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Fonti documentarie e scrittura storiografica nella seconda metà dell'Ottocento

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ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIO EVO

MEDIOEVO QUANTE STORIE

V Settimana di Studi Medievali 130 anni di storie

Giornata conclusiva Roma, 21-23 maggio 2013

a cura di

ISA LORI SANFILIPPO

ROMA NELLA SEDE DELL’ISTITUTO

PALAZZO BORROMINI 2014

Coordinatore scientifico: Isa Lori Sanfilippo Redattore capo: Salvatore Sansone

ISBN 978-88-98079-20-9

Gian Maria Varanini

Fonti docuMentarie e scrittura storioGraFica nella seconda Metà

dell’ottocento*

Fu Pasquale Villari che nel 1868 – precorrendo unariflessione che, nel dibattito culturale dell’italia appena uni-ficata, doveva ancora cominciare – propose all’opinionepubblica italiana (in realtà a un pubblico molto ristretto dieruditi e di uomini pubblici) i termini dell’inevitabile e ine-liminabile, sempre aperta, tensione tra i due poli della eru-dizione e della narrazione, tra il lavoro sulle fonti e la scrit-tura storiografica. lo fece con un testo sul quale diversi stu-diosi (da ultimo Mauro Moretti, ma in precedenza giàGarin e cacciatore) hanno da anni richiamato l’attenzione:si tratta dell’«importantissima prolusione» sull’insegnamen-to della storia, letta all’inaugurazione dell’anno accademicodell’istituto superiore di Firenze1. il testo fu pubblicato daitreves, gli «editori della Biblioteca utile», come dice il fron-tespizio, nella collana «la scienza del popolo – raccolta diletture scientifiche popolari fatte in italia», e la sede edito-riale non è certo casuale, perché lascia intendere un nessocon quegli obiettivi di pedagogia civile che avrebbero ispi-rato con continuità l’attività del filosofo e storico di originenapoletana; così come non cessò la sua riflessione sul meto-do storico. Basterà citare al riguardo il celebre intervento Lastoria è una scienza?, del 1891, che viene spesso considera-to uno dei primi contributi italiani al Methodenstreit2.

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la congiuntura degli anni novanta e della fine del seco-lo è in buona sostanza il punto d’arrivo cronologico di que-sto saggio, l’obbiettivo del quale è mostrare come a partiredagli anni settanta si evolva – rispetto alle fonti documen-tarie – la forma mentis, l’approccio di chi studia e scrive distoria in italia. rispetto a tale traguardo, l’immediato perio-do post-unitario e le riflessioni villariane della fine deglianni sessanta sono un punto di partenza ineludibile.

la consapevolezza del mutamento in atto nella culturastorica europea, e di riflesso italiana, è già nel 1868 netta eprecisa. Villari richiama il fatto che nelle università medie-vali la storia non aveva una cittadinanza, e sin quando lastoria rimase

una semplice narrazione di fatti, il volerla insegnarenelle università sembrava inutile o superfluo. leggereuna narrazione e comprenderla è cosa agevole ad ognistudente. comporre una nuova narrazione storica è pocopiù o poco meno che un’opera d’arte, e l’arte assai diffi-cilmente s’insegna; bisogna esserci nati, e allora basta unabuona cultura letteraria. oggi, però, la storia non è piùun’arte solamente, essa è divenuta anche una scienza[…]. Quindi noi possiamo esaminare, classificare, giudi-care le varie narrazioni d’un fatto, i documenti, i monu-menti che lo riguardano, secondo i precetti di quella chesi chiama critica storica, per cavarne il vero con una cer-tezza ignota agli antichi, che poco o punto conoscevanola critica.

Villari infine concludeva: «così la paleografia, lo studiodelle fonti, l’esame dei testi, la cronologia, portarono allastoria un sussidio incalcolabile, le dettero una base scienti-fica e sicura».

a queste asserzioni di principio, peraltro, che ipostatiz-zavano la storia con la s maiuscola come una realtà ormaitrionfalmente affermata, e discendevano dall’apprezzamen-

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to di un’ampia panoramica europea, corrispondeva nellaconcreta situazione dell’italia di quegli anni una realtà bendiversa, e a quella altezza cronologica si ponevano piuttostocome un auspicio. Proprio ai limiti gravi dell’insegnamentoe della ricerca storica in italia Villari tentò, a partire da que-gli anni, di porre rimedio, lavorando proprio perché il nessotra lo scrivere di storia e «la paleografia, lo studio dellefonti, l’esame dei testi, la cronologia» diventasse più vivo evitale. non va dimenticato infatti al riguardo che proprionel 1867, l’anno precedente a questa sua prolusione, Villariistituì all’istituto fiorentino per la prima volta un corso diPaleografia e diplomatica, e lo affidò a silvio andreis, ungiovane studioso originario di rovereto in trentino, che siera perfezionato in Germania, a Berlino, con Philipp Jaffé3.andreis morì giovanissimo, nel 1869, e fu solo allora cheVillari strinse i rapporti con cesare Paoli inducendolo dopoqualche tempo (a partire dal 1874) ad abbandonarel’archivio per l’istituto4.

Veniva, come Villari, da una formazione filosoficaanche l’unico altro docente universitario di storia attivo nelregno d’italia che potesse vantare d’aver pubblicato unaqualche meditata riflessione sul metodo storico. si tratta diGiuseppe de leva, dalmata, che si laureò a Padova in filo-sofia e giurisprudenza, e dal 1852 fu assistente di antonioMedin, docente di storia universale, pubblicando in quel-l’anno le sue Idee sulla filosofia della storia (più o meno con-temporaneamente al saggio di Villari Sull’origine e sul pro-gresso della filosofia della storia, che è del 1854). negli annicinquanta, anche a seguito di un soggiorno di studio e diricerca a Vienna, si accostò a quello che egli definisce il«metodo a freddo, consistente nel rovistare e ragionare idocumenti», per poi iniziare la sua quarantennale ricerca sucarlo V. i suoi saggi metodologici degli anni sessanta siintitolano Del vero concetto della filosofia della storia(Padova 1866) e Degli uffici e degli intendimenti della storia

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d’Italia, che è una prolusione universitaria letta il 9 dicem-bre 1867, il titolo e il contenuto della quale rinviano conevidenza alla nuova situazione politica (l’anno precedente ilVeneto era stato annesso al regno d’italia)5. Ma già nel 1855de leva era docente presso l’università (di storia universa-le, come il Medin col quale aveva collaborato; la dizione“storia moderna” fu adottata successivamente) e subito isti-tuì l’insegnamento di Paleografia e diplomatica per l’archivi-sta municipale andrea Gloria, col quale consolidò – nienteaffatto per caso – un rapporto scientifico e didattico desti-nato a durare. come è ben noto, Gloria poté poi avvalersidella tutela, dei consigli e dell’appoggio del sickel, persinonella rilevante scelta di intitolare la disciplina «scienzeausiliarie della storia» (un evidente calco dalla terminologiain uso in Germania), curvando il suo insegnamento in dire-zione della pratica documentaria. Già un paio d’anni piùtardi egli pubblicò un Album ad uso della scuola di paleo-grafia e diplomatica dell’Università di Padova (Padova1857), poi rifuso nel Compendio delle lezioni teorico-prati-che di paleografia e diplomatica (del 1870): un testo elabora-to nella fase precedente all’introduzione di fotografia e filo-logia negli studi paleografici, e del metodo storico-giuridicoin quelli diplomatici6. Pure nel caso del Gloria è presentealmeno in nuce anche la sensibilità alla dimensione e allaproblematica archivistica; e tuttavia la coscienza del nessotra istituzione e archivio (l’idea di fondo del «metodo stori-co» in archivistica, alla Francesco Bonaini) non si tramutanecessariamente in una consapevolezza adeguata, nel vivodel lavoro storiografico, dei problemi della selezione docu-mentaria, dello scarto archivistico, della dinamica che pre-siede alla creazione di un deposito archivistico.

in due sedi universitarie importanti, dunque, si creanofra gli anni sessanta e gli anni settanta le condizioni perchématuri un rapporto tra l’insegnamento della storia e la pra-

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tica documentaria in termini che potremmo definire“moderni”, che anticipano a livello nazionale quell’assettodisciplinare, che in Germania era già consolidato e che inseguito si generalizzerà anche in italia, e che il novecentoerediterà. Ma come si sa le facoltà letterario-filosofiche delleuniversità italiane non presentavano, nei primi anni (edecenni) post-unitari, nessun tipo di omogeneità. e nellageneralità dei casi l’insegnamento della disciplina storicaaveva, attorno agli anni settanta, caratteristiche ben diversedalla severa impostazione “scientifica” che stava assumen-do a Padova e a Firenze. il valore di tali esperienze si com-prende bene se si pensa che negli stessi decenni a Bolognainsegnava storia moderna (e lo fece per lungo tempo, dopoaver insegnato anche a cagliari) il poeta improvvisatoreGiuseppe regaldi, il cui successore fu luigi Mercantini, asua volta noto poeta risorgimentale. a roma l’insegnamen-to di storia fu affidato almeno dal 1872 a ignazio ciampi,prolifico poligrafo (commediografo, storico del teatro, bio-grafo di Goldoni e di Valadier, poeta e novelliere), che conasprezza forse un po’ eccessiva7 Gregorovius giudicò deltutto impreparato, anche se intelligente. all’accademiascientifico-letteraria di Milano professava la storia modernaun altro commediografo, Paolo Ferrari, che passò poi dal-l’insegnamento storico a quello della letteratura italiana. aPisa il letterato purista Ferdinando ranalli fece il percorsoinverso dalla letteratura italiana alla storia moderna, accom-pagnandolo peraltro con una riconversione interessante,almeno sul versante della didattica8. nello stesso ambiente,invece, e negli stessi anni – ambedue si laureano agli inizidegli anni settanta – si formano con alessandro d’ancona(e dunque sotto la guida di uno dei campioni dell’erudizio-ne positivistica italiana, sul quale sono stati dati peraltrogiudizi controversi, non di rado orientati erroneamente aconfinarlo in una limitativa e dispersiva micrologia erudita)due studiosi attentissimi al problema delle fonti, come

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amedeo crivellucci (che, nato nel 1850, concluse gli studinel 1872) e Giovanni Monticolo (nato nel 1852)9. È banaledirlo, ma l’uso stesso del termine “storici” che figura neltitolo assegnato a questa relazione10 costituisce in buonasostanza un anacronismo; il metodo è comune, e il profiloscientifico di chi nella “scuola storica” si indirizza preferen-zialmente alle testimonianze “letterarie” non è distinguibiledal profilo che connota chi si occupa in modo prevalente distoria istituzionale, politica, sociale.

se dunque gli insegnamenti di storia impartiti nelle uni-versità italiane non rinviano a un profilo scientifico preciso,allo stesso modo l’insegnamento della paleografia e delladiplomatica nella gran parte delle università italiane deglianni settanta è caratterizzato da precarietà, occasionalità e,in una certa misura, dilettantismo. i luoghi della consuetu-dine e della confidenza con la documentazione erano gliarchivi e le scuole d’archivio e da questi provenivano per lopiù gli incaricati di insegnamento. Mi limito qui ad alcuniesempi, tratti dal puntualissimo quadro ricostruito moltianni fa da Giorgio cencetti11. a torino insegna nel 1863-64«scienza paleografica in italia», come libero docente nonpareggiato, l’archivista veneziano cesare Foucard, giàdocente di paleografia all’archivio veneziano dei Frari, esulein Piemonte perché inviso al governo asburgico. a Bologna,che all’inizio del secolo aveva avuto una tradizione universi-taria eccellente rispetto ai tempi grazie agli Elementi di criti-ca diplomatica con Istoria preliminare di Pietro NapoliSignorelli professore nell’Università di Bologna12 (un poligra-fo, librettista e uomo di teatro, letterato, 1731-1815), neglistessi anni opera invece l’archeologo Gennarelli, poi passatoall’istituto di Firenze (a fare l’archeologo, beninteso); aPalermo, l’arabista salvatore cusa. a Genova è inveceagostino olivieri bibliotecario dell’università, che dal 1860al 1863 svolge «spontaneamente e per amore della scienza»

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un corso libero di lezioni di paleografia e di diplomatica «inpro dei giovani che si vogliono dedicare allo studio della sto-ria», dopo che nel regno di sardegna «da quasi vent’anni eravenuto mancando l’insegnamento diplomatico»13.

su questa sconcertante varietà di situazioni indiretta-mente intervenne il regolamento archivistico 26 marzo1874, n. 1861(e il successivo regolamento 27 maggio 1875,n. 2552, approvato da un consiglio superiore degli archiviche comprendeva eminenti figure, poi legate all’istituto sto-rico italiano come correnti e tabarrini) che all’interno diun taglio fortemente regionalistico si occupa appunto dellescuole d’archivio, legate alle soprintendenze. le scuole ven-gono regolarizzate e uniformate, imponendo la definizionedi programmi di insegnamento paleografico e diplomatisti-co tra di loro omogenei: ma anche sostanzialmente di livel-lo mediocre, funzionale soltanto alle esigenze degli istitutidi conservazione, per i quali bastava un po’ di praticacciadocumentaria. al riguardo, cencetti parla espressamente di«limitata e antiscientifica impostazione regionalistica»14. siapre uno iato tra le esigenze scientifiche – e la diplomaticain questo momento è come sappiamo in una fase di rinno-vamento decisivo – e l’impostazione empirica e regionaledelle scuole; ai bisogni crescenti della formazione universi-taria non si risponderà più neppure nel modo precario eintermittente nel quale si era risposto negli anni sessanta.

si aprirà una fase di incertezza, con esiti temporanea-mente diversi tra le due Hilfwissenschaften. nei titoli deisussidi didattici predisposti nelle varie sedi regionali, ladiplomatica compare infatti in modo esplicito laddove ilradicamento territoriale è più forte, come nel volumetto diPaleografia e diplomatica dei documenti delle provincie napo-letane di Michele russi, del 1883; ma in generale la scienzadel documento soffrì più della paleografia le conseguenzedella tendenziale divaricazione che si andò creando traarchivi e università15. a torino, alla fine degli anni settanta

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ancora si pubblicavano da parte del Vayra documenti scel-ti con ottica meramente sabaudistica; ma anziché interveni-re carlo cipolla (cattedratico di storia moderna dal 1882, eprotagonista assoluto della ricezione in italia delle piùaggiornate ricerche della diplomatistica tedesca), che pureaveva tra i suoi collaboratori personalità attive nel campodegli archivi, come il barone Manno, si orientò a proporreall’interno dell’università un corso privato di Paleografia,non di diplomatica16. anche a Pisa il testo di clementelupi (risalente al 1875 e considerato dal Petrucci fra imigliori prodotti di quella generazione) si chiama semplice-mente Paleografia delle carte. le situazioni sono in veritàmolto diversificate e andrebbero esaminate una per una. aBologna per esempio – ma siamo già negli anni ottanta –esercita una notevole influenza la figura di augustoGaudenzi, laureato sia in giurisprudenza che in lettereentro il 1883. stando alla sua bibliografia egli è attivo nellaricerca diplomatistica solo negli ultimi anni della sua vita,con gli articoli sulla duplice redazione dell’instrumentum equello sulla formula postraditam complevi et dedi17. non èsicuramente un caso però che nell’Alma mater studioruml’insegnamento di Paleografia e diplomatica sia stato isti-tuito nel 1888 proprio nella facoltà di Giurisprudenza, eaffidato all’insigne archivista carlo Malagola (benemeritosoprattutto in quanto storico dell’università18) per il qualela facoltà chiese la libera docenza in Paleografia ediplomatica. Per qualche anno si ricreò un circolo virtuosotra l’insegnamento universitario e la scuola d’archivio, isti-tuita nel 189019.

solo molto lentamente si crearono dunque, in moltesedi universitarie, le condizioni per un approccio diverso epiù consapevole alle fonti, nel quadro di un insegnamentouniversitario della storia moderna (tale, come si sa e come siè già avuto modo di accennare, la denominazione adottata,in opposizione alla storia antica), che andava lentamente

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prendendo consistenza. del resto, a questa altezza cronolo-gica, luoghi di attenzione privilegiata alle fonti documenta-rie sono oltre agli archivi soprattutto le nascenti depu -tazioni di storia patria, che immediatamente – al momentodella loro fondazione – posero il censimento e l’edizionedelle fonti documentarie come la propria mission. esem pla -re al riguardo l’iniziativa della deputazione veneta, istituitanel 1873. dando prova di realismo, perché l’identità regio-nale era una petizione di principio, e il municipalismo eraben presente e vivo, essa delegò in modo formale ai rappre-sentanti delle singole province il compito di redigere siste-matici elenchi di cronache, statuti, fondi pergamenacei, maanche fonti cartografiche ed epigrafiche (1876)20. al livellopiù alto del coordinamento tra le istituzioni delle varieregioni e dei vari antichi stati italiani, questo approccio fupoi seguito anche dall’istituto storico italiano, fondatocome si sa nel 1883 dopo una abbastanza lunga gestazione:i dibattiti sulla scelta di questa o di quella fonte da pubbli-care, le schermaglie volte a far prevalere questo o quel ter-ritorio, riempiono le pagine dei verbali delle sedute21.

ribadito ancora che lo Zeitgeist, l’aura diffusa cheorienta a uno stretto rapporto tra l’attenzione alle fonti el’insegnamento e la scrittura della storia, inizia allora a cir-colare largamente anche nelle deputazioni nascenti e nelmondo degli archivi, val la pena di osservare ora un po’ piùda vicino che cosa accade immediatamente, negli annisettanta, e anzi nei primi anni settanta, nelle due scuoleuniversitarie più “avanzate”. non sembra un caso cheFirenze e Padova abbiano in quegli anni un ruolo impor-tante nel formare forse più precocemente di quanto non sisia sinora ritenuto studiosi in grado di coniugare una narra-zione storica efficace e un approccio filologico, magari nondel tutto raffinato ma solido, in grado di fondare e di fecon-dare le necessarie attitudini letterarie. della peculiarità di

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queste due situazioni, costituiscono una controprova alcunitermini di confronto, che qui mi limito ad enunciare:torino e napoli. in ambedue le antiche capitali, alla vitali-tà delle istituzioni di ricerca extra-universitarie (accademie,scuole d’archivio, deputazioni) non fa da pendant un ade-guato aggiornamento di chi si trova a professare la discipli-na storica negli atenei. nell’università partenopea si trattadi Giuseppe de Blasiis, militante del risorgimento e patrio-ta22; complessivamente, egli appare un personaggio forsepiù vivo e dinamico del pur rispettabilissimo ercole ricotti,l’ex militare di carriera, celebre specialista delle ricerchesulle compagnie di ventura, che insegna a torino sino agliinizi degli anni ottanta e all’avvento di carlo cipolla23.

Venendo ora al caso fiorentino, un esempio importanteè quello di Pio carlo Fossati Falletti di Villafalletto: laurea-tosi per l’appunto col ricotti, a torino, nel 1872. negli annitra il 1873 e il 1876, quelli della sua formazione post-laureaa Firenze, il Falletti fece un vero e proprio salto di qualità,come professionalità e come apertura culturale. all’istitutodi studi superiori fiorentino egli maturò «un’attitudine spic-cata allo studio critico di documenti inediti […], uno stiledi ricerca tendenzialmente libero da pregiudizi ideologici euna forma espressiva sobria e misurata»24. la sua tesi diperfezionamento, discussa nel 1873 e dedicata al tumultodei ciompi, fu pubblicata nel 1876 a Firenze e dedicatasignificativamente «ai miei professori Pasquale Villari -cesare Paoli»; negli stessi anni egli concepì una secondacospicua monografia, dedicata all’assedio di Firenze del1529, e pubblicata dopo una lunga rielaborazione nel 1885,quando insegnava a Palermo25. la prima opera, in partico-lare, è molto legata alla riflessione di Villari anche per l’at-tenzione ai problemi sociali e politici del momento, esplici-tamente rivendicata, e alla dimensione etica del lavoro dellostorico. Ma in questa sede interessa l’esplicita dichiarazionedi fede nella documentazione, con una presa di distanze,

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nella Premessa, dai lavori che nello studio del tumulto «nonsi valsero dei racconti dei cronisti» contrapposti ai docu-menti ufficiali26.

non è possibile in questa sede censire sistematicamentetutti i laureati e i perfezionati fiorentini di quegli anni, maad una prima indagine su taluni nominativi degli anni 1867-188027 soltanto un paio oltre a Falletti si dedicarono allaricerca storica “professionale”. il più conosciuto è antoniocosci (1843-1883), che fu indirizzato dal maestro Villarialla sintesi storiografica d’alto livello e pubblicò nel 1875,dunque in età ancora relativamente giovanile, un grossotomo della Storia politica d’Italia scritta da una società diamici sotto la direzione di Pasquale Villari per l’editoreVallardi, quello dedicato al periodo delle «preponderanzestraniere» (non si parla, si badi, di “età moderna”)28. altriallievi dell’istituto si orientarono alla letteratura e alla filo-sofia, come Pier leopoldo cecchi29, o si dedicarono assaiattivamente alla politica e all’organizzazione scolastica, co -me Giovanni Battista cuniglio30. Fa parte di questa genera-zione anche il filologo (cominciò con l’edizione delNovellino), grande bibliografo e dantista Guido Biagi, allie-vo diretto peraltro di adolfo Bartoli piuttosto che delVillari e del Paoli31. nella generazione successiva, quelladegli anni ottanta, gli storici “di mestiere” sono almeno tre:ireneo sanesi, Pietro santini, e Vittorio Fiorini.

Per quanto riguarda gli storici e gli studiosi veneti lau-reatisi a Padova entro gli anni ottanta all’incirca, l’imprin-ting di de leva e di Gloria e l’orientamento a una prospet-tiva di lavoro sulle fonti sono espliciti e facilmente ricono-scibili in vari casi. i nomi primari e più conosciuti sononaturalmente quelli di carlo cipolla (1854-1916), laureato-si con de leva nel 1876, e di luigi alberto Ferrai (1858-1902), laureatosi nel 1879 con una tesi su cosimo de’Medici poi pubblicata nel 1882: due profili diversi, ma

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entrambi profondamente segnati dalla severa disciplinaarchivistico-documentaria alla quale li avevano indirizzati imaestri. essi furono in concorrenza nel 1895, quando sitrattò di sostituire il de leva sulla cattedra padovana32, eciò è di per sé una prova della omogeneità di fondo dellaloro impostazione. cipolla è molto noto, e la sua figura èstata in qualche misura rivalutata, anche se certo non inquanto cultore o fautore della narrazione storica, quantopiuttosto per lo strenuo impegno analitico e filologico-documentario33. nella prospettiva che qui interessa meritaqualche parola in più forse il Ferrai, che aveva trascorsoanche un anno di perfezionamento a Firenze, negli anniottanta prima di iniziare la consueta carriera di docenteliceale e poi universitario. in quest’ultimo ruolo, dopo unbiennio a Messina egli fu appunto successore per alcunianni (dal 1895 al 1899 circa; morì in età ancor giovanile nel190234) di de leva a Padova, ove era già stato libero docen-te per 10 anni, dal 1884 al 189335. oltre a manifestarepadronanza dei ferri del mestiere nel trattamento delle fonti– è un editore di un volume delle Fonti per la storia d’italia,collana dell’istituto storico italiano (Giovanni dacermenate, De situ ambrosianae urbis) –, Ferrai fu anche uneccellente scrittore. Penso in particolare alla monografiaLorenzino de’ Medici e la società cortigiana del Cinquecento(Milano 1891). sulla base di un’ampia ricognizione dellefonti letterarie ed archivistiche (una silloge di documentioriginali è anche pubblicata in appendice), egli tracciò unavvincente profilo di questo controverso personaggio che lastoriografia dal cinquecento all’età romantica aveva elevatoa prototipo del tirannicida classico, «un eroe col coturno ela toga», e che egli invece reinserì in quella «società corti-giana del ’500 profondamente pervertita» ed «emancipatatotalmente dalle dottrine del cristianesimo»36. È un testofelice dal punto di vista narrativo, checché ne dicessecroce, che in un notissimo duro giudizio ricompreso nella

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Storia della storiografia italiana del secolo decimonono inserìFerrai, con cipolla e crivellucci, nella «insipida storiografiafilologica»: nella «seconda generazione» di storici dellascuola filologica inariditisi per un «processo ineluttabile enecessario, nonostante la serietà e la valentia degli studiosiche lo soffersero e rappresentarono»37.

l’ambiente padovano degli anni settanta è significativoanche per il precoce radicamento della filologia e della lin-guistica romanza, anche in questo caso grazie ai pregressicontatti con gli ambienti scientifici viennesi e grazie allafunzione maieutica (per certi versi analoga a quella del deleva) svolta da un altro studioso dalmata: lo spalatinoadolfo Mussafia, che nella capitale dell’impero insegnò alungo38. docente di filologia romanza a Padova fu in queglianni (dal 1872) ugo angelo canello, allievo del diez e«umile manovale della scienza» come ebbe lui stesso a defi-nirsi39, adottando tra i primi una metafora edilizia tipica delpositivismo e dell’erudizione e destinata a larga fortuna («letessere del mosaico»; la «pietruzza erudita dell’edificio sto-riografico»; il riferimento ai «materiali»40; l’operaio che«prepara i mattoni» e fa il duro lavoro sulle fonti41) proprioper l’idea di una separazione rispetto alla visione lungimi-rante e ampia dell’architetto. nell’insegnamento della lette-ratura italiana invece l’apertura delle finestre, con un con-seguente certo qual cambio di atmosfera, avvenne solo conl’avvento di Guido Mazzoni, nel 188742, mentre negli annisettanta insegnava il mediocre “garibaldino” Guerzoni(arrivato a Padova nel 1876, da Palermo, e peraltro spessosostituito dal giovanissimo crescini oltre che affiancato daantonio Zardo)43. Ma un buon numero di solidi eruditi –nella preparazione e negli interessi dei quali filologia, storiae letteratura sono indistinguibili – esce negli anni settanta edintorni dalle aule del palazzo del Bo. Basta pensare a unbibliotecario e letterato, ma anche operoso storico della cul-tura, come il veronese Giuseppe Biadego, laureato nel

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187444; all’appena menzionato Vincenzo crescini, laureatonel 1879; ad antonio Medin, laureato nel 188245.Quantunque si riferisca ad alcuni anni più tardi46, rievocabene l’atmosfera che si respirava a Padova in quel torno ditempo e ancora richiama il senso di novità che l’approccioconcreto alle fonti ispirava agli studenti degli anni ottanta,un ricordo del letterato (ma anche storico “locale”) trevi-giano augusto serena. egli udì il de leva

esporre dalla cattedra le leggi del sapere storico e leleggi che governano la storia, e mostrar come dalla saga-ce consultazione dei documenti si dovesse salir al naturalcollegamento e al giusto giudizio de’ fatti umani. noipure lo udimmo ammirati, e non lo dimenticheremo mai,avvivar la narrazione con la semplice e potente eloquen-za del proprio sentimento, e introdurre testimonianti nelloro stesso linguaggio antichi annalisti e cronisti e notari[...]47.

Va osservato infine che il nuovo clima culturale e lenuove metodologie di ricerca influenzarono di riflesso, atti-randole verso un lavoro erudito di miglior qualità, persona-lità intellettuali di disparata formazione, valga l’esempio divari ecclesiastici (sovente filoliberali) attivi nelle città diperiferia (a treviso luigi Bailo [1835] laureato con deleva; a Belluno Francesco Pellegrini)48; o di un laureato ingiurisprudenza come il trevigiano Gerolamo Biscaro (natonel 1858), destinato a una carriera erudita di rilievo ben piùche locale, oltre che nel natio Veneto, soprattutto a Milanoe a roma (le due sedi nelle quali svolse la sua carriera dimagistrato)49.

si è dato spazio nelle pagine precedenti a due significa-tive “scuole” universitarie: ma è bene ricordare che l’ade-sione all’approccio positivo di matrice “tedesca”, la matu-razione di un rapporto nuovo e diverso, più stretto e piùvitale, tra la scrittura e l’insegnamento della storia e la con-

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suetudine quotidiana con le fonti documentarie fu com-plessivamente e inevitabilmente lento, tanto nell’istruzionesuperiore quanto nelle deputazioni di storia patria; e,com’è ben noto, anche l’attività dell’istituto storico italiano,fondato nel 1883, stentò a ingranare.

alcuni avvertiti testimoni e protagonisti della vita cultu-rale della nazione danno chiara testimonianza di queste diffi-coltà e di queste lentezze. nel 1877 e nel 1880, quell’acutoosservatore – attento (com’era ovvio per chi, come lui, pro-veniva dal trentino “italiano”) a quanto accadeva oltralpe ein particolare nel mondo universitario e scientifico austro-tedesco – che fu Bartolomeo Malfatti (dall’anno successivodocente di Geografia all’istituto fiorentino), sull’«archiviostorico italiano» espose con piena cognizione di causa lo statodella ricerca storica in Germania, discutendo dei MonumentaGermaniae historica, ma anche delle indagini svolte a livelloregionale; e propose uno sconsolante confronto fra l’Institutfür Österreichische Geschichtsforschung e la situazione italia-na50. nell’occasione, egli non mancò pure di interrogarsi sulrapporto tra storia e scienze umane e sulla necessità di unapreparazione sensibile ai diversi specialismi. se non devonoessere alleati della storia con la filosofia e con la filologia, e sehanno un grande peso «gli studi speciali di archeologia,paleografia e diplomatica»,

bastano questi a formare lo storico? come spiegare ifenomeni della vita dei popoli senza la scorta sicura del-l’etnografia, senza la luce della storia del diritto, senza icriteri dell’economia politica? e il medioevo italiano inispecie, che si presumerà d’averlo giustamente ravvisato, odi saperlo ben rappresentare altrui, se non si possiedamolta dimestichezza colla storia della chiesa o col dirittocanonico?51

del resto, anche limitando l’attenzione all’ecdoticadocumentaria, ancora nel 1890 – non proprio agli inizi della

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vicenda dell’istituto storico italiano – ernesto Monaci davaun giudizio estremamente negativo delle capacità filologi-che degli storici presenti nelle deputazioni di storia patriaitaliane. si discuteva del coordinamento delle deputazionie società, una delle mission dell’istituto, e senza giri diparole Monaci scrisse che «in quelle benemerite corpora-zioni ben pochi sanno lavorare soprattutto nella critica deitesti. e data tale disparità come sperare in un coordina-mento? Bisognerebbe che prima si fossero elevati tutti auno stesso livello di capacità intellettuale». ad eccezione diPaoli, Gherardi, lami per la toscana, di calligaris per ilPiemonte, di tommasini per il lazio, e finalmente diMonticolo e cipolla per il Veneto, il grande filologo roma-no mandava tutti dietro la lavagna con un voto di insuffi-cienza52.

Probabilmente, la sua severità era motivata53. Ma ventio venticinque anni dopo, diciamo nel 1910 o nel 1915, difronte alle decine di volumi di fonti dei Rerum Italicarumscriptores o delle Fonti per la Storia d’Italia e anche delle col-lane di alcune deputazioni che erano nel frattempo statepubblicate sicuramente Monaci, che era uomo, come si sa,di larghe vedute e che nel 1892 presentò alla facoltà roma-na, con de Gubernatis, un articolatissimo e molto riccoprogetto di implementazione degli insegnamenti di storia,non avrebbe potuto scrivere la stessa cosa. e chi aveva pub-blicato quelle fonti? un numero cospicuo di studiosi, checertamente non furono tutti uomini di genio o fuoriclassedella diplomatica: ma si trattò sovente di cultori di storia(che di mestiere facevano i professori di liceo, gli archivisti,i bibliotecari…) ferrati quanto basta nelle tecniche di edi-zione, dotati di solida preparazione, capaci di durissimi emassacranti lavori di schiena. costoro erano stati formati inmolte facoltà umanistiche delle università italiane, ove laqualità dell’insegnamento storico e la confidenza con lefonti documentarie e narrative venivano crescendo54. ov -

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viamente, nella grande massa di queste edizioni – predispo-ste da studiosi che si avviano agli studi negli stessi anni, afine secolo, e hanno le medesime occasioni formative –bisogna sceverare, come sempre, il grano dal loglio, e le edi-zioni eccellenti da quelle mediocri55. Ma nel complesso èlecito dire che si consolidò una pratica artigianale di buonlivello. Più o meno negli stessi anni, rapidamente si realiz-zava l’emancipazione della paleografia e della diplomatica,con le prime libere docenze e la prima infornata di cattedre(Federici a roma, Garufi a Palermo, lazzarini a Padova)tra il 1898 e il 1904; e più o meno negli stessi anni con larapida affermazione scientifica e accademica di luigischiaparelli56. costui assunse infatti nel 1903 la cattedra fio-rentina che era stata di cesare Paoli (1902), e che era stataofferta inizialmente (è molto interessante notarlo) a ungrande archivista e grande editore di documenti quale fualessandro Gherardi57. all’istituto fiorentino si era dunquepensato a un uomo (per certi versi) del passato: un uomoche in ogni caso aveva del rapporto tra ricerca paleografico-diplomatistica e ricerca storica una concezione molto diver-sa da quella del diplomatista di origine biellese, allievodiretto di carlo cipolla.

Ma torniamo, dopo questo breve excursus “diplomati-stico”, agli anni novanta, quando parallelamente al lavorosul campo anche le riflessioni sul metodo prendevano spes-sore. risale al 1891 il già menzionato58 importante saggio diPasquale Villari La storia è una scienza?, che si inserisce inuna discussione in atto in tutta europa, e che costituisce unapprodo importante per la riflessione complessa e non sem-pre rettilinea dello storico napoletano. si accende così neglianni immediatamente successivi il suo dibattito conBenedetto croce (La storia ridotta sotto il concetto generaledell’arte, del 1893, e poi ristampata nel 1896 col titolo Ilconcetto della storia nelle sue relazioni con l’arte, significati-vamente modificato dalla nozione di “riduzione” all’idea di

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“relazione” tra le due discipline, da un rapporto subordi-nato e quasi sottomesso e soccombente per la storia a unopiù equilibrato)59, che sarà poi sviluppato da salvemininella sua prolusione messinese del 190160. non è il caso quidi ripercorrere ancora una volta quella discussione signifi-cativa, che metteva criticamente a fuoco quegli sviluppi inqualche modo spontanei (una medievistica «ateoretica»,per applicare una celebre definizione novecentesca) e menoriflessi che ho cercato di evidenziare in precedenza; e face-va in un certo senso il punto di una prima importante fasedel lavoro erudito. neppure è il caso di riprendere il dibat-tito che in quegli anni ancora Villari (anziano, ma sempreprotagonista) portava avanti – discutendo ad esempio conugo Balzani, come lui attento alla funzione civile che la sto-riografia nazionale poteva svolgere – non solo sulla indi-spensabilità di opere in grado di «abbracciare con sguardosintetico vasti periodi storici», ma anche più specificamen-te sull’aporia irrisolta erudizione / narrazione, tra dato“positivo” e funzione pedagogica e “suggestiva” della nar-razione storica. come scrive Balzani a Villari,

la tendenza di lasciarsi affogare dalla minuta erudi-zione mi par che sia quella che ha distrutta quasi intera-mente l’arte storica in italia mentre la critica storica è intanto fiore. ora la critica e l’erudizione minuta sono stru-menti indispensabili allo storico ma non sono la storia eneppure sono i soli strumenti indispensabili61.

Ma è in questa forbice tra erudizione, narrazione e “di -vulgazione” che si muovono i giovani storici formatisi nellefacoltà umanistiche italiane negli anni settanta e ottanta (einizi novanta): ancorati saldamente al nuovo, e per lorodecisivo e irrinunciabile, dato documentario, eppure consa-pevoli delle necessità di adottare nuove strategie di scrittu-ra e modalità espositive diverse dalla mera sequenza crono-logica, da un andamento puramente évenémentiel. Mi è

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sembrato allora che un esperimento forse un po’ rozzo, manon privo – spero – di una sua validità per misurare la per-cezione dei problemi che il dibattito metodologico venivaevidenziando, fossero la diffusione e il consolidamento delformat espositivo della monografia provvista di appendicedocumentaria: non solo ovviamente a Padova e a Firenze –ove le congiunture accademiche favoriscono il precoceradicamento del “nuovo” metodo –, e per la Bologna diFalletti (negli anni novanta), vale a dire per le tre sedi, allequali in questa occasione si è prestato maggiormente atten-zione, ma il discorso vale presumibilmente anche per latorino di carlo cipolla e un po’ più tardi per la Pavia diGiacinto romano. È una tipologia di prodotto scientifico(si direbbe oggi, per la collocazione in un database univer-sitario) che sembra affermarsi più precocemente rispettoall’edizione del “dossier di fonti”, organizzate attorno a untema (senza riferimento a una unità archivistico-documen-taria riconoscibile): che è pure una novità interessante62.

Ha un valore emblematico, innanzitutto, il fatto chesiano corredate da cospicue appendici documentarie lemonografie di Pasquale Villari su savonarola e Machia -velli63 e di Giuseppe de leva su carlo V64. Già nel 1868-69,inoltre, uno dei primi allievi di Villari, alessandro Ghe -rardi, aveva concepito come una dissertazione corredata dadocumenti il suo studio sulla guerra degli otto santi uscitoa puntate sull’«archivio storico italiano» e poi in volumeautonomo65. Ma invero in questo specifico campo il mondodegli archivi toscani, erede della grande tradizione delBonaini, già aveva lanciato un segnale importante, perché la«memoria storica con documenti in appendice» richiesta ai«due alunni apprendisti nel terzo ed ultimo anno del lorotirocinio» anticipa la struttura della ricerca monograficadocumentata che stiamo qui sommariamente descrivendo.appare particolarmente significativo il fatto che nei primianni sessanta percorrano questa strada, agli inizi della loro

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carriera, i due studiosi che nelle principali università tosca-ne avrebbero poi professato la diplomatica e la paleografia,pubblicando tra l’altro importanti manuali di “scienza deldocumento” in servigio delle scuole universitarie: cesarePaoli a Firenze e clemente lupi a Pisa, «giovani appenaventenni» che pubblicarono le loro ricerche rispettivamen-te nel 1862 e nel 186366. a questa prospettiva si facevacenno già nell’editoriale A’ lettori del primo numero dellarivista, menzionando anche un consiglio del Boehmer (dalquale i promotori della rivista avevano ricevuto un incorag-giamento) a proposito della brevità dei testi che una rivistaarchivistica avrebbe dovuto ospitare67: consiglio peraltro di -satteso, vista la mole cospicua delle ricerche pubblicate sul«Giornale storico degli archivi toscani» dal Paoli e dal lupi.

rispondono poi alla tipologia della monografia docu-mentata le due ricerche giovanili di Pio carlo Falletti,ambedue allestite come si è accennato68 negli anni fiorenti-ni (1873-1874) e poi rielaborate negli anni successivi: inparticolare lo studio sull’Assedio di Firenze, edito nel 1885,prevede un separato volume di fonti documentarie, di molecospicua (superiore quantitativamente alla parte narrativa),dedicato all’archivista senese luciano Banchi. Pochi annidopo (1887) Giuseppe sanesi correda di un’ampia appen-dice la sua monografia su Stefano Porcari e la sua congiura;e naturalmente vanno menzionati – nel decennio successivo– gli studi di salvemini, come La dignità cavalleresca nelcomune di Firenze (1896) e anche i Magnati e popolani, editisuccessivamente nel 1899, ma preparati come tesi di perfe-zionamento nel 1895. la medesima struttura hanno neldecennio successivo tutte le “opere prime” degli allievi(diretti o indiretti) del Falletti a Bologna: ricordo cinquemonografie importanti come Il popolo minuto. Note di sto-ria fiorentina (1343-1376) di niccolò rodolico (1899),Francesco Sforza a Genova 1458-1466. Saggio sulla politicaitaliana di Luigi XI con L documenti inediti tratti dalle biblio-

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teche e dagli archivi di Parigi di albano sorbelli (1901), Laprigionia di re Enzo in Bologna, con appendice di documentidi ludovico Frati (1902), La signoria di Giovanni da Oleggioin Bologna (1355-1360) di lino sighinolfi (1905), La rivoltadei bolognesi al governo dei vicari della Chiesa (1376-1377):l’origine dei tribuni della plebe di oreste Vancini (1906).

tra gli studiosi che gravitano sul Veneto, e tra gli allie-vi della scuola padovana, la monografia con documenti èvalidamente rappresentata innanzitutto dal significativoprecedente del Lorenzino de’ Medici di Ferrai (1891)69.invece, il suo successore sulla cattedra che era stata di deleva, camillo Manfroni, anche prima della deriva maritti-mo/nazionalistica che ne caratterizzò l’operato nel corso delnovecento (a Padova e poi a roma) fu forse meno interes-sato alle fonti inedite70. Ma nei primi anni del nuovo secolotre studi tra di loro molto diversi, di laureati padovani, usci-ti nell’arco di un anno, confermano la tendenza di lungoperiodo e l’onda lunga dell’insegnamento di de leva eGloria. si tratta di La guerra tra Venezia e la S. Sede diGiovanni soranzo (1905); di I Caminesi e la loro signoria inTreviso. Appunti storici (1905), di Giovanni Battista Picotti;e infine di Ubertino da Carrara signore di Padova (1906) diGioacchino Beda. i tre giovani studiosi, pressoché coeta-nei71, venivano da esperienze di formazione in parte diffe-renziate. soranzo fu infatti allievo del Manfroni72, e Beda diManfroni medesimo e di lazzarini. Picotti invece aveva stu-diato originariamente con Francesco Flamini, docente diletteratura italiana del tutto omogeneo alla “scuola stori-ca”73; e questa circostanza rende il suo caso più interessan-te e calzante nella prospettiva di queste pagine. dal Flami -ni, il Picotti prese anche il gusto di una prosa un po’ classi-cheggiante ed aulica, ma assai efficace: un dato non irrile-vante, perché non tutti gli storici che ho citato nelle pagineprecedenti sanno scrivere bene. Ma è più importante osser-vare che era letterario e “dantesco” – un approfondimento

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a proposito dei da camino citati nella Divina Commedia(Gherardo, rizzardo, Gaia) – lo stesso spunto originario diuna monografia che divenne un solidissimo, e per certi versituttora insostituito, profilo di storia familiare, altrettantoattento alle vicende di una grande domus aristocratica neisecoli Xii-Xiii di quanto non sia al trentennio di signoriacittadina74. interessi letterari, narrazione storica, attenzioneai documenti e perizia nel trattarli: un esempio significativodella profonda unità tra le diverse anime della ricerca sulmedioevo italiano – in questo caso, il medioevo comunale esignorile – che si era realizzata negli ultimi trent’annidell’ottocento.

Note

*Questo saggio rientra nel progetto di ricerca di interessenazionale La medievistica italiana 1880-1940. Nascita e sviluppodi una disciplina (bando 2011), coordinato dal prof. robertodelle donne (università di napoli «Federico ii»), unità di ricer-ca dell’università di Verona.

i siti citati nelle note sono stati visitati tra il 25 dicembre 2013e il 6 gennaio 2014. ringrazio enrico artifoni di alcuni importanticonsigli e indicazioni.

1 P. Villari, L’insegnamento della storia. Discorso inauguraleper l’anno accademico 1868-69 letto il 16 novembre 1868nell’Istituto Superiore di Firenze dal prof. Pasquale VillariPresidente della sezione di Filosofia e Lettere, Milano 1869 (lascienza del popolo. raccolta di letture scientifiche popolari fattein italia, 51 [n. 6 del 1869]), anche in books.google.it/ books?id=7whGjZZaifwc. in generale per un inquadramento recentecfr. M. Moretti, Villari, Pasquale, in Il contributo italiano alla sto-ria del pensiero. Filosofia, http:// www.treccani.it/enciclopedia/pasquale-villari_(il-contributo-italiano-alla-storia-del-Pensiero:-Filosofia)/, con rinvii selettivi a una bibliografia immensa. comesi sa, una precedente importante tappa della riflessione di Villarisu queste tematiche è il saggio del 1854 Sull’origine e sul progres-

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so della filosofia della storia (riproposta con altri saggi in P. Villari,Teoria e filosofia della storia, cur. M. Martirano, roma 1999 (conintroduzione di G. cacciatore, pp. 7-23). altrettanto noto è ilfatto che Villari negli anni sessanta fece ricerca storica “sulcampo”, studiando la storia fiorentina (e scrivendone anche sul«Politecnico» del 1866; cfr. Il Comune italiano e la storia civile diFirenze [marzo 1866], e poco prima sullo stesso periodico La filo-sofia positiva e il metodo storico).

2 cfr. P. Villari, La storia è una scienza?, cur. M. Martirano,soveria Mannelli 1999 (il colibri – istorica, 9), corredato dall’im-portante saggio di Martirano, Le linee dello storicismo di PasqualeVillari negli scritti metodologici, pp. 11-32, oltre che da F.tessitore, Presentazione, pp. 5-9.

3 sull’andreis spero di concludere entro breve tempo unaricerca da tempo iniziata. Qualche risultato lo proposi nella rela-zione Alle origini della paleografia e della diplomatica in Italia:Silvio Andreis tra Rovereto, Berlino e Firenze letta nel corso della«iii settimana di studi medievali» organizzata dall’istituto storicoitaliano per il medioevo (Verona-Padova-Venezia, 26-28 maggio2008).

4 sull’insegnamento del Paoli a Firenze cfr. e. artifoni,Salvemini e il medioevo. Storici italiani tra Otto e Novecento,napoli 1990 (nuovo medioevo, 18), pp. 18 ss.; e ora la voce di M.Moretti, Paoli, Cesare, in Dizionario biografico degli italiani, incorso di stampa, con bibliografia aggiornata. Per il suo archiviopersonale, presso l’archivio di stato di Firenze, cfr.http://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina. pl?tipoPag=comparc&chiave=10409&ricProgetto=personalita.

5 Fu edita a Padova nel 1868.6 su andrea Gloria resta importante il saggio di s. Bortolami,

Andrea Gloria e il suo contributo alla storia ecclesiastica padovana,in Fonti e ricerche di storia ecclesiastica padovana, Padova 1981,pp. 11-44, e il precedente V. lazzarini, Andrea Gloria, in V.lazzarini - l. lazzarini, Maestri scolari amici. Commemorazioni eprofili di storici e letterati a Padova e nel Veneto dalla finedell’Ottocento e nel Novecento, cur. G. ronconi - P. sambin,trieste 1999 (contributi alla storia dell’università di Padova.Profili biografici, 2), pp. 53-79 (con bibliografia aggiornata);

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buona sintesi in l. cerasi, Gloria, Andrea, in Dizionario biografi-co degli italiani, 57, roma 2002, http://www.treccani.it/enciclo-pedia/andrea-gloria_(dizionario-Biografico)/. cfr. infine a.Brambilla, Docenti e didattica nell’Università di Padova a fineOttocento. Dalle note di due veronesi (Gioachino Brognoligo eGiuseppe Biadego), «Quaderni per la storia dell’università diPadova», 36 (2003), pp. 135-151, con interessanti notizie anchesulla pratica didattica del Gloria (esercizi a ricalco, in aula, sullabase di originali). come quadro generale cfr. sempre a.Petrucci,  La paleografia latina dalla scuola positiva al secondodopoguerra, in Un secolo di paleografia e diplomatica (1887-1986).Per il centenario dell’Istituto di paleografia dell’Università diRoma, cur. a. Petrucci - a. Pratesi, roma 1988, pp. 21-35.

7 la cifra del letterato e del dilettante di facile penna restasicuramente prevalente, ma nel 1872 il ciampi aveva pubblicatoun cospicuo volume di Cronache e statuti della città di Viterbo,Firenze 1872 (rist. anast. Bologna 1976) e negli ultimi anni (morìnel 1880) si nota una qualche intensificazione dell’approccio eru-dito, come mostrano alcuni saggi dedicati al comune medievaleromano, a sigismondo de’ conti, a innocenzo X; e ciò forse gra-zie ai rapporti col Monaci col quale il ciampi certamente entrò incontatto all’università. cfr. per l’insegnamento universitario i.ciampi, Introduzione al corso di storia moderna per l’anno 1872letta nell’Università romana, roma 1872 (e imola 18752).

8 Per le notizie sopra riferite, cfr. soprattutto M. Moretti,Storici accademici e insegnamento superiore della storia nell’Italiaunita. Dati e questioni preliminari, «Quaderni storici», 28 (1993),fasc. 82 (= Storie di storia. Erudizione e specialismi in Italia, cur.e. artifoni - a. torre), pp. 61-98.

9 i suoi primi interessi furono di filologia umanistica; si volsepoi alla cronachistica veneziana, facendosi apprezzare da de leva,che fu suo mentore al concorso del 1892 per l’università diBologna, donde si spostò a roma l’anno successivo. sul Monticolocfr. brevemente V. lazzarini, Giovanni Monticolo 1852-1909, inV. lazzarini - l. lazzarini, Maestri scolari amici cit., pp. 41-51.

10 che nel programma del convegno faceva esplicito riferimento,nel primo comma del titolo, alla «sensibilità degli storici» (corsivo mio).

11 G. cencetti, Archivi e scuole d’archivio dal 1765 al 1911. I

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precedenti storici e legislativi di un discusso problema, «rassegnadegli archivi di stato», 15 (1955), pp. 5-31. Questa “preistoria” èstata sostanzialmente trascurata da chi ha studiato, nei decenniscorsi, la storia dell’insegnamento paleografico e diplomatistico initalia; si è in genere assunto come terminus post quem la secondametà degli anni ottanta.

12 editi a Parma nel 1805.13 cencetti, Archivi e scuole d’archivio cit.14 si guarda con sospetto per esempio all’intenzione del

sovrintendente agli archivi della toscana di affidare l’insegna-mento di diplomatica a cesare Paoli: «può accettarsi la proposta[…], però occorre aver risposta alle seguenti domande: la scuolaoggi tenuta dal signor Paoli è aperta nell’archivio, o nell’istitutosuperiore di studii? e se è nell’istituto quali ne sono i regolamen-ti e i programmi? chi ne fa la vigilanza?».

15 la separazione era destinata a durare; emblematico è iltitolo della relazione di cesare Paoli al iV congresso degli storiciitaliani (1889), dal titolo Le scuole di Paleografia e il loro ordina-mento rispetto all’Amministrazione degli archivi e agli studi storiciuniversitari. ormai tutto spostato sul versante universitario, ildiplomatista fiorentino si mostra assai animoso verso l’ammini-strazione che ha abbandonato e fa critiche severe a proposito dei«frutti insufficienti e scarsissimi» delle scuole d’archivio, che«così come sono costituite sono insufficienti a dare una seria esolida cultura».

16 d. Frioli - G.M. Varanini, Insegnare paleografia alla finedell’Ottocento. Alcune lezioni di Carlo Cipolla (1883 e 1892),«scrittura e civiltà», 20 (1996), pp. 355-386.

17 cfr. la voce redazionale Gaudenzi, Augusto, in Dizionariobiografico degli italiani, 52, roma 1999, pp. 671-673,h t t p : / / w w w . t r e c c a n i . i t / e n c i c l o p e d i a / a u g u s t o -gaudenzi_(dizionario-Biografico)/.

18 M.r. celli Giorgini, Alle origini dell’Archivio di Stato diBologna: il progetto di F. Bonaini e l’opera di C. Malagola, in Archivie storia nell’Europa del XIX secolo. Alle radici dell’identità europea,http://www.archiviodistato.firenze.it/nuovosito/fileadmin/templa-te/allegati_media/materiali_studio/convegni/europa/convegni_europa_celligiorgini.pdf.

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19 non molti anni più tardi, offrì importanti spunti su questorisvolto del problema – il nesso tra diplomatica e studi storico-giuridici – la prolusione al suo insegnamento a Macerata letta dauno studioso di formazione mitteleuropea e “tedesca” radicatosiin italia, come ludovico Zdekauer: cfr. l. Zdekauer, Sulla impor-tanza che ha la diplomatica nelle ricerche di storia del diritto italia-no: discorso inaugurale letto nella R. Università di Macerata il 7novembre 1897, Macerata 1898. ricavo la citazione (per suggeri-mento di enrico artifoni che ringrazio) dal bel contributo di F.Pirani, Un’avanguardia in provincia. La “Mostra degli Archivi”all’Esposizione regionale marchigiana di Macerata del 1905, «ilcapitale culturale. studies on the Value of cultural Heritage», 8(2013), pp. 69-103, http://riviste.unimc.it/index.php/cap-cult.

20 M. de Biasi, La Deputazione di storia patria per le Veneziedalle origini ad oggi (1873-1995), Venezia 1995; qualche partico-lare ulteriore su procedure e criteri adottati, e sul peso dei muni-cipalismi, in G.M. Varanini, L’ultimo dei vecchi eruditi. Il canoni-co veronese G.B.C. Giuliari fra paleografia, codicologia ed organiz-zazione della ricerca, in Il canonico veronese conte G.B. CarloGiuliari (1810-1892). Religione, patria e cultura nell’Italiadell’Ottocento. atti della giornata di studio - Verona, 16 ottobre1993, cur. G.P. Marchi, Verona 1994, pp. 160-167.

21 cfr. M. Miglio, Dall’unificazione alla fondazione dell’Istitutostorico italiano, e G.M. Varanini, L’Istituto storico italiano traOttocento e Novecento. Cronache 1885-1913, ambedue in La storiadella storia patria. Società, Deputazioni e istituti storici nazionalinella costruzione dell’Italia, cur. a. Bistarelli, roma 2012 ( i libri diViella, 148), rispettivamente pp. 25-44 e 59 ss.

22 sul de Blasiis, cfr. ora il breve ma incisivo profilo di a.Venezia, Giuseppe De Blasiis (1832-1914), «reti Medievali rivista»,13 (2012), 1 http://www.rmojs.unina.it/index.php/rm/article/ view/387, e per il contesto di riferimento Bartolommeo Capasso. Storia,filologia, erudizione nella Napoli dell’Ottocento, cur. G. Vitolo,napoli 2005 (storici e storia, 6): volume che costituisce, per il pre-sente saggio, un termine di confronto davvero eccellente (per la qua-lità dei contributi, e per l’attenzione all’intero spettro dei problemiqui affrontati; cfr. in particolare i lavori di del treppo, cacciatore,Palmieri, Feliciati).

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23 oltre ad averlo collocato, ovviamente, in una linea di«sabaudismo», a proposito di ricotti ha scritto di una concezionedella storia come «pedagogia civile» e. artifoni, La medievisticain Piemonte nel Novecento e il problema dell’identità regionale, inLa cultura del Novecento in Piemonte: un bilancio di fine secolo,san salvatore Monferrato 2001, pp. 45-56: 46-47. Per il contestoivi si rinvia a un noto saggio di dionisotti (c. dionisotti,Letteratura e storia nell’Università di Torino fra Otto e Novecento,[1980], riedito in dionisotti, Ricordi della scuola italiana, roma1998 [storia e letteratura, 200], pp. 389-400) e a un precedentesaggio di artifoni stesso (e. artifoni, Carlo Cipolla storico delmedioevo: gli anni torinesi, in Carlo Cipolla e la storiografia italia-na tra Otto e Novecento, cur. G.M. Varanini, Verona 1994, pp. 3-31, specie pp. 3 ss.).

24 cfr. per quanto segue il bel contributo di M. Giansante,Profilo di Pio Carlo Falletti (1848-1933), «reti medievali-rivista», 14(2013), 1 http://www.rmojs.unina.it/index.php/rm/article/view/387, con rinvio a precedente bibliografia.

25 cfr. anche qui sotto, testo corrispondente a nota 68. 26 Ibid.27 Basata su un elenco di alunni dell’istituto che conseguiro-

no il diploma di abilitazione all’insegnamento secondario cortese-mente fornitomi da Mauro Moretti, che ringrazio di cuore.

28 a. cosci, L’ Italia durante le preponderanze straniere: narra-zione storica dal 1530 al 1789, Milano 1875 (storia politica d’italiascritta da una società di amici sotto la direzione di PasqualeVillari). nel 1878 il cosci, che morì prematuramente di lì a pochianni, pubblicò sulla «rivista europea» una rassegna (Gli studii sto-rici in Italia dopo il 1859) nella quale vantava che i risultati dellastoriografia italiana «negli ultimi 18 anni» erano stati largamentesuperiori a quelli del sessantennio precedente, come ebbe a ricor-dare croce menando i suoi noti fendenti contro la storiografia«pura o filologica» (cfr. qui sotto, nota 37 e testo corrispondente).Per i collegamenti tra le ‘scuole’ universitarie, è interessante anchericordare come un devoto villariano come il cosci abbia prefato,nel 1876, uno studio giovanile (Bologna e la lega lombarda,Bologna 1876) di Vittorio savorini, laureatosi nel 1875 concarducci e Bertolini a Bologna. il savorini fu poi docente e orga-

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nizzatore culturale di non trascurabile importanza (fondando rivi-ste e deputazioni) in abruzzo, a teramo in particolare.

29 P.l. cecchi, Torquato Tasso e la vita italiana nel secoloXVI, Firenze 1877; cecchi, torquato Tasso, il pensiero e le bellelettere italiane nel secolo XVI, Firenze 1877.

30 G.B. cuniglio, Di una legge organica sui ginnasi e licei,torino 1900; cuniglio, Della monarchia e dei partiti politici inItalia, torino 1889.

31 Bastino qui le schede di n. Vianello, Biagi, Guido, inEnciclopedia dantesca, i, roma 1970, pp. 617-618, e di P. Fasano,Biagi, Guido, in Dizionario biografico degli italiani, 9, roma 1967,pp. 826-827, http://www.treccani.it/enciclopedia/guido-biagi_(dizionario-Biografico)/.

32 lo ricorda P. Preto, Ferrai, Luigi Alberto, in Dizionario bio-grafico degli italiani, 46 (1996), pp. 420-421, http://www.trecca-ni.it/enciclopedia/luigi-alberto-ferrai_(dizionario_Biografico)/.

33 Mi limito a rinviare a Carlo Cipolla e la storiografia italianafra Otto e Novecento, cit. sopra a nota 23.

34 nell’ospedale psichiatrico di Verona, dopo aver abbando-nato l’insegnamento del 1899 per una grave malattia mentale (cfr.Preto, Ferrai, Luigi Alberto cit.).

35 oltre a Preto, Ferrai, Luigi Alberto (cfr. nota 32), cfr. P.tomea, Tradizione apostolica e coscienza cittadina a Milano nelmedioevo. La leggenda di San Barnaba, Milano 1993 (Bibliothecaerudita. studi e documenti di storia e di teologia, 2), pp. 290 ss.,in particolare nota 58, con ulteriore bibliografia. È importante inparticolare il necrologio di F. novati, Luigi Alberto Ferrai,«archivio storico lombardo», 29 (1902), pp. 196-202.

36 riprendo le citazioni da Preto, Ferrai, Luigi Alberto cit., p.421.

37 B. croce, Storia della storiografia italiana del secolo decimo-nono, Bari 19644 (ed. or. 1921), p. 87; ma ambedue i capitoli(XiV e XV) dedicati alla «storiografia dei puri storici» sonoovviamente fondamentali e menzionano tutti gli studiosi in pre-cedenza qui ricordati, come Ferrai, de Blasiis, cosci, ecc. (rispet-tivamente pp. 38, 78-79 e 83-84, 108) e quelli che rammenterò nelprosieguo di queste note.

38 su Mussafia cfr. r. tolomeo, Mussafia, Adolfo, in Dizionario

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biografico degli italiani, 77, roma 2012, http://www.treccani.it/enci-clopedia/adolfo-mussafia_(dizionario-Biografico)/.

39 l’auto-definizione – di sé e della propria generazione – èdel filologo romanzo ugo angelo canello (1874): lo ricordano e.lippi - G. Peron, Premessa, in “Noi umili manovali della scienza”.Critica e filologia di Ugo Angelo Canello, cur. lippi - Peron,treviso 1994 (Quaderni di «studi trevisani», 4), p. 7; si trattadegli atti di un seminario dedicato a quello studioso, scomparsoprecocemente nel 1883. cfr. anche il precedente a. limentani,«Il metodo, soltanto il metodo». Canello visto da Crescini (e danoi), in Ugo Angelo Canello e gli inizi della filologia romanza inItalia, cur. a. daniele - l. renzi, Firenze 1987, pp. 71-106 (poi inlimentani, Alle origini della filologia romanza, Parma 1991, pp.21-68); e limentani, Cento anni di filologia romanza a Padova,«Medioevo romanzo», 12 (1987), pp. 13-44.

40 che torna anche, ad esempio, nei carteggio di ugo Balzani:scrivendo a salvemini nel 1907 per esortarlo a non abbandonaregli studi per la politica, egli auspica un «periodo di costruzionestorica serio e fondato sui materiali preparati» e definisce quelladella generazione precedente la «scuola dei raccoglitori di mate-riali», distinta da quella degli allievi, che anzi per certi versi allagenerazione precedente si oppongono. la citazione è in liminealla monografia di artifoni, Salvemini e il Medioevo cit., pp. 11-12.

41 Quest’ultima definizione è del napoletano Bartolommeocapasso, che lo adotta nella sua commemorazione di camilloMinieri riccio; cfr. il bellissimo saggio di M. del treppo,Bartolommeo Capasso, la storia, l’erudizione, in BartolommeoCapasso. Storia, filologia, erudizione cit., p. 41 nota 74.

42 G. izzi, Mazzoni, Guido, in Dizionario biografico degli italiani,72, roma 2008, pp. 706-709, http://www.treccani.it/enciclopedia/guido-mazzoni_res-9c2cc202-29b2-11de-bb24-0016357eee51_(dizionario-Biografico)/.

43 F. conti, Guerzoni, Giuseppe, in Dizionario biografico degliitaliani, 60, roma 2003, pp. 693-696, http://www.treccani.it/enci-clopedia/giuseppe-guerzoni_(dizionario-Biografico)/; ma cfr. inparticolare Brambilla, Docenti e didattica nell’Università di Padovaa fine Ottocento cit., pp. 136 ss. con ulteriori rinvii bibliografici,

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anche relativamente alle tempestose vicende accademiche connes-se. ovviamente, su questi temi restano in generale imprescindibilile riflessioni di c. dionisotti, Appunti sulla scuola padovana, inMedioevo e rinascimento veneto con altri studi in onore di LinoLazzarini, Padova 1979 (poi in dionisotti, Ricordi della scuola ita-liana cit., pp. 369-387), e soprattutto G. lucchini, Le origini dellascuola storica. Storia letteraria e filologia in Italia (1866-1883),Bologna 1990 (e Pisa 20082 [studi di critica e filologia. nuovaserie, 1]).

44 e peraltro più vicino, nel corso degli studi, a GiacomoZanella e a Pietro canal che non a de leva e Gloria; cfr. P.tentori, Biadego, Giuseppe, in Dizionario biografico degli italiani,6, roma 1967, p. 821, http://www.treccani.it/enciclopedia/giu-seppe-biadego_(dizionario_Biografico)/

45 su Medin, qualche accenno in r. Manetti, Per una nuova edi-zione delle rime di Francesco di Vannozzo (ovvero: perché una nuovaedizione delle rime di Francesco di Vannozzo), http://www.provin-cia.padova.it/comuni/monselice/libri/cultura%20volgare/13.manetti%20403-418.pdf.

46 il serena, nato nel 1868, si laureò nel 1892.47 G.M. Varanini, Augusto Serena nella tradizione erudita

veneta e trevigiana, in Augusto Serena letterato, storico, intellet-tuale. atti del convegno (Montebelluna 25 ottobre 1997), cur. d.Gasparini - l. de Bortoli, Montebelluna (treviso) 2001, pp. 29-50: 29-32 (pp. 29-30 per la citazione, tratta dal necrologio che ilserena stese, negli anni trenta del novecento, per l’erudito friu-lano antonio Battistella, suo compagno di studi a Padova cin-quant’anni prima); ma cfr. anche in precedenza l. de Bortoli,Appunti su Serena, in a. serena, Cronaca montebellunese,Montebelluna (treviso) 19983 [la prima edizione risale al 1903],pp. iX-lX: Xiii.

48 cfr. G.M. Varanini, Bailo, Coletti e le istituzioni culturalitrevigiane fra tradizione erudita e scelte museografiche nell’ Otto eNovecento, in Luigi Coletti. atti del convegno di studi (treviso29-30 aprile 1998), cur. a. diano, treviso 1999, pp. 109-134;Varanini, Tra erudizione municipale e metodo storico: le riviste deimusei civici veneti tra Otto e Novecento, in  Centenario delBollettino del museo civico di Padova 1898-1998. atti della gior-

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nata di studi ‘arte e cultura nelle riviste specialistiche dei musei edegli istituti culturali veneti tra otto e novecento’ (16 novembre1998), Padova 2000 (Quaderni del «Bollettino del Museo civicodi Padova», i), pp. 11-31.

49 P. craveri, Biscaro, Girolamo, in Dizionario biografico degliitaliani, 10, roma 1968, p. 660, http://www.treccani.it/enciclope-dia/girolamo-biscaro_(dizionario_Biografico)/; e per qualcheconsiderazione ulteriore anche il primo tra i due contributi citatialla nota precedente. lo spessore scientifico del Biscaro è bennoto, ma merita qui una segnalazione – in vista anche di una pos-sibile valorizzazione – il ricchissimo materiale (concernenteappunto treviso, Verona, Milano, l’archivio Vaticano) del FondoGerolamo Biscaro, conservato nei mss. 2445-2465 della Bibliotecacomunale di treviso (cfr. Catalogo dei manoscritti [nn. 2381-2600], cur. e. lippi, schede di G. Barbirato - M. donaggio - r.stauble, treviso 1997, pp. 49-69). oltre che dei materiali prepa-ratori delle ricerche edite, si tratta per lo più di spogli d’archivio(e di abbozzi) che mostrano grande acutezza e originalità di pro-spettive. il carteggio è invece pressoché inesistente.

50 l’occasione fu fornita dall’uscita del primo numero delle«Mittheilungen» dell’istituto; cfr. G.M. Varanini, BartolomeoMalfatti storico: tra alto medioevo e polemiche nazionali. Note preli-minari, in Nationalismus und Geschichtsschreibung - Nazionalismo estoriografia = «Geschichte und region. storia e regione», 5 (1996),pp. 163-190: 175-176 (con rinvio a precedenti spunti forniti da M.Moretti). Per questa importante figura di etnografo, geografo e stori-co – il cui profilo scientifico è tipico della fase che si sta qui esami-nando, anteriore agli specialismi scientifici allora soltanto incipienti oin incubazione – cfr. una bibliografia aggiornata in a. Maroni,Bartolomeo Malfatti (1829-1892). Interessi e ricerche di un geografotrentino della seconda metà dell’Ottocento, «atti dell’accademiaroveretana degli agiati», ser. Viii, 4, a, fasc. 1, 254 (2004), pp. 279-305. del Malfatti etnografo ha trattato a suo tempo s. Puccini, Lanatura e l’indole dei popoli. Bartolomeo Malfatti e il primo manualeitaliano di etnografia (1887), «Giornale critico della filosofia italiana»,ser. Vi, 8, 67 (1988), pp. 81-104; e infine, in sintesi, cfr. G. Patrizi,Malfatti, Bartolommeo, in Dizionario biografico degli italiani, 68,roma 2007, pp. 180-182, http://www.treccani.it/enciclopedia/bar-

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tolommeo-malfatti_ (dizionario_Biografico)/. Per il suo insegna-mento a Firenze, cfr. la prolusione Della parte che ebbero i toscaniall’incremento del sapere geografico: discorso per la inaugurazione del-l’anno accademico nel r. Istituto di studi superiori pratici e di perfezio-namento in Firenze letto il 4 novembre 1879 dal prof. B.M., Firenze1879. negli stessi anni (1878) ernesto Monaci l’aveva chiamato a col-laborare al «Giornale di filologia romanza», perché replicasse – lui,trentino ma “italiano” – agli articoli pan-germanistici di christianschneller (Va rani ni, Bartolomeo Malfatti cit., p. 182 e nota 88).

51 Ibid., p. 176 nota 66. delle ultime discipline citate – in con-siderazione anche della recente abolizione delle facoltà teologichenel regno d’italia (1873) – il Malfatti auspicava l’introduzionenelle «scuole laiche».

52 ricorda questa presa di posizione a. Forni, L’Istituto stori-co italiano, in Speculum mundi. Roma centro internazionale diricerche umanistiche, cur. P. Vian, introduzione di M. Pallottino,roma 1990 (collana di storia e cultura), p. 610, ripreso inVaranini, L’Istituto storico italiano tra Ottocento e Novecento cit.,p. 80.

53 Per non fare che un esempio, anche le prime edizioni difonti del reputatissimo cipolla, pubblicate proprio allora – leAntiche cronache veronesi, i [unico uscito], Venezia 1890[Monumenti storici publicati dalla r. deputazione veneta di storiapatria, ser. terza, cronache e diarii, 2] –, non sono inappuntabili;ben diversa la qualità della sua edizione di Ferreto Ferreti, unadozzina d’anni più tardi. Va anche detto peraltro che quei testi,confezionati in un periodo alquanto precedente, giacquero a lungoa Venezia presso la deputazione, prima d’esser pubblicati.

54 troppo noto, e anche recentemente ripercorso, è il nododella nuova edizione dei Rerum Italicarum Scriptores, promossa daVittorio Fiorini, anche in antagonismo alle iniziative dell’istitutostorico italiano, perché vi si ritorni qui. Mi limito dunque a richia-mare tra molti studi G. arnaldi, L’Istituto storico italiano per ilmedio evo e la ristampa dei RIS, «Bullettino dell’istituto storico ita-liano», 100 (1995-1996), pp. 1-15; a. Bartoli langeli, L’Istituto el’edizione delle fonti. Tradizione, problemi, prospettive, (http://www.isime.it/redazione08/bartolilangeli2007.pdf); per un inqua-dramento cfr. anche M. Moretti, Appunti sulla storia della medie-

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vistica italiana fra Otto e Novecento: alcune questioni istituzionali,«Jerónimo Zurita. revista de historia», 82 (2007), pp. 155-174:163, http://ifc.dpz.es/recursos/publicaciones/27/38/moretti.pdf.

55 restando nell’ambito fiorentino, basti qui contrapporre labuona edizione della cronaca di Marchionne di coppo stefaniprocurata tra 1903 e 1913 da niccolò rodolico (classe 1873), chefu anche libero docente di paleografia e diplomatica, e la medio-cre prova data da romolo caggese (classe 1881) nell’edizionedegli statuti fiorentini. cfr. rispettivamente l. tanzini, NiccolòRodolico, http://www.storiadifirenze.org/?storici=rodolico-nic-colo (con rinvio a un noto contributo di sestan e a n. rodolico,La mia giornata di lavoro. Note bio-bibliografiche, «archivio stori-co italiano», 126 [1968], pp. 5-21) e F. salvestrini, Per un com-mento alle edizioni di Romolo Caggese. I codici statutari, il tratta-mento dei testi, la critica, in Gli statuti della Repubblica fiorentina(Firenze, 1910-1921), nuova ediz. cur. G. Pinto - F. salvestrini -a. Zorzi, Firenze 1999 (deputazione di storia patria per latoscana. documenti di storia italiana. ser. ii, 6), pp. iX-lii.

56 «rispetto alla tradizione italiana, con lui (cioè conSchiaparelli) si realizza un aggiornamento, un adeguamento aposteriori della intensa operosità diplomatica ottocentesca, carat-terizzata da un sostanziale empirismo, alla scuola tedesca» (Bartolilangeli, L’Istituto e l’edizione delle fonti cit.). il corsivo è mio;quel «sostanziale empirismo» era stato praticato dagli storici delleultime generazioni, in assenza sino ad allora di diplomatisti ‘spe-cialisti’. e in verità fu schiaparelli che modificò il panorama, per-ché degli altri cattedratici menzionati almeno un paio (lazzarinie Garufi; ma in fondo il discorso vale anche per Federici) diplo-matisti puri non lo furono mai.

57 lo riferisce F. conti, Gherardi, Alessandro, in Dizionariobiografico degli italiani, 53, roma 2000, http://www.treccani.it/enciclopedia/alessandro-gherardi_(dizionario_Biografico)/. cfr.anche l. tanzini, Alessandro Gherardi, in http://www.storiadifi-renze.org/?storici=gherardi-alessandro.

58 cfr. nota 2.59 in una bibliografia molto vasta, mi limito a rinviare a un

intervento recente (dal quale traggo le citazioni nel testo):Moretti, Villari Pasquale (cfr. sopra, nota 1); i testi sono raccolti

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in B. croce - P. Villari,  Controversie sulla storia, cur. r. Viticavaliere, Milano 1993.

60 G. salvemini, La storia  considerata come  scienza, «rivistaitaliana di sociologia», 6/1 (1902), pp. 17-54; poi in G. salvemini,Scritti vari (1900-1957), cur. G. agosti - a. Galante Garrone,Milano 1978 (opere di Gaetano salvemini, 8), pp. 107-135.

61 cfr. G.M. Varanini, Passione per la storia d’Italia. Appuntidal carteggio Balzani-Villari (1885-1896), «itinerari di ricerca sto-rica», 26 (2012), pp. 41-69, citazione a p. 54 (corsivo mio).

62 si vedano al riguardo – a mero titolo di esempio – i docu-menti savonaroliani editi da alessandro Gherardi, il volume didocumenti Della signoria di Francesco Sforza nella Marca secondole memorie dell’archivio recanatese curati dal giovane Michelerosi (1895), i Documenti per la storia delle relazioni tra Verona eMantova nel secolo XIII editi da cipolla nel 1901.

63 La storia di Gerolamo Savonarola e de’ suoi tempi narratacon l’aiuto di nuovi documenti, 2 voll., Firenze 1859-1861,(Firenze 18872); Niccolò Machiavelli e i suoi tempi illustrati connuovi documenti, 3 voll., Firenze 1877-1882 (Firenze 1895-18972).

64 G. de leva, Storia documentata di Carlo V in correlazioneall’Italia, Bologna 1894.

65 a. Gherardi, La guerra dei fiorentini con papa Gregorio XIdetta la guerra degli Otto Santi, Firenze 1868.

66 le espressioni citate si leggono nella pagina preposta alsaggio del Paoli: c. Paoli, Della signoria di Gualtieri duca d’Atenein Firenze. Memoria compilata sui documenti da C.P., «Giornalestorico degli archivi toscani che si pubblica dalla soprintendenzagenerale degli archivi toscani», 6/2 (1862), pp. 3-167 (pp. 1-60per la dissertazione, 61-167 per i Documenti, in parte editi e inparte regestati) http://books.google.it/books?id= 7l65eodYWsuc&printsec=frontcover&dq= Paoli+della+signo-ria+di+gualtieri+duca+d’atene&hl=it&sa=X&ei=vVHKurKrl5 t o 7 a a j - o G g a Q & v e d = 0 c d M Q 6 a e w a a #v=onepage&q=Paoli%20della%20signoria%20di%20gualtie-ri%20duca%20d’atene&f=false. cfr. poi c. lupi, Delle relazio-ni fra la Repubblica di Firenze e i conti e duchi di Savoia. Memoriacompilata sui documenti dell’archivio fiorentino da C.L., «Giornale

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storico degli archivi toscani che si pubblica dalla soprintendenzagenerale degli archivi toscani», 7/1 (1863), pp. 3-45; 7/2, pp. 81-129, ove si conclude la dissertazione; 7/3, pp. 178-219; 7/4, pp.257-322, per un totale dunque di circa 80 pagine di dissertazionee 120 di documenti http://books.google.it/ books?id=db86aQaa M a a J & p g = P a 3 & d q = c . + l u p i , + d e l l e + r e l a z i o n i +fra+la+repubblica+di+Firenze+e+i+conti+e+ duchi+di+savoia.& h l = i t & s a = X & e i = x l P K u q f 5 c o q p a b 9 z i B g & v e d =0cFkQ6aewcdgu#v=onepage&q=c.%20lupi%2c%20delle%20relazioni%20fra%20la%20repubblica%20di%20Firenze%20e%20i%20conti%20e%20duchi%20di%20savoia.&f=false. debbo quanto sopra a una cortese comunicazione di enricoartifoni, che ringrazio vivamente.

67 «il faudra être sur ses gardes de n’y laisser passer que depetites dissertations»; cfr. A’ lettori, «Giornale storico degli archi-vi toscani che si pubblica dalla soprintendenza generale degliarchivi toscani», 7 (1863), p. Vii nota 1. sulla rivista, cfr. s.schioppa - a. Feliciani, Per una storia dell’archivistica: il contribu-to dei periodici archivistici italiani dal 1857 al 1975, «nuovi annalidella scuola speciale per archivisti e bibliotecari», 9 (1995), pp. 7-44: 7 ss.

68 cfr. qui sopra, testo corrispondente alle note 25-26.69 l.a. Ferrai, Lorenzino de’ Medici e la società cortigiana del

Cinquecento, con le rime e le lettere di Lorenzino e un’appendicedi documenti, Milano 1891.

70 cipolla e crivellucci, conferendogli l’ordinariato nel 1902, glirimproverarono puntualmente «il difetto di una novità che risulti dadocumenti inediti e da una larga esplorazione degli archivi». cfr. G.Monsagrati, Manfroni, Camillo, in Dizionario biografico degli italia-ni, 68, roma 2007, pp. 768-770, http:// www.treccani.it/enciclope-dia/camillo-manfroni_(dizionario_Biografico)/ (citazione a p. 769).un lavoro importante del Manfroni, Le relazioni fra Genova,l’Impero bizantino e i turchi, Genova 1898, rispetta in realtà questoformat; ma si tratta di una monografia prevalentemente dedicata alcinque cento, e commissionatagli dalla deputazione ligure, per valo-rizzare le ricerche di due studiosi defunti (angelo sanguineti eGerolamo Bortolotto).

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71 Picotti era nato nel 1878 e soranzo nel 1881; di Beda nonsono riuscito ad accertare la data di nascita, ma il nome stesso deisuoi relatori di tesi (lazzarini e Manfroni) impone di collocarecronologicamente la sua laurea nei primissimi anni del nuovosecolo e rinvia più o meno a un’età anagrafica analoga a quella deicitati studiosi.

72 c. Mozzarelli, La storia, in L’Università Cattolica a 75 annidalla fondazione. Riflessioni sul passato e prospettive per il futuro,Milano 1998, p. 208; P. Zerbi, Giovanni Soranzo (Necrologio),«annuario dell’università cattolica del sacro cuore» (1963-64),pp. 431-436.

73 cfr. l. strappini, Flamini, Francesco, in Dizionario biograficodegli italiani, 48, roma 1998, pp. 268-278, http://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-flamini_(dizionario-Biografico)/.

74 il titolo stesso enfatizza, anche con un’evidenza tipograficache risponde alla logica interna della ricerca e alla struttura del-l’appendice documentaria, I Caminesi; solo in subordine si riferi-sce alla signoria in treviso di Gherardo, rizzardo e Guecellone,durata dal 1283 al 1312.

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