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Il convento, in "La basilica dei Santi Giovanni e Paolo. Pantheon della Serenissima"

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. Baldassare Longhena, portale del capitolo

era costituito dal portale minore inglobato nella facciata mar-morea della Scuola Grande di San Marco: varcato il portone vi era un piccolo andito da cui si accedeva alla cappella intitolata alla Madonna della Pace (fondata nel dal generale dell’Or-dine, padre Gioacchino Turriani, e conclusa nel ; cfr. ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. , , n.  e b. , , n. ) non-ché al primo chiostro, detto dei Morti poiché adibito a cimitero, secondo la tradizione domenicana. Quest’ultimo, oggi comple-tamente perduto, affiancava la navata sinistra della chiesa, alla quale era collegato mediante un ingresso ubicato nell’angolo sud-orientale e tuttora ben riconoscibile, sebbene tamponato. Attorno a questo primo cortile si trovava l’ingresso alla sala ca-pitolare (a est) e un ulteriore accesso alla cappella della Pace (a ovest). Un breve corridoio intermedio, situato nell’angolo nord-orientale, conduceva infine al secondo chiostro, consentendo anche l’ingresso al lunghissimo salone del dormitorio principale inferiore e al dormitorio dei novizi, che occupava interamente il corpo di fabbrica interposto tra i primi due cortili.L’ampio refettorio, che – a quanto pare – era collocato a pian terreno (cfr. Keyssler , III, p. ), si prolungava per l’inte-ra ala occidentale del secondo chiostro, fino ad affacciarsi – con il lato corto – sul terzo. L’ala settentrionale era invece occupa-ta quasi per intero dalla chiesa di San Nicolò, che faceva forse parte delle strutture originarie del convento. Giovanni Boccoli, nel , aveva infatti stabilito di essere sepolto «in Monaste-rio», davanti alla porta del sacello, lasciando la somma annua di   lire di grossi per il mantenimento di tredici frati che vi officiassero quotidianamente: essi inoltre avrebbero avuto a di-sposizione un dormitorio indipendente, un proprio refettorio e una campana (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. , , n. ).Nel , i frati concessero la «Cappella di S. Niccolò situata

La storia plurisecolare del convento dei Santi Giovanni e Paolo non è mai stata indagata nella sua interezza. Le pesantissime manomissioni e le estese demolizioni subite dal complesso dopo le soppressioni napoleoniche, del resto, rendono spesso difficile comprenderne perfino l’originale organizzazione interna. Pur mancando uno spoglio sistematico dell’abbondante documen-tazione conservata all’Archivio di Stato di Venezia, possiamo però ricostruire l’assetto generale delle fabbriche, soffermandoci tuttavia solo su alcuni interventi particolarmente rilevanti.Come abbiamo specificato nel capitolo relativo all’architettura della basilica, il convento domenicano, alla fine del Duecento, aveva raggiunto dimensioni e compiutezza tali da poter ospitare il Capitolo generale dell’Ordine. Il suo primitivo impianto, tut-tavia, non è noto: sappiamo soltanto che, analogamente al com-plesso attuale, si accostava alla chiesa mediante uno dei chiostri, come si ricava dal testamento del doge Marino Zorzi del (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, Catastico, I, c. v; rimanda a b. , , n. ). Il limite di espansione verso nord era invece costi-tuito dalle acque della laguna, alle quali le fabbriche conventuali (fino al tardo Cinquecento) si affacciavano direttamente: la si-tuazione mutò solo con la successiva bonifica delle paludi verso Murano e la realizzazione delle Fondamente Nove.L’assetto del convento intorno alla metà del XVI secolo è ri-prodotto, seppur in maniera sommaria, in una pianta datata novembre (fig. )e «cavata da altra simile fatta circa l’anno , esistente in un Codice ms. che contiene diversi Opuscoli del P. M.ro F. Sisto Medices, e si conserva nella Li-breria del Convento» (ora in ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. [], , n. ; cfr. Moretti , tav. ). Il complesso era all’e-poca già organizzato attorno ai tre chiostri tuttora riconoscibili: l’ingresso principale si apriva sul campo di fronte alla chiesa ed

IL CONVENTO

Massimo Bisson

due ampie arcate di epoca successiva – sul lungo dormitorio inferiore; l’unico accesso originale oggi riconoscibile era forse quello che dà sul secondo chiostro, come mostrano i resti del frontone dipinto che lo sormontano. Le travi del soffitto, tutte decorate, e la sottostante finta cornice a modiglioni che circon-da l’intero ambiente conferiscono una certa solennità a questo spazio, il cui utilizzo da parte della Confraternita è confermato dallo stemma genovese in bella vista sulla parete occidentale: tutto ciò sembra suggerire, peraltro, che non fosse usato sola-mente come sacrestia, ma anche come ‘albergo’, cioè come sala capitolare della Scuola.

nel loro Chiostro interiore, assieme con un luogo dietro l’al-tar ad uso di Sagrestia» alla ‘nazione’ genovese che, proprio in quell’anno, aveva fondato una confraternita dedicata a san Giorgio. Secondo l’accordo stipulato con il convento, l’antico sacello (che avrebbe preso il titolo del loro patrono) sarebbe stato nuovamente decorato e dotato di una pala d’altare raffi-gurante san Giorgio, san Nicolò e san Domenico (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, Catastico, II, pp. v-r: rimanda a ‘Libro ° degli Instrumenti’, p. ; cfr. anche Vio , p. ).Alla citata sacrestia, come suggerisce Vio, sembra corrisponde-re l’ambiente con resti di affreschi che ora si apre – mediante

. Venezia, Santi Giovanni e Paolo, pianta del convento, . Venezia, Archivio di Stato

come vedremo, ebbero in uso alcuni locali del convento, una circostanza che sembra in qualche modo configurare il com-plesso dei Santi Giovanni e Paolo come struttura piuttosto permeabile al pubblico, sminuendone l’immagine di luogo di-staccato dal mondo.

I genovesi mantennero l’uso della chiesetta e dell’annesso loca-le fino al , quando dovettero abbandonarlo a causa delle inadempienze nei versamenti delle somme dovute al convento (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, Catastico, II, p. r: rimanda a b. , , n. ; cfr. anche Vio , p. ). Altre confraternite,

. Venezia, Santi Giovanni e Paolo, pianta del piano terra del convento, fine del XVII secolo (?). Venezia, Archivio di Stato. ) ingresso dal campo; ) cappella della Pace; ) primo chiostro (o chiostro dei morti); ) accesso alla basilica; ) sala del capitolo; ) sedi delle confraternite; ) biblioteca; ) dormitorio inferiore; ) scalone; ) ex Scuola dei Genovesi; ) capitolo di San Nicolò (ex chiesa

di San Nicolò); ) secondo chiostro; ) deposito di derrate e, al piano superiore, cucina; ) refettorio degli infermi (ospizio), al piano superiore; ) spezieria; ) terzo chiostro; ) scala a chiocciola; ) refettorio «nuovo» (poi «nuovissimo»), al piano superiore; ) magazzini; ) Scuola Grande di San Marco

erano state «ristorate ed in parte fabricate» dal citato Gioacchi-no Della Torre, o Turriani (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. [], , n. ), illustre personalità dell’Ordine, che ricoprì la carica di maestro generale dei domenicani tra il fino alla morte, avvenuta nel (Ristori ).Scorrendo il lungo elenco dei frati che vi dimorarono tra il e il , si comprende che si trattava di ambienti di un certo prestigio, spesso riservati a eminenti personaggi dell’Or-dine che, anche solo saltuariamente, risiedevano nel convento (vescovi, teologi, maestri di cappella). Nel si decise che alcune delle suddette stanze venissero trasformate in «una regal infermeria»; le altre rimasero invece a disposizione dei padri provinciali durante le visite al convento (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. [], , n. ). Sotto l’impulso di Gioacchino Della Torre, che fu anche uma-nista e letterato molto stimato, la biblioteca del convento (senz’altro esistente fin dalla fondazione del complesso) fu ar-ricchita di codici greci e latini, divenendo un imprescindibile punto di riferimento culturale per la città. Su richiesta dello stesso maestro generale, nel , la Repubblica accettò addi-rittura di affidare ai domenicani il ricco lascito di manoscritti del cardinal Bessarione, con il progetto di realizzare ai Santi Giovanni e Paolo «pulchram bibliothecam ubi cum dignitate conservari poterunt dicti librj: sub nomine Bibliotheca Sancti Marci» (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. [], , n. , c. ; cfr. anche Corner , p. ; Vanzan Marchini , p. ). Il progetto, per circostanze rimaste oscure, non si realizzò; tuttavia, grazie all’antica planimetria, sappiamo che già a metà Cinquecento la «libraria» era ubicata nella posizione dell’attua-le, in un fabbricato sporgente dal lato orientale del dormitorio (fig. ): non è tuttavia chiara la sua organizzazione interna, né se l’accesso avvenisse dal piano terra o da quello superiore.L’intero convento, nel corso del XVII secolo, fu sottoposto a ra-dicali trasformazioni, in parte testimoniate dalle carte d’archi-vio, ma ancor meglio documentate nel loro complesso da due planimetrie generali non datate, la cui redazione è senz’altro successiva ai menzionati rifacimenti: la prima (fig. ) relativa al pian terreno (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. [], , n. ; cfr. Moretti , tav. ), la seconda (fig. ) pertinente al primo piano (Museo Correr, Stampe Gherro, ; cfr. Frank a, p. ).Il portico del primo cortile, di cui nel era in corso il rifa-cimento delle volte (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. , , n.  e b. , , n.  ), era formato da undici arcate per lato, oggi completamente scomparse: molti elementi lapidei (plinti, basi, fusti di colonne e pilastri, capitelli tuscanici, conci di archi ecc.) sono ora accatastati in quello stesso spazio e potrebbero probabilmente consentire, mediante un’intelligente operazione di anastilosi, la riconfigurazione del chiostro nella sua ultima versione architettonica.

L’infermeria e l’ospizio occupavano l’intera ala compresa tra il dormitorio inferiore e il terzo chiostro (fig. ); sui lati setten-trionale e occidentale di quest’ultimo si distinguono poi la ‘ra-sura’ e diversi altri ambienti non specificati, ma probabilmente di servizio.Il citato dormitorio, già a metà Cinquecento, si sviluppava qua-si per l’intera lunghezza dei tre chiostri: a pian terreno, come indica la pianta rinascimentale, si trovavano le celle «de’ Mae-stri e Frati vecchj», tutte disposte lungo il lato orientale, assie-me alla biblioteca. Queste stanze, «denominate Generalizie»,

. Scalone

ta in maniera completamente indipendente da quella dei frati (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. , , n. , c. ). Solo due porte, che dovevano rimanere sempre chiuse, collegavano il no-viziato al resto del convento: una era a pian terreno e permette-va ai giovani di raggiungere il coro della basilica, probabilmente attraverso la scala che conduceva al primo chiostro e ben visibi-le su entrambe le piante (figg. , ); l’altra porta, invece, si tro-vava al piano superiore e portava al refettorio, verosimilmente distinto da quello dei padri sebbene non sia individuabile con certezza.

L’ala compresa tra i primi due chiostri, a fine Seicento, era for-mata da una fabbrica a due livelli: quello inferiore (come indica la scritta «Scole e di Sora Noviziado» visibile sulla planime-tria del pian terreno; fig. ), era occupato dalle sedi di alcune Confraternite. Una di queste, forse la prima in ordine crono-logico, era la Scuola di Santa Maria Elisabetta dei marangoni dell’Arsenale, il cui Capitolo – fino al – era solito riunirsi invece nel refettorio del convento (cfr. Vio , p. ); succes-sivamente, a causa degli inevitabili disordini che ciò creava, la Confraternita si trasferì – su richiesta dei frati – nel locale del primo chiostro.Ciò è confermato da un documento del , con il quale i padri concessero ai membri della Scuola degli Specchieri il «secondo Magazzino vicino alla Scuola di S. Maria Elisabetta», nel qua-le avrebbero potuto ricavare una cappella per celebrare la loro messa mensile. Contemporaneamente essi ottennero anche l’u-so «del Loghetto sopra la Scala della Cavana, solito a tenere il Carbone» e il diritto di realizzare una sepoltura nel chiostro dei Morti «dirimpetto al d.° Magazzin» (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, Catastico, III, pp. v-r: rimanda a b. , , n. ).L’anno successivo, anche la Scuola degli Stampatori e dei Li-brai (dedicata ai santi Tommaso e Giovanni di Dio) prese in locazione un deposito al pian terreno del primo chiostro, sotto al noviziato, potendovi apportare tutte le modifiche necessarie («purché non venghi interrotto l’ordine del Chiostro») ed edi-ficandovi anche un altare (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, Cata-stico, III, p. v: rimanda a b. , , n. ; cfr. anche Vio , p. ): quest’ultimo fu dotato di una pala di Pietro Negri (au-tore anche delle tele del soffitto) affiancata da un’Annunciazione di Antonio Zanchi (Zanetti , p. ).Un magazzino situato tra i primi due chiostri, dalla parte della cappella della Pace, fu invece affittato nel alla Scuola di San Domenico (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. [], , n. ): l’ambiente non era usato come cappella, ma come ‘albergo’ (sala capitolare), come specificano i pagamenti dell’affitto negli anni tra il e il (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. [], , n. ); la Confraternita, del resto, disponeva di un altare all’interno della basilica.Sopra alle scuole si trovava il noviziato, il cui dormitorio – come si è detto – era in precedenza ubicato al livello inferiore. Tale modifica, a quanto sembra, fu compiuta alla fine del XVI seco-lo: un decreto del Senato, nel dicembre del , aveva infatti devoluto l’offerta di ducati per la sua ristrutturazione, «es-sendo fabrica vecchissima, che minaccia ruina con pericolo de-gli habitanti, che convenendo esser senza dilationi restaurato» (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. [], , n. , c. ); entro un anno i lavori furono compiuti, comportando l’ingente spesa di ducati (Ivi, n. , cc. r-v).Un documento, forse seicentesco, descrive dettagliatamente gli ambienti destinati alla vita dei novizi, la quale era organizza-

. Scalone

era collegato da un lato alla «vestiaria» (dove si tenevano gli abiti), dall’altro a una loggia coperta che serviva da «scola di gramatica» e da luogo di ricreazione in caso di cattivo tempo. Dal salone, attraverso una scala, si poteva anche raggiungere il cortile con pozzo situato dietro alla cappella della Pace, dove i novizi potevano stare durante l’ora di svago; sotto alla scala, infine, vi erano la lavanderia e altri luoghi comuni (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. , , n. , c. ).Un’altra importante modifica apportata alle fabbriche conven-tuali nel corso del Seicento fu la realizzazione della spezieria («di tutto punto bellis.ma et ottima, così nel materiale, come nel formale d’essa»), decisa dal Consiglio del convento il agosto del per risparmiare i ducati annui necessari all’acqui-sto di medicinali da fornitori esterni (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. [], , n. , c. ; cfr. anche Frank a, pp. -

Il dormitorio del noviziato era costituito da diciotto celle di-sposte lungo un ampio corridoio (fig. ): ognuna di esse mi-surava piedi di lato (circa metri e centimetri), aveva una porta e una piccola finestra con inferriate che affacciava su uno dei due chiostri attigui; all’interno di ciascuna cella vi era un letto, una «mezza cassa», un piccolo inginocchiatoio («orato-rio»), due sgabelli («scagnetti»), un tavolino e quattro quadret-ti di devozione in carta. A uno dei due capi del dormitorio vi era poi un altare dedicato alla Vergine («in mezzo»), affiancato dagli ingressi dell’oratorio e della dispensa. Dall’altro capo c’era invece una stanza comune dove si tenevano le lezioni di canto (mezz’ora al giorno) e nella quale si conservavano i «libri di can-to corali». Fuori dal dormitorio vi era un gran salone quadra-to con il focolare, dove il priore e gli esaminatori, una volta al mese, verificavano la preparazione dei novizi; questo ambiente

. Venezia, Santi Giovanni e Paolo, pianta del «dormitorietto» del convento, XVIII secolo. Venezia, Museo Correr

più ampie, cioè la «spiciaria» vera e propria. Secondo Fogolari (ripreso poi da Frank), apparteneva alla farmacia del convento il portale dorico collocato nel secondo chiostro, formato da un arco inquadrato da semicolonne e pilastri che invade il timpa-no curvo sovrastante (cfr. Fogolari , p. ; Frank a, p. ): l’invenzione, attribuibile a Longhena, non corrisponde tuttavia alla posizione dell’antica spezieria, cui si accedeva inve-ce dall’angolo sud-occidentale del chiostro medesimo.Il piano superiore dell’intera ala ovest del secondo cortile, nel XVII secolo, fu adibito a ospizio, o infermeria (fig. ), cioè a re-fettorio speciale destinato a quei frati che, per malattia o debole costituzione, erano dispensati dall’obbligo di astenersi dalle

, nota ); i lavori, che non avrebbero dovuto superare i ducati, furono conclusi in pochi mesi, visto che a ottobre dello stesso anno si effettuarono spese per oltre ducati in droghe, medicinali, zucchero e altro (Ivi, n.  , cc. r-r). La spezieria occupava tre locali a pian terreno (precedentemente dati in af-fitto come magazzino d’olio), situati nell’angolo occidentale tra il primo e il secondo chiostro (fig. ). Vi si accedeva da quest’ul-timo tramite «un bel Portone» (come specifica il verbale del Consiglio del agosto; cfr. Frank a, p. , nota ), il quale immetteva nell’«Andio della spiciaria», un piccolo am-biente voltato su cui si aprivano «due porte compagne una di-rimpetto all’altra» (Ibidem), che davano accesso a due stanze

. Dormitorio superiore

lato («Balchoni n.  terminati in pergoli») e un nuovo pavimen-to in terrazzo («terasco sopra il vegio»). I lavori non vennero tuttavia iniziati prima del : solo in quell’anno, infatti, si co-minciarono a raccogliere le somme necessarie mediante offerte (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. [], , n. ), mentre il agosto una commissione formata da tre esperti (proti e architetti) approvò il progetto presentato da un certo fra’ Co-stantino, converso del convento (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. , ‘Consigli m.v.-’, c. r; citato in Frank a, p. , nota ). Lo stesso giorno, infine, i Provveditori sopra i Monasteri diedero licenza per far costruire «un’Ospizio o In-fermaria per comodo degl’indisposti» (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, Catastico, III, p. v; rimanda a b. , , n. ); lavori che furono conclusi nel (Frank a, p. ).Altri restauri furono realizzati poco prima della metà del se-colo successivo: il novembre del , infatti, il Consiglio del convento deliberò di «accomodare la Sala del Convento detta l’Ospizio» (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, Catastico, III, p. v; rimanda a b. , , n. ). Il marzo seguente venne

carni. L’ampio salone, come ricorda il viaggiatore tedesco Jo-hann Georg Keyssler, era però destinato ad accogliere tutti i re-ligiosi nei giorni di festa, quando cioè non vigevano particolari restrizioni alimentari (Keyssler , III, p.  ). Quest’area fungeva in precedenza da refettorio principale: la fabbrica aveva patito un incendio il febbraio del (causato da soldati che soggiornavano entro il convento durante la guerra di Cipro), ma fu immediatamente restaurata grazie anche a un contributo di ducati offerti dal doge nel settembre del (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, Catastico, III, p. r); in quello stesso anno, Paolo Veronese vi collocò la sua famosa Cena in casa Levi.Un primo progetto di trasformazione del refettorio in ospizio fu presentato nel , assieme a una stima dei costi per la somma di ducati (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. [], , n. ). Un altro preventivo non datato (Ivi, n. ), dell’ammonta-re di ducati, comprendeva la realizzazione di un soffitto a lacunari («sfondri»), spalliere, tavole da mensa, un corridoio forse sospeso («pasalisio»), quattro finestre a balcone per ogni

. Portale d’ingresso allo scalone dal dormitorio superiore . Altare del dormitorio superiore

mediante tre arcate (oggi murate) sostenute da colonne doriche tuttora parzialmente visibili. Dal lato opposto, un elaborato portale barocco in marmi policromi, anch’esso ben conservato, immette invece in un andito collegato ai due refettori e suddi-viso in tre parti da arcate su colonne doriche tuttora visibili. È andata invece perduta l’attigua scala a chiocciola a pianta ovale (forse cava al centro), che permetteva il collegamento diretto tra i chiostri e i refettori.In quegli stessi anni del XVII secolo fu probabilmente costru-ito anche il refettorio nuovo, che si prolunga per l’intero lato occidentale del terzo cortile: l’immenso salone, illuminato da otto grandi finestre identiche a quelle dell’ospizio, era separato da quest’ultimo mediante la cucina (fig. ), la cui costruzione fu peraltro all’origine di una disgrazia causata dal crollo delle volte che la sostenevano (cfr. Frank a, p. , nota ). Esso fu gravemente danneggiato da un incendio il marzo del e, nonostante l’immediata raccolta pubblica di fondi (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. [], , nn.  -; vedi anche Cata-stico, III, p. r), fu nuovamente agibile non prima di cinque anni. Solo nell’ottobre del , infatti, si stipulò il contratto con il falegname Antonio Locatello per le spalliere, «giusta il disegno di quelle sono nel Capitolo del B. Giacomo Salomone eccetuati li Capitelli & Modioni d’intaglio, quali doverano esser in conformità del Modello fatto dal Sig. Giacomo Piazetta, e da esso anco intagliati, e li Modioni di quella Maggior gros-sezza, che imposta il detto Modello» (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. [], , n. ; le spese sostenute per la rifabbrica si trovano in b. , , n. ). Secondo la descrizione di Zanetti, il «refettorio novissimo» (così fu denominato dopo il restauro) fu decorato con varie opere d’arte, tra cui una Decollazione dei santi Giovanni e Paolo di Pietro Vecchia (proveniente da altro luogo del convento) e numerosi dipinti di Gregorio Lazzarini (Zanetti , p. ): esso conserva oggi soltanto l’ornamen-tazione lignea del soffitto, composta da una voluminosa corni-ce a modiglioni su cui si imposta una finta volta ribassata con campiture contornate da intagli fitomorfi.Nel corso del XVII secolo, anche l’intero settore orientale del convento, corrispondente cioè al lunghissimo dormitorio a due piani, fu oggetto di rinnovamenti. I lavori, a quanto pare, ini-ziarono negli anni trenta sotto la direzione di Francesco Con-tin, ma furono bloccati a causa della mancanza di fondi (Frank a, p.  ). Ripresero forse già nel decennio successivo, dopo che il Consiglio del convento, il gennaio del , de-liberò di edificare un «dormitorietto» per i conversi e gli ospiti «da un Capo all’altro del Dormitorio superiore» (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, Catastico, III, pp. v-r; rimanda a b. , , n.  ): si tratta evidentemente del terzo livello di celle che percorre l’intero lato orientale del fabbricato, le quali sono raggiungibili tramite scalette secondarie direttamente dal cor-ridoio del primo piano (figg. -). Un’altra ripresa dell’attività

siglato l’accordo per il rifacimento del soffitto, per la somma di ducati (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. [], , n. ), mentre il marzo fu stipulato quello per la realizzazione del pavimento in terrazzo, delle spalliere in noce, dei davanzali («piane de’ Balconi») e altro, per la spesa di ducati (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, Catastico, III, p. v; rimanda a b. , , n. ). Il dello stesso mese iniziarono i pagamenti ai maestri marangoni (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. [], , n. ): nell’ambito dei conteggi sono riportate anche le misure del soffitto che era di × piedi (circa × me-tri). Altri lavori furono eseguiti tra il e il (Ivi, n. ).Il risultato di questi rifacimenti si può vedere nel noto quadro di Francesco Guardi che ritrae l’ospizio allestito come sala d’u-dienza durante la visita veneziana di Pio VI del (fig. ): dietro al trono papale, infatti, si vede la cena veronesiana che, stando alla testimonianza di Antonio Maria Zanetti, si trova-va appunto nel refettorio degli infermi, detto anche «refettorio vecchio» (Zanetti , p.  ). Il dipinto di Guardi ci offre uno spaccato pressoché unico dell’interno del convento, poco prima che infuriassero le devastazioni napoleoniche: l’ampio salone, che non aveva nulla da invidiare a quelli dei palazzi citta-dini, era finemente ornato di stucchi e marmorini dalle delicate cromie tipiche del rococò veneziano; tra le finestre, incorniciate da tendaggi elegantemente drappeggiati, vi erano incastonate numerose tele di varie dimensioni e di probabile provenienza eterogenea; dal soffitto, infine, pendevano otto sontuosi lampa-dari in vetro di Murano.Contemporaneamente ai lavori seicenteschi dell’ospizio, o subi-to dopo, furono effettuate importanti opere anche nell’ala com-presa tra il secondo e il terzo chiostro, le quali furono terminate nel sotto la supervisione di padre Vincenzo Maffei (Frank a, p. ). Una parte del pian terreno, precedentemente oc-cupata dalla chiesa di San Nicolò, fu adibita a sala del capitolo, detto appunto «Capitolo di S. Nicolò» (fig. ) per distinguerlo da quello più antico (intitolato al beato Giacomo Salomoni) situato nel primo chiostro: vi si accedeva tramite un vestibolo (denominato «Scola» nella planimetria, forse a ricordo del suo precedente utilizzo da parte della Confraternita dei Genovesi), il quale si apriva direttamente nel salone del dormitorio inferio-re mediante due arcate (tuttora esistenti) identiche e simmetri-che a quelle che immettono nello scalone nobile. L’altra metà del piano era invece occupata da due lunghi ambienti, ciascuno definito «caneva» (ovvero deposito di vini e, probabilmente, di derrate alimentari in genere): quello più occidentale si trovava sotto alla cucina («Caneva di sora cusina») cui era forse colle-gato tramite la scala situata sul lato orientale (fig. ).Il piano superiore di questa nuova ala, invece, era forse adibito a dormitorio (fig. ): l’ampio corridoio centrale ancora esisten-te (ora centro prelievi dell’ospedale), su cui si aprivano diverse celle, era infatti direttamente collegato al dormitorio principale

. Francesco Guardi, Pio VI prende congedo dal doge nel convento di San Zanipolo. Cleveland, Museum of Art

po di fabbrica, facendo dunque comprendere che esisteva già un progetto definito, il quale comprendeva anche la scala nobile (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. , ‘Consigli m.v.-’, c. v; cfr. Frank a, p. , nota ).Quest’ultima (figg. , , ), generalmente attribuita a Baldassare Longhena (cfr. Fogolari ), è stata recentemente tolta al ca-talogo dell’architetto veneziano grazie a un documento che in-dica come autore del progetto il citato fra’ Costantino, converso del convento di Treviso (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. , ‘Consigli m.v.-’, c. v; cfr. Frank a, p. ). La costruzione fu stabilita durante una riunione del Consiglio del convento nel , nel cui verbale si precisa che essa avrebbe do-vuto essere «magnifica nel loco dove hora si trova, allargandola però e riducendola alle mezzarie del capitolo d’abbasso [il Ca-pitolo di San Nicolò], e del Dormitorio con le sue faccie, poggi, colonnelle, portoni, fenestroni ed altri ornamenti che vi andasse-ro in pietra viva» (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. , ‘Consigli m.v.-’, c. v; trascritto in Frank a, p. , nota ). Il documento evidenzia dunque che già in precedenza la scala di collegamento tra i due dormitori si trovava in quel punto (seb-bene avesse dimensioni meno monumentali) e che il progetto era senz’altro già definito in tutte le sue parti; il cantiere doveva essere ormai concluso nel febbraio del , quando furono af-fidati ad Antonio Busini i commessi marmorei dei pianerottoli; in quell’anno vennero anche commissionate le sculture del pia-no inferiore, mentre quelle delle nicchie superiori (oggi in mag-gioranza vuote) furono ordinate l’anno successivo (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. , ‘Consigli m.v.-’, cc. v, v, v, v; cfr. Frank a, p. , nota ).Lo scalone è collegato al dormitorio inferiore mediante un pic-colo andito affiancato da nicchie con statue e coperto da volte sorrette da colonne libere (fig. ). La prima rampa è letteral-mente inondata dalla luce che proviene dalle finestre del pia-nerottolo (fig. ): quelle inferiori sono costituite da quattro balconcini (uno dei quali oggi murato), che consentono un pia-cevole affaccio sull’area degli antichi orti del convento; ciascuno di essi è coronato da un timpano curvo interrotto (identico a quelli delle porte del dormitorio), al centro del quale poggiava evidentemente uno dei molti busti in pietra tenera raffiguranti soggetti dell’Ordine domenicano ancora esistenti nel (cfr. Zorzi , p.  ). Le quattro finestre dell’ordine superiore, ad arco rialzato, poggiano su una cornice marcapiano liscia che circonda il vano su tre lati: sopra di essa gravano anche le para-ste corinzie che inquadrano le finestre stesse e le sei nicchie la-terali (fig. ). Al termine della seconda rampa di scale si aprono infine quattro arcate (figg. , ): le due centrali immettono nel dormitorio superiore, le due laterali portano invece alle rampe secondarie collegate al «dormitorietto».Un solo documento lega esplicitamente Baldassare Longhena ai restauri seicenteschi del convento: si tratta di una supplica che lo

edilizia, come sottolinea Frank, si ebbe probabilmente dopo il grazie a un’offerta di ducati da parte di padre Vin-cenzo Maria Capece, figlio del conte napoletano di San Severo, che ebbe a disposizione l’ala del dormitorio «sopra l’horto sino al luogo prefisso per la scala» (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. , ‘Consigli m.v.-’, c. v; cfr. Frank a, p. ). Quattro anni dopo, i Provveditori sopra i Monasteri concesse-ro la licenza «di fabricare cioè di alzare il Dormitorio superiore dalla parte dell’Ospedale de Mendicanti» (Frank a, p. ; non cita la fonte), ovvero il settore settentrionale del lungo cor-

. Gianvizio, incisione della biblioteca

superiore si riconoscono santa Caterina da Siena (a sinistra) e Santa Rosa da Lima (a destra); in quello inferiore Sant’Agnese da Montepulciano (a sinistra) e un’altra santa non identificabi-le, entrambe – purtroppo – assai ammalorate.Rimane ora da trattare la questione della biblioteca, anch’essa integralmente ricostruita negli anni a cavallo tra l’ottavo e il nono decennio del Seicento e della cui progettazione, come si è detto, Longhena si stava occupando nel . Il Consiglio del convento, nel , aveva stabilito di mantenere la costruzione nella posizione della precedente, alzandone tuttavia il livello e portandolo a quello del dormitorio superiore, il tutto con la minor spesa possibile; l’anno seguente, lo stesso Consiglio dichiarò l’imminente chiusura dei lavori mancando ormai sol-tanto i banchi (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, ‘Consigli m.v.-’, cc. v-r, r; cfr. Fogolari , p. ; Frank a, pp.  e , nota ). Solo in seguito, dunque, si diede vita a un progetto più am-bizioso che coinvolse l’architetto veneziano, probabilmente su impulso di padre Giacomo Maria Gianvizio, che tra il settimo e l’ottavo decennio ricoprì per diversi anni la carica di priore e responsabile delle fabbriche (cfr. Moretti , pp. -). I di-segni longheniani, recentemente ritrovati, presentano tuttavia palesi difformità rispetto all’edificio realizzato (Ivi, pp. -): spicca tra tutte il numero e la forma delle finestre, che avrebbe-ro dovuto essere ampie termali anziché minute lunette (mol-te delle quali ora tamponate). Al centro del soffitto si sarebbe dovuto aprire uno sfondato architettonico con finto ballatoio, privo però di vere aperture, cosa che – con ogni probabilità – ne rese inutilmente dispendiosa la realizzazione. L’attuale porta-finestra che si apre verso il giardino, di fronte all’ingresso dal dormitorio, nelle intenzioni originarie avrebbe dovuto essere collegata a due rampe di scale simmetriche, le quali, scendendo lungo la facciata esterna dell’edificio, avrebbero costituito un se-condo accesso alla biblioteca.L’aspetto classicheggiante della libreria longheniana fu infine tradito dalla sovrabbondante ornamentazione lignea, realizza-ta da Giacomo Piazzetta a partire dal . Di essa rimane oggi la vegetazione, rigogliosissima, che pervade l’intera volta di copertura, incorniciando busti a rilievo, figure ad affresco e le grandi tele centrali di Federico Cervelli; prima delle spoglia-zioni napoleoniche, tuttavia, essa si congiungeva ai montanti degli scaffali ornati da Telamoni, creando un effetto assai pecu-liare, senz’altro unico nel panorama delle biblioteche conven-tuali veneziane (fig. ; per maggiori dettagli cfr. |.|).

stesso architetto, nel , inoltrò ai frati chiedendo l’ammissio-ne nella comunità religiosa del figlio di un suo defunto collabo-ratore; in cambio egli offriva ducati in contanti oltre ai di cui era creditore nei confronti dei domenicani per aver fornito disegni, sagome e «assistenza à gli operaij» nella realizzazione «dell’altar in dormitorio superiore, di prospettive nell’inferiore, della speciaria e de portoni dentro e fuori di essa et libraria»; al progetto di quest’ultima – egli sottolinea – stava lavorando pro-prio in quei giorni (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, b. , , nn. -; copia in b. , ‘Consigli m.v.-’, c. r; cfr. Fogolari ; Frank a, p. ; Moretti , p. ).L’altare del dormitorio, realizzato in pietra d’Istria e marmi po-licromi, ricopre per intero la parete meridionale del corridoio (fig. ): la mensa è affiancata da due porticine centinate, colle-gate a vani scala secondari, ed è sormontata da una piccola pala incorniciata da cartigli che fa da predella al profondo nicchione sovrastante, un tempo probabilmente occupato da un gruppo scultoreo. Per quanto riguarda le «prospettive» del dormitorio inferiore, è ormai assodato che Longhena si riferiva alle due testate del corridoio. Quella settentrionale è costituita da un triplice por-tale a serliana che, un tempo, costituiva l’ingresso del conven-to dalle Fondamente Nove: si tratta di un’esile griglia in pietra d’Istria, esternamente rifinita con essenziali superfici bugnate, internamente scandita invece con semicolonne ioniche. L’ope-ra, realizzata nel su progetto documentato dell’anziano architetto e scolpita da Santo Barbieri suo noto collaboratore, era stata finanziata da padre Vincenzo Maffei (responsabile delle fabbriche del convento), cui appartiene lo stemma visibi-le nella parte interna (ASVe, Santi Giovanni e Paolo, ‘Consigli m.v.-’, cc. v, v, e b. , ; cfr. Fogolari , p.  e Frank a, pp. - e p. , nota ).Alla generosità dello stesso Maffei si deve anche il portale del capitolo situato sulla testata meridionale (fig. ): l’attribuzione a Longhena, in questo caso, si fonda prevalentemente (come già notava Fogolari) sulla lampante somiglianza con il linguaggio decorativo della vicina facciata dell’Ospedaletto, di cui sembra quasi la copia a scala ridotta. L’iscrizione sull’architrave ricor-da l’anno di conclusione dell’opera, il , e il nome del frate mecenate; il monumento, tuttavia, è dedicato a padre Giovanni Tommaso Roccaberti, maestro generale dell’Ordine, ritratto nel «busto pittoresco» che sormonta l’ingresso (Fogolari , p. ; cfr. anche Frank a, p. ). Vi sono infine quattro statue di sante domenicane collocate nelle nicchie: nell’ordine