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39 Europa: problema di una identità fra questioni antiche e contraddizioni contemporanee di GIUSEPPE LIMONE * Abstract Europe bears an identity whose nature can be examined from both an historical and a geo-political point of view. It is therefore necessary to question some of the qualities that characterize its identity in time and space. To locate such identity, we need to focus on some of the characteristics that have marked its history: the Logos, the individual, history, law, secularism, science, the rule of law and welfare state. Europe, placed in the current world, characterized by complexity and speed, assumes a different identity, in which all the traits identified above are beginning to operate in a way which ± paradoxically ± move away from the original features of its history. In this sense, it could be said that Europe today is subjected to a severe test of identity. Key words: Logos, individual, secularism, rule of law, complexity, speed 1. Premessa Nel brevissimo e mirabile racconto Il messaggio dellImpe- ratore, Franz Kafka immagina la vicenda del messaggio inviato dallimperatore morente al più piccolo e remoto suddito del suo impero. Muoveremo da questo apologo per capire una parte del problema che ci tocca: lidentità dellEuropa allinterno di un * Seconda Università degli Studi di Napoli Europea ISBN 978-88-548-9252-1 DOI 10.4399/97888548925213 pp. 39-64 (maggio 2016)

Europa: problema di una identità fra questioni antiche e contraddizioni contemporanee, in 'Europea', 1(2016), Aracne Editrice

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Europa: problema di una identità fra questioni antiche e contraddizioni contemporanee

di GIUSEPPE LIMONE*

Abstract

Europe bears an identity whose nature can be examined from both an historical and a geo-political point of view. It is therefore necessary to question some of the qualities that characterize its identity in time and space. To locate such identity, we need to focus on some of the characteristics that have marked its history: the Logos, the individual, history, law, secularism, science, the rule of law and welfare state. Europe, placed in the current world, characterized by complexity and speed, assumes a different identity, in which all the traits identified above are beginning to operate in a way which paradoxically move away from the original features of its history. In this sense, it could be said that Europe today is subjected to a severe test of identity.

Key words: Logos, individual, secularism, rule of law, complexity, speed

1. Premessa Nel brevissimo e mirabile racconto Il messaggio dell Impe-

ratore, Franz Kafka immagina la vicenda del messaggio inviato dall imperatore morente al più piccolo e remoto suddito del suo impero. Muoveremo da questo apologo per capire una parte del problema che ci tocca: l identità dell Europa all interno di un

* Seconda Università degli Studi di Napoli

EuropeaISBN 978-88-548-9252-1DOI 10.4399/97888548925213pp. 39-64 (maggio 2016)

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mondo, quello contemporaneo, che ha trasformato radicalmente i suoi connotati.

Interrogarsi su un problema di identità significa due cose: domandarsi cosa sia questa identità nel tempo e che cosa sia nello spazio. Ciò vuol dire interrogarsi sull identità in termini diacronici e sincronici.

Quando si parla di un identità nello spazio ossia di uno spazio storico-sociale bisogna interrogarsi su qualcosa che ha una vaga aria di famiglia con l identità di un pezzo metallico, aria di famiglia da assumere, naturalmente, cum grano salis. Un pezzo metallico può considerarsi uno a condizione che resista a tante possibili forze che ne mettano in questione l unità. In que-sto senso, il pezzo è uno a condizione che esso resista allo stress esercitato da una forza che lo collauda. Potrà parlarsi, in questa prospettiva, di una forza di flessione, di trazione, di compres-sione, di torsione.

Un Europa esiste come identità a due condizioni: a condi-zione che faccia riferimento a una comunità di base (un demos) e a condizione che questo demos resista a forze che tendano a disarticolarlo. In che senso e in che modo oggi questa Europa è tale? Ossia, in che senso e in che modo può sostenersi che un finlandese sia disposto a fare sacrifici per un italiano o vicever-sa? Solo a queste condizioni può dirsi, infatti, che esista una comunità civile, ossia quella identità sociale che, nel farsi porta-trice di una volontà comune, diventa popolo. Si badi: abbiamo detto comunità civile e non società civile, perché, a nostro avvi-so, i due concetti non sono affatto sovrapponibili, così come ab-biamo cercato in altra sede di precisare analiticamente1. La crisi economica attraversata dal mondo contemporaneo può essere un significativo test all interno di questa domanda. Si tratta di questione non da poco. Essa coinvolge l esistenza di una co-scienza comune e di una storia.

Non meno importante è l altra condizione di cui si diceva, costituita dal fatto che un Europa sia storicamente riconoscibile

1. Si veda G. LIMONE, La catastrofe come orizzonte del valore, Monduzzi, Milano

2014, pp. 59-65.

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nel tempo, in quanto nata da un nucleo forte che ne rappresenti l identità. Muoveremo, nella nostra analisi, da questa seconda condizione. In che termini e in che limiti può parlarsi di una i-dentità dell Europa e della sua storia? Una tale domanda ci con-sente di compiere alcuni passi, attraverso i quali cercare di deli-neare una possibile unità esistita e resistita nel tempo.

2. Il Logos

Il primo nucleo identitario dell Europa è certamente l idea

del Logos. Si tratta dell idea di una ragione capace, in dialettica con altri discorsi, di resistere agli attacchi, di argomentare e di imporsi attraverso un dialogo libero e strutturato. Una tale idea è certamente di matrice greca ed ha rappresentato la costruzione simbolica alla quale si è dato, nel tempo del cosiddetto illumini-smo greco, il nome di filosofia. Si tratta di una matrice che, di-staccandosi da un mondo puramente teologico, si porrà all ori-gine di saperi scientifici sempre più particolari e specializzati. Può vedersi, all origine di questo Logos, una precisa genealogi-a, consistente nella contrapposizione a un Nomos.

La Forza costituente che si impone, fin dalle origini antichis-i-

ficazioni, che non si sottomette a un Logos, che non si presta a essere discussa da una Ragione. Si tratta della Forza che si im-pone come forza e che, imponendosi, è Nomos senza Logos. Questo Nomos è una Forza che apre la realtà, lo stesso spazio e lo stesso tempo, perfino l essere delle cose, ponendosi come radicale potenza di contrazione all origine. Potremmo addirit-tura dire che qui, ancor prima dell Essere e dell Uno, si dia uno Zero onni-aprente che fonda. In questo orizzonte si dà un No-mos che si impone in quanto universale e necessario, per tutti e per sempre. È un Nomos che non ammette manipolazioni né duplicazioni artificiali. Esso si dà nella sua bruta datità, nella sua fatticità universale ed eterna. Potrebbe essere pensato, se vogliamo, come il Fato, che è anonimo, impersonale, onnipo-tente e irresistibile: una Forza assoluta senza volto.

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La prima idea del Nomos è, perciò, l idea di qualcosa che costituisce un eccezione fondante. Diciamo eccezione perché il Nomos non è sottoposto a una regola né può essere pensato se-condo il criterio di una regola: questo Nomos si impone in quan-to si impone; è Forza in quanto forza. Un tale Nomos che, an-che attraverso la lezione di Schmitt2, ancora oggi conserva, al-meno come idea, tutta la sua potenza indiscutibile ha attraver-sato l antichità ed è arrivato fino a noi come un filone possibile della condizione politica e della stessa civiltà.

Questo Nomos, nella declinazione che ne dà Pindaro in una famosa lirica3, diventa Nomos Basileus. Nomos Basileus dice Pindaro è quella Legge sovrana che non ammette discussioni e che si afferma in quanto tale. Essa è sintesi di «Dike» e di «Bia»4. Dike e Bia sono le formule con cui la grecità intende la giustizia e la forza fisica. Ma Pindaro si colloca in un epoca, per dir così, già in qualche misura secolare, perché in essa si è acce-sa la coscienza, che sottopone, anche suo malgrado, ogni cosa al pensiero di un Logos. Pindaro quindi, nel momento in cui pensa questo Nomos come sintesi di Dike e di Bia, sta già pensando che, in realtà, questo Nomos dovrebbe potersi giustificare alla luce di una Dike, di una Giustizia. Pindaro concepisce un tale Nomos nel suo poter essere contrastato alla luce di una coscien-za e/o di una forza artificiale che possa in qualche modo imitar-lo. Siamo quindi in un tempo proto-secolare in cui cominciano a emergere crepe all interno di un Nomos assoluto che s imponga nella sua potenza ingiustificata e ingiustificabile. Un Nomos as-soluto, infatti, non ammette né la possibilità di giustificazione, né la possibilità di una duplicazione artificiale. Un Nomos che si confronti con la coscienza di una Dike o con la possibilità di una forza statuale che lo imiti, non è più, in realtà, un Nomos

2. Cfr. C. SCHMITT, Il Nomos della terra nel diritto internazionale dello «jus pu-

blicum europaeum», Adelphi, Milano 1991. 3. Si tratta del frammento n. 169 delle Nemee tratto da PINDARO, Tutte le opere:

Olimpiche-Pitiche-Nemee-Istmiche-Frammenti, Introduzione, traduzione, note e appara-ti di E. Mandruzzato, Bompiani, Milano 2010.

4. M. GIGANTE, Nomos basileus, Bibliopolis, Napoli 1993.

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assoluto, ma un Nomos ormai calato in un tempo secolare, cioè in un tempo della coscienza.

Sia che il Nomos venga pensato socraticamente alla luce del-la giustizia, sia che il Nomos venga sofisticamente pensato alla luce di una forza statuale che artificialmente e a suo arbitrio lo imiti, siamo pur sempre in un tempo di crisi della sua assolutez-za. L apparire nello scritto di Pindaro del riferimento alla Dike e alla Bia indica pur sempre un primo scalino nella degra-dazione di quel Nomos. Un Nomos assoluto non può presentare lacune perché è per definizione completo: esso riguarda tutti gli eventi e per sempre.

Già in questa epoca proto-secolare, in realtà, stanno emer-gendo due nuove forze: la coscienza della giustizia (Dike) e la coscienza della possibilità di una forza artificiale e arbitraria (Bia).

Nel momento in cui il Nomos può essere pensato in questa prima maniera secolarizzata, chi con la mente con il Logos lo pensa, convoca il Nomos a un confronto critico. Il problema della coscienza di Socrate o di Antigone rappresenta, appunto, il momento in cui una coscienza morale trova lacune in un No-mos, per quanto potente sia, interrogandolo e forandolo. Allo stesso modo, nella concezione dei sofisti l idea che un Nomos possa essere riprodotto artificialmente lo sottopone, in realtà, a un altra forma di relativizzazione. Si introduce, così, surretti-ziamente, nell idea del Nomos, la possibilità che esso sia o criti-cato o riprodotto: in ognuno dei due casi, degradato. In entram-be le ipotesi, in realtà, residua l idea di un Nomos come potere costituente che, per quanto criticabile o riproducibile, si impone come tale.

3. L individuo

La seconda idea strutturale, anch essa di matrice greca, è sta-

ta l idea di individuo. Si tratta di un idea coltivata e promossa dai sofisti, i quali riuscirono a tematizzare a partire dalla sin-golarità umana considerata come unico centro di misura l intero mondo del potere, dei rapporti sociali, della conoscenza,

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della polis. Una tale nuova misurazione della realtà, diventando una nuova metrica, mentre rivoluzionava l idea di una comunità organica primigenia, introduceva contemporaneamente, accanto all idea di ragione, una costellazione di criteri teorici nuovi: l utile individuale, l arbitrio, l artificio, la forza.

In sostanza, attraverso l idea di individuo come atomo socia-le, una società viene ricondotta a nuovi elementi fondamentali, non ulteriormente riducibili. Si tratta di un punto di vista gravi-do di implicazioni, che possono essere così qualificate: la ricon-duzione di ogni questione a un problema di utile individuale, la riconduzione di ogni questione a un problema di forza, la ricon-duzione di ogni questione a un problema di artificiale volontà. Alla luce di questa nuova metrica, l ultima conseguenza è rap-presentata dalla liquefazione del legame sociale e, ancora più radicalmente, dalla dissoluzione del mondo della vita, ossia di un mondo naturalmente portatore di doveri che precedano l utile individuale, l arbitrio e la forza. È necessario sottolinea-re, qui, che questa idea di individuo è autenticamente rivoluzio-naria. Ma il verme è nel frutto, anche se il frutto permane nello stesso verme. 4. Il diritto

La terza idea strutturale può essere raccolta intorno a una

pratica specificamente romana: quella di diritto. Non si tratta della pura legge, ossia di quell atto di comando generale con cui si stabilisce un ordine sociale rigido e immutabile. Si tratta, in-vece, dell idea di una matrice mobile, contenente al suo interno una proporzione intrinseca, capace di estendersi spazialmente e temporalmente senza limiti predefiniti.

Non a caso, il nucleo fondamentale di una tale idea di diritto sarà, nella cultura romana, l idea di equità. Per comprendere la differenza fra il modo di pensare greco e quello romano, può es-sere istruttivo identificare il differente modo con cui si intende l equità nella cultura greca e in quella romana. Mentre l equità nella prima è, così come Aristotele sottolinea, l epieìkeia, ossia quell istanza di ragionevolezza che corregge la rigidità della re-

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gola generale adattandola al caso particolare, nella seconda cul-tura invece quella romana l equità conquisterà progressiva-mente un ruolo strategico di prima grandezza, in quanto lungi dall essere solo l adattamento di una regola rigida al caso con-creto costituirà la matrice fondamentale di una giustizia mobi-le ed estensiva, capace di farsi ordinamento tendenzialmente il-limitato. Dentro questa idea romana di equità abita non il crite-rio di una legge rigida e predeterminata, ma quella di una pro-porzione elastica, intrinsecamente capace di governare l impre-visto e l imprevedibile.

5. La storia

La quarta idea strutturale, che comincia a sedimentarsi fin

dalla cultura greca e romana, pur acquisendo ulteriori connota-zioni nei tempi successivi, è quella di storia, che nettamente dif-ferenzierà il mondo che si chiamerà europeo da quello asiatico. Dentro questa idea di storia abita fin da Erodoto, Aristotele e Polibio la sensibilità a una successione di fatti che non è pura cronaca, perché allude, anche nascostamente, a qualcosa che i-dealmente sottostà, costituendo fonte di insegnamento e di pen-siero. Non è pensabile un mondo occidentale senza una storia che lo racconti. Anzi, dovremmo più propriamente dire che, a seguito delle ulteriori e più potenti declinazioni che verranno dalla teologia della storia agostiniana e dalle filosofie della sto-ria moderne, è la stessa storia a diventare matrice dell identità ontologica di cui parla.

6. La persona

Attraverso questi quattro nuclei identitari si sviluppa, a parti-

re dal Vangelo cristiano e dalla cultura critica che ne deriverà, l idea di una singolarità umana che contiene al suo interno un nucleo ontologico forte, capace di tenere in sé l universo e di essere decisivo per la stessa qualità ontologica dell universo di cui fa parte. È l idea di persona. Una tale idea non è la semplice ripetizione dell idea, pur rivoluzionaria, dell individuo greco,

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perché contiene in sé alcuni connotati che in quest ultima non sono compresi: l irripetibilità (in quanto rifiuto di ogni seriali-tà); l irriducibilità (in quanto rifiuto di ogni riduzione concettua-le e di ogni totalità in cui la singolarità si dissolva); l inse-parabilità dal contesto sociale a cui quella singolarità appartie-ne, pur essendone radicalmente distinta.

In questo orizzonte storico, importantissimo filone prospet-tico che attraversa secoli di storia e di cui abbiamo in parte per-so la coscienza, opera l Evangelo. Non ci riferiamo, qui, sem-plicemente al cristianesimo, né al cattolicesimo, né al protestan-tesimo, né ad una qualsiasi vulgata confessionale, per quanto importante e consolidata. Diciamo l Evangelo, ossia una scrittu-ra che ha attraversato tutta la storia dell Occidente e che è arri-vata fino a noi. Si tratta di una scrittura che è diventata origine di una pratica ermeneutica permanente sia da parte di chi sem-plicemente la consideri come un raccontino, sia da parte di chi la guardi scientificamente come un testo in caratura pesante, do-tato di una sua profondità. Si tratta, in ogni caso, di una profon-dità che si pone come abissale, perché si concentra intorno all unicità di una singolarità umana vista all interno dell infinità di un universo. È una profondità che si pone come più abissale di quella di cui parla Friedrich Nietzsche nel suo discorso intor-no all eterno ritorno dell identico. In Nietzsche infatti il riferi-mento è a un quid che, attraverso le infinite combinazioni delle componenti dell insieme, eternamente ritorna (e che quindi si dà come un genus), laddove nella dimensione evangelica il rife-rimento è a una singolarità che torna nella sua unicità restando, nell immensità di tutti i tempi, l unica che è5. Si tratta dell idea non della reincarnazione, né dell eterno ritorno dell identico, ma della resurrezione.

Qual è questa dimensione evangelica che attraversa l Occi-dente? È quella, assolutamente paradossale, per la quale non è l uomo a esser fatto per il sabato ma il sabato per l uomo. Se si

5. Per una discussione di questo punto, si veda G. LIMONE, Tempo della persona e

sapienza del possibile. Per una teoretica, una critica e una metaforica del personali-smo, t. 2, E.S.I., Napoli 1991.

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leggono le pagine del Vangelo, si capisce che la vera radice del problema non è tanto quella del sabato per l uomo in generale, ma quella del sabato ossia della Legge per questo singolo uomo. Si tratta di questo singolo uomo e non di uno schema. Qui il Vangelo ci sta dicendo che il Nomos del sabato è a servi-zio di quest uomo e non quest uomo al servizio del Nomos. L immenso Nomos viene collocato al servizio di questo picco-lissimo uomo, quale che sia. Si tratta di una dimensione assolu-tamente paradossale, anzi eversiva. È un eversività che mette in questione la centralità stessa del Nomos. Il Nomos diventa stru-mento del singolo uomo: del suo volto e della sua fragilità. È il Nomos a essere per quest uomo e non quest uomo per il Nomos. L affermazione contiene una folgorazione senza precedenti.

Questa concezione si presenta, nei confronti di qualsiasi leg-ge, come una mina collocata al suo cuore. Essa rappresenta l atto di sfida, non solo religiosa ma speculativa, che attraverse-rà tutto l Occidente e tutti gli ordinamenti futuri. Da eccezione fondante il Nomos è diventato la forza al servizio dell eccezione che lo s-fonda. La dimensione evangelica, in questa luce, chia-ma in causa non gli emarginati in generale, ma questo emargi-nato, questo singolo uomo col suo nome. In tale prospettiva, l impossibile diventa necessario. Il Nomos si trasforma da luogo primo in luogo che si sottopone all ultimo. È l ultimo degli uo-mini ad avere il primato sulla Legge e non la Legge su di lui.

S intravede qui un rovesciamento che concernerà tutti i futu-ri ordinamenti costituiti. Certo, la separazione fra mondo celeste e mondo terrestre poteva essere una soluzione tranquillizzante, ma nessuna etica avrebbe potuto ignorare la dignità della perso-na; e, d altra parte, essendo in relazione necessaria con l etica, restava il problema del diritto. Il Medioevo è un intero millen-nio che ha cercato di ereditare e interpretare, senza potervi riu-scire, questo problema e questa lezione.

Una sfida così radicale non poteva, infatti, essere storica-mente raccolta nella sua pienezza. La stessa tradizione evange-lica, perciò, conoscerà due forme di relativizzazione storica: quella del rapporto fra imperatore e pontefice (Sacro Romano Impero) e quella del rapporto fra potere costituito e popolo (per

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esempio, la concezione di Marsilio da Padova). Ma la forza dell Evangelo, nella sua capacità eversiva, mirava ben oltre.

Il Medioevo in quanto millennio che ha trasfuso in sé il fi-lone greco, quello romano e quello evangelico ha significato, in realtà, un immenso laboratorio spirituale e culturale, che ha storicamente individuato un territorio coincidente, più o meno latamente, con l Europa. È noto e ce n è documentazione che, alle soglie del pensiero moderno, l idea di Europa e l idea di cristianità sostanzialmente coincidevano6. Anche se ciò, d altra parte, non significherà mai che la scrittura evangelica possa essere ricondotta a una pura dimensione culturale e terri-toriale.

7. Modernità, scienza moderna, secolarizzazione

L età moderna segna, come è noto, un passaggio fondamen-

tale che inaugura due nuclei tematici intorno a cui si ristrutture-rà la storia dell Europa. Si tratta della scienza moderna in quan-to incrocio di matematica ed esperienza e della secolarizzazione in quanto emancipazione del razionale dal teologico. Lungo questa strada si costituiranno gli Stati nazionali e si svilupperà quel movimento innovatore che si chiamerà, nel Settecento, Il-luminismo. In questo senso, l Illuminismo è il momento in cui la scienza incrocia lo Stato e l esperienza in nome di un princi-pio di secolarizzazione.

L Illuminismo, ponendosi criticamente nei confronti di ogni potere politico e religioso, tenderà a semplificare ogni realtà i-stituzionale in nome della ragione e ad esteriorizzare ogni crite-rio in nome della osservabilità e della misurabilità.

Tutti i nuclei identitari precedentemente indicati non sono cancellati, ma trasformati. Con l avvento della modernità, in-contriamo nel nostro percorso, dopo l era antica e l era cristia-na, il terzo passaggio fondamentale.

6. Sul punto si veda G.M. CHIODI, Vene recise (la storia e l Europa), in «Lettera-

tura e tradizione», n. 18, IV, 2001 e ID., Europa. Universalità e pluralismo delle cultu-re, Giappichelli, Torino 2002.

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Il tempo moderno e contemporaneo, ne siamo consapevoli o no, ha edificato un mondo istituzionale in cui vengono incrocia-te le due istanze del Nomos e dell Evangelo. Un intero millen-nio, il Medioevo, ha cercato di elaborare la chimica intellettuale per un tale percorso. La modernità si pone, in questo senso, co-me l erede più o meno consapevole di questo travaglio, nel-lo sforzo di realizzarne, nella misura in cui è possibile, la seco-larizzazione o, secondo altre prospettive, l emancipato oltrepas-samento.

Non possiamo entrare qui nei particolari, ma indicheremo due momenti storici come articolazioni di un tale passaggio fondamentale. Si tratta, in una prima fase, dell affermarsi dello Stato di diritto a partire dalla divisione dei poteri così come pensata nel Settecento; e si tratta, in una seconda fase, dello Sta-to costituzionale contemporaneo, così come pensato a partire dall epoca successiva al secondo conflitto mondiale. Nell una e nell altra forma di Stato ha una decisiva forza semantica l asse della secolarizzazione.

Lo Stato di diritto, in realtà, attraverso la separazione dei po-teri, segna un primo argine fondamentale rispetto alla sovranità di un potere accentrato. Qui l argine è costituito dal limitarsi re-ciproco dei poteri. Lo Stato di diritto, infatti, non è semplice-mente lo Stato che produce diritto, perché, altrimenti, il diritto non costituirebbe alcun limite all azione dello Stato. Lo Stato di diritto si pone, invece, come Stato limitato dal diritto. Si tratta di un concetto a cui lo stesso Carl Schmitt7 ha prestato argo-mentata attenzione. Qui il diritto va inteso soprattutto come di-ritto dotato di forza costituzionale rigida, tale che lo Stato non possa con i mezzi ordinari liberarsene.

Abbiamo qui la prima ripresentazione problematica di un potere costituente che si pretende capace di fare argine a se stesso, in questo caso attraverso un fenomeno di ripartizione e di limitazione.

7. Cfr. C. SCHMITT, Le categorie del politico , il Mulino, Bologna 2003,

pp. 212 ss.

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Una seconda declinazione del rapporto fra sovranità dello Stato e il suo argine è costituita dallo Stato costituzionale con-temporaneo, là dove un Potere costituente afferma, contro se stesso, un argine rappresentato dai diritti individuali. A ben pensarci, il Potere costituente, in una tale struttura, perviene di

n-m-

pegna, in realtà, a garantire contro se stesso, ossia contro le sue leggi, i diritti individuali che fossero dalle stesse leggi violati. La struttura sintattica e semantica di uno Stato costituzionale contemporaneo mira a garantire con la forza dello Stato ordi-nante quei diritti che fossero eventualmente violati dal proprio potere ordinante.

Si tratta, in realtà, della costituzionalizzazione di un para-dosso logico: il diritto di resistenza. Come può infatti costitu-zionalizzarsi un diritto che è indirizzato contro lo stesso atto del Potere costituente? Lo Stato costituzionale contemporaneo, fa-cendo incrociare la logica del Nomos costituente e quella del singolo uomo come eccezione, rappresenta la struttura in cui si dà la diagonale di due forze contrapposte: quella che viene dal Potere costituente, in quanto eccezione che fonda, e quella che viene dal singolo uomo, in quanto eccezione che s-fonda.

8. Lo Stato costituzionale contemporaneo

Con l avvento dello Stato costituzionale contemporaneo noi

perveniamo, perciò, alla maturazione del rapporto contradditto-rio fra il Potere costituente che si impone e l argine che esso consapevolmente erige contro se stesso. Siamo al capolinea di un processo storico a cui mettono capo le due diverse idee di Nomos di cui abbiamo parlato. Si tratta, a ben guardare, non so-lo di una struttura diagonale di forze ma di un utopia strutturata. In tale forma convergono due teologie secolarizzate: una teolo-gia del Nomos costituente, che si impone come teologia del Primo, e una teologia del Nomos asservito a ogni singolo uomo, che si pone come teologia dell Ultimo. Dentro la forma dello Stato costituzionale contemporaneo s incrociano, in forma seco-

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larizzata, una teologia del Primo e una teologia dell Ultimo. Dal Nomos come potenza di contrazione si passa a un Nomos come potenza di contraddizione.

9. Lo spazio europeo

In tale contesto di maturazioni, il mondo europeo si è pro-

gressivamente costituito come mondo storico di individui, di di-ritto e di diritti, di culture e di lingue, all interno di un movi-mento complessivo di solidarietà. In questo senso, si è progres-sivamente delineato un preciso spazio culturale, esprimente una identità che contraddistingue la sua formazione rispetto a tutte le altre operanti nel pianeta, fra le quali quella asiatica e quella africana. Nell ambito dello stesso Occidente, la formazione sta-tunitense, pur derivante da quella europea, è ben diversa dalla sua matrice, in quanto è solo a quest ultima ascrivibile un idea forte di solidarietà sociale e di Stato assistenziale. Nella forma-zione statunitense, in realtà, la libertà da (come libertà negati-va) prevale nettamente sulla libertà di (come libertà positiva), pagandone lo scotto in termini di uguaglianza e di solidarietà.

Il predetto spazio europeo ha fatto maturare in se stesso, nell ambito dei nuclei di forza già analizzati, un terreno sedi-mentario più antico, costituitosi sulla base di una immateriale repubblica delle lettere, di cultura e di beni monumentali, che hanno segnato di innumerevoli tracce l intera storia europea8. Di questo terreno sono state componenti essenziali i monumenti romani e greci, l arte cristiana, gli alimenti venuti dalla stessa cultura araba, l arte rinascimentale, la cultura protestante e il-luministica, le esperienze di relazioni e di scambi che hanno di-namicamente disegnato un ideale spazio geo-storico. Da questo

8. Sul tema delle radici dell Europa si vedano: G. REALE, Corpo, anima e salute. Il

concetto di uomo da Omero a Platone, Cortina, Milano 1999; V. MATHIEU, Le radici classiche dell Europa, Spirali, Milano 2002. Sulla questione dell Europa si vedano an-che: M. CACCIARI, Geofilosofia dell Europa, Adelphi, Milano 19945; B. DE GIOVANNI, L ambigua potenza dell Europa, Guida Editore, Napoli 2002; L. ALFIERI, La simbolica dei diritti umani, in F. SCIACCA (a cura di), Struttura e senso dei diritti. L Europa tra identità e giustizia politica, Bruno Mondadori, Milano 2008, pp. 110-129.

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punto di vista, i monumenti culturali europei, le consuetudini dei pellegrini e dei clerici vagantes, le esperienze dei viaggiato-ri del Grand Tour, che hanno attraversato soprattutto il Sette-cento e l Ottocento, hanno costituito un ulteriore potenziamento di uno spazio culturale prima di ogni identità politica.

Certamente, lo spezzarsi dell unità linguistica degli intellet-tuali, a lungo costituita dal greco e dal latino letterario, ha gene-rato elementi di disagio all interno di questo spazio, ma ciò non ha significato affatto l interruzione di rapporti significativi fra gli intellettuali appartenenti al circuito europeo.

D altra parte, non può parlarsi di spazio europeo senza iden-tificare alcuni miti fondatori che certamente ne hanno caratte-rizzato una vivente identità. Si tratta di un insieme di miti che sono, in realtà, l altra faccia della stessa storia europea, simboli-camente trasfigurata. Parliamo dei miti della Grecia e di Roma, della tradizione giuridica romana, del monachesimo, del Sacro Romano Impero, dei cercatori del Graal, dei Cavalieri della Ta-vola rotonda, delle stesse Crociate, dei clerici vagantes, dell uo-mo umanista, dei ricercatori del nuovo mondo, e si potrebbe continuare. Si tratta di miti che, indipendentemente dalla loro fondatezza storico-empirica, hanno contrassegnato uno spazio culturale che l Umanesimo e il Rinascimento hanno prolungato e che i movimenti religiosi e secolarizzatori non hanno cancel-lato. In questo senso, l Europa è anche la storia dei suoi miti e delle vestigia che li rappresentano.

Ma lo spazio europeo è stato caratterizzato anche da guerre lunghe e sanguinose, da conflitti religiosi, da fatti di intolleran-ze e di sterminio. Anche questi eventi, però, facendo sedimenta-re una cultura di relazioni, hanno paradossalmente concorso all individuazione di uno spazio comune.

Uno spazio culturale europeo è certamente esistito ed esiste. Ma una cultura può intendersi a vari livelli di percezione e di profondità. A un primo livello, troviamo una cultura letteraria e artistica, di carattere fondamentalmente valoriale e normativo, sostanzialmente élitaria, nella quale i ceti intellettuali della di-mensione-Europa sono certamente cresciuti. A un secondo li-vello, è pensabile una cultura antropologica di costumi e di vis-

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suti, che però non può dirsi in Europa unitariamente e solida-mente costituita. A un terzo livello, troviamo una cultura comu-nitaria, legata al senso di una comunità di destino, la quale fa sì che si parli di un popolo uno, e non può dirsi certamente che questa comunità si sia mai veramente in Europa costituita. In ogni caso, uno spazio culturale non è ancora uno spazio politi-co. Nessuno oserebbe mettere in discussione l esistenza di una cultura italiana o di una cultura tedesca, anche se è stata molto posteriore a tali culture la nascita di uno Stato italiano e di uno Stato tedesco.

Va considerato, però, che la stessa esistenza di conflitti san-guinosi all interno di questo spazio culturale comune ha para-dossalmente significato un momento del suo collaudo e della sua maturazione. Ma basta una cultura comune a fare una co-munità civile e un popolo uno?

Uno spazio europeo si è, d altra parte, costituito anche a par-tire dai due gravissimi shock che nel primo Novecento sono ac-caduti: le due guerre mondiali9, accompagnate dagli opposti to-talitarismi e dai campi di sterminio. Questi eventi hanno fatto paradossalmente, per contraccolpo, ulteriormente maturare il senso di una coscienza comune. In questa prospettiva, nel corso del Novecento potrebbe parlarsi di una guerra civile europea. Anche queste guerre, d altra parte, hanno fatto sedimentare nel tempo l idea di un diritto pubblico europeo.

Le guerre che hanno attraversato la storia dell Europa hanno, perciò, costituito uno stress-test della sua identità.

È stata certamente, per emersione di una contro-spinta inter-na, prova di una cultura europea la nascita di voci autorevoli che, durante la stessa Seconda guerra mondiale, hanno promos-so l idea di un Europa federale. Ed è stata certamente prova di una cultura europea la nascita di quell intenzione politica felice che fece mettere in comune nella CECA quelle fonti del conflit-to che erano state il carbone e l acciaio.

9. Si richiama, qui, l attenzione su un testo che costituisce un originale attraversa-mento critico della Prima guerra mondiale, fondato su testi e su comparazioni di figure intellettuali. Si tratta di S. BARTOLINI, L epica della grande guerra. Il fallimento degli intellettuali, Luni Editrice, Milano 2015.

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Sono così maturati, dopo il secondo conflitto mondiale, due eventi fondamentali: da una parte, la nascita di alcuni Stati co-stituzionali, esplicitamente fondati su un nucleo di diritti invio-labili, e, dall altra parte, quella scelta politica interstatuale che è stata chiamata prima Comunità Europea e, in seguito, Unione Europea.

Mentre la nascita degli Stati costituzionali ha inteso signifi-care l ottimale espressione di tutto ciò che nella storia europea era maturato in una possibile identità, la scelta della Comunità Europea ha significato la decisione di dare a questa identità una nuova forma non solo internazionale, ma sopranazionale e isti-tuzionale. Mentre la costruzione degli Stati costituzionali post-bellici ha significato certamente il tentativo di incarnare in posi-tivo alcuni fondamentali valori che nella storia europea erano emersi, l intuizione della Comunità Europea ha significato una ulteriore scommessa: quella di dare a questi valori una dimen-sione trans-nazionale in nome della pace, del diritto e dell uo-mo.

La forma-Europa ha inteso programmaticamente realizzare un modello istituzionale nuovo rispetto a quelli storicamente già noti, ossia quello confederale e quello federale. Ma, nel corso della sua sperimentazione, pur esprimendo valori positivi come l esistenza di strutture di convergenze nazionali e di tribunali comunitari, ha scontato, alla fine, alcune vistose lacerazioni, che nascono da vere e proprie contraddizioni, fin dall inizio presen-ti, per quanto mascherate.

La prima contraddizione è quella intorno alla quale si è ac-cumulata da decenni, come è noto, una cospicua letteratura scientifica. Si tratta di domandarsi se può un identità politica costituirsi senza un popolo, senza una comunità civile, senza un demos. Oppure, in altri termini, si tratta di domandarsi se pos-sono costituire i vari popoli dei vari Stati europei un unico de-mos. Il dibattito fra Dieter Grimm e Jürgen Habermas è noto, così come è nota la soluzione tentata da Habermas, quando ha sostenuto che l unità di un popolo possa essere semplicemente individuata nella forma di un patriottismo costituzionale, cioè in un attaccamento simbolico a una comune carta costituzionale.

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Si tratta di una soluzione fortemente problematica, nella misura in cui non riesce, nemmeno in termini habermasiani, a radicarsi nel pre-categoriale mondo della vita. Ma il problema della con-traddizione non è solo qui.

Vediamone alcune forme. Se una istituzione sopranazionale che si dichiara fondata sui diritti dell uomo intende essere tale, il rapporto fra il centro istituzionale e i singoli cittadini deve po-ter essere diretto, e non solo in termini di incidenza normativa e giurisdizionale, ma anche in termini di politica economica, so-ciale e fiscale. Nel momento in cui mancano una politica eco-nomica unica, una politica sociale unica e una fiscalità unica, o almeno armonizzata, il rapporto fra centro istituzionale e singoli cittadini si trova nell impossibilità di dare effettiva vigenza ai diritti fondamentali dichiarati. Si verifica, in questa situazione strutturale, il paradosso per cui, mentre i tanti Stati costituziona-li di diritto si fondano sulla dichiarazione dei diritti inviolabili, e mentre l istituzione Europa si dichiara incentrata sugli stessi di-ritti inviolabili, il complesso istituzionale europeo si esprime in meccanismi che non si pongono come fine diretto la condizione concreta dei singoli cittadini, ma semplicemente la condizione economico-finanziaria dei singoli Stati. L esempio della Grecia e dei singoli cittadini greci, nel contesto dell attuale crisi euro-pea, è stato illuminante.

Vanno considerati, intanto, come ancora carenti nel consoli-darsi di una cultura autenticamente europea, alcuni fattori: la mancanza di una vera e propria stampa europea, la mancanza di un sistema massmediatico linguisticamente europeo, l assenza di una diffusa e condivisa padronanza di alcune lingue comuni. Si tratta di pre-condizioni al formarsi di un autentica pubblica opinione europea, di livello non solo intellettuale ma sociale. Certamente, le forme di circolazione dell Erasmus e le altre forme di contatto giovanile stanno alimentando, oggi, un circui-to sociale europeo, ma non hanno ancora raggiunto un maturo livello di comunità civile.

Un insieme di Stati fondati sui diritti fondamentali non rie-sce a realizzare una politica fondata sui diritti fondamentali. Il messaggio dell imperatore di Kafka, in questa luce, arriva ai

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singoli Stati, non ai singoli cittadini. In tali condizioni struttura-li, i dichiarati princìpi di solidarietà fra singoli si rivelano, di fatto e di diritto, molto vicini, in termini di politica governativa, a flatus vocis. Una sommatoria di Stati sociali di diritto non co-stituisce affatto uno Stato sociale di diritto, così come una poli-tica monetaria unica non costituisce affatto una politica econo-mica e fiscale unica, né un unica politica sociale.

Dati questi presupposti strutturali, l istituzione-Europa ha conosciuto, nella curvatura dei tempi, e soprattutto in occasione della grave crisi economica internazionale, una contraddizione lacerante fra le sue pratiche istituzionali e le sue dichiarazioni fondamentali. Non si tratta semplicemente di miopie soggettive o di povertà di leaders, ma di problemi di struttura. Tutti i valo-ri culturali fin qui considerati come segnalatori dell identità eu-ropea si rivelano, a questo punto, depositati in strutture incapaci di attuarli.

Le contraddizioni non si fermano qui. Nel momento in cui l Europa costituisce una identità politica inserita nel grande u-niverso globale, ne emerge una ulteriore, non meno forte, anzi per certi aspetti prevalente. Si tratta della contraddizione fra una identità politico-culturale fondata sulla solidarietà e sui diritti umani e l emergenza di migrazioni epocali, profondamente se-gnate dalle lacerazioni planetarie che nascono dal conflitto fra meccanismi finanziari globali e umane dignità. In questa situa-zione, l Europa è posta nella paradossale contraddizione che le impone di scegliere fra il rinunciare a se stessa come identità culturale per sopravvivere o il riaffermare se stessa come identi-tà culturale e perire.

Lo spazio europeo si è progressivamente caratterizzato come affermazione di alcuni valori. Ma questi valori hanno conosciu-to, nel tempo della post-modernità, anche una nuova declina-zione, che ne ha significato un sostanziale rovesciamento. A questo punto i fattori fin qui considerati come costitutivi dell Europa si sono paradossalmente ribaltati.

Si pensi al problema del Logos, ossia alla capacità dell uomo di operare con la ragione sottraendosi al puro dominio. Il Logos è diventato, lungo i tempi della sua attuazione postmoderna,

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semplice macchina, che ignora l elasticità, la solidarietà faccia a faccia e il mondo umano della vita10.

Si pensi alla prospettiva degli individui. Essi tendono a di-ventare semplici atomi in un gioco sociale in cui, da un lato, crescono le condizioni della disuguaglianza, mentre, d altra par-te, decrescono le condizioni della solidarietà. Prevale, in questo gioco, l individuo nei significati più radicalizzati della sofistica greca: l individuo come legato all utile del più forte, atto a ge-nerare un processo di selezione dei vincenti a scapito delle sin-gole dignità. In questa prospettiva, si è determinata la crescita di luoghi di sottosviluppo, di periferie, di banlieues. Qui la pur be-nemerita attenzione agli individui si mostra rovesciata in indivi-dualismi che pervengono a significare, in una paradossale sele-zione neo-darwiniana, l esatto opposto del punto prospettico di partenza.

Si pensi al problema del diritto. Questo tende a diventare un ordinamento giuridico in senso puramente giuspositivistico, là dove le ragioni dell equità e dei diritti inviolabili vengono pro-gressivamente prosciugate nelle procedure e nelle ragioni della pura forza. In questo senso, la capacità regolatrice del diritto viene sostituita dalla trasformazione della pura forza in diritto11.

Si pensi al problema della storia, là dove questa viene tra-sformata nel semplice racconto dello scontro fra potenze pure, luogo in cui prevale il più forte e tramanda ai posteri l eredità delle sue vittorie.

Può individuarsi, a questo punto, una ulteriore contraddizio-ne, anch essa molto significativa, che muove dal fenomeno del-la secolarizzazione guardata nella sua ultima deriva. Si tratta di un filo di contraddittorietà sottile, di cui non sempre si riesce a

10. Su questo punto si veda G. LIMONE, La macchina delle regole, la verità della

vita. Appunti sul fondamentalismo macchinico nell era contemporanea, in ID. (a cura di), La macchina delle regole, la verità della vita, «L era di Antigone. Quaderni del Di-partimento di Giurisprudenza della Seconda Università degli Studi di Napoli», n. 8, FrancoAngeli, Milano 2015, pp. 9-61.

11. In proposito si veda G. LIMONE, Il diritto della forza, la forza del diritto, in ID. (a cura di), La forza del diritto, il diritto della forza, «L era di Antigone, Quaderni del Dipartimento di Giurisprudenza della Seconda Università degli Studi di Napoli», n. 7, FrancoAngeli, Milano 2014, pp. 7-42.

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catturare l identità. Una delle qualità specifiche su cui si è co-struita, nel tempo moderno, l identità dell Europa è stata deter-minata, come sopra si diceva, dalla scienza moderna e dalla se-colarizzazione. Ne è nato quel tratto specifico consistente nel superamento dei fondamentalismi religiosi, condotti a trasfor-marsi in un dialogo fra ragioni (il mondo islamico, così scosso da fondamentalismi, è l esempio vivente dei disastri generati dall assenza di una vera secolarizzazione). Ma, a un certo punto del suo percorso, la secolarizzazione, in quanto emancipazione del mondo razionale da quello religioso, ha secolarizzato se stessa, fino al punto da trasformare lo stesso dialogo fra le ra-gioni in un puro confronto fra arbitrii. Ciò ha preparato le basi per una graduale affermazione di diritti svincolati dai doveri. La secolarizzazione, secolarizzando se stessa, ha sostanzialmente preparato le basi per la nascita di un mondo senza solidarietà, costruito sul puro rapporto tra forze e sulla reciproca indifferen-za, per quanto giuridicamente blindata. L Europa, reggendosi sulla macchina economico-finanziaria dei suoi Trattati, rischia, su questa falsariga, di realizzare un Logos macchinico in cui so-no progressivamente perdute le ragioni della solidarietà. Il valo-re culturale custodito dalla secolarizzazione si è così ribaltato anch esso nel suo significato12. In tale orizzonte problematico, può scoprirsi come il mondo contemporaneo è segnato da due opposti pericoli: dai fondamentalismi religiosi e dal fondamen-talismo dell indifferenza.

In questa prospettiva d insieme, in cui i tratti costitutivi dell Europa vengono più o meno clandestinamente rovescia-ti nei loro significati profondi, la stessa idea di Stato di diritto e di Stato sociale di diritto rischia di diventare impotente, perché non si estende all intero dominio europeo, ma si traduce solo nella sommatoria, più o meno articolata, di strutture spezzettate.

12. Uno dei momenti in cui questo problema significativamente emerge è la que-

stione della cosiddetta laicità dello stato. Su questo punto ci siamo intrattenuti in G. LIMONE, Il Nomos costituente di fronte al pensare radicale. Stato costituzionale, cul-ture e laicità, in V. BALDINI (a cura di), Multiculturalismo, CEDAM, Padova 2012, pp. 29-48.

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10. Globalizzazione

Ma questa identità europea, già intrinsecamente lacerata, si trova nel mondo contemporaneo esposta a una condizione com-pletamente nuova, in cui gli stessi suoi connotati sono messi in radicale discussione.

Nel mondo contemporaneo, infatti, è accaduto qualcosa che scompagina il modo stesso di presentarsi dell identità europea. Ciò che è accaduto è stato chiamato, in termini più ripetuti che capiti, globalizzazione

La globalizzazione non è il semplice fenomeno empirico di corpi reali e virtuali che circolano nello spazio planetario. Essa è, piuttosto, il costituirsi di un nuovo spazio mentale e cul-turale, contrassegnato da complessità e velocità. Ciò significa l emergere di una nuova esperienza e di un nuovo paradigma, non solo sociale e storico, ma epistemologico. Pensare all altez-za di questo nuovo paradigma è diventato il destino di tutti co-loro che, occidentali o no, agiscono nel tempo contemporaneo.

Un tale paradigma è, insieme, esperienza storica e modello mentale. Dentro una tale esperienza e dentro un tale modo di pensare si sperimenta che quanto accade qui è ovunque e che quanto accade ovunque è qui. La complessità e la velocità, in-sieme combinate, diventano la sovrapposizione dello spazio e del tempo nell ovunque e nel qui. Una tale esperienza scompa-gina tutti i modi tradizionali di pensare e gli stessi diritti.

In questo orizzonte, l occidentalizzazione non è più una ca-ratteristica europea, ma planetaria. Si tratta, però, di una occi-dentalizzazione ulteriormente caratterizzata dai parametri propri della tecno-scienza contemporanea, di cui vanno attentamente considerate le caratteristiche e le ricadute pratiche.

Ma proprio questa qualificazione ulteriore introduce oggi nell identità europea una contraddizione di tipo nuovo, della quale essa non riesce a venire a capo. In questo nuovo paesag-gio mentale e sperimentale l identità europea non è più la stes-sa.

Si considerino, in proposito, alcuni tratti essenziali. L Euro-pa, nel contesto mondiale, è sempre più una minoranza demo-

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grafica. Mentre il continente asiatico e quello africano crescono a dismisura, l Europa demograficamente si riduce. D altra parte, essa, nel contesto mondiale, mentre dovrebbe esprimere la liber-tà e la solidarietà, è inserita di fatto in un mondo complesso e veloce in cui dalle migrazioni umane le viene chiesta quella stessa libertà e solidarietà che predica a se stessa e agli altri. Che senso ha, in tale contesto, una Dichiarazione dei diritti u-mani, idealmente collocata alla base della CEDU e dell Unione Europea, se essa distingue fra i diritti umani degli europei e quelli degli altri?

Tutti i parametri di cui abbiamo fino a questo momento par-lato (Logos, individuo, diritto, storia, secolarizzazione) rischia-no, anche in sede globale, di rovesciarsi nel loro significato. Come abbiamo già sottolineato, il Logos rischia di diventare pu-ra macchina; l individuo, pura separazione dell uno dall altro e sopraffazione dell uno sull altro; il diritto, pura affermazione del più forte; la storia, semplice affermazione del vincitore; la secolarizzazione, pura affermazione dell arbitrio e dell indiffe-renza; la cultura, pura esposizione di una superficie elegante, salottiera e chic, svincolata da ogni rapporto con i valori della condizione umana.

In queste condizioni, ciò che torna ancora come problema è la questione della persona concreta e della sua singolare dignità.

L Unione Europea, immersa nel nuovo scenario mondiale, incontra, in sostanza, due contraddizioni fondamentali. La pri-ma è interna all Europa stessa, perché riguarda il rapporto fra l istituzione Europa e le singole persone appartenenti al suo ter-ritorio. La seconda contraddizione riguarda l esterno dell Euro-pa, perché investe il rapporto con le persone che fuggono da condizioni disumane.

La contraddizione interna all Europa appare oggi chiarissi-ma nel momento in cui si osservano i risultati di una politica che non si pone direttamente il problema dei diritti fondamenta-li delle singole persone appartenenti al territorio Europeo. La contraddizione esterna all Europa appare chiarissima nell inca-pacità dell Europa di affrontare in modo unitario e ordinato l epocale emergenza delle migrazioni umane che vengono da al-

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tri Paesi. In questa situazione, sembra che l Europa non abbia scampo: o si conserva come questa realtà istituzionale e perisce come identità culturale o si conserva come identità culturale e si trasforma come realtà istituzionale. È, in altri termini, l apparire della necessità di un Europa federale; non, però, di una realtà federale qualsiasi, ma di una realtà federale che sia capace di rendere vigenti quei diritti che sono fondati sulla dignità e sulla solidarietà.

In questa situazione complessiva, fra gli Stati europei co-minciano a emergere Paesi che, mentre hanno aderito all Unio-ne, ne contraddicono progressivamente lo spirito in termini di solidarietà. La caduta del Muro di Berlino, che aveva simboli-camente aperto gli spazi all idea di libertà e di solidarietà, ha paradossalmente generato all interno dello spazio europeo tanti altri muri; si è arrivati oggi fino al punto di rimettere in questio-ne lo stesso superamento dei confini previsto dal Trattato di Schengen. In questo orizzonte, l Europa, da identità culturale che intendeva rovesciare il mondo in termini nuovi, diventa un identità che si rovescia nei suoi stessi fondamenti.

Gli eventi che si sono svolti negli ultimi decenni sotto i no-stri occhi ci hanno scenicamente rappresentato qualcosa che dà a pensare. Da un lato, la nascita di organizzazioni terroristiche para- a-

Occidente e, dall altro la-to, il fenomeno per cui strati di giovani vissuti in Occidente cor-rono ad accrescere quelle file terroristiche, mossi da un odio che sembra derivare o da condizioni di emarginazione sociale o dal-la psicologica impossibilità di riconoscersi in valori occidentali capaci di scaldare il cuore. Dalla composizione chimica di que-sti effetti interventi militari fuori di sé, interventi emarginativi dentro di sé e pratica strutturale di prosciugamento dei valori di solidarietà è progressivamente nato quel Frankenstein con-temporaneo che è il fondamentalismo terroristico testa politica a combustibile religioso che è l ISIS o Daesh. In questo sce-nario sembrano condensarsi, simbolicamente sintetizzate, le contraddizioni interne e le contraddizioni esterne di cui prima si diceva.

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In conclusione, l Europa, nel momento in cui partecipa al fenomeno della globalizzazione ed è investita dalla crisi eco-nomica globale, incrocia due tipi di contraddizioni radicali, che sono altrettante lacerazioni sociali: la prima, interna a se stessa, fra ciò che dichiara di essere e ciò che nella sua pratica operati-va è; la seconda, nascente dall impatto col resto del mondo, per la quale si dichiara fondata su una solidarietà umana che agli al-tri nega.

Ma proprio queste due contraddizioni, che sembrano disarti-colare l Europa, costituiscono oggi lo stress-test della sua iden-tità. L emergenza di un pericolo comune può generare, alterna-tivamente, una nuova unità o una definitiva disgregazione. Per uno spaesante paradosso, proprio le ragioni che mettono oggi in discussione l Europa possono costituire la cartina di tornasole della sua identità.

11. Un apologo che invita alla riflessione

L Unione Europea, dichiarandosi fondata sui diritti umani,

inconsapevolmente disegna, nei confronti dei suoi cittadini, una situazione che ha una vaga aria di famiglia con quella descritta da Dostoevskij nella sua leggenda del Grande Inquisitore13. Nel-la situazione contemporanea si coglie, infatti, a ben guardare, una contraddizione fondamentale.

Spesso i grandi letterati precedono i filosofi nel comprendere le cose. Nella leggenda di Dostoevskij avviene qualcosa di spa-esante e terribile14. Il Grande Inquisitore, uomo eminente della Chiesa cattolica, vede Cristo, che la gente ha già riconosciuto, e lo arresta. Egli lo arresta pur sapendo che è Cristo, anzi lo arre-sta proprio perché è Cristo. Subito dopo, lo sottopone a un lun-

13. Cfr. F. DOSTOEVSKIJ, I fratelli Karamazov, Einaudi, Torino 1993, pp. 347 ss. 14. Per un attraversamento critico della leggenda del Grande Inquisitore di Fëdor

Dostoevskij, si veda G. LIMONE, Per uno sguardo evangelico al grado zero: fra Cristo e il grande inquisitore responsabilità e libertà. Sette livelli dell esserci nella scala dell umano, in ID. (a cura di), La responsabilità di essere liberi. La libertà di essere re-sponsabili, «L era di Antigone, Quaderni del Dipartimento di Scienze giuridiche della Seconda Università degli Studi di Napoli», n. 5, FrancoAngeli, Milano 2012, pp. 9-32.

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go interrogatorio, che costituisce in realtà un solo monologo, perché l interrogato resta muto. Il Grande Inquisitore accusa: Tu sei venuto sulla terra per fare cose buone, ma chiedi agli uomini più di quanto essi possano dare. Sulle tue orme e per ri-manere a te fedeli, noi abbiamo corretto la tua dottrina per me-glio realizzarla. L abbiamo fatto sulla base di tre criteri: il pote-re, il miracolo e il segreto. Abbiamo, così, trasformato la tua dottrina per essere vicini agli uomini più e meglio di te.

La contraddizione radicale non trova risposta in Dostoevskij. Qualsiasi risposta, del resto, sarebbe ardua. Si osservi. Sia Cri-sto sia il Grande Inquisitore sembrano contraddirsi: Cristo non risponde alle accuse; il Grande Inquisitore, che dovrebbe bru-ciarlo, lo lascia andare; Cristo lo bacia e dilegua nella notte15.

Quando l Unione Europea, dichiarandosi fondata sulla vin-colatività dei diritti umani, istituisce il suo funzionamento sulla base di criteri economici e finanziari che prescindono dalla con-siderazione delle persone, presenta inconsapevolmente sulla scena la stessa contraddizione che si riconosce nella leggenda del Grande Inquisitore. I diritti umani sono esigenti, perché esi-gono una severa protezione delle singole dignità. Ma sono, for-se, troppo esigenti per una istituzione che non riesce ad essere una, e perciò si pone il problema di correggerne il carattere troppo stringente. Per questa ragione, l Unione Europea, quando non considera le persone, di fatto arresta i diritti umani in nome dei diritti umani. Essa viola i diritti umani dei suoi cittadini in nome di diritti umani economicamente e finanziariamente con-dizionati.

L Unione Europea realizza, in realtà, una correzione alla dottrina dei diritti affermati come fondamentali e come umani. Lo fa in nome di puri schemi, diversi e uguali rispetto a quelli previsti dal Grande Inquisitore: lo fa in nome di un potere che non guarda alle persone, in nome delle pure procedure e in no-me dell asettica quantificazione. L ideologia del potere burocra-

15. Sul punto si veda G. LIMONE, Il sacro come la contraddizione rubata. Prole-

gomeni a un pensiero meta-politico dei diritti fondamentali, Iovene, Napoli 2001, p. 173.

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tico spersonalizza; quella delle procedure desolidarizza; quella della mera quantificazione sbriciola.

Il messaggio dell imperatore di Kafka al suo suddito segre-tamente contiene nel suo nucleo di fondo la stessa interrogazio-ne evangelica sul rapporto fra Nomos e persona. Alle spalle di questo racconto deve potersi leggere, in filigrana, il kafkiano castello e il kafkiano processo, là dove un potere anonimo non guarda alle persone e non parla a persone. Il messaggio dell imperatore di Kafka, in realtà, individua l ultima aporia di un potere che, affermandosi come universale, deve, per coeren-za con se stesso, raggiungere ogni angolo del pianeta. Ma, pro-prio per questo, non può farlo, se e in quanto resta potere che è daltonico alle persone. Non a caso, l imperatore è morente. Egli è sinceramente desideroso di comunicare con l ultimo suo sud-dito; ma, per poter comunicare con lui, deve saper correre il pe-ricolo di morire come imperatore. I diritti umani hanno senso soltanto se sono un argine al potere e non un prodotto del pote-re, e hanno senso soltanto se riguardano tutti gli uomini e non solo i cittadini. Il messaggio europeo di libertà e di dignità è praticabile soltanto se si intende e si applica in due precisi sensi: all interno dell Europa e verso l esterno dell Europa. In questo senso, l attuale Europa sconta, nel tempo della complessità e della velocità, la sua duplice e dura contraddizione.

L agire di una tale contraddizione non infirma necessaria-mente, però, la possibilità futura di una cultura e di una identità europea. La interroga. Ne costituisce un test di resistenza nel presente, ma anche una possibile occasione di crescita per il fu-turo.