrano altre, e in un modo onell’altro legate, purtroppo, alla semplice sopravvivenza.Prima di passare alla lettura dell’Ecoguida, è opportuno fornire qualche spunto infor-mativo sul contesto in cui si è sviluppato nel tempo il rapporto tra i numerosi enti pie-montesi e i parchi senegalesi.

I PARCHI NATURALI IN SENEGALLe aree protette in Senegal coprono circa l’8% del territorio nazionale. Il primo Parconazionale è stato creato nel lontano 1925, mentre il paese era sotto il dominio colo-niale francese; a questo periodo risale anche la prima legislazione sullo sfruttamentodelle foreste (1935), ma le principali norme sulla conservazione delle risorse naturaliattualmente in vigore (i due Codici Forestali del 1965 e del 1974 e il Codice di Cacciae di Protezione della Fauna Selvatica del 1986) sono state prodotte successivamenteall’indipendenza dalla Francia, ottenuta nel 1960.L’Ufficio dei Parchi nazionali, creato nel luglio 1969 e successivamente promosso allostatus di Direzione generale dei Parchi nazionali nell’aprile 1973 sotto il Ministero del-la Protezione della Natura (dal 1983), è responsabile per il coordinamento, la gestio-ne e la ricerca scientifica nei Parchi nazionali, oltre che per la promozione del turismo

24

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

(con il supporto del Ministero del Turismo). Ogni Parco nazionale del Senegal è statoquindi costituito con Decreto Presidenziale e ha proprie regole e forme di gestione;tuttavia, rispetto ad altri sistemi di aree protette africane, l’autonomia dei singoli Parchiè piuttosto limitata (sia in termini amministrativi che gestionali). Nel febbraio del 2004l’Ente Parchi e Riserva naturali del Lago Maggiore ha stipulato con la Direzione gene-rale dei Parchi nazionali una convenzione quadro, inerente la collaborazione all’istitu-zione di un centro nazionale in Senegal per lo studio e l’inanellamento dell’avifauna,l’avvio di progetti di educazione ambientale e lo scambio di informazioni ed espe-rienze in materia, la promozione di proposte di turismo ambientale.La protezione delle risorse naturali rientra da molti anni fra le priorità del governo se-negalese, che già nel 1976 aveva aderito alla Convenzione sulla protezione del patri-monio culturale e naturale (World Heritage Convention), nel quadro della quale fu-rono iscritti due siti. Ha inoltre aderito alla Convenzione internazionale sulle zone u-mide (meglio conosciuta come Convenzione di Ramsar) l’11 luglio 1977, iscrivendoviquattro siti. Tre siti sono inoltre stati riconosciuti come «Riserve della Biosfera» dall’U-NESCO nel quadro del «Man and the Biosphere Programme». Nel 1994 il Senegal haratificato la Convenzione sulla diversità biologica.A livello regionale, il Senegal ha ratificato nel 1968 la Convenzione africana per la con-servazione della natura e delle risorse naturali, che definisce le riserve naturali inte-grali, i parchi nazionali e le riserve speciali. Nel 1987 è stato il primo paese africano adaderire alla Convenzione della fauna europea e degli habitat naturali (Bern Conven-tion), di grande importanza per la protezione degli uccelli migratori.

IL PARCO NAZIONALE DEGLI UCCELLI DI DJOUDJIl Parco nazionale degli Uccelli di Djoudj si trova sul delta del fiume Senegal 15 chilo-metri a nord di Ross-Bethio, a circa 60 chilometri a nord-est della città di Saint-Louis.Creato nel 1971 a fianco di un’area classificata come Riserva naturale già nel 1962, èstato successivamente ampliato da 16.000 a 19.000 ettari; oggi è adiacente al nascen-te Parco nazionale Diawling in Mauritania. Dall’ottobre del 1981 è stato dichiarato dal-l’UNESCO patrimonio mondiale dell’Umanità.La vegetazione presente riflette le scarse piogge (300 mm annui) e un non favorevo-le suolo allomorfico. La tipica savana saheliana è dominata da arbusti spinosi, tameri-ci e acacie (fra le specie più frequenti Acacia nilotica, Acacia tortilis, Acacia seyal, Ta-marix senegalensis, Balanites aegyptiaca). Durante le piogge si sviluppano dense co-perture di tife e di ninfee.Per quanto riguarda le specie animali, il Parco rappresenta uno dei principali santuaridell’Africa Occidentale per gli uccelli migratori: l’area rappresenta infatti la prima zonadi rifornimento d’acqua dopo un percorso di oltre 200 chilometri sopra il deserto delSahara. Si stima che tra settembre e aprile passino dal Parco circa tre milioni di uccel-li migratori, fra cui la marzaiola, il mestolone, il codone, il combattente, la pittima rea-le. Migliaia di fenicotteri rosa qui nidificano regolarmente, così come oltre 5.000 pelli-cani bianchi, anitre fischiatrici dalla faccia bianca, anitre fischiatrici fulve, oche dallosperone, aironi rossi, nitticore, garzette, spatole, aninghe, cormorani comuni, cormo-rani dal petto bianco e otarde arabe.

25

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

Fra i mammiferi presenti sono da citare il facocero e il lamantino africano (un grossomammifero acquatico simile al tricheco). Infine diverse specie di coccodrillo e di gaz-zelle sono state reintrodotte con successo.

IL PARCO NAZIONALE DELLA LANGUE DE BARBARIEIl Parco nazionale della Langue de Barbarie si trova alla foce del fiume Senegal, 25 chi-lometri a sud di Saint-Louis. È stato costituito nel 1976 ed ha un’estensione di 2.000ettari.L’area protetta include 20 chilometri di zone pianeggianti e di dune di sabbia che for-mano una sorta di penisola lungo la foce del fiume Senegal, includendo sia acque ma-rine che di fiume. La parte terrestre principale del Parco è costituita da tre isole, di cuila più grande (circa due ettari) è l’isola di Gandiol. I suoli sono sabbiosi e poco fertili;le precipitazioni variano in media attorno ai 300 millimetri annuali e le temperature siaggirano intorno ai 27° C.Relativamente alla vegetazione, non vi sono alberi, ma solo specie erbacee fra cui I-pomoea pes-caprae (una sorta di convolvolo), Alternanthera maritima, Sprobolusspicatus e Sesuvium portulacastrum (simile alla portulaca). La fauna è costituita daun’interessante varietà di uccelli marini, tutti nidificanti in loco: il pellicano rossiccio, ilpellicano bianco, 3.000 coppie di gabbiani testagrigia, la sterna maggiore, la sterna rea-le, 2.000 coppie di gabbiani rosei, la sterna zampe nere, la sterna scura e il fraticello.Il Parco è anche un importante santuario di anatre migratrici e limicoli; inoltre si pos-sono vedere alcuni falchi pescatori. La fauna marina include la tartaruga comune, latartaruga verde, la tartaruga liuto, la tartaruga embricata e delfini comuni.

PROTEZIONE DELLE BIODIVERSITÀ, PROMOZIONEDEL TURISMO E SVILUPPO LOCALE IN SENEGAL1

Una delle condizioni preliminari per assicurare lo sviluppo nel lungo termine del turi-smo in Senegal è, come per tutte le altre attività socioeconomiche, la conservazione ela riabilitazione della qualità e della diversità degli ecosistemi naturali. È ovvio, infatti,come il turismo balneare richieda l’esistenza di spiagge non inquinate, come il turismodi visione e di pesca sportiva richieda la presenza di una fauna diversificata e suffi-cientemente abbondante, il turismo di esplorazione richieda l’esistenza di paesaggi au-tentici e incontaminati, il turismo naturalistico richieda ecosistemi ricchi e diversificatirispetto alle specie presenti….La strategia del Governo senegalese per la conservazione della biodiversità è stata ne-gli ultimi decenni molto attenta a questi principi: il Senegal ha infatti ratificato la Con-venzione sulla diversità biologica nel 1994 e ha istituito un Comitato per elaborare conun processo di concertazione nazionale un documento intitolato Strategia nazionale epiano di azioni per la conservazione della biodiversità, che è stato validato nell’apriledel 1998.

1Estratto dalla presentazione del Dott. Amar Fall (Direzione generale dei Parchi nazionali) al seminario «Scambio sullebuone pratiche tra i promotori di turismo responsabile in Senegal», organizzato il 23 aprile 2007 a Dakar dalle ONG CISV, ICEI e MLAL con il co-finanziamento del Ministero degli Affari Esteri italiano.

Tra le principali opzioni strategiche si ritrovano alcune opzioni di ordine generale, come:• il rafforzamento delle capacità delle diverse categorie di attori e la loro presa di co-scienza della necessità di conservazione;• il miglioramento delle conoscenze in materia di risorse naturali;• la promozione della partecipazione delle popolazioni locali alle attività di gestione edi conservazione delle risorse naturali.Ma anche delle opzioni più specifiche, in particolari riguardanti i parchi e le riserve:• l’informazione e la sensibilizzazione delle popolazioni che vivono in prossimità del-le aree protette;• il loro coinvolgimento nella gestione delle aree stesse e nella condivisione dei benefici;• lo sviluppo dell’ecoturismo nelle aree protette e nei villaggi limitrofi.Le componenti maggiori della diversità biologica del Senegal sono state identificate eclassificate per ordine di importanza:• i Parchi nazionali e le Riserve;• gli ecosistemi marini e costieri;• gli ecosistemi fluviali e lacustri;• le foreste classificate;• le foreste di demanio protetto e i territori agricoli;• le niayes, che rappresentano una zona geografica del nord-ovest del paese costitui-ta da dune e da depressioni utilizzabili per colture orticole.Le potenzialità principali si possono riassumere come segue:• la diversità degli ecosistemi e la loro distribuzione sull’insieme del territorio;• la diversità e la ricchezza delle specie della fauna e della flora;• i siti di riproduzione e di rifugio degli uccelli d’acqua, eccezionali a livello mondiale;• una diversità da scoprire durante tutto l’anno, ancora poco conosciuta e spesso mol-to vicina ai poli turistici attuali;• la diversità culturale delle popolazioni tradizionalmente installate nei pressi delle a-ree protette;• le aree protette, che coprono l’8% del territorio nazionale e sono distribuite in mo-do da inglobare dei campioni dell’insieme degli ecosistemi senegalesi: le foreste gui-neiane, le savane sudanesi, la steppa saheliana, i fiumi, le zone inondabili e del delta,le lagune e gli estuari, le mangrovie, gli ecosistemi marini e costieri, ecc.;• la rete dei parchi senegalesi dispone di due siti dichiarati Patrimonio mondiale dal-l’UNESCO, due Riserve della Biosfera e tre siti classificati dalla Convenzione di Ram-sar come zone umide di importanza internazionale.I parchi e le riserve senegalesi sono disposti sul territorio nazionale come indicato dal-la cartina alla pagina seguente.Questa rete di aree protette può vantare la presenza di importanti predatori ben rap-presentati come le iene (nel Parco del Saloum), il licaone, il leopardo e il leone (nelParco del Niokolo Koba), di molte specie di antilopi come il cobo, il cobo defassa, l’an-tilope roana, il bubalo (nel Parco del Niokolo Koba), la gazzella dama e l’orice (Riser-va di Geumbeul), oltre a molti altri mammiferi di cui alcuni particolarmente a rischiodi estinzione come l’elefante, il lamantino, il delfino di fiume (Parco del Saloum), i bu-fali (Niokolo Koba), i facoceri (Parco del Saloum), il cercopiteco grigioverde (Riserva

26

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

di Popenguine). I rettili fanno ugualmente parte delle specie più comunemente valo-rizzate dal turismo, come ad esempio il varano (Riserva di Popenguine), il coccodrillo(Parco del Saloum), il serpente africano (Sine Saloum), il pitone (Parco di Djoudj), latestuggine africana (Geumbeul).Naturalmente poi vi sono gli uccelli, di un’abbondanza e di una ricchezza ecceziona-le; purtroppo non vengono ancora valorizzati sufficientemente dal turismo, per cui almomento non esistono pacchetti ornitologici specifici organizzati. Alcune delle speciepiù interessanti sono l’otarda araba, l’airone golia, il fetonte beccorosso, il corrionebiondo, il guardiano dei coccodrilli.

27

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

Casamance

Gambie

Saloum

Ferlo

Lesairesprot�g�esduS�n�gal

SitesRamsar

R�servedelaBiosph�re

SiteduPatrimoineMondiale

S�n�gal

PEETERSJ./ConseillerDPN/Novembre1997

ParcNationaldeBasseCasamance

ParcNationalduNiokoloKoba

R�servedelaBiosph�reduDeltaduSaloum

R�servedeFauneduFerloNord

ParcNationalduDeltaduSaloum

R�serveOrnithologiquedeKalissaye

R�serveNaturelledePopenguine

ParcNationaldelaLanguedeBarbarie

onaldesIlesdelaMadeleine

R�serveSp�cialedeFaunedeGueumbeul

ParcNationaldesOiseauxduDjoudj

28

Teranga

29

Teranga

gruppo di pellicani

Parco nazionaledella Langue de Barbarie

Il Parco nazionale della Langue de Barbarie è situato a 25 chilometri dalla città di Saint-Louis. È costituito da una parte continentale, l’estuario del fiume Senegal (che com-prende due piccole isole), e da una caratteristica penisola che si chiama Langue deBarbarie e che dà il nome al Parco stesso. La Langue de Barbarie deve il proprio no-me alla vegetazione di fichi d’India (figues de Barbarie in francese) che la popolavaun tempo e che attirò l’attenzione dei primi coloni europei al punto che cominciaro-no a chiamare la zona in questo modo, rimasto in uso fino ai giorni nostri.La Langue de Barbarie è una lunga e sottile lingua di sabbia che per circa 60 chilometrisepara il fiume Senegal e l’oceano Atlantico, dal confine con la Mauritania fino a Po-tou (in corrispondenza della città di Louga). Il Parco, che ricopre una superficie di2.000 ettari (di cui 550 di ambiente marino e 1.450 terrestre), serve da rifugio a nu-merose specie di uccelli acquatici: sterne, gabbiani, aironi, garzette, cormorani, ecc..Creato per decreto presidenziale il 9 gennaio 1976, ben rappresenta l’ecosistema delbasso delta del fiume Senegal. Zona a vocazione orticola e turistica, è accessibile tra-mite strada asfaltata o piroga motorizzata a partire da Saint-Louis.

COME RAGGIUNGERLOIl Parco nazionale della Langue de Barbarie si trova a 25 chilometri da Saint-Louis. Èsufficiente seguire la strada nazionale in direzione di Dakar: la deviazione da percor-rere per raggiungere il Parco è ben segnalata da un cartello stradale.

CLIMAIl Parco nazionale della Langue de Barbarie è soggetto ad un clima di tipo subdeserti-co, caratterizzato da due stagioni:• la stagione secca, da ottobre a giugno;• l’hivernage o stagione delle piogge, da luglio ad ottobre.La temperatura media registrata è di 27 gradi.

BIOTOPIIl Parco si compone di diversi biotopi: • la foce del fiume. Punto di congiunzione tra il fiume Senegal e l’oceano Atlantico, be-neficia di un panorama eccezionale e di una grande concentrazione di specie che vi sirecano per cercare il cibo;• la Frangia Marittima. È costituita da una spiaggia lunga ben 15 chilometri che si af-faccia sull’oceano, luogo privilegiato dalle tartarughe di mare per deporre le loro uova;• la Langue de Barbarie. Con la sua larghezza media di circa 330 metri, è resa stabilegrazie alla presenza di filao (Casuarina equisetifolia, una conifera conosciuta come pi-no australiano o legno ferro) molto caratteristici. Separa il fiume Senegal dall’oceano

30

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

Atlantico;• il segmento del fiume Senegal. Situato tra il faro di Gandiol e la foce del fiume, è ilpunto dove si svolgono le escursioni in piroga. Subisce l’alternanza dell’acqua dolce esalata a seconda delle stagioni;• l’isolotto di riproduzione degli uccelli. È una delle principali attrazioni turistiche delParco. Dimora di diverse specie migratrici, offre ai turisti lo straordinario spettacolo delcorteggiamento degli uccelli;• il Lawmare e Douty. Piccolo corso d’acqua dalla forma di spicchio lunare, costituisceil limite orientale del Parco. Ospita grandi concentrazioni di limicoli e altre specie mi-gratrici.

ASPETTI GEOMORFOLOGICIDal punto di vista geomorfologico, il Parco è costituito da suoli sabbiosi e da spiaggedi dune. La vegetazione, soprattutto sulla Langue, è caratterizzata dalla presenza dei filao.Il suolo attuale, risalente al quaternario, è di tipo sedimentario, costituito da depositialluvionali. Il letto del fiume Senegal è composto da limo e argilla.Le acque sotterranee sono soggette all’influenza del fiume Senegal. Dopo l’entrata infunzione della diga di Diama, nel 1986, si sono verificate cospicue modificazioni del-l’ambiente acquatico, tra le quali l’aumento della salinità nell’area di Gandiol. Si ri-scontra dunque una scarsità di terre coltivabili che obbliga le popolazioni ad andareoltre il fiume, dove è possibile ottenere acqua dolce scavando pozzi.L’intero ambiente è soggetto oggi all’influenza delle maree. Durante l’hivernage, quan-do il fiume si gonfia, l’isolotto di riproduzione viene sommerso dall’alta marea; du-rante la stagione secca, quando la diga è chiusa, l’aumento della salinità rende invecel’acqua meno pescosa e anche gli uccelli sono obbligati a spostarsi.Va inoltre segnalata una sensibile erosione marina e fluviale, causata dal vento e dal-le correnti oceaniche. Per questa ragione il Comitato intervillaggi, in collaborazione conil Parco, ha intrapreso un programma di rimboschimento di filao sulla Langue: i filaoservono infatti a contrastare l’erosione delle terre, salvaguardando l’equilibrio dellaLangue.

FLORALa flora della parte terrestre è essenzialmente costituita da palmeti, mangrovie relittualie baobab. Tra le specie vegetali presenti sull’isolotto di riproduzione si notano Ipo-moea pes-caprae (sorta di convolvolo), Sesuvium portulacastrum (simile alla portu-laca), Tamarix senegalensis (tamerice) e Calostrupus procera (un arbusto assente inItalia). Sulla Langue va inoltre segnalata la presenza, oltre dei filao, del Phyloxerus ver-micularis (albero assente in Italia).

FAUNAOriginariamente il Parco venne creato con l’intento di tutelare le tartarughe marine,che da sempre scelgono la Langue per deporre le uova. Sono presenti specie come latartaruga embricata, la tartaruga comune, la tartaruga liuto e la tartaruga franca. A par-

31

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

sterni

airone cinerino

32

33

Teranga

parco della LANGUE

tire dal 1995 si è registrata una diminuzione della loro presenza, ma al tempo stessoè stato rilevato un incremento dell’avifauna: così oggi nel Parco si possono osservare46 specie di uccelli, 11 delle quali nidificano sulla Langue. L’avifauna è composta es-senzialmente da specie marine, che si riproducono in loco, e specie migratrici, che tra-scorrono nel Parco la stagione secca. Tra le specie sedentarie si annoverano aironi, gar-zette, gabbiani, pavoncelle fabbro, pellicani bianchi e grigi; tra le specie migratrici laspatola bianca, le sterne (sterna maggiore, sterna reale e fraticello), il gabbiano, l’avo-cetta, il chiurlo, la pittima e altri limicoli (il corriere piccolo, il gambecchio, il piovanel-lo, il cavaliere d’Italia). Le specie nidificanti, come le sterne, occupano le isole per set-te mesi all’anno.I mammiferi sono molto rari: si possono osservare lo xero del Nord Africa (una speciedi scoiattolo), la lepre a orecchie di coniglio, la scimmia rossa, il delfino e la zorilla (u-na specie di mustelide). Tra i rettili si nota la presenza del varano del Nilo e di diversiserpenti. Nelle acque del Parco è stata segnalata la presenza della foca monaca.

ASPETTI SOCIO-ANTROPOLOGICINella zona di Gandiol si trovano 17 villaggi situati ai confini del Parco della Langue deBarbarie.L’etnia predominante è quella wolof, rappresentata nei villaggi di Ndièbene, Doune Ba-badièye, Tassinère, Ndiol, Mouit, Déggu Niaye, Mbao, Mboyène, Taré, Niayème 1,Niayème 2, Gabar 1 e Gabar 2. Si trovano inoltre un villaggio peul, Gouyerène, e unvillaggio maure, Daré-Salam. Le principali attività economiche praticate nella zona so-no la pesca, l’orticoltura, l’allevamento, l’attività di guida turistica (attraverso il GIE del-le guardie ecologiche) e l’estrazione del sale.A partire dal 2001, la popolazione locale ha creato una organizzazione molto dinami-ca, il GIE1 delle guardie ecologiche, che collabora con le autorità del Parco. Il GIE è at-tivo nella gestione dei percorsi turistici, nella ristorazione, ma anche nella conserva-zione e nel ripristino delle aree protette. Tra le attività organizzate dalle guardie ecolo-giche vanno citate il risanamento della Langue, il rimboschimento e l’opera di sensi-bilizzazione nei villaggi.La zona di Gandiol vanta una storia ricca, che si fonde con quella del territorio stessodel Parco. I primi villaggi cominciarono ad insediarsi nella zona circa un centinaio dianni fa: ciò spiega il forte legame esistente tra gli abitanti, la regione e il Parco. Il Gan-diolais appare quindi come una grande famiglia. Di seguito verranno descritti in mo-do particolare alcuni villaggi wolof, in modo da fornire gli strumenti necessari alla sco-perta dell’etnia dominante a Gandiol, nonché il villaggio peul di Gouyerène e quellomaure di Daré-Salam.

1Groupment d’Intérêt Économique: una forma di cooperativa.

34

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

MOUIT«Dinaa aare keepe kigua hamné dougouna mouit ba bamouye guééna deukabi2».Il villaggio di Mouit, situato a fianco dell’ingresso del Parco, conta una popolazione di1.970 abitanti, tradizionalmente appartenenti all’etnia wolof3. Come spiega AdamaDiop, capo e imam del villaggio, Mouit esiste «da tanto tempo, da prima ancora dellafondazione di Saint-Louis». Fondato da Madické Maram Diagne, il villaggio inizial-mente si trovava ad est, a poco più di un chilometro dall’attuale sede; venne spostatonel 1920 a causa di un’epidemia di peste.Il termine Mouit ha origini arabe: deriva infatti dal nome di Dio «Mohuhiitou», che si-gnifica «il protettore». Questo termine è collegato con i rituali che i saggi del villaggioavevano elaborato per poter proteggere le loro comunità da ogni forma di negatività.Tali riti esoterici si tramandano di padre in figlio: ogni capo villaggio era ed è tenuto adeseguirli per proteggere i suoi cari e la sua terra. Il villaggio di Mouit ha da sempre ri-coperto, come spiega la sua stessa etimologia, il ruolo di protettore per tutta la regio-ne di Gandiol. In origine si trovava al centro di un vero ecosistema, costituito da lagu-ne e corsi d’acqua dolce che favorivano le attività di pesca e agricoltura. Di conse-guenza, per poter beneficiare di questi aspetti naturali favorevoli, nei pressi nacqueroaltri villaggi.In epoca coloniale Mouit divenne un centro strategico per i commerci e gli scambi. Poi-ché l’attuale area del Parco della Langue era la foce del fiume Senegal, le navi prove-nienti dall’Europa la percorrevano per meglio esplorare l’interno del fiume e quindipenetrare più facilmente all’interno dell’Africa Occidentale. La posizione strategica del-l’area fece sì che i coloni vi costruissero un forte, presente ancor oggi e chiamato Ba-lacosse, usato come deposito di armi e per la posta.Mouit vanta la presenza della scuola più antica di tutta Gandiol, dove si formò il pri-mo professore di colore: Amadou Diagne.Per quanto riguarda l’organizzazione di casta, è rilevante sottolineare che a Mouit lecaste tradizionali, come i fabbri e i gioiellieri, non esistono. Va però indicata la presen-za di una casta ancor più legata alla tradizione: quella dei géwel, traduzione wolof deltermine griot. I griots rivestono un ruolo fondamentale nelle cerimonie familiari: hannoil compito di informare le persone riguardo alla loro appartenenza familiare e di cantar-ne gli elogi; in passato, durante le guerre, avevano il compito di galvanizzare i guerrieri.Tra le attività economiche praticate ai giorni nostri vanno segnalate la pesca, l’orticol-tura e il piccolo commercio, appannaggio femminile. Cuore di Gandiol, situato all’in-gresso del Parco, Mouit è anche il villaggio dove la tradizione, in particolare la medici-na tradizionale (fat thiosaan in wolof), si fonde con la natura. Nel villaggio infatti nonci sono solo piante utilizzate come preparati medicinali, ma, come ci permette di ca-pire Adama Diop, «possiamo guarire i posseduti. In questa parte di Gandiol ci sonodei luoghi dove si può trovare un’acqua benedetta, che è utilizzata esclusivamente perguarire le persone possedute da spiriti cattivi. Solo le persone iniziate possono farlo».2«Siamo abituati a offrire ad ogni straniero che viene a Mouit una garanzia sulla sicurezza della sua persona e dei suoibeni per tutto il tempo del suo soggiorno».3Etnia maggioritaria in Senegal (43% della popolazione totale). La cultura wolof ha la propria origine nel XIII secolo,quando questa popolazione lasciò il Tekrour per stabilirsi verso sud, nel Walo e Djolof. Nel XIV secolo la cultura wolofraggiunse il proprio apogeo con l’impero di Djolof, che comprendeva gli stati del Cayoor, del Walo, del Baol, del Sine,

del Fouta-Toro, del Saloum e il Bambouk. La lingua wolof è la più diffusa in Senegal.

35

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

36

Teranga

tramonto

37

Teranga

DARÉ-SALAMIl villaggio di Daré-Salam è il solo villaggio appartenente all’etnia maure presente nelParco; si trova di fronte alla Langue de Barbarie, a 5 chilometri dall’entrata. La sua crea-zione risale a circa duecento anni fa, per mano di Mouthar. Le circostanze che con-dussero alla nascita del villaggio di Daré-Salam si trovano nella storia che ci è riporta-ta da Omar Fall, figlio del precedente capo del villaggio Abou Fall. «Duecento anni fa,una parte della popolazione maure della Mauritania era stata oggetto di persecuzioni:queste ultime, unite al tradizionale nomadismo, avevano favorito il loro spostamentoverso regioni situate vicino alla frontiera, fra le quali Gandiol. All’inizio nacquero duevillaggi, chiamati Ahrar 1 e Ahrar 2, nome maure che significa «nobile»; in un secon-do tempo si giunse alla loro unificazione. Soltanto nel 1992 Ahrar ha cambiato il pro-prio nome con l’attuale Daré-Salam, che in arabo significa «la casa in pace», a seguitodel passaggio nel villaggio di un marabut, Charif Abass, il quale, dopo averne apprez-zato la tranquilla atmosfera, suggerì il nuovo nome». Oggi Daré-Salam conta circa 400abitanti, occupati soprattutto nelle attività orticole e nel piccolo commercio. In seguitoalla progressiva salinizzazione delle terre ed alla difficoltà di reperire piante quali l’a-cacia nilotica (dai fiori simili alla mimosa) e lo Sprobolus (un’erba alta assente in Ita-lia), le tradizionali attività artigianali maure come la concia delle pelli e l’intrecciaturadelle stuoie vengono praticate sempre meno. Si è assistito, invece, ad un aumento del-le attività femminili. Al riguardo Nogaye Fall, presidente del gruppo femminile del vil-laggio, spiega che le donne a Daré-Salam si sono organizzate insieme a partire dal1989 per migliorare le loro attività commerciali. Inoltre, dal 2001, con l’aiuto del Parco,hanno avuto accesso a forme di microcredito.

PILOTEIl villaggio è situato di fronte alla Langue de Barbarie, a 2,5 chilometri dall’entrata delParco. Conta una popolazione di circa 1.700 abitanti appartenenti all’etnia wolof. Il suosimbolo, il faro, ne testimonia anche la storia: il faro di Pilote venne infatti costruito nel1845, nello stesso periodo della fondazione del villaggio, in sostituzione di uno più an-tico che si trovava a Saint-Louis, poiché la nuova posizione favoriva l’ingresso dellebarche nel fiume. Le persone dedite alla guida delle imbarcazioni in questo tratto difiume erano chiamate piloti, in francese «pilotes», da cui il nome del villaggio. A se-guito dell’aumento delle attività portuali di Saint-Louis e dunque delle possibilità di la-voro, molte persone cominciarono ad installarsi nei dintorni del faro: così il villaggioprese forma e… nome!Aramane Sène, uno degli ultimi pilotes del villaggio, spiega che «per condurre una bar-ca occorre innanzitutto posizionare delle boe, in modo da individuare il canale e far sìche le barche possano passare; successivamente è necessario sondare la profonditàdell’acqua con un bastone millimetrato. Una volta fatto segno all’imbarcazione in at-tesa di entrare, la piroga con i piloti la raggiunge. A questo punto, un pilota dovrà sa-lire sull’imbarcazione per guidarla fino all’ingresso del porto».Attualmente, la tradizionale attività dei pilotes non è più praticata a seguito dell’insab-biamento, avvenuto nel 1990, della vecchia bocca del fiume Senegal. Si trattava di un

38

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

lavoro duro e difficile, ma che certamente costituiva l’orgoglio degli addetti!Le attività dominanti restano la pesca e l’agricoltura, anche se con l’apertura della brec-cia del nuovo canale, avvenuta nel 2003, la pescosità dell’acqua è diminuita a causadell’aumento del tasso di salinità. Così durante i periodi della pesca parte della popo-lazione emigra verso aree più ricche di risorse ittiche come Casamance, Gambia, Mau-ritania e Guinea.La pesca a Pilote non soltanto rimane una delle attività economiche principali, ma rap-presenta allo stesso tempo la tradizione, la storia e la cultura del villaggio… Per que-sto motivo, il pescatore Daraman Sène illustra gli strumenti di lavoro che, insieme al-le caratteristiche che ogni buon pescatore deve possedere, sono fondamentali in que-sto mestiere. «In effetti - dice Daraman - esistono diverse tipologie di reti: ogni rete èutilizzata per la pesca di un certo tipo di pesce. C’è mbalou serre, la rete «dormiente»,che viene lasciata riposare nel fiume, o nel mare, fino alla mattina. C’è félé félé, la re-te che si trascina, che viene fissata con il fango e trascinata nell’acqua con la corrente.Il lac-terre, la «catena di spiaggia», è una rete che ha due estremità come un arco dicerchio: la si recupera sulla spiaggia tramite le due estremità. Con questa rete si puòpescare qualsiasi pesce! L’armanding, «linea a molti ami» infine, è un filo con due an-core e molti ami che viene posizionato sul fondo per prendere le razze. […] Un con-siglio per la pesca: occorre tener presente le maree ed il tempo. Durante la luna pie-na è difficile pescare; è meglio attendere le notti buie, in modo da stanare più facil-mente i banchi dei pesci: di notte, infatti, le loro squame risplendono. Per prendere ilpesce in quantità occorre partire con la marea bassa; per uscire dalla bocca, invece, lamarea deve essere alta. Per rientrare nel fiume la marea deve essere bassa».

IL KETHIAKH: L’ESSICCAZIONE DEL PESCEDal 2003, anno dell’apertura della foce a Saint-Louis, con l’aumento dell’acqua sal-mastra alla foce del fiume e dunque dei pesci a livello di Saint-Louis, Pilote è statoscelto quale luogo preferenziale per la vendita del pesce. Ciò ha permesso lo svilup-po dell’attività tradizionale e tipicamente femminile del kethiakh, l’essiccazione delpesce. Sarà sufficiente una passeggiata a Pilote per distinguere il caratteristico pro-fumo di pesce e per cogliere, e assaporare, i segreti dell’antica tecnica di cottura se-negalese!

NDIEBÈNE Ndiebène è uno dei villaggi che compongono la grande famiglia di Gandiol. Fondatonel 1850 da Ndiamé Diop, venne in seguito spostato nell’attuale sito a causa di un’e-pidemia di peste. Prova dell’antica storia del villaggio sono i 35 capi villaggio che si so-no susseguiti a Ndiebène, come ci sottolinea Atoumane Diop, capo attuale. È il villag-gio più popoloso di Gandiol: conta infatti circa 6.000 abitanti. In passato, dopo la sta-gione delle piogge una parte degli abitanti di Ndiebène si recava nel vicino villaggio diTassinère per lavorare, dato che all’epoca questa era la sede del mercato più impor-tante di Gandiol. Fra le attività economiche praticate a Ndiebène si segnalano l’agri-coltura, la pesca, l’allevamento, il commercio e la raccolta del sale.

39

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

TIBA HOROM: LA RACCOLTA DEL SALENei dintorni di Ndiebène si trovano alcune lagune che durante l’hivernage, a causadelle piogge, si riempiono d’acqua. Durante la stagione secca, quando tra marzo egiugno le lagune si prosciugano, dal fondo affiora il sale, che viene raccolto. La rac-colta del sale resta un’importante attività economica, tradizionalmente appannaggiodelle donne.In ogni villaggio c’è una persona denominata diaraf che si occupa del regolare fun-zionamento dell’attività della raccolta. Il diaraf di Ndiebène, capo di tutti i diaraf, ognianno stabilisce e comunica agli altri la data precisa dell’inizio delle attività. Alla rac-colta partecipa circa un migliaio di donne, provenienti da tutta l’area di Gandiol. Du-rante questi giorni, le donne raccolgono il sale in cesti per distribuirlo poi in piccolicumuli sulla strada. Le cataste di sale vengono divise in tre parti: ogni raccoglitrice hadiritto ad un terzo del prodotto recuperato; un terzo è venduto dai diaraf e il denaroottenuto è versato direttamenteall’amministrazione del Comune di Saint-Louis; il re-sto viene diviso tra i diaraf.

LA LAMBA, LOTTA TRADIZIONALEOgni anno, dopo la festa religiosa della Tabaski4, i giovani dell’ASE (un’associazionesportiva e culturale) organizzano sedute di lotta tradizionale. Per l’occasione, i lotta-tori vengono da tutto il paese. Nel corso della giornata vengono organizzate tre oquattro sedute di lamba diatha, una lotta tradizionale che non prevede colpi: lo sco-po è appunto quello di far cadere l’avversario senza colpirlo. Recentemente, in Senegal siè sviluppata la più moderna beuré-dooré, una forma di lotta che prevede lo scontro fisico.

GLI SPETTACOLI DI SABARA Ndiebène si organizzano spettacoli di percussioni meglio noti come sabar, un ter-mine wolof che designa l’insieme di tutti i tam-tam (oltre che uno specifico strumen-to). Nella tradizione africana la musica rimane un’attività portatrice di sapere, di cul-tura e di tradizione; per questo motivo la sua organizzazione è affidata alla casta deigriot, géwel in wolof. La musica, il ritmo e la parola rappresentano infatti lo strumentomediante il quale la tradizione orale assume la propria forma e si riproduce. Il tam-tam simboleggia la flora e la fauna: la struttura del tam-tam è composta di legno,mentre la parte superiore è fatta di pelle animale. Inoltre, esso esprime anche l’in-contro perfetto tra l’uomo e la natura, dal momento che per produrre il suono l’uo-mo interagisce con la componente naturale. In passato, il tam-tam veniva utilizzatoper trasmettere informazioni, per comunicare.Moustafa Ndiok, giovane géwel di Ndiebène, ci introduce alla conoscenza dei varitam-tam che vengono utilizzati in una sabar: «Il sabar designa un tam-tam lungo,molto importante, che dirige gli altri tamburi. Il tougouné è un tam-tam piccolo; inwolof significa «tam-tam nano». Il thiol si occupa dell’accompagnamento.

4 Festa musulmana che celebra il sacrificio di Abramo a Dio. La Tabaski si celebra alla fine di Hajj, il pellegrinaggio ailuoghi santi della Mecca.

40

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

Il mbeugue-mbeugue, un tam-tam chiuso da cui non esce aria, dà un suono roco. Il tamaè il tam-tam più piccolo, quello che si mette sotto l’ascella, e accompagna i ballerini.Ci sono tre tipi di tama: lo nder balla, lo nder mou ndax e il balla.

I GÉWELS A NDIEBÈNE «Precettori di principi, confidenti e consiglieri del re, mentori storici, enciclopedie vi-venti, poeti, sociologi e moralisti, sono per l’Africa quello che i Rabelais, i Dante, i Cer-vantes, i Diderot e i La Bruyère sono per l’Europa»: così scriveva nel 1987 lo scrittoreguineano Tierno Monenembo.Il griot, figura emblematica, allo stesso tempo cantante e musicista, storico, espertodi genealogie, cronista, narratore, fa parte di una casta importante in tutta l’Africa oc-cidentale: è la casta dei sapienti, dei detentori dell’esperienza e della tradizione. Igriots perpetuano la tradizione orale5 di padre in figlio: «il sapere che acquisisce ilgriot si trasmette di padre in figlio, di generazione in generazione, attraverso lo stru-mento della bocca all’orecchio».Non è soltanto la storia scelta l’elemento più importante del racconto: è soprattuttoil modo di trasmetterlo, la strategia oratoria utilizzata dal griot, fatta di gesti, inter-pretazione, ironia. In quanto elemento vibrante, la parola è forza vitale.In passato, all’epoca dei regni, il griot era chiamato a galvanizzare con i suoi raccontii guerrieri o a celebrare la famiglia di una persona durante le cerimonie. Oggi, griotse griottes conservano il loro valore di detentori della storia: cantano gli elogi duran-te le cerimonie, ricordano le genealogie familiari. Si accompagnano con la kora, stru-mento a corde (16, 28 o 21), la cui forma ricorda quella del liuto e la sonorità quel-la di un’arpa; la cassa di risonanza è composta da una mezza zucca svuotata su cuiviene tesa una pelle di capra.«I discendenti dei griots del mio antenato sono i miei antenati», recita un proverbiowolof. I griots seguono la successione familiare; il griot designato per una famigliaprecisa si chiama géweulo djoudou. I griots partecipano alle cerimonie in tenuta tra-dizionale, che per gli uomini corrisponde ad un grand boubou con pantaloni a sbuffoe per le donne a due teli leggeri ed un terzo chiamato serou dunke, più una sciarpaed una piccola canottiera.

GOUYERÈNEGouyerène è l’unico villaggio peul6 di Gandiol. Incrociando i capi di bestiame nel vil-laggio lo si capisce immediatamente: infatti, anche se i peul sono presenti da temponella zona, la loro tradizionale attività, legata al nomadismo, rimane l’elemento che licontraddistingue. Djibi Guèye, il saggio del villaggio, chiarisce come in wolof la parolaGouyèrene significhi «il baobab dalle radici che escono dalla terra».

5 In Africa la cultura viene tradizionalmente trasmessa in modo orale.6 Etnia che costituisce il 24% della popolazione del Senegal. Secondo la tradizione, i peul o fulaani sono dei pastori no-madi. Parlano polaar. La leggenda rintraccia l’origine di questo popolo nomade in Sudan e in Egitto. Anche se ai nostrigiorni la maggior parte della popolazione peul si è diventata in parte sedentaria, il bestiame costituisce ancora la prin-cipale ricchezza e risorsa commerciale.

41

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

In effetti, secondo la storia che viene tramandata, in epoche remote vi si trovava un gran-de baobab scelto dai cammellieri e dai commercianti come luogo di riposo; in seguito, il me-desimo sito venneindividuato dai peul come luogo ideale per il pascolo. È soltanto con Amadou KoubilGueye, nonno dell’attuale capo villaggio, che Gouyerène iniziò a diventare un luogod’insediamento: questi decise di installarsi per primo con la sua famiglia nell’area delbaobab, per praticare l’allevamento e l’orticoltura. Alcuni anni dopo fu raggiunto da al-tri peul, appartenenti alla sua comunità di origine, che lo nominarono poi capo villag-gio, per onorare l’audace scelta fatta! Il villaggio conta circa 700 abitanti. Fra le attivitàprincipali si riscontrano il commercio, l’allevamento e l’orticoltura.

IL GIORNO DEL MATRIMONIOSECONDO LA TRADIZIONE PEULUn tempo, la dote per il matrimonio doveva essere composta da sette buoi; ora è ri-dotta a due, secondo le possibilità. Yassine Ba, presidente del gruppo femminile diGouyerène, spiega: «Il giorno del matrimonio, la diombadio («sposa» in polaar, lin-gua dell’etnia peul) deve arrivare alla casa coniugale al mattino alle otto (invece del-la vigilia, come nella tradizione wolof). Dopo la cerimonia alla moschea la sposarientra nella casa materna per compiere rituali di purificazione che durano tutta lanotte: è l’iniziazione alla sua nuova condizione di moglie, donna pronta a lasciare lasua casa.La sposa fa un bagno purificatore con l’aiuto di tre donne che si occupano di lei. L’ac-qua è versata in un recipiente chiamato keuleu, fabbricato appositamente per la ce-rimonia; in esso vengono posti un pezzo di ceramica, delle perle (pémé), un’ascia eun anello d’argento. Durante il bagno la sposa si siede su di un mortaio. L’acqua vie-ne aspersa per tre volte cominciando dalla parte destra del corpo, partendo dallaspalla e scendendo fino al piede, poi dalla parte sinistra, ed infine sulla testa, sempretre volte. Una volta terminato il bagno, la sposa si alza facendo cadere il mortaio,senza mai girarsi indietro. Infine viene avvolta con un telo bianco in cotone che sichiama malikane.Il rituale continua in camera della madre. È un momento delicato, ultima tappa pre-paratoria alla nuova dimensione di moglie: la madre allatterà simbolicamente sua fi-glia, prima dal seno destro e poi da quello sinistro. Una volta terminato, la ragazzapuò lasciare la casa, passando sotto l’arco simbolico realizzato dalle braccia della ge-nitrice: la sposa deve uscire senza toccare sua madre.Dopo la notte di preparazione iniziatica, al mattino la sposa si reca in casa del ma-rito, accompagnata da due amiche. Il terzetto raggiunge lo sposo, a sua volta ac-compagnato da due amici, nel bar, una capanna costruita appositamente per il ma-trimonio e collocata al di fuori della casa, dove la nuova coppia deve affrontarsi inmodo simbolico. Successivamente, l’uomo rientra in casa, nella camera coniugale, ela donna deve seguirlo. A questo punto, la sposa prende tre pugni di miglio e li met-te nelle mani del coniuge: questo miglio farà parte del pranzo nuziale offerto daglisposi agli ospiti. Poi la donna si siede all’esterno, nella corte, con un layou (un piat-

42

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

43

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

to) riempito di miglio collocato sulla testa, in modo da fare mangiare un cavallo. Ilpasto condiviso con gli ospiti si tiene alla sera.Una volta consumato il matrimonio, se la ragazza si è dimostrata vergine, la fami-glia del marito offre a quella della sposa un bue e mette sotto il cuscino una sommadi 50.000 franchi CEFA. In caso contrario, rappresenterà la vergogna familiare».

TASSINÈREIl villaggio wolof di Tassinère è situato accanto a quello di Pilote. Come in quest’ulti-mo, a Tassinère la pesca rimane una delle attività economiche più importanti accantoal commercio. In passato, questo villaggio forniva un importante servizio di trasporto:da Tassinère partiva infatti una piroga che collegava tutti i villaggi di Gandiol fino aSaint-Louis.Il termine «Tassinère» ci viene illustrato da Mamadou Ka: «Ci sono molte versioni le-gate al significato di questo nome, ma secondo la più diffusa il termine vuol dire «luo-go della riunione dopo il raccolto», dal wolof tasse, incontro, e nor, che significa rac-colto. Infatti, da tempo, dopo la stagione delle piogge, l’hivernage, e del raccolto, lepersone si riunivano qui per vendere soprattutto arachidi. Da qui il nome».

INFORMAZIONI TURISTICHEDal 2001, la popolazione locale ha creato un’organizzazione molto dinamica, il GIEdelle guardie ecologiche, che opera in stretta collaborazione con il Parco. Il GIE si oc-cupa di diverse attività: guida turistica, ristorazione, ma anche conservazione e ripristi-no di aree del Parco; inoltre, in collaborazione diretta con l’autorità del Parco, le guar-die ecologiche si dedicano alla sorveglianza delle specie protette, al rimboschimentodei filao sulla Langue de Barbarie, alle attività di pulizia e di sensibilizzazione nei vil-laggi. I benefici generati della gestione turistica e dalla ristorazione vengono poi rein-vestiti per lo sviluppo della comunità e per la conservazione del Parco.

ITINERARI1) ESCURSIONE IN PIROGA ALL’ISOLA DI RIPRODUZIONE DEGLI UC-CELLI E SULL’OCEANOSi parte in piroga motorizzata dall’imbarcadero per una memorabile escursione all’i-sola di riproduzione degli uccelli, dove sotto la guida di un’esperta guardia ecologica7

sarà possibile osservare ed ammirare le specie migratrici che nidificano nel Parco. L’e-scursione continua sulla Langue de Barbarie, dove potrete ammirare l’oceano ed ap-profittare di una bagno rinfrescante! Pranzo al ristorante Heron cendré gestito dal GIEdelle guardie ecologiche. Nel pomeriggio sarà possibile organizzare un’escursione alvillaggio di Gouyerène alla scoperta della cultura peul, con uno spettacolo di musicatradizionale (previa verifica della disponibilità). All’altezza di Gouyerène è possibile os-servare il “cannone”: antico punto strategico di sorveglianza, il cannone fu costruito nel1920, in appoggio alla base militare di Balacosse.

7 Tutte le escursioni nel Parco prevedono la guida delle ecoguardie del GIE.

44

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

2) ESCURSIONE IN PIROGA ALLA FOCE DEL FIUME SENEGAL E VI-SITA DEL FARO DI GANDIOLEscursione in piroga alla foce del fiume Senegal, all’altezza di Saint-Louis, per goderedel panorama dei villaggi che bordano il fiume. Visita del faro di Pilote, simbolo di unpassato glorioso, da cui si può ammirare un panorama superbo su tutta Gandiol! Do-po l’escursione, pranzo al ristorante del GIE delle guardie ecologiche, l’Héron Cendré.Nel pomeriggio sarà possibile visitare il villaggio di Daré-Salam per scoprire le tradi-zioni maure, le sue danze, e - perché no?! - fare l’esperienza di un’escursione in cam-mello.

3) VISITA DI MOUIT E DEL FORTE BALACOSSE Partenza in calesse (o se si preferisce con la propria auto) per Mouit, cuore di Gandiol,villaggio di tradizione wolof.Visita del forte Balacosse, già base militare francese che serviva da controllo della na-vigazione marittima: situata su una duna, la località offre uno straordinario panoramadella zona. Dopo Mouit, visita ai perimetri orticoli, una della principali attività econo-miche di Gandiol.

4) VISITA DEL FARO DI PILOTE E TASSINÈRESi parte in calesse per Pilote, villaggio wolof legato alla pesca e alla tradizionale attivitàdel pilotaggio delle imbarcazioni all’interno del fiume. Visita del faro, vero simbolo delvillaggio. Secondo disponibilità sarà possibile conoscere l’attività femminile dell’essic-cazione del pesce (kethiakh). La giornata continua con la scoperta di una delle attivitàeconomiche più importanti del Gandiolais, la raccolta del sale, con la visita delle sali-ne nei dintorni del villaggio di Ndiebène (attenzione: l’attività della raccolta del sale èsvolta unicamente tra i mesi di gennaio e maggio). In seguito, ci si sposta al vicino vil-laggio di Tassinère per una visita al Petit Musée, dove si potranno conoscere i segretidella tessitura africana, l’indingo, ma anche le perle gris gris (perle talismano), e toc-care con mano le meraviglie della tradizione maure!

5) ALLA SCOPERTA DELLA CULTURA MAURE A DARÉ-SALAMSi parte in calesse per il villaggio di Daré-Salam. Sorseggiando il tè con i villageois, sipotranno scoprire la cultura maure, le sue tradizioni, l’artigianato, la musica. Possibilitàdi effettuare nei dintorni del villaggio un’escursione in cammello. Dopo la visita, os-servazione dell’isola di riproduzione degli uccelli dal villaggio di Degou Niaye: questovillaggio, infatti, si trova di fronte all’isola. Sarà dunque possibile ammirare, immersinella più totale tranquillità, lo spettacolo delle specie nidificanti!

CONTATTIE-mail: [email protected]: (00221)77548331

Teranga

45

46

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

PARCO NAZIONALEDEGLI UCCELLI DI DJOUDJ

Il Parco nazionale degli Uccelli di Djoudj si trova a 60 chilometri a nord-est della città di Saint-Louis, all’estuario del fiume Senegal che delimita la frontiera con la Mauritania. Il Parco, crea-to nel 1971, è uno dei parchi ornitologici più importanti al mondo. Compreso nella Lista del-le zone umide di importanza internazionale, dall’11 luglio 1997 è considerato «habitat perla selvaggina» secondo la Convenzione di Ramsar1. Non solo: l’UNESCO ha dichiarato il Par-co di Djoudj un santuario dell’umanità iscrivendolo nella lista dei siti del proprio Patrimoniomondiale nell’ottobre del 1981, insieme al Parco nazionale del Niokolo Koba, all’Isola diGorée e, successivamente, all’isola di Saint-Louis.La grande importanza di Djoudj deriva dal fatto che rappresenta il primo ecosistema umi-do dopo la traversata del Sahara: un vero e proprio rifugio per le specie migratrici europee.Il Parco, quindi, svolge un ruolo essenziale come habitat dell’avifauna migratrice, della qua-le detiene una delle concentrazioni più alte del continente: vi si contano più di 360 specie,con una presenza annua di circa 3 milioni di esemplari.Vero e proprio paradiso per gli amanti del bird-watching, che giungono a Djoudj per osser-vare una moltitudine di specie migratrici (oche del Gambia, spatole, cormorani, ecc.), il Par-co affascina anche coloro che non sono particolarmente appassionati di ornitologia grazieai suoi aspetti spettacolari, come le immense colonie di pellicani, e al suo ambiente davve-ro eccezionale.

COME RAGGIUNGERLOProvenendo da Saint-Louis, percorrere la strada asfaltata sino a Ross Bethio per circa25 chilometri. All’altezza di Ross Bethio un pannello indica la direzione del Parco. Dalì sono necessari altri 25 chilometri da percorrere attraverso lungo una pista di terrabattuta.

CLIMAIl clima è caratterizzato dalla transizione tra quello continentale saheliano e quello a-tlantico. Di conseguenza, le masse d’aria dei venti stagionali saheliani possono essere,a seconda della loro provenienza, umide o secche, fredde o calde. Le precipitazioni, scarse, sono diminuite sensibilmente nel corso degli ultimi vent’an-ni. Le condizioni climatiche sono in funzione di tre stagioni principali:• la stagione delle piogge, da luglio a settembre;

1 La Convenzione di Ramsar (1971) ha come obiettivo la tutela delle zone umide (definite come aree paludose, di tor-biere, di acque naturali o artificiali, permanenti o temporanee, dove l’acqua è statica o corrente, dolce, salmastra o sa-lata), in considerazione delle funzioni che queste rivestono negli ecosistemi e della loro importanza culturale, scientifi-ca e ricreativa.Situato nell’ecosistema del delta del fiume Senegal, il Parco nazionale ornitologico di Djoudj è costituito da un insieme di terremolto basse, senza rilievi marcati. I terreni che lo compongono sono recenti, risultato dell’azione simultanea del fiume, del ma-re e del vento.

47

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

• una “contro-stagione” fredda e secca, da ottobre a febbraio;• una “contro-stagione” calda e secca, da marzo a giugno.Le due “contro-stagioni” corrispondono al periodo di migrazione degli uccelli e alla ni-dificazione di alcune specie.

I BIOTOPIIl Parco è composto da quattro biotopi, corrispondenti a diversi settori:• Settore del Grand Lac. È una località di svernamento per le specie migratrici che giun-

gono qui per trascorrere l’inverno e successivamente rientrano in Europa per nidifi-care. È dotato di tre punti di osservazione degli uccelli.Dal mese di ottobre ad aprile si possono osservare fenicotteri rosa, anatre (mestolo-ni, marzaiole), oche egiziane e dallo sperone, gru coronate, spatole, avocette, com-battenti. All’epoca della stagione delle piogge nel lago rimangono specie afro-tropi-cali come la gru coronata, le anatre, le oche egiziane e dallo sperone. Durante tuttol’anno è osservabile un grande uccello raro, l’otarda. Tra gli altri uccelli terrestri vannosegnalati il corrione biondo e la ganga.Fra i mammiferi si nota la presenza di facoceri, scimmie rosse, sciacalli. Fra i rettili, pi-toni di Seba e vipere soffianti.A partire dai mesi di maggio-giugno, l’area si secca completamente. Il periodo coin-cide con il ritorno in Europa degli uccelli.

• Settore di Ndouth. Questo settore comprende il più importante punto d’attrazioneturistica: la lanca di Djoudj, dove si svolgono le escursioni in piroga. Il corso d’acquaospita la cova dei pellicani, che nidificano ogni anno tra ottobre ed aprile. La nasci-ta dei piccoli avviene a dicembre, mentre il loro allevamento continua fino ad apri-le. Fra le specie osservate si segnalano i cormorani, le anatre, gli aironi, le spatole,nonché una grande concentrazione di oche egiziane e dallo sperone e gru corona-te, tra aprile e maggio-giugno.Fra i rettili, da novembre ad aprile si nota nel territorio la presenza del coccodrillodel Nilo con i suoi piccoli. Ci sono poi alcuni uccelli acquatici, come la gallinella d’ac-qua ed il pollo sultano.

• Settore di Crocodile. Si trova a 30 chilometri dall’entrata del parco. È una héronniè-re, un luogo di nidificazione degli aironi e degli ibis. Si possono osservare anche lespatole africane, insieme ad una significativa presenza di anatre bitorzolute, oche dal-lo sperone, ecc. Tra i mesi di novembre e dicembre si riscontra una grande con-centrazione di gru coronate, che si nutrono nelle risaie di Fourarate. Dopo il raccol-to, si possono osservare alcuni rapaci, come il falco di palude e il nibbio bruno. Frai mammiferi, facoceri, sciacalli e scimmie rosse.

• Settore di Debi-Tiguet. Si tratta di una zona di tradizione risicola wolof, punto d’at-trazione degli uccelli granivori dopo il raccolto del riso. Si osservano aironi guarda-buoi, rapaci, tortore, gru coronate.

48

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

ASPETTI GEO-MORFOLOGICILa morfologia del Parco si è definita nel corso del Quaternario, in seguito a episodi cli-matici alternativamente secchi e umidi che hanno inciso sulle condizioni idrogeologi-che e su quelle marine della regione. I depositi fluvio-marini che coprono il delta delfiume Senegal sono costituiti da uno strato spesso e ininterrotto di sabbia, sormonta-to da formazioni discontinue di natura sabbiosa. L’idrografia del Parco di Djoudj è un sistema complesso formato da una serie di laghie paludi collegati tra loro.I laghi che formano il grande bacino di Djoudj sono:• il Grand Lac, il serbatoio più importante del sistema (5.500 ettari di superficie), si-

tuato a sud della riserva. È lungo 4,5 chilometri e largo al suo centro 2,3 chilometri;• il lago Khar, situato a sud del Grand Lac, esteso su un’area di 1.500 ettari. Lungo 1,8

chilometri e largo circa 300 metri, è alimentato dalla chiusa di Djoudj;• il lago del Lamantin, situato a nord del Grand Lac, che si dispiega su 1.000 ettari. Ha

una lunghezza di 2,5 chilometri e una larghezza di 500 metri; riceve l’acqua dal ca-nale del Coccodrillo, alimentato dalla chiusa di Thieguel.

Oggi il regime naturale del fiume e l’equilibrio naturale ecologico del Parco sono sta-ti modificati rispetto all’antico sistema, basato sull’alternanza di acqua dolce e salata.Di fatto, il funzionamento del sistema di Djoudj è stabilito da un sistema di chiuse in-stallate sulla diga periferica del delta, costruita nel 19642.Il sistema artificiale permette così la regolarizzazione dei livelli, soprattutto durante lastagione secca, il controllo degli smaltimenti nelle terre del delta e la loro protezionecontro le intrusioni di acqua terra salata.Inoltre ha permesso l’insediamento nelle zone periferiche di popolazioni, per lo più ditradizione nomade, che ora possono approfittare del terreno per praticare la risicoltu-ra. Questo intervento ha avuto però un altro effetto, decisamente meno positivo: laproliferazione delle piante acquatiche, che ora invadono l’acqua dolce nel bacino diDjoudj.

2 Nel 1964 è stata costruita una diga perimetrica da Diama a Thiagar, completata da dighe di protezione. Il sistema dichiuse è composto da:- il canale del Coccodrillo, equipaggiato con quattro chiuse con passaggi di 2,5 m di lunghezza e 1,5 m di larghezza; ilsuo livello di cresta si situa a +3,90 m e il livello d’uscita a -1 m circa (portata nominale 10 m3 al secondo);- la chiusa di Djoudj, dotata di quattro passaggi di 2,5 m di lunghezza e 1,5 di larghezza (portata nominale 20 m3 al se-condo).Nel 1983 viene edificata la diga provvisoria antisale del Kheune, a circa 115 chilometri dall’imboccatura, per limitare le in-trusioni della lingua salata a monte del delta.Dal 1986, il completamento della diga di Diama, a 36 chilometri dall’imboccatura, permette la protezione della maggiorparte del delta e lo stoccaggio da 250 a 500 milioni di m3 di acqua dolce, a seconda del livello massimo raggiunto (da1,50 a 2,50 m).Dal 1989, la chiusura della diga di Manantali permette di regolare il deflusso e di stoccare circa 11 miliardi di m3 di ac-qua dolce.Nel 1992 entra in funzione la diga sulla sponda destra, tra Diama e Rosso, per assicurare la protezione delle terre e ilcontrollo del deflusso idrico.Dal 1994 la diga sulla sponda sinistra permette una gestione ottimale di tutte le opere costruite.

FLORALa flora è principalmente quella tipica dell’Africa subsahariana, con formazioni arbu-stive di tamerici, diverse specie di acacia, la Balanites aegyptica; nelle zone inondatee paludose si segnalano popolazioni di tifa, Sprobolus, ninfee e salicornia.

FAUNAI PESCI

Il Parco di Djoudj conta 92 specie ittiche su di una superficie acquatica pari a 380 km2.Tale abbondanza spiega la scelta di Djoudj come zona di nidificazione, di nutrimentoe di riproduzione da parte di molti uccelli piscivori: pellicani, cormorani, aninghe afri-cane (uccelli simili ai cormorani, ma dal collo molto più lungo), mignattini, ecc. Per lostesso motivo la pesca è molto praticata dalle popolazioni insediatesi nelle zone peri-feriche.

I RETTILIFra i rettili vanno segnalati: il coccodrillo del Nilo, il varano del Nilo, il pitone di Seba,la vipera soffiante. Il varano di terra, osservato di rado nel Parco, è presente nelle zo-ne periferiche, in particolare nelle dune di Diadem e di Rhone.

GLI UCCELLIA Djoudj sono state registrate quasi 360 specie di uccelli, di cui 58 specie nidificanti.La presenza totale è stimata in più di 3 milioni di esemplari, di cui il 90% è costituitoda uccelli acquatici (per lo più specie migratrici). La specie più spettacolare è il pelli-cano bianco.Il Parco di Djoudj ospita importanti colonie di nidificazione di ibis, aironi, cormorani,aninghe e pellicani grigi; si possono osservare anche colonie miste chiamate generi-camente héronnières, luogo cioè dove nidificano gli aironi. Il periodo di nidificazionedelle specie piscivore dipende dalle quantità di pesce e d’acqua disponibili.Fra le specie migratrici che scelgono Djoudj durante la stagione fredda, le più rappre-sentative sono le anatre (marzaiole, codoni, mestoloni) e i limicoli (il combattente e lapittima reale). Le anatre si nutrono di notte, soprattutto presso le chiuse o nelle risaie.I combattenti e le pittime reali durante il giorno si ritirano nelle risaie.Il Parco fornisce inoltre riparo a importanti concentrazioni di anatre etiopiche (anatra fi-schiatrice faccia bianca, anatra fischiatrice fulva, oca egiziana e oca dallo sperone), fenicotte-ri rosa, fenicotteri nani, spatole europee e spatole africane.

I MAMMIFERIIl Parco di Djoudj è uno degli ultimi rifugi per i mammiferi del nord del Senegal. Og-gi facoceri, gazzelle e sciacalli costituiscono le sole specie presenti di grandi mammi-feri. Si segnala anche la presenza della scimmia rossa, della genetta e del gatto dellaLibia.

49

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

ASPETTI SOCIO-ANTROPOLOGICIIl Parco di Djoudj è parte integrante del bacino del fiume Senegal; per questa ragioneha svolto da sempre un ruolo di collegamento tra il commercio transahariano e il com-mercio atlantico. A seguito delle dinamiche sociali e ambientali, la regione ha visto ilpassaggio di popolazioni arabo-berbere, wolof e peul, che inizialmente sceglievanoDjoudj come luogo di passaggio per poi insediarvisi, creando così una zona di me-scolanza culturale e di coabitazione interetnica. Le attività delle diverse popolazioni e la loro evoluzione possono essere classificate indue tipi: le attività tradizionali (allevamento, pesca, commercio, agricoltura ed artigia-nato) e le attività moderne (agricoltura irrigua).L’allevamento era praticato da tutte le etnie grazie all’abbondanza di aree da pascolo;le pratiche più correnti erano quelle dei sistemi peul e maure, entrambi transumanti.La pesca veniva praticata da tutte le etnie, ad eccezione dei peul, favorita dalla vici-nanza del fiume e dalla presenza di numerosi corsi d’acqua; spesso veniva associataalla raccolta della ninfea (si veda al proposito il paragrafo sulla medicina tradizionale).Il commercio ha sempre avuto per veicolo principale il fiume. Tra le popolazioni del fiu-me e le popolazioni dell’interno si praticava un sistema di baratto; gli scambi riguarda-vano prodotti diversi: gomma, sale, cereali, prodotti artigianali e prodotti della pesca.L’agricoltura era praticata soltanto dai wolof, e sotto due forme ben distinte: l’agricol-tura da ritiro delle acque in un’area inondabile detta Walo e l’agricoltura pluviale. Que-ste zone umide, circondate da terreni aridi, erano caratterizzate da una produttività ec-cezionale, che permetteva loro di svolgere un ruolo socioeconomico molto importante.L’artigianato, riservato alle donne, si limitava alla confezione di stuoie e tessuti orna-mentali con fibre naturali; la materia prima (Sprobolus e tifa) era prelevata a Djoudj onei dintorni del fiume. Nelle antiche aree di insediamento dei villaggi, che oggi sonoscomparsi o si sono spostati, venivano raccolte perle.Attualmente la risicoltura rappresenta l’attività principale del sistema agricolo del deltain generale, e del bacino di Djoudj in particolare. L’affermazione di tale coltura è statafacilitata dalla costruzione della grande diga di Diama e dalle politiche di valorizzazio-ne condotte nella regione. La pesca è praticata ovunque, ad eccezione di Fourarate.L’artigianato riguarda prodotti diversi (pipe, astucci, portachiavi, tessuti, ecc.) preparatidalle donne a partire dalle pelli, dallo Sprobolus e dalla tifa; questi prodotti sono com-mercializzati in Mauritania e nel negozio turistico del Comitato intervillaggi (boutik-bi),all’ingresso del Parco.I sette villaggi delle zone periferiche sono insediamenti abbastanza antichi, risalenti adun periodo compreso tra il sedicesimo e l’inizio del ventesimo secolo. Si tratta di quat-tro villaggi maure (Diadem I, Diadem II, Diadem III e Rhone), due wolof (Debi e Ti-guett) ed un villaggio peul (Fourarate).In essi coesistono vari tipi di organizzazioni: si tratta in primo luogo di organizzazionitradizionali di mutua assistenza, che oggi vengono sempre più sostituite da altre di ti-po moderno chiamate, a seconda della forma, della composizione e delle attività svol-te, sezioni di villaggio, gruppi d’interesse economico (GIE), associazioni, gruppi di pro-mozione femminile, ecc.

50

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

FOURARATESituato ad una trentina di chilometri dall’entrata del Parco, nel settore di Crocodile,Fourarate è l’unico villaggio peul di Djoudj. Fu fondato da Samodi Birome, originariodi Djoloff, che verso gli anni cinquanta si era installato inizialmente a Ndiawdoun. Co-me ci spiega Moussaka - il capo del villaggio, dal volto fine ed asciutto, ornato da unturbante scuro (elemento caratteristico della tradizione nomade) - all’epoca i peul ini-ziarono ad insediarsi nella zona poiché in essa, per via dei molti alberi, avevano indi-viduato un luogo propizio per il pascolo: di conseguenza aveva cominciato a prende-re forma un piccolo villaggio, composto in origine da quattro famiglie. Ecco dunquel’origine del nome del villaggio, che richiama il nome di una specie di acacia (Acaciaalbiola), kadd in wolof, thiaski in polaar e afrarat in hassaniya, lingua dei maure.Il gregge, cuore dell’economia e della cultura peul, rappresenta l’orgoglio, determina ladote (tangue in lingua polaar) del matrimonio, costituisce segno di ricchezza. Secondola ripartizione tradizionale del lavoro, le donne si occupano della mungitura, mentre gliuomini sono incaricati dell’allevamento del gregge. La pratica dell’allevamento ha favo-rito, da sempre, lo sviluppo di un artigianato tecnico, funzionale a questa attività. Ne so-no esempi i piatti in legno, i coperchi di paglia finemente intrecciata (utilizzati per la mun-gitura e per la produzione del burro) e i cappelli realizzati col medesimo materiale.A Fourarate i matrimoni sono celebrati secondo la tradizione peul. La festa dura duegiorni, durante i quali la condivisione dei pasti, la danza e la musica tradizionale conla gnagnorou (chitarra monocorde, riti in wolof), l’hoddou (altra chitarra monocorde)ed il buba (strumento tradizionale peul) diventano i protagonisti. È il bambado (griotin polaar) che si incarica di coordinare la festa, facendo riferimento alla tradizione o-rale e unendo sapientemente le proprie capacità oratorie e teatrali.Oltre all’attività tradizionale dell’allevamento, l’insediamento ha facilitato lo sviluppo dinuove attività economiche, tra le quali occupa un posto importante la risicoltura.

DÉBIIl villaggio di Débi dista 15 chilometri dall’entrata del Parco e conta una popolazionedi circa 2.100 abitanti. Fondato verso il 1508, cambiò diverse aree di insediamento pri-ma di occupare la posizione attuale. Villaggio di tradizione wolof, comprende un quar-tiere maure: in seguito al conflitto tra Senegal e Mauritania del 19893, infatti, alcunimauritani, che erano soliti attraversare la frontiera per il commercio (acquisto del ri-so), cominciarono ad installarsi al di là del fiume. Ad oggi le relazioni commerciali tran-sfrontaliere continuano, in particolare con il villaggio che si trova sull’altra sponda delfiume, Ker Macen, omologo mauritano di Débi. I due villaggi rappresentano un e-sempio di fusione culturale, al punto che si registrano matrimoni interetnici. MalickWade, notabile del villaggio, sottolinea la valenza economica di Djoudj, in quanto ba-cino di raccolta, di pesca, d’allevamento che da sempre ha attirato l’insediamento dinumerose popolazioni. In particolare, al momento dell’insediamento, gli abitanti diDébi avevano privilegiato una zona che oggi si trova all’interno del Parco, vero bacinocentrale per la raccolta della ninfea e la pesca.

3 Tra il 1989 e il 1991, la crisi tra Senegal e Mauritania sfociò in un conflitto, con migliaia di profughi da ambo le parti.

51

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

Ad oggi, la principale attività è rappresenta dalla risicoltura, come testimoniato dallapresenza di un piccolo stabilimento di trasformazione del riso che si trova tra il villag-gio di Débi e il vicino Tiguett. Grazie alla diga di Diama, ora è possibile avere due rac-colti annuali di questo cereale. Vi si praticano anche la pesca e l’allevamento.Fra le attività artigianali, va segnalata la produzione di collane e di tessuti che sono ven-duti nel negozio turistico presso l’ingresso del Parco (boutik-bi).L’attività di sartoria rappresenta il cuore dell’artigianato di Débi: i tessuti sono tinti e la-vorati con cera per creare motivi e disegni artistici. Le tinture utilizzate sono pigmentinaturali estratti da piante che si trovano nel Parco.

MEDICINA TRADIZIONALE La medicina tradizionale, fat thiossan in wolof, include quell’insieme di conoscenze ecompetenze che i guaritori devono apprendere e trasmettere di generazione in ge-nerazione per poter curare con medicine a base naturale. È sinonimo di sapere, tra-dizione, esperienza che si sono tramandati fino ai nostri giorni. Fra le piante utilizza-te presenti a Débi ed a Djoudj in generale, la ninfea (diakhar in wolof) è una dellepiù utilizzate nella medicina tradizionale e nell’alimentazione. Secondo il tipo di nin-fea (ce ne sono tre: Nymphaea micranta, Nymphaea lotus e Nymphaea maculata) eil dosaggio, si possono trattare diverse tipologie di malattie, fra le quali il diabete, ilmal di pancia, la tosse e la stanchezza. Secondo la tradizione, le donne sono le solepersone incaricate del raccolto.Il Tamarix senegalensis (tamerice, guédj in wolof) è utilizzato come coagulante.Le foglie della Salvadora persica (ngaw) sono usate per curare il raffreddore; occorreschiacciarle e respirare profondamente il composto. Le radici vengono adoperate perlottare contro i reumatismi; occorre macerarle nell’acqua e bere l’infusione così otte-nuta per quattro giorni.Le foglie dell’Acacia nilotica (nep nep) sono utilizzate per combattere il mal di pan-cia. I suoi frutti vengono adoperati per conciare le pelli.La Calostropis procera (melo di Sodomia, paftane in wolof) viene impiegata sia con-tro il mal di denti sia, mescolata a foglie di tabacco, per smettere di fumare.Gli stessi guaritori spiegano che la fat thiossan deve essere accompagnata da alcuneformule, da riti precisi conosciuti soltanto da pochi iniziati.Aminta Doudou Diaw, guaritrice di Débi specializzata nella cura dei bambini, parladi un particolare medicamento chiamato toul che è in grado di preparare. Il toul è diorigine animale (deriva infatti dalla genetta) e serve per proteggere la pelle dal tagliodelle lame. Spiega Aminta: «Preparo il composto e lo metto in un gris gris4 che la per-sona deve conservare a livello del torace. Dopo devo ripetere più volte alcune formu-le. Con questo toul non importa la pressione del coltello: non si verrà mai feriti».Ndiobousène Atermane, guaritrice specializzata in problemi legati alla gravidanza,ha ricevuto dai propri genitori la capacità di comprendere quando un feto sta occu-pando una posizione scorretta e quindi di riuscire, grazie a formule e ad un preparato, a ristabilirne la corretta posizione: «Quando il bambino è posizionato ma-le, preparo un prodotto specifico che deve essere messo sul ventre della donna. 4 Talismano usato per proteggere la persona.

52

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

Contemporaneamente devo ripetere più volte alcune formule. In questo modo, ilbambino troverà la sua posizione corretta.Dopo il parto, invece, è buona cosa per tutti i bambini fare un bagno con il nep nep.È il migliore antibiotico: serve a rafforzare la pelle. Occorre mescolare il nep nep conl’acqua».Marito Taw è il grande marabout, il guaritore più conosciuto del villaggio e della zo-na per le sue capacità straordinarie, che possono «all’ultimo minuto riuscire dove glialtri guaritori hanno fallito». Inoltre è conosciuto per la sua capacità «di fare uscire ildemone» quando una persona è posseduta da uno spirito: «Quando c’è una perso-na posseduta, prima del trattamento devo innanzitutto sputargli addosso. Soltantodopo potrò fargli bere un prodotto specifico, accompagnato da formule. A questopunto il demone potrà liberare l’individuo».Medicina tradizionale, spiriti, cultura, pianta e terra… tutto si fonde e si mescola: «Glispiriti rap abitano alcuni luoghi, e diversi guaritori - come mio padre ed io - hanno lacapacità di vederli e di comunicare con loro. A volte ad ore tarde mi incammino e va-do ad incontrarli per comunicare. La comunicazione con i rap è qualcosa che si ere-dita: io l’ho ereditata e imparata da mio padre. È molto pericoloso incontrare i rap,poiché quando non si è in grado di farlo, non si sa quello che può succedere. Perquesto motivo è vietato ai bambini uscire da soli al crepuscolo: loro non hanno glistrumenti necessari per comunicare…».Ci sono alcuni spiriti che sono legati ai luoghi, e secondo il grande marabout a Djoudjse ne trovano molti. Vengono chiamati boromdeuk: «Occorre fare attenzione con iboromdeuk. E ci sono luoghi dove si fanno sacrifici per rendere propizi i rap, ma que-sti luoghi sono segreti e sacri». Un piccolo aneddoto ci aiuta a comprendere: «Tem-po fa, alcuni poliziotti volevano andare ad abitare in un luogo accanto a Débi che e-ra stato vietato perché abitato dai boromdeuk. Nonostante gli avvertimenti, i poliziottidecisero di installarsi e costruirono il loro accampamento. Una volta terminati i lavo-ri, una grande tempesta devastò ogni cosa. Erano stati messi in guardia… Con i bo-rom non si scherza!».

TIGUETTSituato a nord-ovest del Parco, a 14 chilometri circa dall’ingresso, Tiguett fu creato nel1809 e venne spostato due volte. All’origine occupava l’area di Gainthe, luogo privile-giato per la pesca e la raccolta della ninfea5; in seguito, a causa di un’epidemia di pe-ste, il villaggio fu trasferito sull’altra sponda del fiume. La posizione attuale venne oc-cupata nel 1976, dopo l’istituzione del Parco.Il termine «tiguett» affonda le proprie origini nella lingua araba, in cui «tien-guett» si-gnifica isolotto, luogo circondato d’acqua. Villaggio di etnia wolof, conta una popola-zione di circa 2.000 abitanti. Come nel vicino villaggio di Débi, successivamente agli e-venti del 1989 vi si è insediata una presenza maure; ma come viene sottolineato daAbdou Karim Gueye, attuale capo del villaggio, i legami di parentela con la famiglia diTakhradiente (della Mauritania) risalgono a molto tempo prima.5 Nell’area di Gainthe, dove si trovano grandi distese sabbiose, sono presenti tracce di abitazioni, resti di vasellame eperle di antiche collane. Queste ultime vengono raccolte ancor oggi dalle donne per farne nuovi ornamenti.

53

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

In passato, le principali attività erano la raccolta della ninfea, la pesca e la coltivazionedel miglio. Oggi, con l’apertura della diga di Diama, che ha facilitato il controllo del-l’acqua dolce, la principale attività economica è costituita dalla risicoltura. Tiguett condivide con Débi il un piccolo stabilimento di trasformazione del riso, che u-nisce, come la scuola, i due villaggi:un’associazione di contadini dei due villaggi ha creato infatti una piccola unità di tra-sformazione di prodotti agricoli.Come Débi, Tiguett è un vero esempio di coabitazione interetnica tra wolof e maure.Fra le attività tradizionali svolte nel villaggio va segnalato l’artigianato prodotto della ca-sta tradizionale, quella dei fabbri. Fra le attività femminili sono praticate la tintura deitessuti, la sartoria e l’intrecciatura delle stuoie con la canna palustre (tag in wolof).

RHONESituato a circa 5 chilometri a sud dall’entrata del Parco, il villaggio di Rhone fu fonda-to nel 1809 da Mbarack Mahmouth Fall, originario della Mauritania. Il villaggio, di et-nia maure6, è il solo villaggio delle zone periferiche di Djoudj a non aver mai subitospostamenti. È Zeidine Fall, attuale capo del villaggio, che ci aiuta a comprendere il si-gnificato del nome Rhone e la sua storia: «In wolof rhone è il nome di un albero, untipo di palma che in hassaniya si chiama nakhal. All’epoca della creazione del villag-gio c’erano ovunque palme: furono i wolof che cominciarono, per questo motivo, achiamare il nostro villaggio «Rhone», ed a quel tempo era vero!».In passato, le principali attività erano quelle legate alla vocazione nomade dell’etnia,dunque il commercio e l’allevamento. Oggi, accanto alle attività tradizionali, si pratica-no la pesca, l’agricoltura e talvolta la raccolta della ninfea. A questo proposito, Adma-dou Fall spiega: «Innanzitutto, è necessario preparare i semi prima di cucinarli. Occor-re raccogliere i semi, che si trovano nell’acqua. Dopo bisogna toglier loro la pelle,schiacciarli e farli essiccare. In seguito vanno cucinati per 25 minuti prima di schiac-ciarli una seconda volta. A questo punto sono pronti per esser impiegati in cucina, con diversi utilizzi:- ndoumpe: composto dei semi con latte fresco;- nialasse: semi cucinati con pesce e carne;- nieiloute: è la varietà più fine di semi, da preparare con la carne ed il pesce;- mbalal: utilizzati per la preparazione di un brodo, rimedio per combattere la stan-chezza».Riguardo alle attività femminili, a Rhone va segnalata la pratica di attività di tradizionemaure come l’intrecciatura di stuoie con il njibiss (nome maure dello Sprobolus, chea Djoudj è considerato infestante). Le donne tagliano i giunchi, li raccolgono in mazzie li intrecciano a mano con filamenti di cuoio, che vengono poi tinti e intrecciati in ma-niera da formare motivi caratteristici.

6 L’etnia maure, originaria della Mauritania, è presente nel nord del Senegal. Di tradizione nomade, utilizza la lingua a-raba sotto forma dialettale (hassaniya).

54

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

La raccolta delle perle e la fabbricazione delle collane rimangono tra le attività tradi-zionali più significative. Inoltre, viene esercitata la conciatura delle pelli di pecora, muc-ca, capra; la pelle è cucita con i semi del nep nep (Acacia nilotica).Oggi Rhone conta una popolazione di circa 870 abitanti.

DIADIEM IIISituato a 800 metri dall’entrata del Parco, Diadiem III è il più antico dei tre villaggi cheportano il nome di Diadiem. Fu fondato nel 1461 da Hameth Niali, un wolof, Bidiel, unsérère, Hamar Gueye, un maure, e due donne maure. Pare che i maure in questioneappartenessero ad una grande famiglia chiamata Coumleyline che in seguito si di-sperse tra cinque villaggi del Senegal, tra cui appunto Diadiem III. All’epoca della fon-dazione, e fino al 1964, si trattava di una comunità nomade che abitava le tradiziona-li haima7 e che trascorreva la stagione delle piogge a Gainthe (per la raccolta della nin-fea e per la pesca) ed una parte di stagione secca sull’altra sponda del fiume Senegal.Quando il villaggio fu spostato, venne privilegiata la posizione attuale, poiché vi si tro-vava un pozzo.Yerem Diouf racconta che esistono diverse leggende legate alla scelta del nome del vil-laggio: «Sembra che all’epoca un bianco fosse rimasto con la comunità per circa dueanni. Un giorno alcuni stranieri bianchi di passaggio gli chiesero il nome del villaggio;allora lui rispose jamm, «pace», da cui diadiem. Secondo un’altra versione, Diadiemtrova la sua origine in diaye diom, che significa «coraggio»: come quello che avevacontraddistinto il primo gruppo fondatore».Oggi il villaggio conta una popolazione di circa 800 abitanti. Fra le attività praticate da-gli uomini si segnalano la pesca, la risicoltura e l’allevamento. Fra le attività femminili,le attività di intrecciatura di fibre naturali (con lo Sprobolus).

HENNÉ È un’arte tradizionale praticata dalle donne maure in tutto il mondo arabo. Le manied i piedi vengono abbelliti con disegni molto elaborati, motivi realizzati nei toni del-l’henné rosso o nero. Vera espressione di bellezza e seduzione, l’henné esprime l’impor-tante ruolo occupato nella cultura maure dall’eleganza femminile. Inoltre, la sua praticaè anche un mezzo di espressione per l’artista, che sperimenta così la propria creatività etecnica. Secondo la tradizione, erano i fabbri ad essere incaricati di quest’attività.

DIADIEM IIDiadiem II è situato nel settore di Crocodile, a circa 26 chilometri dall’entrata del Par-co. Fu fondato nel 1826 da Matar Bah Diop, un maure che decise di installarsi all’in-terno dell’attuale Parco, verso il settore di Gainthe. All’epoca gli abitanti, dei maure no-madi, durante il periodo dell’hivernage si installavano a Gainthe e durante la stagionesecca si muovevano in aree prossime agli odierni confini del Parco. Oggi il villaggioconta una popolazione di circa 720 abitanti.

7 Tradizionale abitazione maure, dalla struttura agile, non in cemento, pratica per gli spostamenti.

55

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

Mohammed El Fakh Diop, attuale capo del villaggio, ci spiega che presso di loro la cul-tura e la tradizione ricoprono il ruolo più importante. Cita, a questo proposito, un pro-verbio maure: «Med ba wouladin maure», che in wolof significa: «Il varano nell’acquanon sarà mai un coccodrillo». In effetti, la pratica delle attività tradizionali è estrema-mente diffusa, sia da parte delle donne che degli uomini: la tessitura, l’intrecciaturadelle stuoie, la conciatura delle pelli, la creazione di gioielli… Splendidi esempi di qua-lità della cultura maure che si trovano in vendita, come i prodotti degli altri villaggi diDjoudj, alla boutik-bi. Una prova dell’importante ruolo svolto dalla tradizione è la pre-senza a Diadiem II, unico tra i villaggi omonimi, della casta dei fabbri, una delle classisociali più importanti. La classe dei fabbri è ereditaria e, per preservarne la purezza dicasta, i matrimoni misti sono vietati, anche ai nostri giorni. Rispetto ed ammirazionehanno sempre accompagnato il lavoro di questa casta sociale, la cui attività principaleoggi non riguarda più la produzione di armi, come in passato, ma la creazione digioielli e di pipe.

MATRIMONIO MAURESecondo la tradizione africana, il matrimonio è una vera alleanza tra famiglie. Nellacultura maure, il matrimonio dura sette giorni, durante i quali cerimonie e pasti ac-compagnano la coppia appena costituita. La settimana del matrimonio si apre conla cerimonia alla moschea, verso le sette della sera. Dopo, la coppia e gli ospiti si re-cano alla casa dello sposo. I festeggiamenti cominciano con la danza dei fucili, chepoi lascia il posto alla danza dei bastoni ed alla musica. Le danze sono accompa-gnate dagli strumenti della tradizione maure come il talaba, un tam-tam che le don-ne suonano con un bastone.La sposa indossa la gafa, una decorazione che si mette sul capo, e la malfa nileu, iltradizionale abito velato maure. Lo sposo porta un grande bou bou nero o bianco.Durante i diversi giorni delle cerimonie i pasti sono composti da piatti a base di carne,couscous e datteri mauritani, accompagnati dalla zirite (bevanda tradizionale a basedi latte cagliato, zucchero e acqua) e dalla tajine (minestra con patate, carne e pepe).Il settimo giorno si conclude con una grande festa per gli sposi e gli amici più caridella nuova coppia. Durante le settimane che precedono il matrimonio le donne, esoprattutto la sposa, devono intessere, con fibre naturali, una stuoia molto grande,che si chiama hassera.Oggi il matrimonio maure, invece di una settimana, dura generalmente due soli giorni.

DIADIEM ISituato circa a 17 chilometri dall’entrata del Parco, Diadiem I fu fondato nel 1792 da Ha-baïdate Diop, un bambara originario di Ségou, in Mali. Gli abitanti di Diadiem I, mauredi tradizione nomade, praticavano una piccola transumanza. Prima di stabilirsi nel 1972nell’attuale posizione, ad est del Parco, Diadiem I aveva occupato diverse altre zone:dapprima l’area oggi sede della base del Parco, poi Yonu Ndiob e Telle Djoudj. L’origi-naria posizione, riparo per le greggi, era situata a Ndiasor, parola che significa «postodove si mettono le tende». Il villaggio conta una popolazione di 850 abitanti.

56

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

57

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

Fra le attività praticate oggi sono presenti, come negli altri villaggi maure, la risicolturae la pesca, accanto alle attività della tradizione nomade. Le donne svolgono le attivitàlegate alla tradizione maure: la conciatura delle pelli, la tessitura e l’intrecciatura dellestuoie.Il vero cuore del villaggio è rappresentato dal Grand Lac, kira in hassaniya: era il po-sto, infatti, dove grazie all’abbondanza d’acqua crescevano le ninfee.

L’ARBRE À PALABRE NELLA TRADIZIONEE IL BAOBAB DI DIADIEMIl racconto orale (palabre) riveste un ruolo fondamentale nella cultura africana. Lapalabre, atto sociale, è un’arte che deve essere padroneggiata, appresa ed utilizzatain contesti precisi. Per questo motivo, la palabre deve essere usata in luoghi adeguati.E cosa c’è di più adeguato dell’ombra di un grande baobab per esprimersi sulla vitasociale, politica, religiosa ed economica della comunità? Luogo di coesione sociale, l’arbre à palabre possiede anche un’importante valenzasimbolica: è infatti l’anima del villaggio, che vive in totale simbiosi con i suoi abitan-ti. Nell’antico sito di Diadiem I, Ndiasor, si trovava un grande arbre à palabre, un bao-bab chiamato tedouma: la leggenda narra che dopo lo spostamento di Diadiem lesue foglie smisero di crescere. Dice Yally Diop, guardia ecologica del Comitato inter-villaggi: «Si è parte della terra e la terra fa parte di noi, come il baobab. Djoudj faparte di noi, è la nostra ricchezza».

INFORMAZIONI TURISTICHE

COMITATO INTERVILLAGGIIl Comitato intervillaggi di Djoudj è un esempio di gestione partecipativa, approcciopraticato da una decina di anni nei parchi nazionali del Senegal. A Djoudj, le popola-zioni delle zone circostanti si sono raccolte in un Comitato per lavorare insieme allosviluppo del Parco. Il Comitato coordina strutture specifiche, fra quale vi sono il GIE(Groupment d’Intéret Économique) delle guardie ecologiche (cui ogni villaggio forni-sce alcune guardie che organizzano le escursioni nel Parco) e il comitato per l’ecotu-rismo integrato, che hanno come scopo lo sviluppo del Parco con il sostegno del suoConservatore. I profitti generati dalla gestione turistica (noleggio piroghe, boutik-bi ecampement) vengono poi reinvestiti per lo sviluppo della comunità ed per la conser-vazione del Parco.

CAMPEMENT NJAGABAARIl campement è situato nel villaggio di Diadiem III, a 800 metri dall’ingresso del Par-co. Gestito dagli abitanti dei villaggi che vivono attorno al Parco, con la sua attività con-tribuisce alla salvaguardia del Parco e allo sviluppo delle zone circostanti. Il campe-ment è composto da quattro bungalow dotati di ogni comfort e da un ristorante. Èpossibile campeggiare con tende.

BOUTIK-BILa boutik-bi, negozio artigianale posto all’ingresso del Parco, è stata realizzata nel 1996nel quadro del Piano quinquennale di gestione integrata del Parco. Vi si trovano e-sposte in vendita le produzioni artigianali locali.

L’ECOMUSEOÈ una sala d’esposizione, realizzata nell’area del posto di comando del Parco, dovepannelli di diverso tipo illustrano le caratteristiche biologiche naturali e socioculturalidel Parco e della sua periferia.

ITINERARI

1) ESCURSIONE IN PIROGA ALL’ISOLA DI NIDIFICAZIONE DEI PELLICANIDall’imbarcadero, situato a sette chilometri dall’entrata del Parco, si parte per la straor-dinaria esperienza di un’escursione in piroga nel cuore di Djoudj, fino all’isola di nidi-ficazione dei pellicani. Durante la visita potrete ammirare un gran numero di cormo-rani, spatole, aironi e rapaci, senza dimenticare i coccodrilli del Nilo, le scimmie rosseed i facoceri!

2) ALLA SCOPERTA DEL GRAND LAC

Si parte in calesse o in bicicletta (o se si preferisce con la propria auto)8 per il GrandLac, sito di svernamento delle specie migratrici che lasciano l’Europa per passare l’in-verno a Djoudj. Approfittate dei mirador, i punti di osservazione presenti sul lago, perammirare, in totale tranquillità, i fenicotteri rosa e le anatre. Assaporate con calma le meraviglie della natura, approfittate dello spettacolo unico cheil Grand Lac vi offre! Dopo la visita del lago, potrete sostare al mirador del lago di Khar.

3) ESCURSIONE A GAINTHEPartenza in calesse o in bicicletta (o se si preferisce con la propria auto) per il settoredi Gainthe, luogo privilegiato d’osservazione di scimmie rosse, sciacalli, pitoni e faco-ceri. Nella zona sarà possibile effettuare un’escursione a piedi fino al circuito diGainthe, antico sito dei villaggi periferici di Djoudj ed oggi luogo di raccolta delle per-le. Il circuito è accessibile a partire dal mese di marzo fino a giugno; è inaccessibile trai mesi di ottobre e febbraio a causa delle inondazioni. Dopo la visita del grande lago,sosta al mirador del lago di Khar.

In tutti e tre i casi, dopo l’escursione si ha la possibilità di pranzare al ristorante delcampement Njagaabar e, nel pomeriggio, quella di visitare un villaggio, all’insegna del-la scoperta della tradizione e della cultura maure, peul o wolof.

8 È possibile effettuare la visita sia con la vostra automobile sia affittando biciclette o un piccolo carro al boutik-bi o al campement Njagabaar.

58

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

CONTATTIBoutik-bi: (00221) 779638708Campement e ristorante Njagabaar: (00221) 776564790E-mail: [email protected]

PRESENTAZIONEParchi, acque, fauna e flora: un patrimonio di tutti e per tuttiUna guida di tutti e per tuttiIl SenegalI parchi naturali in SenegalIl Parco nazionale degli Uccelli di DjoudjIl Parco nazionale della Langue de Barbarie

59

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE

60

Teranga

ECOGUIDAdel

ParcodiDJOUDJ

eDELLALANGUE

deBARBARIE